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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 2 dicembre 2009, n. 8325
DIRITTO URBANISTICO - Regione Campania - Condono ex L. n. 326/2003 -
Assoggettamento al regime di cui all’art. 7 della L.R. n. 10/2004 - Decorso del
termine di 24 mesi dalla presentazione dell’istanza - Silenzio inadempimento -
Rimedio amministrativo e giurisdizionale. Nella Regione Campania le domande
di condono presentate ai sensi della legge n. 326 del 2003, a differenza di
quelle presentate ai sensi delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, sono
assoggettate al regime di cui all'art. 7 della L.R. n. 10 del 2004, sicché
devono essere definite con un provvedimento espresso entro il termine di 24 mesi
dalla presentazione, il cui decorso non equivale a titolo abilitativo in
sanatoria ma configura un mero inadempimento, avverso il quale, oltre al rimedio
amministrativo previsto dalla citata norma regionale (intervento sostitutivo da
parte dell'amministrazione provinciale competente), è azionabile la tutela
giurisdizionale ai sensi dell'art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971. Pres.
d’Alessandro, Est. Maiello - D.B.A e alltro (avv. Cirillo) c. Comune di
Frattaminore (avv. Pezone). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 2 dicembre 2009,
n. 8325
N. 08325/2009 REG.SEN.
N. 03716/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3716 del 2008, proposto da:
De Bellis Antonio, Cirillo Lucia, entrambi rappresentati e difesi dall'avv.
Raffaele Cirillo e domiciliati d’ufficio, in assenza di elezione di domicilio
nel Comune di Napoli, presso la Segreteria T.A.R.;
contro
Comune di Frattaminore, in persona del Sindaco pro - tempore, rappresentato e
difeso dall'avv. Andrea Pezone, domiciliato d’ufficio - in assenza di elezione
di domicilio nel Comune di Napoli - presso la Segreteria T.A.R.;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell’ordinanza prot.llo 4890 e 4892 del 3.4.2008, avente ad oggetto il diniego
opposto all’istanza di condono presentata dai ricorrenti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Frattaminore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2009 il dott. Umberto
Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il gravame in epigrafe, i ricorrenti impugnano l’ordinanza prot.llo 4890 e
4892 del 3.4.2008 con la quale il Comune di Frattaminore ha respinto al domanda
di condono dai medesimi presentata (prot.llo n. 0018303 del 9.12.2004).
Le ragioni dell’opposto diniego risiedono nel fatto che - a giudizio del
suddetto Ente - l’abuso commesso consiste nella realizzazione di un manufatto
non utilizzabile per l’uso dichiarato (residenziale), bensì per un uso diverso
(deposito).
Avverso il precitato atto i ricorrenti deducono che:
1) l’atto di diniego sarebbe pervenuto oltre il termine prescritto per la
maturazione del silenzio assenso;
2) la domanda recherebbe la corretta indicazione della destinazione d’uso e cioè
“abitazione residenziale”.
Resiste in giudizio il Comune di Frattaminore.
Con ordinanza n. 2090 del 24.7.2008 questa Sezione ha respinto la domanda
cautelare spiegata dai ricorrenti.
All’udienza dell’8.10.2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
Giusta quanto anticipato nella premessa in fatto, oggetto del presente giudizio
è il provvedimento di diniego con il quale il Comune di Frattaminore ha respinto
la domanda di condono presentata dai ricorrenti.
Le ragioni ostative addotte dal precitato Ente impingono nella inidoneità del
cespite rispetto alla dichiarata destinazione residenziale, laddove la sua
naturale vocazione sarebbe quella di locale deposito, come peraltro dovrebbe
evincersi anche dal deposito dei calcoli strutturali.
Tanto premesso, priva di pregio si rivela, anzitutto, la censura con cui parte
ricorrente lamenta la spedizione dell’avversato provvedimento di diniego oltre
il termine prescritto per la maturazione del cd. silenzio assenso.
Ed, invero, mentre la domanda risulta protocollata (al n. 0018303) in data
9.12.2004, il provvedimento impugnato è stato assunto solo in data 7.4.2008.
Orbene, in disparte l’assenza di qualsivoglia contributo probatorio sulla
sussistenza degli altri presupposti che, a norma dell’art. 32 comma 37 del D.L.
30-9-2003 n. 269 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24
novembre 2003, n. 326, perfezionano il silenzio - assenso, è comunque dirimente
osservare che tale istituto, in Campania, non può trovare applicazione con
riferimento all'ultimo condono, ostandovi - come già ripetutamente evidenziato
da questa Sezione (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 25 febbraio 2009 , n.
1057; 15 maggio 2008, n. 4528 ) - le contrarie previsioni contenute nella L.R.
18 novembre 2004 n. 10.
È noto che la Corte Costituzionale, con la sentenza 28 giugno 2004 n. 196, ha
dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 32, comma 37, del D.L. 30 settembre
2003 n. 269, convertito con modificazioni con L. 24 novembre 2003 n. 326, per
contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost., "nella parte in cui non prevede che la
legge regionale di cui al comma 26 possa disciplinare diversamente gli effetti
del silenzio, protratto oltre il termine ivi previsto, del Comune cui gli
interessati abbiano presentato la documentazione richiesta".
In tale prospettiva, la L.R. Campania 18 novembre 2004 n. 10, all'art. 7,
dispone testualmente che: "1. Le domande di sanatoria sono definite dai comuni
competenti con provvedimento esplicito da adottarsi entro ventiquattro mesi
dalla presentazione delle stesse. Il termine può essere interrotto una sola
volta se il comune richiede all'interessato integrazioni documentali e decorre
per intero dalla data di presentazione della documentazione integrativa.
Decorso il termine di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui alla
legge regionale 28 novembre 2001, n. 19, articolo 4 che disciplinano l'esercizio
dell'intervento sostitutivo da parte dell'amministrazione provinciale
competente".
Osserva il Collegio che il chiaro tenore letterale della norma regionale non
lascia dubbi sulla qualificazione del comportamento inerte tenuto dal comune
nella fattispecie come mero silenzio-inadempimento. Infatti, stante l'inezia
dell'amministrazione comunale, alla scadenza del termine biennale, è stata
espressamente prevista l'applicazione dell'articolo 4 della L.R. n. 19/2001, che
disciplina l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte dell'amministrazione
provinciale competente. Dunque, nella Regione Campania, le domande di condono
presentate ai sensi della legge n. 326 del 2003, a differenza di quelle
presentate ai sensi delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, sono
assoggettate al regime di cui all'art. 7 della L.R. n. 10 del 2004, sicché
devono essere definite con un provvedimento espresso entro il termine di 24 mesi
dalla presentazione, il cui decorso non equivale a titolo abilitativo in
sanatoria ma configura un mero inadempimento, avverso il quale, oltre al rimedio
amministrativo già descritto, è azionabile la tutela giurisdizionale ai sensi
dell'art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971.
Va poi rilevato che l'art. 7 della L.R. n. 10/2004 non è stato travolto dalla
parziale dichiarazione di incostituzionalità di tale legge da parte della
sentenza della Corte Costituzionale n. 49 del 10 febbraio 2006.
Da tutto quanto osservato discende l'inconfigurabilità nel caso di specie del
silenzio-assenso.
Del pari, priva di pregio è l’ulteriore censura con cui parte ricorrente deduce
che le opere realizzate dovevano intendersi già ultimate e coerenti con la
destinazione d’uso dichiarata (id est residenziale).
Anche rispetto a tale ulteriore punto sovviene - quale regola iuris del caso
concreto - la chiara formulazione della legge regionale di settore.
Segnatamente, rispetto al tema in questione, si rivela dirimente la piana
lettura dell’art. 3 comma 2 lett. B della legge regionale n. 10 del 18.11.2004,
parimenti non annullato dalla Corte nello scrutinio di legittimità definito con
la sentenza 6-10 febbraio 2006, n. 49.
La disposizione in argomento prevede testualmente che “Non possono formare
oggetto di sanatoria le opere abusive rientranti tra le tipologie di cui al
decreto-legge n. 269/2003, allegato 1, se le stesse:…… b) sono state ultimate
dopo il 31 marzo 2003. Si considerano ultimate le opere edilizie completate al
rustico comprensive di mura perimetrali e di copertura e concretamente
utilizzabili per l'uso cui sono destinate”..
Orbene, in base alla descritta cornice normativa, il rilascio del provvedimento
di condono implica che il manufatto, ancorché incompleto, sia pur sempre
riferibile, anche da un punto di vista funzionale, all'abuso per il quale è
stata proposta domanda: la costruzione, anche se non completamente ultimata,
deve essere idonea alle funzioni cui l'opera è destinata. Tanto non si evince
dalle acquisizioni istruttorie in atti: al di là della dichiarazione resa dai
soggetti interessati, non risultano allegati elementi oggettivi idonei a
comprovare la destinazione ad uso residenziale, che, viceversa, appare smentita
dalle caratteristiche tipologiche del fabbricato quali desumibili dalla stessa
documentazione fotografica esibita a corredo dell’atto di gravame.
La semplice visione dei suddetti reperti evidenzia la presenza di una struttura
al rustico, di un solo livello e caratterizza da mura perimetrali con copertura
in lamiera, del tutto inidonea a fungere da unità residenziale, potendo al più
essere utilizzata - in assenza di una definita fisionomia e di una destinazione
riconoscibile - come locale deposito.
Né la parte ricorrente ha fornito ulteriori elementi utili ad evidenziare la
sussistenza di caratteristiche tecniche compatibili con la destinazione per la
quale è chiesto il condono, non riscontrabile - come già detto - sul piano
oggettivo.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto.
Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate e contributo unificato a carico della parte ricorrente
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Carlo d'Alessandro, Presidente
Dante D'Alessio, Consigliere
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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