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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 22/12/2009, n. 9315
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Vincolo paesaggistico - Limite del quinquennio - Applicabilità - Esclusione -
Atto amministrativo - Mero valore ricognitivo. Il limite del quinquennio,
per costante giurisprudenza, così orientata dalla Corte Costituzionale, non è
applicabile alla fattispecie delle misure di salvaguardia previste a tutela di
vincoli paesaggistici (cfr. in questo senso Consiglio di Stato VI Sez. 14 maggio
2000 n.2934). Come noto, questi ultimi rappresentano predicati intrinseci del
bene e rispetto ad essi l’atto amministrativo autoritativo ha un mero valore
ricognitivo che nulla aggiunge ai limiti interni già presenti nel bene che ne
conformano l’intero regime giuridico. Di tal che non si pone (né può in astratto
prospettarsi) alcuna limitazione di efficacia, temporale o di altro tipo, alle
misure disposte in via amministrativa che incidano sul diritto di proprietà che
ha per oggetto gli stessi, stante la stretta connessione di detti interventi con
la dimensione ontologica intrinsecamente posseduta dal bene (cfr. Sentenza Corte
Cost. n. 56/1998). Pres. Guerriero, Est. Zeuli - M.G. (avv.ti Ruotolo e
Sartorio) c. Ministero Beni Culturali e Ambientali (Avv. Stato). TAR
CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 22 dicembre 2009, n. 9315
N. 09315/2009 REG.SEN.
N. 00979/1991 REG.RIC.
N. 00914/1991 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 979 del 1991, proposto da:
Morelli Giuliana, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Ruotolo, Emilio
Ruotolo, Giovanni Ruotolo, Pierpaolo Ruotolo, Giuseppe Sartorio, con domicilio
eletto in Napoli, via C. Console, 3 c/o Avv. L.De Luca;
contro
Ministero Beni Culturali e Ambientali in persona del Ministro p.t. rappresentato
e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege
in via Diaz n.11 Napoli;
sul ricorso numero di registro generale 914 del 1991, proposto da:
Morelli Giuliana, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Ruotolo, Emilio
Ruotolo, Giovanni Ruotolo, Pierpaolo Ruotolo, Giuseppe Sartorio, Antonio
Zampaglione, con domicilio eletto in Napoli, via C. Console, 3 c/o Avv. L.De
Luca;
contro
Comune di Capri in persona del Sindaco p.t. non costituitosi in giudizio;
Ministero Beni Culturali e Ambientali in persona del Ministro p.t. rappresentato
e difeso dall' Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliataria per legge in
Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 979 del 1991:
dell’ordinanza n.161 prot. 74613 del 14.11.1990 con cui il Sindaco di Capri ha
annullato la concessione edilizia n.309/90 del 14.9.1990 già rilasciata in
favore della ricorrente per la realizzazione di un ampliamento del fabbricato in
sua proprietà sito in Capri alla via Tamborio n.20;
quanto al ricorso n. 914 del 1991:
del Decreto del Ministero dei Beni Culturali dell’11.10.1990 con cui è stato
disposto l’annullamento della determinazione sindacale n.58 del 5 marzo 1990
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Beni Culturali e
Ambientali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 07/10/2009 il dott. Sergio Zeuli e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 10 gennaio 1991 e depositato il 5 febbraio 1991
Giuliana Morelli, proprietaria di un immobile sito in Capri alla via Tamborio
n.20, adiva questo Tribunale chiedendo l’annullamento del primo degli atti
indicati in epigrafe.
A tal proposito esponeva le seguenti circostanze:
- aveva inoltrato un’istanza di concessione edilizia avente ad oggetto un
modesto ampliamento dell’immobile in sua proprietà, accolta dal Comune in data
14.9.1990, preceduta dal nulla-osta ambientale rilasciato dal Sindaco ai sensi
dell’art.7 della L.1497/1939.
- Successivamente tuttavia il Comune emetteva il provvedimento impugnato con
cui, dopo aver preso atto dell’annullamento dell’originario nulla-osta,
intervenuto ad opera del Ministero dei Beni Culturali, l’ente locale annullava
in autotutela gli originari provvedimenti abilitativi.
Quest’ultimo provvedimento sindacale, nella prospettazione attorea, è da
ritenersi illegittimo per i seguenti motivi: a) violazione della L.1150/1942 ed
eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; b) eccesso di potere
per vizio di motivazione; c) illegititmità derivata per violazione, in cui
sarebbe incorso il decreto del Ministro dei BB.AA. del 10.1.1991 degli artt.1
bis, 1 ter ed 1 quinquies della L.431/1985; d) violazione della Circolare
del Ministero per i Beni Culturali n.8 del 31.8.1985, eccesso di potere per
contraddittorietà.
Con successivo ricorso notificato al Ministero dei Beni Culturali in data 10
gennaio 1991 e depositato il 7 febbraio successivo parte ricorrente impugnava il
secondo degli atti in epigrafe indicato, riproponendo avverso di esso le
doglianze appena indicate.
Si costituiva in giudizio l’Avvocatura Erariale depositando una memoria della
Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici della Provincia di
Napoli.
All’odierna udienza, dopo le conclusioni dei difensori, i ricorsi venivano
spediti in decisione.
DIRITTO
I I ricorsi possono essere riuniti stanti le evidenti ragioni di connessione
oggettiva e soggettiva.
II Nello svolgimento dell’ordito motivazionale converrà partire dal Decreto
Ministeriale dell’11 ottobre del 1990. E difatti, lo stesso provvedimento
sindacale impugnato sub a) rappresenta per così dire la mera presa d’atto del
(ed è pertanto ricollegabile in logica sequenza con il) surricordato
annullamento della determinazione sindacale n.58 del 5 marzo 1990 disposto dal
Decreto del Ministero dei Beni Culturali dell’11.10.1990.
Quest’ultimo atto, pure gravato -in via diretta e mediante la censura di
illegittimità derivata articolata in ricorso,- a sua volta, ha disposto il
suindicato annullamento ritenendo il primigenio atto viziato da eccesso di
potere, per carenza di motivazione e da violazione di legge sub specie
dell’art.1 quinquies della Legge n.431/1985.
Onde valutare la fondatezza dei mezzi di gravame proposti, occorre in via
preliminare e diretta, come detto, verificare, se effettivamente l’originario
nulla –osta concesso dal Sindaco di Capri, fosse affetto o meno dai vizi in esso
riscontrati dal Decreto Ministeriale Beni Ambientali e del Paesaggio.
III Come si è appena osservato l’autorità preposta alla tutela del vincolo
censurava l’atto sindacale abilitativo, sotto un primo profilo, connesso alla
carenza di motivazione. Procedendo alla preannunciata verifica della sussistenza
di tale vizio – che di converso smentirebbe sul punto il ricorso, confermando la
legittimità dell’atto presupposto – v’è da osservare che effettivamente né il
nulla-osta sindacale, né la successiva e consequenziale concessione edilizia,
contengono alcun accenno motivazionale alla questione specifica della
compatibilità paesaggistica, la quale, viceversa, appariva evidentemente
meritevole di esauriente menzione, in considerazione dei vincoli paesaggistici
che insistono sull’area interessata dall’intervento oggetto dell’istanza
edilizia. Il predetto nulla-osta, per vero, non specifica in alcuna parte se
sussista ed in che termini la compatibilità dell’intervento oggetto di
concessione, rispetto al contesto paesaggistico di riferimento. L’omissione è
vieppiù rilevante, laddove si consideri che si parla di un territorio di
particolare pregio essendo l’isola di Capri stata dichiarata di notevole
interesse paesaggistico sin dal 1951 (con D.M. del 20.3.1951 emesso dal
Ministero dei Beni Culturali ai sensi della L.1497/1939) e considerato altresì
che l’incremento volumetrico apportava un aumento di circa il 20 % rispetto alla
superficie originaria dell’immobile, ossia un incremento tutt’altro che
inconsistente.
E’ difficile perciò negare che non sussistesse una carenza di motivazione
nell’originario nulla-osta.
IV Venendo all’altra censura contenuta nell’atto di annullamento del Ministero
dei Beni Culturali, - la (ivi contestata) violazione dell’art.1 quinquies
della L.431/1985 –si osserva che, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso,
anche tale vizio pare sussistere nell’atto sindacale originario.
E difatti, la misura di salvaguardia – il cui rispetto veniva invocato
dall’autorità statale – discendeva dal vincolo paesistico, il quale ultimo non è
affatto soggetto - in mancanza della tempestiva adozione dei piani paesistici
regionali - alla sanzione della sopravvenuta perdita di efficacia allo scadere
del termine del 31.12.1986, o comunque decorso un quinquennio, come per contro
sostenuto in ricorso.
Sul punto, converrà infatti precisare, che, in generale, la (sopravvenuta)
perdita di efficacia dedotta in ricorso conseguirebbe, semmai, alla sola mancata
corresponsione di un indennizzo, e dunque che essa sarebbe comunque
configurabile come inefficacia relativa condizionata e giammai assoluta, come
pare ritenere la ricorrente.
In ogni caso, e comunque, va osservato in senso dirimente che il prospettato
limite del quinquennio, per costante giurisprudenza, così orientata dalla Corte
Costituzionale, non è per niente applicabile alla fattispecie delle misure di
salvaguardia previste a tutela di vincoli paesaggistici (cfr. in questo senso
Consiglio di Stato VI Sez. 14 maggio 2000 n.2934).
Come noto, questi ultimi rappresentano predicati intrinseci del bene e rispetto
ad essi l’atto amministrativo autoritativo ha un mero valore ricognitivo che
nulla aggiunge, in sostanza, ai limiti interni già presenti nel bene che ne
conformano l’intero regime giuridico. Di tal che non si pone (né può in astratto
prospettarsi) alcuna limitazione di efficacia, temporale o di altro tipo, alle
misure disposte in via amministrativa che incidano sul diritto di proprietà che
ha per oggetto gli stessi, stante la stretta connessione di detti interventi con
la dimensione ontologica intrinsecamente posseduta dal bene.
In questo senso, proprio in materia di vincoli paesistici la sentenza della
Corte Cost. n.56 del 1998 (peraltro richiamata da quella n.179 del 1999 che,
come è noto, ha posto una serie di punti fermi in tema di reiterazione e vincoli
di inedificabilità), ricostruendo la natura di tali misure di protezione,
affermava, tra l’altro, che “i beni immobili qualificati di bellezza naturale
hanno valore paesistico per una circostanza che dipende dalla loro
localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo
coessenziale le qualità indicate dalla legge. Costituiscono cioè una categoria
che originariamente è di interesse pubblico, e l'amministrazione, operando nei
modi descritti dalla legge rispetto ai beni che la compongono, non ne modifica
la situazione preesistente, ma acclara la corrispondenza delle concrete sue
qualità alla prescrizione normativa. Individua il bene che essenzialmente è
soggetto al controllo amministrativo del suo uso, in modo che si fissi in esso
il contrassegno giuridico espresso dalla sua natura e il bene assuma l'indice
che ne rivela all'esterno le qualità; e in modo che sia specificata la maniera
di incidenza di tali qualità sull'uso del bene medesimo. L'atto amministrativo
svolge, vale a dire, una funzione che è correlativa ai caratteri propri dei beni
naturalmente paesistici e perciò non è accostabile ad un atto espropriativo”.
E questa è anche la ragione, evidentemente, per la quale non si ravvisano motivi
in diritto che possano temporalmente limitare la vigenza di questi vincoli.
Ed ancor più chiaramente la medesima sentenza del giudice delle leggi così si
esprime: “nell'ipotesi di vincolo paesistico su beni che hanno il carattere di
bellezza naturale, la pubblica amministrazione, dichiarando un bene di pubblico
interesse o includendolo in un elenco, non fa che esercitare una potestà che le
è attribuita dallo stesso regime di godimento di quel bene, così che le sia
consentito di confrontare il modo di esercizio di alcune facoltà inerenti a quel
godimento con l'esigenza di conservare le qualità che il bene ha connaturali
secondo il regime che gli è proprio e di prescrivere adempimenti coordinati e
correlativi a tali esigenze. L'amministrazione può anche proibire in modo
assoluto di edificare sulle aree vincolate che siano considerate fabbricabili
(art. 15, secondo comma). Ma, in tal caso, essa non comprime il diritto
sull'area, perché questo diritto è nato con il corrispondente limite e con quel
limite vive; né aggiunge al bene qualità di pubblico interesse non indicate
dalla sua indole e acquistate per la sola forza di un atto amministrativo
discrezionale, com'è nel caso dell'espropriazione considerata nell'art. 42,
terzo comma, della Costituzione, sacrificando una situazione patrimoniale per un
interesse pubblico che vi sta fuori e vi si contrappone (sentenza 9 marzo 1967,
n. 20). Ed ancora “il regime paesistico dei diritti immobiliari è del tutto
estraneo alla materia dell'espropriazione per pubblico interesse quando
corrisponde alle caratteristiche interiori di ciò che è oggetto di quei diritti,
e dal costituire tale regime un complesso normativo che determina il modo di
essere e di godere del diritti stessi, legittimato dall'art. 42, secondo comma,
della Costituzione.”
Le considerazioni che precedono – confermando la legittimità del provvedimento
ministeriale dell’11 ottobre del 1990 e quindi denunciando l’infondatezza del
secondo dei due ricorsi- dequotano fino ad inficiarle anche le doglianze mosse
sub specie di illegittimità derivata, con conseguenze che riverberano i loro
effetti anche sui motivi di gravame articolati avuto riguardo all’atto impugnato
con il primo ricorso.
V Difatti se l’atto presupposto è legittimo – considerato che il provvedimento
impugnato ne rappresenta la fedele (e, si aggiunge, doverosa) esecuzione è
evidente che neppure sono condivisibili le ulteriori doglianze aventi ad oggetto
supposti vizi di contrasto e difformità con l’interesse pubblico che sorreggeva
l’annullamento sindacale del precedente atto. Al contrario, la giustificazione
sotto il profilo pubblicistico dell’annullamento si desume in re ipsa,
proprio in considerazione del fatto che esso sostanzialmente si conforma ed
esegue l’atto ministeriale (legittimo per quello che si è detto). Detto motivo
pubblico giustificativo risiede perciò, con tutta evidenza, nella necessità di
caducare l’efficacia di un precedente atto, che, al contrario, appariva
effettivamente viziato da eccesso di potere e violazione di legge. Né pare possa
dirsi non rispettato il limite interno del potere di annullamento, dal momento
che quell’atto illegittimo non aveva ancora prodotto effetti irreversibili: in
capo al beneficiario vi era infatti una situazione giuridica potenziale, che non
era né avrebbe potuto essere, già posta in fase attuativa/realizzativa.
VI Quanto alla mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia, pure
dedotta in ricorso quale vizio autonomo, va innanzitutto osservato che, stante
la natura doverosa (e quindi, vincolata) dell’atto impugnato quella fase
consultiva non era necessaria, alla luce di un costante orientamento della
giurisprudenza amministrativa. Nel caso di specie, peraltro,stante il chiaro
pronunciamento del Ministero dei Beni Culturali l’acquisizione di quel parere
sarebbe apparsa vieppiù superflua ed inutile.
VII Questi motivi inducono al rigetto del ricorso. La risalenza del ricorso
giustifica un provvedimento di integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo per la Regione Campania – sede di Napoli – Sesta
Sezione respinge i ricorsi riuniti meglio in epigrafe descritti.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 07/10/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Francesco Guerriero, Presidente
Alessandro Pagano, Consigliere
Sergio Zeuli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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