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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 9 giugno 2009, n. 440
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Corsi d’acqua tutelati - Opera edilizia
realizzata entro la fascia di 150 metri - Sanatoria - Diniego - Legittimità.
Ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del decreto-legge n. 269 del 2003 (conv.
dalla legge n. 326 del 2003), è correttamente negata la sanatoria edilizia
dell’intervento edilizio effettuato a meno di 150 metri di distanza da un corso
d’acqua rientrante tra quelli tutelati come beni di interesse paesaggistico.
Pres. Papiano, Est. Caso - R.A. (avv.ti Spanò e Spanò) c. Comune di Montelibretti (avv. Michetti) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I -
09/06/2009, n. 440
N. 00440/2009 REG.SEN.
N. 00259/2005 REG.RIC.
N. 00071/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 259 del 2005 proposto da Ravvolgi Antonella, rappresentata e
difesa dall’avv. Giuseppe Spanò e dall’avv. Aristide Spanò, e presso gli stessi
elettivamente domiciliata in Parma, borgo Antini n. 3;
contro
il Comune di Montelibretti, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Enrico Michetti, con domicilio presso la Segreteria della Sezione;
nei confronti di
Ufficio Tecnico del Comune di Montelibretti;
e sul ricorso n. 71 del 2006 proposto da Ravvolgi Antonella, rappresentata e
difesa dall’avv. Giuseppe Spanò e dall’avv. Aristide Spanò, e presso gli stessi
elettivamente domiciliata in Parma, borgo Antini n. 3;
contro
il Comune di Montelibretti, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- quanto al ricorso n. 259/2005 - dell’ordinanza n. 19 in data 11 maggio 2005
con cui il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montelibretti ha
ingiunto alla ricorrente la sospensione dei lavori e la demolizione di opere
abusive realizzate in località Polledrara (fg. 27 mapp. 207) e, a mezzo di atto
di “motivi aggiunti” depositato il 1° marzo 2006, delle determinazioni n. 3, n.
4, n. 5, n. 6, n. 7 e n. 8, tutte in data 3 gennaio 2006, con cui il
Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montelibretti ha respinto
altrettante domande di condono edilizio presentate dalla ricorrente;
- quanto al ricorso n. 71/2006 - delle determinazioni n. 3, n. 4 e n. 5, tutte
in data 3 gennaio 2006, con cui il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune
di Montelibretti ha respinto altrettante domande di condono edilizio presentate
dalla ricorrente
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Montelibretti,
limitatamente al ricorso n. 259/2005;
Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 1° marzo 2006 (relativamente al
ricorso n. 259/2005);
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 26 maggio 2009 i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con ordinanza n. 19 in data 11 maggio 2005, in esito al rapporto stilato in data
4 aprile 2005 dalla Polizia municipale, il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del
Comune di Montelibretti ingiungeva alla ricorrente la sospensione dei lavori e
la demolizione di opere abusive realizzate in località Polledrara (fg. 27 mapp.
207).
Avverso tale provvedimento l’interessata ha proposto impugnativa (ricorso n.
259/2005), imputando all’Amministrazione di non avere tenuto conto delle
sanatorie conseguite dai precedenti proprietari ai sensi della legge n. 47 del
1985 e dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994, di non avere tenuto conto
neppure della pendenza di più domande di condono edilizio presentate dalla nuova
proprietaria in data 10 dicembre 2004 ai sensi dell’art. 32 del decreto-legge n.
269 del 2003 (conv. dalla legge n. 326/2003), di avere inoltre omesso la
comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241 del 1990,
di avere altresì mancato di indicare le ragioni dell’asserito carattere abusivo
delle opere, di avere infine ignorato la circostanza che difettano nella
fattispecie vincoli preclusivi della sanatoria edilizia. Di qui la richiesta di
annullamento dell’atto impugnato.
Si è costituito in giudizio il Comune di Montelibretti, opponendosi
all’accoglimento del ricorso.
L’istanza cautelare della ricorrente è stata respinta dalla Sezione alla Camera
di Consiglio del 20 settembre 2005 (ord. n. 276/2005), ma poi accolta dal
giudice d’appello (v. Cons. Stato, Sez. IV, ord. 7 febbraio 2006 n. 633).
Successivamente, essendo sopraggiunto il rigetto di sei domande di condono
edilizio (v. determinazioni n. 3, n. 4, n. 5, n. 6, n. 7 e n. 8, tutte in data 3
gennaio 2006, a firma del Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di
Montelibretti), la ricorrente ha proposto “motivi aggiunti”, ed ha in
particolare richiamato i vizi dedotti con l’atto introduttivo della lite, nonché
escluso la sussistenza di vincoli preclusivi della sanatoria.
Con autonomo ricorso (n. 71/2006) sono stati poi impugnati tre dei sei dinieghi
di condono edilizio (determinazioni n. 3, n. 4 e n. 5, tutte in data 3 gennaio
2006, a firma del Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montelibretti),
e ciò a mezzo di censure riconducibili a quelle già formulate con i “motivi
aggiunti” inerenti l’altro ricorso.
Non si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale.
Con ordinanza n. 4/09 del 24 febbraio 2009 la Sezione ha disposto incombenti
istruttori a carico del Comune di Montelibretti, che ha provveduto depositando
gli atti in data 15 aprile 2009.
All’udienza del 26 maggio 2009, ascoltati i rappresentanti delle parti, i due
ricorsi sono stati assegnati in decisione.
Ritiene il Collegio che, per evidenti motivi di connessione, i ricorsi possano
essere riuniti ai fini di un’unica decisione.
Muovendo dalle questioni relative all’ingiunzione di demolizione, va innanzi
tutto disattesa l’eccezione di inammissibilità per carenza di legittimazione
attiva della ricorrente, la quale avrebbe adito il giudice amministrativo in
proprio e non quale rappresentante della ditta omonima (v. memoria
dell’Amministrazione comunale depositata il 10 agosto 2005). In realtà, seppure
l’atto impugnato assume quale destinatario della misura la “… ditta Ravvolgi
Antonella …”, non risulta l’esistenza di un’impresa intestataria dell’immobile,
ed in ogni caso è noto che la ditta individuale non costituisce un soggetto di
diritto autonomo rispetto al suo titolare, sicché ogni atto compiuto dallo
stesso si identifica con quelli della ditta.
Nel merito, si presenta fondata, ed assorbente delle altre, la doglianza
imperniata sull’omessa previa definizione delle domande di condono edilizio. Per
costante giurisprudenza, infatti, è illegittima l’ordinanza di demolizione di
opere abusive ove l’Amministrazione non si sia prima pronunciata sull’istanza di
sanatoria in precedenza presentata dall’interessato (v., ex multis, TAR Puglia,
Lecce, Sez. III, 7 luglio 2008 n. 2056). Nella fattispecie, come è pacifico, il
provvedimento repressivo dell’abuso è intervenuto quando ancora pendeva il
procedimento avviato dalla ricorrente con le richieste di condono del 10
dicembre 2004; né, d’altra parte, rileva la circostanza che, all’esito del
sopralluogo, la Polizia municipale avesse verificato che “… le opere edificate
non sono conformi a quanto dichiarato nelle richieste di condono edilizio …” o
che i lavori risultassero ancora in corso e quindi non ultimati entro il termine
previsto dalla legge, attenendo tali aspetti al merito delle domande di condono,
la cui definizione era comunque necessaria perché si potesse poi valutare se e
quali misure sanzionatorie irrogare.
Di qui l’annullamento dell’ordinanza n. 19 in data 11 maggio 2005, salve
rimanendo le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.
Quanto, poi, ai sei dinieghi di condono edilizio - impugnati con “motivi
aggiunti” -, va considerato che, nelle more del giudizio, tre di essi
(determinazioni n. 3, n. 4 e n. 5 del 3 gennaio 2006) sono stati revocati
dall’Amministrazione. Ne consegue, in parte qua, l’improcedibilità per
sopravvenuto difetto di interesse.
Per i restanti dinieghi (determinazioni n. 6, n. 7 e n. 8 del 3 gennaio 2006) la
ragione ostativa alla sanatoria è stata individuata nel contrasto con l’art. 32,
comma 27, lett. d), del decreto-legge n. 269 del 2003 (conv. dalla legge n. 326
del 2003), e cioè nella riconducibilità degli abusi alle opere che “… siano
state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi
statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde
acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree
protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della
esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo
edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici …”, fattispecie corrispondente a quella prevista dall’art.
3, comma 1, lett. b), della legge Reg. Lazio 8 novembre 2004, n. 12. Secondo la
ricorrente non sussisterebbe invece nessun «vincolo» che giustifichi il rigetto
delle istanze, neppure con riferimento alla presenza - a circa 75 metri di
distanza - di un corso d’acqua denominato “fosso Casacotta”, in quanto
l’Amministrazione comunale ne avrebbe a suo tempo ridotto il vincolo
idrogeologico ad una fascia di soli 50 metri. Sennonché - osserva il Collegio -
la Giunta regionale del Lazio, in sede di ricognizione del vincolo paesistico
delle fasce di protezione dei corsi d’acqua pubblica di cui all’art. 146, comma
1, lett. c), del d.lgs,. n. 490 del 1999, aveva in precedenza espressamente
confermato il valore paesaggistico del “fosso Casacotta” ed escluso il
declassamento richiesto dal Comune di Montelibretti (v. delib. Giunta reg. 22
febbraio 2002 n. 211, in suppl. ord. n. 1 al Bollettino reg. n. 18 del 29 giugno
2002), sicché le successive pronunce dell’Amministrazione comunale (delibb. n.
162 del 7 ottobre 2002 e n. 53 del 13 dicembre 2005) si pongono quale mere
proposte di modifica del relativo regime vincolistico, che all’epoca di adozione
degli atti impugnati era pertanto ancora ascrivibile alla fattispecie di cui
all’art. 142, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 42 del 2004, nell’ambito cioè dei
beni comprendenti i “fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi
previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti
elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative
sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna” (prescrizione
in cui è stata trasfusa la disposizione di cui all’art. 146, comma 1, lett. c),
del d.lgs,. n. 490 del 1999, sul punto a sua volta riproduttiva dell’art. 82,
comma 5, lett. c), del d.P.R. n. 616 del 1977). Trattandosi insomma di opere
realizzate a meno di 150 metri di distanza da un corso d’acqua rientrante tra
quelli tutelati come beni di interesse paesaggistico, correttamente è stata
negata alla ricorrente la sanatoria edilizia dell’intervento ivi effettuato.
In conclusione, il ricorso n. 259 del 2005 va accolto limitatamente
all’impugnativa dell’ingiunzione di demolizione delle opere abusive, dovendo per
il resto essere in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto.
Improcedibile, poi, è il ricorso n. 71 del 2006, in quanto proposto avverso gli
stessi tre dinieghi di condono edilizio che si è visto essere stati “medio tempore” revocati. Anche in questo caso va evidentemente registrato il venir
meno dell’interesse ad una pronuncia di merito.
Le spese di lite, stante la reciproca soccombenza delle parti, possono essere
compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma,
pronunciando sui ricorsi in epigrafe, così provvede;
- quanto al ricorso n. 259/2005, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e,
per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 19 in data 11 maggio 2005 (salve le
ulteriori determinazioni dell’Amministrazione), mentre per il resto in parte lo
dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse e in parte lo
respinge;
- quanto al ricorso n. 71/2006, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto
difetto di interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 26 maggio 2009, con
l’intervento dei Magistrati:
Luigi Papiano, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/06/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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