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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 17 novembre 2009, n. 765
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia mobile - Installazione
- Strumenti programmatori comunali - Criteri minimi di conoscenza preventiva e
di pianificazione - Legittimità - Condizioni - Termini perentori per la
redazione del piano. Gli strumenti programmatori attraverso i quali il
Comune, sulla base delle proposte dei gestori, definisce complessivamente le
installazioni degli impianti di telefonia mobile ammesse sul territorio comunale
e a queste previsioni subordina il rilascio delle varie autorizzazioni, per
assolvere la funzione di introduzione di criteri minimi di conoscenza preventiva
e di pianificazione dell’installazione degli impianti, soddisfano la
fondamentale esigenza di razionalità dell’azione amministrativa, onde non sono
in sé illegittimi, a meno che ne risulti in concreto scaturire una dilatazione
dei tempi per il rilascio delle prescritte autorizzazioni - incompatibile con la
necessità di una disciplina uniforme sul piano nazionale alla stregua delle
superiori norme statali -, situazione di contrasto che non sussiste però quando
la disciplina locale prevede, in coerenza con l’assetto normativo della materia,
termini perentori per la redazione del piano (v. Cons. Stato, Sez. VI, 21 giugno
2006 n. 3734; e, da ultimo, TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 21 marzo 2008 n.
1480). Sicchè, è illegittima la normativa comunale che preveda una procedura di
approvazione del programma complessivo annuale svincolato da termini perentori
per la conclusione dell’iter e che quindi consenta all’Amministrazione di
subordinare la prosecuzione dell’istruttoria sulla domanda concernente il
singolo impianto al sopraggiungere di un «piano» la cui definizione resta priva
di tempi certi (TAR Emilia Romagna, Parma,. n. 639/2009). Pres. Papiano, Est.
Caso - E. s.p.a. (avv. De Luca) c. Comune di Parma (avv.Cugurra). TAR EMILIA
ROMAGNA, Parma, Sez. I - 17 novembre 2009, n. 765
N. 00765/2009 REG.SEN.
N. 00123/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 123 del 2007 proposto da Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., in
persona del legale rappresentante p.t., difesa e rappresentata dall’avv.
Massimiliano De Luca ed elettivamente domiciliata in Parma, piazzale Boito n. 3,
presso lo studio dell’avv. Giacomo Voltattorni;
contro
il Comune di Parma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Giorgio Cugurra e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Parma,
via Mistrali n. 4;
per l'annullamento
della nota prot. gen. n. 16142 del 24 gennaio 2007, con cui il Direttore del
Settore Interventi urbanistici del Comune di Parma ha dato comunicazione alla
società ricorrente del diniego di rilascio del titolo abilitativo relativo ad un
impianto di telefonia mobile da installare in viale Partigiani d’Italia;
del preavviso di diniego ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 e degli
altri atti del procedimento;
per la condanna
dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 3 novembre 2009 i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con nota prot. gen. n. 16142 del 24 gennaio 2007 il Direttore del Settore
Interventi urbanistici del Comune di Parma dava comunicazione alla società
ricorrente del diniego di rilascio del titolo abilitativo relativo ad un
impianto di telefonia mobile da installare in viale Partigiani d’Italia. In
particolare, veniva addotto che l’impianto non rientrava tra quelli autorizzati
con il “piano delle installazioni relativo all’anno 2005” e che non era stato
ancora approvato il piano relativo all’anno 2006.
Avverso il suindicato diniego e gli altri atti del procedimento ha proposto
impugnativa l’interessata, deducendone l’illegittimità per l’inosservanza del
termine perentorio di conclusione dell’iter di approvazione del “piano annuale
complessivo delle installazioni” – quale desumibile dall’art. 11 del regolamento
comunale in materia –, e lamentando in ogni caso l’ingiustificato e illogico
rigetto della proposta di rilascio di un titolo abilitativo sottoposto alla
condizione risolutiva della mancata inclusione dell’impianto nel piano annuale
successivamente approvato. Di qui la richiesta di annullamento degli atti
impugnati e di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.
Si è costituito in giudizio il Comune di Parma, resistendo al gravame.
L’istanza cautelare della ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera
di Consiglio del 17 aprile 2007 (ord. n. 103/2007), ma poi accolta dal giudice
d’appello (v. Cons. Stato, Sez. VI, ord. 10 luglio 2007 n. 3490/2007).
All’udienza del 3 novembre 2009, ascoltati i rappresentanti delle parti, la
causa è passata in decisione.
Il ricorso è fondato.
Occorre premettere che, quanto ai vincoli legati all’approvazione annuale di un
piano con cui il Comune di Parma, sulla base delle proposte dei gestori,
definisce complessivamente le installazioni degli impianti di telefonia mobile
ammesse sul territorio comunale e a queste previsioni subordina il rilascio
delle varie autorizzazioni, la Sezione si è già espressa nel senso
dell’ammissibilità di tale strumento programmatorio (v., tra le altre, sent. n.
10 del 12 gennaio 2006). E’ stato rilevato, in particolare, che un simile modulo
operativo legittimamente contempera l’esigenza di copertura del servizio sul
territorio comunale con quella pianificatoria di un corretto insediamento degli
impianti – per lo più di rilevante impatto urbanistico-ambientale –, oltre che
con l’esigenza di minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici,
assicurando al contempo ai gestori uniformità di trattamento in sede di vaglio
congiunto delle relative richieste; che a tale conclusione induce il riparto di
competenze desumibile dalla legge n. 36 del 2001 (“Legge quadro sulla protezione
dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), nel senso
che allo Stato è affidata la fissazione delle c.d. «soglie di esposizione»,
mentre alle Regioni e agli enti locali spetta la disciplina dell’uso del
territorio in funzione della localizzazione degli impianti, cioè le ulteriori
misure e prescrizioni dirette a ridurne il più possibile l’incidenza negativa
sul territorio, sempreché naturalmente i criteri localizzativi e gli standard
urbanistici non siano tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente
l’insediamento degli impianti medesimi (v. Corte cost. 7 ottobre 2003 n. 307);
che significativamente l’art. 8, comma 6, della legge n. 36 consente ai comuni
l’adozione di un “…regolamento per assicurare il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici”; che la legge reg. n. 30 del 2000, da
parte sua, prevede che gli impianti fissi di telefonia mobile siano autorizzati
previa presentazione da parte dei gestori di un “programma annuale” delle
installazioni da realizzare (art. 8, comma 2) e che a tali fini le
Amministrazioni comunali assumano idonee iniziative di coordinamento delle
richieste di autorizzazione (art. 8, comma 7); che non si ravvisa dunque una
sostanziale incoerenza tra la disciplina statale e regionale, da una parte, e la
normativa regolamentare adottata dal Comune di Parma, dall’altra, in quanto la
redazione del “piano complessivo delle installazioni” consente il contestuale
esame delle istanze di autorizzazione provenienti dai vari gestori e favorisce
di conseguenza sia una ponderata valutazione delle localizzazioni proposte sia
il puntuale accertamento della razionale distribuzione degli impianti sul
territorio, anche in ragione dell’obiettivo di minimizzare l’esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici, e più in generale di contenere l’impatto
ambientale e sanitario degli impianti; che non viene neppure in tal modo
indebitamente aggravato il procedimento o alterato l’iter preordinato al
rilascio delle autorizzazioni, in quanto la disciplina sovraordinata lascia
liberi i comuni di definire norme integrative e di dettaglio, che nella
fattispecie peraltro non esorbitano dagli ambiti di autonomia dell’ente locale,
risolvendosi le stesse nel concentrare in un solo atto, di cadenza periodica, le
determinazioni conclusive dell’Amministrazione – senza richiedere adempimenti
ulteriori ai gestori –, e comunque ponendosi in diretta attuazione di
prescrizioni che affidano agli enti locali la tutela degli interessi pubblici
coinvolti; che profili di insanabile contrasto non si ravvisano nemmeno nella
disciplina di cui al d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (“Codice delle comunicazioni
elettroniche”), ed in particolare nelle disposizioni che recano modalità
procedurali informate alle regole della semplificazione amministrativa e della
celerità (artt. 86 e 87), anche in vista della uniforme disciplina dei
procedimenti (v. art. 41, comma 2, della legge n. 166 del 2002), posto che il
“piano complessivo delle installazioni” deve pur sempre essere approvato in
tempi rapidi e con modalità tali da far salvo il procedimento regolato dal
legislatore statale, oltre che nel rispetto dei parametri di valutazione fissati
dalla legge n. 36 del 2001 nonché dalla legge reg. n. 30 del 2000, integra
rimanendo la competenza delle Regioni sia per il governo del territorio sia per
la tutela della salute (v. Corte cost. 27 luglio 2005 n. 336); che la
circostanza, poi, che gli impianti di telefonia mobile siano oramai classificati
come opere di urbanizzazione primaria (v. art. 86, comma 3, del d.lgs. n.
259/2003), lungi dal liberalizzare in toto l’insediamento di simili impianti e
dal sacrificare le attribuzioni comunali in tema di disciplina dell’uso del
territorio, rivela esclusivamente la volontà normativa di qualificare sotto il
profilo urbanistico le relative strutture, e dunque, pur conseguentemente
orientando le scelte localizzative rimesse al vaglio delle Autorità locali, non
impedisce loro l’esercizio delle ordinarie competenze a tutela del corretto
assetto urbanistico-edilizio delle aree interessate.
A tali considerazioni la Sezione ha di recente confermato di poter tuttora
aderire (v. sent. n. 639 del 14 luglio 2009), avendo la giurisprudenza osservato
che strumenti programmatori del genere, per assolvere la funzione di
introduzione di criteri minimi di conoscenza preventiva e di pianificazione
dell’installazione degli impianti, soddisfano la fondamentale esigenza di
razionalità dell’azione amministrativa, onde non sono in sé illegittimi, a meno
che ne risulti in concreto scaturire una dilatazione dei tempi per il rilascio
delle prescritte autorizzazioni – incompatibile con la necessità di una
disciplina uniforme sul piano nazionale alla stregua delle superiori norme
statali –, situazione di contrasto che non sussiste però quando la disciplina
locale prevede, in coerenza con l’assetto normativo della materia, termini
perentori per la redazione del piano (v. Cons. Stato, Sez. VI, 21 giugno 2006 n.
3734; e, da ultimo, TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 21 marzo 2008 n. 1480). Ne
ha quindi desunto l’illegittimità della normativa comunale che preveda una
procedura di approvazione del programma complessivo annuale svincolato da
termini perentori per la conclusione dell’iter e che quindi consenta
all’Amministrazione di subordinare la prosecuzione dell’istruttoria sulla
domanda concernente il singolo impianto al sopraggiungere di un «piano» la cui
definizione resta priva di tempi certi (v. sent. n. 639/2009 cit.).
A fronte di tale precedente della Sezione – sul punto innovativo rispetto ad un
indirizzo giurisprudenziale che considerava satisfattiva delle esigenze di
celerità dell’azione amministrativa l’astratta possibilità per i gestori di
ovviare alle eventuali lungaggini dell’Autorità locale attraverso il ricorso, di
volta in volta, ai rimedi giudiziali a questi fini ammessi dall’ordinamento –,
il Collegio ritiene meritevole di accoglimento la doglianza imperniata
sull’illegittimità del diniego di autorizzazione dell’installazione
dell’impianto di telefonia mobile della ricorrente quale effetto dell’indebito
protrarsi dell’iter di approvazione dei «piani» annuali, nell’incertezza
assoluta – anzi – dei tempi di ultimazione delle relative procedure. Né rileva
che la ricorrente abbia erroneamente richiamato un regolamento comunale non
ancora vigente, in quanto la censura formulata reca in sé la corretta
contestazione di un modus operandi che, per risolversi nella sospensione sine
die dell’esame delle singole domande di autorizzazione o comunque per rinviarne
il vaglio alla conclusione di un procedimento di formazione del «piano» di cui
non viene precisata la data certa finale, appare contrastante con le norme
fondamentali in materia.
Di qui l’annullamento degli atti impugnati, con assorbimento delle restanti
doglianze.
Quanto all’istanza risarcitoria, infine, va considerato che, per costante
giurisprudenza, l’interessato ha in simili casi l’onere di dare concreti e
circostanziati elementi di prova circa i danni subiti in dipendenza degli atti
impugnati (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 10 novembre 2008 n. 5585), tanto
più che il ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 cod.civ. è ammissibile
solo per l’accertamento dell’entità del danno (quando risulti impossibile
dimostrarne l’ammontare preciso), non anche per la prova della sua esistenza, a
tanto dovendo provvedere chi agisce in giudizio, secondo il principio generale
desumibile dall’art. 2697 cod.civ. e dall’art. 115 cod.proc.civ. Non avendo la
società ricorrente addotto alcunché ad oggettiva e inequivocabile dimostrazione
di eventuali pregiudizi patrimoniali determinatisi medio tempore, il Collegio
non può dunque che disattendere la domanda.
La peculiarità delle questioni dedotte rivela la sussistenza delle eccezionali
condizioni di legge per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma,
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in
motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 3 novembre 2009, con
l’intervento dei Magistrati:
Luigi Papiano, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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