AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


  AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

TAR EMILIA ROMGNA, Parma, Sez. I - 17 novembre 2009, n. 766

 

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia mobile - Realizzazione - Compatibilità urbanistica - Verifica - Procedimento ex art. 87, c. 9, d.lgs. n. 259/2003. Se è vero che nell’attuale ordinamento la realizzazione di un impianto di telefonia mobile non richiede il previo rilascio del permesso di costruire, è altresì vero che nel corso del procedimento disciplinato dall’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003 vanno comunque svolte le verifiche di compatibilità edilizia ed urbanistica dei suddetti impianti, e ciò in coerenza con la ratio della riforma, che è stata quella di semplificare il procedimento e concentrare al suo interno tutte le relative valutazioni, comprese quelle di carattere urbanistico-edilizio (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 28 febbraio 2006 n. 889). L’installazione di simili infrastrutture, pertanto, non può prescindere dal possesso, tra gli altri, del requisito della «conformità urbanistica». Pres. Papiano, Est. Caso - E. s.p.a. (avv. De Luca) c. Comune di Casalgrande (avv. Coli). TAR EMILIA ROMGNA, Parma, Sez. I - 17/11/2009, n. 766

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia mobile - Localizzazione - Amministrazioni comunali - Competenze - Contemperamento degli interessi coinvolti. In tema di localizzazione ed installazione degli impianti di telefonia mobile le Amministrazioni comunali conservano le loro tipiche competenze in ordine al governo del territorio, da esercitare in modo tale da contemperare i vari interessi coinvolti, evitando in particolare l’adozione di misure che si risolvano in un ingiustificato ostacolo alla funzionalità della rete delle infrastrutture di comunicazione elettronica. Pres. Papiano, Est. Caso - E. s.p.a. (avv. De Luca) c. Comune di Casalgrande (avv. Coli). TAR EMILIA ROMGNA, Parma, Sez. I - 17 novembre 2009, n. 766
 

 

 

 

N. 00766/2009 REG.SEN.
N. 00301/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)



ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso n. 301 del 2008 proposto da Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., difesa e rappresentata dall’avv. Massimiliano De Luca ed elettivamente domiciliata in Parma, piazzale Boito n. 3, presso lo studio dell’avv. Giacomo Voltattorni;

contro

il Comune di Casalgrande, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Coli ed elettivamente domiciliato in Parma, borgo G. Tommasini n. 20, presso lo studio dell’avv. Mario Ramis;

per l'annullamento

del provvedimento prot. gen. n. 17657 del 26 settembre 2008, con cui il Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia privata del Comune di Casalgrande ha disposto l’annullamento d’ufficio del provvedimento tacito formatosi, per silenzio-assenso, sull’istanza del 21 febbraio 2008 preordinata al rilascio di un permesso di costruire relativo ad impianto di telefonia mobile della società ricorrente (da installare a S. Antonino, via Statale 467 n. 128);

di tutti gli atti preparatori, preordinati e presupposti, ivi compresa la nota comunale in data 11 luglio 2008 (relativa alla comunicazione di avvio del procedimento);

per l’accertamento

della formazione del silenzio-assenso ex art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, in relazione all’istanza presentata in data 21 febbraio 2008 per l’installazione dell’impianto di telefonia mobile da ubicare a S. Antonino, via Statale 467 n. 128;

per la condanna

dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Casalgrande;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 3 novembre 2009 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


Ritenuto formatosi il silenzio-assenso ex art. 13, comma 10, della legge reg. n. 31 del 2002 a seguito dell’istanza, risalente al 21 febbraio 2008, preordinata al rilascio di un permesso di costruire relativo ad impianto di telefonia mobile della società ricorrente (da installare a S. Antonino, via Statale 467 n. 128), il Comune di Casalgrande disponeva l’annullamento d’ufficio dell’atto abilitativo tacito (v. provvedimento prot. gen. n. 17657 del 26 settembre 2008, a firma del Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia privata). In particolare, veniva rilevato che l’area di ubicazione dell’impianto è soggetta alla disciplina di cui all’art. 74 delle n.t.a. del piano regolatore, onde - trattandosi di intervento in zona di trasformazione ZT - si sarebbe resa necessaria la previa approvazione di un piano attuativo o di un progetto unitario convenzionato, in assenza dei quali si potrebbero realizzare solo interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria o di restauro scientifico o risanamento conservativo; di qui, a fronte di un intervento di nuova costruzione e della carenza del prescritto strumento urbanistico attuativo, la conclusione secondo cui il titolo abilitativo tacito sarebbe stato illegittimo per violazione della normativa di piano, sì da doversene disporre la rimozione in autotutela, stante anche l’asserita sussistenza del prevalente interesse pubblico ad un assetto del territorio non in contrasto con le scelte pianificatorie dell’Amministrazione comunale.

Avverso il provvedimento di autotutela e gli altri atti del procedimento ha proposto impugnativa la società ricorrente, imputando all’ente locale di non avere tenuto conto dell’avvenuta formazione del silenzio-assenso ex art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, di non avere considerato che detto titolo tacito rende del tutto inutile il permesso di costruire e non necessario il rispetto delle prescrizioni di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, di non avere fornito adeguata motivazione circa le determinazioni assunte nonostante il silenzio-assenso formatosi sull’istanza, di non essersi attenuto al principio che impone la celere conclusione dei procedimenti amministrativi in materia di installazione degli impianti di telefonia mobile, di avere altresì dato causa alla lesione della libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost., di avere in realtà posto a fondamento della sua azione l’obiettivo di non fare installare l’impianto di che trattasi. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato e degli altri atti del procedimento, nonché di accertamento dell’avvenuta formazione del silenzio-assenso ex art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, nonché di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.

Si è costituito in giudizio il Comune di Casalgrande, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare della ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 16 dicembre 2008 (ord. n. 239/2008), ma poi accolta dal giudice d’appello (v. Cons. Stato, Sez. VI, ord. 7 aprile 2009 n. 1793/2009).

All’udienza del 3 novembre 2009, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

Quanto, innanzi tutto, all’addotta formazione del silenzio-assenso ex art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003 (in tema di “procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici”), è da escludere che ne conseguano effetti invalidanti del provvedimento di autotutela. In realtà, la circostanza che l’Amministrazione comunale abbia preso a riferimento la fattispecie del silenzio-assenso ex art. 13, comma 10, della legge reg. n. 31 del 2002 (in tema di “procedimento per il rilascio del permesso di costruire”), e quindi abbia dato al costituirsi dell’atto abilitativo tacito un fondamento normativo diverso da quello invocato dalla società ricorrente, non incide sulla legittimità di un annullamento d’ufficio che, qualunque sia l’effettiva fonte legale del silenzio-assenso, trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di salvaguardia della disciplina urbanistico-edilizia locale, la cui inosservanza ben può giustificare in simili casi l’esercizio del potere di autotutela (v. Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 2008 n. 478).

Quanto, poi, alla doglianza con cui si fa valere l’irrilevanza del permesso di costruire e della normativa in materia edilizia, osserva il Collegio che, se è vero che nell’attuale ordinamento la realizzazione di un impianto di telefonia mobile non richiede il previo rilascio del permesso di costruire, è altresì vero che nel corso del procedimento disciplinato dall’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003 vanno comunque svolte le verifiche di compatibilità edilizia ed urbanistica dei suddetti impianti, e ciò in coerenza con la ratio della riforma, che è stata quella di semplificare il procedimento e concentrare al suo interno tutte le relative valutazioni, comprese quelle di carattere urbanistico-edilizio (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 28 febbraio 2006 n. 889). L’installazione di simili infrastrutture, pertanto, non può prescindere dal possesso, tra gli altri, del requisito della «conformità urbanistica», la cui assenza l’Amministrazione comunale ha nella fattispecie registrato con argomentazioni che la ricorrente invero non censura.

Né rileva il difetto di motivazione riferito alla circostanza che il provvedimento di autotutela, in presenza dell’avvenuta formazione del silenzio-assenso, avrebbe ingiustificatamente richiamato la vicenda della mancata inclusione del sito tra quelli di cui al programma annuale degli impianti fissi di telefonia mobile per l’anno 2008. La carenza del requisito della «conformità urbanistica» dell’impianto sorregge autonomamente le conclusioni dell’atto impugnato e di per sé preclude l’installazione della struttura, sicché ogni ulteriore considerazione contenuta nel provvedimento risulta ininfluente sull’esito del procedimento.

Quanto, invece, alla lamentata violazione del principio che, per consentire la celere realizzazione degli impianti di telefonia mobile, impone all’Amministrazione pubblica la spedita conclusione dei relativi procedimenti, evidenzia il Collegio come tale esigenza non sia in sé incompatibile con il ricorso al potere di autotutela sul provvedimento abilitativo formatosi per silentium, purché lo stesso naturalmente intervenga nel rispetto dei requisiti formali e sostanziali previsti per il suo esercizio (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2009 n. 355), requisiti che la società ricorrente non ha però comprovato essere nella fattispecie insussistenti.

Generica, poi, è la censura incentrata sulla lesione della libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost. Come è noto, in tema di localizzazione ed installazione degli impianti di telefonia mobile le Amministrazioni comunali conservano le loro tipiche competenze in ordine al governo del territorio, da esercitare in modo tale da contemperare i vari interessi coinvolti, evitando in particolare l’adozione di misure che si risolvano in un ingiustificato ostacolo alla funzionalità della rete delle infrastrutture di comunicazione elettronica; e nella fattispecie, a ben vedere, non è stato denunciato dalla ricorrente nessun profilo di eventuale abusivo esercizio delle funzioni di rilievo urbanistico-edilizio, onde la doglianza si presenta priva della necessaria concretezza, a fronte di una determinazione comunale imperniata sulla carenza dell’essenziale requisito della «conformità urbanistica» dell’impianto.

Quanto, infine, al dedotto sviamento di potere - per essere il vero obiettivo quello di impedire in ogni caso l’installazione dell’impianto -, il Collegio rinvia al costante orientamento giurisprudenziale secondo cui una simile doglianza deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dar conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo a tal fine sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell’illegittima finalità perseguita in concreto dall’organo amministrativo (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 15 ottobre 2009 n. 6332). Nella circostanza, al contrario, nulla è stato addotto a fondamento della doglianza, non essendosi neppure illustrate le ragioni per le quali non sussisterebbe il contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia locale posto a base del provvedimento di autotutela, che ha del resto anche indicato i motivi della prevalenza del pubblico interesse all’annullamento d’ufficio dell’atto abilitativo tacito (asseverazioni false del progettista, esigenze di ordine urbanistico), profili anche questi non oggetto di puntale censura da parte della società ricorrente.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente, e vengono liquidate come da dispositivo.

Difettano, invece, le condizioni per la condanna al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 cod.proc.civ. (v. memoria difensiva dell’Amministrazione depositata il 12 dicembre 2008), avendo la giurisprudenza più volte rilevato che, ancorché effettuabile anche d’ufficio, la liquidazione del danno da responsabilità processuale aggravata postula pur sempre la prova, incombente su chi ne fa richiesta, dell’an e del quantum o, almeno, la concreta desumibilità di detti elementi dagli atti di causa (v., tra le altre, Cass. civ., Sez. II, 15 febbraio 2007 n. 3388); la circostanza, quindi, che non siano stati nella fattispecie puntualmente indicati gli elementi di quantificazione economica del pregiudizio asseritamente subito e del danno ulteriore rispetto a quello eliminabile con la statuizione relativa alle spese, come è evidente, osta alla precisa quantificazione della pretesa creditoria ed è di per sé preclusiva dell’accoglimento dell’istanza, esonerando il Collegio da ogni indagine circa il profilo soggettivo del dolo o della colpa grave della società ricorrente, anch’esso necessario perché si realizzi la fattispecie della lite temeraria produttiva di danno risarcibile.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di € 4.000,00 (quattromila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 3 novembre 2009, con l’intervento dei Magistrati:

Luigi Papiano, Presidente

Italo Caso, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Referendario


L'ESTENSORE                                                                                IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



  AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it