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T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 5 giugno 2009, n. 433



CAVE E MINIERE - Regione Friuli Venezia Giulia - L.R. 35/1986, art. 20, c. 3 - Autorizzazione all’attività estrattiva - Violazione delle condizioni o delle prescrizioni stabilite in sede di autorizzazione - Limite invalicabile all’attività estrattiva. A mente del comma 3 dell’art. 20 della L.R. Friuli Venezia Giulia 35/1986 - il cui disposto è chiaro ed inequivocabile - le autorizzazioni (o le proroghe delle autorizzazioni) all’esercizio di attività estrattiva incontrano un limite invalicabile nelle violazioni delle condizioni o delle prescrizioni stabilite dall’autorizzazione stessa, impingenti negativamente sull’assetto territoriale. Pres. Corasaniti, Est. Farina - R. s.n.c. (avv. Conti) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Iuri). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 05/06/2009, n. 433

 

 

 

 N. 00433/2009 REG.SEN.
N. 00565/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 565 del 2008, proposto da:
Rossi Marmi Snc di Rossi Bruno & Co., rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Conti, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7;

contro

Regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall'Daniela Iuri, domiciliata per legge in Trieste, piazza Unita' D'Italia 1;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento dd. 13.11.2008, con cui la Regione fvg comunicava il diniego alla richiesta di riavvio del procedimento amministrativo e al conseguente rilascio della richiesta proroga dell'autorizzazione alla coltivazione in ampliamento e al ripristino ambientale della cava di pietra ornamentale piasentina, in località Clastra sita nel Comune di S. Leonardo, nonchè per il risarcimento del danno..

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Friuli-Venezia Giulia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22/04/2009 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
 

Con il ricorso rubricato al n. 565/08 la società Rossi Marmi s.n.c. di

Rossi Bruno & Co. ha impugnato il provvedimento prot. ALP 1 - 32204 - UD/CAV/1 del 13.11.2008 con cui la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha respinto la richiesta avanzata dalla società acchè fosse riavviato il procedimento amministrativo e le fosse conseguentemente rilasciato il provvedimento relativo alla proroga dell’autorizzazione alla coltivazione in ampliamento e al ripristino ambientale della cava di pietra ornamentale piasentina in località “Clastra” del Comune di San Leonardo (UD).

La società ha chiesto anche una pronuncia che disponga, a suo favore, il risarcimento del danno da ritardo subito e subendo, derivante dalla sospensione del procedimento amministrativo di cui trattasi e della conseguente mancata adozione del provvedimento di proroga dell’autorizzazione alla coltivazione in ampliamento e al ripristino ambientale della cava di pietra piasentina denominata “Clastra”.

Va premesso che la società Rossi Marmi s.n.c. di Rossi Bruno & C. è stata autorizzata con decreto regionale della Direzione centrale ambiente del 29 maggio 2003, n. 645 alla coltivazione in ampliamento e al ripristino della cava di pietra piacentina denominata “Clastra” sita nel comune di S. Leonardo (UD) in località “Clastra”; la coltivazione della cava era stata autorizzata per cinque anni dalla data del decreto, cioè fino al 29 maggio 2008 (art. 1 del decreto) ed una eventuale istanza di proroga doveva essere presentata sei mesi prima della suddetta scadenza (art. 13 del decreto).

Con verbale di accertamento n. 4/07 Reg. UD/CAV/91 del 18 maggio 2007 sono state riscontrate - attraverso l’esecuzione di rilievi topografici, misurazioni e altre operazioni tecniche - sull’area della cava le seguenti violazioni:

- scavo nell’area di cava a sud - est, adiacente alla strada Clastra-Cemur, in eccedenza rispetto a quanto autorizzato, per un quantitativo di materiale costituito da pietra ornamentale quantificato in mc. 6.111;

- mancato rispetto delle prescrizioni in materia di recupero ambientale previste dall’autorizzazione;

- mancata presentazione della planimetria dei punti fissi inamovibili di misurazione per individuare sul terreno l’area di cava (caposaldi), richiesta dall’autorizzazione.

Le suddette violazioni hanno comportato l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 20, comma 1, lett. a), b) e c) della L.R. n. 35/1986, quantificata nel verbale di accertamento in euro 87.711,40.

I destinatari del verbale non si sono avvalsi della facoltà di effettuare il pagamento in misura ridotta entro il termine di giorni 60 dalla notifica.

Dopo che la società Rossi Marmi s.n.c. aveva fatto pervenire alla Regione delle osservazioni e delle note difensive e dopo che la Regione aveva replicato ad esse, con ordinanza - ingiunzione n. 626/2008 è stato ingiunto alla Rossi Marmi s.n.c. ed ai signori Rossi Bruno e Andrea, in qualità di obbligati in solido, di pagare alla Regione la somma complessiva di euro 138.532,80 a titolo di sanzione di cui all’art. 20, comma 1 della L.R. n. 35/1986.

Con ricorso del 25 novembre 2008 l’odierna ricorrente ha impugnano l’ordinanza - ingiunzione n. 626/2008 avanti al Tribunale di Udine, sul rilievo che il provvedimento regionale fosse affetto da carenza di motivazione in ordine alle ragioni che avevano indotto l’Amministrazione regionale a disattendere le osservazioni dei ricorrenti e per l’insussistenza dei presupposti, e, segnatamente, dello scavo effettuato in eccedenza.

Il Tribunale, cautelativamente, ha sospeso la suddetta ordinanza -ingiunzione n. 626/2008.

La società presentava all’Amministrazione regionale il 24 maggio 2007 istanza di proroga dell’autorizzazione alla coltivazione della cava: la Regione, con nota in data 6 giugno 2007, prot. 18378, comunicava alla società di non poter avviare il procedimento richiesto in quanto era stato emesso il verbale di accertamento n. 4/07 Reg. UD/CAV/91 del 18 maggio 2007 e, quindi, in conformità a quanto disposto dall’art. 20, comma 3 bis della L.R. n. 35/1986, era necessario attendere il pagamento della sanzione.

Seguiva un ulteriore carteggio tra la società e la Regione; in particolare, con nota del 2 maggio 2008 la società richiedeva nuovamente di conoscere i termini per la conclusione del procedimento di proroga dell’autorizzazione.

Con nota del 13 maggio 2008, prot. 13802 l’Amministrazione regionale comunicava alla ricorrente la obbligatorietà della sospensione del procedimento relativo alla proroga; comunicava, altresì, che la decorrenza del termine di 120 giorni, fissato con DPGR 0499/1993, era stata sospesa alla luce dell’art. 20, comma 3 bis della L.R. 35/1986, poiché era pendente un procedimento sanzionatorio.

La suddetta nota veniva impugnata con ricorso avanti questo Tribunale, che con sentenza n. 511/2008 emetteva una pronuncia di inammissibilità.

La ricorrente in data 22 settembre 2008 chiedeva alla Regione di ritirare il provvedimento di sospensione del 13 maggio 2008 e quindi di procedere sull’istanza di proroga, sostenendo che la sospensione dell’ordinanza aveva rimosso ogni ragione ostativa, perché da un lato la società non era più gravata dall’obbligo di pagare la sanzione e dall’altra non erano state accertate violazioni dell’autorizzazione in via definitiva.

Con nota del 13 novembre 2008, prot. 32204 la Regione, ribadendo e richiamando il contenuto della nota del 13.5.2008, comunicava alla società di non poter accogliere la richiesta, perché la sospensione cautelare dell’ordinanza, pur paralizzandone gli effetti esecutivi, non aveva fatto venire meno i motivi della sospensione stessa.

A sostegno del gravame la società ricorrente ha dedotto un unico mezzo, variamente articolato.

L’istante, in buona sostanza, assume che il provvedimento impugnato abbia violato l’art. 20, comma 3 bis della L.R. n. 35/1986 in quanto l’ordinanza ingiunzione n. 626/2008 è stata cautelativamente sospesa dal Giudice Ordinario del Tribunale civile di Udine.

Questa tesi viene suffragata dalla asserzione che il verbale di accertamento n. 4/2007 avrebbe il valore di un mero atto procedimentale, inidoneo a produrre effetti nella sfera giuridica del destinatario, salvo che per quello che riguarda la contestazione del fatto e la segnalazione della facoltà di pagare in misura ridotta; inoltre, a detta della istante, la ordinanza ingiunzione, in quanto impugnata e sospesa cautelativamente nei suoi effetti, non potrebbe determinare il definitivo accertamento della violazione: pertanto, nulla osterebbe acchè prosegua l’iter istruttorio per la proroga dell’autorizzazione, posto che ai sensi dell’articolo 20 comma 3 bis della L.R. n. 35/1986 solo in presenza di violazioni definitivamente accertate e non ancora pagate si dovrebbe sospendere l’istruttoria dei provvedimenti autorizzatori.

Si è costituita in giudizio l’intimata Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del gravame.

Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella pubblica udienza del 22.4.2009.

La infondatezza del gravame, come in prosieguo di trattazione dimostrata, esime il Collegio dal prendere in esame la eccezione di irricevibilità dedotta dalla Regione resistente, che resta assorbita.

Sembra opportuno premettere che il comma 3 all’articolo 20 della L.R. n. 35/1986 così recita:

“In caso di violazione delle condizioni o prescrizioni stabilite dall'autorizzazione, sui luoghi dell'attività estrattiva, non possono [..…] essere rilasciate autorizzazioni o concessioni regionali [..…] per qualsiasi attività edilizia, di cava, discarica o altro, fino al pagamento delle sanzioni e all'estinzione dei motivi di violazione”.

La disposizione, chiara ed inequivocabile, è ispirata all’esigenza che le autorizzazioni (o le proroghe delle autorizzazione) all’esercizio di attività estrattiva incontrano un limite invalicabile nelle indicate violazioni, impingenti negativamente sull’assetto territoriale.

Nella fattispecie per cui è causa le violazioni contestate alla società, accertate nel verbale di contestazione, costituiscono un dato inoppugnabile.

La preclusione alla proroga non può essere, de plano, superata dalla sospensione cautelare concessa nel giudizio intentato avanti il Tribunale di Udine per l’annullamento della sanzione amministrativa: questo provvedimento, che si è limitato a sospendere il pagamento, contrariamente a quanto opina l’istante, non può essere assimilato ad una pronuncia caducatoria della sanzione stessa, posto che quest’ultima permane nel mondo giuridico nella sua interezza e nei suoi effetti.

Ne consegue che - allo stato - sono pacificamente ravvisabili i motivi ostativi alla proroga di cui all’articolo 20, comma 3 della L.R. n. 35/1986.

Quanto al procedimento sanzionatorio, occorre sottolineare che il verbale di accertamento ha una sua specifica valenza, non atteggiandosi a mero atto endoprocedimentale, come opina la ricorrente: esso fa fede fino a querela di falso per i fatti compiuti dall’accertatore, per i fatti compiuti in sua presenza, per le dichiarazioni a lui rese e trascritte e per la provenienza del verbale dal soggetto competente ad accertare.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
 

P.Q.M.
 

il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo

rigetta.

Condanna la società ricorrente al rimborso delle spese e competenze giudiziali nei confronti dell’Amministrazione resistente, che liquida in complessivi euro 2500 (duemilacinquecento), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22/04/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente

Oria Settesoldi, Consigliere

Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore

IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/06/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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