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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 5 giugno 2009, n. 433
CAVE E MINIERE - Regione Friuli Venezia Giulia - L.R. 35/1986, art. 20, c. 3
- Autorizzazione all’attività estrattiva - Violazione delle condizioni o delle
prescrizioni stabilite in sede di autorizzazione - Limite invalicabile
all’attività estrattiva. A mente del comma 3 dell’art. 20 della L.R. Friuli
Venezia Giulia 35/1986 - il cui disposto è chiaro ed inequivocabile - le
autorizzazioni (o le proroghe delle autorizzazioni) all’esercizio di attività
estrattiva incontrano un limite invalicabile nelle violazioni delle condizioni o
delle prescrizioni stabilite dall’autorizzazione stessa, impingenti
negativamente sull’assetto territoriale. Pres. Corasaniti, Est. Farina - R.
s.n.c. (avv. Conti) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Iuri). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I -
05/06/2009, n.
433
N. 00433/2009 REG.SEN.
N. 00565/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 565 del 2008, proposto da:
Rossi Marmi Snc di Rossi Bruno & Co., rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio
Conti, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza
Unita' D'Italia 7;
contro
Regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall'Daniela Iuri,
domiciliata per legge in Trieste, piazza Unita' D'Italia 1;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento dd. 13.11.2008, con cui la Regione fvg comunicava il diniego
alla richiesta di riavvio del procedimento amministrativo e al conseguente
rilascio della richiesta proroga dell'autorizzazione alla coltivazione in
ampliamento e al ripristino ambientale della cava di pietra ornamentale
piasentina, in località Clastra sita nel Comune di S. Leonardo, nonchè per il
risarcimento del danno..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Friuli-Venezia Giulia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22/04/2009 il dott. Vincenzo Farina e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso rubricato al n.
565/08 la società Rossi Marmi s.n.c. di
Rossi Bruno & Co. ha impugnato il provvedimento prot. ALP 1 - 32204 - UD/CAV/1
del 13.11.2008 con cui la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha respinto la
richiesta avanzata dalla società acchè fosse riavviato il procedimento
amministrativo e le fosse conseguentemente rilasciato il provvedimento relativo
alla proroga dell’autorizzazione alla coltivazione in ampliamento e al
ripristino ambientale della cava di pietra ornamentale piasentina in località
“Clastra” del Comune di San Leonardo (UD).
La società ha chiesto anche una pronuncia che disponga, a suo favore, il
risarcimento del danno da ritardo subito e subendo, derivante dalla sospensione
del procedimento amministrativo di cui trattasi e della conseguente mancata
adozione del provvedimento di proroga dell’autorizzazione alla coltivazione in
ampliamento e al ripristino ambientale della cava di pietra piasentina
denominata “Clastra”.
Va premesso che la società Rossi Marmi s.n.c. di Rossi Bruno & C. è stata
autorizzata con decreto regionale della Direzione centrale ambiente del 29
maggio 2003, n. 645 alla coltivazione in ampliamento e al ripristino della cava
di pietra piacentina denominata “Clastra” sita nel comune di S. Leonardo (UD) in
località “Clastra”; la coltivazione della cava era stata autorizzata per cinque
anni dalla data del decreto, cioè fino al 29 maggio 2008 (art. 1 del decreto) ed
una eventuale istanza di proroga doveva essere presentata sei mesi prima della
suddetta scadenza (art. 13 del decreto).
Con verbale di accertamento n. 4/07 Reg. UD/CAV/91 del 18 maggio 2007 sono state
riscontrate - attraverso l’esecuzione di rilievi topografici, misurazioni e
altre operazioni tecniche - sull’area della cava le seguenti violazioni:
- scavo nell’area di cava a sud - est, adiacente alla strada Clastra-Cemur, in
eccedenza rispetto a quanto autorizzato, per un quantitativo di materiale
costituito da pietra ornamentale quantificato in mc. 6.111;
- mancato rispetto delle prescrizioni in materia di recupero ambientale previste
dall’autorizzazione;
- mancata presentazione della planimetria dei punti fissi inamovibili di
misurazione per individuare sul terreno l’area di cava (caposaldi), richiesta
dall’autorizzazione.
Le suddette violazioni hanno comportato l’applicazione della sanzione prevista
dall’art. 20, comma 1, lett. a), b) e c) della L.R. n. 35/1986, quantificata nel
verbale di accertamento in euro 87.711,40.
I destinatari del verbale non si sono avvalsi della facoltà di effettuare il
pagamento in misura ridotta entro il termine di giorni 60 dalla notifica.
Dopo che la società Rossi Marmi s.n.c. aveva fatto pervenire alla Regione delle
osservazioni e delle note difensive e dopo che la Regione aveva replicato ad
esse, con ordinanza - ingiunzione n. 626/2008 è stato ingiunto alla Rossi Marmi
s.n.c. ed ai signori Rossi Bruno e Andrea, in qualità di obbligati in solido, di
pagare alla Regione la somma complessiva di euro 138.532,80 a titolo di sanzione
di cui all’art. 20, comma 1 della L.R. n. 35/1986.
Con ricorso del 25 novembre 2008 l’odierna ricorrente ha impugnano l’ordinanza -
ingiunzione n. 626/2008 avanti al Tribunale di Udine, sul rilievo che il
provvedimento regionale fosse affetto da carenza di motivazione in ordine alle
ragioni che avevano indotto l’Amministrazione regionale a disattendere le
osservazioni dei ricorrenti e per l’insussistenza dei presupposti, e,
segnatamente, dello scavo effettuato in eccedenza.
Il Tribunale, cautelativamente, ha sospeso la suddetta ordinanza -ingiunzione n.
626/2008.
La società presentava all’Amministrazione regionale il 24 maggio 2007 istanza di
proroga dell’autorizzazione alla coltivazione della cava: la Regione, con nota
in data 6 giugno 2007, prot. 18378, comunicava alla società di non poter avviare
il procedimento richiesto in quanto era stato emesso il verbale di accertamento
n. 4/07 Reg. UD/CAV/91 del 18 maggio 2007 e, quindi, in conformità a quanto
disposto dall’art. 20, comma 3 bis della L.R. n. 35/1986, era necessario
attendere il pagamento della sanzione.
Seguiva un ulteriore carteggio tra la società e la Regione; in particolare, con
nota del 2 maggio 2008 la società richiedeva nuovamente di conoscere i termini
per la conclusione del procedimento di proroga dell’autorizzazione.
Con nota del 13 maggio 2008, prot. 13802 l’Amministrazione regionale comunicava
alla ricorrente la obbligatorietà della sospensione del procedimento relativo
alla proroga; comunicava, altresì, che la decorrenza del termine di 120 giorni,
fissato con DPGR 0499/1993, era stata sospesa alla luce dell’art. 20, comma 3
bis della L.R. 35/1986, poiché era pendente un procedimento sanzionatorio.
La suddetta nota veniva impugnata con ricorso avanti questo Tribunale, che con
sentenza n. 511/2008 emetteva una pronuncia di inammissibilità.
La ricorrente in data 22 settembre 2008 chiedeva alla Regione di ritirare il
provvedimento di sospensione del 13 maggio 2008 e quindi di procedere
sull’istanza di proroga, sostenendo che la sospensione dell’ordinanza aveva
rimosso ogni ragione ostativa, perché da un lato la società non era più gravata
dall’obbligo di pagare la sanzione e dall’altra non erano state accertate
violazioni dell’autorizzazione in via definitiva.
Con nota del 13 novembre 2008, prot. 32204 la Regione, ribadendo e richiamando
il contenuto della nota del 13.5.2008, comunicava alla società di non poter
accogliere la richiesta, perché la sospensione cautelare dell’ordinanza, pur
paralizzandone gli effetti esecutivi, non aveva fatto venire meno i motivi della
sospensione stessa.
A sostegno del gravame la società ricorrente ha dedotto un unico mezzo,
variamente articolato.
L’istante, in buona sostanza, assume che il provvedimento impugnato abbia
violato l’art. 20, comma 3 bis della L.R. n. 35/1986 in quanto l’ordinanza
ingiunzione n. 626/2008 è stata cautelativamente sospesa dal Giudice Ordinario
del Tribunale civile di Udine.
Questa tesi viene suffragata dalla asserzione che il verbale di accertamento n.
4/2007 avrebbe il valore di un mero atto procedimentale, inidoneo a produrre
effetti nella sfera giuridica del destinatario, salvo che per quello che
riguarda la contestazione del fatto e la segnalazione della facoltà di pagare in
misura ridotta; inoltre, a detta della istante, la ordinanza ingiunzione, in
quanto impugnata e sospesa cautelativamente nei suoi effetti, non potrebbe
determinare il definitivo accertamento della violazione: pertanto, nulla
osterebbe acchè prosegua l’iter istruttorio per la proroga dell’autorizzazione,
posto che ai sensi dell’articolo 20 comma 3 bis della L.R. n. 35/1986 solo in
presenza di violazioni definitivamente accertate e non ancora pagate si dovrebbe
sospendere l’istruttoria dei provvedimenti autorizzatori.
Si è costituita in giudizio l’intimata Regione autonoma Friuli Venezia Giulia,
chiedendo il rigetto del gravame.
Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella
pubblica udienza del 22.4.2009.
La infondatezza del gravame, come in prosieguo di trattazione dimostrata, esime
il Collegio dal prendere in esame la eccezione di irricevibilità dedotta dalla
Regione resistente, che resta assorbita.
Sembra opportuno premettere che il comma 3 all’articolo 20 della L.R. n. 35/1986
così recita:
“In caso di violazione delle condizioni o prescrizioni stabilite
dall'autorizzazione, sui luoghi dell'attività estrattiva, non possono [..…]
essere rilasciate autorizzazioni o concessioni regionali [..…] per qualsiasi
attività edilizia, di cava, discarica o altro, fino al pagamento delle sanzioni
e all'estinzione dei motivi di violazione”.
La disposizione, chiara ed inequivocabile, è ispirata all’esigenza che le
autorizzazioni (o le proroghe delle autorizzazione) all’esercizio di attività
estrattiva incontrano un limite invalicabile nelle indicate violazioni,
impingenti negativamente sull’assetto territoriale.
Nella fattispecie per cui è causa le violazioni contestate alla società,
accertate nel verbale di contestazione, costituiscono un dato inoppugnabile.
La preclusione alla proroga non può essere, de plano, superata dalla sospensione
cautelare concessa nel giudizio intentato avanti il Tribunale di Udine per
l’annullamento della sanzione amministrativa: questo provvedimento, che si è
limitato a sospendere il pagamento, contrariamente a quanto opina l’istante, non
può essere assimilato ad una pronuncia caducatoria della sanzione stessa, posto
che quest’ultima permane nel mondo giuridico nella sua interezza e nei suoi
effetti.
Ne consegue che - allo stato - sono pacificamente ravvisabili i motivi ostativi
alla proroga di cui all’articolo 20, comma 3 della L.R. n. 35/1986.
Quanto al procedimento sanzionatorio, occorre sottolineare che il verbale di
accertamento ha una sua specifica valenza, non atteggiandosi a mero atto
endoprocedimentale, come opina la ricorrente: esso fa fede fino a querela di
falso per i fatti compiuti dall’accertatore, per i fatti compiuti in sua
presenza, per le dichiarazioni a lui rese e trascritte e per la provenienza del
verbale dal soggetto competente ad accertare.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo
regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso
in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo
rigetta.
Condanna la società ricorrente al rimborso delle spese e competenze giudiziali
nei confronti dell’Amministrazione resistente, che liquida in complessivi euro
2500 (duemilacinquecento), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22/04/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/06/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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