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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 24 settembre 2009, n. 682
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza di riduzione dell’orario di apertura di
esercizi pubblici - Art. 54 d.lgs. n. 267/2000 - Modifica ex art. 6 D.L. n.
92/2008 - Incolumità pubblica e sicurezza urbana - Ordinanze sindacali -
Requisiti della contingibilità e dell’urgenza - Ricorso - Necessità -
Esclusione. L’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 è stato profondamente innovato
dall’art. 6 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con importanti
modificazioni, con la legge 24 luglio 2008, n. 125 ed ispirato all’esigenza di
predisporre uno schema normativo particolarmente rigoroso in tema di ordine
pubblico: in base alla nuova lettura della norma ai Sindaci è consentita
l’emanazione di provvedimenti, anche non contingibili e urgenti, senza uno
specifico limite temporale, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli
che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana(fattispecie relativa
all’ordinanza di riduzione degli orari di apertura di alcuni esercizi pubblici,
in agione dell’inquinamento acustico e del degrado cagionati dagli avventori).
Pres. Corasaniti, Est.Farina - D.S. (avv.ti Di Salvo e Mauri) c. Comune di
Gorizia (avv. Piccoli)e Ministero dell’Interno (Avv. Stato) - TAR FRIULI
VENEZIA GIULIA, Sez. I - 24 settembre 2009, n. 682
N. _____/____ REG.SEN.
N. 00160/2009 REG.RIC.
N. 00161/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 160 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Dennis Macedonio, rappresentato e difeso dagli avv. Barbara Di Salvo, Raffaele
Mauri, con domicilio eletto presso Antonio Cosmani Avv. in Trieste, via Coroneo
32;
contro
Comune di Gorizia, rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Piccoli, con
domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita'
D'Italia 7; Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello
Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3;
Sul ricorso numero di registro generale 161 del 2009, proposto da:
Perla Sas di Landi Angelo & C., Aenigma di Traini e Lenzini Snc, Sorelle Macuk
Snc, Kubik Snc di Munarin Patrizia e Zanuel Massimo, Ma Che Bonta' Srl, Bar
Venezia Sas di Zotter G. & C., D.G.A. Sas, Caffe' al Corso di Fornasin Lucio &
C. Sas, Bar Tokio Sas di Gazzillo Concetta & C., Marino Vida, Federazione
Italiana Pubblici Esercizi Provincia di Gorizia, rappresentati e difesi dagli
avv. Barbara Di Salvo, Raffaele Mauri, con domicilio eletto presso Antonio
Cosmani Avv. in Trieste, via Coroneo 32;
contro
Comune di Gorizia, rappresentato e
difeso dall'avv. Stefano Piccoli, con domicilio eletto presso Segreteria
Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7; Ministero dell'Interno;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 160 del 2009:
del provvedimento dd. 29.12.2008 emesso dal Sindaco del Comune di Gorizia,
relativo all'apertura e chiusura degli esercizi pubblici...
quanto al ricorso n. 161 del 2009:
del provvedimento emesso il 29.12.2008 dal Sindaco del Comune di Gorizia,
relativo all'orario di apertura e chiusura degli esercizi pubblici..
Visti i ricorsi ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gorizia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gorizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/07/2009 il dott. Vincenzo Farina e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso notificato il 27.2.2009, n. 160/09, MACEDONIO Tennis, in qualità
di titolare del pubblico esercizio denominato “Bar Fly”, corrente in Gorizia,
Piazza Municipio n. 6:
1) ha impugnato la ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del
29.12.2008, con la quale è stata prorogata la efficacia delle ordinanze del
medesimo Sindaco prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del
22.05.2008 (quest’ultima modificativa della prima, in senso più favorevole per
gli esercenti) in materia di orario di apertura e chiusura degli esercizi
pubblici ubicati in alcune zone della città;
2) ha chiesto l’accertamento dell’illegittimità ai fini del risarcimento del
danno delle suindicate ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116
dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008, con le quali sono state
dettate delle prescrizioni restrittive in tema di orario di apertura e chiusura
degli esercizi pubblici ubicati in alcune zone della città;
3) ha chiesto il risarcimento dei danni asseritamene subiti dai suddetti
provvedimenti.
Il ricorrente sig. Dennis Macedonio è titolare di un esercizio pubblico, il bar
“Fly”, in Gorizia, piazza del Municipio n. 6.
Con il ricorso n. 161/09 – di cui si dirà più avanti - gli atti suindicati sono
stati impugnati anche da altri dieci titolari di esercizi pubblici di Gorizia e
dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi della Provincia di Gorizia.
Va, subito, sottolineato che il contenuto sostanziale dei due ricorsi è del
tutto analogo, salvo alcune differenze legate al risarcimento dei danni
asseritamene patiti ed alla peculiarità della posizione del Macedonio.
Ciò posto, occorre premettere che i provvedimenti impugnati sono stati assunti
dal Sindaco di Gorizia in forza dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 (i
provvedimenti prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del
22.05.2008 sono stati assunti nella vigenza dell’art. 54 antecedente le
modifiche introdotte dall’art. 6 del D.L. 23 agosto 2008, n. 92; la ordinanza
del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008 è stata assunta nel
testo ora vigente), per fronteggiare una complessa e grave situazione relativa
alla salute pubblica, all’igiene, all’ordine pubblico, al decoro urbano, alla
sicurezza della circolazione. situazione che si era venuta a creare nelle ore
notturne nella zona centrale della città, e, segnatamente, in una zona compresa
tra i due corsi, via Garibaldi, via Diaz, via Nizza, il contiguo tratto iniziale
di corso Italia, la vicina piazza del Municipio e – in misura ridotta – il corso
Verdi.
Trattasi di una situazione che coinvolge diversi esercizi pubblici.
Questa situazione – causata dal comportamento incivile di numerosi frequentatori
di locali pubblici di vario genere, bar (tra cui il “Bar Fly”), pub o
discoteche, che stazionavano all’esterno dei suddetti locali - era risalente nel
tempo, ma aveva progressivamente raggiunto nei mesi antecedenti il maggio 2008
livelli tali da non poter più essere affrontata con gli strumenti ordinari, e,
segnatamente, con accordi tra Comune e organizzazioni di categoria degli
esercenti (la ASCOM innanzitutto e, all’interno di questa, la F.I.P.E.) e con la
richiesta di un massiccio controllo da parte delle forze dell’ordine.
Va sottolineato che il Prefetto, in sede di Comitato Provinciale per l’Ordine e
la Sicurezza Pubblica (C.P.O.S.P.), si era detto convinto della necessità di un
significativo intervento della pubblica Autorità, onde porre termine alla
situazione.
Il cennato comportamento – che ha formato oggetto di numerosissime segnalazioni
e di esposti da parte di cittadini alle competenti Autorità e di ampi resoconti
sulla stampa locale - era costituito – in particolare - da rumori, schiamazzi,
sgommate, autoradio a tutto volume, uso improprio dei citofoni nel cuore della
notte, blocchi stradali, danneggiamenti, vandalismi, bisogni corporali fatti
ovunque, vomiti, sudiciume, bottiglie e bicchieri rotti, atteggiamento arrogante
e provocatorio di molti avventori, costituito anche da minacce.
Come si è accennato, la situazione è andata peggiorando nel tempo, malgrado
l’interessamento costante delle competenti Autorità.
Il Comune interveniva in data 5.9.2006 attraverso una prima ordinanza, con la
quale si ponevano dei limiti all’intrattenimento musicale.
Tuttavia, i problemi permanevano.
Il Questore di Gorizia, con nota del 31.8.2007 – tra l’altro – riferiva che:
“L’intersezione stradale sopra individuata [quella tra i due corsi, via Diaz,
via Garibaldi e via Nizza] costituisce il vero e proprio centro dell’area in cui
si evidenziano le criticità in questione, poiché, com’è noto, in quell’area si
concentrano e si ripetono le situazioni più sensibili in specie sotto il profilo
della sicurezza della situazione veicolare e pedonale, nonché quello dell’ordine
e della sicurezza pubblica. Per quanto attiene a quest’ultimo profilo, la zona
in questione, ed in particolare la via Nizza [dove ha sede il bar Aenigma] è
stata, in questi ultimi anni, teatro di ripetuti reati contro la quiete pubblica
ed il patrimonio e di episodi apprezzabili sotto il profilo dell’igiene pubblica
e del buon costume. E’ significativo, in tale contesto, rilevare che l’attività
istituzionale svolta dal personale in servizio di polizia a seguito dei numerosi
interventi su richiesta dei cittadini, nonché quella d’iniziativa, ha consentito
di deferire più volte all’A.G. sia i titolari di alcuni esercizi sedenti
nell’area per disturbo del riposo delle persone, sia alcuni avventori resisi
responsabili di condotte antigiuridiche. Complessa ed articolata è stata anche
l’attività svolta da questo Ufficio su delega dell’A.G. conseguente ad alcuni
esposti con i quali cittadini residenti nella zona, riferendosi a “situazioni
esasperate ed insopportabili”, lamentavano patiti danneggiamenti ad edifici ed
autovetture in sosta od in transito nelle vie interessate dalla presenza dei
locali in parola, nonché il frequente disturbo del riposo delle persone arrecato
anche dagli avventori che sostano al loro esterno. Tuttavia il fenomeno
costitutivo della problematica di cui trattasi, riconducibile alle modalità di
conduzione degli esercizi cui si fa riferimento, risulta essenzialmente il
cospicuo afflusso di avventori che, sostando abitualmente all’esterno dei
locali, occupano buona parte dell’intersezione stradale; talché in più occasioni
è stata contata la presenza di oltre seicento persone intente a consumare
bevande, per lo più alcoliche, anche sedute od addirittura sdraiate sulla
carreggiata, molte delle quali in evidente stato di ebbrezza, con conseguenti e
non rare evacuazioni corporee effettuate sulla pubblica via che provocano
inevitabili esalazioni maleodoranti. Degno di considerazione appare un ulteriore
elemento consequenziale ai cennati comportamenti è rappresentato dall’abbandono
sulla sede stradale, sui marciapiedi e talvolta sulle vetture in sosta, di
bottiglie e bicchieri in vetro che normalmente si frantumano costituendo
pericolo per gli stessi astanti. Non sono rari, peraltro, gli episodi in cui,
nel corso di interventi di polizia, gli appartenenti alle forze dell’ordine
vengono aggrediti verbalmente poiché anche il solo protocollo di identificazione
dei presenti, attuato nell’esercizio della potestà di polizia di prevenzione,
riesce a scatenare l’animosità dei destinatari. Per le evidenti ragioni di
pubblica sicurezza, tale prerogativa, specie in presenza di folti gruppi di
avventori, deve essere giocoforza calibrata a scongiurare ipotesi di rischiose
compromissioni dell’ordine pubblico
L’esame degli atti in possesso e dei fatti con esso documentati, evidenzia,
senza alcun dubbio, la sussistenza di un nesso causale tra le modalità di
conduzione degli esercizi in parola e gli eventi che vi si verificano. Infatti,
l’apertura protratta sino a tarda ora, diffusa a volume ancorché moderato, nelle
ore notturne e sino alla chiusura degli esercizi, nonché all’interno di edifici
storici non isolati propagandosi con maggiore ampiezza, non può che essere
percepita dai residenti se non come fonte di grave disturbo; mentre gli stessi
oggettivi elementi vengono percepiti dai giovani come richiamo ed aggregazione e
con eccitazione degli animi dovuta, anche, all’effetto dell’alcol. Da ciò
conseguono le riferite situazioni di dissolutezza che, talvolta, danno origine
ad episodi di malcostume fino ad integrare comportamenti antigiuridici. A
supporto della tesi che pone in relazione le modalità di gestione dei predetti
esercizi con gli elementi di criticità di cui trattasi, è utile osservare come
nelle giornate di chiusura al pubblico degli stessi esercizi, questi elementi
siano totalmente assenti: mentre gli esercizi adiacenti che osservano orari di
chiusura più limitati sono sostanzialmente estranei ai fatti sopra illustrati”.
Questo il significativo intervento del Questore di Gorizia.
Per quanto riguarda, in particolare, il bar “Fly” di piazza del Municipio; dalla
documentazione versata agli atti del processo emerge che di solito moltissime
persone (centinaia) stazionavano all’esterno, in piazza Municipio, in attesa di
darsi il cambio con quelle che erano già riuscite ad entrare nel locale: persone
che sovente creavano quella situazione di cui si è detto sopra e che veniva
segnalata alle competenti Autorità.
Seguiva la impugnata ordinanza del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116
dell’8.05.2008 (successivamente, modificata in senso favorevole per gli
esercenti dalla ordinanza prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008), con la quale sono
state introdotte delle anticipazioni nell’orario di chiusura degli esercizi
pubblici ubicati in determinate zone.
Nelle premesse dell’ordinanza viene riferito delle relazioni e delle valutazioni
della Questura, delle innumerevoli segnalazioni e proteste dei cittadini, delle
discussioni in sede di C.P.O.S.P., di tutto quanto riportato in merito alla
questione dalla stampa, di quanto visionato attraverso le telecamere di
sicurezza, dei filmati amatoriali comparsi su internet, delle complesse
problematiche conseguenti (danni alla salute per patologie derivanti da stress e
mancanza di adeguato riposo, rischi per l’incolumità, danni economici a beni
pubblici e privati, ordine pubblico, nocumento alla libertà e alla sicurezza
della circolazione, pubblica decenza, igiene pubblica), dei contatti avuti in
proposito con l’ASCOM a partire dal protocollo d’intesa del 2003 in poi,
dell’ormai accertata insufficienza dello stesso a fronteggiare la situazione e
dell’inesistenza di proposte alternative serie ed efficaci da parte delle
associazioni di categoria.
L’ordinanza in esame prende in considerazione anche le osservazioni contrarie
formulate dall’ASCOM e dagli stessi esercenti, rese note attraverso la stampa
dopo la pubblicazione degli esiti del C.P.O.S.P. del 29.4.2008, le quali,
afferendo esclusivamente temi economici di carattere privato (minori guadagni,
possibili ricadute negative sull’occupazione), non sono state ritenute
prevalenti rispetto agli interessi pubblici connessi alla tutela della quiete e
della salute pubblica, alla sicurezza ed alla libertà di circolazione,
all’igiene pubblica, nonché all’ordine ed alla sicurezza: interessi che trovano
una tutela (diretta od indiretta) nella Carta Costituzionale.
Non va sottaciuto, in questa ottica, che l’art. 41 di quest’ultima, al secondo
comma, prevede significativamente che l’iniziativa economica privata “non può
svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Quanto al bar gestito dall’attuale ricorrente, va ricordato che in più occasioni
la Polizia operava dei controlli, in relazione agli schiamazzi ed alla musica ad
alto volume proveniente dal locale stesso.
Ciò posto, a sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto tre mezzi, con i
quali ha denunciato:
- la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;
- il difetto di motivazione, la violazione del principio di proporzionalità, la
mancata comparazione degli interessi ed il difetto di istruttoria;
- la violazione della normativa regionale sull’orario dei pubblici esercizi e la
mancanza dei presupposti per l’adozione delle ordinanze sindacali impugnate,
alla luce del vigente quadro normativo.
Con motivi aggiunti notificati il 7.5.2009 Macedonio Dennis ha impugnato il
provvedimento del 5.3.2009, Prat. N. 04.06.08/37-013, con cui il Comandante
della Polizia Municipale di Gorizia ha disposto la revoca immediata
dell’autorizzazione rilasciatagli dal suddetto Comandante ex artt. 68 ed 80 del
T.U.L.P.S. per l’esercizio di attività di intrattenimento e pubblico spettacolo
nel locale all’insegna “Fly”.
Il Macedonio ha chiesto, altresì, il risarcimento dei danni asseritamene
arrecatigli dal provvedimento impugnato.
A sostegno dei motivi aggiunti sono stati dedotti tre mezzi, incentrati sulla
violazione di legge e sull’eccesso di potere sotto vari profili.
Con ulteriori motivi aggiunti notificati il 7.5.2009 il Macedonio ha sviluppato
un mezzo dedotto con il ricorso principale, sulla base di nuovi elementi
asseritamene emersi nel corso del giudizio.
In buona sostanza, il costrutto attoreo ruota intorno alla affermazione che il
Comandante della Polizia Municipale avrebbe inserito nell’impugnata ordinanza
del 29.12.2008, “senza neppure preavvertire il Sindaco, anzi in aperto contrasto
con gli ordini impartitigli, una tipologia di locali, in particolare quelli di
“intrattenimento e svago” di cui all’art. 67, lett. B, L.R. 29/2005” (locali non
contemplati nelle prime due ordinanze di cui si è detto).
Il ricorso n. 161/09 è stato presentato dai seguenti soggetti:
PERLA S.A.S. DI LANDI ANGELO & C., con sede a Gorizia in via Morelli n. 6,
titolare del pubblico esercizio denominato “CAFFE’ HAUS”, corrente a Gorizia in
corso Italia n. 40, in persona del legale rappresentante p.t. Angelo Landi;
AENIGMA DI TRAINI E LENZINI S.N.C., con sede a Gorizia in via Nizza n. 2,
titolare del pubblico esercizio ivi ubicato, denominato “BAR AENIGMA”, in
persona del legale rappresentante p.t. Emanuele Traini;
SORELLE MAKUC S.N.C., con sede a Gorizia in corso Verdi n. 100, titolare del
pubblico esercizio ivi ubicato denominato “BAR GALLERIA”, in persona della
legale rappresentante p.t. Maria Sibilla Makuc;
KUBIK S.N.C. di MUNARIN PATRIZIA E ZANUTEL MASSIMO, con sede a Gorizia in corso
Verdi n. 51/53, titolare del pubblico esercizio ivi ubicato denominato “BAR
KUBIK”, in persona della legale rappresentante p.t. Patrizia Munarin;
MA CHE BONTA’ S.R.L., con sede a Gorizia in via Diaz n. 3, titolare del pubblico
esercizio ivi ubicato denominato “MA CHE BONTA’”, in persona del legale
rappresentante p.t. Tas Kemal;
BAR VENEZIA S.A.S. DI ZOTTER G. & C., con sede a Gorizia in corso Verdi n. 82,
titolare del pubblico esercizio ivi ubicato denominato “BAR VENEZIA”, in persona
del legale rappresentante p.t. Gianluca Zotter;
D.G.A. S.A.S., con sede a Gorizia in corso Italia n. 80, titolare del pubblico
esercizio ivi ubicato denominato “BAR TORINO”, in persona del legale
rappresentante p.t. Guido Malfatti;
CAFFE’ AL CORSO DI FORNASIN LUCIO & C. S.A.S., con sede a Gorizia in corso
Italia n. 46, titolare del pubblico esercizio denominato “CAFFE’ AL CORSO”, ivi
ubicato, in persona del legale rappresentante p.t. Lucio Fornasin;
BAR TOKIO S.A.S. DI GAZZILLO CONCETTA & C., con sede legale a Gorizia in via
Monte Calvario n. 68/2, titolare del pubblico esercizio denominato “BAR TOKIO”,
corrente a Gorizia in via Diaz n. 3, in persona della legale rappresentante p.t.
Concetta Gazzillo;
MARINO VIDA, titolare del pubblico esercizio denominato “METROQUADRO” di Marino
Vida, corrente a Gorizia in Corso Italia n. 26;
FEDERAZIONE ITALIANA PUBBLICI ESERCIZI – PROVINCIA DI GORIZIA, con sede a
Gorizia in via Locchi n. 14/1, in persona del Presidente e legale rappresentante
p.t. Gianfranco Zotter.
I ricorrenti:
1) hanno impugnato la ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del
29.12.2008, con la quale è stata prorogata la efficacia delle ordinanze del
Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116
del 22.05.2008 (modificativa della prima)in materia di orario di apertura e
chiusura degli esercizi pubblici ubicati in alcune zone della città;
2) hanno chiesto l’accertamento dell’illegittimità ai fini del risarcimento del
danno delle suindicate ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116
dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008, con le quali sono state
dettate delle prescrizioni restrittive in tema di orario di apertura e chiusura
degli esercizi pubblici ubicati in alcune zone della città;
3) hanno chiesto il risarcimento dei danni asseritamene subiti dai suddetti
provvedimenti.
A sostegno del gravame n. 161/09 i ricorrenti hanno dedotto tre mezzi, con i
quali sono stati denunciati i seguenti vizi:
- la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;
- il difetto di motivazione, la violazione del principio di proporzionalità, la
mancata comparazione degli interessi ed il difetto di istruttoria;
- la violazione della normativa regionale sull’orario dei pubblici esercizi e la
mancanza dei presupposti per l’adozione delle ordinanze sindacali impugnate,
alla luce del vigente quadro normativo.
In data 22.4.2009 questo Tribunale ha respinto le istanze cautelari presentate
in entrambi i ricorsi.
Questi ultimi sono stati introitati dal Collegio e sono passati in decisione
nella pubblica udienza dell’8.7.2009.
Evidenti ragioni di connessione inducono il Collegio a riunire i due gravami,
rubricati ai nn. 160/09 e 161/09, onde deciderli con unica sentenza.
Il primo ricorso - rubricato al n. 160/09 – va dichiarato irricevibile –
conformemente alla eccezione sollevata dal resistente Comune - nella parte in
cui sono state impugnate le ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n.
03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008 (modificativa
della prima), che costituiscono l’antecedente logico della ordinanza del Sindaco
di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008 – anch’essa impugnata – ma che si
atteggiavano sin dal momento della loro adozione ad atti direttamente ed
immediatamente lesivi della sfera giuridica del ricorrente: il quale – come
risulta dal ricorso e dagli atti di causa – era tempestivamente venuto a
conoscenza delle suddette ordinanze e della loro lesività.
Vero è che, come dichiarato nel ricorso (pag. 22), il ricorrente – pur conscio,
ripetesi, del pregiudizio arrecatogli dalle ordinanze – ha fatto acquiescenza,
non insorgendo contro di esse in sede giurisdizionale; tuttavia, gli è,
chiaramente, precluso adesso contestare giudiziariamente (o, tampoco, chiedere
una pronuncia incidentale di illegittimità) – sia pure ai fini della tutela
risarcitoria - dei provvedimenti che sono oramai divenuti inoppugnabili.
Inoltre, va detto che la domanda risarcitoria connessa all’”accertamento della
illegittimità” delle due ordinanze presupposte si appalesa infondata, atteso il
principio della pregiudiziale amministrativa: “In base a tale principio,
infatti, la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non
impugnato (o tardivamente impugnato) è ammissibile, ma è infondata nel merito,
in quanto la mancata impugnazione dell’atto – fonte del danno -consente a tale
atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto,
autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai
consociati ed impedisce così che il danno possa essere considerato ingiusto od
illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione in esecuzione dell’atto
inoppugnato o tardivamente impugnato” (in questi termini Cons. St., VI Sezione,
3 febbraio 2009, n. 587; id., IV Sezione, 31 marzo 2009,n, 1917).
Il ricorso si appalesa, invece, infondato nella parte in cui è stata impugnata
la ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008, che si
configura come provvedimento di proroga a tempo indeterminato delle due
precedenti ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008
e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008: provvedimento emesso sulla base del nuovo
testo dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000, il quale prevede che le ordinanze
sindacali non debbano più, necessariamente, assumere i connotati della
contingibilità e della urgenza; corollario di ciò è che le questioni sollevate
dal ricorrente in ordine all’urgenza e al termine finale si appalesano
infondate, in quanto si riferiscono ad un diverso assetto normativo, non più
attuale.
La ordinanza del 22.05.2008, sulla base di comprovate esigenze prevede – in
particolare - la chiusura dei locali pubblici alle ore 24 in quattro sere alla
settimana, e all’una per le rimanenti sere (mercoledì, venerdì e sabato sera),
facendo salva però l’ora prevista per il cosiddetto sfollamento, durante la
quale – in pratica – l’attività prosegue limitatamente ai clienti presenti
all’interno del locale.
Venendo alle singole censure, non merita ingresso quella relativa alla mancata
comunicazione di avvio del procedimento.
Deve ritenersi, infatti, che parte ricorrente sia venuta a conoscenza del
procedimento per cui è causa (conclusosi con i tre provvedimenti impugnati) ed
abbia potuto interloquire con l’Amministrazione procedente, rendendo così
concreto, nella fattispecie, il principio del contraddittorio sancito dalla
legge n. 241 del 1990.
Si previene agevolmente a questa conclusione se si considera che il Sindaco di
Gorizia, sin dall’estate del 2007 aveva pubblicamente ammonito gli esercenti,
l’ASCOM e la FIPE a proporre dei rimedi efficaci alla situazione di disturbo e
di degrado che era in atto ormai da tempo, avvisando esplicitamente che in caso
contrario avrebbe emanato un provvedimento di anticipazione dell’orario di
chiusura: di qui tutta una serie di incontri e di dibattiti sulla delicata e
grave problematica per cui è causa.
Occorre, al riguardo, dire che l'art. 7 legge n. 241 del 1990 ha inteso attuare
una democratizzazione ed una trasparenza nell'esercizio della attività pubblica,
al fine di consentire, attraverso il principio del contraddittorio, una efficace
tutela delle ragioni del cittadino e contestualmente di apprestare a vantaggio
della P.A. elementi di conoscenza utili nell'esercizio dei poteri discrezionali.
La disposizione in parola al comma 1 prescrive, dunque, la comunicazione
all'interessato dell'avvio del procedimento «ove non sussistano ragioni di
impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento»
stesso. La giurisprudenza ha precisato la portata della norma, chiarendo, in
particolare, che l'obbligo di comunicare l'inizio del procedimento non ha natura
formale, nel senso che non sussiste la violazione tutte le volte che, in
concreto, l'interessato abbia comunque avuto notizia del procedimento o abbia
comunque avuto modo di parteciparvi, evidenziando i fatti e gli argomenti che
ritenga di addurre a suo favore (Cfr. Cons. St., V Sez., 6 settembre 1995, n.
1364 e IV Sez. 2 gennaio 1996, n. 3; T.R.G.A., Bolzano, 30 dicembre 1996, n.
378; T.A.R. Campania, Salerno, 10 marzo 1999, n. 57).
Ciò posto, il Collegio osserva che l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990,
aggiunto dall'art. 14 (Annullabilità del provvedimento) della legge 11 febbraio
2005, n. 15 così recita: “1. È annullabile il provvedimento amministrativo
adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da
incompetenza. 2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di
norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata
del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento
amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio
del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto
del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato”.
Nel caso di cui alla presente controversia non è revocabile in dubbio che il
contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.
Ed invero, il provvedimento stesso reca una motivazione puntuale circa le
esigenze di assoluto rilievo, connesse al quieto vivere civile, che hanno
indotto il Sindaco – permanendo una situazione di precarietà, sia pure ridotta
in seguito alle misure introdotte con le prime due ordinanze - a prorogare la
efficacia delle medesime: entrano in giuoco nello schema dei provvedimenti
sindacali in parola diritti, esigenze ed interessi – pubblici e privati – di
assoluto rilievo, apprezzati anche a livello costituzionale, quali il diritto
alla salute, il diritto alla quiete, la sicurezza e la libertà di circolazione,
il decoro e l’igiene urbana, la tutela della proprietà pubblica e privata nei
confronti di danneggiamenti ed atti vandalici, l’ordine e la sicurezza pubblici.
Tanto basta per ravvisare l’inconsistenza della censura relativa alla mancata
comunicazione dell’avvio del procedimento.
Per quanto riguarda specificatamente la ordinanza del 29.12.2008 – ossia la
ordinanza recante la proroga delle due precedenti ordinanze, divenute, come si è
visto, oramai inoppugnabili – va detto che essa è da ricondursi al paradigma
delle ordinanze in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana
disciplinate dal nuovo art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Circa la lamentata violazione del principio di proporzionalità, per mancanza di
idoneità, necessarietà e adeguatezza, per mancata comparazione degli interessi e
per difetto di istruttoria., il Collegio osserva che l’ordinanza del 29.12.2008
è stata motivata, sulla base di una adeguata attività istruttoria, con il
permanere, sia pure in forma molto più contenuta, di una situazione di criticità
e delle correlate esigenze di assoluto rilievo di cui si è detto e che erano
state puntualmente indicate nella ordinanza originaria del 22.5.2008: esigenze
connesse al diritto alla quiete, alla sicurezza ed alla libertà di circolazione,
al decoro ed all’igiene urbana, alla tutela della proprietà pubblica e privata
nei confronti di danneggiamenti ed atti vandalici, all’ordine ed alla sicurezza
pubblici.
L’ordinanza è stata, poi, motivata con la necessità di “evitare che una
prematura cessazione delle misure adottate, determini il riproporsi delle
criticità evidenziate”.
Il surriferito bagaglio motivazionale – ritiene il Collegio – si sottrae ai
rilievi attorei in quanto è adeguatamente rappresentativo delle ripetute
esigenze e si colloca nello spettro applicativo del novellato art. 54 del D.Lgs.
18 agosto 2000, n. 267.
Le decisioni assunte, poi, non si appalesano manifestamente illogiche,
irrazionali o, tampoco, sproporzionate, anche e soprattutto in relazione agli
interessi pubblici e privati che entrano in giuoco, avuto riguardo al fatto che
nel caso di specie il Comune ha agito avvalendosi di poteri discrezionali,
eppertanto, non sindacabili se non nel ristretto ambito - perimetrato dalla
giurisprudenza - entro il quale è sindacabile la discrezionalità amministrativa.
Inutile dire, in questo contesto, che nessun pregio ha il riferimento attoreo
all’art. 41 Cost., posto che questa disposizione, al comma 2, stabilisce che
l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana.
Quanto all’adeguatezza del provvedimento relativo alla anticipazione dell’orario
di chiusura, è sufficiente considerare che la misura imposta non appare ictu
oculi palesemente vessatoria per gli esercenti: la chiusura – come si è già
accennato - è infatti prevista alle ore 24 in quattro sere alla settimana ed
all’una per le rimanenti (mercoledì, venerdì e sabato sera), facendo salva però
l’ora prevista per il cosiddetto sfollamento, durante la quale – in pratica –
l’attività prosegue limitatamente ai clienti presenti all’interno del locale.
La chiusura anticipata è volta – de plano - ad ottenere la riduzione delle
conseguenze negative dell’assembrarsi (anche in misura massiccia) di clienti al
di fuori dei locali pubblici nelle ore notturne, con tutte le conseguenze
negative di cui si è ampiamente detto: trattasi – oggettivamente – di una misura
congrua (già sperimentata positivamente in altre realtà nazionali) in relazione
all’estremamente probabile riproporsi della pregressa situazione.
Non meritano accoglimento neppure i dedotti vizi di violazione di legge, difetto
di competenza, eccesso di potere, carenza di presupposti e di motivazione,
contraddittorietà ed illogicità della motivazione, istruttoria carente,
insufficiente ed incongrua.
Il Collegio ricorda, all’uopo, che l’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 è stato
profondamente innovato dall’art. 6 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito,
con importanti modificazioni, con la legge 24 luglio 2008, n. 125 ed ispirato
all’esigenza di predisporre uno schema normativo particolarmente rigoroso in
tema di ordine pubblico: in base alla nuova lettura della norma ai Sindaci è
consentita l’emanazione di provvedimenti, anche non contingibili e urgenti,
senza uno specifico limite temporale, al fine di prevenire e di eliminare gravi
pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
Il decreto del Ministero dell’Interno del 5.8.2008 – applicativo dell’art. 54 -
così recita per quanto riguarda i poteri sindacali: “Ai sensi di quanto disposto
dall’art. 1, il sindaco interviene per prevenire e contrastare: a) le situazioni
urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni
criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della
prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di
violenza legati anche all’abuso di alcool; b) le situazioni in cui si verificano
comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne
impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana; c)
l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili tali da favorire le
situazioni indicate ai punti a) e b); d) le situazioni che costituiscono
intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, in
particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo
pubblico; e) i comportamenti che, come la prostituzione su strada o
l’accattonaggio molesto, possono offendere la pubblica decenza anche per le
modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo di
spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o
pericoloso l’accesso ad essi”.
A mente deI medesimo decreto – va soggiunto - per “incolumità pubblica” si
intende “l’integrità fisica della popolazione”, mentre per “sicurezza urbana”,
si fa riferimento a “un bene da tutelare attraverso attività poste a difesa,
nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita
civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la
convivenza civile e la coesione sociale”.
In buona sostanza, lo spirito del novellato tessuto normativo in materia di
ordine pubblico va letto nel senso che la tutela della sicurezza urbana deve
garantire alla persona la libera esplicazione della propria individualità, che
non può venire conculcata da comportamenti contra legem: di qui l’attribuzione
ai Comuni, e, per essi, ai Sindaci, di un ampio spettro operativo da esercitarsi
secondo i moduli della discrezionalità amministrativa.
Alla luce delle suesposte coordinate normative il Collegio esprime l’avviso che
la situazione di Gorizia – de plano - possa venire sussunta nel paradigma del
decreto ministeriale testè richiamato, in quanto evidenzia i postulati ivi
previsti.
Va nuovamente precisato, in questo contesto, che il provvedimento di proroga
trova la sua giustificazione nel fatto che il quadro complessivo della
situazione era obbiettivamente migliorato, ma non si era del tutto rasserenato,
eppertanto, si rendeva necessario non vanificare i risultati comunque conseguiti
nel semestre iniziale di operatività.
Il provvedimento stesso – contrariamente a quanto opina la parte ricorrente – si
appalesa congruo anche in relazione al suo ambito territoriale di applicazione,
posto che ha riguardato solo le aree “sensibili”, ossia le vie e le piazze
centrali della città (comprese via Nizza, Corso Italia - ossia la principale
arteria cittadina - nel suo tratto iniziale, nonchè la piazza del Municipio),
ove vi è una particolare concentrazione di locali (più d’uno dei quali tiene
aperti i battenti fino a tardissima ora).
In definitiva, il ricorso va respinto in quanto destituito di fondamento.
Vanno, invece, dichiarati inammissibili (con l’assorbimento della eccezione
comunale di difetto di legittimazione attiva del Macedonio, per avere egli in
data 27.1.2009 alienato il locale de quo alla società Aliseo s.a.s.) - i motivi
aggiunti notificati il 7.5.2009, con i quali Macedonio Dennis ha impugnato il
provvedimento del 5.3.2009, Prat. N. 04.06.08/37-013, con cui il Comandante
della Polizia Municipale di Gorizia ha disposto la revoca immediata
dell’autorizzazione rilasciatagli dal medesimo Comandante ex artt. 68 ed 80 del
T.U.L.P.S. per l’esercizio di attività di intrattenimento e pubblico spettacolo
nel locale all’insegna “Fly”.
Il Macedonio ha chiesto, altresì, il risarcimento dei danni asseritamene
arrecatigli dal provvedimento impugnato.
A sostegno dei motivi aggiunti sono stati dedotti tre mezzi, incentrati sulla
violazione di legge e sull’eccesso di potere sotto vari profili.
Il Collegio rileva che la formula dei motivi aggiunti non è, nella specie,
giuridicamente praticabile in quanto essi non riguardano un provvedimento
“adottato tra le stesse parti” (le impugnate ordinanze sono state adottate dal
Sindaco, mentre il provvedimento in esame è stato adottato dal Comandante della
Polizia Municipale), come stabilito dall’art. 1, comma 1 della legge 21 luglio
2000, n. 205, che ha modificato l’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034
e, inoltre, non si inserisce nella stessa sequela procedimentale di quello
inizialmente impugnato, inerendo, in realtà, ad altro e distinto procedimento
(Cfr. Cons. St., V, 21 novembre 2003, n. 7632 e T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 26
gennaio 2004, n. 35).
Si appalesano infondati, invece, gli ulteriori motivi aggiunti notificati il
7.5.2009, con i quali il Macedonio ha sviluppato un mezzo dedotto con il ricorso
principale, sulla base di nuovi elementi asseritamente emersi nel corso del
giudizio.
In buona sostanza, il costrutto attoreo ruota intorno alla affermazione che il
Comandante della Polizia Municipale avrebbe inserito nell’impugnata ordinanza
del 29.12.2008 “senza neppure preavvertire il Sindaco, anzi in aperto contrasto
con gli ordini impartitigli, una tipologia di locali, in particolare quelli di
“intrattenimento e svago” di cui all’art. 67, lett. B, L.R. 29/2005” (locali non
contemplati nelle prime due ordinanze di cui si è detto).
Questa tesi è del tutto inconsistente se solo si pone mente alla circostanza che
l’impugnata ordinanza del 29.12.2008 è stata sottoscritta dal Sindaco di
Gorizia, e, quindi, non può essere messo in dubbio - in questa sede – la
circostanza che l’atto sia stato effettivamente adottato in quei precisi
termini: ciò sulla base del principio generale per cui la paternità di un atto –
con tutte le relative conseguenze - va fatta risalire esclusivamente al
sottoscrittore.
Il ricorso n. 161/09, avente il medesimo oggetto del ricorso n. 160/09, va in
parte dichiarato irricevibile e in parte va respinto sulla base delle medesime
considerazioni svolte in sede di esame del ricorso n. 160/09 (salvo – ovviamente
– quelle che riguardano specificatamente la posizione del Macedonio).
Come già si è detto, il contenuto sostanziale dei due ricorsi è del tutto
analogo, tranne alcune differenze legate al quantum delle domande risarcitorie
ed alla peculiarità – per l’appunto - della posizione del Macedonio.
In questo contesto occorre sottolineare che anche gli attuali ricorrenti – al
pari del Macedonio – avevano fatto sostanziale acquiescenza alle prime due
ordinanze impugnate (v. pag. 17 del ricorso), di talchè anche sotto questo
profilo possono riproporsi – mutatis mutandis - le osservazioni svolte in sede
di esame del ricorso n. 160/09.
Alla luce delle complessive argomentazioni che precedono il ricorso 160/09 in
parte va dichiarato irricevibile e in parte va respinto; i motivi aggiunti vanno
dichiarati inammissibili, il ricorso 161/09 in parte va dichiarato irricevibile
e in parte va respinto.
Le spese dei due giudizi seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia,
definitivamente pronunziando sui ricorsi e sui motivi aggiunti in premessa,
respinta ogni contraria istanza ed eccezione,
li riunisce;
in parte dichiara irricevibile e in parte rigetta il ricorso 160/09; dichiara
inammissibili i motivi aggiunti; in parte dichiara irricevibile e in parte
rigetta il ricorso 161/09.
Quanto al ricorso n. 160/09, condanna il ricorrente al rimborso delle spese e
competenze giudiziali nei confronti delle Amministrazioni resistenti, che
liquida in complessivi euro 1.500 (millecinquecento), oltre agli accessori di
legge, a favore di ciascuna Amministrazione.
Quanto al ricorso n. 161/09, condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al
rimborso delle spese e competenze giudiziali nei confronti della Amministrazione
resistente, che liquida in complessivi euro 1.500 (millecinquecento), oltre agli
accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 08/07/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
Rita De Piero, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il ___________________
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
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