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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 17 dicembre 2009, n. 837
INQUINAMENTO - Bonifica -
Responsabilità - Proprietario incolpevole del fondo - Intervento sostitutivo
dell’Amministrazione - Recupero degli oneri di bonifica - Azione di
ingiustificato arricchimento. Alla luce delle coordinate normative di cui
agli artt. 242-245 e 250 del D.Lgs. n. 152/2006, l’Amministrazione è tenuta ad
accertare la responsabilità dell’inquinamento e, in caso di accertamento
infruttuoso, è la stessa Amministrazione che dovrà procedere alla bonifica, per
poi operare il recupero delle somme a carico del proprietario del fondo
incolpevole, ma salvaguardando in questo caso l’apporto partecipativo di queste
ultime, in specie per quanto riguarda le modalità dell’intervento e fermo
restando, comunque, che a carico del suddetto proprietario il recupero degli
oneri della bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore
che il disinquinamento avrà apportato al fondo. Sotto quest’ultimo profilo il
diritto dell’amministrazione al recupero delle somme va ricondotto nell’alveo
delle azioni di ingiustificato arricchimento, rispetto alle quali la azione in
parola si differenzia essenzialmente per l’esistenza di particolari forme di
garanzia (onere reale e privilegio speciale immobiliare) che assicurano il
recupero dei costi di intervento. Pres. Corasaniti, Est. Farina - E. s.p.a.
(avv.ti Grassi e Rosati) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I -
17 dicembre 2009, n. 837
INQUINAMENTO - Responsabilità per danni all’ambiente - Natura -
Responsabilità aquiliana ex ar.t 2043 c.c. - Art. 311, c. 2 d.lgs. n. 152/2006.
Il D.Lgs. n. 152/2006 ha operato una scelta precisa in favore della riconduzione
della responsabilità per i danni all’ambiente nel paradigma della “tradizionale”
responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. responsabilità aquiliana ex
art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia forma di responsabilità
oggettiva(cfr. art. 311, comma 2, d.lgs. n. 152/2006). Pres. Corasaniti, Est.
Farina - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Rosati) c. Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR FRIULI VENEZIA
GIULIA, Sez.I - 17 dicembre 2009, n. 837
INQUINAMENTO - Interventi di messa in sicurezza - Finalità - Rapporto con gli
interventi di bonifica. Gli interventi di messa in sicurezza sono
finalizzati non tanto alla diminuzione del livello di inquinamento dell’area
interessata (obiettivo questo che va perseguito attraverso l’attivazione delle
opere di bonifica) quanto a scongiurare che la contaminazione in atto si espanda
nel terreno o nella falda in attesa dell’esecuzione di interventi definitivi di
bonifica del sito (Cfr. Cons. St., II, 21 novembre 2007, n. 65; VI, 5 settembre
2005, n. 4525; T.A.R. Toscana, II, 30 maggio 2008, n. 1541; T.A.R. Friuli
Venezia Giulia, 28 gennaio 2008, n. 89; T.A.R. Sicilia, Catania, 20 luglio 2007,
n. 1254). Pres. Corasaniti, Est. Farina - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Rosati) c.
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.)
- TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I - 17 dicembre 2009, n. 837
N. 00837/2009 REG.SEN.
N. 00323/2007 REG.RIC.
N. 00049/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 323 del 2007, proposto da:
Eni Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Grassi, Federico Rosati, con
domicilio eletto presso Federico Rosati Avv. in Trieste, via Donota 3;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia
3; Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia
del Demanio, Ispesl - Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Sul Lavoro,
Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e Per i Servizi Tecnici - Apat, Enea -
Ente Per Le Nuove Tecnologie, L'Energia e L'Ambiente, Icram - Istituto Centrale
per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare, Iss - Istituto
Superiore di Sanita', Regione Friuli-Venezia Giulia, Provincia di Trieste,
Comune di Trieste, Autorita' Portuale di Trieste, Capitaneria di Porto di
Trieste, Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto, Asl 101
- Triestina, Arpa Friuli-Venezia Giulia - Trieste, Laboratorio Chimico
Merceologico della Camera di Commercio di Trieste, Comune di Muggia, Comune di
San Dorligo della Valle;
nei confronti di
Associazione Industriali della Provincia di Trieste, Foster Wheeler Italiana
Srl, Autamarocchi Spa, Petroltecnica Srl, Movest Spa, Sviluppo Italia Spa,
Sviluppo Italia Aree Produttive Spa; Bic Sviluppo Italia - Friuli Venezia Giulia
Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Zgagliardich, con domicilio eletto
presso Gianni Zgagliardich Avv. in Trieste, via Filzi 8;
Sul ricorso numero di registro generale 49 del 2008, proposto da:
Eni Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Grassi, Federico Rosati, con
domicilio eletto presso Federico Rosati Avv. in Trieste, via Donota 3;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia
3; Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio Direzione Gen. Qualita'
Vita Gen. Qualita' Vita, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio
-Divisione Ix, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico,
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti -Uff. Genio Civile Opere Marittime, Ministero dell'Economia e
delle Finanze, Agenzia del Demanio, Ispesl - Istituto Superiore Prevenzione e
Sicurezza Sul Lavoro, Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e Per i Servizi
Tecnici (Apat), Enea - Ente Per Le Nuove Tecnologie, L'Energia e L'Ambiente,
Icram-Ist. Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare,
Iss - Istituto Superiore di Sanita', Regione Friuli-Venezia Giulia, Provincia di
Trieste, Comune di Trieste, Autorita' Portuale di Trieste, Capitaneria di Porto
di Trieste, Ram - Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di
Porto, Asl 101 - Triestina, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) -
Friuli Venezia Giulia -Dipartimento Provinciale di Trieste, Laboratorio Chimico
Merceologico della Cciaa di Trieste, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo
della Valle;
nei confronti di
Associazione Industriali della Provincia di Trieste, Foster Wheeler Italiana
Srl, Autamarocchi Spa, Petroltecnica Srl, Movest Spa, Sviluppo Italia Spa,
Sviluppo Italia Aree Produttive Spa; Sviluppo Italia-Friuli Venezia Giulia Spa,
rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Zgagliardich, con domicilio eletto
presso Gianni Zgagliardich Avv. in Trieste, via Filzi 8;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 323 del 2007:
-del decreto prot. n. 3606-bis/QDV/DI/B dd. 7 maggio 2007;
-del decreto prot. n. 3605-bis/QDV//DI/B dd. 7 maggio 2007;
-di tutti gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti presupposti, connessi e
conseguenti, ivi inclusi, in quanto occorrer possa:
-la nota del Dirigente della Divisione IX della Direzione generale per la
qualità della vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare Prot. 12063/QDV/DI dd. 16 maggio 2007;
-dei verbali e delle prescrizioni di cui alle Conferenze di servizi tenutesi in
sede decisoria nelle sedute dd. 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13
marzo 2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007",
relative al sito di interesse nazionale di Trieste ed i relativi allegati, ivi
inclusi, in particolare: la nota ISS prot. 37936 I.A. 12 del 5 dicembre 2003; la
nota ISS prot. 049759 IA.12 del 17 dicembre 2002; la nota ISS prot. 024711 IA/12
del 25 luglio 2002; la nota ISS prot. 57058 IA del 6 febbraio 2001; la nota
dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del F.V.G., prot. n.
5832/06/TS/SA/PA/12 del 10 novembre 2006, nonchè gli allegati pareri istruttori;
la nota APAT novembre prot. n. 31613 del 2006, l'allegata nota tecnica APAT; i
verbali delle conferenze di servizi sia decisorie che istruttorie presupposti e
conseguenti alle sedute decisorie del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del
13 marzo 2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio
2007,tra cui in particolare, i verbali o comunque le determinazioni e/o
conclusioni di cui alle conferenze di servizi istruttorie convocate in data 27
aprile 2005 e 30 ottobre 2006..
quanto al ricorso n. 49 del 2008:
del decreto dd. 7 novembre 2007 e di tutti gli atti presupposti, connessi e
conseguenti, inclusi il verbale e le determinazioni assunte dalla Conferenza di
servizi nella seduta dd. 26 luglio 2007; dei verbali e documenti preparatori
delle conferenze di servizi istruttorie presupposti e conseguenti alla
Conferenza di servizi dd. 26 luglio 2007, in particolare del verbale o comunque
determinazioni e/o conclusioni raggiunte dalla conferenza di servizi istruttoria
dd. 21 maggio 2007..
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Bic Sviluppo Italia - Friuli Venezia
Giulia Spa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sviluppo Italia-Friuli Venezia
Giulia Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2009 il dott. Vincenzo
Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con un primo ricorso, rubricato al n. 323/07, la società ENI S.P.A. ha chiesto
l’annullamento:
- del decreto prot. n. 3606-bis/QDV/DI/IB del 7 maggio 2007 del Direttore
generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare, trasmesso alla Società con nota prot. 11615/QDV/D del
10 maggio 2007, ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di
adozione, ex att. 14 ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni
conclusive delle Conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di
interesse nazionale di “Trieste” del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, deI
13 marzo 02006, del 7 settembre 2006 e del 31 ottobre 2006”;
- del decreto prot. n. 3605-bis/QDV/DI/B del 7 maggio 2007 del Direttore
generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare, trasmesso alla Società con nota prot. 11628/QDV/DI
del 10 maggio 2007, ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di
adozione, ex art. 14 ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni
conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di
interesse nazionale di “Trieste” del 14 febbraio 2007”;
- di tutti gli atti, i procedimenti ed i comportamenti presupposti, connessi e
conseguenti, ivi inclusi, in quanto occorrer possa:
- la nota del Dirigente della Divisione IX della Direzione generale per la
qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare prot. 12063/QDV/DI del 16 maggio 2007, ad oggetto “decreti direttoriali
concernenti i provvedimenti finali di adozione, ex art. 14 ter legge 7 agosto
1990, n. 241, delle determinazioni conclusive delle Conferenze di servizi
decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di “Trieste” del
13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo 2006, deI 7 settembre 2006,
del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007”, con cui è stato comunicato il
numero di protocollo dei decreti citati, precedentemente non menzionato;
- i verbali e le prescrizioni di cui alle Conferenze di servizi tenutesi in sede
decisoria nelle sedute deI 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del 13 marzo
2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e del 14 febbraio 2007, relative
al sito di interesse nazionale di Trieste ed i relativi allegati, ivi inclusi,
in particolare,: la nota ISS prot. 37936 LA. 12 del 5 dicembre 2003, ad oggetto
“richiesta parere in relazione a verifica analitica sulla presenza nei suoli di
idrocarburi pesanti’; la nota ISS prot. 049759 lA. 12 del 17 dicembre 2002 ad
oggetto “problemi inerenti la presenza nei suoli e nelle acque di Piombo
Tetraetile”; la nota ISS prot. 024711 JA/12 del 25 luglio 2002, ad oggetto
“decreto 25 ottobre 1999, n, 471, relativo alla messa in sicurezza, bonifica e
ripristino ambientale di siti inquinati”; la nota ISS prot. 57058 IA/12 del 6
febbraio 2001 ad oggetto “Limiti accettabili nel suolo e nelle acque sotterranee
di inquinanti organici ed inorganici non indicati nel D.M. n. 471 del 1999; la
nota dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Friuli Venezia
Giulia, Dip. Prov. Trieste, prot. n. 5832/06/TS/SA/PA/12 del 10 novembre 2006 ad
oggetto “CdS dd 30/10/2006 — Trasmissione pareri istruttori predisposti dal
Dipartimento Provinciale di Trieste e rapporti di prova delle analisi di
validazione”, nonché gli allegati pareri istruttori; la nota APAT novembre prot.
n. 31613 del 2006 ad oggetto “trasmissione nota tecnica”, nonché l’allegata nota
tecnica APAT “Proposta di integrazione del ‘Protocollo Operativo’ per il
campionamento e l’analisi dei siti contaminati Fondo scavo e pareti — Novembre
2006”;
- i verbali delle conferenze di servizi sia decisorie che istruttorie
presupposti e conseguenti alle sedute decisorie del 13 ottobre 2005, del 22
novembre 2005, del 13 marzo 2006, del 7 settembre 2006, del 31 ottobre 2006 e
del 14 febbraio 2007, tra cui, in particolare, i verbali (ove redatti) o
comunque le determinazioni e/o conclusioni di cui alle conferenze di servizi
istruttorie convocate in data 27 aprile 2005 e 30 ottobre 2006.
La ricorrente società Eni S.p.A., Divisione Refining and Marketing, premette di
essere conduttrice di due aree incluse nel sito di “Trieste”, dichiarato sito di
bonifica di interesse nazionale con decreto ministeriale 18 settembre 2001, n.
468, recante il “Programma nazionale bonifica e ripristino ambientale” e
successivamente perimetrato con decreto ministeriale 24 febbraio 2003: si
tratta, in particolare, dell’ex punto vendita per la distribuzione di
carburaranti marchio “AGIP” n. 4060 “Riva Cadomosto” (oggi dismesso) e del punto
vendita a marchio “AGIP” n. 51672 “Valmaura sud”.
L’area sulla quale sorgeva l’ex punto vendita “Riva Cadomosto”, situato a
Trieste, sul canale marittimo lungo la Riva Cadomosto – prosegue la deducente -
era occupata dalla società Autamarocchi S.p.A. in forza di concessione
dell’Autorità Portuale di Trieste n. 606/A del 1998 e da questa adibita a
stazione di servizio per la distribuzione di carburante per le imbarcazioni da
diporto marchio Agip in forza di contratto di cessione gratuita dell’uso di
apparecchi e attrezzature per la distribuzione di prodotti petroliferi stipulato
con la ricorrente nel marzo 1997 e da questa disdettato nel mese di aprile 1998.
L’impianto è stato definitivamente disattivato nel 2001; nei giorni 25 e 26
novembre 2003, nell’ambito delle attività di dismissione del punto vendita,
hanno avuto luogo le operazioni di estrazione delle cisterne interrate,
contenute all’interno di vasche di contenimento, che hanno comportato la
disattivazione, lo svuotamento, la bonifica e la successiva rimozione delle
tubazioni e dei serbatoi interrati; durante le operazioni, svolte in presenza di
tecnici funzionari dell’ARPA Friuli Venezia Giulia — Dipartimento Provinciale di
Trieste sono state rinvenute evidenze di contaminazione da idrocarburi nei
terreni di riempimento delle vasche in cemento armato che avevano contenuto i
serbatoi rimossi. I terreni di riempimento (per un totale di 43.920 kg) sono
stati, pertanto, rimossi e conferiti in idoneo impianto di smaltimento
autorizzato. A seguito delle operazioni di scavo, si è proceduto ad esaminare i
serbatoi interrati e le vasche di cemento armato che li contenevano: queste
ultime, risultate perfettamente integre, sono state lasciate in sito, d’accordo
con i rappresentanti dell’ARPA Friuli Venezia Giulia. Gli scavi sono stati
riempiti con terreno da riporto.
A conclusione delle attività – continua l’istante - Foster Wheeler Italiana,
ditta specializzata incaricata dalla ricorrente, provvedeva a certificare la
qualità ambientale del sito; nel “Rapporto tecnico di accertamento della qualità
ambientale” del febbraio 2005, la ditta specializzata concludeva “escludendo la
necessità di bonifica del sito al fine del rilascio di una presa d‘atto della
conformità dell‘area alla destinazione d ‘uso commerciale, prevista dagli
strumenti urbanistici”.
Il Rapporto veniva trasmesso al Ministero dell’ambiente ed esaminato dal
conferenza di servizi decisoria del 27 aprile 2005: in tale sede, le
Amministrazioni procedenti chiedevano nondimeno “la presentazione di un Piano di
Caratterizzazione ai sensi del d.m. n. 471 del 1999 entro 30 giorni” dal
ricevimento del verbale. Nel giugno 2005, la ricorrente presentava dunque
tempestivamente, a mezzo di altra ditta specializzata (Petroltecnica s r I),
subentrata a Foster Wheeler Italiana s. r. l., il Piano della caratterizzazione
ai sensi del d.m. n. 471 del 1999, volto all’accertamento mediante gli opportuni
prelievi ed analisi di campioni di terreno e di acque, dell’assenza di
contaminazione del sottosuolo della stazione carburanti: i parametri da
ricercare, nella fase di investigazione, venivano limitati a quelli
astrattamente riconducibili all’attività esercitata dal punto vendita
(idrocarburi e BTEX, etc.).
Il Piano di caratterizzazione, discusso in sede di conferenza di servizi
istruttoria il giorno 29 luglio 2005, veniva approvato dalla Conferenza di
servizi nella sedi decisoria del 13 ottobre 2005.
Gli esiti delle indagini, validati dai tecnici dell’ARPA Friuli Venezia Giulia
dimostravano la piena conformità dei terreni alle concentrazioni limite
applicabili di alla tabella 1 dell’allegato 1 al d.m. n. 471 del 1999 (oggi,
“Concentrazioni Soglia Rischio”), ed il superamento, per i campioni di acqua
prelevati, dei limiti di cui alla tabella 2 per alcuni parametri non
riconducibili all’attività esercitata in passato dal punto vendita.
Pertanto, con nota prot. 1748/06/RC del 18 agosto 2006, la ricorrente
trasmetteva alle Amministrazioni procedenti la relazione tecnica descrittiva del
piano di investigazione iniziale, con richiesta di stralcio dell’area e la sua
restituzione agli legittimi: nelle conclusioni della relazione, predisposta
dalla ditta specializzata incaricata Petroltecnica s.r.l., si precisa, inoltre,
che “la contaminazione da metalli e IPA nelle acque sotterranee risulta peraltro
presente in direzione del Porto di Trieste, come si evince dal Capitolo 4
“concentrazioni e criticità ambientali rilevate sulla base di studi/indagini già
eseguite” e dalle Figure 3.3.8-1 “superamenti terreni” e 3.3.8-2 “superamenti
acque sotterranee” del <Progetto per la messa in sicurezza d’emergenza della
falda del sito di interesse nazionale di Trieste> redatto da Sviluppo Italia
Aree Produttive S.p.A. Pertanto si chiede alle competenti PPAA lo stralcio della
posizione di ENI S.p.A. Divisione Refining and Marketing in quanto alla stessa
non è attribuibile la contaminazione presente nel sottosuolo dell‘ex P. V. AGIP
n. 4060 ubicato nel Comune di Trieste in Riva Cadamosto”. (cap. 7, pag. 18)
Alla conferenza di servizi istruttoria deI 30 ottobre 2006, la ricorrente
ribadiva la richiesta lo stralcio dell’area e la sua restituzione agli usi
legittimi.
Tale richiesta, unitamente agli esiti delle indagini effettuate, riportati nella
“Relazione tecnica descrittiva del piano di investigazione iniziale” trasmessa
il 18 agosto 2006, è stata esaminata solo alla conferenza di servizi decisoria
del 14 febbraio 2007, il cui verbale è stato “approvato” dal decreto
direttoriale del 7 maggio 2007 (atti impugnati con il presente ricorso).
La conferenza di servizi del 14 febbraio 2007 – puntualizza la ricorrente - ha
in effetti “preso atto” del “Piano di Investigazione Iniziale” e della
“richiesta di stralcio dell’area”, se non che, in modo del tutto apodittico e
contraddittorio, ha richiesto all’Azienda di attivare, entro 20 giorni dalla
data di ricevimento del verbale, “idonei interventi di messa in sicurezza di
emergenza delle acque di falda, attesa la contaminazione riscontrata da Arsenico
nel PM4 (valore riscontrato 669.0 pg/i contro una CLA di 10 pg/i) e da Manganese
(valore riscontrato 225.0 pg/I contro una CLA di 50ug/l)”; inoltre, la
conferenza di servizi ha considerato le vasche interrate di cemento armato che
contenevano i serbatoi rimossi (che, dopo essere state esaminate in
contraddittorio con l’ARPA Friuli Venezia Giulia erano state concordemente
lasciate sul posto), come “rifiuti”, chiedendo di provvedere alla loro “la
rimozione” ed al successivo “controllo del fondo e delle pareti dello scavo in
accordo con gli enti di controllo”.
La conferenza ha inoltre dettato alcune prescrizioni sulle metodiche analitiche
utilizzate, richiedendo di riportare “i dati analitici sia in termini di
concentrazione riferita al totale (comprensivo dello scheletro e privo della
frazione maggior di 2 cm, da scartare in campo) che in termini di concentrazione
riferita al passante ai 2 mm, per poter valutare eventuali differenze
sostanziali: tali procedure potranno essere soggette a breve, ad ulteriori
modifiche a seguito della revisione del d.lgs. n. 152 del 2006”.
Infine, in merito agli interventi di scavo già effettuati, la conferenza di
servizi ha richiesto alla ricorrente di “fornire le caratteristiche dei terreni
utilizzati per il riempimento degli scavi che dovrebbero essere terreni vergini
di cava. Nel caso in cui sia stato riutilizzato terreno di scavo è necessario
fornire i seguenti elementi:
i) analisi di conformità dei terreni ai limiti di colonna B tab, I allegato 5
Parte Quarta Titolo V del d. lgs. n. 152/06, nel caso di destinazione d’uso
dell‘area a fini industriali/commerciali;
ii) le risultanze dell‘eluato ottenuto nel test di cessione, che utilizzi
eluente acqua deionizzata satura di C02, di durata 24 ore, realizzato sulla
frazione > 2 mm, devono essere conformi ai limiti della Tabella acque
sotterranee della vigente normativa in materia di bonifica”.
La medesima conferenza di servizi decisoria del 14 febbraio 2007 – ricorda
ancora la deducente - ha esaminato il Piano di caratterizzazione del punto
vendita AGIP n. 51672 denominato “Valmaura sud” (punto 7 dell’ordine del giorno,
pag. 32 e ss.): l’area oggetto del piano di caratterizzazione, anch’essa
compresa nel perimetro del Sito di interesse nazionale di Trieste, è situata
lungo la Strada Statale n. 202 nel Comune di Trieste ed è adibita alla
distribuzione di carburante per autotrazione. La conferenza di servizi ha
approvato, con prescrizioni, il Piano di Caratterizzazione presentato: tra le
prescrizioni impartite, le amministrazioni procedenti hanno richiesto:
a) di estendere la lista degli analiti da indagare nei suoli e nelle acque di
falda “con la ricerca almeno dei seguenti ulteriori parametri: alfatici
clorurati cancerogeni e non, alifatici alogenati cancerogeni” (prescrizioni nn.
2 e 12, pag. 35-36);
b) di riportare “i dati analitici sia in termini di concentrazione riferita al
totale (comprensivo dello scheletro e privo della frazione maggior di 2 cm, da
scartare in campo) che in termini di concentrazione riferita al passante ai 2
mm, per poter valutare eventuali differenze sostanziali. Si osserva, infatti,
che tali procedure potranno essere soggette a breve, ad ulteriori modifiche a
seguito della revisione del d.lgs. n. 152 del 2006”(prescrizione n. 4, pag. 35);
c) “per quanto riguarda l‘MTBE, la concentrazione massima accettabile, in base
al parere ISS prot. n. 57058 IA.2 dei 06/02/01 è di 250 mg/kg per i terreni ad
uso industriale e di 10 ug/i per le acque di falda. Allegato al presente verbale
sotto la lettera L onde costituirne parte integrante e sostanziale”
(prescrizione n. 7, pag. 35);
d) “per quanto riguarda il Piombo tetraetile, la concentrazione massima
accettabile, in base al parere ISS prot. n. 049759 lA. 12 del 2001 è di 0.068
mg/kg per i terreni ad uso industriale e di 0.1 ug/I per le acque di falda.
Allegato al presente verbale sotto la lettera L onde costituirne parte
integrante e sostanziale” (prescrizione n. 7, pag. 35).
Ciò posto, la ricorrente ricorda che con i due decreti impugnati con il presente
ricorso (nn. 3605-bis e 3606- bis/QDV/DJIB del 7 maggio 2007) il Direttore
generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente ha inteso
“approvare e considerare come definitive” sia le prescrizioni stabilite nei
verbali delle precedenti sedute del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del
13 marzo 2006, del 7 settembre 2006 e del 31 ottobre 2006 (decreto prot. n.
3606-bis/QDV/DJJB) sia quelle di cui al verbale dell’ultima Conferenza di
servizi decisoria del 14 febbraio 2007, sopra richiamate (decreto prot. n. 3605-
bis/QDVIDI!B).
A sostegno del gravame la ricorrente ha dedotto nove mezzi, con i quali ha
denunciato l’illegittimità degli atti impugnati sotto svariati profili di
incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.
Il secondo ricorso, rubricato al n. 49/08, è volto all’annullamento:
- del decreto prot. n. 4109/dV/DI del 7 novembre 2007 del Direttore generale per
la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare, trasmesso alla Società con nota prot. 28998/QdV/DI del 7 novembre
2007, ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex
art. 14 ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni conclusive della
Conferenza di servizi decisoria relative al sito di bonifica di interesse
nazionale di “Trieste” del 26 luglio 2007”;
- di tutti gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti presupposti, connessi e
conseguenti, ivi inclusi, in quanto occorrer possa: il verbale e le
determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi tenutasi in sede decisoria
nella seduta del 26 luglio 2007, relative al sito di interesse nazionale di
Trieste ed i relativi allegati;
- dei verbali e i documenti preparatori delle conferenze di servizi istruttorie
presupposti e conseguenti alla Conferenza di servizi del 26 luglio 2007 tra cui,
in particolare, il verbale (ove redatto) o comunque le determinazioni e/o
conclusioni raggiunte dalla conferenza di servizi istruttoria convocata presso
il Ministero dell’ambiente in data 21 maggio 2007.
La ricorrente società, dopo aver ripercorso brevemente i passaggi essenziali
della vicenda, ricorda che con l’impugnato decreto prot. n. 4109/dV/DI del 7
novembre 2007 il Direttore generale per la qualità della vita del Ministero
dell’ambiente ha inteso “approvare e considerare come definitive” le
determinazioni assunte dall’ultima Conferenza di servizi decisoria del 26 luglio
2007: il verbale della nuova conferenza di servizi decisoria del 26 luglio 2007
– sottolinea l’istante - si pone come atto consequenziale rispetto ai precedenti
e ripropone alcune delle prescrizioni già impugnate, con particolare riferimento
ai limiti per i parametro MTBE e Piombo tetraetile in acque sotterranee (cfr.
pag. 32), all’integrazione della lista degli analiti da ricercare (p. 32), alla
rimozione delle vasche in cemento nell’area Valmaura sud (p. 33-34), alle
metodiche analitiche (p. 34) e alla richiesta di interventi di MISE per le acque
di falda (p. 34); con riferimento agli interventi attivati, inoltre, la
Conferenza di servizi del 26 luglio 2007 ha richiesto alla Società di “emungere
le acque di falda in continuo e non con il sistema di “spurgo periodico”. Quindi
– prosegue la deducente - sulla base della erronea equiparazione delle acque di
falda emunte a “rifiuti liquidi”, la Conferenza di servizi ha richiesto che
queste siano conferite “in impianti di trattamento autorizzati ai sensi
dell’art. 208 Titolo 1 Parte IV del d.lgs n. 152/06 a trattare rifiuti
identificati dal codice CER appartenenti alla famiglia 19.13” (pag. 36, sub 1 e
2). Al decimo punto dell’ordine del giorno del verbale del 26 luglio 2007, la
Conferenza di servizi ha, poi, preso atto del documento “Studio sui livelli
naturali di arsenico boro ferro e manganese” trasmesso da ARPA il 16 febbraio
2007; in particolare, il dott. Mascazzini ha affermato, sulla base dello studio
esaminato, che le concentrazioni di manganese (e — limitatamente alle acque
provenienti dall’alta valle del rio Ospo — anche di ferro) che vengono
riscontrate nelle zone pianeggianti della provincia di Trieste “possono essere
considerati valori naturali non attribuibili a situazioni di inquinamento bensì
ad un processo di solubilizzazione che si instaura in particolari condizioni
atossiche-riducenti nel sistema acque suolo”.
Sulla base di tali conclusioni, la Conferenza di servizi ha pertanto demandato
all’ARPA di determinare i valori massimi di concentrazione del fondo naturale
per il Ferro, Manganese e Boro “sulla base di analisi di campioni prelevati in
aree non antropizzate a monte del Sito di interesse nazionale in numero tale da
poter applicare la teoria statistica e comunque non inferiore a 20, così come
previsto dal documento APAT — ISS relativo alla determinazione del fondo
naturale”.
Le conclusioni dell’ARPA – puntualizza la ricorrente - confermano
l’illegittimità e la contraddittorietà della richiesta di interventi d’urgenza
sulla falda, giustificate in relazione a superamenti (in particolare, il
manganese) che non solo non sono attribuibili all’attività svolta dalla Società
e comunque non sufficienti a richiedere l’adozione di interventi emergenziali,
ma che l’Amministrazione stessa riconduce, sulla base dei dati ARPA, ai valori
del fondo naturale; inoltre, al primo punto dell’ordine del giorno, dopo aver
“evidenziato l’opportunità” della stipula di un Accordo di programma tra
soggetti pubblici — con la possibilità di adesione da parte dei privati - per la
realizzazione degli interventi di MISE e bonifica, la Conferenza di servizi ha
deliberato di richiedere, entro 10 giorni dalla data di ricevimento del verbale,
l’attivazione di idonee misure di messa in sicurezza di emergenza delle acque di
falda risultate contaminate ed ha minacciato, in caso di inadempienza delle
aziende interessate, l’attivazione dei “poteri sostituitivi in danno ai sensi
dell’art. 252 comma 5 della Parte Quarta, Titolo V del d.lgs n. 152 del 2006”;
la Conferenza di servizi ha poi deliberato di procedere attraverso I’APAT
“all’accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale cagionato dalla
mancata attivazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza ad oggi
prescritti” ed ha infine dato mandato all’Avvocatura distrettuale dello Stato di
Trieste di promuovere nei confronti di ciascuna Società “ogni iniziativa
ritenuta opportuna a tutelare la pretesa erariale dell’Amministrazione in
relazione agli obblighi di risarcimento del danno ambientale derivato e
derivante dalla fuoriuscita a inquinanti dai terreni e dalle falde sottostanti
la proprietà sia alla rivalsa dai costi sostenuti per la messa in sicurezza e la
bonifica della medesima” e di attivare altresì “le procedure per l’iscrizione
dell’ipoteca legale sulla proprietà a garanzia dei crediti che saranno
azionati”.
A sostegno del gravame la ricorrente ha dedotto sette mezzi, con i quali ha
denunciato l’illegittimità degli atti impugnati sotto svariati profili di
incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.
I gravami sono stati introitati dal Collegio e sono passati in decisione nella
pubblica udienza del 28.10. 2009.
Evidenti ragioni di connessione inducono il Collegio a riunire i due ricorsi,
rubricati ai nn. 323/07 e 49/08, onde deciderli con unica sentenza.
In rito, la società Bic Sviluppo Italia s.p.a. va estromessa dai due giudizi,
conformemente alle richieste formulate dalla medesima società e basate sulla sua
estraneità alla vicenda.
Ciò posto ed entrando nel merito dei due gravami, va premesso che il Tribunale,
con le ordinanze nn. 2/2009 e 13/2009 (reiterate), ha ritenuto indispensabile
acquisire dall’intimato Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare copia dei verbali di alcune conferenze di servizi decisorie ed
istruttorie (rispettivamente: 1) copia delle conferenze di servizi istruttorie
del 21.5.2005 e del 30.10.2006, compresi gli eventuali allegati; 2) copie dei
verbali delle impugnate conferenze di servizi decisorie del 22.11.2005, 7.9.2006
e 31.10.2006, compresi gli eventuali allegati).
Il Ministero ha ottemperato alle richieste istruttorie.
Ragioni di economia processuale inducono il Collegio ad esaminare congiuntamente
tutti i mezzi dedotti con i due gravami.
Il nucleo argomentativo centrale e (logicamente) prioritario ed assorbente di
entrambi i gravami rispetto alle altre censure dedotte, contenuto già nella
surriferita ricostruzione in fatto della vicenda e ripreso nei singoli motivi,
ruota essenzialmente intorno alla asserzione della mancanza di una specifica
responsabilità in capo alla ricorrente in relazione alla rilevata situazione di
inquinamento: responsabilità che, invece, l’Autorità procedente avrebbe dovuto
ricercare ed accertare mediante una appropriata attività istruttoria, trasfusa,
poi, in provvedimenti assistiti – sul punto - da un rigoroso bagaglio
motivazionale.
La predetta Autorità - si duole la ricorrente – ha pretermesso l’indagine in
parola, nonchè l’assunzione dei provvedimenti consequenziali, in palese
violazione del quadro normativo di riferimento e dei principi tradizionali in
tema di motivazione, ora trasfusi nella legge n. 241 del 1990.
Questa censura, di carattere – ripetesi – prioritario, centrale ed assorbente
perché involge ab imis l’operato del Ministero dell’ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare nella vicenda in esame, introdotta in via generale dalla
ricorrente (e della quale si è detto sopra), tale da condurre (se ritenuta
fondata) alla caducazione dei provvedimenti adottati dal Ministero, è stata
riprodotta in entrambi i ricorsi anche in relazione a talune specifiche
determinazioni adottate con i provvedimenti impugnati.
La censura merita ingresso.
Ed invero, dalla documentazione versata al processo, e, in particolare, dai
verbali delle varie Conferenze di servizi, qui impugnati, non risulta che siano
stati disposti dal Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare appositi accertamenti al fine di individuare il soggetto responsabile (o i
soggetti responsabili) della situazione di inquinamento, né, tampoco, che siano
stati effusi precisi ragguagli sul punto.
La società ricorrente – ripetesi - nega in entrambi i ricorsi che possa esserle
attribuita una siffatta responsabilità, che legittimerebbe la imposizione a suo
carico di misure di recupero ambientale, anche in via emergenziale.
Il Collegio ritiene che in linea di principio siano illegittime quelle
determinazioni amministrative che pongono in tutto o in parte a carico del
proprietario o del detentore di un fondo i costi e gli oneri, anche procedurali,
di bonifica dei suoli o dell’ambiente dai danni derivanti dall’inquinamento; a
meno che non venga accertata rigorosamente la responsabilità dei soggetti
suindicati, anche in relazione alla specifica attività svolta.
Va soggiunto che in tema di inquinamento c.d. “diffuso”, ossia in quei casi in
cui detto accertamento non sia possibile o risulti oltremodo difficoltoso, la
bonifica resta a carico della Pubblica amministrazione ed i relativi vantaggi
dei privati proprietari o detentori dei fondi bonificati, in termini di aumento
di valore del fondo, potranno costituire giusta causa di recupero delle
corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento.
Venendo alle specifiche previsioni ordinamentali, è a dire che l’obbligo di
bonifica è posto in capo al responsabile dell’inquinamento, che le Autorità
amministrative hanno l’onere di ricercare ed individuare (v. gli artt. 242 e 244
del D.Lgs. n. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile
dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera “facoltà” di
effettuare interventi di bonifica (art. 245 D.Lgs. n. 152/2006); nel caso di
mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le
opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250
decreto cit.), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l’esistenza di un
privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica
e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso,
onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno
(art. 253 decreto cit.).
In particolare, l’art. 245 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che: “Le procedure
per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale
disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa
degli interessati non responsabili”, ma sono comunque fatti salvi gli obblighi
del responsabile dell’inquinamento a norma dell’art. 242.
In base a quest’ultima disposizione, le “procedure operative ed amministrative”
sono radicate in capo al responsabile dell’inquinamento, sul quale incombono
precisi obblighi di intervento e comunicazione, che ovviamente presuppongono il
nesso causale tra l’inquinamento e la condotta dell’agente, commissiva od
omissiva.
Infine, il richiamato art. 250 del D.Lgs. n. 152/2006 prevede che, qualora il
responsabile non sia stato individuato o comunque non provveda e non provvedano
neppure i proprietari incolpevoli (questi ultimi a titolo volontario, come
previsto dall’art. 245 sopra riportato), provvede l’Amministrazione alla
bonifica ed al recupero del sito inquinato: la P.A. competente è individuata nel
livello territoriale proporzionato alla tipologia ed all’estensione
dell’inquinamento, secondo il principio di sussidiarietà (e quindi, provvederà,
a seconda dei casi, il Comune o la Provincia, oppure interverrà il Ministero per
i siti di interesse nazionale).
Pertanto, è dato trarre la conclusione, alla luce delle coordinate normative di
cui al D.Lgs. n. 152/2006, che l’Amministrazione è tenuta ad accertare la
responsabilità dell’inquinamento e, in caso di accertamento infruttuoso, è la
stessa Amministrazione che dovrà procedere alla bonifica, per poi operare il
recupero delle somme a carico del proprietario del fondo incolpevole, ma
salvaguardando in questo caso l’apporto partecipativo di queste ultime, in
specie per quanto riguarda le modalità dell’intervento e fermo restando,
comunque, che a carico del suddetto proprietario il recupero degli oneri della
bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore che il
disinquinamento avrà apportato al fondo.
Sotto quest’ultimo profilo il diritto dell’amministrazione al recupero delle
somme va ricondotto nell’alveo delle azioni di ingiustificato arricchimento,
rispetto alle quali la azione in parola si differenzia essenzialmente per
l’esistenza di particolari forme di garanzia (onere reale e privilegio speciale
immobiliare) che assicurano il recupero dei costi di intervento.
A questo punto non sembra superfluo soffermarsi brevemente sulla natura della
responsabilità per l’inquinamento ambientale.
Il D.Lgs. n. 152/2006 ha operato una scelta precisa in favore della riconduzione
della responsabilità per i danni all’ambiente nel paradigma della “tradizionale”
responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. “responsabilità aquiliana ex
art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia forma di responsabilità
oggettiva: il D. Lgs. n. 152 del 2006, all’art. 311, comma 2, disciplina,
infatti, la responsabilità per danni all’ambiente, prevedendo che “chiunque
realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi,
con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con
negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno
all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte,
è obbligato al ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al
risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato”.
La disposizione di cui all’art. 311, dunque, definisce in modo paradigmatico la
responsabilità per la situazione di inquinamento, accedendo ad un concetto di
responsabilità di natura soggettiva.
Svolti questi brevi cenni sulla responsabilità da inquinamento, il Collegio
osserva che a carico del proprietario dell’area inquinata non responsabile della
contaminazione non incombe, dunque, alcun obbligo di porre in essere gli
interventi ambientali in questione, avendo solo la facoltà di eseguirli al fine
di evitare l’espropriazione del terreno interessato, gravato, per l’appunto, da
onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero
ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare.
L’imposizione dell’onere reale sui terreni oggetto di intervento di bonifica
presuppone non solo il pieno coinvolgimento del proprietario incolpevole nel
procedimento, ma, prima ancora, che sia stato compiuto ogni possibile sforzo per
identificare il responsabile della contaminazione e imporgli l’intervento di
ripristino e/o il relativo costo: di tali presupposti deve sussistere nel
relativo provvedimento adeguata illustrazione e corrispondente obbligo
motivazionale.
I suesposti postulati in tema di responsabilità da inquinamento sono, peraltro,
correlati al principio comunitario, espressamente richiamato dall’art. 239 del
D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui “chi inquina paga”.
Ordunque, il provvedimento impositivo della messa in sicurezza e bonifica va
notificato al proprietario al fine di renderlo edotto del suindicato onere reale
(che egli ha facoltà di assolvere per liberare l’area dal relativo vincolo), ma
non può imporre misure di bonifica senza un adeguato accertamento della
responsabilità, o corresponsabilità, del proprietario per l’inquinamento del
sito.
E’ d’uopo ricordare, in questo contesto, che gli interventi di messa in
sicurezza sono finalizzati non tanto alla diminuzione del livello di
inquinamento dell’area interessata (obiettivo questo che va perseguito
attraverso l’attivazione delle opere di bonifica) quanto a scongiurare che la
contaminazione in atto si espanda nel terreno o nella falda in attesa
dell’esecuzione di interventi definitivi di bonifica del sito (Cfr., sull’intera
tematica in argomento, e, in particolare, sullo specifico profilo della
responsabilità da inquinamento, tra le tante, Cons. St., II, 21 novembre 2007,
n. 65; VI, 5 settembre 2005, n. 4525; T.A.R. Toscana, II, 30 maggio 2008, n.
1541; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 28 gennaio 2008, n. 89; T.A.R. Sicilia,
Catania, 20 luglio 2007, n. 1254).
Il carattere assorbente della censura riguardante la responsabilità della
contaminazione, sotto i profili della mancanza di una apposita istruttoria e di
correlati referti motivazionali, in spregio alla normativa surriferita ed
all’art. 3 della legge n. 241 del 1990, esime il Collegio dal prendere in esame
le altre censure, che restano assorbite.
In conclusione, il ricorso rubricato al n. 323/07 va in parte accolto, con
conseguente annullamento dei gravati verbali delle conferenze di servizi e dei
relativi decreti di approvazione in parte qua, vale a dire nelle parti relative
alla società ricorrente.
Il medesimo ricorso va, invece, dichiarato improcedibile per sopravvenuto
difetto di interesse nelle parti in cui sono stati impugnati gli altri atti
sopra indicati, posto che l’annullamento giurisdizionale dei verbali in parola
fa, chiaramente, venir meno l’interesse all’annullamento di questi ulteriori
atti.
Il ricorso n. 49/08 va accolto, con conseguente annullamento:
1) del gravato verbale della conferenza di servizi decisoria del 26.7.2007 e del
relativo decreto di approvazione del 7.11.2007 in parte qua, vale a dire nelle
parti relative alla società ricorrente;
2) del gravato verbale della conferenza di servizi istruttoria del 21 maggio
2007 in parte qua, vale a dire nelle parti relative alla società ricorrente.
Le spese dei due giudizi riuniti seguono la soccombenza e vengono liquidate come
in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia,
definitivamente pronunziando sui ricorsi rubricati ai nn. 323/07 e 49/08 in
premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione,
riunisce i due ricorsi; accoglie in parte, come in motivazione, il ricorso
rubricato al n. 323/07 e, per l’effetto, annulla gli atti meglio specificati in
motivazione; accoglie il ricorso rubricato al n. 49/08 e, per l’effetto, annulla
gli atti meglio specificati in motivazione .
Dichiara in parte improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso
n. 323/07, come in motivazione.
Estromette dai due giudizi la società Bic Sviluppo Italia s.p.a.
Condanna l’Amministrazione intimata al rimborso delle spese e competenze
giudiziali nei confronti della ricorrente, che liquida in complessivi euro 5000
(cinquemila), oltre agli accessori di legge.
Condanna l’Amministrazione soccombente alla rifusione dei contributi unificati
alla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, del D.P.R. 30 maggio
2002, n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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