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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LAZIO, Roma, Sez. II bis - 30 ottobre 2009, n. 10606
VIA - Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale - Art. 7, c. 1
del D.L.n.90 del 2008, conv. dalla legge n. 123 del 2008 - Riduzione del numero
dei componenti - Legge provvedimento - Impugnazione - Giustizia costituzionale.
In caso di leggi-provvedimento volte a “legiferare” scelte che di regola
spettano all’autorità amministrativa e incidenti su un numero determinato di
destinatari e a contenuto particolare e concreto, la tutela dei soggetti incisi
da tali atti viene a connotarsi, stante la preclusione di un sindacato da parte
del G.A., secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi
dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia
costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 59 del 1957, n.143 del 1989, n. 62 del 1993,
nn. 347 e 492 del 1995, nn. 185 e 211 del 1988, nn.225, 226 e 364 del 1999, n.
429 del 2002, n. 267 del 2007, n. 21 del 2008 e, da ultimo, n. 137 del 2009).
(nella specie, era stato impugnato l’art. 7, c. 1 del D.L.n.90 del 2008, conv.
dalla legge n. 123 del 2008, con cui è stato ridotto da sessanta a cinquanta il
numero dei componenti della commissione tecnica di verifica dell’impatto
ambientale). Pres. Pugliese, Est. Caminiti - S.M. e altri (avv.ti Ceruti, Ceruti,
Paparella e Petretti) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (n.c.) e
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. II bis - 30 ottobre 2009, n. 10606
VIA - Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale - D.M. 194/2008
- Natura - Provvedimento di revoca degli incarichi di componente - Disciplina
della revoca - Applicabilità dei principi di cui alla legge n. 241/1990 -
Illegittimità - Fondamento. Con il DM n. 194/2008 si è in presenza di una
vera e propria revoca degli incarichi di componente della commissione tecnica di
verifica dell’impatto ambientale, che in quanto tale postula il rispetto delle
disposizioni sulle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990. La
revoca del provvedimento è infatti disciplinata in via generale dall’articolo 21
quinquies della legge n. 241/1990, come inserito dall'articolo 14, comma 1,
della legge n. 15/2005, “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero
nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione
dell'interesse pubblico originario” con la precisazione che “se la revoca
comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati,
l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo”. Si applicano
quindi alla revoca, senza alcun dubbio, anche le norme generali sul procedimento
amministrativo previste dalla medesima legge, a partire dall’adempimento
garantistico di partecipazione di conoscenza del procedimento (art.7) fino alla
obbligatoria esigenza di adeguata motivazione dell’atto, che si palesano ancor
più determinanti nel caso di specie, in relazione all’ampia latitudine della
discrezionalità amministrativa sottesa a quel tipo di provvedimento. La revoca è
stata, infatti, disposta nei confronti dei componenti ancora in carica, prima
della scadenza del mandato, senza alcuna istruttoria volta all’accertamento e
alla valutazione dei risultati dell’attività compiuta da ciascun componente e
dalla Commissione nel suo complesso, e quindi senza l’indicazione di elementi
idonei a motivare la mancata conferma dei ricorrenti nell’incarico ancora in
corso. E’ altresì mancata l’indicazione della modifica dell’organizzazione,
delle competenze e delle attività della Commissione, tale da determinare quei
tratti di discontinuità eventualmente idonei a giustificare la novazione
dell’organo ed il conseguente integrale rinnovo della Commissione. Infatti,
contestualmente alla revoca tacita, è stata rinnovata la composizione
dell’organo mediante un atto d’alta amministrazione con il quale sono stati
nominati ex novo tutti i componenti della pur preesistente Commissione, anziché
dover limitare l’esercizio della propria ampia discrezionalità alla riduzione di
soli dieci commissari, così come previsto dalla legge, assicurando un congruo
rapporto di proporzione fra le competenze ed esperienze da ciascuno apportate.
Pres. Pugliese, Est. Caminiti - S.M. e altri (avv.ti Ceruti, Ceruti, Paparella e
Petretti) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (n.c.) e Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR
LAZIO, Roma, Sez. II bis - 30 ottobre 2009, n. 10606
N. 10606/2009 REG.SEN.
N. 09452/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 9452 del 2008, proposto da: proposto dai
signori STEVANIN Marco, SEPE Carla, PUCCIONI Vanni, GRECO Silvestro, DALLORTO
Luca, MORSIANI Cinzia, OCCHI Sonia, MAGLIANO Luigi, DE FELICE Pietro Ernesto,
PAGLIANO Alessandra, GUARNACCIA Alessia, MARZANO Pietro, SAULI Giuliano,
PAPARELLA Antonello, VITELLOZZI Roberto BACCI Maurizio, D'ANDRIA Cataldo, BONI
Maria Rosaria, SCALIA Fiorella, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianluigi
Ceruti, Matteo Ceruti, Riccardo Paparella e Alessio Petretti, con domicilio
eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni, 268/A;
contro
la PRESIDENZA del CONSIGLIO dei MINISTRI, in persona del Presidente del
Consiglio dei Ministri p.t., n.c.;
il MINISTERO dell'AMBIENTE e TUTELA del TERRITORIO e del MARE, in persona del
Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
nei confronti di
del signor PANETTA Rocco
del signor LAZZARI Andrea
del signor COLLIVIGNARELLI Carlo
dell’avv. SANTIAPICHI Xavier,
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del decreto del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
n. GAB/DEC/193/2008 del 23.6.2008, recante modifica del DM 18.9.2007 e del
decreto del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare n.
GAB/DEC/194/2008 del 23.6.2008 con cui si è proceduto alla nomina di nuovi
componenti della Commissione VIA, escludendo i commissari ricorrenti e di ogni
altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato, ivi
compreso il DL 23 maggio 2008, n. 90 (in G.U. n. 120 del 23 maggio 2008, n. 120)
convertito nella Legge 14 luglio 2008, n. 123 (in G.U. n.165 del 16 luglio
2008), recante “Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza dello
smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di
protezione civile”, nella parte in cui, all’art.7, comma 1, dispone la riduzione
del numero dei componenti della Commissione in esame prevedendo che con
successivo decreto ministeriale si proceda alla nomina di nuovi commissari e con
ulteriore decreto ministeriale al riordino della Commissione medesima, nonché di
ogni altro atto, anche non conosciuto, con cui sia stata disposta, dichiarata e
comunicata la decadenza e cessazione dei ricorrenti dall’incarico di componenti
della Commissione stessa, con ogni consequenziale di legge,
nonché per l’annullamento, previa sospensione,
del decreto del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
n. GAB/DEC/217/2008 del 28 luglio 2008, recante nomina di nuovi commissari della
Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale in sostituzione di altri
dimissionari, nonché di assegnazione dei commissari alle varie sottocommissioni
e altre disposizioni organizzative; nonché, ove possa occorrere, degli ulteriori
decreti del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare n.
GAB/DEC/205/2008 del 2 luglio 2008 e n. GAB/DEC/206/2008 del 2 luglio 2008 (non
conosciuto) e di ogni altro atto presupposto collegato, inerente, conseguente e
derivato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e Tutela del
Territorio e del Mare;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’avv. Xavier Santiapichi, quale
attuale componente della commissione VIA-VAS, le memorie e la documentazione
prodotta;
Viste le memorie difensive depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2009 il 1^ Referendario
Mariangela Caminiti e uditi per i ricorrenti gli avv.ti Matteo e Gianluigi
Cerreti, per l’Amministrazione costituita l’Avvocato dello Stato Carlo Sica e
l’avv. Xavier Santiapichi in proprio, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti indicati in epigrafe rappresentano che l’art.9 del DPR 14 maggio
2007, n. 90, recante Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso
il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare –MATTM, ha
istituito la nuova “Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale –VIA
e VAS” composta da sessanta membri (oltre al presidente e al segretario) scelti
tra liberi professionisti e tra esperti provenienti dalle amministrazioni
pubbliche con adeguata qualificazione in materie progettuali, ambientali,
economiche e giuridiche, chiamata a svolgere sia le funzioni della previgente
Commissione per la valutazione di impatto ambientale (istituita ai sensi
dell’art.18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n.67), sia le competenze della
Commissione speciale per la valutazione di impatto ambientale (istituita ai
sensi dell’art.184, comma 2, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n.163), oltre che con i
nuovi compiti connessi allo svolgimento delle attività tecnico istruttorie e
consultive per la valutazione ambientale strategica dei piani e programmi la cui
approvazione compete ad organi dello Stato, in attuazione di quanto previsto
dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno
2001.
In attuazione del predetto DPR n. 90 del 2007, sono stati emanati vari
provvedimenti volti a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento della
nuova Commissione, con la previsione, tra l’altro, della costituzione delle tre
sottocommissioni VIA,VAS e VIA Speciale (decreto prot. GAB/DEC/150/07 del 18
settembre 2007), la nomina del presidente, del segretario, dei coordinatori
delle sottocommissioni VIA e VAS e di 38 commissari (decreto prot. GAB/DEC/154/07
del 25 settembre 2007), l’integrazione di altri sette commissari (decreto prot.
GAB/DEC/187/07 del 23 ottobre 2007), la nomina dei restanti componenti del
Comitato di coordinamento della Commissione (decreto prot. GAB/DEC/211/07 del 20
novembre 2007), la nomina del coordinatore e dei commissari assegnati alla
sottocommissione VIA Speciale (decreto prot. GAB/DEC/232/07 del 28 dicembre
2007).
La Commissione, cui partecipavano i ricorrenti con durata dell’incarico per tre
anni (termine stabilito dall’art.8, comma 3 del Codice dell’ambiente di cui al
D.Lgs. n. 152 del 2006), ha cominciato a funzionare nel mese di marzo 2008,
svolgendo attività istruttoria e di verifica ed emettendo pareri.
In seguito, con disposizione inserita nel D.L.23 maggio 2008, n.90, recante
“Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza rifiuti nella regione
Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile”, allo scopo di garantire
l’efficienza procedimentale, è stata disposta la riduzione del numero dei
componenti la Commissione da sessanta a cinquanta, prevedendo ulteriori
provvedimenti per la nomina degli stessi e per il riordino della Commissione
medesima.
Nel frattempo i ricorrenti non hanno ricevuto dal MATTM alcuna comunicazione di
decadenza dall’incarico.
Con successiva nota del dirigente della divisione X del MATTM in data 1.7.2008,
prot. DSA-2008-0018200 è stato comunicato il decreto del Ministro GAB/DEC/194/08
del 23 giugno 2008, con cui si è proceduto alla nomina dei nuovi componenti con
l’esclusione dei 4/5 dei commissari in carica, tra cui i ricorrenti; tale
decreto richiama il precedente decreto del Ministro GAB/DEC/193/08, adottato
alla medesima data del 23 giugno 2008, con cui è stato disposto il riordino
organizzativo della Commissione. Avverso i suddetti provvedimenti i ricorrenti
hanno proposto ricorso a questo Tribunale con ricorso RG n.7858/2008 , anch’esso
all’esame dell’odierna udienza.
Aggiungono, inoltre, i ricorrenti che il MATTM ha adottato il decreto GAB/DEC/217/08
del 28 luglio 2008, con cui ravvisata l’opportunità di prevenire eventuali
possibili rilievi di organi di controllo, si è provveduto al nuovo definitivo
assetto della Commissione tecnica con la nomina di 4 nuovi commissari in
sostituzione di altrettanti che si sono dichiarati indisponibili, con una nuova
assegnazione dei membri nelle tre sottocommissioni VIA e VAS (ripristinate) e
VIA Speciale e con la nomina dei coordinatori delle sottocommissioni e dei
componenti del Comitato di coordinamento.
I ricorrenti fanno presente che dalle premesse di tale decreto n. 217/2008, che
sostituisce integralmente il decreto n. 206/2008, risulterebbe che con nota prot.
UL/2008/6913 dello stesso 28 luglio 2008 il Ministero avrebbe ritirato il
suddetto decreto di riordino della Commissione n. 193/2008, sia il successivo n.
205/2008 (non conosciuto). Inoltre, all’art.7 del medesimo DM n.217 del 2008 è
precisato che lo stesso sostituisce integralmente il DM n. GAB/DEC/206/2008 del
2 luglio 2008 (allo stato, non conosciuto).
Pertanto, avverso i suddetti atti indicati in epigrafe i ricorrenti hanno
proposto ricorso e, dopo aver premesso che la fattispecie all’esame differisce
sostanzialmente da quella decisa con sentenza n.3235/2008 dalla sez. II quater
di questo Tribunale - in relazione, altresì, ai presupposti e ragioni del
rinnovo dei componenti la Commissione, attesa la mancanza di un provvedimento di
riordino posto alla base della sostituzione dei commissari e l’utilizzo dello
strumento giuridico di una norma provvedimento, inserita in un decreto-legge da
cui risulta estranea - hanno affidato il gravame ai seguenti motivi:
1) Illegittimità costituzionale dell’art.7, comma 1, del D.L.n. 90 del 2008 e
della Legge di conversione n. 123/2008 per violazione dell’art.77 della
Costituzione per totale mancanza dei presupposti di necessità e urgenza oltre
che per assoluta estraneità rispetto alle misure straordinarie per fronteggiare
l’emergenza dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania: la Corte cost.
ha più volte affermato che l’utilizzazione del decreto-legge non può essere
sostenuta dall’apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità
e urgenza (sentenza n.29 del 1995, sentenza n.341 del 2003, e da ultimo anche
n.171 del 2007). Inoltre, secondo i ricorrenti l’art.7, comma 1 del DL n.90 del
2008 sarebbe estraneo alle altre disposizioni del decreto miranti a fronteggiare
l’emergenza smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e sia nel preambolo
che negli atti di accompagnamento del provvedimento non vi sarebbe alcun
riferimento alla necessità e urgenza per il riordino della Commissione in
parola. Da qui discenderebbe la illegittimità costituzionale in parte qua del
DLn. 90 del 2008 e della legge di conversione.
2) Violazione dell’art.7, comma 1, del D.L. n. 90 del 2008 (interpretato
secundum costitutionem). Violazione dell’art.6 della Legge n. 145 del 2002.
Violazione degli artt. 3 e 7 della Legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per
difetto di motivazione. Violazione dell’art.4 del DM Ambiente n. 150 del 2007:
l’art.7 rubricato pur non prevedendo la soppressione della Commissione di
verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS ex art.9 del DPR n.90 del 2007 - di
cui anzi verrebbe ribadita la vigenza senza stabilire la cessazione
dall’incarico dei suoi componenti - avrebbe disposto la modifica quantitativa
della composizione della Commissione (dopo circa 6 mesi dall’insediamento della
stessa) con conseguente nomina da parte del Ministro, prima della scadenza
originaria triennale.
Da ciò, secondo i ricorrenti discenderebbero due possibili tesi interpretative
della norma: la prima, secondo cui la norma affiderebbe al Ministro il compito
di ridurre il numero di componenti della Commissione tra i membri in carica e,
quindi, il decreto di nomina avrebbe dovuto confermare nell’incarico cinquanta
commissari esistenti, in quanto la norma nulla disporrebbe sulla decadenza o
cessazione dall’incarico (tesi avvalorata dal dato letterale della norma nonché
dal comportamento delle parti). La seconda tesi interpreterebbe la norma come
volta ad una rinnovazione integrale della composizione della Commissione con la
sostituzione dei vecchi commissari dichiarati decaduti a seguito della riduzione
di dieci unità.
Lamentano i ricorrenti che il riordino della Commissione sarebbe avvenuto
realizzando uno spoil system oltre i limiti temporali e il campo applicativo di
cui alla legge n. 145 del 2002 (nomine operate nei sei mesi antecedenti la
scadenza naturale della legislatura), senza tener conto della rilevanza tecnico-
scientifica degli incarichi basati sul merito, del rispetto delle garanzie
partecipative in materia di atti di autotutela e in violazione degli
art.21-quinquies e 21 sexies della legge n. 241 del 1990 e senza l’istituzione
di un nuovo organo (la Commissione sarebbe sempre quella prevista e disciplinata
dall’art.9 del DPR n. 90 del 2007). Al riguardo, secondo i ricorrenti sarebbe
preferibile la prima soluzione interpretativa, più cauta e costituzionalmente
orientata, mentre nel caso in cui la preferenza ricadrebbe sulla seconda
(decadenza ex lege dei commissari e completa rinnovazione della Commissione)
sarebbero evidenti i dubbi sulla legittimità della norma, anche sotto il profilo
costituzionale.
3) Illegittimità costituzionale dell’art.7, comma 1, del D.L. n.90 del 2008 e
della Legge di conversione per contrasto con i principi costituzionali
dell’imparzialità amministrativa, della continuità e del buon andamento
dell’azione amministrativa, del giusto procedimento e del diritto di difesa in
sede procedimentale (art. 97 e 98 Cost): l’art.7 rubricato, interpretato quale
previsione di riduzione del numero dei componenti la Commissione VIA e VAS e
come decadenza ex lege dall’incarico dei commissari prima della scadenza, non
sarebbe altro se non una ipotesi di spoil system applicata una tantum all’organo
in esame. In tale ipotesi risulterebbero applicabili i principi affermati dalla
Corte Costituzionale 23 marzo 2007, n. 103 e 104, atteso che nel caso in esame
risulterebbe evidente la violazione del principio di imparzialità della Pa e dei
suoi organi, tra l’altro, nella specie, organi di alta consulenza
tecnico-scientifica. Da qui l’illegittimità costituzionale dell’art.7, comma 1,
del DL n. 90 del 2008 per contrasto con i principi di cui all’art.97 e 98 della
Cost. .
4) Illegittimità costituzionale dell’art.7, comma 1, del D.L. n.90 del 2008 e
della Legge di conversione per contrasto con i principi di ragionevolezza e non
arbitrarietà della “norma-provvedimento” rispetto ai fini asseritamente
perseguiti (efficienza amministrativa e risparmio della spesa pubblica) in
violazione degli artt. 3 e 97 . Conseguente irragionevole sacrificio dei
principi di tutela giurisdizionale ex artt.24 e 113 Cost.: l’art.7, comma 1
rubricato secondo i ricorrenti avrebbe natura di norma-provvedimento in quanto
incidente su un numero determinato e molto limitato di destinatari e sarebbe
ammissibile entro determinati limiti, cioè quello del rispetto della funzione
giurisdizionale, del principio di ragionevolezza e non arbitrarietà.
L’incremento dell’efficienza procedimentale invocato dall’art.7 (insieme al
contenimento della spesa pubblica) quale obiettivo della norma apparirebbe
irrazionale perché il rinnovo dell’organo prima della scadenza altererebbe il
principio di continuità dell’azione amministrativa (per l’interruzione delle
istruttorie in corso) e, inoltre, sarebbe arbitrario lo scopo dell’incremento
dell’efficienza procedimentale con la riduzione dei componenti; invece, in caso
di censura della scarsa efficienza dei commissari in carica si sarebbe dovuta
seguire una procedura di revoca dall’incarico nel rispetto delle garanzie
procedurali e motivazionali (in disparte la precisazione che la Commissione in
sei mesi avrebbe emanato 75 pareri, quasi il doppio rispetto alle precedenti
Commissioni più recenti).
Inoltre, la riduzione dei commissari non determinerebbe la presunta finalità del
contenimento della spesa pubblica, attesa la non elevata entità del compenso e
non sarebbe invece giustificabile la prossima costituzione di una task force che
dovrà assistere la nuova Commissione, con evidente sacrificio dei principi di
ragionevolezza ex art.3 Cost. e di imparzialità e buon andamento
dell’amministrazione ex art.97 della Cost..
5) Segue: Ulteriore illegittimità costituzionale dell’art.7, comma 1, del D.L.n.
90 del 2008 e della Legge di conversione per contrasto con i principi di
ragionevolezza e non arbitrarietà della “Norma-provvedimento” in quanto non
inserita in (e non conseguente a) un generale disegno di riordino organizzativo:
nella preliminare delibazione in ordine alla non manifesta infondatezza
dell’incostituzionalità della norma-provvedimento in esame per violazione del
generale principio di ragionevolezza si dovrebbe tener conto anche della
circostanza che il disposto rinnovo anticipato dei componenti della Commissione
non risulterebbe giustificato da un mutamento dell’organizzazione né della Pa né
dell’organo in esame né dell’assetto ordinamentale. Nella realtà il cambiamento
sarebbe avvenuto nel numero dei componenti, mentre la previsione del riordino
della Commissione stessa contenuta nella norma in contestazione, da attuare con
un futuro decreto, sarebbe illogica atteso che il nuovo assetto organizzativo
derivante dal riordino dovrebbe essere il presupposto logico del rinnovo della
Commissione stessa.
6) Illegittimità del DM Ambiente GAB/DEC/194/2008 per violazione dell’art.7,
comma 1, del DL 90/2008: l’art. 7 prevede che la nomina dei cinquanta commissari
debba avvenire con decreto ministeriale entro 30 giorni dall’entrata in vigore
del D.L.n. 90 del 2008. Secondo i ricorrenti non sarebbe stato rispettato il
predetto termine in quanto il DL è stato pubblicato in GU il 23 maggio 2008,
mentre il decreto ministeriale n. 194/2008 è stato emanato in data 23 giugno
2008, dopo 31 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge.
7) Illegittimità del DM Ambiente GAB/DEC/193/2008 per violazione dell’art.7,
comma 1, del DL 90/2008. Violazione della Legge n. 400 del 1988: il decreto n.
193/2008 ha apportato un riordino organizzativo della Commissione con
l’unificazione delle due sottocommissioni VIA e VAS e la distribuzione numerica
dei commissari: 43 attribuiti alla sottocommissione risultante da detta
unificazione e 7 alla sottocommissione VIA Speciale. Tale decreto ministeriale
di riordino è stato assunto in forma non regolamentare, non sottoposto al visto
del parere del Consiglio di Stato né al visto della Corte dei Conti ai sensi
dell’art.17 della Legge n. 400 del 1988. Ciò sarebbe stato giustificato nelle
premesse del decreto n. 193/2008 laddove si rinvia alla competenza del Ministro
a stabilire con proprio decreto di natura non regolamentare l’organizzazione e
il funzionamento della Commissione, ma risulterebbe in contrasto con il dato
letterale della disposizione legislativa che, invece, attribuisce al decreto di
natura regolamentare il compito di provvedere all’intero riordino della
commissione senza operare la distinzione contenuta nelle citate premesse del DM.
8) Illegittimità del D.M. Ambiente GAB/DEC/217/2008 per invalidità derivata e
per vizi propri: il DM n. 217/2008 rubricato risulterebbe illegittimo sia per
invalidità derivata dalle illegittimità ribadite dagli atti presupposti sia per
invalidità sue proprie. Inoltre, il presupposto di tale ultimo decreto
risulterebbe fondato sul “ritiro” del decreto GAB/DEC/193/2008 del 23 giugno
2008 e sul conseguente ripristino della Commissione nelle tre sottocommissioni
previste dal DM GAB/DEC/150/2007. Con la precisazione che tale ultimo
provvedimento in autotutela risulterebbe essere assunto con “la nota prot. n.UL/2008/6913
del 28 luglio 2008” con cui, tra l’altro, sarebbe stato disposto il ritiro del
predetto DM n.205/ 2008.
Lamentano i ricorrenti che, pur non conoscendo detta nota, l’atto di ritiro non
sarebbe stato assunto con decreto ministeriale e, quindi, risulterebbe emesso in
violazione dei principi applicabili in materia di contrarius actus. Infine,
l’assegnazione dei commissari alle tre sottocommissioni e le altre previsioni
organizzative contenute nel DM n. 217/2008 impugnato risulterebbero illegittime
in quanto non precedute da quel “riordino della Commissione” che, ai sensi
dell’art.7, comma 1, ultima parte del DL n. 90 del 2008, avrebbe dovuto essere
emesso entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.
I ricorrenti concludono, quindi, per l’annullamento dei provvedimenti impugnati
con la conseguente reintegrazione degli stessi nelle proprie funzioni di
componenti della detta Commissione nonché chiedono a questo Giudice di sollevare
la questione di legittimità costituzionale delle norme contenute nell’art.7,
comma 1 del DL. n.90 del 2008, conv. con mod. dalla Legge n. 123 del 2008 per le
ragioni sopra esposte.
Con ordinanza n.5455/2008 pronunciata nella Camera di consiglio del 20 novembre
2008 il Collegio ha disposto nei confronti dei ricorrenti di procedere
all’integrazione del contraddittorio anche per pubblici proclami.
Si è costituito in giudizio l’avv. Xavier Santiapichi, componente attuale della
Commissione VIA-VAS, per resistere al ricorso e con successiva memoria in
occasione dell’udienza di discussione ha eccepito, in via preliminare,
l’inammissibilità del gravame contestando la violazione del principio del ne bis
in idem, in quanto i medesimi ricorrenti (a cui si aggiungono la prof. Maria
Rosaria Boni e l’ing. Fiorella Scalia) avrebbero promosso l’impugnativa avverso
gli stessi provvedimenti con una identità di petitum e causa petendi. Inoltre,
sussisterebbero profili di inammissibilità del ricorso per tardività, in quanto
lo stesso sarebbe stato consegnato all’ufficio postale per la notifica in data
9.10.2008, mentre il DL che ha disposto la loro decadenza quali membri della
Commissione è stato pubblicato nella G.U. del 23 maggio 2008, a nulla rilevando
la circostanza dedotta dai ricorrenti secondo cui la conoscenza della lesione
sarebbe intervenuta solo in data 1.7.2008 con la nota prot. DSA-2008-0018200 con
la quale è stata comunicata non già la loro decadenza (che sarebbe intervenuta
ex lege), ma la nomina dei nuovi commissari.
La natura del decreto legge in questione quale atto formalmente legislativo, ma
sostanzialmente amministrativo (legge-provvedimento), nonché la circostanza che
la maggioranza delle doglianze sarebbero imputate proprio al Decreto legge n.
90/2008, porterebbe a considerare inammissibile il ricorso proposto, attesa la
notifica del ricorso in data 9.10.2008, mentre la pubblicazione del
provvedimento sarebbe avvenuta in data 23 maggio 2008. La declaratoria di
inammissibilità produrrebbe quale conseguenza l’impossibilità di valutare
l’istanza di rinvio degli atti alla Corte Costituzionale per difetto di
rilevanza della relativa questione. Infine, sono stati eccepiti ulteriori
profili di inammissibilità del ricorso riguardanti la carenza di interesse e il
difetto di giurisdizione e nel merito, comunque, il controinteressato ha
concluso per la infondatezza dello stesso.
In prossimità dell’udienza di discussione anche le altre parti hanno depositato
memoria conclusiva a sostegno delle rispettive pretese. In particolare, i
ricorrenti hanno depositato documentazione da cui risulta un diniego da parte
dell’Amministrazione alla richiesta dagli stessi formulata di accesso alle
informazioni sugli indirizzi degli attuali Componenti della Commissione VIA-VAS.
Con memoria depositata in data 8.5.2009, prot. n. 28267, i ricorrenti hanno
replicato alle contestate eccezioni sostenendo di aver effettuato la notifica
del ricorso presso la sede dell’ufficio pubblico in cui i nuovi commissari
prestano servizio a seguito del predetto diniego di accesso alla richiesta di
informazioni sugli indirizzi dei soggetti da intimare. Al riguardo, hanno
evidenziato che in tal caso la notifica, ancorché non effettuata a mani proprie,
rappresenterebbe una mera irregolarità tale da non menomare il diritto
all’azione dei ricorrenti. Nel caso si ritenesse irregolare l’avvenuta notifica
del ricorso ai controinteressati i ricorrenti hanno chiesto di essere rimessi in
termini per rinnovare detta notifica. Inoltre, hanno evidenziato la sussistenza
di altro ricorso RG n.7858/2008, anch’esso all’esame dell’odierna udienza,
avverso i medesimi atti, e la notifica del presente gravame per pubblici
proclami disposta con ord. n.5455/2008. Riguardo le contestazioni sulla procura
alle liti del predetto precedente ricorso RG. 7858/2008 hanno rilevato che la
validità della stessa dipenderebbe più che dalla forma, dalla sua sostanziale
idoneità a notificare senza equivoci l’Autorità adita sulla base del complessivo
esame dell’atto (Autorità inequivocabilmente indicata nell’intestazione e nel
contenuto del ricorso), precisando altresì che l’eccezione apparirebbe superata
dalla proposizione del presente ricorso avverso i medesimi atti con nuove
procure alle liti. Infine, riformulando i motivi di ricorso hanno insistito
sulle argomentazioni a sostegno degli stessi, concludendo con la richiesta
dell’accoglimento del gravame.
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare ha prodotto
memoria conclusiva in data 8.5.2009, prot.n. 27997 deducendo la infondatezza del
ricorso e precisando, altresì, che il DM n. 193 del 2008 impugnato è stato
ritirato e che la sua impugnazione sarebbe inammissibile. Secondo
l’Amministrazione la Commissione de qua avrebbe competenze sui rifiuti e non vi
sarebbe addebito di estraneità alla materia disciplinata dal decreto-legge in
questione, in quanto lo Stato mantiene la competenza in materia di valutazione
ambientale strategica dei piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti
nonché quella relativa ai pareri VIA sugli impianti di smaltimento dei rifiuti
pericolosi. Da qui sarebbe errata la censura di mancata motivazione, alla luce
anche delle premesse del Decreto Legge riguardo le misure emergenziali da
adottare nonché il disposto alle ragioni del contenimento della spesa pubblica,
con notevole risparmio annuo riguardo i compensi da corrispondere atteso che la
task-force da utilizzare sarebbe formata da personale ministeriale. Inoltre, la
difesa erariale sottolinea che l’incremento dell’efficienza procedimentale, in
parte sarebbe realizzato attraverso la rimodulazione proporzionale tra le
diverse competenze ed esperienze dei nuovi componenti la Commissione, in parte
in via di realizzazione mediante l’emanando decreto ministeriale, di natura
regolamentare, di riordino della Commissione stessa. Detta rimodulazione delle
competenze troverebbe diretta previsione nell’art.7 del Decreto legge con la
conseguenza che risulterebbero impropri i richiami contenuti nel ricorso alle
norme del c.d. spoil system e a quelle sulla partecipazione amministrativa
rispetto alle quali l’urgenza vincolata e veicolata dalla norma primaria di
provvedere (entro trenta giorni , termine sollecitatorio e rispettato atteso che
il 22 giugno 2008 è caduto di domenica) alla nomina configura un atto di alta
amministrazione, ad ampia discrezionalità.
Infine, alla pubblica udienza del 21 maggio 2009, la causa è stata introitata
dal Collegio per la decisione,unitamente ad altri ricorsi concernenti la
disposta cessazione di componenti di commissioni presso il Ministero
dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare.
DIRITTO
1. Viene in decisione la controversa vicenda, meglio descritta in fatto, che ha
coinvolto le parti costituite in giudizio nel procedimento relativo alla nomina
dei nuovi componenti della Commissione VIA, istituita presso il Ministero
dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio e del Mare, che ha portato
all’esclusione dei precedenti commissari ricorrenti, a seguito dell’art.7 del DL
23 maggio 2008, n. 90, conv. nella Legge 14 luglio 2008, n. 123 recante “Misure
straordinarie per fronteggiare l’emergenza dello smaltimento dei rifiuti nella
Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile”, nella parte in
cui ha disposto la riduzione del numero dei componenti della Commissione stessa
prevedendo un successivo decreto ministeriale per la nomina di nuovi commissari
e un ulteriore decreto ministeriale per il riordino della Commissione medesima.
1.1. I ricorrenti hanno dedotto che i provvedimenti impugnati sono affetti da
molteplici vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, meglio indicati
in fatto, ed hanno chiesto a questo Tribunale la pregiudiziale delibazione sui
fondamenti giuridici della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7,
comma 1, del D.L.n.90 del 2008 in relazione a vari principi costituzionali.
L’Amministrazione resistente ha controdedotto alle censure attoree insistendo
sulla legittimità degli atti impugnati con conseguente richiesta di rigetto del
gravame. Con memorie difensive il controinteressato costituito ha
preliminarmente eccepito profili di inammissibilità del ricorso ed ha ampiamente
argomentato sulla infondatezza delle censure avanzate dai ricorrenti anche
riguardo ai rilievi sulla illegittimità costituzionale della predetta norma,
insistendo per la reiezione del ricorso. Ordine logico impone, quindi, al
Collegio di esaminare le predette questioni pregiudiziali.
1.2. Innanzitutto, non può essere accolta l’eccezione di inammissibilità del
gravame per la contestata violazione del principio del “ne bis in idem”, atteso
che detta preclusione processuale si verifica in presenza di due presupposti
mutuati dalla disciplina civilistica ex art. 2909 cod. civ. e art. 324 cpc e
applicabili al processo amministrativo, in quanto con esso compatibili: identità
delle parti dei due giudizi e identità degli elementi identificativi dell’azione
proposta, ossia il petitum e la causa petendi (ex multis, Tar Lazio, Roma, sez.
III, 25 agosto 2006, n. 7509; Tar Puglia, Lecce, sez. II, 8 febbraio 2007,
n.365; Tar Emilia Romagna, sez. I, 3 giugno 2008, n. 304;Tar Campania, Napoli,
sez. VII, 20 gennaio 2009, n.229). Nella specie, tra i ricorrenti dell’odierno
ricorso figurano anche le sig.re Boni Maria Rosaria e Scalia Fiorella che non
hanno impugnato il precedente ricorso RG n. 7858/2008, anch’esso all’esame
dell’odierna udienza, con la conseguenza della non identità tra ricorrenti
nell’ambito dei due gravami. Inoltre, tra i due ricorsi non c’è identità di
petitum, atteso che nell’odierno gravame la domanda a questo Giudice verte
sull’annullamento di una serie di provvedimenti (impugnati in entrambi i
ricorsi) nonché di ulteriori decreti ministeriali adottati successivamente a
quelli già impugnati con il ricorso RG n. 7858/2008. Né varrebbe obiettare la
mancata utilizzazione dello strumento dei motivi aggiunti in quanto, a seguito
dell’emanazione della legge n. 205 del 2000 l’impugnazione mediante motivi
aggiunti degli atti emanati in pendenza di ricorso tra le stesse parti ( e, nel
caso, le parti come detto non sono identiche) si configura come una facoltà e
non come un obbligo per il ricorrente, cui viene rimessa la scelta se agire
proponendo un ricorso autonomo ovvero motivi aggiunti nell’ambito di quello
pendente (cfr. Tar Liguria, sez. II, 7 giugno 2007, n. 1050). Per di più vi è da
aggiungere che il ricorso in esame è stato correttamente notificato e depositato
(anche con riferimento agli adempimenti legati alla procura alle liti e alla
notifica ai controinteressati) e gli asseriti profili di inammissibilità del
ricorso RG n. 7858/2008, precedentemente proposto, non può determinare la
inammissibilità anche di questo gravame non ostandovi il principio del ne bis in
idem, in difetto della sussistenza dei prescritti presupposti per l’applicazione
dello stesso nonché di una questione già definita.
1.3. Passando all’esame della successiva eccezione di inammissibilità del
ricorso per tardività si osserva che lo stesso è stato notificato in data
9.10.2008 e non può ritenersi proposto oltre il termine decadenziale in quanto,
in data 1.7.2008 con la nota prot. n. DSA-2008-0018200, è stato comunicato ai
ricorrenti il decreto del Ministro dell’Ambiente GAB/DEC/194/2008 del 23 giugno
2008, con cui si è proceduto alla nomina dei nuovi componenti della Commissione
tecnica, con esclusione tra gli altri anche dei medesimi ricorrenti. Va
disattesa, al riguardo, la dedotta (da parte controinteressata) intempestività
dell’ impugnazione del DL n. 90 del 2008, entrato in vigore in data 23 maggio
2008, tenuto conto che l’art.7, comma 1, di detto provvedimento ha previsto la
riduzione da sessanta a cinquanta del numero dei commissari della Commissione
istituita con DPR n.90 del 2007, rinviando a decreti successivi la nomina degli
stessi nonché il riordino della Commissione medesima nell’articolazione delle
Sottocommissioni, con la conseguenza che, alla data di entrata in vigore del
decreto-legge, data da cui dovrebbero decorrere gli asseriti termini per
l’impugnazione, non si è verificata la lesione diretta e attuale della
situazione soggettiva protetta dei ricorrenti e i vizi non risultano
immediatamente contestabili, attesa anche la necessaria emanazione dei decreti
di attuazione ivi prescritti (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 2008, n.
5661). Da qui la infondatezza dell’eccezione proposta e la conseguente reiezione
della stessa.
1.4. Il controinteressato ha eccepito, altresì, la inammissibilità per carenza
di interesse facendola derivare dalla censurata inammissibilità di cui sopra
(per violazione del “ne bis in idem” e per tardività) con riferimento al DM
n.217/2008 impugnato per illegittimità derivata dalle illegittimità degli atti
presupposti, in quanto lo stesso se annullato non consentirebbe ai ricorrenti
alcuna utilità, attesa la sussistenza degli altri provvedimenti (e cioè, l’art.7
che ha disposto l’asserita decadenza e il provvedimento di nomina dei
componenti). Al riguardo, il Collegio osserva che dalla reiezione delle predette
eccezioni di inammissibilità , a cui il controinteressato collega anche la
esaminata censura, ne deriva che l’oggetto della domanda dei ricorrenti deve
riguardare la sua completa esposizione e cioè l’annullamento di tutti gli atti
in epigrafe indicati e la valutazione complessiva degli stessi, compreso il DM
n.217 del 2008. Da ciò anche detta eccezione di inammissibilità in quanto
infondata non può essere accolta.
1.5. Resta da esaminare l’ultima eccezione di inammissibilità dedotta
riguardante il difetto di giurisdizione con riferimento alla domanda di
annullamento del DL n.90 del 2008, conv. dalla Legge n.123 del 2008 impugnato,
che trattandosi di atto avente forza di legge sarebbe sottratto al sindacato di
legittimità del G.A., per essere attribuito ex art.134 Cost. al giudizio della
Corte costituzionale.
Osserva il Collegio che per l’esame di tali rilievi occorre anticipare sotto il
profilo logico-sistematico alcune considerazioni che valgono anche per l’esame
dei motivi di ricorso censurati (secondo, terzo e quarto motivo) relativamente
alle questioni di legittimità costituzionale ivi sollevate dai ricorrenti.
Al riguardo, è principio consolidato di derivazione costituzionale (art 134 Cost)
che gli effetti di una legge possono essere eliminati solo dalla Corte
costituzionale, quale giudice naturale delle leggi, con la conseguenza che resta
preclusa al G.A. ogni possibilità di sindacato diretto sull’atto avente forma e
forza di legge, nella specie il decreto-legge, impugnato dinanzi a sé, che si
risolverebbe, diversamente opinando, in una sottrazione alla Corte
costituzionale della sua esclusiva competenza nello scrutinio di legittimità
degli atti aventi forza di legge.
In caso di leggi-provvedimento volte a “legiferare” scelte che di regola
spettano all’autorità amministrativa e incidenti su un numero determinato di
destinatari e a contenuto particolare e concreto, la tutela dei soggetti incisi
da tali atti viene a connotarsi, stante la preclusione di un sindacato da parte
del G.A., secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi
dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia
costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 59 del 1957, n.143 del 1989, n. 62 del 1993,
nn. 347 e 492 del 1995, nn. 185 e 211 del 1988, nn.225, 226 e 364 del 1999, n.
429 del 2002, n. 267 del 2007, n. 21 del 2008 e, da ultimo, n. 137 del 2009).
Nella specie, la norma in contestazione è l’art.7, comma 1 del D.L.n.90 del
2008, conv. dalla legge n. 123 del 2008 che prevede espressamente che “Ai fini
del contenimento della spesa pubblica e dell’incremento dell’efficienza
procedimentale, il numero dei commissari che compongono la Commissione tecnica
di verifica dell’impatto ambientale di cui all’articolo 9 del decreto del
Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n.90, è ridotto da sessanta a
cinquanta, ivi inclusi il presidente e il segretario. Entro trenta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare procede, con proprio decreto, alla nomina dei
cinquanta commissari, in modo da assicurare un congruo rapporto di proporzione
fra i diversi tipi di competenze ed esperienze da ciascuno di essi apportate.
Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il
Ministro dell’ambiente e delle tutela del territorio e del mare procede, con
proprio decreto, al riordino della commissione tecnica di verifica dell’impatto
ambientale”.
In riferimento a ciò, non si discute della natura di detta norma come
legge-provvedimento, attesi i chiari connotati e il contenuto della stessa che
confermano tale qualificazione, né questo Giudice tende a radicare nell’ambito
della propria giurisdizione un sindacato che non gli spetta per le ragioni di
cui sopra, ma ciò che appare evidente è che sia l’eccezione di inammissibilità
per difetto di giurisdizione che quelle di illegittimità costituzionale
formulate muovono da un equivoco di fondo. Il predetto art.7 non sopprime la
Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (tra l’altro,
richiamandola con i precisi riferimenti normativi art.9. del DPR 14.5.2007, n.
90) non prevedendo una interruzione dell’attività svolta dalla stessa, né altre
soluzioni gestionali transitorie, ma al contrario, si limita letteralmente a
prevedere che il numero dei commissari che la compongono “è ridotto da sessanta
a cinquanta, ivi inclusi il presidente e il segretario”. Non si tratta di una
nuova commissione, quale organismo costituito ex novo rispetto a quello
precedente istituito ai sensi dell’art.9 del DPR n.90 del 2007, come sostiene il
controinteressato, ma di un ridimensionamento della Commissione esistente dal
punto di vista numerico con una riduzione del numero degli attuali commissari.
Tale norma, inoltre, dispone che il Ministro del MATTM “procede, con proprio
decreto, alla nomina dei cinquanta commissari, in modo da assicurare un congruo
rapporto di proporzione fra i diversi tipi di competenze ed esperienze da
ciascuno di essi apportate”, ma ciò non per rinnovare la Commissione a seguito
di una (pur non prevista dalla norma) decadenza dei precedenti commissari (ciò
che determinerebbe, in effetti, un’interruzione dell’attività e una necessaria e
contestuale disciplina del periodo transitorio fino alla completa attuazione
della normativa con l’emanazione dei decreti), bensì per uno scopo specifico che
è quello indicato nell’incipit della stessa norma (ai fini del contenimento
della spesa pubblica e dell’incremento dell’efficienza procedimentale) nonché
nella rubrica della medesima disposizione (Misure per garantire la
razionalizzazione di strutture tecniche statali).
Inoltre, la disposizione stabilisce che “Entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e delle tutela
del territorio e del mare procede, con proprio decreto, al riordino della
commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale” con il ripristino
dell’articolazione della Commissione stessa nelle Sottocommissioni VIA, VAS e
VIA speciale.
Osserva il Collegio che la ricostruzione interpretativa della norma nel senso
indicato è quella più consona rispondendo la stessa non solo al dato letterale,
sulla base del significato proprio della disposizione ( “il numero dei
commissari che compongono la Commissione è ridotto”) e, quindi, sulla base del
canone in claris non fit interpretatio, ma anche in applicazione del criterio
interpretativo logico-sistematico, in quanto trattasi di norma collegata con il
DPR n. 90 del 2007, espressamente richiamato, che ha istituito detta Commissione
VIA-VAS (composta da 60 commissari).
In tal senso depone anche l’applicazione di un criterio interpretativo
teleologico, alla luce delle finalità di contenimento della spesa pubblica e di
razionalizzazione delle strutture tecniche statali perseguite dalla norma in
esame.
Del resto, tali finalità sono potenzialmente idonee a giustificare la riduzione
dei componenti prevista dalla norma, ma non la radicale novazione dell’organo
(con tutti i connessi adempimenti e costi), alla stregua del rispetto dei canoni
della ragionevolezza, coerenza e non arbitrarietà ai cui dettami questo tipo di
leggi-provvedimento, come quella in esame, devono essere uniformate (cfr.ex
multis, da ultimo, Corte Cost., cit. n. 137 del 2009).
Alla luce di quanto precede sulla pretesa inammissibilità del ricorso per
difetto di giurisdizione del giudice adito con riferimento all’impugnazione
dell’art.7, comma 1 del DL. n. 90 del 2008, il Collegio ribadisce la sussistenza
della preclusione di un sindacato da parte del GA su detto atto avente forza di
legge e nella delibazione preliminare del fondamento giuridico della questione
incidentale di costituzionalità della norma sollevata dai ricorrenti con il
secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, ritiene che la stessa è
manifestamente infondata e non rilevante ai fini del decidere, atteso che dalla
disposizione in esame non risulta prevista una soppressione della Commissione
con decadenza ex lege dei commissari componenti, ma una riduzione degli stessi
(da 60 a 50) da attuare con successiva nomina e riordino da parte del Ministro
competente, riduzione non contraria ai principi di ragionevolezza e non
arbitraria, tenuto conto degli aspetti finalistici perseguiti dalla stessa.
1.6. Il Collegio deve ora esaminare l’eccezione di incostituzionalità sollevata
dai ricorrenti con il primo motivo riguardo il contrasto del predetto art.7 del
D.L. n. 90 del 2008 in esame con l’art.77 della Cost sotto il duplice profilo
del difetto dei presupposti di necessità e urgenza, giustificativi dell’adozione
dello strumento del decreto-legge ai sensi dell’art.77 della Cost. oltre che per
assoluta estraneità dello stesso alle introdotte misure straordinarie per
fronteggiare l’emergenza dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania.
Al riguardo, va osservato in generale che l’istituto della decretazione
d’urgenza nel suo modello classico è funzionale alla necessità di sopperire ad
esigenze eccezionali obiettivamente indifferibili, ma nella prassi viene
utilizzato come procedura di abbreviazione del procedimento legislativo per quei
provvedimenti ritenuti necessari e urgenti dal governo, ciò al fine di
soddisfare una reale esigenza –ordinaria e non eccezionale– degli ordinamenti
moderni, quella cioè di assicurare la rapidità e la tempestività dell’azione
politica. In buona sostanza, la prassi applicativa ha fatto sì che detta forma
di iniziativa legislativa venga utilizzata per provvedere riguardo qualsiasi
materia , in casi che non presentano il carattere della “straordinarietà” intesa
come eccezionalità e imprevedibilità, mentre gli stessi requisiti della
necessità e urgenza si limitano a meri riferimenti formali.
In tale ottica, la Corte costituzionale, intervenuta sull’argomento , ha
affermato che “l’utilizzazione del decreto-legge non può essere sostenuta
dall’apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e
urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della
disciplina che è stata introdotta. L’esistenza dei requisiti della
straordinarietà del caso di necessità e urgenza necessari per l’emanazione del
decreto-legge può essere oggetto di scrutinio di costituzionalità, il quale deve
svolgersi su un piano diverso dalle valutazioni iniziali del Governo e
successiva del Parlamento in sede di conversione e non è precluso dall’eventuale
legge di conversione. A questa, infatti, non può riconoscersi efficacia sanante,
poiché il difetto dei requisiti del “caso straordinario di necessità e
d’urgenza” costituisce un vizio in procedendo della relativa legge, con cui è
alterato il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo
quanto alla produzione delle fonti primarie” (cfr. Corte cost., 23 maggio 2007,
n171).
Orbene, tenendo fermi detti principi, il Collegio ritiene di non potere delibare
la manifesta infondatezza della questione in quanto, se da un lato è pur vero
che l’art.7 – come interpretato – si limita a ridurre il numero dei componenti
della Commissione senza disporre la decadenza ex lege di tutti i componenti e
tale riduzione risponde alla disposta finalità riguardo il contenimento della
spesa pubblica e l’incremento dell’efficienza procedimentale, dall’altro, tale
norma non appare riconducibile al contenuto degli altri 19 articoli della legge,
sotto il profilo dell’omogeneità del provvedimento complessivo volto a
introdurre misure per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei
rifiuti in Campania e norme di protezione civile, non potendosi ritenere
convincenti le osservazioni dell’Avvocatura Generale dello Stato e del
controinteressato espresse al riguardo.
Sotto altro profilo il requisito di necessità ed urgenza non può risultare
confermato dalla sola finalità della norma (contenimento della spesa pubblica e
razionalizzazione delle strutture tecniche), ma deve emergere anche dai
presupposti desunti dalla relazione al disegno di legge di conversione del
decreto-legge, la quale, nella specie, nulla indica in relazione all’esistenza
di detto requisito al fine di giustificare il ricorso allo strumento del
decreto-legge.
A tale proposito, è significativo l’orientamento della Corte cost. che sancisce
la illegittimità costituzionale della norma che si connota per la sua evidente
estraneità rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del
decreto-legge in cui è inserita e sia priva dei requisiti di straordinaria
necessità e urgenza non essendo tale effetto sanato dalla conversione in legge
del decreto-legge, ma, al contrario, trasmesso quale vizio in procedendo alla
legge di conversione (cfr. Corte Cost. 23 maggio 2007, n. 171); aggiungendo a
ciò l’ulteriore rilievo di criticità che, nella specie, neppure la relazione al
disegno di legge di conversione del decreto-legge rende ragione dell’esistenza
della necessità e urgenza di intervenire con la disposizione utilizzando lo
strumento del decreto-legge.
1.7. Ai fini della sottoposizione della questione di legittimità costituzionale
in esame alla Corte Costituzionale, la previa delibazione del giudice a quo però
non può limitarsi alla sua non manifesta infondatezza, ma deve anche estendersi
alla rilevanza della disposizione di legge sospettata di incostituzionalità ai
fini della decisione del giudizio di merito.
A tale riguardo, va ribadito che la disposizione legislativa d’urgenza di cui
all’art.7, pur invocata dalle parti resistenti, non può essere addotta a
fondamento dei decreti ministeriali impugnati, perché in realtà non prevede la
decadenza automatica dei componenti della Commissione già in carica alla data di
pubblicazione del decreto-legge e non revocati.
Ne consegue che le censure di illegittimità dei decreti ministeriali impugnati,
da esaminare nei paragrafi successivi, dovranno essere vagliate
indipendentemente da ogni considerazione circa la legittimità della disposizione
legislativa d’urgenza in esame, in quanto il suo contenuto non sarebbe comunque
idoneo a giustificare l’adozione dei provvedimenti impugnati e, dall’altro lato,
che ogni questione circa la legittimità del decreto-legge in esame non risulta
“essenziale” ai fini della definizione del giudizio in epigrafe, discendendone
la manifesta irrilevanza – quindi l’inammissibilità – della questione di
legittimità costituzionale di cui al primo motivo in esame (ma anche di quelle
di cui ai successivi terzo, quarto e quinto motivo).
Pertanto, anche le questioni pregiudiziali di legittimità costituzionale di cui
ai predetti motivi non possono avere corso, risultando inammissibili in ragione
della loro mancata rilevanza ai fini della decisione del giudizio a quo.
2. Restano da esaminare le censure volte direttamente a far valere
l’illegittimità “propria” (e non mutuata dalla norma di riferimento) dei decreti
ministeriali impugnati. A tale riguardo, deve essere subito esclusa, per le
ragioni illustrate al paragrafo 1.5 e più volte richiamate, la fondatezza delle
censure di violazione di legge (riportate al secondo motivo) riferite all’art.7,
comma 1 del D.L.n.90 del 2008 citato e della relativa legge di conversione, che,
come sopra evidenziato, non consente, ma neppure vieta, la rinnovazione
dell’organo e dei componenti, limitandosi a prevedere una fattispecie affatto
diversa: la mera “riduzione” del numero dei componenti e il conseguente
“adeguamento” – e non il totale rinnovo- della composizione della Commissione.
2.1. Maggiore considerazione meritano le censure di violazione di legge, da
parte del decreto ministeriale n. 194/2008 impugnato, riferite agli artt. 3 e 7
della legge n. 241 del 1990 nonchè del provvedimento di nomina (o di recesso dal
contratto) il tutto in violazione dell’art.3 e 21-quinquies della predetta legge
n. 241 del 1990, senza neppure prevedere un indennizzo per i commissari
“licenziati”, in violazione dell’art.21-quinquies e 21 sexies della predetta
legge.
Secondo il controinteressato, l’intervenuta decadenza ex lege dei ricorrenti per
effetto della norma impedirebbe di poter configurare la sussistenza delle
censure in esame, in quanto fanno riferimento alla violazione di procedure
partecipative e di requisiti (la motivazione) previsti dalla legge n. 241 del
1990 per l’adozione di atti aventi contenuto provvedimentale, mentre la
decadenza sarebbe disposta in base ad un atto legislativo. La prospettazione del
controinteressato si fonda sulla considerazione che l’impugnato decreto
ministeriale, nominando ex novo tutti i componenti della Commissione, avrebbe
dato esecuzione all’art. 7, comma 1, del D.L.n.90 del 2008, convertito con legge
123 dello stesso anno, che ha istituito un nuovo ufficio, un soggetto terzo
rispetto al preesistente che si sostiene adesso sostituito, determinando,
quindi, il verificarsi di decadenza ex lege e non di revoca o di applicazione di
una regola di “spoil system”.
2.2..Il Collegio ha, viceversa, precedentemente rilevato come,
dall’interpretazione letterale, logico-sistematica e finalistica della
disposizione legislativa d’urgenza invocata da parte resistente, discende che il
contenuto della stessa sia il mero ridimensionamento di un organo collegiale
composto da alte professionalità (atteso che altra interpretazione conduce alla
non manifesta infondatezza della illegittimità costituzionale della norma). La
disposizione infatti si limita a statuire, come già rilevato, che “….il numero
dei commissari che compongono la Commissione tecnica di verifica dell’impatto
ambientale, di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 14
maggio 2007, n. 90, e' ridotto da sessanta a cinquanta, ivi inclusi il
presidente e il segretario”, ma senza nulla innovare nell’organizzazione, né
nelle competenze, attività e funzioni.
2.3.. Di conseguenza, l’intera disciplina al riguardo resta quella previgente,
ivi inclusa quella relativa alla nomina dei componenti con decreto del Ministro
competente, che comunque afferisce direttamente ai poteri di auto-organizzazione
del Ministero. Pertanto, l’ulteriore previsione legislativa d’urgenza, secondo
cui “…il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
procede, con proprio decreto, alla nomina dei cinquanta commissari, in modo da
assicurare un congruo rapporto di proporzione fra i diversi tipi di competenze
ed esperienze da ciascuno di essi apportate”, affinchè non sia meramente
confermativa di un potere preesistente, e quindi inutiliter data (ipotesi che
l’interprete deve necessariamente escludere secondo il generalissimo principio
di effettività degli atti pubblici), va letta in relazione alla necessità di
adeguare la composizione dell'organo alle nuove prescrizioni, in quanto il
ridimensionamento del numero dei commissari modifica anche l’attuale proporzione
tra le diverse competenze ed esperienze ivi rappresentate.
2.4. Pertanto, essendo escluso che possa trattarsi della mera presa d’atto di
una già intervenuta decadenza ex lege (in quanto la legge invocata non contiene,
come si è sopra rilevato, tale previsione), il Collegio, ai fini della
decisione, deve individuare i contenuti e la collocazione dell’impugnato decreto
ministeriale n. 194/2008, per la parte in cui, nominando i nuovi componenti
della Commissione, determina l’automatica cessazione dei ricorrenti
dall’incarico precedentemente svolto, identificandosi da tale momento
l’interesse comune dei ricorrenti alla riconferma nell’incarico o alla eventuale
previsione di una motivata esclusione sulla base della argomentata valutazione
del confronto tra le diverse competenze ed esperienze, così come prevede la
norma (da qui l’ammissibilità del ricorso collettivo, contestata invece dal
controinteressato, atteso il potenziale vantaggio di tutti i ricorrenti
derivante dall’eventuale accoglimento dello stesso).
2.5. Esaminando il contenuto del DM n.194/2008 impugnato si rileva, in primo
luogo,che non può trattarsi né di un annullamento d’ufficio della precedente
nomina (mancando del tutto i requisiti e le condizioni di cui all’art. 21 nonies
della legge n. 241 del 1990), né di un recesso unilaterale dell’Amministrazione
dal rapporto negoziale conseguito alla precedente nomina, ai sensi dell’art. 21
sexies della stessa legge n. 241 del 1990 (con la lesione di un diritto
soggettivo connesso all’esecuzione di un contratto e con la conseguente carenza
di giurisdizione di questo TAR), poiché il provvedimento ministeriale impugnato
si muove al di fuori delle previsioni civilistiche e non fa valere alcun profilo
relativo all’adempimento del contratto di prestazione d’opera professionale che
potrebbe, in ipotesi, essere configurato in relazione all’attività di ciascun
componente.
Al contrario, l’Amministrazione intimata non fa alcun riferimento all’attività
svolta dai componenti dell’organo, neppure per definire le relative spettanze
economiche, ma pone nel nulla il precedente provvedimento amministrativo di
nomina dei componenti di un organo amministrativo espressamente disciplinato
dall’ordinamento giuridico e incardinato nella struttura ministeriale di
riferimento, nominando contestualmente tutti i nuovi componenti nell’ambito del
potere di auto-organizzazione amministrativa dei propri uffici.
Orbene, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, i provvedimenti
devono essere individuati e classificati sulla base non del nomen juris, bensì
del loro contenuto sostanziale, ovvero del potere realmente esercitato
dall’Ufficio che li ha adottati (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 13 giugno
2008, n. 2968; Tar Lazio, Roma, sez.III, 17 giugno 2008, n. 5916; Cass. Civ.,
sez. I, 2 settembre 2005, n. 17697). Ne consegue che, alla stregua del
richiamato criterio di individuazione del potere realmente esercitato
dall’Ufficio che ha adottato i provvedimenti, nella sostanza non si è in
presenza (come è stato dimostrato) di una decadenza ex lege, né si tratta
dell’applicazione di una qualche normativa di “spoil system” (eventualità,
questa, esclusa anche dall’Amministrazione), e neppure vi è stato un recesso da
un rapporto negoziale di prestazione professionale. Si è, invece, in presenza di
una vera e propria revoca degli incarichi di componente della commissione, che
in quanto tale postula il rispetto delle disposizioni sulle garanzie
procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990.
2.6. La revoca del provvedimento è disciplinata in via generale dall’articolo 21
quinquies della legge n. 241/1990, come inserito dall'articolo 14, comma 1,
della legge n. 15/2005, “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero
nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione
dell'interesse pubblico originario” con la precisazione che “se la revoca
comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati,
l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo”. Le
controversie, anche in materia di determinazione e corresponsione
dell'indennizzo sono poi attribuite dalla norma “alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo”. Si applicano quindi alla revoca, senza alcun
dubbio, anche le norme generali sul procedimento amministrativo previste dalla
medesima legge, a partire dall’adempimento garantistico di partecipazione di
conoscenza del procedimento (art.7) fino alla obbligatoria esigenza di adeguata
motivazione dell’atto, che si palesano ancor più determinanti nel caso di
specie, in relazione all’ampia latitudine della discrezionalità amministrativa
sottesa a quel tipo di provvedimento. Viene, anzi, in rilievo la costante
giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’adozione di un provvedimento (in
questo caso, tacito) di secondo grado nell’esercizio dei propri poteri di
autotutela, richiede una motivazione particolarmente aggravata, che dia conto
sia dell’interesse pubblico concreto ed attuale perseguito, sia dell’avvenuta
ponderazione con i diversi interessi pubblici e privati coinvolti, in
particolare quando, come in questo caso, il provvedimento leda le legittime
aspettative maturate dai privati interessati (in questo caso, i ricorrenti)
(cfr. Tar Basilicata, sez. I, 5 marzo 2009, n. 61; Tar Sicilia, Catania, sez.
III, 4 dicembre 2008, n. 2279; Tar Campania, Napoli, sez. VII, 4 ottobre 2007,
n. 8934).
Sulla base di quanto sopra considerato, il Collegio ritiene fondate le predette
censure riguardo la carenza delle garanzie procedimentali e di motivazione,
nella fattispecie sottoposta al proprio giudizio, dedotte in particolare nel
secondo, terzo e quarto motivo d’impugnazione, con la conseguente necessità, per
questo Tribunale, di accogliere il ricorso in epigrafe.
2.7. In conformità ad un criterio di effettività della tutela giurisdizionale in
relazione al petitum, ovvero ai beni della vita sostanzialmente oggetto del
ricorso, il Collegio ritiene altresì necessario evidenziare che l’illegittimità
formale e procedurale in parola si ripercuote, in realtà sulla stessa
legittimità sostanziale del provvedimento di revoca tacita in esame.
La revoca è stata, infatti, disposta nei confronti dei componenti ancora in
carica, prima della scadenza del mandato, senza alcuna istruttoria volta
all’accertamento e alla valutazione dei risultati dell’attività compiuta da
ciascun componente e dalla Commissione nel suo complesso, e quindi senza
l’indicazione di elementi idonei a motivare la mancata conferma dei ricorrenti
nell’incarico ancora in corso. E’ altresì mancata l’indicazione della modifica
dell’organizzazione, delle competenze e delle attività della Commissione, tale
da determinare quei tratti di discontinuità eventualmente idonei a giustificare
la novazione dell’organo ed il conseguente integrale rinnovo della Commissione.
Infatti, contestualmente alla revoca tacita, è stata rinnovata la composizione
dell’organo mediante un atto d’alta amministrazione con il quale sono stati
nominati ex novo tutti i componenti della pur preesistente Commissione, anziché
dover limitare l’esercizio della propria ampia discrezionalità alla riduzione di
soli dieci commissari, così come previsto dalla legge, assicurando un congruo
rapporto di proporzione fra le competenze ed esperienze da ciascuno apportate.
2.8. Risultano, pertanto fondate anche le ulteriori censure di illegittimità del
provvedimento impugnato (riportate al terzo, quarto e quinto motivo
d’impugnazione)
2.9. Ciò posto, il Collegio ritiene doveroso precisare che all’organo
giurisdizionale giudicante è preclusa ogni valutazione che non sia strettamente
tecnico-giuridica, e men che mai ogni valutazione di opportunità politica. Le
considerazioni sopra esposte sono quindi svolte con esclusivo riferimento, da un
lato, alle oggettive contraddittorietà, ivi riferite, del comportamento
dell’Amministrazione intimata rispetto agli interessi pubblici e alla normativa
di riferimento e, dall’altro, alla parimenti oggettiva considerazione della
contestualità fra la nomina dei nuovi componenti e la conseguente revoca tacita
dei precedenti, prima della scadenza del mandato.
Ad assumere rilievo decisivo ai fini della decisione sulle censure ora in esame
è , a giudizio del Collegio, la constatazione che il provvedimento di nomina
impugnato ha recato un vulnus alla Pubblica Amministrazione, che ai sensi
dell’art. 97 Cost. deve essere organizzata, determinando le sfere di competenza,
le attribuzioni e le responsabilità di ciascuno in modo che “siano assicurati il
buon andamento e l’imparzialità” , così come confermato dal successivo art. 98.
Risulta quindi evidente la rilevanza, anche ai fini della tutela di diritti
costituzionali, dei compiti conferiti all’Amministrazione mediante la
Commissione tecnica presso il Ministero dell’Ambiente per la verifica
dell’impatto ambientale, preposta allo svolgimento di rilevanti compiti
istruttori in relazione ai progetti presentati dai proponenti e consultivi di
alto livello tecnico-scientifico, attività caratterizzata dall’alto profilo
scientifico-professionale e dalla grande ponderazione ed autorevolezza delle
proprie conclusioni, dalla continuità dell’impegno dell’organo nonchè dal
rispetto delle previste garanzie di affidabilità e imparzialità della propria
organizzazione e di svolgimento dell’attività stessa.
Alla luce delle svolte ragioni, il provvedimento di nomina impugnato , che ha
determinato la revoca tacita e immotivata, prima della scadenza del loro
mandato, dei componenti della Commissione, da parte dell’ Amministrazione, deve
ritenersi illegittimo, sulla base delle predette censure dedotte , con
conseguente accoglimento delle stesse.
3. Il Collegio, in relazione al decreto del Ministro dell’Ambiente, della Tutela
del Territorio e del Mare n.GAB/DEC/193/2008 del 23 giugno 2008, sottoposto al
giudizio dello stesso, rileva che detto provvedimento è stato ritirato dalla
stessa Amministrazione, come risulta in atti e confermato dall’Avvocatura
Generale dello Stato nella memoria difensiva, conseguentemente, attesa
l’inefficacia dello stesso e la mancanza di lesività nei confronti dei
ricorrenti, le censure formulate ai fini dell’annullamento del detto decreto non
sono ammissibili.
4. Infine, riguardo l’impugnazione del decreto del Ministro dell’Ambiente, della
Tutela del Territorio e del Mare n.GAB/DEC/217/2008 del 28 luglio 2008 nonché
degli ulteriori decreti n. n.GAB/DEC/205/2008 del 2 luglio 2008 n.GAB/DEC/206/2008
del 2 luglio 2008, si osserva che, nell’ambito del rapporto di presupposizione
corrente fra atti inseriti all’interno di un più ampio contesto procedimentale,
come quello in questione, l’annullamento del presupposto decreto ministeriale n.
194/2008, sulla base dei rilevanti vizi del procedimento, determina l’
invalidità dei predetti decreti impugnati attesa l’intensità del nesso di
presupposizione e di collegamento diretto tra gli stessi e l’unicità della
sequenza procedimentale (cfr. Cons.Stato, sez. VI, 23 ottobre 2007, n. 5559;
idem sez.V, 28 marzo 2008, n. 1331; idem, sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6520;
Tar Campania, Napoli, sez. VII, 25 marzo 2008, n. 1526; idem, sez. I, 6 maggio
2008, n. 3368).
5. In conclusione, sulla base delle superiori considerazioni, gli esaminati vizi
procedimentali e il riscontrato contrasto con i principi di ragionevolezza,
imparzialità, continuità dell’azione amministrativa risultano fondati, con la
conseguenza che il ricorso va accolto, con assorbimento degli altri vizi
censurati e, per l’effetto, sono annullati i decreti ministeriali impugnati,
unitamente ai successivi provvedimenti organizzativi direttamente connessi. Ne
discende l’ordine al Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare,
in persona del Ministro p.t., di procedere entro il termine di 45 giorni,
decorrenti dalla notificazione, a cura dei ricorrenti, della presente sentenza o
dalla comunicazione della stessa, in via amministrativa, se anteriore, alla
reintegrazione dei ricorrenti medesimi nella Commissione meglio indicata in
epigrafe, fino a concorrenza della durata originariamente prevista per detto
incarico.
La peculiarità e complessità della vicenda nonchè le ragioni della decisione
giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio, Roma, sez. II bis, pronunciandosi sul ricorso in
epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto annulla i
decreti ministeriali impugnati unitamente ai successivi provvedimenti
organizzativi direttamente connessi, ed ordina al Ministero dell’Ambiente e
Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, di
procedere entro il termine di 45 giorni, decorrenti dalla notificazione, a cura
della parte ricorrente, della presente sentenza o dalla comunicazione della
stessa, in via amministrativa, se anteriore, alla reintegrazione dei ricorrenti
nella Commissione meglio indicata in epigrafe, fino a concorrenza della durata
originariamente prevista per detto incarico.
Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza si eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 21 maggio 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere
Mariangela Caminiti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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