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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 18 Febbraio 2009, n. 1655
RIFIUTI - Art. 4 d.l. n. 90/2008 - Devoluzione alla giurisdizione esclusiva
del g.a. delle controversie attinenti alla gestione dei rifiuti -
Interpretazione costituzionalmente orientata - Sent. Corte Cost. n. 204/2004 -
Rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni negoziali - Giurisdizione dell’A.G.O.
Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 d.l. 90/2008,
convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie
comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta
in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica, porta a ritenere, in
coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n.
204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano
l’esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della
giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui la censura ha ad oggetto il
mero accertamento di diritti di carattere patrimoniale senza incidere
sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti. Di talché, la giurisdizione
del giudice amministrativo è da escludere ogniqualvolta la controversia, o la
singola censura, afferisca ai rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di
tipo negoziale intervenute tra le parti per regolamentare la gestione dei
rifiuti e, quindi, afferisca all’an o al quantum della pretesa patrimoniale,
atteso che in tal caso la fattispecie, di tipo meramente privatistico, esula
completamente dal possibile esercizio di un potere autoritativo. In altri
termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva azione di
gestione dei rifiuti, sebbene l’amministrazione non abbia in concreto esercitato
il potere in astratto conferito agendo invece attraverso comportamenti o
comunque con atti paritetici con conseguente contrapposizione di posizioni di
diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata, nella
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le controversie, o le
singole censure, totalmente estranee all’esercizio del potere pubblico di
gestione in materia di rifiuti non possono essere sottratte alla giurisdizione
del giudice ordinario ancorché l’accordo privatistico fonte del rapporto
obbligatorio in contestazione sia stato stipulato per regolamentare, anche da un
punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti. Pres. Giovannini, Est.
Caponigro - Comune di Recale (avv. Adinolfi) c. Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento Protezione Civile - Sottosegretario di Stato PCM
delegato emergenza rifiuti Regione Campania (Avv. Stato) - T.A.R. LAZIO,
Roma, Sez. I - 18 febbraio 2009, n. 1655
RIFIUTI - Regione Campania - OPCM n. 3686/2008 - Attribuzione del potere di
nomina commissariale - Illegittimità. E’ illegittima l’attribuzione del
potere di nomina commissariale di cui all’ art. 8, co. 4 dell’OPCM n. 3686/2008
(che ha disposto lo scioglimento dei Consorzi di bacino di Napoli e Caserta e la
loro riunione in un unico consorzio), poichè l’attribuzione di poteri che
possono incidere autoritativamente ed unilateralmente sulle posizioni giuridiche
contrapposte deve essere sempre effettuata dalla legge e non da un atto
amministrativo, sia pure ad indirizzo politico ed a carattere generale. D’altra
parte, se è vero che, ai sensi dell’art. 5, co. 2 e 5, l. 225/1992, per
l’attuazione degli interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di
emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione
vigente, è altrettanto vero che occorre comunque agire nel rispetto dei principi
generali dell’ordinamento giuridico e che le ordinanze emanate in deroga alle
leggi vigenti devono contenere l’indicazione, assente nel caso di specie, delle
principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate. Pres.
Giovannini, Est. Caponigro - Comune di Recale (avv. Adinolfi) c. Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile - Sottosegretario di
Stato PCM delegato emergenza rifiuti Regione Campania (Avv. Stato) - T.A.R.
LAZIO, Roma, Sez. I - 18 febbraio 2009, n. 1655
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Prima Sezione
nelle persone dei magistrati:
Dott. Giorgio Giovannini Presidente
Dott. Antonino Savo Amodio Componente
Dott. Roberto Caponigro Componente, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 10694 del 2008, proposto da
Comune di Recale
in persona del Vice Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi
Adinolfi con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Ovidio n. 10 di
San Basilio n. 72 (c/o dott.ssa Anna Bei c/o studio Studio Commerciale Rosati)
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Protezione Civile –
Sottosegretario di Stato PCM delegato emergenza rifiuti Regione Campania, in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui ope legis domicilia in Roma, Via
dei Portoghesi n. 12;
nonché
Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta, in persona del
Gestore pro tempore, n.c.;
Commissario ad acta dott.ssa Carmelina Vargas, non costituita
per l’annullamento
a) del decreto del Gestore del Consorzio Unico di Bacino delle Province di
Napoli e Caserta n. 19 del 27 agosto 2008, con il quale la dott.ssa Carmelina
Vargas è stata nominata Commissario ad acta presso il Comune di Recale per la
liquidazione del debito vantato nei confronti di quest’ultimo dal Consorzio ACSA
CE3;
b) in parte qua dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686
dell’1.7.2008, con specifico riguardo all’art. 8, co. 4, laddove prevede la
nomina di commissario ad acta per la liquidazione delle somme dovute dai Comuni
ai disciolti Consorzi;
c) di ogni altro atto agli stessi preordinato, presupposto, connesso e
conseguente ed in particolare del verbale di insediamento del Commissario ad
acta, della nota prot. n. 58 del 7 agosto 2008, della nota del Consorzio Unico
di Bacino dell’8 agosto 2008 prot. n. 2679, della nota prot. n. 124 del 27
agosto 2008.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla udienza pubblica del 28 gennaio 2009, relatore il dott. Roberto
Caponigro, gli avvocati di cui al relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con decreto del 27 agosto 2008, il Gestore Unico del Consorzio Unico di Bacino
delle Province di Napoli e Caserta – visto l’art. 8, co. 1, della ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686, del 1° luglio 2008, come
modificato dall’art. 4, co. 5, della ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri n. 3693 del 16 luglio 2008, il quale prevede che gli enti locali,
debitori dei consorzi di bacino soppressi, sono tenuti a liquidare al Consorzio
Unico le somme dovute e non corrisposte ai consorzi di bacino soppressi, anche a
titolo di quote consortili, entro e non oltre trenta giorni dal 16 luglio 2008,
prevedendo, in caso di inadempimento degli enti locali, che il gestore unico
nomini commissari ad acta per provvedere in sostituzione degli stessi, con spese
a carico dei Comuni e rilevato che il Comune di Recale è debitore del soppresso
consorzio CE3 della somma di € 668.365,70 per corrispettivi resi dal consorzio
disciolto – ha nominato nella persona della dott.ssa Carmelina Vargas il
Commissario ad acta per la liquidazione del debito di € 668.365,70 del Comune di
Recale a favore del Consorzio Unico articolazione territoriale CE3.
Di talchè, il Comune di Recale ha impugnato il decreto di nomina del Commissario
ad acta e la presupposta previsione di cui all’ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3686 del 1° luglio 2008, articolando i seguenti motivi
di impugnativa:
• In relazione al provvedimento impugnato sub a): invalidità in via autonoma e
derivata.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 4, dell’ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 dell’1.7.2008 e s.m.i. Violazione
dell’art. 474 c.p.c. e dei principi generali in tema di tutela del debitore.
Eccesso di potere per sviamento. Falsità della causa. Contraddittorietà
estrinseca ed intrinseca. Carenza dei presupposti. Irragionevolezza. Illogicità
manifesta. Manifesta ingiustizia. Erronea ponderazione della fattispecie
contemplata. Travisamento dei fatti. Difetto assoluto di istruttoria. Altri
profili.
In assenza di accertamento sulla sussistenza dei requisiti di certezza,
liquidità ed esigibilità del preteso credito, nonché di ogni valutazione sulla
sua quantificazione, non potrebbero ritenersi integrati i presupposti per
l’esercizio dei poteri sostitutivi.
Nel decreto, inoltre, non sarebbero specificate le singole voci di debito da cui
deriverebbe l’importo complessivo di € 668.365,70, per cui risulterebbe impedito
al Comune di muovere contestazioni in merito alla sua consistenza, laddove
l’amministrazione comunale avrebbe sempre puntualmente adempiuto alle
obbligazioni assunte. Il credito quantificato nel decreto di nomina del
Commissario sarebbe sine titulo nonché privo dei requisiti di certezza,
liquidità ed esigibilità indispensabili ai fini dell’azionabilità del potere di
nomina commissariale di cui all’art. 8, co. 4, OPCM n. 3686 del 1° luglio 2008.
• In relazione al provvedimento impugnato sub b):
Violazione degli artt. 3, 5, 24, 97, 113, 117 e 118 Cost. Violazione dei
principi generali dell’ordinamento (con specifico riguardo all’art. 3 D.Lgs.
267/2000). Violazione del principio di leale collaborazione. Eccesso di potere.
Sviamento. Falsità della causa. Erroneità nei presupposti di fatto e di diritto.
Travisamento. Illogicità manifesta. Irragionevolezza. Difetto assoluto di
istruttoria. Violazione del principio di proporzionalità e coerenza dell’azione
amministrativa. Manifesta ingiustizia. Altri profili.
L’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, che fonda il potere del
Gestore del Consorzio Unico di “rastrellare” i crediti del suo dante causa,
anche attivando poteri sostitutivi sul debitore, sarebbe contrastante con
precisi precetti costituzionali e con elementari principi generali
dell’ordinamento, costituenti un limite allo stesso potere d’ordinanza conferito
dall’art. 5 L. 225/1992.
Il potere di nomina del Commissario ad acta sarebbe attribuito non ad un
soggetto terzo ma allo stesso creditore, senza peraltro garantire alcun
contraddittorio in ordine all’an ed al quantum debeatur e senza prevedere alcuno
strumento di accertamento del credito.
L’ordinanza permetterebbe un “esproprio” di somme, al di fuori del principio di
legalità, senza alcun intervento dell’Autorità giudiziaria ed introducendo una
confusione tra creditore e debitore con indubitabile conflitto di interessi.
Essa, inoltre, inciderebbe sull’esercizio delle funzioni comunali, consentendo
l’invasione dell’autonomia patrimoniale e finanziaria con conseguente negazione
dei tre principi cardine introdotti dall’art. 118 Cost. e si porrebbe in
contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.
L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per resistere al ricorso ed
ha depositato una nota dell’amministrazione inerente al merito della
controversia.
All’udienza pubblica del 28 gennaio 2009, la causa è stata trattenuta per la
decisione.
DIRITTO
1. L’amministrazione comunale ricorrente ha dedotto avverso gli atti impugnati
due differenti tipologie di censure.
Le doglianze riguardano:
• l’attribuzione al Gestore del Consorzio Unico di Bacino, con ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri, del potere di nomina del Commissario ad
acta e la conseguente nomina dallo stesso disposta;
• l’effettiva sussistenza della posizione debitoria dell’amministrazione
comunale.
2. Il Collegio rileva in via preliminare che, con riferimento a tale ultimo
profilo, vale a dire l’effettiva sussistenza della posizione debitoria del
Comune, non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.
Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 d.l. 90/2008,
convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie
comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta
in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica, porta a ritenere, in
coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n.
204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano
l’esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della
giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie, la
censura ha ad oggetto il mero accertamento di diritti di carattere patrimoniale
senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, nel dichiarare
l’illegittimità costituzionale in parte qua dell’art. 33, co. 1 e 2, D.Lgs.
80/1998 come sostituito dall’art. 7, lett. a) L. 205/2000 ha avuto modo di
precisare che l’art. 103, co. 1, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario
un’assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice
amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha
conferito il potere di indicare “particolari materie” nelle quali la tutela nei
confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi; tali
materie, tuttavia, devono essere “particolari” rispetto a quelle devolute alla
giurisdizione generale di legittimità, nel senso che devono partecipare della
loro medesima natura, la quale è contrassegnata dalla circostanza che
l’amministrazione pubblica agisce come autorità nei confronti della quale è
accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo, con la
conseguente esclusione che la mera partecipazione dell’amministrazione al
giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella
controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione amministrativa.
Analogamente, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 191/2006, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 53 D.P.R. 327/2001 nella parte in cui,
devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le
controversie relative a “i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei
soggetti ad esse equiparati”, non esclude i comportamenti non riconducibili,
nemmeno mediatamente, all’esercizio di un potere pubblico.
Di talché, il Collegio ritiene che la giurisdizione del giudice amministrativo
sia da escludere ogniqualvolta la controversia, o la singola censura, afferisca
ai rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute
tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti e, quindi, afferisca all’an
o al quantum della pretesa patrimoniale, atteso che in tal caso la fattispecie,
di tipo meramente privatistico, esula completamente dal possibile esercizio di
un potere autoritativo.
In altri termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva
azione di gestione dei rifiuti, sebbene l’amministrazione non abbia in concreto
esercitato il potere in astratto conferito agendo invece attraverso
comportamenti o comunque con atti paritetici con conseguente contrapposizione di
posizioni di diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata,
nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le
controversie, o le singole censure, totalmente estranee all’esercizio del potere
pubblico di gestione in materia di rifiuti non possono essere sottratte alla
giurisdizione del giudice ordinario ancorché l’accordo privatistico fonte del
rapporto obbligatorio in contestazione sia stato stipulato per regolamentare,
anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti.
3. La giurisdizione del giudice amministrativo, invece, sussiste in ordine alle
censure con cui il Comune ricorrente ha contestato, da un lato, la previsione
contenuta nell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri di
attribuzione al Gestore del Consorzio del potere di nomina del Commissario ad
acta, dall’altro, il conseguente provvedimento di nomina dell’organo
commissariale.
In tal caso, infatti, a prescindere dalla riconducibilità della fattispecie
nell’ambito del richiamato art. 4 d.l. 90/2008, la posizione dedotta in giudizio
ha indubbiamente natura di interesse legittimo, in quanto contrapposta
all’esercizio di un potere autoritativo dell’amministrazione, sicché la
questione rientra nella giurisdizione generale di legittimità appartenente al
giudice adito.
Le censure dedotte in proposito sono fondate e vanno accolte.
L’art. 11, co. 8, d.l. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni,
dalla l. 14 luglio 2008, n. 123, ha previsto che, nelle more della costituzione
delle società provinciali di cui all’art. 20 della legge della regione Campania
14 aprile 2008, n. 4, i consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta,
istituiti con legge della regione Campania 10 febbraio 1993, n. 10, sono sciolti
e riuniti in un unico Consorzio, la cui gestione è affidata ad un soggetto da
individuare con successivo provvedimento del Sottosegretario di Stato.
L’art. 8, co. 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 1
luglio 2008, n. 3686, come sostituito dall’art. 4, co. 5, dell’OPCM 16 luglio
2008 n. 3693 ha tra l’altro stabilito che gli enti locali, debitori dei consorzi
di bacino soppressi, sono tenuti a liquidare al consorzio unico le somme dovute
e non corrisposte ai consorzi di bacino soppressi, anche a titolo di quote
consortili, entro e non oltre trenta giorni dall’adozione dell’ordinanza stessa;
ove non vi provvedano, il titolare dell’incarico di cui al comma 1 (id est: il
Gestore del Consorzio Unico di Bacino) nomina commissari ad acta per provvedere
in sostituzione degli enti locali inadempienti, con spese a carico degli enti
stessi.
Con decreto n. 19 del 27 agosto 2008, il Gestore del Consorzio Unico – rilevato,
tra l’altro, che il Comune di Recale è debitore del soppresso consorzio CE3
della somma di € 668.365,70 per corrispettivi resi dal consorzio disciolto e
constatato che il Comune di Recale non ha provveduto alla liquidazione del
proprio debito alla data del 27 agosto 2008 senza manifestare alcuna motivazione
al riguardo, né tanto meno programmare un piano di rientro – ha nominato
Commissario ad acta la dott.ssa Carmelina Vargas, funzionario della Prefettura
di Caserta, per la liquidazione del debito di € 668.365,70 del Comune di Recale
a favore del Consorzio Unico articolazione territoriale CE3, stabilendo che il
suddetto Comune è tenuto a mettere a disposizione del Commissario ad acta idonea
struttura di supporto con la necessaria documentazione.
In primo luogo, occorre rilevare che il potere di nomina del Commissario ad acta
è stato attribuito da un atto amministrativo, sia pure ad indirizzo politico ed
a carattere generale, quale l’OPCM n. 3686/2008, come modificata dall’OPCM
3693/2008, e non certo dalla norma di legge di cui all’art. 11, co. 8, d.l. n.
90/2008, la quale ha disposto la riunione in un unico bacino dei disciolti
consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta, con affidamento della
gestione ad un soggetto da individuare con provvedimento del Sottosegretario di
Stato, ma null’altro ha indicato sui poteri da attribuire al Gestore del
Consorzio unico di bacino.
Pertanto, l’attribuzione del potere non è stata prevista da una norma di legge,
ma da un atto amministrativo.
Viceversa, l’attribuzione di poteri che possono incidere autoritativamente ed
unilateralmente sulle posizioni giuridiche contrapposte deve essere sempre
effettuata dalla legge e, atteso che l’esercizio della funzione amministrativa
si concreta nella traduzione del potere in atto, il principio di legalità si
risolve in quello di tipicità dei provvedimenti amministrativi, nel senso che
l’amministrazione può emanare soltanto i provvedimenti stabiliti in modo
tassativo dalla legge stessa.
D’altra parte, se è vero che, ai sensi dell’art. 5, co. 2 e 5, l. 225/1992, per
l’attuazione degli interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di
emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione
vigente, è altrettanto vero che occorre comunque agire nel rispetto dei principi
generali dell’ordinamento giuridico e che le ordinanze emanate in deroga alle
leggi vigenti devono contenere l’indicazione, assente nel caso di specie, delle
principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.
Il Collegio rileva inoltre che il potere di nomina commissariale attribuito
dall’ordinanza presidenziale al Gestore del Consorzio postula l’accertamento
dell’an e del quantum della esposizione debitoria dell’amministrazione locale,
atteso che la previsione normativa è rivolta agli enti locali debitori dei
consorzi di bacino soppressi e che il Gestore del Consorzio nomina il
Commissario per provvedere in sostituzione degli enti locali inadempienti,
sicché l’accertamento dell’inadempienza e, quindi, della sussistenza del debito
e della sua entità, costituendo condicio sine qua non per la nomina, è rimessa a
detto Gestore del Consorzio.
Infatti, nel nominare il Commissario, il Gestore del Consorzio Unico ha
quantificato l’ammontare del debito dell’amministrazione comunale ed ha
finalizzato la nomina proprio alla liquidazione di quella specifica somma di
danaro.
Di talché, la nomina del Commissario ad acta non è finalizzata all’accertamento
del debito del Comune, ma è volta ad ottenere la liquidazione di un debito
previamente accertato dal Gestore del Consorzio.
Ne consegue che, al pari di un Commissario ad acta nominato per l’esecuzione di
una sentenza di condanna al pagamento di una somma di danaro, il Commissario
nominato dal Gestore deve ritenersi legittimato ad eseguire tutti gli atti ed
adempimenti necessari allo scopo di dare concreto soddisfacimento al diritto di
credito, mediante l’esercizio di un’attività compiuta quale longa manus del
soggetto che lo ha nominato nell’ambito di un’attività di erogazione della spesa
a conclusione della quale dovrà essere emesso il relativo mandato di pagamento e
senza che l’esaurimento dei fondi di bilancio o la mancanza di disponibilità di
cassa possano costituire legittima causa di impedimento all’esecuzione del
compito.
Tale “meccanismo”, sulla base delle considerazioni espresse, si rivela
illegittimo in quanto il potere è attribuito al di fuori di una previsione
normativa di legge che conferisca allo stesso tipicità e legalità risolvendosi,
da un lato, nella violazione dell’autonomia delle amministrazioni locali
costituzionalmente garantita, dall’altro, nella violazione di principi generali
dell’ordinamento in quanto attribuisce al creditore (il Consorzio Unico di
Bacino successore dei disciolti Consorzi di Bacino) il potere, non previsto dal
vigente ordinamento, di farsi giustizia da sé, accertando la sussistenza del
debito del Comune, quantificando lo stesso e nominando una propria longa manus
per procedere alla sua esazione coattiva, in luogo delle ordinarie vie
giurisdizionali costituite dalla richiesta di decreto ingiuntivo, sussistendone
i presupposti, o dalla proposizione al competente giudice ordinario di una
domanda di accertamento del diritto di credito e di condanna al pagamento delle
somme dovute.
Le censure volte a dedurre l’illegittimità dell’attribuzione del potere in
discorso al Gestore del Consorzio e la conseguente illegittimità della nomina
del Commissario ad acta, pertanto, sono fondate e sono idonee a determinare la
fondatezza del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento in parte qua dell’art.
8, co. 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686/2008
come sostituito dall’art. 4, co. 5, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio
dei Ministri n. 3693/2008, nonché l’annullamento del conseguente decreto di
nomina del Commissario ad acta.
4. Sussistono giuste ragioni, considerate la peculiarità e la novità delle
questioni trattate, per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le
parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Prima Sezione di Roma,
accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2009.
Dott. Giorgio Giovannini Presidente
Dott. Roberto Caponigro Estensore
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