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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LIGURIA, Sez. I - 22 maggio 2009, n. 1163
URBANISTICA ED EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Disciplina
urbanistica e paesaggistica - Rapporto - Comune - Valutazione della compatibilità
del progetto sotto entrambi gli aspetti. Pertanto al di là della
ricostruzione dogmatica del rapporto intercorrente fra nulla osta paesaggistico
e titolo edilizio, ossia se l’uno costituisca presupposto di legittimità
dell’altro o piuttosto condicio iuris d’efficacia (la prima opzione
sembra in linea con l’evoluzione della normativa in materia), è senz’altro
consentito che il comune, competente al rilascio di entrambi (seppure con
riguardo al nulla osta in via delegata), valuti la compatibilità dell’intervento
richiesto sotto entrambi i profili. Anzi il fondamentale principio di
economicità dell’azione amministrativa (art. 1 l. n. 241/90) non solo sospinge
in tale direzione bensì, con specifico riguardo all’ambito che condensa
disciplina urbanistica e paesaggistica, impone la valutazione congiunta. Pres.
Balba, Est. Caputo - M.C.G. (avv.ti Castellazzi e Della Casa) c. Comune di
Levanto (avv. Quaglia), Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali (Avv.
Stato) e altro (n.c.) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I -
22/05/2009, n. 1163
N. 01163/2009 REG.SEN.
N. 00660/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 660 del 2008, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Maria Cristina Gazzotti, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Sara Castellazzi,
Simona Della Casa, con domicilio eletto presso l’Avv. Mario Riolfo in Genova,
Via Cesarea, 8;
contro
Comune di Levanto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall'Avv. Mario Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso l’Avv. Mario
Alberto Quaglia in Genova, Via Roma 3/9;
Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Genova, Viale Brigate
Partigiane 2;
Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in
giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del diniego di autorizzazione paesistica ambientale adottato dal Comune di
Levanto (SP) ai sensi dell'art. 159 del D.Lgs n. 42/2004 con provvedimento prot.
n. 6083 del 5 maggio 2008.
e per la condanna
al risarcimento dei danni.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Levanto;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soprintendenza Per i Beni Culturali
ed Ambientali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/03/2009 il dott. Oreste Mario
Caputo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente, proprietaria d’unita
immobiliare abitativa nel comune di Levanto, ha impugnato il diniego opposto dal
Comune sulla richiesta di autorizzazione paesistica ambientale avente ad oggetto
la realizzazione con DIA della “ristrutturazione edilizia con la realizzazione
di tramezze, impianti, finiture e la costruzione di un nuovo volume nel giardino
in ampliamento dell’abitazione”.
L’impugnazione è affidata ai seguenti motivi:
Violazione di legge combinato disposto artt. 146, comma 9, d.Lgs. n.42/04 e 10
bis l. n. 241/90;
Violazione dell’art. 3 l. n.241/90. Eccesso di potere sotto vari profili;
Falsa applicazione della disciplina d’ambito RQ-UR 2 Terraro e dell’art. 41 NTA;
Violazione di legge segnatamente artt. 159, 157 e 146 d.Lgs. n.42/04 e 3 l. n.
241/90. Eccesso di potere.
Oltre ad aver affatto pretermesso la fase del contraddittorio, il diniego,
tenendo in non cale la disciplina paesaggistica, si fonderebbe esclusivamente su
accertamenti e valutazioni di natura urbanistica.
Inoltre, aggiunge la ricorrente, la disciplina d’ambito, applicabile in ragione
della localizzazione dell’immobile oggetto del progettato intervento edilizio,
non sarebbe affatto ostativa alla realizzazione delle opere come del resto
comprovato dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal comune di
Levanto.
Cumulativamente è stata formulata domanda di risarcimento dei danni.
Con motivi aggiunti la ricorrente ha esteso il petitum al verbale della
Commissione edilizia integrata, denunciandone la radicale nullità e
l’illegittimità sulla base delle medesime censure formulate nell’atto
introduttivo.
Il comune di Levanto si è costituito chiedendo la reiezione del ricorso.
Respinta la domanda incidentale di tutela cautelare (Tar sez. I ord. n. 277/08)
alla pubblica udienza del 12.03.09 la causa, su richiesta delle parti, è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
Oggetto del gravame è il diniego
opposto dal comune di Levanto sulla richiesta di autorizzazione paesistica
ambientale avente ad oggetto la realizzazione con DIA della “ristrutturazione
edilizia con la realizzazione di tramezze, impianti, finiture e la costruzione
di un nuovo volume nel giardino in ampliamento dell’abitazione”; nonché il
verbale della Commissione edilizia integrata, affetto secondo le censure da
radicale nullità, impugnato con motivi aggiunti.
Cumulativamente all’azione d’annullamento è stata proposta domanda di condanna
dell’amministrazione resistente al risarcimento dei danni.
In limine, va sgombrato il campo dalla richiesta di declaratoria di nullità del
verbale della Commissione edilizia integrata 8.04.08 avente ad oggetto “parere
recante chiarimenti” sulla disciplina d’ambito RQ-UR 2 Terraro sub settore
dell’ambito RQ-UR.
Al deposito in giudizio della copia, dalla quale effettivamente non si
individuavano, componenti, sede e data di riunione dell’organo consultivo, ha
fatto poi seguito la produzione della copia integrale e autentica del verbale,
il cui contenuto documentale - va sottolineato - corrisponde a quello della
copia informale.
Non essendo maturata alcuna preclusione al deposito (d. 19 febbraio 2009) della
copia autentica, stante altresì la mancata richiesta di ordinarne iussu
iudicis la produzione in giudizio, e non sussistendo la violazione di cui
all’art. 21 septies l. n. 241/90 che - va ricordato - ha ad oggetto l’atto o il
provvedimento nell’effetto giuridico performativo su proprio, non già la
documentazione in copia, va respinto il gravame proposto con motivi aggiunti.
Anche il ricorso principale è peraltro infondato.
La risoluzione dei punti controversi esige la chiarificazione della disciplina
d’ambito entro il quale è localizzato l’immobile della ricorrente oggetto
d’intervento: accertamento che, al di là della formalistica articolazione dei
motivi di censura, è demandato officio iudicis allo scrutinio di
legittimità esperito nell’ambito della giurisdizione esclusiva dal giudice
amministrativo.
È incontestato che l’immobile insiste, in forza del d.m. 3 agosto 1959 come
modificato, in zona assoggetta a vincolo paesaggistico ed ambientale.
Nel PUC del comune di Levanto, l’abitazione della ricorrente è ricompresa nella
disciplina d’ambito RQ-UR vale a dire nell’ambito di riqualificazione urbana.
Gli interventi consentiti sono puntualmente individuati dall’art. 41, punto 3.
NTA: ossia “incrementi di S.A…. relativamente agli edifici appartenenti al
sistema residenziale….strettamente condizionati al soddisfacimento di esigenze
di ordine igienico, funzionale o impiantistico”.
Come è proprio della sua fisionomia, l’ambito che detta un disciplina generale
per tipi d’intervento realizzabili, s’articola in settori: nel caso in esame
l’immobile della ricorrente si situa nel settore RQ - UR 2 Terraro ove è
prescritto il limite massimo degli incrementi volumetrici individuato nel 5% del
volume preesistente.
Sicché, oltre il tipo (qualitativo) d’interventi realizzabili riconducibili
all’adeguamento funzionale degli edifici residenziali, opera l’ulteriore
parametro (quantitativo) d’incremento volumetrico contenuto nel limite massimo
del 5%.
Costituisce orientamento consolidato di questo Tribunale, da cui non c’è qui
giustificato motivo per discostarsi, che la disciplina d’ambito dà conto degli
usi compatibili con il territorio da essa circoscritto, anche di quella
paesaggistica ed ambientale.
In altri termini, contrariamente a quando assume la ricorrente, non c’è alcuna
formalistica sutura fra disciplina urbanistica e paesaggistica: entrambe,
seppure con riguardo ad interessi diversi, conformano “l’unità territoriale di
base” che compone l’ambito.
Significativamente l’art. 26, comma 2 lett. b) 4 l.r. settembre 1997 n. 36 con
riguardo agli ambiti di conservazione e riqualificazione, qual è quello per cui
è causa, stabilisce che il PUC definisce “la disciplina paesistica a livello
puntuale”.
Pertanto al di là della ricostruzione dogmatica del rapporto intercorrente fra
nulla osta paesaggistico e titolo edilizio, ossia se l’uno costituisca
presupposto di legittimità dell’altro o piuttosto condicio iuris
d’efficacia (la prima opzione sembra in linea con l’evoluzione della normativa
in materia), è senz’altro consentito che il comune, competente al rilascio di
entrambi (seppure con riguardo al nulla osta in via delegata), valuti la
compatibilità dell’intervento richiesto sotto entrambi i profili.
Anzi il fondamentale principio di economicità dell’azione amministrativa (art. 1
l. n. 241/90) non solo sospinge in tale direzione bensì, con specifico riguardo
all’ambito che condensa disciplina urbanistica e paesaggistica, impone la
valutazione congiunta.
Sicché va respinta la censura che postula l’esorbitanza della motivazione del
diniego d’autorizzazione paesaggistica siccome esclusivamente fondata sulla
disciplina urbanistica.
È infatti radicale il contrasto del progettato intervento sia con la disciplina
d’ambito che con quella di settore: l’immobile non aveva all’origine, all’atto
dell’entrata in vigore dell’art. 41 NTA, destinazione residenziale; l’incremento
volumetrico è superiore al limite massimo consentito.
Contrasto che, evitando inutili appesantimenti procedimentali, preclude ab
imis il rilascio del nulla osta paesaggistico.
Non meritano migliore sorte le altre censure.
Innanzitutto è destituito in fatto il motivo d’impugnazione che lamenta
l’erronea iscrizione dell’immobile della ricorrente nel settore RQ-UR 2 Terraro.
Nella dichiarazione d’inizio attività la ricorrente, allegando gli elaborati
grafici, lo localizza lei stessa all’interno del settore indicato.
La Commissione edilizia integrata, fornendo la corretta interpretazione della
cartografia del piano, a sua volta avalla tale indicazione, fatta propria
dall’amministrazione procedente con l’atto impugnato.
Non sono stati dedotti e provati in giudizio elementi di fatto che smentiscano
tale conclusione.
Quanto alla censura incentrata sul fatto che il certificato di destinazione
d’uso, rilasciato dal comune, non indicasse il limite dell’incremento
volumetrico degli interventi realizzabili all’interno del settore, in contrario
a quanto lamentato, nessun affidamento meritevole di tutela s’è sostanziato.
Nella DIA grava infatti sul privato il dovere di verificare la sussistenza dei
requisiti necessari per la sua attività: laddove manchi il provvedimento
costitutivo non può sorgere affidamento.
In caso contrario l’affidamento del dichiarante si fonderebbe sulla
dichiarazione da lui stesso resa: il che, prima ancora che giuridicamente, è
logicamente inconcepibile, ed affatto contrario al principio cardine che
l’affidamento per assurgere al rango della posizione giuridica qualificata
meritevole di tutela deve essere incolpevole.
Né la conclusione muta invocando il contenuto informativo del certificato di
destinazione d’uso che, non avendo effetto costitutivo, compendia la disciplina
di massima dell’area o immobile preso in considerazione, non facendo venire meno
il dovere, incombente sul dichiarante, di “asseverare” (così recita l’art.
23,comma 1, t.u. edilizia) la sussistenza di tutte le condizioni prescritte per
l’esercizio dell’attività, ed in primo luogo la conformità delle opere da
realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli
adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Carenti o incompleti accertamenti pertanto, lungi dal fondare l’affidamento del
dichiarante, imputet sibi.
Da ultimo va respinto il motivo d’impugnazione che lamenta la violazione
dell’art. 10 bis l. n. 241/90.
Il provvedimento impugnato ha puntualmente individuato la disciplina d’ambito e
di settore ostativa alla realizzazione dell’intervento su cui s’incentrava il
nucleo essenziale delle controdeduzioni presentate dal legale della ricorrente.
Tanto soddisfa l’onere del contraddittorio nel procedimento amministrativo.
Non è infatti censurabile l’omessa specifica e puntuale pronuncia su ciascuna
delle singole argomentazioni contenute nelle memorie formulate dal (legale del)
ricorrente, posto che, palesate le ragioni sottese alla decisione assunta, l’economicità
dell’azione amministrativa in una con il dovere di osservare i termini di
conclusione del procedimento (art.1 l. n. 241/90), fanno premio sulla
formalistica elencazione dei singoli motivi che giustificano l’opzione attinta
(in termini, Cons. St., sez. IV, 5 ottobre 2005 n. 5365, Tar Liguria, sez. II,
11 aprile 2008 n. 543).
L’insussistenza dei vizi denunciati comporta l’inammissibilità della domanda di
risarcimento dei danno da lesione d’interesse legittimo.
Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo
Regionale della Liguria, Sezione Prima,
respinge il ricorso.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 12/03/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Santo Balba, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
Paolo Peruggia, Consigliere
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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