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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 15 maggio 2009, n. 1038
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Deposito abusivo di rifiuti speciali - Bonifica - Ordinanza
diretta al proprietario incolpevole - Illegittimità - Responsabilità -
Individuazione - Artt. 17 d.gls. n. 22/97 e 3,9 3 13 D.P.R. n. 915/82. Ai
sensi degli artt. 3 comma 3, 9 e 13 del D.P.R. 915/82 il proprietario dell'area
sulla quale siano stati depositati rifiuti speciali non è tenuto allo
smaltimento degli stessi ed alla bonifica dell'area stessa laddove non abbia in
alcun modo contribuito a causare il danno ambientale. Ne discende
l’illegittimità delle ordinanze con cui la bonifica è stata imposta alla
proprietà senza alcuna valutazione dei comportamenti intrapresi e del loro
collegamento causale con l'evento dannoso, e senza svolgere alcuna indagine tesa
ad accertarne la responsabilità dell'illecito. In assenza di uno specifico
accertamento di responsabilità del proprietario, infatti, il Comune avrebbe
dovuto limitarsi a portare a conoscenza di questi la necessità di procedere alla
bonifica dell’area, al fine di consentirgli la possibilità di esercitare la
facoltà di porre in essere gli interventi di recupero ambientale, in modo tale
da evitare l'esproprio connesso all'onere reale gravante sul suo terreno (cfr.
art. 17 d.lgs. n. 22/97). Pres. Conti, Est. Bertagnolli - M.R. (avv.ti Bini e
Onofri) c. Comune di Asola (avv.ti Giannone e Nicolini). T.A.R.
LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 15/05/2009, n. 1038
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01038/2009 REG.SEN.
N. 01251/1994 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1251 del 1994, proposto da:
Madella Rina, per la Liquifert Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Maria
Ughetta Bini e Giuseppe Onofri, con domicilio eletto presso Giuseppe Onofri in
Brescia, via Ferramola, 14;
contro
Comune di Asola, rappresentato e difeso dagli avv. Antonietta Giannone e Cesare
Nicolini, con domicilio eletto presso Antonietta Giannone in Brescia, via Malta,
7/C;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell’ordinanza sindacale del 1.6.94, n. 1256 recante ordine di bonifica
dell’area di proprietà della Liquifert s.r.l..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Asola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29/04/2009 la dott.ssa Mara
Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e
depositato, la sig.ra Madella Rina, in qualità di Amministratore unico della
Liquifert s.r.l., espone quanto segue.
La Liquifert s.r.l. ha acquistato, nel 1984, lo stabilimento già di proprietà
della Flucosit e precedentemente della società Industria Chimica Asolana, le
quali raffinavano benzine e suoi omologhi superiori, ottenendo dal Comune
l’autorizzazione ad utilizzare i serbatoi dello stabilimento per il deposito di
intermedi per la produzione di fertilizzanti liquidi. Dopo pochi mesi
dall’inizio dell’attività, però, veniva notificata l’ordinanza di sospensione
dell’attività, con contestuale contestazione di fattispecie di reato connesse
all’asserito inquinamento dei luoghi ad opera della Liquifert, rispetto alle
quali l’odierna ricorrente ha riportato la piena assoluzione per insussistenza
del fatto, confermata anche in Appello ed in Cassazione.
A seguito del dissequestro del 1990, però, il Comune dava inizio ad una lunga
sequenza di provvedimenti con cui venivano ordinati interventi diversi, ma tutti
volti, secondo quanto emerge dall’analisi degli stessi, sostanzialmente allo
smaltimento di rifiuti contenenti amianto, eternit, alla messa in sicurezza
delle cisterne, oltre che ad evitare l’attivazione di nuovi scarichi senza
autorizzazione e lo smaltimento non conforme alla legge di liquami provenienti
dallo scavo del terreno, fino all’adozione dell’ordinanza sindacale n. 1256,
prot. n. 6784 dell’1 giugno 1994 con cui si imponeva alla Liquifert s.r.l. la
bonifica dell’area secondo le linee dettate dall’apposito progetto approvato dal
Consiglio comunale.
Ritenendo illegittimo tale provvedimento, il quale oltre a diffidare la
proprietà a provvedere, stabiliva che in caso di inerzia il Comune avrebbe
provveduto d’ufficio, salvo refusione forzata delle spese a termini di legge, la
sig. Madella proponeva il ricorso in esame, affidato alle seguenti doglianze:
1. difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, violazione degli artt. 13 e
20 del D.P.R. n. 915/1982, dell’art. 31 bis della L.R. n. 94/80 come integrata
dalla L.R. n. 99/83, dell’art. 217 del T.U. delle leggi sanitarie e 38 della
legge n. 142/90, non essendo la Liquifert s.r.l. responsabile dell’inquinamento.
Tutte le norme invocate pongono, infatti, l’obbligo di rimessione in pristino e
quindi di intervenire smaltendo i rifiuti in capo al solo soggetto responsabile
dell’inquinamento, estendendo la responsabilità al proprietario del fondo solo
laddove con il proprio comportamento abbia concorso a causare il danno. Nel caso
di specie si è accertato, in sede penale, che la Liquifert s.r.l. “non smaltiva
rifiuti né questi erano tossici o nocivi” e conseguente nessuna responsabilità
sarebbe addebitabile all’attività della stessa, dovendosi ricondurre
l’inquinamento ambientale esistente all’attività delle società precedentemente
proprietarie dello stabilimento;
2. difetto dei presupposti, travisamento dei fatti e violazione di legge sotto
il profilo dell’incompetenza del Sindaco e del difetto di motivazione. La
vigente normativa consentirebbe ai Comuni di provvedere ai lavori di bonifica
solo in presenza di condizioni di particolare gravità che, nel caso in esame,
non sussisterebbero o comunque rispetto alle quali non vi sarebbe un’adeguata
motivazione. Altrettanto immotivato sarebbe il pericolo alla salute richiesto
dall’art. 217 del T.U. delle leggi sanitarie per giustificare l’intervento
coattivo. In assenza di tali presupposti, solo la Regione avrebbe potuto, ai
sensi dell’art. 31 della L.R. n. 94/80, imporre la bonifica, ricorrendone le
condizioni;
3. illegittimità per indeterminatezza del dispositivo e per illogicità e
incongruità del termine assegnato e violazione dell’art. 3 della legge n.
241/90. Il provvedimento impugnato non avrebbe puntualmente fornito le
dettagliate prescrizioni imposte dalla legge e il fatto di non aver allegato
all’ordinanza il richiamato Progetto di bonifica di cui essa richiede
l’esecuzione integrerebbe una carenza di motivazione;
4. eccesso di potere per sviamento, in quanto la gravità della situazione
sarebbe stata originata anche dal comportamento omissivo della pubblica
amministrazione che per anni non avrebbe controllato l’attività produttiva
precedentemente esercitata in loco.
Con ordinanza n. 141 del 1999 il Presidente di questo Tribunale ordinava al
Comune il deposito della documentazione relativa al provvedimento impugnato ed
ogni altro elemento utile al fine della decisione.
Tale ordine veniva reiterato - richiedendo anche una relazione sui fatti di
causa, oltre ai documenti del fascicolo istruttorio - con il successivo decreto
n. 421/02.
Il Comune provvedeva, quindi, al deposito di copiosa documentazione a seguito
della propria costituzione in giudizio il 12 marzo 2009.
Nella successiva memoria esso, oltre a ricostruire la lunga lista di
provvedimenti con cui il Comune, sin dal 1986, ha intimato vari interventi per
la bonifica e la messa in sicurezza dell’area, evidenziava, in primo luogo, come
l’odierna ricorrente fosse, al momento dell’acquisto della proprietà, pienamente
a conoscenza della situazione di inquinamento della stessa.
La difesa dell’Amministrazione continua, quindi, mettendo in luce i seguenti
aspetti:
- non solo la Liquifer aveva piena cognizione dello stato di inquinamento sin
dall’acquisto della proprietà, ma il comportamento stesso della società
ricorrente avrebbe contribuito ad aggravare la situazione di inquinamento
dell’area; ciò determinerebbe il rigetto del primo motivo di ricorso;
- l’esistenza di una situazione tanto grave da legittimare un intervento del
Comune era stata più volte evidenziata dalla stessa ricorrente nella
corrispondenza intercorsa e, comunque, quest’ultima non ha mai impugnato la
lunga serie di ordinanze precedente che rappresentano per sé stesse un’adeguata
motivazione del provvedimento impugnato, con conseguente rigetto anche del
secondo motivo di ricorso;
- la brevità del termine assegnato per provvedere, se effettivamente
riscontrabile, non inciderebbe, comunque, sulla legittimità del provvedimento,
considerata la possibilità di richiedere delle proroghe dello stesso;
- l’Amministrazione si sarebbe attivata sin da quando ha avuto conoscenza della
situazione: e cioè dal 1984.
In punto di fatto, il Comune rappresentava, infine, come nel 1996, considerata
l’inerzia della ricorrente, avesse provveduto ad approvare un progetto di
bonifica, occupare i terreni, eseguire le operazioni di bonifica e, nel 2002, ad
adottare un atto di imposizione dell’onere reale sul terreno (provvedimento
impugnato con ricorso pendente sub R.G. 463/00).
In vista della pubblica udienza anche parte ricorrente presentava una memoria,
nella quale ha chiarito come l’attività della stessa fosse iniziata solo nel
marzo del 1989, successivamente alla predisposizione del primo piano di bonifica
ad opera della Provincia e fosse durata solo pochi mesi, insistendo sulla
carenza di istruttoria in cui l’Amministrazione comunale sarebbe incorsa
nell’intimare la bonifica alla Liquifer.
Alla pubblica udienza del 29 aprile 2009 la causa, su conforme richiesta delle
parti in causa, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso in esame è volto a
censurare la legittimità del provvedimento con cui il Sindaco del Comune di
Asola ha ordinato la bonifica dell’area di proprietà della ditta ricorrente
secondo le indicazioni dell’Assessorato Ambiente Ecologia dell’Amministrazione
provinciale di Mantova e le metodologie del Progetto per la bonifica del sito
approvato dal Consiglio comunale con deliberazione n. 20 del 16 febbraio 1994,
pena l’esecuzione in danno.
La fattispecie in esame risulta essere assoggettata alla disciplina contenuta
nel D.P.R. 915/82, atteso che il provvedimento impugnato risale ad un’epoca
anteriore all’entrata in vigore del d. lgs. 22/97.
Secondo il precedente di questa sezione rappresentato dalla sentenza T.A.R.
Lombardia Brescia, sez. I, 05 febbraio 2008 , n. 39, che il Collegio ritiene di
poter condividere a pieno, “ai sensi degli artt. 3, comma 3, 9 e 13, d.p.r. 10
settembre 1982, n. 915, precedentemente in vigore, il proprietario dell'area
sulla quale siano stati depositati rifiuti speciali non è tenuto allo
smaltimento degli stessi ed alla bonifica dell'area relativa laddove non abbia
in alcun modo contribuito a causare il danno ambientale”.
Tale normativa non disponeva puntualmente in ordine al profilo delle
responsabilità, con la conseguenza che la giurisprudenza maggioritaria è andata
formandosi prendendo a riferimento i principi di cui all'art. 130/R del Trattato
dell'Unione Europea introdotto dall'Atto Unico Europeo del 1986 (attualmente
l'art. 174 dopo i trattati di Amsterdam e di Nizza), il quale sancisce il noto
principio per cui "chi inquina paga", nonchè l'art. 18 della L. 349/1986 che
conferma la regola per cui la responsabilità per danno ambientale consegue al
compimento di fatti dolosi o colposi e non già alla mera qualità di proprietario
dell'area (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II - 2/8/2000 n. 1775).Dunque già in virtù
dell'art. 9 del D.P.R. 915/82 l'ordine di smaltimento dei rifiuti non poteva
essere diretto indiscriminatamente nei confronti del proprietario, dato che la
responsabilità in capo a quest'ultimo sorgeva esclusivamente in quanto lo stesso
potesse dirsi "obbligato" secondo un giudizio di corresponsabilità con l'autore
dell'abbandono illecito dei rifiuti.Tale linea interpretativa è stata confermata
dall’entrata in vigore del D. Lgs. 22/97 che, con il richiamato art. 14, ha
inteso eliminare i margini di incertezza presenti nella precedente formulazione
normativa, valorizzando l'opzione ermeneutica che ha individuato il nesso fra
obbligo di smaltimento e sussistenza di profili di responsabilità - a titolo
almeno colposo - in capo al soggetto destinatario dell'ordine.Ciò in linea anche
con il principio generale per cui l'illecito amministrativo postula la
configurabilità di una condotta dolosa o colposa, rivelandosi illegittima
l'applicazione di una sanzione amministrativa sul presupposto di una generica
culpa in vigilando ovvero in eligendo, in assenza dello specifico accertamento
dell'imputabilità della contestata infrazione al comportamento posto in essere
dal soggetto.
Il Collegio ritiene, quindi, in ragione di quanto sopra ed in conformità al
precedente di cui alla sentenza T.A.R. Lombardia Milano, sez. I - 23/6/ 1997, n.
1026, da cui non ravvisa ragione di discostarsi, che, ai sensi degli artt. 3
comma 3, 9 e 13 del D.P.R. 915/82 il proprietario dell'area sulla quale siano
stati depositati rifiuti speciali non è tenuto allo smaltimento degli stessi ed
alla bonifica dell'area stessa laddove non abbia in alcun modo contribuito a
causare il danno ambientale.Ne discende, nel caso di specie, l’illegittimità
delle ordinanze con cui la bonifica è stata imposta alla proprietà senza alcuna
valutazione dei comportamenti intrapresi e del loro collegamento causale con
l'evento dannoso, e senza svolgere alcuna indagine tesa ad accertarne la
responsabilità dell'illecito ed anzi senza considerare che la ricorrente ha dato
conto di elementi, confermati anche dagli accertamenti eseguiti in sede penale,
che rendono plausibile una responsabilità in capo alla ditta precedentemente
proprietaria degli immobili.
In assenza di uno specifico accertamento di responsabilità del proprietario,
infatti, il Comune avrebbe dovuto limitarsi a portare a conoscenza di questi la
necessità di procedere alla bonifica dell’area, al fine di consentirgli la
possibilità di esercitare la facoltà di porre in essere gli interventi di
recupero ambientale, in modo tale da evitare l'esproprio connesso all'onere
reale gravante sul suo terreno. In effetti, ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs.
citato e del suo regolamento attuativo approvato con D.M. 25/10/1999 n. 471 -
recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e
il ripristino ambientale dei siti inquinati - il proprietario di questi ultimi,
ove non sia responsabile del riscontrato inquinamento, non ha l'obbligo
giuridico di provvedere direttamente alla bonifica, ma ne assume il relativo
onere se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano
sull'area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare
(Consiglio di Stato, sez. VI - 5/9/2005 n. 4525).
Si ritiene, però, che ad analoghe conclusioni dovesse pervenirsi anche alla luce
della previgente normativa, meno esplicita, ma fondata su principi analoghi. In
definitiva il primo motivo di ricorso, principale ed assorbente, è fondato e va
accolto dato che, come già rilevato, è mancata del tutto ogni attività
istruttoria diretta ad appurare le responsabilità della ricorrente, rendendo,
conseguentemente, superfluo l’esame delle ulteriori doglianze.
Il ricorso merita, quindi, accoglimento, ma il Collegio ritiene, considerata la
complessità della vicenda, nonché della disciplina di settore, che le spese del
giudizio possano trovare compensazione tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, definitivamente
pronunciando, accoglie il ricorso in esame e per l’effetto annulla il
provvedimento impugnato.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 29/04/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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