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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 12 giugno 2009, n. 1216
LAVORO - PUBBLICO IMPIEGO - Insegnanti addetti alla sorveglianza nel periodo della
refezione - Diritto alla fruizione gratuita dei pasti - Insussistenza. Non è
possibile dedurre dall’ordinamento un principio generale di gratuità della
fruizione dei pasti da parte degli insegnanti addetti alla sorveglianza nel
periodo della refezione. Pres. Conti. Est. Bertagnolli - B.A. e altri (avv.ti Gorio e Todeschini) c. Comune di Bergamo (avv. Gritti). T.A.R.
LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 12/06/2009, n. 1216
N. 01216/2009 REG.SEN.
N. 00517/1995 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 517 del 1995, proposto da:
Borella Anna, Airoldi Renza, Arioldi Giuseppina, Barbagiovanni Marisa, Berardi
Giuseppina, Bergamelli Sonia, Bianchi Enrica, Bianchi Laura, Bonacina Maria
Liliana, Bragnuolo Rosa, Cadei Anna, Calzi Alessandra, Carrara Adriana, Castelli
Maria Luisa, Cattaneo Maddalena, Cerboni Carla Maria, Corvaglia Daniela, Cuomo
Antonia Eugenia, D'Aguanno Cesarina, Deleidi Tiziana, Di Martino Angelo Matteo,
Di Matteo Maria Michela, Di Matteo Rosalba, Faveri Adriana, Fenili Cinzia,
Ferrara Pina Patrizia, Foglieni Nadia, Forlani Gina, Furma Tiziana, Galimberti
Elisabetta, Gandolfi Paola, Gavazzi Giovanna, Ghidini Marinella, Ghilardi Norma,
Giliberto Susanna, Ingrao Rosa, Ionio Chiara, Iuni Angela, Laugelli Sandra, Leo
Maria Rosaria, Locatelli Daniella, Lozza Antonella, Marcolin Rosalba, Mazzoleni
Paola, Milani Miriam, Miozza Donatella, Moretti Elena, Nava Lucia, Nicoli Maria
Grazia, Nottola Massimo, Ortobelli Lozza Elena, Pesenti Annalisa, Provenza
Rossella, Rizzi Cecilia, Rolla Laura, Rolli Luigina, Rota Mariarosa, Scarcia
Ada, Sfragaro Angelina, Signorelli Maria Caterina, Soregaroli Annarosa, Spini
Ornella, Stracuzzi Carmela, Taffuri Giuseppina, Tavecchi Patrizia, Torelli
Antonella, Troia Maria, Vitali Margherita, Zamboni Maria, tutti rappresentati e
difesi dagli avv.ti Roberto Gorio e Eliana Todeschini, con domicilio eletto
presso Roberto Gorio in Brescia, via Moretto, 67;
contro
Comune di Bergamo, rappresentato e difeso dall'avv. Vito Gritti, con domicilio
eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
nei confronti di
Ministero della Pubblica Istruzione e Ministero del Tesoro, rappresentati e
difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in
Brescia, via S. Caterina, 6, presso gli Uffici della stessa;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento del 13 febbraio 1995, con cui la Giunta comunale ha previsto
l’imposizione dell’obbligo del pagamento del servizio mensa al personale docente
con decorrenza 1.3.1995 e di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e
consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bergamo;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri della Pubblica Istruzione
e del Tesoro;
Viste le memorie;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/05/2009 la dott.ssa Mara
Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
In data 13 febbraio 1995, la Giunta
municipale ha autorizzato l’Ufficio Provveditorato a comunicare alle sei
direzioni scolastiche del Comune l’obbligo, anche per il personale docente, di
pagare il servizio mensa fruito nel prestare assistenza agli alunni durante la
refezione, a decorrere dall’1.3.1995.
Ritenendo tale provvedimento lesivo della propria posizione giuridica
soggettiva, gli insegnanti odierni ricorrenti hanno impugnato lo stesso,
deducendone l’illegittimità per violazione di legge.
Secondo parte ricorrente la disposizione dell’art. 17 della legge 19.3.1993, n.
68 avrebbe riconosciuto, una volta per tutte, il diritto degli insegnati a
fruire del servizio di mensa, in quanto anche prestando assistenza nella
refezione si svolgerebbe attività educativa. Il provvedimento sarebbe, quindi,
in contrasto con tale norma.
Se, invece, si dovesse ritenere che tale norma abbia perso la propria efficacia
al 31.12.1993, allora il provvedimento sarebbe comunque viziato, oltre che per
incompetenza ed eccesso di potere, in primo luogo per violazione dell’art. 12
del DPR 209/1987. Secondo il Consiglio di Stato, sez. V, del 19.09.1991,
infatti, tenuto conto dell’obbligo imposto agli insegnati di prestare servizio
di vigilanza ed assistenza agli alunni anche durante il periodo di refezione,
essi avrebbero diritto a fruire di pasti gratuiti; ciò a prescindere dalla loro
appartenenza ai ruoli statali o degli enti locali.
Si è costituito in giudizio il Comune, eccependo:
- l’inconferenza del richiamato precedente giurisprudenziale, atteso che dopo la
pronuncia del 1991 si è succeduta una normativa che, a suon di decreti legge
reiterati, ha riconosciuto il rimborso ai comuni delle spese sostenute fino al
31.12.1994;
- l’assenza di ogni disposizione per il periodo successivo, avrebbe attribuito
al Comune la facoltà, dall’1.1.1995, di fornire, se lo riteneva, il servizio di
mensa gratuito, ma avrebbe fatto venire meno l’obbligo in tal senso, come
evidenziato anche dalla circolare del Ministero della Pubblica Istruzione -
Provveditorato di Bergamo del 10.2.1995. Anzi probabilmente il fornire tale
servizio su base spontanea avrebbe potuto addirittura non essere legittimo,
atteso che il personale docente in questione apparteneva al ruolo statale.
Alla camera di consiglio del 12 maggio 1995 la richiesta misura cautelare è
stata negata, non ravvisandosi, nel caso di specie, i necessari presupposti.
A seguito di avviso di perenzione hanno sottoscritto la dichiarazione di
permanenza dell’interesse alla decisione solo i ricorrenti Fenili Cinzia,
Nottola Maurizio, Rizzi Cecilia, Foglieni Nadia, Galimberti Elisabetta, Nicoli
Maria Grazia e Ionio Chiara.
In data 9 aprile 2009 il Comune di Bergamo si è costituito in giudizio con nuovo
difensore, facendo proprie tutte le difese e le argomentazioni svolte dal
precedente difensore.
Alla pubblica udienza del 14 maggio 2009 la causa, su conforme richiesta delle
parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Deve preliminarmente essere dato
atto che, a seguito di avviso di perenzione, hanno sottoscritto la dichiarazione
di permanenza dell’interesse alla decisione solo i ricorrenti Fenili Cinzia,
Nottola Maurizio, Rizzi Cecilia, Foglieni Nadia, Galimberti Elisabetta, Nicoli
Maria Grazia e Ionio Chiara.
Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato perento nei confronti di tutti gli
altri sottoscrittori del medesimo e più precisamente: Borella Anna, Airoldi
Renza, Arioldi Giuseppina, Barbagiovanni Marisa, Berardi Giuseppina, Bergamelli
Sonia, Bianchi Enrica, Bianchi Laura, Bonacina Maria Liliana, Bragnuolo Rosa,
Cadei Anna, Calzi Alessandra, Carrara Adriana, Castelli Maria Luisa, Cattaneo
Maddalena, Cerboni Carla Maria, Corvaglia Daniela, Cuomo Antonia Eugenia, D'Aguanno
Cesarina, Deleidi Tiziana, Di Martino Angelo Matteo, Di Matteo Maria Michela, Di
Matteo Rosalba, Faveri Adriana, Ferrara Pina Patrizia, Forlani Gina, Furma
Tiziana, Gandolfi Paola, Gavazzi Giovanna, Ghidini Marinella, Ghilardi Norma,
Giliberto Susanna, Ingrao Rosa, Iuni Angela, Laugelli Sandra, Leo Maria Rosaria,
Locatelli Daniella, Lozza Antonella, Marcolin Rosalba, Mazzoleni Paola, Milani
Miriam, Miozza Donatella, Moretti Elena, Nava Lucia, Ortobelli Lozza Elena,
Pesenti Annalisa, Provenza Rossella, Rolla Laura, Rolli Luigina, Rota Mariarosa,
Scarcia Ada, Sfragaro Angelina, Signorelli Maria Caterina, Soregaroli Annarosa,
Spini Ornella, Stracuzzi Carmela, Taffuri Giuseppina, Tavecchi Patrizia, Torelli
Antonella, Troia Maria, Vitali Margherita, Zamboni Maria.
La questione proposta al Collegio con il ricorso in esame attiene alla
legittimità del provvedimento con cui il Comune ha richiesto, al personale
docente statale, ancorché preposto a funzioni di sorveglianza degli alunni nella
fruizione del servizio mensa , il pagamento del relativo servizio mediante
l’acquisto di appositi buoni mensa.
Occorre, a tal proposito, dare conto che il D.L. 18 gennaio 1993, n. 8 (ultimo
di una serie di decreti legge reiterati nel 1992 e convertito dalla legge 19
marzo 1993, n. 68, preordinata all’individuazione delle modalità di
finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali, dei comuni e delle
comunità montane per l’anno 1993) ha previsto che “Gli enti locali sono
autorizzati a fornire fino al 31 dicembre 1993 il servizio di mensa al personale
insegnante dipendente dello Stato o da altri enti nelle scuole nelle quali gli
enti stessi provvedono al servizio di mensa per gli alunni.”, potendo poi
contare sul rimborso dei relativi costi a gravare sul bilancio dello Stato.
Solo con la legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore
universitario e della ricerca scientifica, nonchè il servizio di mensa nelle
scuole), però, il legislatore ha tentato una sistemazione organica della
precaria situazione correlata alla fruizione del servizio mensa da parte degli
insegnanti statali nell’ambito di mense scolastiche di competenza comunale,
disponendo: “1. Per l'anno scolastico 1995-1996 e per i mesi di settembre,
ottobre, novembre e dicembre 1996, il Ministero dell'interno provvede ad erogare
un contributo agli enti locali per le spese sostenute in relazione al servizio
di mensa scolastica offerto dal personale insegnante, dipendente dallo Stato o
da altri enti. 2…omissis….3. Il Ministero dell'interno provvede anche ad erogare
un contributo agli enti locali per l'anno 1997, al fine di assicurare la
continuità del servizio di mensa per il personale insegnante, dipendente dallo
Stato, impegnato nella vigilanza ed assistenza degli alunni durante la refezione
scolastica. …omissis…4. I criteri per la individuazione del personale docente
avente diritto al servizio di mensa gratuito e le modalità di erogazione del
contributo statale a favore degli enti locali che abbiano fornito il predetto
servizio sono quelli previsti dal decreto del Ministro della pubblica
istruzione, di concerto con i Ministri del tesoro e dell'interno, del 16 maggio
1996 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 224 del 24 settembre 1996. 5. A
decorrere dall'anno 1998, agli oneri derivanti dal servizio di mensa di cui al
comma 3, si provvede con le disponibilità finanziarie destinate alla
contrattazione collettiva per il comparto del personale della scuola.”.
Tutto ciò premesso al fine di un migliore inquadramento della vicenda, occorre
altresì precisare che nessuna delle parti ha dato conto di cosa sia avvenuto nel
periodo successivo al 1.3.1995 e, quindi, se al provvedimento, la sospensione
della cui efficacia è stata negata, sia stata data esecuzione o, al contrario,
gli insegnanti abbiano continuato a fruire gratuitamente del servizio mensa e il
Comune abbia poi chiesto e ottenuto il relativo rimborso; circostanze, queste,
il cui accertamento potrebbe influire sulla effettiva sussistenza di un
interesse delle parti alla pronuncia.
Si può, peraltro, prescindere dall’esaminare in concreto tale questione
pregiudiziale, atteso che il Collegio ravvisa l’infondatezza del ricorso.
Il provvedimento impugnato dispone il contestato pagamento del servizio a
decorrere dall’1 marzo 1995 e quindi per un periodo successivo alla scadenza del
31.12.1993 fino alla quale il legislatore aveva autorizzato l’erogazione del
servizio gratuito da parte del Comune.
La particolare costruzione del D.L. 8/93, invocato da parte ricorrente, volto a
sanare situazioni già verificatesi, prevedendo l’erogazione ai Comuni delle
somme necessarie alla copertura dei costi dagli stessi sostenuti sino al
31.12.1993 e ad “autorizzare” lo svolgimento del servizio sino al 31.12.1993,
lascia intendere piuttosto chiaramente la volontà del legislatore di escludere
la sussistenza di un obbligo, in capo ai Comuni, a decorrere dalla data del
31.12.1993, di fornire gratuitamente il servizio di mensa agli insegnanti.
Quella che viene riconosciuta dalla norma successivamente a tale scadenza è solo
la “possibilità” per il Comune di accollarsi l’onere della refezione, peraltro
senza avere certezza alcuna, in assenza di quell’accordo tra Stato e Enti locali
che era ancora lontano da venire, di ottenere il recupero delle somme, con
conseguenti difficoltà anche in termini di bilancio e rispetto della normativa
sulla spesa pubblica.
Il dato letterale della norma che è assolutamente chiaro ed inequivocabile (in
quanto obbliga i Comuni a fornire la mensa gratuita al personale che svolge
assistenza educativa nel tempo dedicato alla mensa solo fino al 31.12.1992) e
lascia trasparire il proprio carattere di norma destinata a disciplinare, in via
eccezionale, solo uno specifico periodo, porta, quindi e contrariamente
all’assunto di parte ricorrente, ad escludere ogni successiva sopravvivenza
della disposizione, anche semplicemente in termini di riconoscimento di un
principio: anzi, proprio dalla puntuale delimitazione del periodo di riferimento
si può inferire come l’art. 17 non abbia affermato un principio generale, ma al
contrario disciplinato in modo eccezionale e transitorio la particolare
situazione ingeneratasi.
Ciò appare confermato anche dalla legge n. 4/99 che, andando a sanare la
situazione relativa agli anni dal 1995 al 1998, presuppone proprio il vuoto
normativo per quegli anni.
Né può ritenersi che sussistendo tale carenza di disciplina, si potesse comunque
far discendere dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi nel 1991
l’affermazione di un principio generale cui il Comune avrebbe dovuto uniformarsi
in quanto tenuto, in ragione di esso, a fornire gratuitamente il servizio mensa
al personale docente statale.
A sostegno della non conformità all’ordinamento di provvedimenti di tal fatta,
infatti, parte ricorrente invoca la sentenza del Consiglio di Stato n. 1177 del
19 settembre 1991, con la quale è stato affermato che il personale docente
statale ha diritto al servizio mensa come i dipendenti comunali, se e in quanto
preposto alla sorveglianza degli alunni.
La sentenza è intervenuta e si riferisce a fatti risalenti ad un periodo
caratterizzato dal vuoto normativo rispetto alla fattispecie, solo
successivamente colmato, come si vedrà nel prosieguo, dall’adozione di appositi
decreti legge che espressamente hanno disposto il rimborso del costo dei pasti a
favore dei Comuni che avessero provveduto, negli anni precedenti, ad erogare gli
stessi a favore del personale docente statale.
Nella sentenza invocata , inoltre, si dà espressamente conto di come oggetto
della decisione fosse, in quell’occasione, esclusivamente la sussistenza del
diritto dei docenti a fruire gratuitamente del pasto e non anche lo stabilire se
gli oneri connessi dovessero gravare sul Comune, in quanto competente alla
gestione del servizio di assistenza scolastica a seguito del DPR 616/77;
semplicemente con la pronuncia in parola il Consiglio di Stato ha escluso che
potesse essere fatto ricadere sugli insegnanti - soggetti che non disponevano
degli interessi in gioco, destinatari vincolati di scelte concordate - la
mancata stipulazione, seppur prevista e programmata, di quell’accordo tra Stato
e Comuni che avrebbe dovuto regolare i rapporti finanziari relativi alla
ripartizione degli oneri derivanti dalla prestazione del servizio di mensa
gratuita a favore degli insegnanti addetti alla sorveglianza durante la
refezione.
Invero i ricorrenti di allora facevano leva sulla disparità di trattamento
conseguente al mancato recepimento, nel CCNL degli insegnati statali di quanto
disposto dall’art. 68 del DPR n. 87/1978 prevedendo la gratuità del servizio
mensa per gli insegnanti dipendenti degli Enti locali; l’art. 12 del D.P.R.
209/87 (CCNL insegnati statali) si limita, infatti, a considerare prestazione
lavorativa il tempo di permanenza presso la mensa insieme agli alunni.
Tenuto conto di tale particolare situazione e dell’ormai consolidata tesi
secondo cui anche la presenza durante l’attività di refezione rientra a pieno
titolo nell’attività di formazione ed è quindi equiparabile ad attività
lavorativa a tutti gli effetti, il Consiglio di Stato ne traeva, quindi, la
conclusione della gratuità del servizio mensa degli insegnanti statali, così
come previsto espressamente per quelli dipendenti dagli enti locali, a
prescindere da quale fosse il soggetto tenuto ad accollarsene il relativo costo
(problema che avrebbe dovuto risolvere il raggiungimento di un’intesa tra Stato
ed Enti locali, che, come dimostrerà la storia, era ben al di là da venire).
La decisione n. 1177/91 non convince, però, sotto più profili. In primo luogo
dedurre il principio di gratuità della fruizione del servizio di mensa dalla
circostanza che essa è contestuale allo svolgimento di una prestazione
lavorativa nel corso del servizio appare discutibile sia sotto il piano logico
ed interpretativo che sotto quello dell’applicazione dei principi in materia
giuslavoristica.
Sono moltissimi gli esempi, nel mondo del lavoro privato, così come in quello
pubblico, in cui lo svolgimento della pausa ricreativa (la c.d. pausa caffè,
oppure il tempo necessario alla consumazione del pasto da parte di soggetti
“turnisti”) rientra a pieno titolo nel periodo di attività lavorativa
retribuita, ma ciò non sta automaticamente a significare che anche quanto viene
consumato durante la pausa debba essere gratuitamente fornito. Invero la
refezione gratuita rappresenta un’eccezione prevista dai contratti collettivi di
lavoro di categoria.
Peraltro anche volendo considerare la fruizione gratuita del pasto come un
elemento retributivo, nessun principio impone, nel diritto del lavoro,
l’uguaglianza tra lavoratori dipendenti di datori di lavoro diversi e comunque
assoggettati a contratti collettivi diversi. L’estensione della gratuità dei
pasti prevista per i dipendenti comunali anche agli insegnanti statali appare,
quindi, priva di un reale fondamento giuridico, tanto più che il Consiglio di
Stato non si è in nessun modo soffermato ad effettuare una comparazione
complessiva del trattamento retributivo delle due categorie di lavoratori, né ha
tenuto conto che, ancorché diverso, il regime retributivo deve essere rapportato
alle prestazioni effettivamente richieste ed alle condizioni di lavoro
complessivamente imposte al lavoratore assoggettato ad un diverso contratto
collettivo nazionale.
Ne discende l’impossibilità di dedurre dall’ordinamento una principio generale
di gratuità della fruizione dei pasti da parte degli insegnanti addetti alla
sorveglianza nel periodo della refezione, la quale appare confermata anche dai
successivi interventi del legislatore di cui si è già dato conto.
In sintesi il riconoscimento di un tale principio finirebbe per gravare sulle
finanze comunali senza un reale fondamento giuridico, tanto più se si considera
che il costo di ogni attività formativa (e quindi anche dell’assistenza alla
refezione che a tale categoria viene ricondotta) deve essere posto a carico
dello Stato, gravando sull’ente locale la sola gestione dei servizi di
assistenza scolastica (e cioè, per quanto ci riguarda, la messa a disposizione
del servizio di mensa a fronte della corresponsione, da parte dei fruitori di un
apposito “buono pasto”.
Ne consegue che la rivendicazione degli insegnanti avrebbero dovuto più
propriamente assumere la veste di una controversia (eventualmente anche sul
piano sindacale) contro lo Stato-datore di lavoro e non anche di un ricorso
demolitorio di un provvedimento comunale che si è limitato a prendere atto della
carenza di una disposizione nell’ordinamento che attribuisse al personale
insegnante statale il diritto alla fruizione gratuita della mensa con
conseguente garanzia di recupero dei costi da parte del Comune, al pari di
quanto diversamente garantito dal CCNL per i dipendenti degli enti locali.
Sussistono peraltro giustificati motivi per disporre la compensazione delle
spese del giudizio, attesa la natura della controversia e la particolarità della
stessa, connessa ad una disciplina chiaramente lacunosa a lungo resa inoperante
dalla mancanza di accordo tra Stato ed Enti locali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, definitivamente
pronunciando, dichiara perento il ricorso, ai sensi dell’art. 9 2° c. della L.
21.7.2000 n. 205, nei confronti dei ricorrenti: Borella Anna, Airoldi Renza,
Arioldi Giuseppina, Barbagiovanni Marisa, Berardi Giuseppina, Bergamelli Sonia,
Bianchi Enrica, Bianchi Laura, Bonacina Maria Liliana, Bragnuolo Rosa, Cadei
Anna, Calzi Alessandra, Carrara Adriana, Castelli Maria Luisa, Cattaneo
Maddalena, Cerboni Carla Maria, Corvaglia Daniela, Cuomo Antonia Eugenia, D'Aguanno
Cesarina, Deleidi Tiziana, Di Martino Angelo Matteo, Di Matteo Maria Michela, Di
Matteo Rosalba, Faveri Adriana, Ferrara Pina Patrizia, Forlani Gina, Furma
Tiziana, Gandolfi Paola, Gavazzi Giovanna, Ghidini Marinella, Ghilardi Norma,
Giliberto Susanna, Ingrao Rosa, Iuni Angela, Laugelli Sandra, Leo Maria Rosaria,
Locatelli Daniella, Lozza Antonella, Marcolin Rosalba, Mazzoleni Paola, Milani
Miriam, Miozza Donatella, Moretti Elena, Nava Lucia, Ortobelli Lozza Elena,
Pesenti Annalisa, Provenza Rossella, Rolla Laura, Rolli Luigina, Rota Mariarosa,
Scarcia Ada, Sfragaro Angelina, Signorelli Maria Caterina, Soregaroli Annarosa,
Spini Ornella, Stracuzzi Carmela, Taffuri Giuseppina, Tavecchi Patrizia, Torelli
Antonella, Troia Maria, Vitali Margherita, Zamboni Maria; lo respinge in
relazione ai rimanenti ricorrenti.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14/05/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/06/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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