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TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738


INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Procedimento di bonifica - Atti - Competenza - Dirigenti - Art. 15 D.M. 471/99 - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006. Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti) poiché non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possono attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo (i quali ultimi definiscono solo gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento è riservato alla responsabilità dirigenziale). Ciò in forza del generale principio di distinzione tra attività di governo e attività di gestione che presiede l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche. L’applicazione di tale principio va del resto coordinata con quanto dispone l’art. 4 comma 3 del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui: “Le attribuzioni dei dirigenti....possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”. Detta conclusione è valida sia con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 15 del DM 471/99 (precedente al richiamato D.Lgs. n. 165/2001 e non avente natura legislativa), ancorché stabilisca che il progetto definitivo della bonifica venga approvato dal Ministro dell'Ambiente (di concerto con i Ministri dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e della Sanità), sia nello schema procedimentale di cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152/2006, che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive) (cfr. TAR LOMBARDIA; Brescia, n. 319/09 e TAR TOSCANA n. 2287/08). Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - Conferenza di servizi - Provvedimento conclusivo - Atto confermativo e consequenziale del verbale conclusivo - Motivazione. Il provvedimento conclusivo, quando non ribalti le decisioni prese in sede di Conferenza di servizi , è atto meramente confermativo e consequenziale delle determinazioni assunte in sede di Conferenza: ne deriva la sufficienza di una motivazione che si limiti a richiamare o recepire quella del verbale conclusivo . Per la stessa ragione il verbale conclusivo della Conferenza di servizi è atto autonomamente impugnabile. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Art. 252, c. 4 D.lgs. n. 152/2006 - Pareri o intese - Conferenza di servizi - Provvedimento conclusivo - Nuova acquisizione - Esclusione. Nel modulo procedimentale della conferenza di servizi i pareri o le intese di cui agli artt. 252 comma 4 del D.Lgs. 152/06 e 15 comma 4 del D.M. 471/1999 ben possono essere acquisiti all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del provvedimento finale si debba procedere ad una nuova acquisizione. (cfr. TAR LOMBARDIA; Brescia, n. 319/09) Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - D.M. 471/99 , Allegato 1 - Mancato inserimento di specifiche sostanze - Valori di concentrazione - Riferimento alle sostanze tossicologicamente più affini - Principio di precauzione di derivazione comunitaria. Il mancato inserimento di specifiche sostanze nel d.m. 471/99 non impedisce all’amministrazione di imporne la ricerca in quanto è applicabile la nota, contenuta nell'Allegato 1 del citato DM n. n. 471/99, secondo cui “per le sostanze non indicate in Tabella si adottano i valori di concentrazione limite accettabili riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. I, 21.6.2006 n. 7922). La prescrizione deve essere applicata a tutte le fattispecie di cui all’Allegato 1 del predetto DM n. 471/1999, poiché conforme e sostanzialmente attuativa del generale principio di precauzione di derivazione comunitaria. Detto principio, di contenuto ampio ed atipico, obbliga le autorità competenti ad adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici: infatti, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili - in tutti i loro ambiti d'azione - della tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato (Corte di Giustizia CE, Sentenza 26.11.2002 T-132; Cons. Stato, Sez. VI, 5.12.2002 n. 6657; T.A.R. Lombardia Brescia, 11.4.2005 n. 304)”. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - Valori limite relativi alle acque sotterranee - MTBE - Assimilazione tossicologica agli idrocarburi totali - Violazione del principio di proporzionalità - Parere ISS del 12.9.2006. Con parere del 12.9.2006, l’Istituto superiore di sanità ha messo in dubbio l’assimilazione tossicologica di del MTBE agli idrocarburi totali, prima invece affermata con parere del 6.2.2001. Ne deriva che il limite 10 µg/l fissato relativamente alle acque sotterranee, appare ispirato da un ingiustificato eccesso di prudenza in violazione del principio di proporzionalità.  Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - MISE - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 - Contenimento delle sorgenti di contaminazione - Barrieramento fisico - Istruttoria e motivazione. Nell’ambito degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza ex art. 240, d.lg. n. 152 del 3 aprile 2006, l’imposizione di una forma di barrieramento fisico al fine di di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, deve essere preceduta, in ragione della sua invasività, da adeguata istruttoria e deve essere fondata su una motivazione che dia conto delle ragioni di inadeguatezza di altre misure poste in essere e delle valutazioni di eventuali ipotesi alternative di messa in sicurezza (cfr. TAR Sardegna n. 1809/07). Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738
 

 

 

 

N. 01738/2009 REG.SEN.
N. 01300/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 1300 del 2007, proposto da:
ENI SPA,
rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Grassi, Giuseppe Onofri,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Onofri in Brescia, via Ferramola, 14 (030/3755220) @;


contro
 

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,
domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6 (Fax=030/41267);

REGIONE LOMBARDIA,
non costituita in giudizio;

nei confronti di

MINISTERO DELLA SALUTE,
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE,
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
ISPESL - ISTITUTO SUPERIORE PREVENZIONE E SICUREZZA SUL LAVORO,
AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELL'AMBIENTE E PER I SERVIZI TECNICI (APAT),
ENEA - ENTE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L'ENERGIA E L'AMBIENTE, ISTITUTO CENTRALE PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA APPLICATA AL MARE (ICRAM),
AUTORITA' DI BACINO DEL PO,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura,
domiciliata per legge in Brescia,
via S. Caterina, 6 (Fax=030/41267);

COMUNE DI MANTOVA,
rappresentato e difeso dagli avv. Chiara Bergamaschi, Sara Magotti,
con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;

ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITA',
ANAS SPA,
PROVINCIA DI MANTOVA,
COMUNE DI VIRGILIO,
COMUNE DI SAN GIORGIO DI MANTOVA,
AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE (ARPA) - LOMBARDIA
A.S.L. DELLA PROVINCIA DI MANTOVA,
AGENZIA INTERREGIONALE PER IL FIUME PO,
ENTE PARCO DEL FIUME MINCIO,
AZIENDA REGIONALE PER I PORTI DI CREMONA E MANTOVA
SVILUPPO ITALIA SPA,
SOGESID SPA,
non costituiti in giudizio;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

del decreto prot. n. 3825/QdV/DI7B adottato in data 1/8/2007, con il quale il dirigente competente del Ministero dell’Ambiente ha disposto di approvare e di considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di Servizi del 27/7/2007, nonchè di ogni altro atto, connesso, presupposto e/o conseguente..


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Mantova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/07/2009 il dott. Carmine Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Eni s.p.a., nella sua qualità di proprietaria di un impianto di distribuzione carburanti con marchio IP, sito nella via Brennero del Comune di Mantova, e quindi nel perimetro dell’area inquinata di interesse nazionale costituita dai laghi di Mantova, impugna:
­ il provvedimento del 1. 8. 2007 con cui il direttore generale del Ministero dell’ambiente ha disposto di approvare tutte le prescrizioni stabilite dal verbale di conferenza di servizi del 27. 7. 2007 relativo alla bonifica dei laghi di Mantova e del polo chimico,
­ lo stesso verbale di conferenza di servizi del 27. 7. 2007,
­ l’accordo di programma tra Ministero, Regione, Provincia, Parco del Mincio, e Comuni di Mantova, Virgilio e San Giorgio di Mantova del 31. 5. 2007, di cui la conferenza di servizi ha preso atto.

Si costituivano in giudizio tramite l’Avvocatura dello Stato il Ministero dell’Ambiente, il Ministero della Salute, il Ministero dello Sviluppo economico, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza sul lavoro, l’Agenzia di protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, l’E.N.E.A., l’Istituto centrale ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, l’Autorità di bacino del fiume Po.

Si costituiva, inoltre, il Comune di Mantova.

Nessuno si costituiva per le altre parti che la ricorrente ha ritenuto di convenire in giudizio (l’Istituto superiore della sanità, A.N.A.S. spa, Regione Lombardia, Provincia di Mantova, Comune di Virgilio, Agenzia interregionale del fiume Po, A.R.P.A. Lombardia, ASL Mantova, Sviluppo Italia s.p.a., Sogesid s.p.a.).

I motivi di ricorso sono i seguenti:

1. Il decreto dirigenziale del 1. 8. 2007 sarebbe illegittimo per violazione di una serie di regole procedurali: in particolare, sarebbe stato emesso dall’organo amministrativo e non dall’organo dotato di rappresentatività politica; difetterebbe del contenuto tipico previsto dall’art 252, co. 6, codice dell’ambiente, limitandosi a recepire il contenuto della conferenza di servizi; non sarebbe stato sentito il Ministero delle attività produttive; non sarebbe indicato il nominativo del soggetto che partecipa per la Regione Lombardia, e quindi non è dato di sapere se tale soggetto fosse legittimato oppure no; i rappresentanti dei ministeri della Salute e dello Sviluppo economico non sarebbero stati presenti all’inizio della riunione il 23. 7. 2007.

2. Il verbale della Conferenza di servizi del 27. 7. 2007 sarebbe illegittimo nella parte in cui impone di ricercare dei parametri (MTBE, piombo tetraetile, isopropilbenzene e vanadio) non previsti dalla normativa di riferimento come indici da cui far ricavare la contaminazione dei suoli.

3. Il verbale della Conferenza di servizi del 27. 7. 2007 sarebbe illegittimo nella parte in cui impone una messa in sicurezza d’emergenza di cui difetterebbero i presupposti in quanto la stessa sarebbe prevista per contaminazioni repentine, e non per inquinamento risalenti, e mancherebbe del tutto un accertamento sul pericolo per la salute pubblica della situazione in essere.

4. Il verbale della Conferenza di servizi del 27. 7. 2007 sarebbe illegittimo nella parte in cui impone una messa in sicurezza d’emergenza a soggetto diverso dal responsabile dell’inquinamento, e la mancanza di responsabilità dell’Eni – nella sua qualità di proprietaria del distributore – sarebbe evincibile dal fatto che l’inquinamento nei suoli di proprietà vi è sia in entrata che in uscita con trend decrescente.

5. Il verbale della Conferenza di servizi del 27. 7. 2007 sarebbe illegittimo nella parte in cui impone una messa in sicurezza d’emergenza mediante confinamento fisico, in quanto non sono stati valutati costi e benefici di questo tipo di intervento, né i rischi per l’ambiente.

6. l’Accordo di programma del 31. 5. 2007 sarebbe illegittimo nella parte in cui affida a Sogesid s.p.a. la preparazione dello studio di fattibilità, sia perché il Ministero può provvedere solo se il soggetto privato interessato sia inadempiente; sia perché il soggetto privato cui affidare lo studio deve essere individuato a seguito di procedure di evidenza pubblica; sia perché l’affidamento a Sogesid si pone in contrasto al precedente affidamento dello stesso incarico a Sviluppo Italia.

7. Il verbale della Conferenza di servizi del 27. 7. 2007 sarebbe illegittimo nella parte in cui impone all’Eni di cercare nelle acque di falda tutti gli analiti indicati da ARPA Lombardia, in quanto essa poteva essere obbligata a cercare solo quelli che derivano dal proprio ciclo produttivo e non altro; tali richieste inoltre si porrebbero in contrasto con richieste precedenti in cui era stato chiesto di cercare solo alcuni parametri, e quindi si pongono in contrasto con atti amministrativi che hanno creato situazioni consolidate; sullo stesso punto si deduce anche la violazione delle regole partecipative, perché, se coinvolta nel procedimento, la ricorrente avrebbe potuto chiarire la natura della sua attività e contribuire ad individuare i parametri da cercare.


Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 14. 7. 2009, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.


DIRITTO


I. E’ fondato il quinto motivo di ricorso, con assorbimento del terzo e del quarto motivo.

E’ parzialmente fondato il secondo motivo di ricorso.

E’ inammissibile il sesto motivo di ricorso.

Tutti gli altri motivi devono essere rigettati.


II. Il primo motivo di ricorso che articola censure di tipo procedurale verso il provvedimento dirigenziale conclusivo della Conferenza di servizi deve essere respinto.

Non ha fondamento il primo rilievo, secondo cui il provvedimento avrebbe dovuto essere emanato dal Ministro, e non dal dirigente. Questo Tribunale ha già affermato nella sentenza 319/09 che “gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti) poiché non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possono attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo (i quali ultimi definiscono solo gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento è riservato alla responsabilità dirigenziale). Ciò in forza del generale principio di distinzione tra attività di governo e attività di gestione che presiede l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche. L’applicazione di tale principio va del resto coordinata con quanto dispone l’art. 4 comma 3 del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui: “Le attribuzioni dei dirigenti....possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”. Detta conclusione è valida sia con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 15 del DM 471/99 (precedente al richiamato D.Lgs. n. 165/2001 e non avente natura legislativa), ancorché stabilisca che il progetto definitivo della bonifica venga approvato dal Ministro dell'Ambiente (di concerto con i Ministri dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e della Sanità), sia nello schema procedimentale di cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152/2006, che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive)”.

Il Tribunale, nella sua composizione odierna, condivide tale orientamento, e rileva che il l’orientamento citato è stato nel frattempo confermato anche da Tar Toscana, sez. II, 2287/08, secondo cui “la competenza ad adottare l'ordinanza prevista dall'art. 8, co. 2 del D.M. 28 ottobre 1999 n. 471 spetta al dirigente (o in sua assenza al responsabile del servizio) e ciò sulla base del richiamo all'art. 70, co. 6 del d.lgs. 31 marzo 2001 n. 165 che, nel reiterare l'art. 45, co. 1 del d.lgs. n. 80 del 1998, abrogato dall'art. 72, co. 1, lett. b) del citato d.lgs. n. 165 del 2001, ha disposto che, a decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni che conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti o provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti”.


Non ha fondamento il secondo rilievo, secondo cui il provvedimento difetterebbe di motivazione, limitandosi a recepire quella della Conferenza di servizi che conclude. Sul punto l’Avvocatura dello Stato replica sostenendo che il decreto ministeriale impugnato ha solo la funzione di approvazione formale che attesta la regolarità formale delle decisioni prese in sede di conferenza, ma non deve avere una motivazione autonoma rispetto a quest’ultima.

Deve essere condivisa la posizione espressa dall’Avvocatura dello Stato. La norma attributiva di potere, che è l’art. 14 ter comma 6 bis l. 241/90, stabilisce che “all'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede”.

Nel caso di specie la Conferenza di servizi ha avuto la presenza due sole amministrazioni, il Ministero dell’Ambiente e la Regione Lombardia, essendo state assenti le altre amministrazioni convocate. L’autorità procedente era costituita proprio dal Ministero dell’Ambiente, che è l’amministrazione che nel verbale della Conferenza di servizi ha preso posizione su tutti gli aspetti della questione della bonifica del polo chimico di Mantova, che di volta in volta venivano affrontati. Chiedere che il Ministero dell’Ambiente, nel momento in cui ha emesso il provvedimento di approvazione di una Conferenza di servizi, ripeta valutazioni che ha già effettuato in modo esteso, già appare ad una prima prospettazione come una censura meramente formale, posto che lo scopo della norma generale sull’obbligo di motivazione consiste nel consentire alla parte privata di poter comprendere le ragioni che sono poste alla base della determinazione amministrativa, e che nel caso di specie tali ragioni sono ben chiare alla parte privata, che articola contro di essa ventisei motivi di ricorso, in quanto nella Conferenza di servizi si dà conto dei motivi per cui non possono essere accolte le proposte di messa in sicurezza di parte privata (cfr. in particolare le pagine da 62 a 67 della Conferenza di servizi, in cui sono contenute le risposte agli elaborati tecnici della società ricorrente).

Oltre che risolversi in una censura meramente formale, peraltro, la deduzione sulla necessità di una motivazione più articolata del provvedimento del Ministero che recepisce gli esiti della Conferenza di servizi è anche non corretta in diritto.

Il rapporto, infatti, tra esiti della Conferenza di servizi e provvedimento conclusivo è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza che ha concluso nel senso che il provvedimento conclusivo, quando non ribalti le decisioni prese in sede di Conferenza, è atto meramente confermativo e consequenziale delle determinazioni assunte in sede di Conferenza (e da questo principio la stessa giurisprudenza fa derivare l’impugnabilità autonoma del verbale conclusivo della Conferenza di servizi, che infatti nel caso di specie parte ricorrente ha puntualmente impugnato) (v. sul punto, ad esempio, la posizione di Tar Toscana, sez. I. 978/05: la determinazione conclusiva della conferenza assunta sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in tale sede è immediatamente esecutiva ed è autonomamente ed immediatamente impugnabile e ciò rende senz'altro superflua l'adozione di un successivo provvedimento da parte dell'Amministrazione procedente che dovendo necessariamente uniformarsi alle decisioni assunte dall'organo collegiale avrebbe un carattere meramente dichiarativo degli esiti della conferenza).


Non ha fondamento il terzo rilievo, secondo cui non sarebbe stato sentito il Ministro delle attività produttive, come prescritto dall’art. 252 d.lgs. 152/06.

L’Avvocatura dello Stato replica che il Ministero è stato convocato alla conferenza di servizi del 23. 7. 2007 con fax del 20. 7. 2007, e non ha ritenuto di partecipare, né di chiedere lo spostamento della riunione ex 14 ter l. 241/90.

Il Tribunale aveva già preso posizione su tale deduzione difensiva nella sentenza 319/09, in cui era stato affermato che “nel modulo procedimentale della conferenza di servizi i pareri o le intese di cui ai richiamati artt. 252 comma 4 del D.Lgs. 152/06 e 15 comma 4 del D.M. 471/1999 ben possono essere acquisiti all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del provvedimento finale si debba procedere ad una nuova acquisizione”.

Nel caso in esame l’Avvocatura ha provato la regolare convocazione del Ministero delle attività produttive alla Conferenza di servizi fissata per il giorno 23. 7. 2007. La circostanza che la riunione non sia stata conclusa in quella sede, ma sia stata aggiornata al giorno 27 luglio non imponeva una nuova convocazione del Ministero delle attività produttive.


In ordine alla censura relativa alla identità del soggetto che partecipa per la Regione Lombardia, che è formulata in termini dubitativi (necessità di sapere chi sia tale soggetto per poter verificare se poi lo stesso sia effettivamente dotato di poteri rappresentativi dell’ente), va rilevato che il nome del soggetto che partecipa alla Conferenza di servizi per conto della Regione Lombardia è indicato nel corso del verbale della Conferenza di servizi ed è pure riportata la sua firma in calce al verbale (con indicazione del nominativo dello stesso). Tale soggetto si è assunto la responsabilità della espressione della volontà dell’ente apponendo la firma sul verbale conclusivo, è quindi contro il suo eventuale difetto di rappresentanza che vanno mosse le censure, che nei termini generici ed ipotetici in cui sono state formulate devono, pertanto, ritenersi infondate.


E’ infondato anche il rilievo sulla regolare convocazione alla Conferenza dei Ministeri delle attività produttive e della Salute.

Sul punto della regolare convocazione, come si è già anticipato nel motivo precedente, l’Avvocatura precisa che la Conferenza di servizi del 27. 7. 2007 è la prosecuzione di quella del 23. 7. 2007 (cui Ministeri della Salute e Sviluppo economico sono stati convocati con fax del 12 e del 20 luglio 2007), e quindi non abbisognava di nuova convocazione.


III. Il secondo ed il settimo motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, avendo ad oggetto entrambi la richiesta rivolta dall’autorità amministrativa al soggetto privato di ricercare alcuni parametri per preparare il piano di caratterizzazione.

La deduzione difensiva è fondata, limitatamente al solo parametro relativo alla sostanza MTBE.


Il punto di partenza dell’argomento della difesa è che MTBE, piombo tetraetile, isopropilbenzene e vanadio non sono sostanze incluse nelle tabelle allegate al d.m. 471/99 (sul piombo tetraetile, va anche specificato che la tabella contiene un riferimento in generale al piombo, che, a giudizio della difesa, non è applicabile al piombo tetraetile). Quest’argomento è già stato affrontato dal Tribunale nella sentenza 1630/08 resa inter partes, ed in quella occasione il Tribunale ha ritenuto che il mancato inserimento delle sostanze nel d.m. 471/99 non impedisce all’amministrazione di imporne la ricerca in quanto viene ritenuta “applicabile la nota, contenuta nell'Allegato 1 del citato DM n. n. 471/99, secondo cui “per le sostanze non indicate in Tabella si adottano i valori di concentrazione limite accettabili riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente” (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. I, 21.6.2006 n. 7922). Al riguardo non può essere condivisa l'obiezione basata sul criterio interpretativo della sedes materiae, che porterebbe ad escludere l'applicazione della nota in esame poiché collocata nell'ambito del solo Punto 1 riguardante “Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel sottosuolo in relazione alla specifica destinazione d’uso del sito”, mentre non risulta essere stata formalmente ripetuta nel successivo Punto 3 riguardante “Valori di concentrazione limite accettabili nelle acque sotterranee”. A giudizio del Collegio detta prescrizione deve essere applicata a tutte le fattispecie di cui all’Allegato 1 del predetto DM n. 471/1999, riguardante i “Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti, e criteri di accettabilità per le acque superficiali”, poiché conforme e sostanzialmente attuativa del generale principio di precauzione di derivazione comunitaria. Detto principio, di contenuto ampio ed atipico, obbliga le autorità competenti ad adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici: infatti, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili - in tutti i loro ambiti d'azione - della tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato (Corte di Giustizia CE, Sentenza 26.11.2002 T-132; Cons. Stato, Sez. VI, 5.12.2002 n. 6657; T.A.R. Lombardia Brescia, 11.4.2005 n. 304)”.

L’argomento della difesa sul mancato inserimento nelle tabelle allegate al d.m. 471/99, pertanto, non può essere accolto, in quanto le tabelle in questione non contengono una elencazione tassativa, ma sono suscettibili di interpretazione analogica fondata sulla eadem ratio (interpretazione che, ai soli fini amministrativi, e prescindendo dagli aspetti penali della bonifica, non è vietata da alcuna norma di principio).


Il motivo presentato dalla difesa è, invece, fondato quanto al parametro relativo al c.d. MTBE.

Si è detto, infatti, che si può ricercare anche sostanze non citate espressamente nel d.m. 471/99, purchè si faccia riferimento a quella ad essa più affine tossicologicamente. Nel caso della sostanza MTBE la prescrizione della Conferenza di servizi si fonda sull’assimilabilità di tale sostanza ad un idrocarburo.

Il metil-t-butil etere (in sigla MTBE) è un composto organico di sintesi derivante dal metanolo e dal 2-metil-2-propanolo. Viene impiegato come additivo per la benzina per aumentarne il numero di ottano, in sostituzione del piombo tetraetile e del benzene. Viene prodotto per addizione elettrofila del metanolo all'isobutene, in presenza di un catalizzatore acido.

L’assimilabilità ad un idrocarburo di tale sostanza è, in realtà, piuttosto discussa, in quanto fondata su un parere dell’Istituto superiore di sanità datato 6. 2. 2001.

Il parere in questione è stato rivisto dall’Istituto superiore di sanità con altro parere del 12. 9. 2006, in cui è stato affermato che “l’originaria assimilazione del MTBE agli idrocarburi totali non va tenuta ferma, in quanto l’MTBE non è definibile come idrocarburo ma è appartenente alla famiglia degli eteri, pur se ritiene che i valori limite dell’MTBE debbano essere tenuti fermi non sulla base di un affinità di tipo tossicologico, ma del valore di soglia olfattiva.

Il Tribunale ha già avuto modo di pronunciarsi sul revirement dell’Istituto superiore di sanità nella sentenza 1630/08 ed ha ritenuto che queste spiegazioni successive dell’Istituto non siano sufficienti per fondare a questo punto l’assimilazione della sostanza MTBE ai valori limite degli idrocarburi, affermando che “a giudizio del Collegio, considerata quindi la dubbia assimilazione tossicologica tra MTBE e gli idrocarburi totali, il limite fissato nel parere del 2001, relativamente alle acque sotterranee (pari a 10 µg/l), pare essere stato ispirato da un ingiustificato eccesso di prudenza in violazione del principio di proporzionalità. Di conseguenza la prescrizione sub a) va annullata limitatamente alla parte in cui fissa il valore di riferimento del MTBE in 10 µg/l per le acque sotterranee”.

Nel corso di questo giudizio, il Ministero ha messo in evidenza nella relazione depositata a seguito dell’ordinanza istruttoria di questo Tribunale che la richiesta di monitorare il valore del metil-t-butil etere nasce dal fatto che a monte dello stabilimento Polimeri è situata la raffineria della IES s.p.a. (si era detto prima che l’MTBE è un additivo per la benzina) e che la VII campagna di monitoraggio ha evidenziato una elevata concentrazione di tale sostanza. Questi argomenti sono molto interessanti e spiegano in fatto perché è stata imposta questa prescrizione, ma non possono superare l’argomento in diritto della mancanza di una disposizione normativa che consenta la ricerca di questo parametro, una volta caduta l’assimilabilità dello stesso agli idrocarburi totali.


IV. E’ fondato, invece, il quinto motivo di ricorso, in cui si censura la adeguatezza della istruttoria effettuata prima di decidere di ordinare alla parte la messa in sicurezza d’emergenza mediante contenimento fisico.

Si tratta di una misura molto invasiva – perché punta a creare, per l’appunto, una barriera fisica tra acque e suoli inquinati e territorio ancora immune dall’inquinamento – e molto contestata, perché, introducendo un elemento artificiale nella continuità naturale delle acque e dei suoli, potrebbe creare dei problemi di carattere idrogeologico.

La questione è già stata esaminata dal Tribunale che, nella pronuncia 1278/07 aveva ritenuto, sia pure in termini molto dubitativi e generici, che tale misura non fosse stata preceduta da adeguata istruttoria, e nella pronuncia 319/09 aveva, invece, sostenuto che la censura non fosse deducibile in quanto la richiesta di apprestare una opera di contenimento fisico non fosse ancora lesiva risolvendosi in un mero ordine di disporre adempimenti progettuali.

Dal suo canto, la società ricorrente continua ad affermare che, per impedire l’ulteriore propagazione dell’inquinamento, è sufficiente la misura del contenimento idraulico (che consiste nell’emungimento delle matrici inquinanti tramite un sistema di pompe), e non occorre affatto procedere ad un sistema così drastico come il barrieramento fisico.

In fatto l’Avvocatura deduce che, in realtà, l’insufficienza dell’attuale misura di mero contenimento idraulico ad evitare la ulteriore diffusione dell’inquinamento è stata accertata in quanto le campagne di monitoraggio hanno evidenziato che l’inquinante è uscito dal canale Sisma ed ha contaminato le acque di falda diffondendo anche la presenza del surnatante.

Queste considerazioni in fatto possono essere condivise, nel senso che l’inadeguatezza dello strumento del contenimento idraulico per impedire l’ulteriore propagazione dell’inquinante è ormai dimostrata dalle ulteriori analisi effettuate nel corso delle campagne di monitoraggio progressivamente intraprese (cfr., in particolare, documento A.R.P.A. del 17. 3. 2008 secondo cui le misure di contenimento idraulico adottate non hanno consentito di “contenere il prodotto surnatante entro lo stabilimento” “diversi pozzi/piezometri la contaminazione delle acque sotterranee si mantiene estremamente elevata e costante nel tempo”); ciò, però, non è sufficiente per ritenere che sia necessaria un’opera così impattante come il barrieramento fisico.

La giurisprudenza amministrativa ha assunto, infatti, sempre una posizione piuttosto critica nei confronti del barrieramento fisico, richiedendo che sia in essere una situazione molto grave perché possa essere giustificato questo tipo di intervento (cfr. per tutti Tar Sardegna 1809/07: “in un procedimento per l'adozione di misure di bonifica e di ripristino ambientale in un sito inquinato di interesse nazionale ex art. 14, l. 31 luglio 2002 n. 179, è illegittima l'imposizione di una barriera di contenimento fisico di una falda inquinata (costituente un intervento di messa in sicurezza d'emergenza ex art. 240, d.lg. n. 152 del 3 aprile 2006), al fine di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, qualora, nel verbale della conferenza di servizi decisoria che abbia disposto tale misura, non risulti una motivazione specifica relativamente all'accertamento della situazione di emergenza « repentina » e della gravità della situazione denunciata che possano giustificare l'intervento richiesto”).

Nel caso in esame, nel verbale della Conferenza di servizi la prescrizione sul contenimento fisico non è preceduta da alcun valutazione sull’insufficienza delle misure poste in essere, sulla realizzabilità dell’intervento, sulle valutazione di eventuali ipotesi alternative di messa in sicurezza.

Ne consegue che allo stato, per i termini in cui è stata formulata, la prescrizione sull’obbligo di realizzare un contenimento fisico dell’area inquinata si rivela illegittima.


V. L’accoglimento del motivo 5 porta a dichiarare assorbiti i motivi 3 e 4, che avevano ad oggetto la medesima prescrizione sul contenimento fisico.

Infatti, “nel giudizio amministrativo, l'accoglimento di una censura, che sia in grado di provocare la caducazione dell'atto impugnato, fa venire meno l'interesse del ricorrente all'esame degli altri motivi da parte del giudice e la potestà di questi di procedere a tale esame, autorizzando la dichiarazione di assorbimento" (Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4829).


VI. Deve essere invece dichiarato inammissibile il sesto motivo di ricorso avente ad oggetto l’accordo di programma del 31. 5. 2007, ed in particolare l’affidamento a Sogesid s.p.a. della preparazione dello studio di fattibilità dell’intervento di messa in sicurezza.

Sia l’Avvocatura dello Stato che la difesa del Comune di Mantova hanno eccepito, infatti, l’inammissibilità delle censure relative all’accordo di programma.

Occorre convenire con la soluzione prospettata dalla difesa dello Stato e degli enti locali. La questione è già stata affrontata nella sentenza 318/09, in cui il Tribunale aveva, per l’appunto, dichiarato l’impugnazione inammissibile in quanto “la controversia ha per oggetto un accordo di programma di carattere generale, sottoscritto per la disciplina dei rapporti tra amministrazioni pubbliche (le quali beneficiano, a tal fine, di contributi pubblici), che non ha, almeno nella fase iniziale e programmatica in esame, alcun riflesso sull'attività della ricorrente. L'accordo disciplina l’attuazione di interventi comuni di parte pubblica con la possibilità, per i privati, di aderire e di coordinare, in questo modo, gli interventi di relativa competenza (messa in sicurezza, bonifica e recupero ambientale) con gli interventi attuativi dell’accordo di programma. Si potrebbe intravvedere legittimazione ed interesse ad agire riguardo la dedotta pericolosità ambientale degli interventi oggetto dell'accordo di programma (in particolare di quello che prevede il confinamento fisico del sito). La ricorrente, tuttavia, non chiarisce quali siano gli effettivi pregiudizi concernenti i propri individuali interessi, anche perché l'accordo non individua misure specifiche di immediata attuazione, le quali saranno definite attraverso provvedimenti successivi da adottare sulla base di appositi studi di fattibilità”.

Occorre anche aggiungere, a completamento del ragionamento svolto nella sentenza 319/09, che l’accordo di programma è un modulo procedimentale che raccorda l’azione degli enti pubblici che sono tutti titolari di (diverse) competenze da esercitare in un medesimo procedimento amministrativo. La circostanza che gli stessi abbiano deciso di procedere ad un’intesa per concordare tra loro le linee di condotta da portare avanti nella soluzione della questione dell’inquinamento dell’area del polo chimico di Mantova, e per evitare quindi di procedere ciascuno secondo direttrici differenti, non può essere oggetto di censura da parte del soggetto privato che auspicava che l’esito dell’accordo di programma fosse la scelta di una linea più favorevole ai propri interessi, posto che la parte privata resta libera di aderire o meno all’accordo di programma, e che nel caso non aderisca resta libera di contestare la legittimità dei provvedimenti unilaterali successivi che portano ad esecuzione l’accordo (cosa che, nel caso in esame, la ricorrente ha effettuato proponendo impugnazione contro il verbale della successiva Conferenza di servizi tra Ministero dell’Ambiente e Regione Lombardia del 27. 7. 2007).


VII. Deve essere disposta la compensazione delle spese di lite in ragione della soccombenza reciproca sui diversi motivi di ricorso e delle interrelazioni esistenti tra essi.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:

Accoglie il quinto motivo, e, per l’effetto, annulla il decreto direttoriale 1. 8. 2007 ed il verbale della conferenza di servizi del 27. 7. 2007 nella parte in cui impongono alla società ricorrente di procedere al barrieramento fisico dell’area in cui è stato accertato l’inquinamento.
Accoglie il secondo motivo, con riferimento al solo parametro MTBE, e, per l’effetto, annulla il decreto direttorile 1. 8. 2007 ed il verbale della conferenza di servizi 27. 7 2007 nella parte in cui impongono alla società ricorrente di procedere alla caratterizzazione del sito ricercando il parametro MTBE.
Dichiara inammissibile il sesto motivo.
Respinge per il resto.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14/07/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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