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TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n. 1742

 


DIRITTO URBANISTICO - Distanze - Pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9 - Strumenti urbanistici contrastanti con la norma - Giudice di merito - Disapplicazione. Il D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 - là dove all’art. 9 prescrive in tutti i casi la distanza minima assoluta di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - è norma che impone determinati limiti edilizi ai comuni nella formazione o revisione degli strumenti urbanistici. Da ciò deriva (cfr. ex multis Cass. Civ. Sez. II 1.11.2004 n. 21899) che l'adozione, da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la norma comporta l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata. Pres. Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n.1742

DIRITTO URBANISTICO - Distanza fra costruzioni - Regime della cd. “doppia tutela”. In tema di distanza fra costruzioni o di queste con i confini vige il regime della c.d. “doppia tutela”. Questo vuol dire che il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata. (cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 1 luglio 2002 n. 9555). Consegue, quindi, da ciò che sussistono nel nostro ordinamento ipotesi di doppia tutela in relazione a possibili violazioni della disciplina vigente in materia di distacco delle costruzioni dai confini del fondo ovvero da altre costruzioni, a seconda che si agisca nei riguardi del confinante ovvero nei confronti dell'Amministrazione Comunale che ha rilasciato il titolo edilizio, ben potendo le azioni stesse coesistere e ben potendo il titolare dell'interesse qualificato alla legittimità dell'azione amministrativa ottenere, comunque, in sede di giurisdizione amministrativa l'annullamento ope iudicis del titolo edilizio reputato illegittimo anche a prescindere dalla sua eventuale disapplicazione da parte del giudice ordinario concomitantemente adito, a' sensi degli artt. 4 e 5 della L. 25 marzo 1965 n. 2248, all. E. (cfr. TAR Veneto Sez 2° 17.6.2005 n. 2504). Pres. Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n.1742

DIRITTO URBANISTICO - Distanze tra edifici - Proprietario frontista - Diritto al mantenimento di un fabbricato preesistente costruito a distanza inferiore a quella legale - Ulteriore diritto ad apportare modifiche o aggiunte - Esclusione. L'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato preesistente sin dall'origine costruito ad una distanza inferiore a quella legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche costituirebbero un'ulteriore - e non consentita - violazione della normativa in materia di distanze. (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 26 agosto 2002 , n. 12483). Pres. Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n.1742

 
 

 

 

 

N. 01742/2009 REG.SEN.
N. 00575/1998 REG.RIC.
N. 00846/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 575 del 1998, proposto da:
Tedoldi Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto, Bonzi Marco, rappresentati e difesi dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37;


contro


Comune di Villanuova sul Clisi, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Capretti, con domicilio eletto presso Francesco Capretti in Brescia, via Vittorio Emanuele II, 60;

nei confronti di
Zorzi Giorgio, rappresentato e difeso dall'avv. Giacomo Bonomi, con domicilio eletto presso Giacomo Bonomi in Brescia, via Vittorio Emanuele II, 60;

Sul ricorso numero di registro generale 846 del 1998, proposto da:
Tedoldi Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto, Bonzi Marco, rappresentati e difesi dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37;
 

contro


Comune di Villanuova sul Clisi, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Capretti, con domicilio eletto presso Francesco Capretti in Brescia, via Vittorio Emanuele II, 60;

nei confronti di
Ronchi Mauro, subentrato a Zorzi Giorgio, rappresentato e difeso dall'avv. Giacomo Bonomi, con domicilio eletto presso Giacomo Bonomi in Brescia, via Vittorio Emanuele II,60;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 575 del 1998:
della concessione edilizia in data 10.3.1998, n. 75/0/97 rilasciata al controinteressato.

quanto al ricorso n. 846 del 1998:
del provvedimento in data 25.6.1998, a firma del Segretario comunale, con cui è stata reiterato il rilascio della concessione edilizia n. 75/97.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Villanuova Sul Clisi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Zorzi Giorgio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Villanuova Sul Clisi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ronchi Mauro, subentrato a Zorzi Giorgio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2009 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso notificato il 6 maggio 1998 e depositato presso la Segreteria della Sezione l’8 maggio 1998 (ed ivi rubricato al n. 575/98 del R.G.R.), Tedoldi Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto e Bonzi Marco hanno impugnato la concessione edilizia in data 10 marzo 1998 n. 75/0/97 rilasciata al controinteressato Zorzi Giorgio, articolando le seguenti doglianze:

1) Incompetenza. Violazione di legge per mancata applicazione di legge (art. 51 legge N. 142/90). L'art. 51 della L. n. 142/1990, nel testo novellato dall’art. 6 della L. n.127/97, attribuisce direttamente al dirigente o comunque al responsabile del servizio il potere di rilasciare le concessioni edilizie, mentre la concessione risulta sottoscritta dall'assessore all'urbanistica, organo del tutto privo di competenze in materia.

2) Violazione di legge (art. 9 D.M. 2 aprile 1968) eccesso di potere per violazione di norma regolamentare (art. 21 NTA vigenti ed art. 14 NTA in salvaguardia del PRG di Villanuova sul Clisi).

L’intervento edilizio assentito consente di costruire una parete in muratura, in sostituzione di un preesistente telone, in tal modo realizzando una parete finestrata antistante quella di proprietà dei ricorrenti, in violazione delle distanze minime fra pareti finestrate e dai confini.

3) Violazione di legge (art. 31 L. n. 1150/42) ed eccesso di potere per difetto dei presupposti;

La concessione consente di ristrutturare un locale, sull’erroneo presupposto che il relativo volume sia urbanisticamente legittimo, ciò che non è, in quanto detta struttura sarebbe stata realizzata abusivamente negli anni ’80.

Si sono costituiti in giudizio l’intimata Amministrazione comunale ed il controinteressato Zorzi Giorgio, chiedendo la reiezione del gravame.

Alla camera di consiglio del 12.6.1998, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare (ord. n. 487/98), avendo ritenuto fondato il motivo con cui si lamentava l’incompetenza dell’Assessore ad emettere l’atto.

Il Comune, preso atto di tale interinale statuizione, ha provveduto, in data 26.6.1998, ad assumere nuovo provvedimento, a firma del Segretario comunale, con cui è stata nuovamente rilasciata la predetta concessione edilizia.

Tale atto è stato fatto oggetto - con atto notificato il 10.7.1998 e depositato il 14.7.1998 - di nuova impugnazione (rubricata al n. 847/98 R.G.R.), da parte di Tedoldi Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto e Bonzi Marco, sulla base dei seguenti motivi:

1) Violazione di legge per errate mancata applicazione di legge (are. 31 legge n. 1150/42). Si tratta di concessione nuova rispetto alla precedente, che è stata ritirata, e quindi sarebbe stato necessario acquisire nuovamente il parere della commissione edilizia, anche in relazione alle ulteriori doglianze evidenziate dai ricorrenti medesimi con il precedente ricorso.

2) Violazione di legge (art. 9 D. M. 2 aprile 1968) ed eccesso di potere per violazione di norma regolamentare (articolo 21 NTA vigenti e articolo 14 di quelle in salvaguardia).

L’intervento edilizio assentito consente di costruire una parete in muratura, in sostituzione di un preesistente telone, in tal modo realizzando una parete finestrata antistante quella di proprietà dei ricorrenti, in violazione delle distanze minime fra pareti finestrate e dai confini.

3) Violazione di legge (articolo 31 legge 1150/42) ed eccesso di potere per difetto dei presupposti.

I ricorrenti evidenziano che il fabbricato interposto tra il bocciodromo e il locale destinato bar non è autorizzato da nessun titolo edilizio e quindi costituisce un volume abusivo, contestano quindi quanto affermato nel provvedimento impugnato in data 26/6/1998 ove si sostiene che il locale sarebbe stato realizzato "nel 1966 con distanze previste dal codice civile". In particolare, i ricorrenti evidenziano che anteriormente all'agosto 1967 era consentito realizzare edifici senza licenza edilizia ma solo per le costruzioni che si trovavano al di fuori del perimetro del centro edificato in comune privo di strumentazione urbanistica. Peraltro non è questo il caso che viene in rilievo, dato che l'opera si trova all'interno del perimetro del centro edificato, come potrà accertarsi mediante verificazione tecnica.

Si sono costituiti in giudizio l'amministrazione comunale nonché il controinteressato Ronco Mauro, subentrato a seguito di voltura del titolo edilizio a Zorzi Giorgio, chiedendone il rigetto

Alla camera di consiglio del 4.9.1998, la Sezione ha respinto (ord. n. 648/98) la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, sul presupposto dell’ormai intervenuta realizzazione dell’opera.

Entrambi i ricorsi sono stati fissati per la pubblica udienza del 14.7.2009, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie illustrative delle rispettive posizioni.

All’esito della pubblica udienza i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
 

DIRITTO


Preliminarmente il Collegio deve procedere alla riunione dei ricorsi, i quali - attesa la stretta connessione soggettiva ed oggettiva - possono essere decisi con un’unica sentenza.

Con il ricorso n. 575/98 i ricorrenti (Tedoldi Tullio ed altri), nella loro qualifica di proprietari della struttura confinante, hanno chiesto l’annullamento della concessione edilizia n. 75 del 10.03.1998, avente ad oggetto “la ristrutturazione con cambio di destinazione del fabbricato esistente”.

La concessione edilizia veniva censurata per i seguenti motivi:

- incompetenza, in quanto rilasciata dall'assessore e non dal responsabile del servizio tecnico;

- violazione dell'art. 9 del D.M. 2.4.1968, nonché delle NTA del PRG, in ragione del fatto che veniva consentita la formazione di parete finestrata a distanza inferiore a metri 10 dell'edificio antistante, nonché violazione delle NTA in tema di rispetto della distanza dal confine;

- violazione dell'art. 31 della L. n. 1150/42, nella parte in cui la concessione edilizia consente di ristrutturare un corpo di fabbrica abusivo.

La Sezione, con ordinanza n. 487/98, resa il 12.06.1998, ha accordato la sospensione del provvedimento impugnato, ritenendo fondato il motivo afferente l’eccepita “incompetenza dell’Assessore all’Urbanistica delegato a sottoscrivere il titolo concessorio”, con precisazione che … “restano ferme le ulteriori determinazioni dell’organo competente, che dovrà tener conto, alla stregua di osservazioni al procedimento, degli ulteriori motivi di ricorso”.

Il Comune, preso atto di tale interinale statuizione, ha provveduto, in data 26.6.1998, ad assumere nuovo provvedimento, a firma del Segretario comunale, con cui ha nuovamente rilasciato la richiesta concessione edilizia.

Con memoria depositata in data 1.6.2009, i deducenti hanno riconosciuto il venir meno dell’interesse alla decisione su tale primo ricorso, seppur insistendo per la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese.

Il ricorso n. 575/98 R.G.R. va dunque dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

L’interesse alla decisione si concentra quindi sul successivo ric. n. 846/98 R.G.R., con il quale i ricorrenti hanno impugnato il rilascio del predetto titolo concessorio in data 26.6.1998.

La concessione edilizia veniva censurata per i seguenti motivi:

- violazione dell'art. 31 (ma recte 33) della L. n. 1159/42 per mancata acquisizione del parere della commissione edilizia;

- violazione dell'art. 9 del D.M. 2.4.1968, nonché delle NTA del PRG, in quanto viene consentita la formazione di parete finestrata a distanza inferiore a metri 10 dell'edificio antistante, nonché violazione delle NTA in tema di rispetto della distanza dal confine;

- violazione dell'art. 31 della L. n. 1150/42, laddove la concessione edilizia consente di ristrutturare un corpo di fabbrica abusivo.

Sotto il profilo fattuale, va posto in luce che:

- gli odierni ricorrenti sono proprietari di appartamenti in Villanuova sul Clisi nel fabbricato antistante il manufatto oggetto dell'intervento edilizio contestato;

- la struttura di proprietà del controinteressato (al momento delle proposizione del ricorso Giorgio Zorzi, al quale è poi subentrato Mauro Ronchi) si articola su un primo corpo di fabbrica (costituito dal locale bar, locale cucina ripostiglio), un secondo corpo di fabbrica, e un bocciodromo (la tettoia, di cui si qui si controverte, ricoperta con un telone costituente la parete di chiusura verso il fabbricato dei ricorrenti.).

Infine, risulta dai documenti prodotti in giudizio dalle parti- e non è controverso fra le stesse - che la tettoia, avente uno sviluppo in lunghezza di m. 15, è posta a distanza di m. 1,20/1,30 dal confine di proprietà dei ricorrenti e di m. 6,50 dalla parete finestrata del fabbricato dei ricorrenti.

Gli odierni ricorrenti evidenziano che, con l'impugnata concessione edilizia è stato consentito di:

a) procedere alla chiusura della tettoia mediante la formazione di una nuova parete in muratura, così dando vita ex novo ad una parete finestrata antistante quella del fabbricato di loro proprietà, a distanza di m. 6,50 dalla loro parete finestrata ed a metri 1,20/1,30 dal confine di proprietà; b) ) ristrutturare anche il volume abusivo incuneato tra il primo e il secondo corpo di fabbrica, dando per legittimo un volume che invece tale non è.

Secondo la difesa del Comune, l’invocata norma dettata dall’art. 9 del D.M. 2. 4. 1968 non è invece applicabile nel caso all’esame, posto che essa trova ingresso solamente nei rapporti tra privati e riguarda i nuovi edifici.

Per contro, evidenzia l’intimata Amministrazione, le NTA del PRG in salvaguardia si occupano specificamente (con l'art. 4) delle ristrutturazioni di edifici esistenti, prevedendo che queste, salvo che per la zona A, sono ammesse senza vincoli di sorta, compatibilmente con le destinazioni e tipologie di zona e con la sola esclusione di aumenti volumetrici, mentre nella fattispecie si è addirittura in presenza di una riduzione del volume.

Il controinteressato Mauro Ronchi evidenzia - in punto di fatto - che:

- la tettoia in questione (costituita da pilastri in ferro, tutti supportati da plinti in calcestruzzo, con copertura in lastre di eternit ancorate a capriate e correntini aventi struttura reticolare in ferro profilato) venne acquistata da Giorgio Zorzi con atto in data 20.12.1971;

- la stessa venne edificata nell’anno 1966 e posizionata a distanza di ml. 1,30-1,40 dal confine inedificato di proprietà, nel rispetto delle disposizioni regolamentari allora vigenti (art. 873 e segg.ti c.c.);

- in data 20.01.1972, il dante causa degli odierni ricorrenti (Pierino Goffi) ottenne il rilascio di licenza edilizia per la costruzione di una “casa civile di abitazione”, posizionata a distanza di m. 5,30 dal confine con la proprietà, cioè ad una distanza inferiore a m. 10,00 rispetto alla esistente struttura di proprietà Zorzi (m. 5,30 + m. 1,40 = m. 6,70), sostenendo che la struttura in questione poneva in essere la violazione sia delle N.T.A del P.d.F. approvato dal Consiglio Comunale di Villanuova con deliberazione n. 74 dell’11.03.1971 ( le quali imponevano, per la zona, il rispetto di m. 10,00 tra edifici) sia del disposto dell’art. 9 del DM 2.4.1968;

- in data 30.10.1979 Giorgio Zorzi conseguì dal Comune di Villanuova la concessione edilizia n. 3926 relativa alla realizzazione di un porticato in lato nord dell’edificio (che non costituisce oggetto della presente controversia), mentre con concessione edilizia n. 4399 del 19.10.1981, lo stesso venne autorizzato alla realizzazione di una nuova tettoia, posizionata nell’intercapedine tra l’edificio e la struttura di copertura del campo per il gioco delle bocce, quale zona di collegamento dei due volumi esistenti, (intervento che pure non è oggetto della controversia) e alla chiusura, anche perimetrale, della struttura esistente (di cui qui si discute), mediante uso di teli da cellophane.

Preliminarmente all’esame del merito del gravame, peraltro, il Collegio è chiamato ad esaminare la fondatezza dell’eccezione di giudicato sollevata dal difensore del controinteressato con la memoria finale depositata il 1.7.2009.

Questi - premesso che gli odierni ricorrenti (con ricorso depositato il 24.04.1998), avevano chiesto al Pretore di Salò, ex artt. 1171 c.c. e 688 c.p.c. , provvedimento di divieto per il sig. Zorzi Giorgio a continuare nei lavori di ristrutturazione iniziati, con sua condanna alla rimessa in pristino stato, con demolizione di tutte le opere in corso di esecuzione per “mancato rispetto delle distanze legali tra edifici e dai confini”- sostiene che l’ordinanza del Pretore di Salò in data 1.12.1998 con cui è stata rigettata detta domanda (affermandosi che non vi era stata violazione della norma sulle distanze in quanto l'intervento era di ristrutturazione dell'esistente non essendo stata variata l'altezza, la sagoma, l'ampiezza, il volume e la struttura del suo complesso) avrebbe valore di sentenza e, in mancanza di impugnazione, sarebbe passata in giudicato e quindi le conclusioni ivi tratte farebbero stato nel presente giudizio.

L’eccezione va disattesa.

Quella proposta da Tedoldi Tullio ed altri innanzi al Pretore ex art. 1171 del c.c. è un’azione di nunciazione (operis novi nunciatio) avente finalità tipicamente cautelare, in quanto mirante a prevenire un danno o un pregiudizio che derivante da una nuova opera, in attesa che successivamente si accerti il diritto alla proibizione.

Tanto è vero che essa può essere proposta solamente se la nuova opera sia stata iniziata da meno di un anno e non terminata, in quanto, ove questa fosse terminata, non ricorrerebbe più la figura dell'azione preventiva o cautelare e si potrebbe agire con l'azione petitoria o possessoria.

Pertanto le affermazioni in punto di fatto e di diritto contenute in detta ordinanza non possono dispiegare efficacia di giudicato nel presente giudizio.

Può ora passarsi alla disamina dei singoli motivi di doglianza.

Con il primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 31 (recte 33) della L. n. 1150 del 1942, evidenziando che il nuovo atto assunto dal Comune - ancorchè impropriamente denominato “reiterazione del provvedimento di concessione edilizia n. 75/97” – non si atteggia come mera sostituzione dell’organo abilitato al rilascio del titolo edilizio, ma costituisce nuovo esercizio del potere. In tale contesto, occorreva quindi procedere all’acquisizione di un nuovo parere da parte della commissione edilizia, nella fattispecie mancato.

La doglianza risulta fondata.

Invero, nell’assumere il nuovo provvedimento, in luogo dell’assessore comunale, il segretario comunale ha pure provveduto a prendere in esame i motivi di doglianza sollevati dal Tedoldi Tullio ed altri nel ric. N. 575/98 e a rigettarli (- “Violazione dell'articolo 9 D.M. 2.4.68 ed art. 21 NTA. Al riguardo si precisa, come ammesso dagli stessi ricorrenti, la preesistenza rispetta l'abitazione dei ricorrenti, della struttura stabilmente saldamente ancorato al suolo e come tale suscettibile di ristrutturazione. Le norme succitate non risultano pertanto applicabile al caso in ispecie, non trattandosi di nuovo edificio; - violazione articolo 31 legge 1150/42. Al riguardo si rileva che la struttura destinata a bocciodromo oggetto di concessione è costruita nel 1966 con le distanze previste dal codice civile, essendo all'epoca inedificato il terreno confinante”.)

Così facendo, invero, l’Amministrazione comunale si è attenuta alle indicazioni fornite dalla Sezione con l’ordinanza cautelare n. 48798, nella quale era stato rilevato che “restano ferme le ulteriori determinazioni dell’organo competente, che dovrà tener conto, alla stregua di osservazioni al procedimento, degli ulteriori motivi di ricorso” ed è quindi pervenuta ad una novazione non meramente formale, ma sostanziale dell’atto.

Va soggiunto che l’audizione del parere della commissione edilizia – di cui all’art. 33 della L. n. 1150/1942 – era espressamente previsto, all’epoca dei fatti per cui è controversia, dal c. 3 dell’art. 4 della L. n. 493/1993.

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione della disposizione di cui all’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444, che impone di tenere a distanza di m. 10 le pareti finestrate di edifici che si fronteggiano nonché degli dell'art. 21 delle NTA vigenti e dell'art. 14 delle NTA del PRG in salvaguardia, i quali impongono di rispettare la distanza dal confine di m. 5.

Dopo aver ricordato che l’intervento in questione avviene in zona B1 di completamento del PRG di Villanuova sul Clisi, normato (all’epoca dei fatti) dalle suddette disposizioni, i deducenti affermano che la sostituzione di un semplice telone con una nuova parete in muratura costituisce ad ogni effetto nuova costruzione, come tale soggetta alla disciplina del rispetto delle distanze fra pareti finestrate.

In particolare, con la memoria finale (depositata il 1.7.2009) gli stessi pongono in essere un’emendatio libelli posto che chiariscono che la censura deve intendersi limitata alla sola violazione della distanza minima fra pareti finestrate (con abbandono della questione relativa a quella delle distanze minime dal confine, (cfr, a pag. 3 “Problema di fondo consiste nello stabilire se tale edificazione si ponga in contrasto con la disciplina (statale e regolamentare locale) che impone il rispetto della distanza minima assoluta di 10 m tra pareti finestrata e pareti di edifici antistanti nelle zone urbanistiche diverse dalla zona e in particolare, come nella fattispecie nella zona B1 di completamento”).

La censura – così come ridotta in sede di memoria finale - risulta fondata.

Come s’è detto, la questione portata all’esame della Sezione riguarda l’autorizzazione alla realizzazione da parte dei controinteressati, in forza dell’impugnata concessione edilizia, di una parete in muratura a chiusura di una tettoia - posta a protezione di un bocciodromo - in sostituzione della antecedente protezione, costituita da un telone di plastica (cellophane).

Va innanzi tutto ricordato che il D.M. 2.4.1968 n. 1444 – recante “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765.” – all’art 9. “Limiti di distanza tra i fabbricati” stabilisce che: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;

…omissis …”

Va innanzitutto disattesa la prospettazione della difesa dell’Amministrazione comunale, secondo cui la norma in questione troverebbe ingresso solamente nei rapporti tra privati .

E’ anzi vero l’opposto (cfr. ex multis Cass. Civ., Sez. II, 2.10.2000 n. 13011, idem, Sez. II, 22 settembre 2004 n. 19009), poiché il D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 - là dove all’art. 9 prescrive in tutti i casi la distanza minima assoluta di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti – è norma che impone determinati limiti edilizi ai comuni nella formazione o revisione degli strumenti urbanistici, ma non è immediatamente operante anche nei rapporti tra privati. E da ciò deriva (cfr. ex multis Cass. Civ. Sez. II 1.11.2004 n. 21899) che l'adozione, da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la norma comporta l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata.

Più in generale, va posto in rilievo che l'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 (emanato in esecuzione della norma sussidiaria dell'art. 41 quinquies l. 17 agosto 1942 n. 1150, introdotto dalla l. 6 agosto 1967 n. 765), là dove prescrive la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, va rispettata in tutti i casi, trattandosi di norma volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile in funzione della natura giuridica dell'intercapedine (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. III, 4.12.2001 n. 1734, T.A.R. Liguria Sez. I, 12.2.2004 n. 145). Pertanto, le distanze tra costruzioni sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di modo che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della disciplina in materia di equo contemperamento degli opposti interessi (cfr. Cons. St., Sez. IV, 5.12.2005 n. 6909).

Va ulteriormente osservato che in tema di distanza fra costruzioni o di queste con i confini vige il regime della c.d. “doppia tutela”. Questo vuol dire che il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata.

Più specificamente, per consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, "le controversie tra proprietari di fabbricati vicini aventi ad oggetto questioni relative all'osservanza di norme che prescrivano distanze tra le costruzioni o rispetto ai confini, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, essendo anche a tale materia applicabile il principio secondo il quale nei rapporti tra privati non si pone una questione di giurisdizione, essendo la posizione di interesse legittimo prospettabile solo in rapporto all'esercizio del potere della pubblica amministrazione che, invece, in tali controversie non è parte in causa. Né a tal fine rileva l'avvenuto rilascio di concessione edilizia, atteso che il giudice ordinario, cui spetta la giurisdizione, vertendosi in tema di assunta violazione di un diritto soggettivo, può incidentalmente accertare l'eventuale illegittimità della concessione edilizia medesima, onde disapplicarla; mentre la giurisdizione del giudice amministrativo è al riguardo configurabile allorché la controversia sia insorta tra il privato e la pubblica amministrazione, per avere il primo impugnato detta concessione al fine di ottenerne l'annullamento nei confronti della seconda" (cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 1 luglio 2002 n. 9555).

Consegue, quindi, da ciò che sussistono nel nostro ordinamento ipotesi di doppia tutela in relazione a possibili violazioni della disciplina vigente in materia di distacco delle costruzioni dai confini del fondo ovvero da altre costruzioni, a seconda che si agisca nei riguardi del confinante ovvero nei confronti dell'Amministrazione Comunale che ha rilasciato il titolo edilizio, ben potendo le azioni stesse coesistere e ben potendo il titolare dell'interesse qualificato alla legittimità dell'azione amministrativa ottenere, comunque, in sede di giurisdizione amministrativa l'annullamento ope iudicis del titolo edilizio reputato illegittimo anche a prescindere dalla sua eventuale disapplicazione da parte del giudice ordinario concomitantemente adito, a' sensi degli artt. 4 e 5 della L. 25 marzo 1965 n. 2248, all. E. (cfr. TAR Veneto Sez 2° 17.6.2005 n. 2504).

Secondo la difesa del controinteressato Mauro Ronchi, la nuova concessione edilizia non muterebbe la situazione antecedentemente consolidatasi, dato che la copertura della tettoia con cellophane, di cui alla concessione edilizia del 1981 già costituiva costruzione a tutti gli effetti.

Tale tesi non può essere condivisa.

Come è stato condivisibilmente sostenuto (cfr. TAR Lazio Sez. 2° 1.6.2001 n. 4843), le opere perimetrali di chiusura di una tettoia non sono riconducibili a quelle di completamento funzionale in quanto trasformano radicalmente il manufatto in un locale chiuso con un diverso grado di funzionalità. Invero, la tettoia costituisce struttura manufatto autonomamente utilizzabile, come tale non necessitante di tamponature laterali.

La giurisprudenza amministrativa ha in proposito rilevato che non possono qualificarsi come opere di completamento funzionale quelle che si traducono nella creazione di un quid novi rispetto alla consistenza strutturale e tipologica del manufatto già realizzato e che attribuiscono una diversa caratterizzazione funzionale allo stesso, sicché le opere che trasformino una tettoia in un edificio non costituiscono un completamento funzionale ma una trasformazione dell’originario manufatto in un qualcosa di nuovo.

Eguale ratio è rinvenibile nell’indirizzo della Cassazione penale (cfr. Sez. III 26.4.2007 n. 35011) là dove viene affermato che la trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, determina la realizzazione di un nuovo vano in tal modo ponendo in essere un aumento della volumetria.

Ancora è stato ritenuto (cfr. TAR Latina 19.1.2007 n. 44) che la sostituzione di una preesistente tenda parasole con un porticato non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, stante la prevalenza del momento trasformativo innovativo rispetto a quello conservativo, ed è soggetta a concessione edilizia, rientrando nelle opere previste dall'art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978.

La tesi prospettata dal controinteressato deve dunque essere disattesa.

In tale contesto deve dunque affermarsi che la sostituzione della preesistente chiusura laterale con telo di cellophane con una parete di chiusura in muratura dotata di finestre costituisce trasformazione della res, con conseguente obbligo di rispetto della disposizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444/1968.

Va soggiunto (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 26 agosto 2002 , n. 12483) che l'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato preesistente sin dall'origine costruito ad una distanza inferiore a quella legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche costituirebbero un'ulteriore - e non consentita - violazione della normativa in materia di distanze.

Passando ora alla disamina del terzo motivo - con il quale si lamenta il carattere abusivo dell’edificio frapposto fra il bocciodromo e il bar - , la difesa del Comune eccepisce la carenza di interesse in capo ai ricorrenti a dolersi di tale abusività, dato che detto ambiente non confina né interferisce con la loro proprietà.

Peraltro, il Collegio può prescindere dalla deliberazione di tale eccezione, posto che il motivo si appalesa infondato nel merito.

Invero, la difesa del Comune ha documentato (cfr. doc. n. 5 allegato) che la tav. progettuale allegata alla concessione edilizia 13.11.1981, rilasciata a favore di Giorgio Zorzi, prevedeva la chiusura e la copertura del tratto di proprietà posto fra il fabbricato (bar) e la tettoia (bocciodromo). L’intervento in questione è stato dunque autorizzato nel 1981 e non può essere considerato abusivo.

Conclusivamente il gravame di cui al ric. n. 575/98 va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, mentre quello di cui al ric. n. 846/98 va accolto con conseguenziale annullamento dell’impugnata concessione edilizia.

Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, e quindi vanno poste a carico in parti uguali del Comune di Villanuova sul Clisi e del controinteressato Ronchi.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - Sezione distaccata di Brescia Sez. 1°– definitivamente pronunciando, dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza d’interesse, il ricorso n. 575/98, accoglie il ric. N. 846/98 e, per l’effetto, annulla il provvedimento in data 25.6.1998 del Segretario comunale di Villanuova sul Clisi.

Condanna il Comune di Villanuova sul Clisi e il controinteressato Ronchi al pagamento, in parti eguali, delle spese di giudizio a favore dei ricorrenti, liquidate in complessivi € 3.000, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere, Estensore
Mauro Pedron, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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