AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n. 1742
DIRITTO URBANISTICO - Distanze - Pareti finestrate e pareti di edifici
antistanti - D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9 - Strumenti urbanistici
contrastanti con la norma - Giudice di merito - Disapplicazione. Il D.M. 2
aprile 1968 n. 1444 - là dove all’art. 9 prescrive in tutti i casi la distanza
minima assoluta di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici
antistanti - è norma che impone determinati limiti edilizi ai comuni nella
formazione o revisione degli strumenti urbanistici. Da ciò deriva (cfr. ex
multis Cass. Civ. Sez. II 1.11.2004 n. 21899) che l'adozione, da parte degli
enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la norma comporta
l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni
illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato
art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento
urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata. Pres.
Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul
Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009,
n.1742
DIRITTO URBANISTICO - Distanza fra costruzioni - Regime della cd. “doppia
tutela”. In tema di distanza fra costruzioni o di queste con i confini vige il
regime della c.d. “doppia tutela”. Questo vuol dire che il soggetto che
assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è
titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla
riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita
e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento
invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata.
(cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 1 luglio 2002 n. 9555). Consegue, quindi, da
ciò che sussistono nel nostro ordinamento ipotesi di doppia tutela in relazione
a possibili violazioni della disciplina vigente in materia di distacco delle
costruzioni dai confini del fondo ovvero da altre costruzioni, a seconda che si
agisca nei riguardi del confinante ovvero nei confronti dell'Amministrazione
Comunale che ha rilasciato il titolo edilizio, ben potendo le azioni stesse
coesistere e ben potendo il titolare dell'interesse qualificato alla legittimità
dell'azione amministrativa ottenere, comunque, in sede di giurisdizione
amministrativa l'annullamento ope iudicis del titolo edilizio reputato
illegittimo anche a prescindere dalla sua eventuale disapplicazione da parte del
giudice ordinario concomitantemente adito, a' sensi degli artt. 4 e 5 della L.
25 marzo 1965 n. 2248, all. E. (cfr. TAR Veneto Sez 2° 17.6.2005 n. 2504). Pres.
Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul
Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009,
n.1742
DIRITTO URBANISTICO - Distanze tra edifici - Proprietario frontista - Diritto
al mantenimento di un fabbricato preesistente costruito a distanza inferiore a
quella legale - Ulteriore diritto ad apportare modifiche o aggiunte - Esclusione.
L'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato
preesistente sin dall'origine costruito ad una distanza inferiore a quella
legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore
diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura
nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza
inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche
costituirebbero un'ulteriore - e non consentita - violazione della normativa in
materia di distanze. (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 26 agosto 2002 , n. 12483). Pres.
Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul
Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009,
n.1742
N. 01742/2009 REG.SEN.
N. 00575/1998 REG.RIC.
N. 00846/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 575 del 1998, proposto da:
Tedoldi Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto, Bonzi Marco, rappresentati
e difesi dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini
in Brescia, v.le Stazione, 37;
contro
Comune di Villanuova sul Clisi, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco
Capretti, con domicilio eletto presso Francesco Capretti in Brescia, via
Vittorio Emanuele II, 60;
nei confronti di
Zorzi Giorgio, rappresentato e difeso dall'avv. Giacomo Bonomi, con
domicilio eletto presso Giacomo Bonomi in Brescia, via Vittorio Emanuele II, 60;
Sul ricorso numero di registro generale 846 del 1998, proposto da:
Tedoldi Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto, Bonzi Marco, rappresentati
e difesi dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini
in Brescia, v.le Stazione, 37;
contro
Comune di Villanuova sul Clisi, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco
Capretti, con domicilio eletto presso Francesco Capretti in Brescia, via
Vittorio Emanuele II, 60;
nei confronti di
Ronchi Mauro, subentrato a Zorzi Giorgio, rappresentato e difeso dall'avv.
Giacomo Bonomi, con domicilio eletto presso Giacomo Bonomi in Brescia, via
Vittorio Emanuele II,60;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 575 del 1998:
della concessione edilizia in data 10.3.1998, n. 75/0/97 rilasciata al
controinteressato.
quanto al ricorso n. 846 del 1998:
del provvedimento in data 25.6.1998, a firma del Segretario comunale, con cui è
stata reiterato il rilascio della concessione edilizia n. 75/97.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Villanuova Sul Clisi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Zorzi Giorgio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Villanuova Sul Clisi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ronchi Mauro, subentrato a Zorzi
Giorgio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2009 il dott. Sergio Conti e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 6 maggio 1998 e depositato presso la Segreteria della
Sezione l’8 maggio 1998 (ed ivi rubricato al n. 575/98 del R.G.R.), Tedoldi
Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto e Bonzi Marco hanno impugnato la
concessione edilizia in data 10 marzo 1998 n. 75/0/97 rilasciata al
controinteressato Zorzi Giorgio, articolando le seguenti doglianze:
1) Incompetenza. Violazione di legge per mancata applicazione di legge (art. 51
legge N. 142/90). L'art. 51 della L. n. 142/1990, nel testo novellato dall’art.
6 della L. n.127/97, attribuisce direttamente al dirigente o comunque al
responsabile del servizio il potere di rilasciare le concessioni edilizie,
mentre la concessione risulta sottoscritta dall'assessore all'urbanistica,
organo del tutto privo di competenze in materia.
2) Violazione di legge (art. 9 D.M. 2 aprile 1968) eccesso di potere per
violazione di norma regolamentare (art. 21 NTA vigenti ed art. 14 NTA in
salvaguardia del PRG di Villanuova sul Clisi).
L’intervento edilizio assentito consente di costruire una parete in muratura, in
sostituzione di un preesistente telone, in tal modo realizzando una parete
finestrata antistante quella di proprietà dei ricorrenti, in violazione delle
distanze minime fra pareti finestrate e dai confini.
3) Violazione di legge (art. 31 L. n. 1150/42) ed eccesso di potere per difetto
dei presupposti;
La concessione consente di ristrutturare un locale, sull’erroneo presupposto che
il relativo volume sia urbanisticamente legittimo, ciò che non è, in quanto
detta struttura sarebbe stata realizzata abusivamente negli anni ’80.
Si sono costituiti in giudizio l’intimata Amministrazione comunale ed il
controinteressato Zorzi Giorgio, chiedendo la reiezione del gravame.
Alla camera di consiglio del 12.6.1998, la Sezione ha accolto l’istanza
cautelare (ord. n. 487/98), avendo ritenuto fondato il motivo con cui si
lamentava l’incompetenza dell’Assessore ad emettere l’atto.
Il Comune, preso atto di tale interinale statuizione, ha provveduto, in data
26.6.1998, ad assumere nuovo provvedimento, a firma del Segretario comunale, con
cui è stata nuovamente rilasciata la predetta concessione edilizia.
Tale atto è stato fatto oggetto - con atto notificato il 10.7.1998 e depositato
il 14.7.1998 - di nuova impugnazione (rubricata al n. 847/98 R.G.R.), da parte
di Tedoldi Tullio, Bianchi Giuseppina, Billioni Alberto e Bonzi Marco, sulla
base dei seguenti motivi:
1) Violazione di legge per errate mancata applicazione di legge (are. 31 legge
n. 1150/42). Si tratta di concessione nuova rispetto alla precedente, che è
stata ritirata, e quindi sarebbe stato necessario acquisire nuovamente il parere
della commissione edilizia, anche in relazione alle ulteriori doglianze
evidenziate dai ricorrenti medesimi con il precedente ricorso.
2) Violazione di legge (art. 9 D. M. 2 aprile 1968) ed eccesso di potere per
violazione di norma regolamentare (articolo 21 NTA vigenti e articolo 14 di
quelle in salvaguardia).
L’intervento edilizio assentito consente di costruire una parete in muratura, in
sostituzione di un preesistente telone, in tal modo realizzando una parete
finestrata antistante quella di proprietà dei ricorrenti, in violazione delle
distanze minime fra pareti finestrate e dai confini.
3) Violazione di legge (articolo 31 legge 1150/42) ed eccesso di potere per
difetto dei presupposti.
I ricorrenti evidenziano che il fabbricato interposto tra il bocciodromo e il
locale destinato bar non è autorizzato da nessun titolo edilizio e quindi
costituisce un volume abusivo, contestano quindi quanto affermato nel
provvedimento impugnato in data 26/6/1998 ove si sostiene che il locale sarebbe
stato realizzato "nel 1966 con distanze previste dal codice civile". In
particolare, i ricorrenti evidenziano che anteriormente all'agosto 1967 era
consentito realizzare edifici senza licenza edilizia ma solo per le costruzioni
che si trovavano al di fuori del perimetro del centro edificato in comune privo
di strumentazione urbanistica. Peraltro non è questo il caso che viene in
rilievo, dato che l'opera si trova all'interno del perimetro del centro
edificato, come potrà accertarsi mediante verificazione tecnica.
Si sono costituiti in giudizio l'amministrazione comunale nonché il
controinteressato Ronco Mauro, subentrato a seguito di voltura del titolo
edilizio a Zorzi Giorgio, chiedendone il rigetto
Alla camera di consiglio del 4.9.1998, la Sezione ha respinto (ord. n. 648/98)
la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, sul
presupposto dell’ormai intervenuta realizzazione dell’opera.
Entrambi i ricorsi sono stati fissati per la pubblica udienza del 14.7.2009, in
prossimità della quale le parti hanno depositato memorie illustrative delle
rispettive posizioni.
All’esito della pubblica udienza i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio deve procedere alla riunione dei ricorsi, i quali -
attesa la stretta connessione soggettiva ed oggettiva - possono essere decisi
con un’unica sentenza.
Con il ricorso n. 575/98 i ricorrenti (Tedoldi Tullio ed altri), nella loro
qualifica di proprietari della struttura confinante, hanno chiesto
l’annullamento della concessione edilizia n. 75 del 10.03.1998, avente ad
oggetto “la ristrutturazione con cambio di destinazione del fabbricato
esistente”.
La concessione edilizia veniva censurata per i seguenti motivi:
- incompetenza, in quanto rilasciata dall'assessore e non dal responsabile del
servizio tecnico;
- violazione dell'art. 9 del D.M. 2.4.1968, nonché delle NTA del PRG, in ragione
del fatto che veniva consentita la formazione di parete finestrata a distanza
inferiore a metri 10 dell'edificio antistante, nonché violazione delle NTA in
tema di rispetto della distanza dal confine;
- violazione dell'art. 31 della L. n. 1150/42, nella parte in cui la concessione
edilizia consente di ristrutturare un corpo di fabbrica abusivo.
La Sezione, con ordinanza n. 487/98, resa il 12.06.1998, ha accordato la
sospensione del provvedimento impugnato, ritenendo fondato il motivo afferente
l’eccepita “incompetenza dell’Assessore all’Urbanistica delegato a sottoscrivere
il titolo concessorio”, con precisazione che … “restano ferme le ulteriori
determinazioni dell’organo competente, che dovrà tener conto, alla stregua di
osservazioni al procedimento, degli ulteriori motivi di ricorso”.
Il Comune, preso atto di tale interinale statuizione, ha provveduto, in data
26.6.1998, ad assumere nuovo provvedimento, a firma del Segretario comunale, con
cui ha nuovamente rilasciato la richiesta concessione edilizia.
Con memoria depositata in data 1.6.2009, i deducenti hanno riconosciuto il venir
meno dell’interesse alla decisione su tale primo ricorso, seppur insistendo per
la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese.
Il ricorso n. 575/98 R.G.R. va dunque dichiarato improcedibile per sopravvenuta
carenza d’interesse.
L’interesse alla decisione si concentra quindi sul successivo ric. n. 846/98
R.G.R., con il quale i ricorrenti hanno impugnato il rilascio del predetto
titolo concessorio in data 26.6.1998.
La concessione edilizia veniva censurata per i seguenti motivi:
- violazione dell'art. 31 (ma recte 33) della L. n. 1159/42 per mancata
acquisizione del parere della commissione edilizia;
- violazione dell'art. 9 del D.M. 2.4.1968, nonché delle NTA del PRG, in quanto
viene consentita la formazione di parete finestrata a distanza inferiore a metri
10 dell'edificio antistante, nonché violazione delle NTA in tema di rispetto
della distanza dal confine;
- violazione dell'art. 31 della L. n. 1150/42, laddove la concessione edilizia
consente di ristrutturare un corpo di fabbrica abusivo.
Sotto il profilo fattuale, va posto in luce che:
- gli odierni ricorrenti sono proprietari di appartamenti in Villanuova sul
Clisi nel fabbricato antistante il manufatto oggetto dell'intervento edilizio
contestato;
- la struttura di proprietà del controinteressato (al momento delle proposizione
del ricorso Giorgio Zorzi, al quale è poi subentrato Mauro Ronchi) si articola
su un primo corpo di fabbrica (costituito dal locale bar, locale cucina
ripostiglio), un secondo corpo di fabbrica, e un bocciodromo (la tettoia, di cui
si qui si controverte, ricoperta con un telone costituente la parete di chiusura
verso il fabbricato dei ricorrenti.).
Infine, risulta dai documenti prodotti in giudizio dalle parti- e non è
controverso fra le stesse - che la tettoia, avente uno sviluppo in lunghezza di
m. 15, è posta a distanza di m. 1,20/1,30 dal confine di proprietà dei
ricorrenti e di m. 6,50 dalla parete finestrata del fabbricato dei ricorrenti.
Gli odierni ricorrenti evidenziano che, con l'impugnata concessione edilizia è
stato consentito di:
a) procedere alla chiusura della tettoia mediante la formazione di una nuova
parete in muratura, così dando vita ex novo ad una parete finestrata antistante
quella del fabbricato di loro proprietà, a distanza di m. 6,50 dalla loro parete
finestrata ed a metri 1,20/1,30 dal confine di proprietà; b) ) ristrutturare
anche il volume abusivo incuneato tra il primo e il secondo corpo di fabbrica,
dando per legittimo un volume che invece tale non è.
Secondo la difesa del Comune, l’invocata norma dettata dall’art. 9 del D.M. 2.
4. 1968 non è invece applicabile nel caso all’esame, posto che essa trova
ingresso solamente nei rapporti tra privati e riguarda i nuovi edifici.
Per contro, evidenzia l’intimata Amministrazione, le NTA del PRG in salvaguardia
si occupano specificamente (con l'art. 4) delle ristrutturazioni di edifici
esistenti, prevedendo che queste, salvo che per la zona A, sono ammesse senza
vincoli di sorta, compatibilmente con le destinazioni e tipologie di zona e con
la sola esclusione di aumenti volumetrici, mentre nella fattispecie si è
addirittura in presenza di una riduzione del volume.
Il controinteressato Mauro Ronchi evidenzia - in punto di fatto - che:
- la tettoia in questione (costituita da pilastri in ferro, tutti supportati da
plinti in calcestruzzo, con copertura in lastre di eternit ancorate a capriate e
correntini aventi struttura reticolare in ferro profilato) venne acquistata da
Giorgio Zorzi con atto in data 20.12.1971;
- la stessa venne edificata nell’anno 1966 e posizionata a distanza di ml.
1,30-1,40 dal confine inedificato di proprietà, nel rispetto delle disposizioni
regolamentari allora vigenti (art. 873 e segg.ti c.c.);
- in data 20.01.1972, il dante causa degli odierni ricorrenti (Pierino Goffi)
ottenne il rilascio di licenza edilizia per la costruzione di una “casa civile
di abitazione”, posizionata a distanza di m. 5,30 dal confine con la proprietà,
cioè ad una distanza inferiore a m. 10,00 rispetto alla esistente struttura di
proprietà Zorzi (m. 5,30 + m. 1,40 = m. 6,70), sostenendo che la struttura in
questione poneva in essere la violazione sia delle N.T.A del P.d.F. approvato
dal Consiglio Comunale di Villanuova con deliberazione n. 74 dell’11.03.1971 (
le quali imponevano, per la zona, il rispetto di m. 10,00 tra edifici) sia del
disposto dell’art. 9 del DM 2.4.1968;
- in data 30.10.1979 Giorgio Zorzi conseguì dal Comune di Villanuova la
concessione edilizia n. 3926 relativa alla realizzazione di un porticato in lato
nord dell’edificio (che non costituisce oggetto della presente controversia),
mentre con concessione edilizia n. 4399 del 19.10.1981, lo stesso venne
autorizzato alla realizzazione di una nuova tettoia, posizionata
nell’intercapedine tra l’edificio e la struttura di copertura del campo per il
gioco delle bocce, quale zona di collegamento dei due volumi esistenti,
(intervento che pure non è oggetto della controversia) e alla chiusura, anche
perimetrale, della struttura esistente (di cui qui si discute), mediante uso di
teli da cellophane.
Preliminarmente all’esame del merito del gravame, peraltro, il Collegio è
chiamato ad esaminare la fondatezza dell’eccezione di giudicato sollevata dal
difensore del controinteressato con la memoria finale depositata il 1.7.2009.
Questi - premesso che gli odierni ricorrenti (con ricorso depositato il
24.04.1998), avevano chiesto al Pretore di Salò, ex artt. 1171 c.c. e 688 c.p.c.
, provvedimento di divieto per il sig. Zorzi Giorgio a continuare nei lavori di
ristrutturazione iniziati, con sua condanna alla rimessa in pristino stato, con
demolizione di tutte le opere in corso di esecuzione per “mancato rispetto delle
distanze legali tra edifici e dai confini”- sostiene che l’ordinanza del Pretore
di Salò in data 1.12.1998 con cui è stata rigettata detta domanda (affermandosi
che non vi era stata violazione della norma sulle distanze in quanto
l'intervento era di ristrutturazione dell'esistente non essendo stata variata
l'altezza, la sagoma, l'ampiezza, il volume e la struttura del suo complesso)
avrebbe valore di sentenza e, in mancanza di impugnazione, sarebbe passata in
giudicato e quindi le conclusioni ivi tratte farebbero stato nel presente
giudizio.
L’eccezione va disattesa.
Quella proposta da Tedoldi Tullio ed altri innanzi al Pretore ex art. 1171 del
c.c. è un’azione di nunciazione (operis novi nunciatio) avente finalità
tipicamente cautelare, in quanto mirante a prevenire un danno o un pregiudizio
che derivante da una nuova opera, in attesa che successivamente si accerti il
diritto alla proibizione.
Tanto è vero che essa può essere proposta solamente se la nuova opera sia stata
iniziata da meno di un anno e non terminata, in quanto, ove questa fosse
terminata, non ricorrerebbe più la figura dell'azione preventiva o cautelare e
si potrebbe agire con l'azione petitoria o possessoria.
Pertanto le affermazioni in punto di fatto e di diritto contenute in detta
ordinanza non possono dispiegare efficacia di giudicato nel presente giudizio.
Può ora passarsi alla disamina dei singoli motivi di doglianza.
Con il primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 31 (recte 33) della L.
n. 1150 del 1942, evidenziando che il nuovo atto assunto dal Comune - ancorchè
impropriamente denominato “reiterazione del provvedimento di concessione
edilizia n. 75/97” – non si atteggia come mera sostituzione dell’organo
abilitato al rilascio del titolo edilizio, ma costituisce nuovo esercizio del
potere. In tale contesto, occorreva quindi procedere all’acquisizione di un
nuovo parere da parte della commissione edilizia, nella fattispecie mancato.
La doglianza risulta fondata.
Invero, nell’assumere il nuovo provvedimento, in luogo dell’assessore comunale,
il segretario comunale ha pure provveduto a prendere in esame i motivi di
doglianza sollevati dal Tedoldi Tullio ed altri nel ric. N. 575/98 e a
rigettarli (- “Violazione dell'articolo 9 D.M. 2.4.68 ed art. 21 NTA. Al
riguardo si precisa, come ammesso dagli stessi ricorrenti, la preesistenza
rispetta l'abitazione dei ricorrenti, della struttura stabilmente saldamente
ancorato al suolo e come tale suscettibile di ristrutturazione. Le norme
succitate non risultano pertanto applicabile al caso in ispecie, non trattandosi
di nuovo edificio; - violazione articolo 31 legge 1150/42. Al riguardo si rileva
che la struttura destinata a bocciodromo oggetto di concessione è costruita nel
1966 con le distanze previste dal codice civile, essendo all'epoca inedificato
il terreno confinante”.)
Così facendo, invero, l’Amministrazione comunale si è attenuta alle indicazioni
fornite dalla Sezione con l’ordinanza cautelare n. 48798, nella quale era stato
rilevato che “restano ferme le ulteriori determinazioni dell’organo competente,
che dovrà tener conto, alla stregua di osservazioni al procedimento, degli
ulteriori motivi di ricorso” ed è quindi pervenuta ad una novazione non
meramente formale, ma sostanziale dell’atto.
Va soggiunto che l’audizione del parere della commissione edilizia – di cui
all’art. 33 della L. n. 1150/1942 – era espressamente previsto, all’epoca dei
fatti per cui è controversia, dal c. 3 dell’art. 4 della L. n. 493/1993.
Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione della disposizione
di cui all’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444, che impone di tenere a distanza di
m. 10 le pareti finestrate di edifici che si fronteggiano nonché degli dell'art.
21 delle NTA vigenti e dell'art. 14 delle NTA del PRG in salvaguardia, i quali
impongono di rispettare la distanza dal confine di m. 5.
Dopo aver ricordato che l’intervento in questione avviene in zona B1 di
completamento del PRG di Villanuova sul Clisi, normato (all’epoca dei fatti)
dalle suddette disposizioni, i deducenti affermano che la sostituzione di un
semplice telone con una nuova parete in muratura costituisce ad ogni effetto
nuova costruzione, come tale soggetta alla disciplina del rispetto delle
distanze fra pareti finestrate.
In particolare, con la memoria finale (depositata il 1.7.2009) gli stessi
pongono in essere un’emendatio libelli posto che chiariscono che la censura deve
intendersi limitata alla sola violazione della distanza minima fra pareti
finestrate (con abbandono della questione relativa a quella delle distanze
minime dal confine, (cfr, a pag. 3 “Problema di fondo consiste nello stabilire
se tale edificazione si ponga in contrasto con la disciplina (statale e
regolamentare locale) che impone il rispetto della distanza minima assoluta di
10 m tra pareti finestrata e pareti di edifici antistanti nelle zone
urbanistiche diverse dalla zona e in particolare, come nella fattispecie nella
zona B1 di completamento”).
La censura – così come ridotta in sede di memoria finale - risulta fondata.
Come s’è detto, la questione portata all’esame della Sezione riguarda
l’autorizzazione alla realizzazione da parte dei controinteressati, in forza
dell’impugnata concessione edilizia, di una parete in muratura a chiusura di una
tettoia - posta a protezione di un bocciodromo - in sostituzione della
antecedente protezione, costituita da un telone di plastica (cellophane).
Va innanzi tutto ricordato che il D.M. 2.4.1968 n. 1444 – recante “Limiti
inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e
rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi
e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici
o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto
1967, n. 765.” – all’art 9. “Limiti di distanza tra i fabbricati” stabilisce
che: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali
omogenee sono stabilite come segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali
ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a
quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener
conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico,
artistico o ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la
distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici
antistanti;
…omissis …”
Va innanzitutto disattesa la prospettazione della difesa dell’Amministrazione
comunale, secondo cui la norma in questione troverebbe ingresso solamente nei
rapporti tra privati .
E’ anzi vero l’opposto (cfr. ex multis Cass. Civ., Sez. II, 2.10.2000 n. 13011,
idem, Sez. II, 22 settembre 2004 n. 19009), poiché il D.M. 2 aprile 1968 n. 1444
- là dove all’art. 9 prescrive in tutti i casi la distanza minima assoluta di
metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti – è norma che
impone determinati limiti edilizi ai comuni nella formazione o revisione degli
strumenti urbanistici, ma non è immediatamente operante anche nei rapporti tra
privati. E da ciò deriva (cfr. ex multis Cass. Civ. Sez. II 1.11.2004 n. 21899)
che l'adozione, da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici
contrastanti con la norma comporta l'obbligo, per il giudice di merito, non solo
di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente
la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte
integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima
disapplicata.
Più in generale, va posto in rilievo che l'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444
(emanato in esecuzione della norma sussidiaria dell'art. 41 quinquies l. 17
agosto 1942 n. 1150, introdotto dalla l. 6 agosto 1967 n. 765), là dove
prescrive la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici
antistanti, va rispettata in tutti i casi, trattandosi di norma volta ad
impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo
igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile in funzione della natura
giuridica dell'intercapedine (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. III, 4.12.2001 n. 1734,
T.A.R. Liguria Sez. I, 12.2.2004 n. 145). Pertanto, le distanze tra costruzioni
sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed astratta, in
considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di
sicurezza, di modo che al giudice non è lasciato alcun margine di
discrezionalità nell'applicazione della disciplina in materia di equo
contemperamento degli opposti interessi (cfr. Cons. St., Sez. IV, 5.12.2005 n.
6909).
Va ulteriormente osservato che in tema di distanza fra costruzioni o di queste
con i confini vige il regime della c.d. “doppia tutela”. Questo vuol dire che il
soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in
materia è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno
o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia
illecita e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del
provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata
autorizzata.
Più specificamente, per consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, "le controversie tra proprietari di fabbricati vicini
aventi ad oggetto questioni relative all'osservanza di norme che prescrivano
distanze tra le costruzioni o rispetto ai confini, appartengono alla
giurisdizione del giudice ordinario, essendo anche a tale materia applicabile il
principio secondo il quale nei rapporti tra privati non si pone una questione di
giurisdizione, essendo la posizione di interesse legittimo prospettabile solo in
rapporto all'esercizio del potere della pubblica amministrazione che, invece, in
tali controversie non è parte in causa. Né a tal fine rileva l'avvenuto rilascio
di concessione edilizia, atteso che il giudice ordinario, cui spetta la
giurisdizione, vertendosi in tema di assunta violazione di un diritto
soggettivo, può incidentalmente accertare l'eventuale illegittimità della
concessione edilizia medesima, onde disapplicarla; mentre la giurisdizione del
giudice amministrativo è al riguardo configurabile allorché la controversia sia
insorta tra il privato e la pubblica amministrazione, per avere il primo
impugnato detta concessione al fine di ottenerne l'annullamento nei confronti
della seconda" (cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 1 luglio 2002 n. 9555).
Consegue, quindi, da ciò che sussistono nel nostro ordinamento ipotesi di doppia
tutela in relazione a possibili violazioni della disciplina vigente in materia
di distacco delle costruzioni dai confini del fondo ovvero da altre costruzioni,
a seconda che si agisca nei riguardi del confinante ovvero nei confronti
dell'Amministrazione Comunale che ha rilasciato il titolo edilizio, ben potendo
le azioni stesse coesistere e ben potendo il titolare dell'interesse qualificato
alla legittimità dell'azione amministrativa ottenere, comunque, in sede di
giurisdizione amministrativa l'annullamento ope iudicis del titolo edilizio
reputato illegittimo anche a prescindere dalla sua eventuale disapplicazione da
parte del giudice ordinario concomitantemente adito, a' sensi degli artt. 4 e 5
della L. 25 marzo 1965 n. 2248, all. E. (cfr. TAR Veneto Sez 2° 17.6.2005 n.
2504).
Secondo la difesa del controinteressato Mauro Ronchi, la nuova concessione
edilizia non muterebbe la situazione antecedentemente consolidatasi, dato che la
copertura della tettoia con cellophane, di cui alla concessione edilizia del
1981 già costituiva costruzione a tutti gli effetti.
Tale tesi non può essere condivisa.
Come è stato condivisibilmente sostenuto (cfr. TAR Lazio Sez. 2° 1.6.2001 n.
4843), le opere perimetrali di chiusura di una tettoia non sono riconducibili a
quelle di completamento funzionale in quanto trasformano radicalmente il
manufatto in un locale chiuso con un diverso grado di funzionalità. Invero, la
tettoia costituisce struttura manufatto autonomamente utilizzabile, come tale
non necessitante di tamponature laterali.
La giurisprudenza amministrativa ha in proposito rilevato che non possono
qualificarsi come opere di completamento funzionale quelle che si traducono
nella creazione di un quid novi rispetto alla consistenza strutturale e
tipologica del manufatto già realizzato e che attribuiscono una diversa
caratterizzazione funzionale allo stesso, sicché le opere che trasformino una
tettoia in un edificio non costituiscono un completamento funzionale ma una
trasformazione dell’originario manufatto in un qualcosa di nuovo.
Eguale ratio è rinvenibile nell’indirizzo della Cassazione penale (cfr. Sez. III
26.4.2007 n. 35011) là dove viene affermato che la trasformazione di un balcone
o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura
a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica,
determina la realizzazione di un nuovo vano in tal modo ponendo in essere un
aumento della volumetria.
Ancora è stato ritenuto (cfr. TAR Latina 19.1.2007 n. 44) che la sostituzione di
una preesistente tenda parasole con un porticato non costituisce intervento di
manutenzione straordinaria, stante la prevalenza del momento trasformativo
innovativo rispetto a quello conservativo, ed è soggetta a concessione edilizia,
rientrando nelle opere previste dall'art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978.
La tesi prospettata dal controinteressato deve dunque essere disattesa.
In tale contesto deve dunque affermarsi che la sostituzione della preesistente
chiusura laterale con telo di cellophane con una parete di chiusura in muratura
dotata di finestre costituisce trasformazione della res, con conseguente obbligo
di rispetto della disposizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444/1968.
Va soggiunto (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 26 agosto 2002 , n. 12483) che
l'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato
preesistente sin dall'origine costruito ad una distanza inferiore a quella
legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore
diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura
nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza
inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche
costituirebbero un'ulteriore - e non consentita - violazione della normativa in
materia di distanze.
Passando ora alla disamina del terzo motivo - con il quale si lamenta il
carattere abusivo dell’edificio frapposto fra il bocciodromo e il bar - , la
difesa del Comune eccepisce la carenza di interesse in capo ai ricorrenti a
dolersi di tale abusività, dato che detto ambiente non confina né interferisce
con la loro proprietà.
Peraltro, il Collegio può prescindere dalla deliberazione di tale eccezione,
posto che il motivo si appalesa infondato nel merito.
Invero, la difesa del Comune ha documentato (cfr. doc. n. 5 allegato) che la
tav. progettuale allegata alla concessione edilizia 13.11.1981, rilasciata a
favore di Giorgio Zorzi, prevedeva la chiusura e la copertura del tratto di
proprietà posto fra il fabbricato (bar) e la tettoia (bocciodromo). L’intervento
in questione è stato dunque autorizzato nel 1981 e non può essere considerato
abusivo.
Conclusivamente il gravame di cui al ric. n. 575/98 va dichiarato improcedibile
per sopravvenuta carenza d’interesse, mentre quello di cui al ric. n. 846/98 va
accolto con conseguenziale annullamento dell’impugnata concessione edilizia.
Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, e
quindi vanno poste a carico in parti uguali del Comune di Villanuova sul Clisi e
del controinteressato Ronchi.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - Sezione distaccata di
Brescia Sez. 1°– definitivamente pronunciando, dichiara improcedibile, per
sopravvenuta carenza d’interesse, il ricorso n. 575/98, accoglie il ric. N.
846/98 e, per l’effetto, annulla il provvedimento in data 25.6.1998 del
Segretario comunale di Villanuova sul Clisi.
Condanna il Comune di Villanuova sul Clisi e il controinteressato Ronchi al
pagamento, in parti eguali, delle spese di giudizio a favore dei ricorrenti,
liquidate in complessivi € 3.000, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere, Estensore
Mauro Pedron, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it