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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 1 dicembre 2009, n. 2381
DIRITTO URBANISTICO -
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Fascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di
inedificabilità - Triplice finalità - Manufatti edilizi diversi dalle abitazioni
- Tralicci per telecomunicazioni. In materia di vincolo cimiteriale, la
salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dall'art. 338 del T.U. delle
leggi sanitarie di cui al r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 nonché dall'art. 57 del
d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso
da quello di abitazione. Il vincolo cimiteriale ha infatti una triplice
finalità, in quanto, oltre alle esigenze sanitarie ed alla salvaguardia della
possibilità di espansioni del perimetro cimiteriale, esso garantisce anche il
rispetto della tranquillità, del decoro e della speciale sacralità dei luoghi di
sepoltura. Di conseguenza, devono ritenersi compresi nel divieto di edificazione
anche i tralicci per telecomunicazioni. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - A.G.
(avv.ti Laurito e Del Dotto) c. Comune di Costa Volpino (avv. Bezzi) - TAR
LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 1 dicembre 2009, n. 2381
N. 02381/2009 REG.SEN.
N. 00483/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 483 del 2007, proposto da:
AGOSTINO GUIZZETTI,
rappresentato e difeso dagli avv. Nicola Laurito, Alessandro Del Dotto,
con domicilio eletto presso Enrico Codignola in Brescia, via Romanino,16
(Fax=030/47897);
contro
COMUNE DI COSTA VOLPINO,
rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi,
con domicilio eletto presso Domenico Bezzi, in Brescia, via Cadorna 7;
nei confronti di
A.R.P.A. DELLA LOMBARDIA,
non costituita in giudizio;
VODAFONE OMNITEL N.V.,
non costituita in giudizio;
TELECOM ITALIA SPA,
rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari,
con domicilio eletto presso Elena Pagani in Brescia, via Gramsci, 30
(Fax=030/294724);
per l'annullamento
autorizzazioni rilasciate dal comune in data 5.9.2006 prot. n. 12667 alla soc.
Vodafone omnitel n.v. e in data 9.8.2006 n. 11808 alla soc. Telecom italia spa
per la realizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni per impianti
radioelettrici per nuove stazioni base ed atti connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Costa Volpino;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/11/2009 il dott. Carmine Russo e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
L’odierno ricorrente impugna i provvedimenti del 5. 9. 2006 e del 9. 8. 2006 con
cui il Comune di Costa Volpino ha autorizzato rispettivamente la Vodafone
Omnitel e la Telecom Italia alla posa in opera di una infrastruttura per
impianti radioelettrici da posizionare all’angolo del territorio comunale posto
tra via Donatori di Sangue e via Aria libera, ovvero a circa 30 metri
dall’abitazione del ricorrente.
I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:
1. i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi per violazione dell’art. 87
d.lgs. 259/2003 e dell’art. 20 del d.p.r. 380/01 perché emessi senza istruttoria
sulla compatibilità urbanistica dell’opera, istruttoria limitata al sintetico
richiamo all’art. 53 delle n.t.a. dello strumento urbanistico vigente;
2. i provvedimenti impugnati sarebbero altresì illegittimi per violazione
dell’art. 338 r.d. 1265/34 perché, ponendo i tralicci a 20 m. di distanza dal
locale cimitero, sarebbe stato violato il relativo vincolo assoluto di
inedificabilità;
3. i provvedimenti impugnati sarebbero altresì illegittimi per violazione degli
artt. 46 e 53 delle norme di piano, atteso che l’art. 53 delle n.t.a. consente
l’impianto delle infrastrutture per telecomunicazioni nelle sole zone S9 (mentre
la zona in questione è E6), e l’art. 46 delle stesse n.t.a. ne consente la
realizzazione nelle zone E soltanto limitatamente all’indispensabile.
Si costituiva in giudizio il Comune di Costa Volpino, che deduceva
l’infondatezza dei motivi di ricorso.
Si costituiva altresì la Telecom Italia, che deduceva parimenti l’infondatezza
dei motivi di ricorso.
Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 11. 11. 2009, all’esito
della quale veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
Occorre preliminarmente affrontare l’eccezione di irricevibilità per tardività
avanzata dalla controinteressata Telecom Italia.
L’eccezione si fonda sulla circostanza che il traliccio per telecomunicazioni è
stato realizzato tra ottobre e novembre 2006, mentre la notifica del ricorso è
intervenuta a marzo 2007 (in particolare, la Telecom dichiara la realizzazione
del manufatto al 20. 11. 2006, la circostanza è sostanzialmente ammessa anche
dal ricorrente nei propri scritti difensivi, talchè non si rende necessario
procedere ad ulteriore istruttoria sul punto mediante l’acquisizione documentale
delle produzioni tardivamente introdotte dalla controinteressata).
Il ricorrente fa, però, decorrere il termine di cui all’art. 21, co. 1, l.
1034/71, entro cui notificare il ricorso, dalla data in cui il Comune ha
rilasciato al ricorrente il provvedimento impugnati, che consisterebbe nel 1. 2.
2007, data di esecuzione dell’accesso agli atti.
Tale deduzione è senz’altro corretta. “La piena conoscenza del titolo edilizio,
ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di una concessione, si
verifica nella materia edilizia con la consapevolezza del contenuto specifico di
essa o del progetto edilizio ovvero quando la costruzione realizzata rivela in
modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e la eventuale
non conformità della stessa alla disciplina urbanistica” (ex plurimis Tar
Salerno 4225/09). Per far decorrere il termine d’impugnazione non basta,
pertanto, che la realizzazione dell’opera ne riveli le caratteristiche fisiche,
ma occorre anche che ne riveli “in modo inequivoco l'eventuale non conformità
della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica” (CdS, IV, 4015/09).
In un caso quale quello in esame, la cognizione completa della regolarità della
situazione abilitativa si ottiene soltanto con l’accesso (si ricorda sul punto
che per costante giurisprudenza - Cons. Stato V, 19. 5. 98 n. 616, 1. 4. 98 n.
400, 2. 3. 94 n. 120; 9. 4. 94 n. 275; 20. 12. 85 n. 482; TAR Toscana, III, 12.
2. 03 n. 270 -, la mera affissione all'albo pretorio del comune non costituisce
formalità idonea alla decorrenza dei termini per l'impugnazione di una
concessione edilizia).
La difesa della controinteressata deduce che, attribuendo un valore decisivo
all’acquisizione documentale ottenuta in sede di accesso, si finirebbe con
l’eludere i termini entro cui si determina l’inoppugnabilità del provvedimento,
in quanto il soggetto potrebbe ritardare l’accesso ad libitum ed essere sempre
ritenuto in termini anche a fronte di costruzioni realizzate anni prima.
La deduzione è senz’altro corretta, e ben formulata, in termini generali, ma si
ritiene non sia applicabile al caso in esame, in cui la costruzione dell’opera
(durata circa 3 settimane) è terminata il 20. 11. 2006, e la richiesta di
accesso agli atti è stata depositata dal ricorrente il 24. 11. 2006 (seguita
dalle ulteriori richieste integrative del 11. 12. 2006, del 20. 12. 2006 e del
18. 1. 2007, con provvedimento abilitativo ottenuto il 1. 2. 2007).
Il ricorso, pertanto, deve essere giudicato tempestivo.
Nel merito esso è fondato.
Il punto di partenza è la norma attributiva del potere (non) esercitato in
concreto dall’amministrazione, che è l’art. 338 del t.u. leggi sanitarie,
secondo cui:
“I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro
abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio
di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli
strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge
Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari
di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 e
deve inoltre, a sue spese, demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione,
salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di
quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato,
purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche
alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari
condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche
almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi
della legislazione vigente, o da fiumi,
Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio
comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli
elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici
preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo
precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive,
locali tecnici e serre.
Al fine dell'acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale,
previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il
parere si ritiene espresso favorevolmente”.
Il posizionamento dell’opera nella fascia di rispetto di 200 m. dal perimetro
del cimitero è dato di fatto pacifico ed incontestato (il manufatto sarebbe
posizionata a circa 20 m. dal muro del cimitero).
La difesa del Comune e della controinteressata affermano, peraltro, che non vi
sarebbe stata violazione sostanziale del vincolo in quanto il manufatto in
questione, per le sue caratteristiche peculiari (si tratta di un traliccio per
telecomunicazioni) non avrebbe violato la ratio del divieto di edificazione.
Esso, infatti, non sarebbe destinato alla presenza stabile di persone (con il
che verrebbero meno quelle esigenze sanitarie che sono sottese alla creazione
del vincolo di inedificabilità). In fatto, inoltre non sarebbe violata neanche
l’ulteriore ratio cui presidia il vincolo di tutela, e cioè la possibilità di
ulteriore espansione dell’area cimiteriale, in quanto tra il manufatto ed il
cimitero corre una piccola via che costituisce ostacolo fisico preclusivo a
qualsiasi possibilità di allargamento dell’area cimiteriale.
Si ritiene che queste argomentazioni non siano corrette.
Anzitutto, ci si permette di ricordare che in realtà il vincolo cimiteriale ha
una triplice finalità, in quanto, oltre alle esigenze sanitarie ed alla
salvaguardia della possibilità di espansioni del perimetro cimiteriale, esso
garantisce anche il rispetto della tranquillità e del decoro dei luoghi di
sepoltura (cfr. per tutti Tar L’Aquila 1141/08: In forza dell'art. 338 r.d. 27
luglio 1934 n. 1265, il vincolo cimiteriale impone un divieto assoluto di
edificazione e persegue la triplice finalità di assicurare condizioni di igiene
e di salubrità mediante la conservazione di una "cintura sanitaria" intorno allo
stesso cimitero, di garantire la tranquillità e il decoro ai luoghi di
sepoltura, di consentire futuri ampliamenti del cimitero), che vengono incise da
una struttura impattante quale un traliccio di telecomunicazioni che non è più
rispettoso della pietas nei confronti dei defunti di quanto non lo sia una
abitazione di residenza.
Occorre, inoltre, aggiungere che le valutazioni in fatto sulla concreta
compatibilità dell’opera con l’area cimiteriale (quali quelle sulla non lesione
delle esigenze sanitarie, e sulla impossibilità di espansione in fatto dell’area
cimiteriale) sono estranee alla disciplina del vincolo di inedificabilità, che
si fonda su valutazioni astratte prese in considerazione una volta per tutte dal
legislatore (cfr. sul punto CdS, IV, 4256/08: Il vincolo di rispetto cimiteriale
preclude il rilascio della concessione edilizia, anche in sanatoria ai sensi
dell'art. 33, l. 28 febbraio 1985 n. 47, senza necessità di valutazioni in
ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal
vincolo).
Da ultimo si aggiunge che la valutazione introdotta in giudizio sulla estraneità
di un traliccio di telecomunicazioni dalla disciplina del vincolo di
inedificabilità non trovano alcun fondamento nella norma attributiva del potere.
In nessuna disposizione dell’art. 338 sopra citato, infatti, il vincolo di
inedificabilità viene limitato soltanto alle abitazioni dove è prevista la
stabile residenza di persone. Il primo comma dell’art. 338 stabilisce in modo
molto più generale, che “è vietato costruire” nel perimetro della fascia di
rispetto senza limitare il divieto a tipi specifici di manufatti (cfr., in
giurisprudenza, Tar Toscana 1712/08: In materia di vincolo cimiteriale, la
salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dall'art. 338 del T.U. delle
leggi sanitarie di cui al r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 nonché dall'art. 57 del
d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso
da quello di abitazione e tanto in ragione dei molteplici interessi pubblici
nella specie in rilievo relativamente alla tutela delle esigenze di natura
igienico-sanitarie e della speciale sacralità dei luoghi). Ne consegue che le
deduzioni del Comune e della controinteressata tendenti ad escludere
dall’applicazione del vincolo un manufatto quale quello di specie devono essere
respinte.
Si affronta da ultimo, per mera completezza, l’argomento introdotto dalla sola
difesa della controinteressata sulla possibilità prevista dall’art. 338, co. 5,
t.u., secondo cui sono pur sempre possibili deroghe alla fascia di rispetto, in
quanto “per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un
intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il
Consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto
degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici”.
A questo argomento la difesa del ricorrente ha replicato che non esistono i
presupposti per l’applicazione in concreto di questa norma, atteso che essa
prevede l’approvazione della deroga ad opera del Consiglio comunale laddove nel
caso in esame il provvedimento abilitativo è stato rilasciato direttamente
dall’ufficio tecnico. La difesa della controinteressata ha dichiarato di non
accettare il contraddittorio sul punto dell’organo competente a rilasciare la
deroga, in quanto non sollevato a suo tempo in ricorso, ma si tratta di pretesa
del tutto incongrua.
Non è stato, infatti, il ricorrente ad introdurre l’argomento della possibilità
di deroga alla fascia di rispetto, ma la controinteressata Telecom, che però non
ha ritenuto necessario evidenziare adeguatamente che la deroga è sì possibile,
ma solo con delibera del Consiglio comunale. La difesa del ricorrente,
evidenziando che nel caso in esame non v’era stata alcuna delibera del Consiglio
comunale autorizzante la deroga, si è limitata a replicare ad un argomento
introdotto dalla controinteressata, e non ad un introdurre un ulteriore motivo
di ricorso, per cui non ha titolo la controinteressata per accettare o meno il
contraddittorio sul punto.
Restano assorbiti gli ulteriori motivi formulati in ricorso. Infatti, “nel
giudizio amministrativo, l'accoglimento di una censura, che sia in grado di
provocare la caducazione dell'atto impugnato, fa venire meno l'interesse del
ricorrente all'esame degli altri motivi da parte del giudice e la potestà di
questi di procedere a tale esame, autorizzando la dichiarazione di assorbimento"
(Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4829).
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di
Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:
Accoglie il ricorso, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti del 5. 9. 2006 e
del 9. 8. 2006 emessi dal Comune di Costa Volpino.
Condanna le controparti in solido tra loro al pagamento in favore del ricorrente
delle spese di lite, che determina in euro 3.000, più i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11/11/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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