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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 dicembre 2009, n. 2389
CAVE E MINIERE - Regione
Lombardia - L.R. n. 14/98 - Destinazione a cava di un territorio trascurato
dalla provincia - Regione - Potere sostitutivo - Onere di coinvolgimento degli
enti locali - Provincia - Acquisizione del parere del Comune interessato. Ai
sensi dell'art. 7 l. rg. Lombardia 8 agosto 1998 n. 14, una volta constatata
l'opportunità di destinare alla creazione di una cava un territorio trascurato
dalla provincia competente, la regione, che si sostituisce a quest'ultima, ha
comunque l'onere di coinvolgere gli enti locali nella scelta, rimettendo, a tale
scopo, gli atti alla provincia perché acquisisca il parere del comune
interessato e formuli le proprie osservazioni al riguardo (Consiglio di Stato,
Sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2743) Pres. Calderoni, Est. Bertagnolli - Comune di
Rovato (avv. Ballerini) c. Regione Lombardia (avv. Cederle) e Provincia di
Brescia (avv.ti Bugatti, Donati, Poli) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1
dicembre 2009, n. 2389
N. 02389/2009 REG.SEN.
N. 01161/2006 REG.RIC.
N. 00458/2005 REG.RIC..
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1161 del 2006, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Comune di Rovato, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Ballerini, con
domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37;
contro
Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Cederle, con domicilio
eletto presso Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30;
Provincia di Brescia, rappresentata e difesa dagli avv. Katiuscia Bugatti,
Gisella Donati, Magda Poli, con domicilio eletto presso Magda Poli in Brescia,
c.so Zanardelli, 38;
nei confronti di
Ditta Bettoni Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Ezio Cividini, con domicilio
eletto presso Ezio Cividini in Brescia, via Saffi, 5;
Sul ricorso numero di registro generale 458 del 2005, proposto da:
Comune di Rovato, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Ballerini, con
domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37;
contro
Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Cederle, con domicilio
eletto presso Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30;
Provincia di Brescia, rappresentata e difesa dagli avv. Katiuscia Bugatti,
Gisella Donati, Magda Poli, con domicilio eletto presso Magda Poli in Brescia,
c.so Zanardelli, 38;
nei confronti di
Bettoni Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Ezio Cividini, con domicilio
eletto presso Ezio Cividini in Brescia, via Saffi, 5;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
per quanto attiene al ricorso sub RG 458/05:
- del piano cave della Provincia di Brescia – settore sabbie e ghiaie, approvato
con deliberazione del Consiglio regionale 25 novembre 2004 n. VII/1114;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, con particolare
riferimento alla deliberazione del Consiglio provinciale di Brescia 27 settembre
2002, n. 30 di adozione del nuovo Piano cave provinciale, alla deliberazione
della Giunta regionale 13 ottobre 2003, n. 14577, al parere della VI commissione
consiliare regionale;
per quanto attiene al ricorso introduttivo sub RG 1161/06:
- del provvedimento del Direttore dell’Area Ambiente della Provincia di Brescia
7 giugno 2006, n. 1614 di approvazione del progetto di gestione produttiva
dell’Ambito Territoriale Estrattivo n. 9 del Piano provinciale cave;
- degli atti tutti presupposti connessi e consequenziali, con specifico
riferimento alla nota dell’Area Ambiente della Provincia di Brescia 29 marzo
2006, n. 4665 PG;
per quanto attiene al primo ricorso per motivi aggiunti nell’ambito del ricorso
R.G. 1161/06:
- del provvedimento 25 gennaio 2007, n. 2587, contenente le determinazioni della
Regione in ordine alla necessità di assoggettamento a VIA del progetto di
estrazione dell’ATE n. 9;
- del provvedimento 19 febbraio 2007, n. 5374, di integrazione del precedente,
che stralciava dall’ambito della V.I.A. l’ATE n. 9;
per quanto attiene al secondo ricorso per motivi aggiunti:
- dell’autorizzazione all’escavazione rilasciata alla Bettoni s.p.a. con
provvedimento dell’ 8 ottobre 2007 n. 3464;
- della comunicazione provinciale 31 ottobre 2007 n. 14624/07;
per quanto attiene al terzo ricorso per motivi aggiunti:
- del decreto del Dirigente dell’Unità organizzativa attività estrattive di
bonifica della Regione Lombardia del 26 marzo 2009, n. 2975, nonché di tutti gli
atti presupposti, connessi e consequenziali.
Visti i ricorsi ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Brescia;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ditta Bettoni Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/11/2009 la dott.ssa Mara
Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato (R.G. 458/05), il Comune odierno
ricorrente rappresenta come l’Amministrazione comunale si fosse da tempo fatta
carico delle problematiche connesse all’attività estrattiva di materiale
ghiaioso e sabbioso, così che, in sede di approvazione del nuovo Piano
provinciale cave (il cui ambito territoriale 9 interessa il Comune di Rovato)
aveva manifestato contrarietà alle soluzioni individuate dalla Provincia che,
però, si limitava a ritenere tardive le osservazioni formulate.
Il Piano cave veniva quindi approvato dalla Regione il 25 novembre 2004,
prevedendo l’interessamento del territorio del Comune di Rovato nella
realizzazione dell’ATE 9, senza in alcun modo considerare le osservazioni da
tale ente locale prodotte ed anzi estendendo, in accoglimento delle osservazioni
presentate dal cavatore interessato, tale ambito di escavazione anche al Comune
di Cazzago S. Martino.
Della illegittimità di tale atto pianificatorio si duole il Comune ricorrente
che, a tal fine, ha dedotto:
1. violazione di legge per errata e falsa applicazione degli artt. 4, 7 e 8
della L.R. n. 14/98, eccesso di potere per carenza di motivazione, in quanto la
Regione sarebbe andata oltre i limiti del potere di apportare integrazioni e
modifiche alla proposta provinciale, ribaltando sensibilmente il contenuto della
proposta provinciale: aumentando il volume escavabile, eliminando tutte le cave
di recupero, eliminando taluni ATE e contestualmente incrementando i
quantitativi attribuiti ad altri, rideterminando i perimetri e le superfici
interessate alla escavazione, modificando alcuni importanti parametri di
escavazione come la profondità massima consentita, che è stata incrementata.
Tali scelte sarebbero state operate senza dare atto di alcuna specifica
motivazione idonea a rappresentare le ragioni che hanno indotto la Regione a
modificare la proposta provinciale;
2. violazione di legge per errata e mancata applicazione dell’art. 7 della L.R.
n. 14/98. L’apporto delle radicali modifiche lamentate da parte della Regione
avrebbe vanificato la facoltà di partecipazione al procedimento di formazione
del Piano cave riconosciuta dalla legge al Comune;
3. errata e mancata applicazione degli artt. 5, 6 e 11 L.R. 14/98, illegittimità
della Normativa tecnica del Piano provinciale cave e comunque violazione della
stessa normativa e del PTCP, eccesso di potere, sotto diversi profili:
I) non sarebbe stata correttamente effettuata la stima del fabbisogno e valutata
la possibilità di recuperare cave cessate onde evitare la distruzione di nuovo
territorio. La Regione avrebbe, quindi, privilegiato previsioni di escavazioni
“a pioggia” piuttosto che una seria programmazione e pianificazione delle
risorse, favorendo l’apertura di nuove cave, anziché un efficace sfruttamento
delle esistenti. Inoltre le previsioni del piano sarebbero state falsate
dall’indicazione di rilevantissime quote di riserva;
II) l’acritica accettazione delle osservazioni dei cavatori avrebbe determinato
la scelta di privilegiare la formazione di nuovi ATE, rispetto all’accorpazione
di aree contigue con ciò escludendo quello sfruttamento ottimale del territorio
che sarebbe imposto dall’art. 5 della L.R. 14/98;
III) la scelta di localizzare numerosi ATE in zone soggette a vincolo ambientale
o comunque di rilevante interesse ambientale, benché in astratto possibile,
denoterebbe un’interpretazione non aderente alla finalità perseguita dalla L.R.
14/98 che impone di considerare le esigenze di garantire la massima
compatibilità ambientale e paesaggistica. In particolare non sarebbe stata
adeguatamente valutata la vicinanza dei terreni ricadenti nell’ATE 9 con il
Monte Orfano;
IV) in vari ATE sarebbe stata prevista l’escavazione a profondità rilevanti e in
falda, rendendo praticamente impossibile un corretto ed adeguato recupero delle
acque, una volta cessata l’escavazione. A supporto della mancata tutela delle
acque e del corretto assetto idrogeologico di cui si duole parte ricorrente,
vengono altresì richiamate le osservazioni presentate da ASM, quale gestore di
ben 42 impianti di distribuzione di acqua potabile;
V) l’art. 8, comma 4 della normativa tecnica del Piano lo renderebbe asservito
alle mere convenienze dei cavatori laddove prevede una ripartizione
proporzionale dei quantitativi di materiale all’interno di ciascun ambito, ma
poi consente accordi che prevedono una diversa modalità di riparto o la cessione
totale delle quote di riserva;
VI) non sarebbero state previste aree di riserva per occorrenze di opere
pubbliche;
VII) sarebbe mancata la valutazione delle infrastrutture esistenti o da
realizzare;
VIII) sarebbero stati violati i principi generali dettati dal Piano territoriale
di coordinamento provinciale (PTCP);
IX) non sarebbe stata considerata l’interferenza con la realizzazione della TAV;
4. violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione.
Si sono costituite in giudizio sia la Regione che la Provincia intimate,
eccependo l’inammissibilità delle numerose censure aventi ad oggetto profili di
illegittimità del Piano cave genericamente rilevati e non direttamente
riconducibili agli effetti dello stesso sugli ambiti 9 e 14 che comprendono
parte del territorio comunale. Tutte le censure sarebbero comunque infondate, in
quanto le scelte operate sarebbero, oltre che conformi, rispondenti ai principi
che debbono regolare l’azione dell’Amministrazione e debitamente motivate.
Si sono costituite in giudizio anche le ditte cavatrici intimate dal Comune
ricorrente, insistendo anch’esse per il rigetto del ricorso, in quanto
infondato.
In sede cautelare la domanda è stata rigettata con ordinanza motivata confermata
in appello dal Consiglio di Stato.
Nelle more del giudizio il Comune di Rovato impugnava anche il successivo
provvedimento di approvazione del progetto di gestione produttiva dell’Ambito
Territoriale Estrattivo n. 9 del Piano provinciale cave (del 7 giugno 2006),
deducendo:
- vizi propri dei provvedimenti impugnati, conseguenti alla violazione e falsa
applicazione delle Direttive CE 97/11 e 85/337 e del DPR 12 aprile 1996, della
L.R. lombarda n. 20/99, come modificata dalla L.R 3/03 e della L.R. 14/98. La
Provincia avrebbe escluso la necessità dell’acquisizione della VIA in ordine
all’approvazione del progetto di escavazione dell’ATE n. 9, in quanto esso, pur
ricomprendendo un’area di oltre 30 ettari, interesserebbe in concreto, con
l’escavazione, un’area inferiore a 20 ettari, tenuto conto del frazionamento nel
tempo dell’area da assoggettare a coltivazione (il progetto approvato riguarda,
infatti, solo 105.000 mq dei 200.000 di cui è prevista la coltivazione). Ciò
sarebbe frutto di una non corretta interpretazione della norma. Se, infatti,
dovesse ritenersi la necessità di valutare solo l’area estrattiva non avrebbe
alcun senso la scelta del legislatore regionale di imporre la presentazione di
un progetto di gestione produttiva che va al di là della mera cava e che deve
considerare tutto l’ambito interessato all’attività, in ragione delle
implicazioni legate all’impatto ambientale, al sistema viabilistico, alla
presenza di eventuali falde acquifere, al contesto idrogeologico, ecc.;
- vizi derivati dall’illegittimità del Piano cave provinciale di cui è
attuazione il progetto autorizzato.
Con deliberazione 28 novembre 2006 la Giunta regionale, con deliberazione n.
3667, dettava - a seguito della procedura di infrazione comunitaria nel corso
della quale la Commissione riteneva non conforme l’interpretazione della Regione
Lombardia secondo cui le dimensioni delle cave debbono essere calcolate tenendo
conto solo delle dimensioni della cava – una nuova disciplina con cui
assoggettava a VIA anche i progetti di attività estrattive nelle cave inserite
in ATE i cui progetti di gestione produttiva fossero stati approvati
antecedentemente alla pubblicazione sul BURL della delibera stessa, ma escludeva
tale assoggettamento per i progetti di gestione produttiva degli ATE di cui
all’art. 11 della L.R 8 agosto 1998, n. 14, già approvati all’entrata in vigore
dell’atto stesso. Precisava, altresì, che ai fini della verifica della soglia
dei 20 ettari dovevano computarsi, oltre alle superfici destinate all’estrazione
dei materiali di cava, anche quelle destinate agli impianti di lavorazione e
trasformazione e ad operazioni di stoccaggio del materiale ed a strutture di
servizio, corrispondenti a quelle complessivamente previste dal progetto di
gestione produttiva dell’ATE di cui all’art. 11 della L.R. 14/98.
Ritenuto, quindi, che, in ragione di ciò, anche il progetto relativo all’ATE n.
9 dovesse essere, ratione temporis, assoggettato alla VIA, espletata la verifica
di cui all’art. 10 del DPR 12.4.1996, con il primo dei due provvedimenti
impugnati con ricorso per motivi aggiunti, la Regione addiveniva alla
conclusione che il progetto non dovesse essere in concreto valutato ai fini
ambientali, attesa l’estensione inferiore ai 2 ettari della superficie
interessata dal progetto e con il secondo stralciava il riferimento contenuto
nel primo alla procedura di infrazione avviata in relazione all’ATE N. 9 in
parola.
In relazione a tali provvedimenti, il Comune, oltre ad invocare l’invalidità
derivata, deduceva ancora una volta la non corretta valutazione delle dimensioni
dell’area interessata - che a suo dire sarebbe ben superiore a quella di 20
ettari – effettuata sulla scorta dei soli elementi contenuti nella
documentazione tecnica presentata dalla ditta Bettoni s.p.a., senza procedere ad
alcuna specifica istruttoria e senza coinvolgere il Comune nell’accertamento.
Infine, con il secondo ricorso per motivi aggiunti, il Comune impugnava la
comunicazione del 31.10.2007, con cui la Provincia informava lo stesso
dell’avvenuto rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di
escavazione a favore della ditta Bettoni, che il ricorrente riteneva illegittima
in quando rilasciata pur in pendenza della procedura di infrazione europea e
nonostante le censure dedotte dal Comune.
Quest’ultimo ricorso veniva corredato dell’istanza cautelare che, dopo una prima
ordinanza interlocutoria finalizzata all’acquisizione di motivati chiarimenti,
conduceva alla concessione delle misura della sospensione degli effetti
dell’autorizzazione in modo tale da evitare l’irreparabile danno derivante
dall’inizio delle operazioni di scavo.
Il Consiglio di Stato, però, con ordinanza 3156/2008 riformava la pronuncia di
primo grado, ritenendo che non essendo “computabile, ai fini della
perimetrazione dell’area da sottoporre a V.I.A., la superficie di raccordo tra
l’area estrattiva ed il territorio adiacente (di per sé stesso configurabile
come zona di salvaguardia)”, una più corretta interpretazione dell’art. 1, comma
3 del D.P.R. 12 aprile 1996 imponesse l’accoglimento dell’appello ed il rigetto
dell’istanza cautelare di primo grado.
Con deliberazione della Giunta regionale n. 8/8210 del 13 ottobre 2008, la
Regione modificava ancora le modalità per l’accertamento dell’assoggettabilità
dei progetti alla V.I.A., integrando la precedente deliberazione n. 8/3667 del
28 novembre 2006 ed in particolare prevedendo che la verifica di
assoggettabilità di cui all’art. 20 del d. lgs. 152/06, come modificato dal d.
lgs. 4/2008, sui progetti individuati al punto 8, lettera i) dell’allegato IV al
decreto 3667/2006, sia espletata secondo i criteri enunciati nell’allegato III
della direttiva 85/337/CE e s.m..
In conseguenza di ciò la competente unità organizzativa della Regione, in
adempimento alle disposizioni transitorie espressamente previste con riferimento
all’ATEg09, provvedeva ancora una volta ad assoggettare il progetto di
escavazione presentato dalla ditta Bettoni alla verifica di assoggettabilità.
Dell’esito negativo di tale accertamento, a cui si è provveduto indicendo anche
una conferenza di servizi nell’ambito della quale sono state opportunamente
considerate anche le osservazioni del Comune ricorrente, quest’ultimo si duole
con il terzo ricorso per motivi aggiunti, deducendo l’illegittimità del
provvedimento per la mancata considerazione dell’effettiva estensione
dell’A.T.E.g09, che abbraccerebbe un’area di complessivi mq 351.000 e quindi ben
superiore sia ai 20 ettari previsti dal DPR del 12 aprile 2006, che ai 25 ettari
previsti dalla direttiva comunitaria 97/11.
Anche con riferimento al ricorso R.G. 1161/06 e ai successivi ricorsi per motivi
aggiunti si sono costituiti sia la Provincia di Brescia, che la Regione, che la
ditta Bettoni s.p.a., tutti sostenendo l’infondatezza dei medesimi, atteso che
la verifica dell’area interessata dal progetto sarebbe stata correttamente
effettuata nel pieno rispetto della vigente normativa.
La Provincia, la ditta Bettoni ed il Comune ricorrente producevano, altresì,
specifiche memorie atte a ripercorrere tutto l’iter della vicenda e riassumerne
i punti salienti ai fini della decisione nel merito.
Alla pubblica udienza del 12 novembre 2009 le cause, su conforme richiesta delle
parti, venivano trattenute in decisione.
DIRITTO
1. Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi in epigrafe
indicati, attesa la consequenzialità dei provvedimenti che ne sono oggetto e
l’identità delle parti in causa, che determinano quella connessione oggettiva e
soggettiva che la rende opportuna.
2. Ciò premesso in rito, nel merito non può trovare accoglimento la censura
introdotta con il primo motivo di ricorso.
L’esame delle tabelle che danno atto delle variazioni apportate alla proposta
provinciale evidenzia come, nel loro complesso, le stesse non abbiano, in
generale, assunto le rilevanti proporzioni descritte dal ricorrente e che
dimostrerebbe un ingiustificato e privo di motivazione superamento del limite di
intervento modificativo della Regione. Invero i quantitativi estraibili sono
stati aumentati, secondo la Regione, di una percentuale inferiore all’1 % (pari
al 3,36 % secondo la controinteressata), la scelta di sopprimere alcuni siti di
modeste dimensioni ha, naturalmente, comportato (per compensazione e perseguendo
un più razionale sfruttamento delle risorse disponibili) l’incremento di
escavazione negli ATE 16, 17, 20, 21, 23, 26 e 34 attraverso delle modifiche che
sono state definite come meramente di carattere tecnico, mentre la maggior parte
degli ambiti non è stata neppure interessata da modifiche.
Le difese regionale e provinciale hanno quindi evidenziato come, a prescindere
dall’eccezione di inammissibilità della doglianza in quanto generica e riferita
quasi in toto a profili che non attengono gli ambiti che ricadono nel territorio
del Comune ricorrente, le censurate modifiche apportate dalla Regione, rientrano
a pieno nella discrezionalità attribuita alla Regione laddove il legislatore ha
previsto il potere di modifica, non essendo stato fornito alcun principio di
prova atto a dimostrare quell’asserito stravolgimento del piano adottato e
proposto dalla Provincia lamentato dal ricorrente.
3. Non merita positivo apprezzamento neanche la terza censura, profili I) e II),
atteso che l’esame del fabbisogno di cui parte ricorrente lamenta la reale
mancata considerazione risulta essere stato fatto oggetto di analisi e
valutazione della Regione, che ha così ravvisato l’inesistenza delle condizioni
oggettive per prevedere il recupero di cave cessate ed ha individuato scelte di
allocazione delle possibilità di scavo giustificate dal perseguimento del
miglior sfruttamento delle risorse disponibili. Considerato che si controverte
nell’ambito di valutazioni attinenti al merito dell’individuazione di quelle
scelte tecniche che consentono il miglior perseguimento del pubblico interesse
nell’ambito dell’esercizio di una delle attività dell’ente pubblico territoriale
squisitamente caratterizzato dalla discrezionalità, come quella pianificatoria
dell’uso del territorio, non appaiono, quindi, ravvisabili quelle macroscopiche
violazioni dei parametri di logicità, ragionevolezza, razionalità, rispondenza
all’interesse pubblico che legittimerebbero l’intervento nel merito delle scelte
operate da parte del giudice amministrativo.
In particolare, sotto il profilo della stima del fabbisogno, premesso che la
Regione ha provveduto ad un modesto incremento di quella già prevista dalla
Provincia, la Provincia stessa ha evidenziato, nella propria difesa, come i
risultati dell’ampia indagine in ordine al fabbisogno siano riportati nella
“relazione dei fabbisogni di inerti” che costituisce l’allegato 3 della proposta
di piano e siano scaturiti dal confronto con il precedente Piano, dalla
rilevazione della presenza di fonti complementari o alternative, avendo altresì
riguardo ai diversi e principali settori di impiego dei materiali (edilizia,
opere stradali ed autostradali in progettazione). Peraltro, se nella redazione
del Piano si è effettivamente tenuto conto della disponibilità dei proprietari
(seppur delle 39 proposte di apertura di nuove cave ne sia stata accolta solo
una), in quanto un’iniziativa pubblica in contrasto con la volontà di questi non
sarebbe ipotizzabile, la Regione ha rappresentato di aver necessariamente
considerato in primo luogo il fattore imprescindibile dell’esistenza di
giacimenti di sostanze coltivabili di cui il mercato necessita e di aver
privilegiato la scelta di sopprimere piccoli ambiti estrattivi o la riduzione di
capacità degli stessi, intensificando, invece, le possibilità di escavazione di
quelli più ampi. A proposito della lamentata individuazione di nuovi ATE, la
Provincia, nel chiarire come siano stati individuati solo 6 nuovi ATE su di un
numero complessivo di 54 (necessari per fare fronte al progressivo (e
necessario) processo di dismissione delle attività estrattive a ridosso del
territorio del capoluogo bresciano ovvero per sopperire all’intervenuto
esaurimento di importanti bacini estrattivi), ha precisato come la possibilità
di utilizzare cave di recupero sia stata in concreto verificata, conducendo,
però, ad esito negativo.
4. Né appare meritevole di positivo apprezzamento quanto dedotto con riferimento
ad un preteso effetto penalizzante di taluni Comuni delle scelte operate. La
difesa dell’Amministrazione appare, infatti, condivisibile laddove pone in
evidenza come l’individuazione degli ambiti estrattivi risulti indirizzata in
primo luogo da elementi di carattere oggettivo, come l’esistenza del materiale
da estrarre e dalla disponibilità dei proprietari dei terreni alla coltivazione.
Per quanto riguarda, infine, l’individuazione delle riserve, il Collegio ritiene
di poter condividere la tesi delle parti resistenti secondo cui la loro
previsione non può avere il temuto effetto ampliativo delle potenzialità di
scavo, attesa il loro valore “meramente descrittivo del giacimento” e che, come
dallo stesso Piano precisato “Nelle tabelle dei singoli ATE le eventuali riserve
residue stimate non fanno parte delle previsioni di piano e non costituiscono in
alcun modo presupposto per l’acquisizione di futuri diritti di escavazione”.
Ciò considerato le scelte operate dalle Amministrazioni coinvolte nell’adozione
del provvedimento complesso che è l’impugnato Piano, appaiono adeguatamente
motivate e rispondenti ad un corretto uso del potere, nel merito dell’esercizio
del quale è precluso a questo giudice di addentrarsi.
5. Per quanto attiene al profilo della tutela ambientale (doglianza 3, lett. III),
precisato che del territorio del Comune di Cazzago interessato dal censurato
Piano, quello ricadente nell’ATE 9 – rispetto a cui si lamenta la mancata
considerazione della vicinanza con il Monte Orfano, non è in alcun modo soggetto
a vincolo paesaggistico, deve ritenersi rispettata la disciplina che regola il
problema della compatibilità ambientale, avendo la Provincia compiuto
approfondite valutazioni, coinvolgendo tutte le autorità preposte alla tutela
del territorio e previsto l’attuazione di misure di mitigazione e mascheramento
dell’attività estrattiva, nonché la collocazione degli impianti in modo da
sottrarli alla percezione visiva.
6. In relazione alla lamentata mancata tutela delle acque e del corretto assetto
idrogeologico può trovare accoglimento l’eccezione di inammissibilità della
doglianza introdotta da entrambe le Amministrazioni resistenti quale conseguenza
della carenza di interesse concreto ed attuale a proporre censure avverso
previsioni del Piano che non riguardano gli ATE 9 e 14 che interessano il
territorio del Comune di Cazzago e della cui potenziale incidenza sulla
collettività del Comune stesso non è stato prodotto alcun principio di prova.
7. Non appare, inoltre, provato che la prevista possibilità della cessione dei
diritti di cavare materiale all’interno del medesimo ambito possa in concreto
rappresentare un aspetto negativo, considerando che, al contrario, essa tende
allo scopo di garantire un più razionale (e potenzialmente anche compatibile con
l’ambiente) sfruttamento dell’ambito, consentendo ad un cavatore di estrarre dal
proprio terreno anche il materiale che potrebbe essere scavato da un altro
terreno che rimarrà, quindi, inutilizzato a tali scopi e perciò preservato.
8. Nemmeno può ritenersi che la legittimità del provvedimento impugnato sia
inficiata dalla mancata previsione di aree di riserva per occorrenza di opere
pubbliche. Seppure nella redazione del Piano sia stata operata la scelta di
espungere dallo stesso le c.d. “cave di prestito”, ciò non di meno le esigenze
connesse alle principali opere pubbliche stradali in programmazione sull’intero
territorio di riferimento sono state debitamente considerate in sede di
individuazione della quantità massima del materiale estraibile.
9. Rispetto alla viabilità va ancora rilevato come la Provincia abbia
predisposto un apposito studio in relazione al sistema viario provinciale nel
suo complesso e alle possibili interferenze con la viabilità interna degli ATE,
valutando i più rilevanti aspetti di criticità derivanti dalle previsioni del
Piano. Ne deriva il rigetto della doglianza di cui alla lettera VII) della
censura n. 3.
10. Deve essere respinta anche la doglianza sub 3.VII), atteso che, in primo
luogo, la definitiva approvazione del Piano cave ad opera della Regione è
intervenuta prima dell’entrata in vigore del PTCP che non poteva, quindi,
ritenersi vincolante. A prescindere da ciò, comunque, molte delle disposizioni
in esso contenuto sono di fatto rispettate nell’impugnato Piano cave, i cui
contenuti sono stati integralmente fatti propri in sede di approvazione del PTCP.
11. Neanche l’interferenza tra alcune previsioni del Piano cave e la
realizzazione della TAV può inficiare la legittimità del Piano stesso,
considerato non solo che i progetti dell’opera in questione sono stati
precisati, seppur ancora a livello di progettazione preliminare, solo a ridosso
della definitiva approvazione del Piano, ma soprattutto del fatto che
un’eventuale sovrapposizione determinerà, semmai ed in concreto, l’impossibilità
dello sfruttamento dell’ATE.
12. Al contrario il ricorso appare meritevole di positivo apprezzamento sotto il
profilo strettamente procedimentale (doglianza n. 2): appare, infatti,
ravvisabile la dedotta illegittima esclusione dalla partecipazione al
procedimento di formazione del Piano del Comune ricorrente.
In sede di approvazione del piano da parte della Regione, infatti, quest’ultimo
ente ha apportato delle importanti modifiche all’A.T.E.g09, in parte riguardanti
il territorio del Comune di Cazzago San Martino, ma incidenti fortemente anche
sul territorio del Comune di Rovato. L’incremento del volume estraibile da
400.000 mc a 1.600.000 mc e della superficie da mq 156.320 a 351.000 pare
interessare in modo assai consistente soprattutto il territorio del Comune di
Rovato, come appare confermato anche dalla successiva presentazione del progetto
di sfruttamento dell’A.T.E..
Ne deriva che, a prescindere dal fatto che il suddetto territorio comunale fosse
interessato dalla realizzazione dell’ATEg09 sin dalla predisposizione della
proposta provinciale (già censurata dal Comune), l’intervento modificativo della
Regione ha comunque avuto un impatto tale, sulle previsioni del Piano, da non
potersi qualificare come una modifica “di dettaglio”, generalmente ammissibile
senza particolari formalità. Al contrario, nel ridisegnare l’ATEg09, la Regione
ha inciso pesantemente sulla precedente proposta provinciale; tanto da
richiedere, secondo la giurisprudenza di questo Tribunale da cui non si ravvisa
ragione di discostarsi, di ripetere la procedura che ha condotto alla proposta
arrivata alla Giunta regionale, affinché sulla modifica regionale possono
pronunciarsi in primo luogo i Comuni e, quindi, anche tutti gli organi tecnici
deputati ad esprimere il proprio parere (T.A.R. Lombardia, Brescia, 4 maggio
2009, n. 893).
In linea con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 6 giugno 2008, n.
2743, secondo cui “Ai sensi dell'art. 7 l. rg. Lombardia 8 agosto 1998 n. 14,
una volta constatata l'opportunità di destinare alla creazione di una cava un
territorio trascurato dalla provincia competente, la regione, che si sostituisce
a quest'ultima, ha comunque l'onere di coinvolgere gli enti locali nella scelta,
rimettendo, a tale scopo, gli atti alla provincia perché acquisisca il parere
del comune interessato e formuli le proprie osservazioni al riguardo”, anche nel
caso di specie la Regione avrebbe dovuto, individuata la necessità di modificare
l’ATEg09 così come risultato in sede di approvazione, rimettere agli enti locali
coinvolti la nuova proposta per le valutazioni di competenza.
Il ricorso merita, quindi, accoglimento sotto questo specifico motivo, che, in
quanto vizio del procedimento di approvazione del piano, determina
l’annullamento delle disposizioni del Piano medesimo in ordine alle nuove
caratteristiche dell’ATEg09, con le ovvie conseguenze in termini di caducazione
dei successivi provvedimenti adottati di cui si dirà infra.
13. Si può, quindi, passare all’esame del merito del ricorso per motivi aggiunti
sub RG 1162/06 con cui è stata censurata la legittimità del progetto dell’ATE n.
9 adottato sulla scorta delle previsione del Piano cave ora considerato.
L’accertamento della illegittimità del Piano determina l’accoglimento anche di
quest’ultimo ricorso, in ragione di quanto dedotto, con effetto assorbente di
ogni altra censura, nella doglianza con cui è stata fatta valere l’invalidità
derivata del provvedimento di approvazione del progetto dell’ATE: accertata la
illegittimità del Piano cave relativamente all’istituzione dell’ATEg9 deve,
quindi, concludersi che anche l’autorizzazione all’escavazione rilasciata dalla
Provincia sulla base del progetto di sfruttamento del medesimo A.T.E. che in
tale Piano trova il proprio fondamento, sia illegittima.
14. Ne discende l’annullamento di tutti gli atti impugnati con il ricorso RG
458/05, con l’atto introduttivo del ricorso R.G. 1161/06 e con il secondo
ricorso per motivi aggiunti depositato nell’ambito di quest’ultimo ricorso,
mentre il primo e il terzo di tali ricorsi per motivi aggiunti debbono essere
dichiarati improcedibili, essendo venuto meno l’interesse del ricorrente
all’accertamento della corretta applicazione della normativa ambientale con
riferimento ad un’autorizzazione all’escavazione annullata in ragione
dell’accoglimento del ricorso precedente.
15. Le spese del giudizio possono essere in parte compensate, in ragione
dell’accoglimento sotto uno solo dei profili dedotti in ricorso. La parte
rimanente deve essere posta a carico della Regione e a favore del Comune
ricorrente nella misura in dispositivo indicata, mentre nei confronti della
Provincia possono trovare compensazione attesa la sua posizione di ente
intermedio cui non sono imputabili i vizi ravvisati nel Piano approvato dalla
Regione e la conseguente caducazione degli atti adottati sulla scorta del
suddetto Piano.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda di
Brescia, definitivamente pronunciando accoglie entrambi i ricorsi in epigrafe
indicati ed il secondo dei ricorsi per motivi aggiunti e per l’effetto annulla
gli atti con essi impugnati.
Dichiara improcedibili il primo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti
presentati nell’ambito del ricorso R.G. 1161/06.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio nei confronti della Provincia
di Brescia.
Compensa in parte le spese nei confronti del ricorrente e, per la parte
restante, condanna la Regione al pagamento delle spese del giudizio a favore del
Comune ricorrente nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre ad I.V.A.,
C.P.A. e rimborso forfetario, nonché al rimborso del contributo unificato dalla
stessa anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio
2002, n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12/11/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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