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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 4 maggio 2009, n. 893



CAVE E MINIERE - VAS - Piano cave - Dir. 42/01/CE - Immediata applicabilità all’interno degli stati membri - Esclusione. In materia di VAS, La direttiva 42/01/CE, per quanto riguarda la generalità degli atti di pianificazione territoriale quale il piano cave, non è immediatamente applicabile all’interno degli Stati membri. Depongono in tal senso anzitutto l’art. 3 della direttiva in parola, che demanda al singolo Stato membro di apprezzare se i piani e programmi relativi a un dato settore possano o non possano avere effetto significativo sull’ambiente; nello stesso senso i successivi articoli 4 e 13, che richiedono in modo espresso che gli Stati, per conformarsi alla direttiva, emanino norme proprie, e quindi adottino atti di recepimento. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - WWF Italia Ong e altri (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv.ti Cederle e Mento). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 04/05/2009, n. 893

CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - Artt. 7 e 8 L.r. n. 14/98 - Piano cave - Carattere provinciale - Modifiche regionali - Limiti. Le norme degli artt. 7 e 8 comma 1 della l. r. Lombardia n. 14/98, là dove prevedono che alla proposta di piano cave presentata dalla Provincia sentiti i Comuni la Giunta regionale possa apportare “integrazioni e modifiche” da sottoporre poi al Consiglio regionale per l’approvazione finale, va interpretata nel senso che si possano apportare in modo puro e semplice solo modifiche di mero dettaglio, ovvero imposte dall’adeguamento ad obblighi normativi. In tutti gli altri casi, non va stravolto il carattere provinciale del piano, e quindi le modifiche non si possono inserire se non ripetendo la procedura che ha condotto alla proposta arrivata alla Giunta: le modifiche stesse vanno apportate al disegno generale della proposta adottata e su di esse devono pronunciarsi non solo i Comuni, ma anche tutti gli organi tecnici deputati ad esprimere il loro parere sul piano in parola. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - WWF Italia Ong e altri (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv.ti Cederle e Mento). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 04/05/2009, n. 893

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00893/2009 REG.SEN.
N. 01040/2008 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 1040 del 2008, proposto da:
Wwf Italia Ong - Onlus, Italia Nostra Onlus, Legambiente Onlus, rappresentati e difesi dall'avv. Paola Brambilla, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
 

contro
 

Regione Lombardia, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Cederle, Donatella Mento, con domicilio eletto presso Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30 (Fax=030/2449770); Provincia di Bergamo;
 

nei confronti di
 

Isc Sas di Sonzogni Fabio e C.;
 

per l’annullamento, previa sospensione
 

della deliberazione 14 maggio 2008 n°VIII/619, con la quale il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato il nuovo piano cave della Provincia di Bergamo;

delle deliberazioni 14 maggio 2008 n°VIII/616, 617 e 618, con le quali il Consiglio regionale della Lombardia ha ricollocato quantitativi di ATE stralciati all’interno del predetto piano;

di tutti gli atti presupposti, conseguenti e consequenziali, in particolare:

della deliberazione 16 marzo 2004 n°16, con la quale il Consiglio provinciale di Bergamo ha adottato la proposta di nuovo piano cave regionale;

della deliberazione 22 dicembre 2005 n°8/1547, con la quale la Giunta regionale ha sottoposto al Consiglio la predetta proposta di piano;

del parere 8 novembre 2005 n°1823 del Comitato tecnico regionale;

del decreto 2 febbraio 2004 n°1330 del Dirigente della struttura regionale azioni per la gestione delle aree protette e difesa della biodiversità;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16/04/2009 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO
 

Il Piano cave della Provincia di Bergamo è stato adottato con deliberazione del Consiglio provinciale 16 marzo 2004 n°16; ha ricevuto i prescritti pareri istruttori, precisamente il parere della Direzione regionale in tema di valutazione di incidenza con decreto 2 febbraio 2004 n°1330; il parere della Autorità di bacino del fiume Po con atto 18 maggio 2005 n°3009; il parere del Comitato tecnico consultivo per le attività estrattive con atto 8 novembre 2005 n°1823; il parere della Direzione generale territorio e urbanistica con atto 13 dicembre 2005 n°36132.

Il Piano, ciò fatto, è stato trasmesso alla competente commissione del Consiglio regionale con deliberazione della Giunta 22 dicembre 2005 n°8/1547 ed è stato approvato in commissione il 30 luglio 2007; è stato poi dall’aula nuovamente rinviato in commissione e da ultimo approvato dal Consiglio regionale con la deliberazione 14 maggio 2008 n°VII/619 di cui in epigrafe (doc. A ricorrente, copia di essa, ove gli estremi degli altri atti citati).

Avverso tale Piano come sopra formato, propongono impugnazione gli enti ricorrenti, con ricorso articolato in cinque censure, ulteriormente approfondite nella memoria 4 aprile 2009 e in ordine logico riconducibili ai seguenti cinque motivi:

- con il primo motivo, corrispondente alla prima censura alle pp. 3-7 del ricorso, deducono violazione degli artt. 4 e 13 della direttiva 2001/42/CE, dell’art. 15 del d. lgs. 152/2006 e dell’art. 4 della l. r. Lombardia n°12/2005, per esser stato il Piano in questione approvato in difetto di valutazione ambientale strategica (“VAS”). Affermano infatti che la normativa europea citata imporrebbe agli Stati membri, e quindi anche all’Italia, di sottoporre a VAS non solo gli atti di pianificazione predisposti con un primo atto posteriore al 21 luglio 2004, ma anche gli atti pianificatori avviati prima di tale data, ma approvati, come nella specie avvenuto, dopo il 21 luglio 2006;

- con il secondo motivo, corrispondente alla seconda censura alle pp. 7- 16 del ricorso, deducono violazione degli artt. 6-8 della l.r. Lombardia n°14/1998, per avere l’Autorità regionale inserito di propria esclusiva iniziativa nel Piano in questione alcuni ambiti territoriali estrattivi, denominati per la precisione ATE o24, ATE g42, ATE 020, non previsti in alcun modo nella proposta provinciale. Assumono in proposito che siffatta operazione sarebbe non consentita dalla legge, in quanto eversiva del potere pianificatorio provinciale in materia, nonché delle competenze comunali, nel senso che impedirebbe a tali enti di formulare le loro osservazioni sulle novità così introdotte;

- con il terzo motivo, corrispondente alla prima parte delle censure terza e quarta, alle pp. 16- 18 e 25- 26 del ricorso, deducono ulteriore violazione degli artt. 6-8 della l.r. Lombardia n°14/1998, in quanto in ogni caso i nuovi siti estrattivi previsti sarebbero stati inseriti nel Piano senza che riguardo ad essi fossero stati acquisiti i prescritti pareri endoprocedimentali, anche quanto alla loro incidenza sui siti naturalistici di interesse comunitario della Provincia;

- con il quarto motivo, corrispondente alla seconda parte delle censure terza e quarta alle pp. 18-25 e 27-29 del ricorso, deducono eccesso di potere per illogicità, in quanto il Piano approvato, con riferimento ai siti estrattivi in origine previsti, non avrebbe tenuto conto né dei pareri non positivi espressi in istruttoria per taluni di essi, né delle osservazioni delle associazioni ambientaliste, né dell’incidenza di alcuni siti sui siti naturalistici di interesse comunitario, nel senso che avrebbe a priori considerato comunque compatibili con essi le attività estrattive;

- con il quinto motivo, corrispondente alla quinta censura alle pp. 29-31 del ricorso, deducono ulteriore eccesso di potere, per imprecisione degli elaborati di Piano, in particolare delle cartografie, che non consentirebbero di stabilire cosa in effetti sia stato approvato.

Si è costituita la Regione Lombardia, con atto 7 novembre 2008, nel quale chiede la reiezione del ricorso, ed in particolare deduce:

- in ordine al primo motivo, che la VAS non sarebbe per il Piano in questione dovuta, in quanto si tratterebbe di Piano di interesse soltanto locale, e quindi assoggettabile a tale adempimento, a norma della direttiva citata, solo per libera scelta dello Stato membro, non formulata in tal senso dall’Italia;

- in ordine al secondo e al terzo motivo, che comunque sarebbe nei poteri del Consiglio regionale modificare il Piano adottato;

- in ordine al quarto motivo, che non vi sarebbe illogicità alcuna, in quanto i pareri citati dalle ricorrenti sarebbero stati non senz’altro negativi, ma positivi con prescrizioni, e mai, con riferimento ai siti di interesse comunitario, avrebbero considerato un sito estrattivo radicalmente incompatibile con essi;

- in ordine al quinto motivo, che esso conterrebbe semplici valutazioni di merito.

Respinta l’istanza cautelare con ordinanza 26 novembre 2008 n°831, all’udienza del giorno 16 aprile 2009 la Sezione tratteneva il ricorso in decisione.
 

DIRITTO
 

Il ricorso è in parte fondato e va conseguentemente accolto, per le ragioni e nei limiti di cui appresso.

1. In primo luogo, il ricorso va d’ufficio dichiarato inammissibile per difetto di interesse in quanto rivolto avverso la deliberazione 22 dicembre 2005 n°8/1547 della Giunta regionale della Lombardia, il parere 8 novembre 2005 n°1823 del Comitato tecnico regionale e il decreto 2 febbraio 2004 n°1330 del Dirigente della struttura regionale azioni per la gestione delle aree protette e difesa della biodiversità: si tratta, all’evidenza, di atti interni al procedimento di formazione del piano impugnato, che non sono dotati di autonoma attitudine lesiva e rilevano in questa sede in tanto in quanto recepiti nel loro contenuto dagli atti finali. Dalla loro impugnativa in quanto tali - in altri termini- il ricorrente non ricava alcuna concreta utilità.

2. Nel merito, è infondato il primo motivo di ricorso, relativo alla asserita necessità di sottoporre il piano per cui è causa a V.A.S. in forza della direttiva comunitaria 42/01/CE, altrettanto asseritamente ritenuta autoesecutive. E’ sufficiente rilevare, anche sulla scorta di precedente giurisprudenza, e in particolare di TAR Campania Napoli sez. IV 7 maggio 2008 n°3550, che la direttiva in questione, per quanto riguarda la generalità degli atti di pianificazione territoriale come quello di cui si discute, non è immediatamente applicabile all’interno degli Stati membri. Depongono in tal senso anzitutto l’art. 3 della direttiva in parola, che demanda al singolo Stato membro di apprezzare se i piani e programmi relativi a un dato settore possano o non possano avere effetto significativo sull’ambiente; nello stesso senso i successivi articoli 4 e 13, che richiedono in modo espresso che gli Stati, per conformarsi alla direttiva, emanino norme proprie, e quindi adottino atti di recepimento.

3. Sono viceversa fondati i motivi secondo e terzo, che vanno trattati congiuntamente perché all’evidenza connessi, riguardando la violazione degli artt. 7 e ss. della l. r. Lombardia n°14/1998. La legge in questione, è necessario premetterlo per chiarezza, disciplina il piano delle cave come piano “provinciale”, ovvero demanda a detto ente la sua formazione, sentiti gli enti minori che il suo territorio compongono, ovvero i Comuni; la legge stessa quindi non va interpretata, almeno fin quando sia possibile evitarlo, nel senso di svuotare dette competenze, e in particolare di accentrare la formazione del piano al superiore livello regionale. Tale risultato, oltretutto, sarebbe contrario al principio costituzionale di sussidiarietà verticale, là dove esso impone di allocare le competenze -anche in via interpretativa: v. C.d.S. sez. VI 28 giugno 2007 n°3792 e TAR Puglia Lecce 8 febbraio 2005 n°404- presso gli enti locali di livello il più possibile vicino al cittadino, e quindi di evitare non necessarie ingerenze degli enti di livello superiore, in primo luogo lo Stato, ma anche la Regione.

4. Ciò premesso, le norme degli artt. 7 e 8 comma 1 della l. r. 14/98, là dove prevedono che alla proposta presentata dalla Provincia sentiti i Comuni la Giunta regionale possa apportare “integrazioni e modifiche” da sottoporre poi al Consiglio regionale per l’approvazione finale, va interpretata nel senso che si possano apportare in modo puro e semplice solo modifiche di mero dettaglio, ovvero imposte dall’adeguamento ad obblighi normativi. In tutti gli altri casi, non va stravolto il carattere provinciale del piano, e quindi le modifiche non si possono inserire se non ripetendo la procedura che ha condotto alla proposta arrivata alla Giunta: le modifiche stesse vanno apportate al disegno generale della proposta adottata e su di esse devono pronunciarsi non solo i Comuni, ma anche tutti gli organi tecnici deputati ad esprimere il loro parere sul piano in parola: in tal senso, con riguardo esplicito al coinvolgimento dei Comuni, C. d. S. sez. VI 6 giugno 2008 n°2743.

5. Il Collegio condivide poi l’insegnamento della decisione citata, per la quale si tratta di adempimenti che rivestono valore non formale, ma sostanziale. In termini logici, la pianificazione dell’uso di un dato territorio, nella specie dell’uso estrattivo, di per sé suscettibile ove non correttamente governato di produrre guasti anche notevoli all’ambiente, va operata considerando il territorio in questione come un tutto unitario, e non a caso ogni piano cave prende le mosse dalla determinazione di un fabbisogno complessivo di materiali. E’ quindi impossibile, in via generale, alterare una proposta di piano redatta secondo certi criteri aggiungendo puramente e semplicemente nuovi ambiti, dei quali non si sia calcolata l’incidenza non solo sulla località interessata, ma anche sull’assetto complessivo del sistema.

6. Nella specie, il piano impugnato risulta non rispettoso delle norme così ricostruite, in quanto, come è pacifico in causa, l’autorità regionale ha inserito di propria esclusiva iniziativa nello stesso alcuni ambiti territoriali estrattivi, quelli denominati ATE o24, ATE g42, ATE 020 di cui si è detto in premesse e che non erano previsti in alcun modo nella proposta provinciale, né avevano ricevuto un parere dai Comuni o dagli organi tecnici a ciò deputati. Gli atti di adozione, modifica e approvazione del piano vanno quindi annullati, nel senso che, ove si intendano inserire nel piano i nuovi siti di cui si è detto, essi andranno previsti sin dall’inizio nell’assetto della proposta, e dovranno ricevere come siti singoli e come parti del tutto i pareri che la legge prescrive, anche con riferimento all’incidenza sui siti naturalistici.

7. E’ invece infondato il quarto motivo di ricorso, in quanto muove da una premessa errata, ovvero che con riferimento ai siti estrattivi previsti sin dalla prima redazione del piano gli organi tecnici avrebbero espresso pareri negativi senza che di ciò si sia tenuto conto nel piano stesso. Va infatti replicato, condividendo sul punto quanto rilevato dalla difesa regionale, che i pareri citati sono non negativi, ma positivi con prescrizioni, ovvero in altre parole affermano che il sito estrattivo può esistere, a certe condizioni che poi il piano recepisce. In tal modo, ad avviso del Collegio, il piano stesso tiene conto per la tutela dell’ambiente anche delle osservazioni critiche dell’associazione ricorrente, nel senso che nelle sue previsioni non contiene alcuna delle manifeste illogicità che sole lo renderebbero sindacabile in questa sede.

8. E’invece parzialmente fondato il quinto motivo di ricorso, che affianca censure apodittiche, e non condivisibili come tali, a censure specifiche, che vanno valutate e accolte. La ricorrente sostiene anzitutto che il piano nel suo complesso, quindi a prescindere dai nuovi siti inseriti, non potrebbe nemmeno essere considerato tale, per una presunta non chiarezza dei suoi elaborati tecnici, della quale però non precisa in alcun modo i caratteri. La censura come tale è come si è detto apodittica e non può essere accolta: premesso che una cartografia richiede senza dubbio conoscenze tecniche per essere letta e interpretata in modo corretto, la censura non precisa come e dove in base a tali conoscenze tecniche gli elaborati risulterebbero redatti in modo erroneo. Alla censura generica se ne affianca però una specifica, che riguarda anzitutto i nuovi ambiti ATE g42, ATE 020, per i quali effettivamente la scheda tecnica è in sostanza lasciata in bianco, né ciò stupisce data l’acclarata omissione dell’iter procedimentale necessario per inserirli. La censura specifica riguarda poi l’ambito ATEg36, nel quale in effetti la cartografia non è chiara, nel senso che non si comprende se il giacimento inglobi o no anche case di abitazione, dato che nella mappa compaiono segni interpretabili come tali, riguarda ancora l’ATE g40, in cui la scheda sembra effettivamente monca di alcune indicazioni; riguarda anche l’ATEc21, dato che l’asserita individuazione dell’ambito estrattivo in zona di dissesto idrogeologico, che appare in quanto tale illogica, non è stata contestata dalla controparte, riguarda infine l’ambito Rg20, una cava di recupero che però, come non è contestato, mantiene le stesse volumetrie dell’ATE ivi previsto dal piano previgente, e quindi non si comprende in che senso si possa classificare di recupero. Il piano va quindi annullato anche in parte qua, nel senso che l’amministrazione, nel riconsiderare le fattispecie indicate, dovrà chiarire i citati punti del loro assetto con una corretta e completa istruttoria.

9. La complessità delle questioni trattate e la parziale soccombenza sono giusto motivo per compensare le spese.
 

P.Q.M.
 

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto così provvede:

a) dichiara inammissibile il ricorso quanto alla deliberazione 22 dicembre 2005 n°8/1547 della Giunta regionale della Lombardia, al parere 8 novembre 2005 n°1823 del Comitato tecnico regionale e al decreto 2 febbraio 2004 n°1330 del Dirigente della struttura regionale azioni per la gestione delle aree protette e difesa della biodiversità;

b) annulla ai sensi di cui in motivazione le deliberazioni 14 maggio 2008 n°VIII/616, 617, 618 e 619 del Consiglio regionale della Lombardia e 16 marzo 2004 n°16 del Consiglio provinciale di Bergamo;

c) compensa per intero le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16/04/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Mario Mosconi, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario, Estensore


IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/05/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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