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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 17 giugno 2009, n. 4064
ENERGIA - Reti elettriche di distribuzione - Impianti sotterranei -
Inapplicabilità dell’art. 93, c. 2 d.lgs. n. 259/2003, in quanto relativo ai
soli impianti relativi alle comunicazioni elettroniche - Imposizione di oneri
patrimoniali - Prestazioni patrimoniali imposte - Violazione dell’art. 23 Cost.
L'art. 93, comma 2, decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 preclude che il
rilascio dell'autorizzazione e la gestione dell'impianto siano subordinati al
pagamento di importi ulteriori rispetto a quelli ivi espressamente previsti
(poiché non può essere determinata ex ante alcuna spesa per il ripristino a
regola d'arte), anche se non preclude che l'amministrazione ex post chieda al
gestore il pagamento dell'importo che abbia effettivamente speso per il
ripristino, che il medesimo gestore abbia omesso di realizzare (Cons. Stato,
sez. VI, 5.4.2006, n. 1775; Cons. Stato, sez. VI, 7.3.2008, 1005). Detta
previsione ha ad oggetto esclusivamente l’esecuzione delle opere di cui al
codice delle comunicazioni elettroniche e non può trovare, dunque, applicazione
allorché l’impianto sotterraneo concerna reti differenti da quelle di
telecomunicazione quali le reti elettriche di distribuzione. Tuttavia, la
pretesa dell’amministrazione al pagamento di somme a titolo di oneri di
collaudo, primo e secondo deposito cauzionale, oneri di sorveglianza e ristoro
del degrado del corpo stradale, in quanto avente natura di prestazione
patrimoniale obbligatoriamente imposta, è illegittima in quanto priva di
fondamento normativo (cfr. art. 23 Cost.). Pres. Arosio, Est. Cattaneo - Enel
Distribuzione spa (avv.ti Crippa, Greco, Muscardini e Toscano) c. Comune di
Cologno Monzese (avv. Quadri). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.II - 17/06/2009, n.
4064
N. 04064/2009 REG.SEN.
N. 00177/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 177 del 2002, proposto da:
Enel Distribuzione Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Crippa,
Guido Greco, Manuela Muscardini, Carmina Toscano, con domicilio eletto presso lo
studio dell’avv. Guido Greco in Milano, P.Le Lavater, 5;
contro
Comune di Cologno Monzese, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Quadri,
presso il cui studio, in Milano, via S. Tecla, 5 è elettivamente domiciliato;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. n. 32790 del 17.10.2001 con cui il Comune di Cologno
Monzese chiede il versamento di somme a titolo di oneri di collaudo, primo e
secondo deposito cauzionale, oneri di sorveglianza, per il ritiro della
richiesta autorizzazione allo scavo;
del provvedimento prot. n. 35179 del 7.11.2001 con cui il Comune di Cologno
Monzese chiede il versamento di somme a titolo di oneri di collaudo, primo e
secondo deposito cauzionale, oneri di sorveglianza e somme per il ristoro del
degrado del corpo stradale, per il ritiro della richiesta autorizzazione allo
scavo;
della deliberazione del C.C. del Comune di Cologno Monzese n. 29 del 19.6.2001;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cologno Monzese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22/04/2009 la dott.ssa Silvia Cattaneo
e uditi per le parti gli avv. Greco, Grassi (in sostituzione di Toscano) e De
Gasperi (in sostituzione di Quadri);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. Con il presente ricorso Enel
Distribuzione s.p.a. impugna due provvedimenti con cui il Comune di Cologno
Monzese le chiede il versamento di somme a titolo di oneri di collaudo, primo e
secondo deposito cauzionale, oneri di sorveglianza e somme per il ristoro del
degrado del corpo stradale per il rilascio dell’autorizzazione allo scavo su
suolo pubblico ed il regolamento del sottosuolo approvato con delibera n. 29 del
19.6.2001, lamentando i seguenti profili di illegittimità:
I. violazione dell’art. 23 Cost.; eccesso di potere per manifesta irrazionalità,
illogicità e difetto di motivazione della delibera nella parte in cui prevede
una ulteriore autorizzazione allo scavo nonché la possibilità di revoca e
modifica della stessa; violazione art. 12, l.r. n. 52/1982;
II. violazione dell’art. 23 Cost. e dell’art. 63, d.lgs. n. 446/1997; eccesso di
potere per manifesta illogicità e sproporzione; eccesso di potere per difetto di
istruttoria e di motivazione;
III. violazione di legge, eccesso di potere, particolarmente sotto il profilo
dell’irrazionalità e dell’illogicità in ordine alla profondità della posa dei
cavi nel territorio comunale;
IV. violazione e falsa applicazione dell’art. 7, l. n. 241/1990; violazione art.
97 Cost.; violazione d.p.c,m, 3.3.1999.
2. L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio e, oltre a dedurre
l’infondatezza nel merito della domanda, ha eccepito l’irricevibilità del
ricorso in quanto proposto tardivamente.
3. All’udienza pubblica del 22 aprile 2009, il ricorso è stato ritenuto per la
decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio esamina
preliminarmente l’eccezione di tardività del ricorso.
1.1 Ad avviso della difesa dell’amministrazione comunale, il ricorso è stato
proposto tardivamente e ciò in quanto Enel doveva impugnare immediatamente la
delibera n. 29 del 19.6.2001 con cui veniva approvato il regolamento per il
sottosuolo, conosciuta con comunicazione protocollata il 25.7.2001.
1.2 I regolamenti sono atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente
normativi e contengono, dunque, di regola, prescrizioni che hanno i caratteri
della generalità ed astrattezza.
Per tale ragione, la giurisprudenza ritiene che tali atti non siano idonei ad
incidere direttamente sulla sfera giuridica dei destinatari e che possano,
quindi, essere impugnati solo unitamente al provvedimento che ne costituisca la
concreta applicazione.
1.3 I c.d. regolamenti c.d. volizione - azione, tuttavia, contengono previsioni
che incidono direttamente sulla sfera soggettiva dei destinatari: in tali casi
l’insorgere dell’interesse a ricorrere è immediato e non deve attendere
l’adozione dell’atto applicativo (Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2000, n. 2581;
Sez. IV, 12 ottobre 1999, n. 1558; Sez. VI, 6 giugno 1995, n. 556; Sez. IV, 19
ottobre 1993, n. 897, Sez. IV, 24 marzo 1981, n. 279).
1.4 La tempestività dell’impugnazione del regolamento assume, dunque, rilievo
con riferimento alle censure rivolte avverso disposizioni che fossero
immediatamente lesive. Siccome il Collegio non affronterà l’esame del primo e
del terzo motivo di ricorso - in quanto, nel corso dell’udienza, il difensore
del ricorrente ha dichiarato, per conto del suo assistito, di non avere più
interesse - le uniche disposizioni del regolamento che sono oggetto di gravame,
delle quali occorre valutare l’immediata lesività, sono gli artt. 4 e 9 del
regolamento (censurati con il secondo motivo di ricorso).
1.5 Tali disposizioni prevedono che il gestore debba versare al Comune, ai fini
del rilascio dell’autorizzazione allo scavo, un importo a titolo di oneri di
collaudo, due depositi cauzionali, un importo a titolo di degrado del corpo
stradale, un compenso per la sorveglianza del cavo ed un importo a titolo del
degrado dell’apparato radicale delle essenze vegetali.
Il Collegio è dell’avviso che si tratti di previsioni immediatamente lesive e
per tale ragione debbano formare oggetto di autonoma impugnazione: gli atti con
cui l’amministrazione chiede al concessionario il pagamento delle somme in
questione non possono, difatti, avere contenuto diverso dalla mera applicazione
di quanto previsto dalle disposizioni regolamentari e dai relativi allegati che
prestabiliscono i principi, le modalità e i criteri per la relativa
determinazione.
Tali disposizioni, d’altro canto, non necessitano neppure di un vero e proprio
provvedimento di attuazione dal momento che il regolamento prevede il pagamento
anticipato delle varie somme.
1.6 Con atto del 19.7.2001, il Comune di Cologno Monzese ha comunicato ad Enel
l’approvazione del regolamento, avvenuta con delibera del C.C. n. 29/06/2001;
con successiva nota dell’11.9.2001 il Comune ha invitato l’Enel ad un incontro
avente ad oggetto la programmazione triennale degli interventi prevista
dall’art. 2 del regolamento per il sottosuolo.
Con tali atti, l’amministrazione comunale ha reso edotta la ricorrente
dell’esistenza e degli elementi essenziali del regolamento.
Per costante giurisprudenza, perché si abbia la piena conoscenza del
provvedimento lesivo, non è necessario che esso sia conosciuto in tutti i suoi
elementi, ma è sufficiente la concreta conoscenza degli elementi essenziali (tra
cui il contenuto, costituito dall'oggetto e dagli effetti essenziali), mentre la
successiva integrale conoscenza di tutti gli aspetti del provvedimento, e dei
suoi atti presupposti, può consentire la proposizione di motivi aggiunti,
qualora un ricorso sia già stato presentato (Cons. Stato, sez. V, 4 novembre
1990, n. 817; sez. V, 7 marzo 1987, n. 168; sez. VI, 25 marzo 1985, n. 94; sez.
VI, 19 marzo 1984, n. 138; sez. VI, 31 ottobre 1978, n. 1115; sez. VI, 27
gennaio 1978, n. 95).
Poiché il ricorso è stato notificato in data 10 gennaio 2002, l’impugnazione del
regolamento, è, pertanto, tardiva.
1.7 La tardività dell’impugnazione del regolamento non comporta, però,
l’inammissibilità del ricorso.
1.8 In quanto atto avente natura di regolamento, la delibera n. 29 del 19.6.2001
può, difatti, essere disapplicata dal giudice amministrativo che la ritenga
illegittima, anche in assenza di una rituale impugnazione: ormai da tempo la
giurisprudenza (v., fra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5098;
Cons. Stato, sez. VI, 12 aprile 2000, n. 2183), ammette che il giudice
amministrativo, in applicazione del principio della gerarchia delle fonti, possa
valutare direttamente, attraverso lo strumento della disapplicazione del
regolamento, il contrasto tra provvedimento e legge, eventualmente annullando il
provvedimento a prescindere dell'impugnazione congiunta del regolamento.
1.9 Lo strumento della disapplicazione non può però venire in soccorso con
riferimento alla censura di cui al secondo motivo di ricorso, con cui viene
contestata la legittimità dell’importo richiesto a titolo di ristoro del
parziale degrado dell’apparato radicale delle essenze vegetali poste nelle
vicinanze dello scavo, in quanto in nessuno degli atti applicativi impugnati
l’amministrazione ha chiesto ad Enel il pagamento di somme a tale titolo.
Sul punto, il motivo è, pertanto, irricevibile essendo tardiva l’impugnazione
del regolamento.
2. Il Collegio affronta ora il merito del ricorso.
2.1 Come si è già osservato non saranno oggetto di esame il primo ed il terzo
motivo di ricorso in quanto, nel corso dell’udienza, il difensore del ricorrente
ha dichiarato, per conto del suo assistito, di non avere più interesse.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta l’illegittimità,
per violazione dell’art. 23 Cost., dell’art. 63 d.lgs. n. 446/1997 e per eccesso
di potere, degli atti con cui il Comune di Cologno Monzese chiede, per il
rilascio dell’autorizzazione allo scavo su suolo pubblico, il versamento di
somme a titolo di oneri di collaudo, primo e secondo deposito cauzionale, oneri
di sorveglianza e di ristoro del degrado del corpo stradale.
2.3 La censura di violazione dell’art. 23 Cost. è fondata.
2.4 In materia di installazione di impianti di telecomunicazione, la
giurisprudenza del Consiglio di Stato, affermava - nel vigore dell'art. 238 del
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 - che l'amministrazione comunale ben poteva
istituire una indennità di ristoro, a carico di coloro che eseguivano scavi
nella sua sede stradale, per evitare che questi conseguissero un arricchimento
senza causa (Sez. V, 20 dicembre 1996, n. 1572; Sez. VI, 1° marzo 1995, n. 214).
Secondo questo orientamento “infatti, poiché i costi dei lavori devono restare a
carico di chi realizza l'impianto (in base al principio generale
dell'ordinamento cuius commoda, eius et incommoda), ben può l'amministrazione
predeterminare i criteri per liquidare ciò che le spetta, ai sensi dell'art.
2041, ferma restando - peraltro - la possibilità per il debitore di contestare
l'atto di liquidazione e la previsione regolamentare, ove in concreto non sia
rispettato il canone della congruità.
Sotto tale aspetto, non risulta violato il principio della riserva di legge,
sancito dall'art. 23 della Costituzione, poiché:
- la pretesa dell'amministrazione ha la finalità di ripristinare il suo
patrimonio, ai sensi dell'art. 2041 del codice civile, ed è comunque azionabile
innanzi al giudice civile, nei confronti di chi abbia causato le spese di
riparazione;
- l'art. 4, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249, aveva espressamente
ammesso che i Comuni potessero "prevedere obblighi di natura civile", per
esigenze di razionale utilizzo del sottosuolo e della tutela dell'interesse
collettivo (Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 1996, n. 1572; sez. VI, 1° marzo
1995, n. 214)”.
2.5 In seguito all’entrata in vigore dell’art. 93, comma 2, del decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259 - ai sensi del quale, oltre alla tassa, al
canone e al contributo una tantum ivi elencati, "nessun altro onere finanziario
o reale può essere imposto, in base all'articolo 4 della legge 31 luglio 1997,
n. 249, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al presente decreto" -
il Consiglio di Stato ha mutato orientamento.
Ad avviso del Consiglio di Stato, l'art. 93, comma 2, preclude che il rilascio
dell'autorizzazione e la gestione dell'impianto siano subordinati al pagamento
di importi ulteriori rispetto a quelli ivi espressamente previsti (poiché non
può essere determinata ex ante alcuna spesa per il ripristino a regola d'arte),
anche se non preclude che l'amministrazione ex post chieda al gestore il
pagamento dell'importo che abbia effettivamente speso per il ripristino, che il
medesimo gestore abbia omesso di realizzare (Cons. Stato, sez. VI, 5.4.2006, n.
1775; Cons. Stato, sez. VI, 7.3.2008, 1005).
2.6 La previsione di cui all’art. 93, comma 2, d.lgs n. 259/2003 ha ad oggetto
esclusivamente l’esecuzione delle opere di cui al codice delle comunicazioni
elettroniche e non può trovare, dunque, applicazione allorché l’impianto
sotterraneo concerna reti differenti da quelle di telecomunicazione e, quindi,
per ciò che rileva nel caso di specie, le reti elettriche di distribuzione.
2.7 Pur in mancanza di una disposizione che ponga un divieto di imporre il
pagamento di importi ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti, anche
per le opere relative alla posa di impianti elettrici, il Collegio è, tuttavia,
dell’avviso che alla pretesa dell’amministrazione al pagamento di somme a titolo
di oneri di collaudo, primo e secondo deposito cauzionale, oneri di sorveglianza
e ristoro del degrado del corpo stradale sia da attribuire la natura di
prestazione patrimoniale obbligatoriamente imposta e che essa sia illegittima in
quanto priva di fondamento normativo.
2.8 La giurisprudenza della Corte Costituzionale, in un primo momento, ha
limitato la garanzia di cui all’art. 23 Cost. facendo riferimento solo alla
natura autoritativa dell'atto che costituisce la prestazione, in quanto tale
emesso indipendentemente dalla volontà del soggetto passivo (sentenze nn. 4, 30,
47, 122 del 1957; n. 36 del 1959; nn. 51 e 70 del 1960; n. 65 del 1962; n. 55
del 1963).
Successivamente, ha ravvisato la natura di prestazione imposta anche nelle
ipotesi in cui la prestazione stessa, pur nascendo da un contratto privatistico
volontariamente stipulato dall'utente col titolare del bene o del servizio, e
quindi dando luogo ad un rapporto negoziale di diritto privato, si riferisca ad
un "servizio che, in considerazione della sua particolare rilevanza, venga
riservato alla mano pubblica e l'uso di esso sia da considerare essenziale ai
bisogni della vita", sicché "il cittadino é libero di stipulare o non stipulare
il contratto, ma questa libertà si riduce alla possibilità di scegliere fra la
rinunzia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e l'accettazione di
condizioni e di obblighi unilateralmente e autoritativamente prefissati"
(sentenze n. 72 del 1969 e n.127 del 1988).
Ed invero, ai fini dell'individuazione delle prestazioni patrimoniali imposte,
la Corte non considera elementi determinanti, ma secondari e supplementari, le
formali qualificazioni delle prestazioni (sentenza n.4 del 1957), la fonte
negoziale o meno dell'atto costitutivo (sentenza n.72 del 1969), il dato
empirico dell'inserimento di obbligazioni ex lege in contratti privatistici,
nonché la maggiore o minore valenza sinallagmatica delle rispettive prestazioni
(sentenza n. 55 del 1963).
Riconosce, invece, un peso decisivo agli aspetti pubblicistici dell'intervento
delle autorità, ed in particolare alla disciplina della destinazione e dell'uso
di beni o servizi, per i quali si verifica che, in considerazione della loro
natura giuridica (sentenze n.122 del 1957 e n. 2 del 1962), della situazione di
monopolio pubblico o della essenzialità di alcuni bisogni di vita soddisfatti da
quei beni o servizi (sentenze n. 36 del 1959, 72 del 1969, 127 del 1988), la
determinazione della prestazione sia unilateralmente imposta con atti formali
autoritativi, che, incidendo sostanzialmente sulla sfera dell'autonomia privata,
giustificano la previsione di una riserva di legge.
2.9 Dando applicazione a questi principi, può agevolmente ritenersi di essere al
cospetto, nel caso in esame, di una prestazione patrimoniale imposta: il
pagamento di somme a titolo di oneri di collaudo, primo e secondo deposito
cauzionale, oneri di sorveglianza e ristoro del degrado del corpo stradale è,
difatti, stabilito unilateralmente dalla pubblica amministrazione e viene ad
incidere sulla sfera dell'autonomia di soggetti, i quali, per poter espletare un
pubblico servizio, non possono fare altro che sottostare alla pretesa
dell’amministrazione.
2.10 L’obiezione sollevata dalla difesa dell’amministrazione della natura non
tributaria degli oneri economici pretesi dal Comune non assume, dunque, rilievo
essendo pacifico che la cerchia delle prestazioni patrimoniali cui l’art. 23
Cost. si riferisce sia più estesa rispetto a quella delle prestazioni imposte
dall'autorità pubblica nell'esercizio della potestà tributaria.
2.11 La base normativa dell’art. 4 del regolamento del sottosuolo non può essere
rinvenuta nell’art. 63, d.lgs. n. 446/1997 in quanto le somme richieste con gli
atti impugnati hanno presupposti differenti rispetto al canone per l'occupazione
di spazi ed aree pubbliche ed è prevista in aggiunta e non in sostituzione di
tale prestazione patrimoniale.
2.12 Né, con riferimento alla pretesa di somme a titolo di ristoro del degrado
del corpo stradale, oneri di collaudo ed oneri di sorveglianza del cavo il
Collegio ritiene di accedere alla tesi che ne individua il fondamento normativo
nell’art. 2041 c.c.
La norma presuppone, invero, che si sia già verificato un ingiustificato
arricchimento ad altrui danno e prevede che la diminuzione patrimoniale
dell’impoverito sia indennizzabile nei soli limiti dell’arricchimento.
Con le somme in questione si ha, invece, l’astratta predeterminazione di un
danno, non rapportata agli oneri effettivamente sostenuti dall’amministrazione.
L’art. 2041 c.c. non può pertanto legittimare la pretesa dell’amministrazione di
subordinare il rilascio dell’autorizzazione al pagamento di una somma,
determinata ex ante ed in via forfettaria, per il ristoro di oneri eventuali o,
in ogni caso, non quantificabili a priori nel loro esatto ammontare.
Tale disposizione potrà, comunque, essere invocata dall’amministrazione per
chiedere il pagamento delle spese pubbliche effettivamente sostenute.
2.13. L’assenza di un fondamento normativo comporta l’illegittimità della
previsione che subordina il rilascio dell’autorizzazione allo scavo al pagamento
di somme a titolo di oneri di collaudo, primo e secondo deposito cauzionale,
oneri di sorveglianza e ristoro del degrado del corpo stradale, per violazione
dell’art. 23 Cost.
2.14 La censura, articolata nel secondo motivo di ricorso, con cui la ricorrente
lamenta l’illegittimità dell’art. 18 del regolamento nella parte in cui prevede
il pagamento di penali di natura civilistica è inammissibile per carenza di
interesse: negli atti impugnati non è, difatti, data applicazione a tale norma
per cui l’interesse azionato è privo dei requisiti dell’attualità e della
concretezza.
Per le ragioni esposte il ricorso è in parte irricevibile, in parte
inammissibile ed in parte fondato.
Sussistono giusti motivi, anche in considerazione del parziale accoglimento del
ricorso, per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso in parte
irricevibile, in parte inammissibile in parte lo accoglie. Per l’effetto annulla
i provvedimenti del Comune di Cologno Monzese prot. n. 32790 del 17.10.2001 e
prot. n. 35179 del 7.11.2001.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nelle camere di consiglio dei giorni 22/04/2009 e
11/06/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Carmine Maria Spadavecchia, Consigliere
Silvia Cattaneo, Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/06/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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