AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 1 dicembre 2009, n. 5218
DIRITTO URBANISTICO -
Provvedimento di diniego del titolo abilitativo edilizio - Motivazione -Elementi
di contrasto tra il progetto e le norme tecniche di attuazione - Mancata
indicazione - Pregiudizio al diritto di difesa e al principio di trasparenza.
La motivazione del provvedimento di diniego del titolo abilitativo edilizio, che
non consenta di intendere in quali termini e con quali disposizioni delle Norme
tecniche di attuazione del p.r.g. il progetto sia in contrasto, è del tutto
inidonea ad adempiere la propria funzione di far comprendere le ragioni
giuridiche e le giustificazioni di fatto che sono alla base della determinazione
dell'Amministrazione, con evidente pregiudizio al diritto di difesa della
ricorrente ed al principio di trasparenza dell'azione amministrativa (T.A.R.
Puglia Lecce, sez. III, 03 marzo 2005 , n. 1082; T.A.R. Toscana, sez. II, 31
gennaio 2000 , n. 22). In tal modo non si consente all'interessato da un lato,
di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla realizzazione del
suo progetto e di poterlo adeguare alle esigenze pubbliche che l'Amministrazione
ha inteso tutelare; dall'altro, di confutare in maniera esaustiva la legittimità
del provvedimento davanti al giudice competente. Pres. Arosio, Est.Di Mario -
M.R. (avv. Marangoni) c. Comune di Montu' Beccaria (avv. Ferrari) - TAR
LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 1 dicembre 2009, n. 5218
N. 05218/2009 REG.SEN.
N. 04420/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4420 del 2004, proposto da:
Marino Roberto, rappresentato e difeso dall'avv. Anna Marangoni, con domicilio
eletto presso il suo studio in Pavia, Corso Mazzini, 12;
contro
Comune di Montu' Beccaria, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Franco
Ferrari, con domicilio eletto presso Giuseppe Franco Ferrari in Milano, c.so
Vittorio Emanuele II, 15;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del diniego prot. 4325 all’esecuzione dei lavori di cui alla d.i.a. n. 51/04
emesso il 01.09.2004 dal Comune di Montù Beccarla, conosciuto dal ricorrente in
data 10 settembre 2004; nonché di ogni altro atto preordinato consequenziale e/o
connesso, nonché per la condanna al risarcimento dei danni.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Montu' Beccaria;
Vista l’ordinanza del T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 27 ottobre 2004 n.
2602;
Vista l’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2005 n. 641;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2009 il dott. Alberto Di
Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente ha presentato in data 07 agosto 2004 una d.i.a. per rendere
accessibile ed abitabile il sottotetto dell’abitazione di sua proprietà.
L’esecuzione dei lavori è stata però interdetta dal Comune con il provvedimento
impugnato, per contrasto con gli articoli n. 35.12 – 35.13.C e 35.20 delle
vigenti Norme Tecniche di Attuazione del centro storico.
Contro il suddetto diniego il ricorrente ha sollevato i seguenti motivi in fatto
ed in diritto.
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 23.6 del D.P.R. 380/01 e dell’art.
6 L. 241/90 in quanto l’atto sarebbe stato illegittimamente adottato dal
responsabile del procedimento e non dal dirigente o responsabile dell’ufficio
tecnico.
II) Violazione degli articoli n. 35.12 – 35.13.C e 35.20 delle vigenti Norme
Tecniche di Attuazione del centro storico, eccesso di potere e falsa
applicazione dell’art. 3 comma 3 L.R. 15/1996 in quanto l’atto non avrebbe in
alcun modo specificato le violazioni in cui sarebbe incorso il ricorrente.
Infatti dall’analisi delle molteplici fattispecie previste dalle norme citate
nell’atto il ricorrente non sarebbe in grado di comprendere i profili di
illegittimità individuati dall’amministrazione. L’atto inoltre conterrebbe
l’erronea qualificazione dei lavori come di ampliamento invece che di
ristrutturazione edilizia mediante recupero del sottotetto esistente. Da ultimo
il recupero dei sottotetti non richiederebbe particolari requisiti nel
sottotetto esistente se non la sua esistenza.
III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della L.R. 15/1996 in
quanto dal progetto presentato risulterebbero soddisfatti tutti i requisiti
previsti dalle norme indicate.
Chiede quindi il risarcimento dei danni.
La difesa comunale afferma, con riferimento al primo motivo di ricorso, che nel
caso specifico il responsabile del procedimento e dell’ufficio coincidono, con
la conseguenza che non sussisterebbe il vizio di incompetenza.
Con riferimento al secondo motivo la difesa comunale sostiene che sarebbe stato
violato l’art. 35.13C delle n.t.a. in quanto in realtà non sarebbe esistito
alcun sottotetto da sopraelevare; sarebbe stato violato l’art. 35.20 delle
n.t.a. comunali in quanto il progetto comportava la modifica dell’aspetto
esteriore dell’edificio e delle altezze di colmo e di gronda in contrasto con i
divieti previsti dalla norma citata; da ultimo sarebbe stato violato l’art.
35.12 delle n.t.a. del PRG con riferimento alle altezze previste dalla norma
citata.
Con riferimento al terzo motivo di ricorso la difesa comunale ribadisce
l’inapplicabilità delle prescrizioni della L.R. 15/1996 in quanto il sottotetto
era inesistente alla data di avvio dei lavori.
All’udienza del 7 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la
decisione.
DIRITTO
Il primo motivo, con il quale il ricorrente denuncia il vizio di incompetenza,
non merita accoglimento in quanto dagli atti del giudizio risulta che il
sottoscrittore dell’atto era stato nominato anche responsabile del servizio
tecnico comunale.
Il ricorso è invece fondato con riferimento al vizio di difetto di motivazione
dell’atto impugnato.
Il divieto di prosecuzione dell’attività impugnato infatti si presenta come del
tutto generico nell’individuazione delle norme violate, che vengono indicate
nella violazione degli articoli n. 35.12 – 35.13.C e 35.20 delle vigenti Norme
Tecniche di Attuazione del centro storico. Poiché tali norme contengono una
pluralità di disposizioni che attengono a diversi profili dell’attività
edilizia, e non sono indicati i profili del progetto che si pongano in contrasto
con tali disposizioni, il provvedimento risulta sostanzialmente perplesso, oltre
che errato nella stessa qualificazione dell’intervento dichiarato dal privato,
che non è qualificabile come ampliamento ma come ristrutturazione con recupero
di sottotetto.
In merito la giurisprudenza ha da tempo chiarito che la motivazione del
provvedimento di diniego del titolo abilitativo edilizio, che non consenta di
intendere in quali termini e con quali disposizioni delle Norme tecniche di
attuazione del p.r.g. il progetto sia in contrasto, è del tutto inidonea ad
adempiere la propria funzione di far comprendere le ragioni giuridiche e le
giustificazioni di fatto che sono alla base della determinazione
dell'Amministrazione, con evidente pregiudizio al diritto di difesa della
ricorrente ed al principio di trasparenza dell'azione amministrativa (T.A.R.
Puglia Lecce, sez. III, 03 marzo 2005 , n. 1082; T.A.R. Toscana, sez. II, 31
gennaio 2000 , n. 22). In tal modo non si consente all'interessato da un lato,
di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla realizzazione del
suo progetto e di poterlo adeguare alle esigenze pubbliche che l'Amministrazione
ha inteso tutelare; dall'altro, di confutare in maniera esaustiva la legittimità
del provvedimento davanti al giudice competente.
Il provvedimento dev’essere quindi annullato per vizio di motivazione.
L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del terzo in quanto
non è possibile ricostruire dall’atto quali siano i profili di violazione di
legge che l’amministrazione contesti al ricorrente, non essendovi alcuna traccia
di essi nell’atto.
Da ultimo dev’essere respinta la domanda risarcitoria in quanto l’accoglimento
della domanda di sospensione dell’atto da parte del T.A.R., confermata dal
Consiglio di Stato, elide in radice l’esistenza di un danno, di cui, inoltre,
non è stata data alcuna prova.
In ogni caso non può sussistere danno nelle ipotesi, come questa, di
accoglimento per difetto di motivazione, in cui residua all’amministrazione il
potere di ripronunciarsi in proposito, con possibilità (eventuale) di un esito
positivo per il ricorrente.
Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione seconda,
definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per
l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Respinge la domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Silvana Bini, Primo Referendario
Alberto Di Mario, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it