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T.A.R. MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930


INQUINAMENTO ACUSTICO - Classificazione acustica - L.R. Marche n. 28/2001 - Raccordo tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica - Zone agricole - Classificazione di tipo residuale - Compatibilità con gli insediamenti produttivi - Effetti in tema di classificazione acustica. La L.R. Marche n. 28/2001, ribadendo le disposizioni di cui alla L. n. 447/95, prevede un raccordo tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica e pone la regola tassativa secondo cui nella redazione di nuovi strumenti urbanistici o nell’adozione di varianti le destinazioni d’uso debbono essere stabilite in modo da prevenire o contenere i disturbi alla popolazione residente. Quest’ultima disposizione va interpretata alla luce delle altre contenute nella menzionata L.R., in primis quella dell’art. 2, comma 1, che stabilisce che nella classificazione acustica del territorio si tiene conto delle preesistenti destinazioni d’uso. Le difficoltà sorgono in presenza di situazioni in cui si vengono a trovare a contatto zone territoriali omogenee a diversa vocazione, la qual cosa si verifica in particolare con riferimento alle zone agricole. E’ noto infatti che molto spesso la classificazione “E” è di tipo residuale oppure essa viene ritenuta compatibile con un vasto novero di attività umane diverse e con l’allocazione di strutture, impianti e attrezzature di ogni genere. Ed è altrettanto frequente che le zone agricole siano adiacenti a zone industriali e/o destinate ad insediamenti produttivi in genere. E’ quindi quasi inevitabile per i cittadini che risiedono in zone (formalmente) agricole dover sopportare l’allocazione, in zone adiacenti le loro abitazioni, di insediamenti produttivi. Conferma di tale assunto si rinviene fra l’altro proprio nelle disposizioni in materia di classificazione acustica, e segnatamente nell’art. 2, comma 3, lett. e), della L.R. n. 28/2001, il quale prevede la classificazione in classe V (aree prevalentemente industriali) delle zone interessate da insediamenti produttivi e con scarsità di insediamenti abitativi, con ciò ammettendo che gli insediamenti produttivi possono in generale coesistere con insediamenti abitativi (diversa è invece la situazione per le “aree residenziali rurali”, che consistono evidentemente in zone residenziali vere e proprie, ma situate al di fuori degli abitati e per le quali è prevista la classificazione in classe I). Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930

INQUINAMENTO ACUSTICO - Piano di classificazione acustica - Adozione - Destinazione di zona - Singoli insediamenti produttivi - Irrilevanza. In sede di adozione del Piano di classificazione acustica non si deve tenere conto del singolo insediamento produttivo, ma della destinazione della zona, altrimenti si rischia di confondere due ambiti distinti (che pure debbono in qualche modo trovare un punto di contatto), ossia quello urbanistico-edilizio e quello inerente la classificazione acustica. Si vuol dire cioè che se ad una certa porzione del territorio è stata legittimamente impressa la destinazione urbanistica di zona “D”, in quella zona sono allocabili insediamenti produttivi e la stessa deve essere, ai fini acustici, classificata in classe V o VI a seconda dei casi. A questo proposito non rileva lo specifico impianto produttivo che deve essere allocato, la cui compatibilità con il sito prescelto è oggetto di altri specifici procedimenti, unificati nello Sportello Unico di cui al DPR n. 447/1998 (valutazione di impatto ambientale, compatibilità paesaggistica, compatibilità ai sensi dell’art. 216 del T.U. n. 1265/1934, compatibilità con il Piano di assetto idrogeologico, e così via). Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930

AREE PROTETTE - SIC e ZPS - Valutazione di incidenza - Direttiva 92/43/CEE - Guida interpretativa - Piani settoriali soggetti a valutazione di incidenza - Piano di classificazione acustica - Esclusione - Ragioni. La Commissione CE ha diramato la Guida interpretativa dell’art. 6 della direttiva 92/43/CEE, in cui sono definiti i criteri in base ai quali si può ritenere che un piano o un progetto siano tali da avere incidenza sui valori tutelati dalla citata direttiva. Alle pagine 30 e seguenti del documento (in particolare al punto 4.3.2.) la Commissione afferma che anche i Piani settoriali sono soggetti alla valutazione di incidenza, ma, nel richiamare alcune tipologie di piani settoriali, menziona quelli relativi alle reti dei trasporti, quelli inerenti la gestione dei rifiuti o quelli relativi alla gestione dell’acqua, ossia tutti piani che, pur non essendo direttamente connessi e necessari alla gestione dei siti di importanza comunitaria, hanno comunque un’incidenza significativa sugli habitat ricompresi nell’ambito di applicazione dei piani stessi . A parte la valenza non precettiva del citato documento, ciò che rileva è il fatto che non ogni piano o progetto teoricamente interferente con il bene ambiente è soggetto a valutazione di incidenza, altrimenti non ci sarebbe stato alcun bisogno di un’interpretazione autentica da parte delle Istituzioni comunitarie, dovendo essere sottoposto a valutazione di incidenza qualsiasi piano. Ne consegue che può ritenersi escluso falla valutazione di incidenza il piano di classificazione acustica, il quale non ha natura urbanistica e non implica di per sé conseguenze sull’ambiente, attesa la funzione che ad esso riconnette la legge istitutiva. Tale funzione è più che altro quella di “fotografare” il territorio comunale dal punto di vista acustico, nel mentre gli atti di pianificazione (generale o esecutiva) capaci di incidere direttamente sull’habitat sono quelli urbanistici e quelli relativi alla realizzazione di opere pubbliche o private che presentano un certo impatto ambientale. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930

INQUINAMENTO ACUSTICO - Piano di classificazione acustica - Predisposizione - Adempimenti preventivi - Misurazione sul campo - Necessità - Esclusione - Metodo “qualitativo”. La predisposizione del Piano di classificazione acustica non deve essere preceduta da misurazioni effettuate sul campo (le quali, invece, sono indispensabili per verificare, in qualsiasi momento, se sono superati i limiti previsti per ciascuna zona). Inoltre, per i Comuni di più ridotte dimensioni è del tutto legittimo l’utilizzo del metodo c.d. qualitativo, il quale presuppone un esame delle destinazioni d’uso del territorio previste dal P.R.G., della situazione topografica e un’analisi dell’uso del territorio non basata direttamente su dati quantitativi. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930

AREE PROTETTE - ZPS - Attività umane teoricamente incompatibili con le esigenze di tutela ambientale - Normativa comunitaria - Valutazione di incidenza. La delimitazione delle Z.P.S. non sempre è tale da consentire di poter scindere in maniera netta le zone ancora “incontaminate” e quelle già antropizzate, per cui è del tutto possibile che una Z.P.S. inglobi al suo interno aree che, in base ai vigenti strumenti urbanistici, ospitano attività umane teoricamente incompatibili con le esigenze di tutela ambientale. Peraltro, la normativa comunitaria non vieta le attività umane all’interno dei siti compresi nella rete Natura 2000, ma le condiziona alla positiva valutazione di incidenza, la quale, a sua volta, è subordinata alla verifica della non compromissione di habitat naturali. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930

INQUINAMENTO ACUSTICO - Classificazione acustica - Zone che differiscono per più di 5dBa - Divieto di accostamento - Fasce di transizione - Discontinuità. Il divieto di accostamento di zone che differiscano fra loro per più di 5 dBa non opera quando, in presenza di destinazioni urbanistiche consolidate, sia possibile prevedere fasce di transizione (c.d. zone cuscinetto) oppure quando esistano ostacoli naturali (definite più propriamente “discontinuità”) che attenuino il livello di immissioni.  Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930

 


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00930/2009 REG.SEN.
N. 00574/2008 REG.RIC.




Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 574 del 2008, proposto da:
Claudio Pierotti, Pierangelo Mariani, Antonio Pierotti, Graziella Pagliari, Massimo Pagliari, Valeriano Saudelli, Roberto Gramolini, Angelo Bartoli, Simone Mancinelli, Odoardo Bucchini, rappresentati e difesi dall'avv. Maria Raffaela Mazzi, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Cucchieri in Ancona, via Marsala, 12;


contro


- Comune di Orciano di Pesaro, rappresentato e difeso dagli avv. Irene Ciani e Andrea Galvani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Galvani, in Ancona, corso Mazzini, 156;
- Sindaco del Comune di Orciano di Pesaro, Responsabile pro tempore dell’Area Tecnica del Comune di Orciano di Pesaro, Provincia di Pesaro e Urbino, Dirigente del Servizio Acque Pubbliche Rischio Idraulico e Sismico, Dirigente del Servizio 4.1. Urbanistica Provincia di Pesaro-Urbino, A.R.P.A.M. - Dipartimento Provinciale di Pesaro Servizio Radiazioni/Rumore, Dirigente del Servizio Radiazioni/Rumore A.R.P.A.M. - Dip. Prov. Pesaro, Dirigente Valutazione ed Autorizzazioni Ambientali Regione Marche, Responsabile Servizio Igiene Sanità Pubblica A.S.U.R. Marche Zona Territoriale n. 3, Responsabile Dipartimento di Prevenzione Servizio Igiene e Sanità Pubblica A.S.U.R., non costituiti;
- Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avv. Pasquale De Bellis, con domicilio eletto presso il Servizio Legale della Regione Marche, in Ancona, via Giannelli, 36;
- A.S.U.R. Marche Zona Territoriale n. 3, rappresentata e difesa dall'avv. Marisa Barattini, con domicilio eletto presso Ufficio Legale A.S.U.R., in Ancona, via Caduti del Lavoro, 40;
- Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E, rappresentato e difeso dall'avv. Caterina Cecini, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico D'Alessio, in Ancona, via Giannelli, 36;

nei confronti di
Omar S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Aldo Valentini, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico D'Alessio, in Ancona, via Giannelli, 36;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

- della deliberazione del Consiglio Comunale di Orciano di Pesaro n. 14 dell’11/4/2008, recante approvazione del Piano di classificazione acustica, ai sensi della L. n. 447/1995 e della L.R. n. 28/2001, limitatamente alla località Schieppe di Orciano;
- della deliberazione del C.C. di Orciano di Pesaro n. 15 dell’11/4/2008, recante approvazione della variante urbanistica al vigente Programma di Fabbricazione, relativamente all’intervento richiesto dalla ditta Omar S.r.l.;
- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Orciano di Pesaro, della Regione Marche, dell’A.S.U.R. Marche Zona Territoriale n. 3, del responsabile dello Sportello Unico per le Attività Produttive dei Comuni associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Omar S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/07/2009 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


1. I ricorrenti, nella spiegata veste di cittadini residenti nel Comune di Orciano di Pesaro, con il presente ricorso impugnano le deliberazioni del Consiglio Comunale nn. 14 e 15 del 2008, con cui, rispettivamente:

- è stato approvato il Piano di classificazione acustica del territorio, ai sensi della L. n. 447/1995 e della L.R. Marche n. 28/2001 (nella parte relativa alla frazione di Schieppe, in cui risiedono i ricorrenti);

- è stata approvata, all’esito del procedimento di cui al DPR n. 447/1998, la variante urbanistica relativa al progetto di insediamento produttivo presentato dalla ditta Omar S.r.l. (da allocare proprio nella frazione di Schieppe).

2. Muovendo dal presupposto che il Comune ha approvato contestualmente i due provvedimenti al solo fine di consentire l’insediamento produttivo alla ditta Omar, altrimenti precluso dalle disposizioni in materia di classificazione acustica del territorio comunale (sviamento di potere), i ricorrenti muovono specifiche censure avverso le suddette deliberazioni.

A presupposto dell’azione impugnatoria, i ricorrenti premettono che la località di Schieppe è soggetta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 31/7/1985 e che la stessa ricade nell’ambito di una Zona a Protezione Speciale (Z.P.S. n. 8, denominata “Tavernelle sul Metauro”), al cui interno è altresì stato individuato un Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C. IT 5310015). Il sito in argomento è caratterizzato dalla presenza di un habitat naturale prioritario, del quale è imposta la conservazione e la tutela.

A conferma di ciò, i ricorrenti evidenziano come lo stesso Comune di Orciano, con deliberazione del C.C. n. 42/2007, avesse ritenuto di rivedere la disciplina urbanistica della zona quale disegnata dal P.R.G. in itinere, e ciò proprio in ragione delle esigenze di tutela dell’habitat e delle specie animali e vegetali ivi esistenti.

3. Per quanto attiene al Piano di classificazione acustica, oltre allo sviamento di potere di cui si è detto, vengono dedotti i seguenti motivi:

- difetto di istruttoria e di motivazione (con particolare riguardo ai pareri della Regione e dell’A.R.P.A.M. ed al fatto che la predisposizione del Piano non sia stata preceduta da misurazioni acustiche);

- violazione della L. n. 447/1995 e dell’art. 8 della L.R. n. 28/2001;

- contraddittorietà con precedenti atti (in riferimento alla citata deliberazione del C.C. n. 42/2007);

- violazione della L.R. n. 28/2001 e delle Linee guida regionali (le quali prevedono che le Z.P.S. debbono essere classificate, ai fini acustici, in classe I e che si debba tenere conto solo delle precedenti destinazioni d’uso consolidate);

- erroneità nei presupposti (la normativa consente l’accostamento di classi acustiche che differiscano fra loro per più di 5 dBa solo in presenza di discontinuità naturali, che nella specie non sono presenti. Inoltre non è motivata l’estensione del “cuscinetto” di 50 metri fra le aree di classe I e quelle di classe V);

- violazione del DPR n. 120/2003 e delle direttive comunitarie 79/409/CEE (Uccelli) e 92/43/CEE (Habitat);

- violazione dell’art. 5 del DPR n. 357/1997 (omessa valutazione di incidenza);

- illegittima applicazione del c.d. criterio differenziale (il quale, a differenza di quanto sostenuto dall’A.R.P.A.M., non tutela maggiormente i residenti).

4. Per ciò che riguarda invece la variante urbanistica (resasi necessaria in quanto una parte dei lotti di proprietà della ditta Omar aveva destinazione agricola), nel ricorso, oltre allo sviamento di potere, sono dedotti invece i seguenti motivi:

- violazione art. 14-ter, comma 6, L. n. 241/1990;

- assenza dei presupposti per l’apertura del procedimento di cui al DPR n. 447/1998 (soprattutto con riguardo alla indisponibilità di altre aree in cui allocare l’impianto produttivo);

- violazione del giusto procedimento (la Conferenza di Servizi si è chiusa il 20/11/2007, mentre il parere della Regione è pervenuto solo in data 27/2/2008);

- erroneità del parere regionale (il lotto in questione ricade all’interno della Z.P.S.);

- illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Provincia per carenza di istruttoria e difetto di motivazione;

- illegittimità del parere del Servizio Acque Pubbliche della Provincia.

3. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Orciano di Pesaro, la Regione Marche, l’A.S.U.R. Marche – Zona Territoriale n. 3, il S.U.A.P. istituito dai Comuni della Comunità Montana Metauro Zona E e Omar S.r.l., chiedendo il rigetto del ricorso.

La società controinteressata, oltre a resistere al ricorso, ha anche proposto domanda di condanna dei ricorrenti al risarcimento dei danni per lite temeraria (art. 96 c.p.c.).

4. Alla pubblica udienza dell’8 luglio 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione di merito.


DIRITTO


1. Sia il ricorso principale che la domanda risarcitoria proposta da Omar S.r.l. vanno respinti, per le ragioni che si vanno ad esporre.

2. Iniziando dalla domanda risarcitoria, è sufficiente osservare che nella specie non è possibile ravvisare nel contegno processuale dei ricorrenti malafede e/o colpa grave, ossia i presupposti indefettibili che debbono sussistere, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., affinché il giudice possa affermare la c.d. responsabilità aggravata della parte attrice.

E che tali presupposti non sussistono è comprovato, a tacer d’altro, dal fatto che la materia per cui è causa si appalesa di notevole complessità, non essendo stato ancora del tutto chiarito né in dottrina né in giurisprudenza il rapporto che intercorre fra la pianificazione urbanistica e la classificazione acustica del territorio comunale (sul punto ci si soffermerà nel prosieguo).

Inoltre, non è nemmeno di piana interpretazione l’art. 6 della Direttiva n. 92/43/CEE (e quindi l’art. 5 del DPR n. 357/1997), il che è dimostrato dal fatto che la stessa Commissione Europea ha a suo tempo diramato una Guida interpretativa per cercare di spiegare alle amministrazioni competenti in quali casi si deve procedere alla c.d. valutazione di incidenza (anche sul punto si tornerà infra).

Pertanto, da un lato non può dirsi che le ragioni dei ricorrenti siano palesemente infondate (per cui manca la colpa grave), dall’altro lato Omar non ha provato che gli stessi ricorrenti hanno agito pur essendo consapevoli dell’assoluta infondatezza del ricorso (assenza di malafede).

In conclusione, la domanda di Omar va rigettata.

3. Passando invece a trattare del ricorso principale, le questioni più rilevanti riguardano il Piano di classificazione acustica del territorio comunale di Orciano di Pesaro, e ciò sia perché i ricorrenti hanno appuntato la maggior parte delle censure proprio contro l’atto di pianificazione acustica, sia perché l’eventuale accoglimento del ricorso in parte qua farebbe cadere automaticamente la deliberazione n. 15/2008.

Prima di esaminare nel dettaglio le singole censure, è utile riepilogare i fatti a base della controversia e contestualmente sintetizzare il contenuto delle doglianze sollevate dal sig. Pierotti e dagli altri consorti di lite.

I ricorrenti evidenziano che la zona in cui essi risiedono - località Schieppe di Orciano - pur avendo in parte destinazione ad insediamenti produttivi, è in realtà quasi per intero zona agricola; inoltre, la stessa è inserita nella Z.P.S. n. 8 e al suo interno vi è un Sito di Importanza Comunitaria (caratterizzato dalla presenza dell’habitat prioritario 91E0 – Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior – e di numerose specie di uccelli, rettili e anfibi oggetto di tutela da parte della direttiva 79/409/CEE).

Dal punto di vista acustico, la zona in questione è classificabile in classe I, come si evince dalle misurazioni effettuate, per conto dei ricorrenti, da tecnici qualificati (la relativa documentazione è allegata al ricorso). Nel corso del 2005 la Regione Marche – Dipartimento Ambiente, in sede di valutazione di incidenza, aveva espresso parere negativo circa un piano di lottizzazione interessante l’area individuata dal P.R.G. come DS6, e ciò sul presupposto che l’insediamento umano era suscettibile di determinare la rottura della continuità ecologica fra l’area collinare retrostante e il fosso Vergineto. Con deliberazione del C.C. n. 42/2007 il Comune aveva quindi deciso di riconsiderare l’intera pianificazione della località Schieppe, tenendo conto dello sviluppo razionale delle attività produttive, delle condizioni attuali della viabilità e delle esigenze di tutela del paesaggio, dell’avifauna, delle emergenze architettoniche e degli insediamenti abitativi.

In sede di adozione del Piano di classificazione acustica (deliberazione del C.C. n. 59 dell’8/11/2007), però, il Comune si è contraddetto, avendo ricompreso in classe V e IV l’area in argomento, in tal modo ignorando la presenza della Z.P.S. e del S.I.C. e degli insediamenti abitativi preesistenti. In particolare, erano state classificate in classe V alcune aree a destinazione agricola, oggetto di istanze di insediamento produttivo, fra cui quella di proprietà della ditta Omar S.r.l.

A seguito dei rilievi della Regione, il Piano è stato parzialmente corretto, nel senso di introdurre la classe I per alcune porzioni del territorio (quelle ricadenti all’interno del S.I.C.), ma ciò non rende legittimo l’operato dell’Amministrazione comunale, atteso che si verifica in tal modo l’accostamento di classi acustiche che differiscono fra loro per più di 5 dBa, il che è consentito dalla normativa solo quando esistano discontinuità naturali che provochino un decadimento del rumore. Nel caso di specie, la discontinuità è stata identificata dai progettisti nel fosso Vergineto, ma ciò non è plausibile, visto che il fosso non costituisce un’adeguata barriera naturale.

In generale, poi, il procedimento di approvazione del Piano è viziato in radice per il fatto che la Regione non ha ritenuto necessaria la valutazione di incidenza, con ciò violando l’art. 5 del DPR n. 357/1997.

Per quanto riguarda, invece, la deliberazione n. 15/2008, recante l’approvazione della variante urbanistica richiesta da Omar, il procedimento svoltosi presso il S.U.A.P. è anch’esso radicalmente illegittimo, visto che non sussisteva il presupposto fondamentale, ossia la dimostrazione della carenza di altre aree idonee ad ospitare l’opificio. Secondo i ricorrenti, infatti, la ditta controinteressata, se avesse voluto realizzare l’impianto, avrebbe potuto acquistare lotti di superficie maggiore disponibili nella zona P.I.P.; in realtà, come risulta anche dal verbale della seduta del Consiglio di amministrazione della società svoltasi il 3/11/2004 (doc. allegato n. 9 al ricorso), la scelta di Omar risponde a mere logiche commerciali, per cui essa non può prevalere sull’interesse della collettività orcianese a preservare il territorio e l’ambiente.

4. Ciò detto, ed al fine di dare conto delle conclusioni a cui il Collegio ritiene di dover approdare, è necessaria una premessa di ordine generale relativamente al rapporto che intercorre fra la pianificazione urbanistica e la classificazione acustica del territorio. Questa premessa, peraltro, scaturisce dall’esame delle linee guida adottate a suo tempo dall’ex A.P.AT. in materia di classificazione acustica dei territori comunali (documento allegato n. 22 al ricorso).

Il documento in parola è suddiviso in tre parti: nella prima sono spiegati le finalità e il significato della classificazione acustica, nella seconda sono passati in rassegna i criteri dettati dalle Regioni che all’epoca in cui è stato avviato lo studio (luglio 2005) si erano dotate di una legge specifica in materia (fra cui le Marche), nella terza si tenta di abbozzare alcune conclusioni suggerite dall’indagine.

Ebbene, parlando del rapporto fra pianificazione urbanistica e zonizzazione acustica (pagina 28), l’A.P.A.T. evidenzia che una delle finalità principali della L. n. 447/1995 è senz’altro quella di legare in qualche modo i due aspetti. Peraltro, l’art. 4, comma 1, let. a), della L. n. 447/1995 e l’art. 2 della L.R. Marche n. 28/2001 prevedono che la classificazione acustica deve essere attuata “…tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio….”, e quindi sia degli usi insediati che di quelli previsti, per cui si deve concludere nel senso che la classificazione acustica ha lo scopo principale di mostrare quali sono le ricadute in termini di inquinamento sonoro delle scelte urbanistiche. Ma a riprova dell’estrema criticità della materia, la legge nazionale non ha preso posizione sul “come” debba avvenire questo raccordo, lasciando la relativa incombenza alle Regioni, la cui legislazione è esaminata nelle pagine successive del rapporto A.P.AT.

5. Trattando specificamente della L.R. Marche n. 28/2001 (pagina 33), l’A.P.A.T. evidenzia che la legge marchigiana ribadisce in sostanza le disposizioni nazionali, prevedendo in generale un raccordo tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica e ponendo quale unica regola tassativa quella secondo cui nella redazione di nuovi strumenti urbanistici o nell’adozione di varianti le destinazioni d’uso debbono, a pena di nullità, essere stabilite in modo da prevenire o contenere i disturbi alla popolazione residente.

Quest’ultima disposizione va ovviamente letta ed interpretata alla luce delle altre contenute nella L.R. n. 28/2001, in primis quella dell’art. 2, comma 1, che stabilisce appunto che nella classificazione acustica del territorio si tiene conto delle preesistenti destinazioni d’uso.

Questo, in generale, significa che, ad esempio, nella redazione di nuovi strumenti urbanistici e/o di varianti degli stessi il Comune non può trasformare una zona con preesistente destinazione d’uso ad edilizia residenziale in zona per insediamenti produttivi.

Pertanto, la norma non si applica quando, come è nel caso di specie, preesiste una certa destinazione d’uso (sul punto si tornerà nel prosieguo).

Peraltro, le difficoltà maggiori sorgono proprio in presenza di situazioni in cui, o per effetto di piani urbanistici adottati in periodi antecedenti all’entrata in vigore della L. n. 447/1995 o anche in conseguenza di uno sviluppo urbanistico ed edilizio non troppo razionale, si vengono a trovare a contatto zone territoriali omogenee a diversa vocazione, la qual cosa si verifica in particolare con riferimento alle zone agricole. E’ noto infatti che, a parte le zone a specifica vocazione agricola (in cui cioè insistono ancora oggi aziende operanti nel settore agrario), molto spesso la classificazione “E” è di tipo residuale oppure essa viene ritenuta compatibile con un vasto novero di attività umane diverse e con l’allocazione di strutture, impianti e attrezzature di ogni genere (al riguardo, vedasi, ad esempio, l’art. 12, comma 7 del D. Lgs. N. 387/2003, che consente la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in zone agricole; in giurisprudenza, cfr. TAR Catanzaro, II, n. 557/2004).

Ed è altrettanto frequente che le zone agricole siano adiacenti a zone industriali e/o destinate ad insediamenti produttivi in genere, visto che sia le attività agricole che quelle lato sensu produttive necessitano il più delle volte di ampie superfici - pianeggianti, di solito - situate al di fuori dei centri abitati.

Salvo casi particolari (ad esempio, una situazione geografica tale da impedire di per sé la vicinitas fra le zone “D” e le zone “E” oppure una preesistente sistemazione urbanistica razionale del territorio), quindi, è quasi inevitabile per i cittadini che risiedono in zone (formalmente) agricole - e che quindi godono dei relativi vantaggi, in termini di maggiore fruibilità della natura e di minore inquinamento acustico e ambientale - dover sopportare l’allocazione, in zone adiacenti le loro abitazioni, di insediamenti produttivi (i quali non possono certo essere collocati all’interno dei centri abitati, sia per ragioni di spazio, sia per la necessità che gli opifici siano collocati a ridosso di vie di grande comunicazione, etc.).

La conferma del precedente assunto si rinviene fra l’altro proprio nelle disposizioni in materia di classificazione acustica, e precisamente nell’art. 2, comma 3, lett. e), della L.R. n. 28/2001, il quale prevede la classificazione in classe V (aree prevalentemente industriali) delle zone interessate da insediamenti produttivi e con scarsità di insediamenti abitativi, con ciò ammettendo che gli insediamenti produttivi possono in generale coesistere con insediamenti abitativi (diversa è invece la situazione per le “aree residenziali rurali”, che consistono evidentemente in zone residenziali vere e proprie, ma situate al di fuori degli abitati e per le quali è prevista la classificazione in classe I).

Tutto questo discorso non vuole ovviamente significare che il capoluogo è facultizzato a riversare per intero sulle zone agricole e sulle frazioni il peso e i costi ambientali dello sviluppo economico e produttivo, ben potendo i cittadini residenti in tali zone contestare la pianificazione urbanistica.

Ciò però deve essere fatto in primo luogo nella sede naturale, ossia nell’ambito dei procedimenti finalizzati all’adozione degli strumenti urbanistici, visto che sia la L. n. 447/1995 che, nella specie, la legge marchigiana n. 28/2001 fanno salve le preesistenti destinazioni urbanistiche.

6. E a questo riguardo, come correttamente osservato in sede procedimentale sia dai progettisti che dall’A.R.P.A.M., rilevano sia le destinazioni effettivamente esistenti ed attuate, sia quelle eventualmente in itinere (queste ultime, peraltro, sempre contestabili dai cittadini che non le condividano).

Va poi rilevato che in sede di adozione del Piano di classificazione acustica non si deve tenere conto del singolo insediamento produttivo, ma della destinazione della zona, altrimenti si rischia di confondere due ambiti distinti (che pure debbono in qualche modo trovare un punto di contatto), ossia quello urbanistico-edilizio e quello inerente la classificazione acustica.

Si vuol dire cioè che se ad una certa porzione del territorio è stata legittimamente impressa la destinazione urbanistica di zona “D”, in quella zona sono allocabili insediamenti produttivi e la stessa deve essere, ai fini acustici, classificata in classe V o VI a seconda dei casi.

A questo proposito non rileva lo specifico impianto produttivo che deve essere allocato, la cui compatibilità con il sito prescelto è oggetto di altri specifici procedimenti, unificati nello Sportello Unico di cui al DPR n. 447/1998 (valutazione di impatto ambientale, compatibilità paesaggistica, compatibilità ai sensi dell’art. 216 del T.U. n. 1265/1934, compatibilità con il Piano di assetto idrogeologico, e così via).

Nel caso di specie, ad esempio, anche a voler ritenere illegittima la variante urbanistica, l’impianto produttivo, magari opportunamente riprogettato, ben potrebbe ugualmente essere realizzato sulla porzione ricadente in zona “D”, la quale, come detto, ai fini acustici, non può che essere classificata in classe V o VI.

7. Si deve quindi verificare se il Comune di Orciano abbia fatto corretta applicazione delle regole proprie della classificazione acustica, non senza rilevare che ovviamente il Collegio non può trascurare la doglianza che sottende tutto il costrutto motivazionale del ricorso, ossia lo sviamento di potere in cui sarebbe incorso il Comune nel momento in cui, con una singolare coincidenza di data, ha approvato il Piano di classificazione acustica al solo scopo di approvare, nella stessa seduta consiliare, la variante urbanistica che consente a Omar di porre in essere l’iniziativa imprenditoriale in argomento.

La censura in commento dimostra poi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso cumulativo, formulata dal Comune di Orciano nella memoria difensiva del 6/10/2008, visto che, nella prospettazione di parte ricorrente, i due provvedimenti impugnati sono legati intimamente fra loro e dunque sono impugnabili congiuntamente.

Lo sviamento di potere, a parte il dato cronologico, viene desunto dal fatto che, in recepimento di un parere della Regione relativo alla valutazione di incidenza, l’Amministrazione comunale resistente, nel corso del 2007, aveva ritenuto che la località di Schieppe fosse meritevole di tutela dal punto di vista ambientale, paesaggistico e anche in relazione agli insediamenti abitativi preesistenti, mentre con l’approvazione del Piano in esame consente nella zona insediamenti produttivi aventi rilevante impatto acustico sull’ambiente circostante.

Il Tribunale non ritiene però provato lo sviamento di potere, in quanto:

- in linea di principio, non denota alcun eccesso di potere il fatto che un’amministrazione subordini il rilascio di un provvedimento favorevole al privato alla positiva conclusione di un parallelo procedimento in cui si discute dell’approvazione di un atto propedeutico al rilascio di quel provvedimento. Questa infatti è, in assenza di altri elementi probatori, un’affermazione del tutto neutra, il che è a dirsi anche laddove si dovesse addivenire alla conclusione che l’amministrazione è apertamente favorevole all’iniziativa del privato, atteso che l’incentivazione delle attività economiche e produttive (come anche, sul versante opposto, delle iniziative di matrice ecologista) costituisce spesso “programma di governo” delle amministrazioni ai vari livelli di governo (sempre che ovviamente si tratti di iniziative legittime e compatibili con l’ambiente e la vocazione del territorio);

- nel caso di specie, poi, il S.U.A.P., in sede di esame dell’istanza di variante urbanistica presentata da Omar, non poteva che rilevare, ad un certo punto del procedimento, che l’assenso era logicamente e giuridicamente subordinato all’approvazione del Piano di classificazione acustica così come predisposto dai progettisti, visto che, laddove fosse stata mantenuta la precedente classificazione, l’iniziativa della società controinteressata avrebbe dovuto essere bocciata. Né, vista l’imminenza della conclusione del procedimento di cui all’art. 4 della L.R. n. 28/2001, sarebbe stato corretto, in base ai principi della L. n. 241/1990, arrestare definitivamente il procedimento di variante urbanistica e costringere Omar a ripresentare una nuova istanza alla luce del Piano di classificazione acustica che sarebbe stato approvato di lì a poco tempo;

- fra l’altro, considerato che, soprattutto nei Comuni di più ridotte dimensioni, gli schieramenti consiliari sono in molti casi “trasversali” (specie quando vengono in evidenza problematiche attinenti la tutela dell’ambiente, la gestione dei rifiuti, l’inquinamento elettromagnetico, etc.), non era nemmeno scontato che il Piano di classificazione acustica sarebbe stato approvato nella stessa versione predisposta dai progettisti (se ad esempio gli abitanti della frazione di Schieppe fossero riusciti a coinvolgere nella problematica un certo numero di consiglieri di maggioranza e di opposizione avrebbero anche potuto ottenere in parte qua una modifica della classificazione acustica del territorio rispondente alla volontà di evitare insediamenti produttivi nelle adiacenze delle loro abitazioni);

- per quanto riguarda, poi, il parere regionale (documento allegato n. 1 al ricorso), lo stesso si riferiva, per quanto qui rileva, a due distinte zone, quella identificata con la sigla DS2 e quella identificata con la sigla DS6. Il parere negativo riguardava quest’ultima (che non viene in evidenza nel presente giudizio), mentre rispetto alla DS2 la Regione aveva espresso parere favorevole alla pianificazione, imponendo però al contempo l’incremento della fascia di verde a tutela delle specie animali da 20 a 50 metri e la sottoposizione a valutazione di incidenza dei singoli progetti relativi agli insediamenti (prescrizioni che, come si dirà appresso, risultano rispettate nel procedimento per cui è causa).

8. Dal punto di vista più schiettamente tecnico, invece, il Collegio ritiene corretto l’operato delle varie amministrazioni che sono intervenute nel procedimento che ha portato all’approvazione del Piano in parola.

A questo proposito, va logicamente esaminato per primo il motivo di ricorso con cui si censura l’omessa valutazione di incidenza, da parte della Regione, sul Piano di classificazione acustica, visto che, se la censura risultasse fondata, il ricorso dovrebbe essere accolto già solo per questo profilo (con conseguente obbligo per le Amministrazioni interessate di riprendere il procedimento a partire dall’ultimo atto valido).

Il dirigente della Posizione di funzione del Servizio Ambiente e Territorio della Regione Marche a ciò deputata ha ritenuto che il Piano non dovesse essere soggetto a valutazione di incidenza in quanto esso non rientra nella tipologia di piani per cui è richiesto tale adempimento, attesa l’insussistenza di un nesso preciso e diretto tra i contenuti dell’atto e i probabili significativi effetti sui siti Natura 2000 (vedasi nota del 21/2/2008 del citato dirigente – doc. allegato n. 5 al ricorso).

I ricorrenti contestano l’assunto, sul presupposto che, in base alla direttiva n. 92/43/CEE ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, la valutazione di incidenza è obbligatoria in presenza di qualsiasi piano che possa avere significative incidenze sull’habitat (il che nel caso del Piano di classificazione acustica è palese, visto che l’innalzamento di classe produce un aumento del rumore percepito nelle zone di tutela ambientale ricomprese nel sistema dei siti Natura 2000).

Peraltro, gli stessi ricorrenti non hanno richiamato una specifica disposizione che preveda tale obbligo, e ciò dimostra che in realtà si tratta di stabilire a livello interpretativo se, in base alla direttiva n. 92/43/CEE, il Piano di classificazione acustica rientra fra quelli menzionati all’art. 6 dell’atto comunitario.

Come anticipato, la Commissione CE, al fine di agevolare le amministrazioni pubbliche degli Stati membri in tale operazione ermeneutica, ha diramato la Guida interpretativa dell’art. 6 della direttiva 92/43/CEE, in cui sono definiti i criteri in base ai quali si può ritenere che un piano o un progetto siano tali da avere incidenza sui valori tutelati dalla citata direttiva.

Ebbene, alle pagine 30 e seguenti del documento (in particolare al punto 4.3.2.) la Commissione afferma che anche i Piani settoriali sono soggetti alla valutazione di incidenza, ma, nel richiamare alcune tipologie di piani settoriali, menziona quelli relativi alle reti dei trasporti, quelli inerenti la gestione dei rifiuti o quelli relativi alla gestione dell’acqua, ossia tutti piani che, pur non essendo direttamente connessi e necessari alla gestione dei siti di importanza comunitaria, hanno comunque un’incidenza significativa sugli habitat ricompresi nell’ambito di applicazione dei piani stessi (si pensi ad esempio al piano di gestione dei rifiuti, il quale prevede, fra le altre cose, la localizzazione di discariche e di altri impianti di trattamento oppure al piano di gestione delle reti dei trasporti, il quale può prevedere anche la realizzazione di infrastrutture viarie, ferroviarie, etc. o un loro utilizzo più intenso da parte dei vettori commerciali o civili).

A parte la valenza non precettiva del citato documento, ciò che rileva è il fatto che non ogni piano o progetto teoricamente interferente con il bene ambiente è soggetto a valutazione di incidenza, altrimenti non ci sarebbe stato alcun bisogno di un’interpretazione autentica da parte delle Istituzioni comunitarie, dovendo essere sottoposto a valutazione di incidenza qualsiasi piano.

Nel caso di specie, viene in evidenza un Piano, non avente natura urbanistica e non implicante di per sé conseguenze sull’ambiente, attesa la funzione che ad esso riconnette la legge istitutiva.

Tale funzione, come detto in precedenza, è più che altro quella di “fotografare” il territorio comunale dal punto di vista acustico, nel mentre gli atti di pianificazione (generale o esecutiva) capaci di incidere direttamente sull’habitat sono quelli urbanistici e quelli relativi alla realizzazione di opere pubbliche o private che presentano un certo impatto ambientale.

Pertanto, il Tribunale non ritiene in parte qua illegittimo l’operato della Regione, la quale ha invece sottoposto a valutazione di incidenza il progetto di Omar (questo sì idoneo a determinare effetti sull’habitat naturale), come era del resto previsto nel citato parere del 2005 relativo alla zona DS2.

A tal riguardo, si deve altresì rilevare come gli stessi ricorrenti confermino in qualche modo il convincimento del Tribunale, nel momento in cui richiamano una vicenda analoga, che coinvolge un altro insediamento produttivo da allocare in località Schieppe ad opera della società Wafer Zoo S.r.l. A prescindere dal merito di quella vicenda (anch’essa all’esame del Tribunale), ciò che rileva è che anche in quel caso ad essere sottoposto a valutazione di incidenza, come nella presente vicenda, è il singolo progetto, non il Piano di classificazione acustica (in senso analogo, cfr. Cons. Stato, IV, n. 4778/2006).

9. Passando invece ad esaminare le doglianze che riguardano la presunta violazione della normativa in materia di classificazione acustica (L. n. 447/1995; L.R. Marche n. 28/2001; deliberazione di G.R. n. 896/2003), i ricorrenti sostengono che il Piano impugnato è illegittimo per i seguenti profili:

- vengono classificati in classe V zone del territorio ricomprese nella Z.P.S., le quali debbono invece essere classificate in classe I. In questo modo, sostengono i ricorrenti, è stata ridotta l’estensione della Z.P.S. e del S.I.C.;

- vengono accostate zone che, dal punto di vista della classificazione acustica, differiscono per più di 5 dBa, senza che ricorrano i presupposti giustificativi consentiti dalle Linee guida regionali del 2003;

- non è motivata la decisione di prevedere zone “cuscinetto” di ampiezza pari a circa 50 metri fra le zone classificate in classe V e quelle classificate in classe I;

- la predisposizione del Piano non è stata preceduta da misurazioni condotte “in situ”;

- non risponde al vero, come sostiene l’A.R.P.A.M., che la popolazione residente è maggiormente tutelata dal c.d. criterio differenziale, il quale non è più restrittivo del limite di immissione assoluto.

9.1. Le censure sono da respingere, in quanto:

- dal punto di vista del metodo, la predisposizione del Piano in esame non deve essere preceduta da misurazioni effettuate sul campo (le quali, invece, sono indispensabili per verificare, in qualsiasi momento, se sono superati i limiti previsti per ciascuna zona). Inoltre, per i Comuni di più ridotte dimensioni è del tutto legittimo l’utilizzo del metodo c.d. qualitativo (vedasi il citato studio dell’A.P.A.T. - pagine 17 e 22-23), il quale presuppone un esame delle destinazioni d’uso del territorio previste dal P.R.G., della situazione topografica e un’analisi dell’uso del territorio non basata direttamente su dati quantitativi;

- la normativa di riferimento non impone che tutte le aree ricadenti all’interno delle Z.P.S. siano classificate in classe I o, meglio, tale prescrizione va applicata tenendo conto delle preesistenti destinazioni urbanistiche. Nella specie, come si evince dalla circostanza che il Comune ha accolto in parte l’osservazione proposta dopo l’adozione del Piano impugnato (classificando in classe I le aree agricole ricomprese nella Z.P.S. e nel S.I.C. e più distanti dagli insediamenti artigianali e industriali preesistenti), si è cercato di tenere conto il più possibile dei contrapposti interessi. Come si è già detto in precedenza a proposito del rapporto tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica, se il vigente P.R.G. attribuisce una determinata destinazione urbanistica ad una certa area, il Piano di classificazione acustica non può attribuire all’area stessa una classe acustica difforme. Né può sostenersi che il Piano di classificazione approvato dal Comune abbia ridotto la Z.P.S. (il S.I.C., infatti, non viene intaccato dal provvedimento impugnato), visto che essa non è oggetto del Piano. In realtà, come dimostra la produzione documentale della Regione del 12/1/2009, la delimitazione delle Z.P.S. non sempre è tale da consentire di poter scindere in maniera netta le zone ancora “incontaminate” e quelle già antropizzate, per cui è del tutto possibile che una Z.P.S. inglobi al suo interno aree che, in base ai vigenti strumenti urbanistici, ospitano attività umane teoricamente incompatibili con le esigenze di tutela ambientale. Peraltro, la normativa comunitaria non vieta le attività umane all’interno dei siti compresi nella rete Natura 2000, ma le condiziona alla positiva valutazione di incidenza, la quale, a sua volta, è subordinata alla verifica della non compromissione di habitat naturali;

- il divieto di accostamento di zone che differiscano fra loro per più di 5 dBa non opera (vedasi deliberazione di G.R. n. 896/2003) quando, in presenza di destinazioni urbanistiche consolidate, sia possibile prevedere fasce di transizione (c.d. zone cuscinetto) oppure quando esistano ostacoli naturali (definite più propriamente “discontinuità”) che attenuino il livello di immissioni. Nella specie, entrambi i suddetti accorgimenti sono stati tenuti presenti, visto che da un lato sono state previste fasce di transizione, dall’altro esiste il fosso Vergineto, ritenuto dalle Amministrazioni coinvolte nel procedimento un ostacolo naturale idoneo ad attenuare il livello di immissioni. Al riguardo, si deve evidenziare che nella relazione generale al Piano di classificazione acustica (pagine 15 e 21-22) i progettisti hanno esaminato specificamente la problematica del sito per cui è causa, rilevando l’impossibilità di attribuire la classe I all’intera zona (a causa delle previsioni del P.R.G.) e ipotizzando le misure da adottare laddove il livello di rumore percepito nelle zone in classe I dovesse in futuro risultare superiore ai limiti di legge;

- per quanto riguarda la fascia “cuscinetto” di 50 metri, posta a separazione delle zone a più marcato differenziale acustico, si tratta di prescrizione imposta dalla Regione nel già citato parere del 2005, la cui estensione viene censurata dai ricorrenti in modo generico ed apodittico (in effetti, i ricorrenti si limitano a dire che l’ampiezza della fascia non è sufficiente ma senza spiegare il perché o quale sia una distanza sufficiente ai fini del contenimento delle emissioni sonore);

- per quanto concerne la questione dell’incidenza del c.d. valore differenziale, si tratta di aspetto poco rilevante, emerso solo perché l’A.R.P.A.M., nel parere dell’11/2/2008, ha ammesso, in accordo con i ricorrenti, che l’attribuzione ad una zona agricola e poco urbanizzata di una classe acustica superiore alla I o alla II provoca un deterioramento ambientale, salvo poi affermare che comunque l’inconveniente è attenuato dall’imposizione del limite differenziale di 5 dB di giorno e di 3 dB di notte. Peraltro (ed evidenziato che l’A.R.P.A.M. non deve effettuare valutazioni di opportunità, ma solo verificare se gli effetti di un certo provvedimento sono compatibili con la normativa in materia di tutela dall’inquinamento acustico e, in caso di esito positivo della verifica, rilasciare il parere favorevole), una volta ritenuta legittima la classificazione acustica approvata dal Comune e una volta accertato che il limite differenziale è rispettato, la rilevanza della questione viene meno.

10. In ragione di quanto precede, il ricorso va dichiarato infondato in relazione all’impugnazione della deliberazione del C.C. n. 14/2008.

Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per ciò che attiene alle specifiche censure afferenti la deliberazione n. 15/2008 (ovviamente non è fondata la doglianza relativa all’invalidità derivata, avendo il Tribunale ritenuto legittima la deliberazione n. 14/2008).

11. Avverso il provvedimento di approvazione della variante urbanistica i ricorrenti deducono i seguenti motivi (oltre allo sviamento di potere, che però, giusta quanto osservato al precedente punto 7., il Collegio non ritiene sussistente):

- violazione dell’art. 14-ter, comma 6, della L. n. 241/1990;

- violazione dell’art. 5 del DPR n. 447/1998;

- illegittimità del parere favorevole rilasciato dalla Regione Marche ai sensi del DPR n. 357/1997, per violazione delle direttive comunitarie “Uccelli” e “Habitat”;

- illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Provincia di Pesaro e del parere dell’A.S.U.R. Marche ai sensi dell’art. 216 del T.U. n. 1265/1934;

- illegittimità del parere della Provincia di Pesaro – Servizio Acque Pubbliche, per erroneità dei presupposti.

11.1. Le suddette censure non possono essere però condivise, atteso che:

- il funzionario comunale che ha preso parte alla Conferenza di Servizi del 20/11/2007 (su delega del dirigente del Settore) non era affatto sprovvisto di potere rappresentativo, in quanto, nella specie, la Conferenza doveva esaminare solo gli aspetti tecnici del progetto, essendo indiscusso fra le parti che il progetto di Omar era incompatibile con il P.R.G. In casi del genere, gli esiti della Conferenza di Servizi non esauriscono il procedimento, visto che la parola definitiva spetta in ogni caso al Consiglio Comunale (che, nella specie, si è pronunciato sulla variante urbanistica resasi necessaria ai fini della concreta assentibilità dell’intervento edilizio proposto da Omar);

- per ciò che riguarda l’assenza dei presupposti per l’attivazione del procedimento di cui al DPR n. 447/1998, si deve in primo luogo precisare che Omar non aveva la possibilità incondizionata di acquistare altri lotti nell’ambito della zona P.I.P., visto che gli stessi sono stati assegnati a seguito di procedura comparativa fra più aspiranti. Inoltre, pur volendosi ritenere teoricamente condivisibili le asserzioni di parte ricorrente a proposito della fatto che il meccanismo di cui all’art. 5 del DPR n. 447/1998 non implica che l’interesse della collettività debba essere subordinato agli interessi privati degli imprenditori, si dovrebbe concludere che la norma in esame non trova quasi mai applicazione, essendo raro riscontrare una situazione di oggettiva scarsità di lotti P.I.P., nel senso inteso dai ricorrenti, ossia non limitata al solo territorio del Comune coinvolto nel procedimento, ma estesa ad altri territori (i ricorrenti, infatti, sostengono che Omar ben potrebbe svolgere la propria attività nella sede di Fano e che quindi l’insediamento di Orciano risponde solo a logiche economiche e commerciali della ditta, le quali debbono recedere di fronte all’interesse della collettività orcianese a preservare il territorio e l’ambiente). Non a caso, le pronunce richiamate dai ricorrenti a sostegno della tesi in commento (Cons. Stato, n. 3593/2007 e TAR Lecce, I, n. 3339/2006) si riferiscono ad una vicenda nella quale il Comune competente aveva negato la variante urbanistica, sul presupposto che lo strumento urbanistico prevedeva altre aree destinate ad insediamenti produttivi. A parte il fatto che l’art. 5 del DPR n. 447/1997 - laddove parla di insufficienza delle aree “…in relazione al progetto presentato…” - può anche legittimare interpretazione difformi rispetto alle conclusioni rassegnate dal Consiglio di Stato, è proprio il riferimento operato dal TAR Lecce nella sentenza di primo grado al potere discrezionale di cui è attributario il Consiglio Comunale in sede di decisione definitiva sulla proposta di variante urbanistica a militare in senso contrario alla tesi di parte ricorrente. In effetti, è vero che il Consiglio Comunale, come anche in sede di pianificazione urbanistica ordinaria, gode al riguardo della massima discrezionalità, dovendo valutare interessi contrapposti e multiformi (diritto di iniziativa economica e ricadute occupazionali, razionale assetto del territorio, tutela ambientale, etc.) prima di approvare la variante urbanistica. Tra l’altro, nel caso di specie, a differenza di quanto accaduto nella vicenda decisa dal Consiglio di Stato, nel territorio di Orciano non esistono altre possibilità insediative per Omar. Pertanto, fermo restando il rispetto di norme e prescrizioni inderogabili e dei principi di ragionevolezza e razionalità dell’azione amministrativa, la scelta del Comune di approvare la variante urbanistica non è sindacabile nel merito dal giudice. E poiché il Tribunale non ritiene sussistenti né il vizio di violazione di legge, né l’eccesso di potere (nei suoi vari profili) anche in questa parte il ricorso è infondato.

Per quanto riguarda l’altro presupposto (ossia la conformità del progetto con la normativa sanitaria, ambientale e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), dalla documentazione versata in atti da Omar si evince che la ditta ha presentato tutta la documentazione necessaria, fermo restando che l’effettivo rispetto della normativa medesima sarà oggetto di verifica in sede di esecuzione dei lavori e in sede di esercizio dello stabilimento;

- non rileva il fatto che il parere della Regione sia intervenuto dopo la conclusione della Conferenza, visto che questa è un’ipotesi del tutto compatibile con la disciplina normativa della Conferenza di Servizi dettata dalla L. n. 241/1990 (ispirata, dopo le ultime novelle, al principio, espresso dall’art. 14-quater, comma 1, e dall’art. 14-ter, comma 6-bis, come modificati dalla L. n. 15/2005, secondo cui le autorità convocate debbono esprimersi in seno all’organo, dovendosi considerare affetti da nullità i pareri contrari resi dopo la conclusione del procedimento – in terminis, TAR Lecce, III, n. 1371/2008). Ciò che rileva, dal punto di vista sostanziale, è che il Consiglio Comunale ha deliberato avendo presente anche l’esito positivo della valutazione d’incidenza;

- sia la Provincia che la Regione hanno esaminato il progetto attentamente, il che è dimostrato dall’ampia motivazione che connota sia il parere regionale sia l’autorizzazione paesaggistica. In effetti, risulta per tabulas che la Regione, nel decreto del 27/2/2008, ha valutato tutte le possibili ricadute del progetto di Omar sul territorio, rilevando in primo luogo che esso ricade in area esterna al S.I.C. IT5310015 ed escludendo dirette e significative incidenze sulle specie animali e vegetali esistenti (tranne quelle, definite trascurabili e temporanee, relative alla fase di cantiere). La Provincia, dal canto suo, ha valutato l’impatto dell’opera dal punto di vista paesistico, ma tale valutazione è censurata dai ricorrenti in maniera generica e apodittica, per cui in questa parte il ricorso è inammissibile per genericità;

- “vitiatur, se non vitiat”, infine, il parere del Servizio Acque Pubbliche della Provincia di Pesaro. In effetti, pur dovendosi convenire con i ricorrenti circa l’erroneità del parere, nella parte in cui la Provincia parla di ampliamento di impianto preesistente, ugualmente da ciò non deriva l’illegittimità della variante urbanistica, visto che, in sede di rilascio dell’autorizzazione unica, il S.U.A.P. dovrà sottoporre il progetto di Omar a tutte le verifiche tecniche, ivi inclusa quella relativa alla conformità alla vigente normativa del sistema di smaltimento delle acque. In ogni caso, dal punto di vista sostanziale la questione non è rilevante, visto che la Provincia ha comunque osservato che l’intervento ricade su un sito di natura alluvionale sub pianeggiante, privo di emergenze di carattere idrogeologico;

- a fattor comune, infine, si deve altresì osservare che tutte le autorità intervenute nel procedimento hanno impartito specifiche prescrizioni a Omar, per cui di tutto si può parlare ma non certo di superficialità e/o di carenze istruttorie.

12. Per tutto quanto precede, sia il ricorso principale che la domanda risarcitoria proposta da Omar s.r.l. vanno respinti.

Stante la complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese fra le parti costituite.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche respinge il ricorso in epigrafe e la domanda risarcitoria proposta da Omar S.r.l.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 08/07/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Luigi Passanisi, Presidente
Tommaso Capitanio, Primo Referendario, Estensore
Giovanni Ruiu, Primo Referendario


L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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