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1974-9562
T.A.R. MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930
INQUINAMENTO ACUSTICO - Classificazione acustica - L.R. Marche n. 28/2001 -
Raccordo tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica - Zone
agricole - Classificazione di tipo residuale - Compatibilità con gli
insediamenti produttivi - Effetti in tema di classificazione acustica. La
L.R. Marche n. 28/2001, ribadendo le disposizioni di cui alla L. n. 447/95,
prevede un raccordo tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica e
pone la regola tassativa secondo cui nella redazione di nuovi strumenti
urbanistici o nell’adozione di varianti le destinazioni d’uso debbono essere
stabilite in modo da prevenire o contenere i disturbi alla popolazione
residente. Quest’ultima disposizione va interpretata alla luce delle altre
contenute nella menzionata L.R., in primis quella dell’art. 2, comma 1, che
stabilisce che nella classificazione acustica del territorio si tiene conto
delle preesistenti destinazioni d’uso. Le difficoltà sorgono in presenza di
situazioni in cui si vengono a trovare a contatto zone territoriali omogenee a
diversa vocazione, la qual cosa si verifica in particolare con riferimento alle
zone agricole. E’ noto infatti che molto spesso la classificazione “E” è di tipo
residuale oppure essa viene ritenuta compatibile con un vasto novero di attività
umane diverse e con l’allocazione di strutture, impianti e attrezzature di ogni
genere. Ed è altrettanto frequente che le zone agricole siano adiacenti a zone
industriali e/o destinate ad insediamenti produttivi in genere. E’ quindi quasi
inevitabile per i cittadini che risiedono in zone (formalmente) agricole dover
sopportare l’allocazione, in zone adiacenti le loro abitazioni, di insediamenti
produttivi. Conferma di tale assunto si rinviene fra l’altro proprio nelle
disposizioni in materia di classificazione acustica, e segnatamente nell’art. 2,
comma 3, lett. e), della L.R. n. 28/2001, il quale prevede la classificazione in
classe V (aree prevalentemente industriali) delle zone interessate da
insediamenti produttivi e con scarsità di insediamenti abitativi, con ciò
ammettendo che gli insediamenti produttivi possono in generale coesistere con
insediamenti abitativi (diversa è invece la situazione per le “aree residenziali
rurali”, che consistono evidentemente in zone residenziali vere e proprie, ma
situate al di fuori degli abitati e per le quali è prevista la classificazione
in classe I). Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri (avv. Mazzi) c.
Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione Marche (avv. De
Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per le Attività
Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E (avv.
Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009, n. 930
INQUINAMENTO ACUSTICO - Piano di classificazione acustica - Adozione -
Destinazione di zona - Singoli insediamenti produttivi - Irrilevanza. In
sede di adozione del Piano di classificazione acustica non si deve tenere conto
del singolo insediamento produttivo, ma della destinazione della zona,
altrimenti si rischia di confondere due ambiti distinti (che pure debbono in
qualche modo trovare un punto di contatto), ossia quello urbanistico-edilizio e
quello inerente la classificazione acustica. Si vuol dire cioè che se ad una
certa porzione del territorio è stata legittimamente impressa la destinazione
urbanistica di zona “D”, in quella zona sono allocabili insediamenti produttivi
e la stessa deve essere, ai fini acustici, classificata in classe V o VI a
seconda dei casi. A questo proposito non rileva lo specifico impianto produttivo
che deve essere allocato, la cui compatibilità con il sito prescelto è oggetto
di altri specifici procedimenti, unificati nello Sportello Unico di cui al DPR
n. 447/1998 (valutazione di impatto ambientale, compatibilità paesaggistica,
compatibilità ai sensi dell’art. 216 del T.U. n. 1265/1934, compatibilità con il
Piano di assetto idrogeologico, e così via). Pres. Passanisi, Est. Capitanio -
C.P. e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e
Galvani), Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile
Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità
Montana Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29
settembre 2009, n. 930
AREE PROTETTE - SIC e ZPS - Valutazione di incidenza - Direttiva 92/43/CEE -
Guida interpretativa - Piani settoriali soggetti a valutazione di incidenza -
Piano di classificazione acustica - Esclusione - Ragioni. La Commissione CE
ha diramato la Guida interpretativa dell’art. 6 della direttiva 92/43/CEE, in
cui sono definiti i criteri in base ai quali si può ritenere che un piano o un
progetto siano tali da avere incidenza sui valori tutelati dalla citata
direttiva. Alle pagine 30 e seguenti del documento (in particolare al punto
4.3.2.) la Commissione afferma che anche i Piani settoriali sono soggetti alla
valutazione di incidenza, ma, nel richiamare alcune tipologie di piani
settoriali, menziona quelli relativi alle reti dei trasporti, quelli inerenti la
gestione dei rifiuti o quelli relativi alla gestione dell’acqua, ossia tutti
piani che, pur non essendo direttamente connessi e necessari alla gestione dei
siti di importanza comunitaria, hanno comunque un’incidenza significativa sugli
habitat ricompresi nell’ambito di applicazione dei piani stessi . A parte la
valenza non precettiva del citato documento, ciò che rileva è il fatto che non
ogni piano o progetto teoricamente interferente con il bene ambiente è soggetto
a valutazione di incidenza, altrimenti non ci sarebbe stato alcun bisogno di
un’interpretazione autentica da parte delle Istituzioni comunitarie, dovendo
essere sottoposto a valutazione di incidenza qualsiasi piano. Ne consegue che
può ritenersi escluso falla valutazione di incidenza il piano di classificazione
acustica, il quale non ha natura urbanistica e non implica di per sé conseguenze
sull’ambiente, attesa la funzione che ad esso riconnette la legge istitutiva.
Tale funzione è più che altro quella di “fotografare” il territorio comunale dal
punto di vista acustico, nel mentre gli atti di pianificazione (generale o
esecutiva) capaci di incidere direttamente sull’habitat sono quelli urbanistici
e quelli relativi alla realizzazione di opere pubbliche o private che presentano
un certo impatto ambientale. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e altri
(avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani), Regione
Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello Unico per
le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana Metauro
Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29 settembre 2009,
n. 930
INQUINAMENTO ACUSTICO - Piano di classificazione acustica - Predisposizione -
Adempimenti preventivi - Misurazione sul campo - Necessità - Esclusione - Metodo
“qualitativo”. La predisposizione del Piano di classificazione acustica non
deve essere preceduta da misurazioni effettuate sul campo (le quali, invece,
sono indispensabili per verificare, in qualsiasi momento, se sono superati i
limiti previsti per ciascuna zona). Inoltre, per i Comuni di più ridotte
dimensioni è del tutto legittimo l’utilizzo del metodo c.d. qualitativo, il
quale presuppone un esame delle destinazioni d’uso del territorio previste dal
P.R.G., della situazione topografica e un’analisi dell’uso del territorio non
basata direttamente su dati quantitativi. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P.
e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani),
Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello
Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana
Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29
settembre 2009, n. 930
AREE PROTETTE - ZPS - Attività umane teoricamente incompatibili con le
esigenze di tutela ambientale - Normativa comunitaria - Valutazione di
incidenza. La delimitazione delle Z.P.S. non sempre è tale da consentire di
poter scindere in maniera netta le zone ancora “incontaminate” e quelle già
antropizzate, per cui è del tutto possibile che una Z.P.S. inglobi al suo
interno aree che, in base ai vigenti strumenti urbanistici, ospitano attività
umane teoricamente incompatibili con le esigenze di tutela ambientale. Peraltro,
la normativa comunitaria non vieta le attività umane all’interno dei siti
compresi nella rete Natura 2000, ma le condiziona alla positiva valutazione di
incidenza, la quale, a sua volta, è subordinata alla verifica della non
compromissione di habitat naturali. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P. e
altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani),
Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello
Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana
Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29
settembre 2009, n. 930
INQUINAMENTO ACUSTICO - Classificazione acustica - Zone che differiscono per
più di 5dBa - Divieto di accostamento - Fasce di transizione - Discontinuità.
Il divieto di accostamento di zone che differiscano fra loro per più di 5 dBa
non opera quando, in presenza di destinazioni urbanistiche consolidate, sia
possibile prevedere fasce di transizione (c.d. zone cuscinetto) oppure quando
esistano ostacoli naturali (definite più propriamente “discontinuità”) che
attenuino il livello di immissioni. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - C.P.
e altri (avv. Mazzi) c. Comune di Orciano di Pesaro (avv.ti Ciani e Galvani),
Regione Marche (avv. De Bellis), A. (avv. Barattini), Responsabile Sportello
Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al S.U.A.P. Comunità Montana
Metauro Zona E (avv. Cecini) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 29
settembre 2009, n. 930
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00930/2009 REG.SEN.
N. 00574/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 574 del 2008, proposto da:
Claudio Pierotti, Pierangelo Mariani, Antonio Pierotti, Graziella Pagliari,
Massimo Pagliari, Valeriano Saudelli, Roberto Gramolini, Angelo Bartoli, Simone
Mancinelli, Odoardo Bucchini, rappresentati e difesi dall'avv. Maria Raffaela
Mazzi, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Cucchieri in Ancona, via
Marsala, 12;
contro
- Comune di Orciano di Pesaro, rappresentato e difeso dagli avv. Irene Ciani e
Andrea Galvani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Galvani,
in Ancona, corso Mazzini, 156;
- Sindaco del Comune di Orciano di Pesaro, Responsabile pro tempore dell’Area
Tecnica del Comune di Orciano di Pesaro, Provincia di Pesaro e Urbino, Dirigente
del Servizio Acque Pubbliche Rischio Idraulico e Sismico, Dirigente del Servizio
4.1. Urbanistica Provincia di Pesaro-Urbino, A.R.P.A.M. - Dipartimento
Provinciale di Pesaro Servizio Radiazioni/Rumore, Dirigente del Servizio
Radiazioni/Rumore A.R.P.A.M. - Dip. Prov. Pesaro, Dirigente Valutazione ed
Autorizzazioni Ambientali Regione Marche, Responsabile Servizio Igiene Sanità
Pubblica A.S.U.R. Marche Zona Territoriale n. 3, Responsabile Dipartimento di
Prevenzione Servizio Igiene e Sanità Pubblica A.S.U.R., non costituiti;
- Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avv. Pasquale De Bellis, con
domicilio eletto presso il Servizio Legale della Regione Marche, in Ancona, via
Giannelli, 36;
- A.S.U.R. Marche Zona Territoriale n. 3, rappresentata e difesa dall'avv.
Marisa Barattini, con domicilio eletto presso Ufficio Legale A.S.U.R., in
Ancona, via Caduti del Lavoro, 40;
- Responsabile Sportello Unico per le Attività Produttive Comuni Associati al
S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E, rappresentato e difeso dall'avv.
Caterina Cecini, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico D'Alessio, in
Ancona, via Giannelli, 36;
nei confronti di
Omar S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Aldo Valentini, con domicilio
eletto presso l’avv. Domenico D'Alessio, in Ancona, via Giannelli, 36;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Orciano di Pesaro n. 14
dell’11/4/2008, recante approvazione del Piano di classificazione acustica, ai
sensi della L. n. 447/1995 e della L.R. n. 28/2001, limitatamente alla località
Schieppe di Orciano;
- della deliberazione del C.C. di Orciano di Pesaro n. 15 dell’11/4/2008,
recante approvazione della variante urbanistica al vigente Programma di
Fabbricazione, relativamente all’intervento richiesto dalla ditta Omar S.r.l.;
- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Orciano di Pesaro, della
Regione Marche, dell’A.S.U.R. Marche Zona Territoriale n. 3, del responsabile
dello Sportello Unico per le Attività Produttive dei Comuni associati al
S.U.A.P. Comunità Montana Metauro Zona E;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Omar S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/07/2009 il dott. Tommaso Capitanio
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. I ricorrenti, nella spiegata veste di cittadini residenti nel Comune di
Orciano di Pesaro, con il presente ricorso impugnano le deliberazioni del
Consiglio Comunale nn. 14 e 15 del 2008, con cui, rispettivamente:
- è stato approvato il Piano di classificazione acustica del territorio, ai
sensi della L. n. 447/1995 e della L.R. Marche n. 28/2001 (nella parte relativa
alla frazione di Schieppe, in cui risiedono i ricorrenti);
- è stata approvata, all’esito del procedimento di cui al DPR n. 447/1998, la
variante urbanistica relativa al progetto di insediamento produttivo presentato
dalla ditta Omar S.r.l. (da allocare proprio nella frazione di Schieppe).
2. Muovendo dal presupposto che il Comune ha approvato contestualmente i due
provvedimenti al solo fine di consentire l’insediamento produttivo alla ditta
Omar, altrimenti precluso dalle disposizioni in materia di classificazione
acustica del territorio comunale (sviamento di potere), i ricorrenti muovono
specifiche censure avverso le suddette deliberazioni.
A presupposto dell’azione impugnatoria, i ricorrenti premettono che la località
di Schieppe è soggetta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 31/7/1985 e che
la stessa ricade nell’ambito di una Zona a Protezione Speciale (Z.P.S. n. 8,
denominata “Tavernelle sul Metauro”), al cui interno è altresì stato individuato
un Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C. IT 5310015). Il sito in argomento è
caratterizzato dalla presenza di un habitat naturale prioritario, del quale è
imposta la conservazione e la tutela.
A conferma di ciò, i ricorrenti evidenziano come lo stesso Comune di Orciano,
con deliberazione del C.C. n. 42/2007, avesse ritenuto di rivedere la disciplina
urbanistica della zona quale disegnata dal P.R.G. in itinere, e ciò proprio in
ragione delle esigenze di tutela dell’habitat e delle specie animali e vegetali
ivi esistenti.
3. Per quanto attiene al Piano di classificazione acustica, oltre allo sviamento
di potere di cui si è detto, vengono dedotti i seguenti motivi:
- difetto di istruttoria e di motivazione (con particolare riguardo ai pareri
della Regione e dell’A.R.P.A.M. ed al fatto che la predisposizione del Piano non
sia stata preceduta da misurazioni acustiche);
- violazione della L. n. 447/1995 e dell’art. 8 della L.R. n. 28/2001;
- contraddittorietà con precedenti atti (in riferimento alla citata
deliberazione del C.C. n. 42/2007);
- violazione della L.R. n. 28/2001 e delle Linee guida regionali (le quali
prevedono che le Z.P.S. debbono essere classificate, ai fini acustici, in classe
I e che si debba tenere conto solo delle precedenti destinazioni d’uso
consolidate);
- erroneità nei presupposti (la normativa consente l’accostamento di classi
acustiche che differiscano fra loro per più di 5 dBa solo in presenza di
discontinuità naturali, che nella specie non sono presenti. Inoltre non è
motivata l’estensione del “cuscinetto” di 50 metri fra le aree di classe I e
quelle di classe V);
- violazione del DPR n. 120/2003 e delle direttive comunitarie 79/409/CEE
(Uccelli) e 92/43/CEE (Habitat);
- violazione dell’art. 5 del DPR n. 357/1997 (omessa valutazione di incidenza);
- illegittima applicazione del c.d. criterio differenziale (il quale, a
differenza di quanto sostenuto dall’A.R.P.A.M., non tutela maggiormente i
residenti).
4. Per ciò che riguarda invece la variante urbanistica (resasi necessaria in
quanto una parte dei lotti di proprietà della ditta Omar aveva destinazione
agricola), nel ricorso, oltre allo sviamento di potere, sono dedotti invece i
seguenti motivi:
- violazione art. 14-ter, comma 6, L. n. 241/1990;
- assenza dei presupposti per l’apertura del procedimento di cui al DPR n.
447/1998 (soprattutto con riguardo alla indisponibilità di altre aree in cui
allocare l’impianto produttivo);
- violazione del giusto procedimento (la Conferenza di Servizi si è chiusa il
20/11/2007, mentre il parere della Regione è pervenuto solo in data 27/2/2008);
- erroneità del parere regionale (il lotto in questione ricade all’interno della
Z.P.S.);
- illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Provincia per
carenza di istruttoria e difetto di motivazione;
- illegittimità del parere del Servizio Acque Pubbliche della Provincia.
3. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Orciano di Pesaro, la Regione
Marche, l’A.S.U.R. Marche – Zona Territoriale n. 3, il S.U.A.P. istituito dai
Comuni della Comunità Montana Metauro Zona E e Omar S.r.l., chiedendo il rigetto
del ricorso.
La società controinteressata, oltre a resistere al ricorso, ha anche proposto
domanda di condanna dei ricorrenti al risarcimento dei danni per lite temeraria
(art. 96 c.p.c.).
4. Alla pubblica udienza dell’8 luglio 2009 la causa è stata trattenuta per la
decisione di merito.
DIRITTO
1. Sia il ricorso principale che la domanda risarcitoria proposta da Omar S.r.l.
vanno respinti, per le ragioni che si vanno ad esporre.
2. Iniziando dalla domanda risarcitoria, è sufficiente osservare che nella
specie non è possibile ravvisare nel contegno processuale dei ricorrenti
malafede e/o colpa grave, ossia i presupposti indefettibili che debbono
sussistere, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., affinché il giudice possa affermare la
c.d. responsabilità aggravata della parte attrice.
E che tali presupposti non sussistono è comprovato, a tacer d’altro, dal fatto
che la materia per cui è causa si appalesa di notevole complessità, non essendo
stato ancora del tutto chiarito né in dottrina né in giurisprudenza il rapporto
che intercorre fra la pianificazione urbanistica e la classificazione acustica
del territorio comunale (sul punto ci si soffermerà nel prosieguo).
Inoltre, non è nemmeno di piana interpretazione l’art. 6 della Direttiva n.
92/43/CEE (e quindi l’art. 5 del DPR n. 357/1997), il che è dimostrato dal fatto
che la stessa Commissione Europea ha a suo tempo diramato una Guida
interpretativa per cercare di spiegare alle amministrazioni competenti in quali
casi si deve procedere alla c.d. valutazione di incidenza (anche sul punto si
tornerà infra).
Pertanto, da un lato non può dirsi che le ragioni dei ricorrenti siano
palesemente infondate (per cui manca la colpa grave), dall’altro lato Omar non
ha provato che gli stessi ricorrenti hanno agito pur essendo consapevoli
dell’assoluta infondatezza del ricorso (assenza di malafede).
In conclusione, la domanda di Omar va rigettata.
3. Passando invece a trattare del ricorso principale, le questioni più rilevanti
riguardano il Piano di classificazione acustica del territorio comunale di
Orciano di Pesaro, e ciò sia perché i ricorrenti hanno appuntato la maggior
parte delle censure proprio contro l’atto di pianificazione acustica, sia perché
l’eventuale accoglimento del ricorso in parte qua farebbe cadere automaticamente
la deliberazione n. 15/2008.
Prima di esaminare nel dettaglio le singole censure, è utile riepilogare i fatti
a base della controversia e contestualmente sintetizzare il contenuto delle
doglianze sollevate dal sig. Pierotti e dagli altri consorti di lite.
I ricorrenti evidenziano che la zona in cui essi risiedono - località Schieppe
di Orciano - pur avendo in parte destinazione ad insediamenti produttivi, è in
realtà quasi per intero zona agricola; inoltre, la stessa è inserita nella
Z.P.S. n. 8 e al suo interno vi è un Sito di Importanza Comunitaria
(caratterizzato dalla presenza dell’habitat prioritario 91E0 – Foreste
alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior – e di numerose specie di
uccelli, rettili e anfibi oggetto di tutela da parte della direttiva
79/409/CEE).
Dal punto di vista acustico, la zona in questione è classificabile in classe I,
come si evince dalle misurazioni effettuate, per conto dei ricorrenti, da
tecnici qualificati (la relativa documentazione è allegata al ricorso). Nel
corso del 2005 la Regione Marche – Dipartimento Ambiente, in sede di valutazione
di incidenza, aveva espresso parere negativo circa un piano di lottizzazione
interessante l’area individuata dal P.R.G. come DS6, e ciò sul presupposto che
l’insediamento umano era suscettibile di determinare la rottura della continuità
ecologica fra l’area collinare retrostante e il fosso Vergineto. Con
deliberazione del C.C. n. 42/2007 il Comune aveva quindi deciso di riconsiderare
l’intera pianificazione della località Schieppe, tenendo conto dello sviluppo
razionale delle attività produttive, delle condizioni attuali della viabilità e
delle esigenze di tutela del paesaggio, dell’avifauna, delle emergenze
architettoniche e degli insediamenti abitativi.
In sede di adozione del Piano di classificazione acustica (deliberazione del
C.C. n. 59 dell’8/11/2007), però, il Comune si è contraddetto, avendo ricompreso
in classe V e IV l’area in argomento, in tal modo ignorando la presenza della
Z.P.S. e del S.I.C. e degli insediamenti abitativi preesistenti. In particolare,
erano state classificate in classe V alcune aree a destinazione agricola,
oggetto di istanze di insediamento produttivo, fra cui quella di proprietà della
ditta Omar S.r.l.
A seguito dei rilievi della Regione, il Piano è stato parzialmente corretto, nel
senso di introdurre la classe I per alcune porzioni del territorio (quelle
ricadenti all’interno del S.I.C.), ma ciò non rende legittimo l’operato
dell’Amministrazione comunale, atteso che si verifica in tal modo l’accostamento
di classi acustiche che differiscono fra loro per più di 5 dBa, il che è
consentito dalla normativa solo quando esistano discontinuità naturali che
provochino un decadimento del rumore. Nel caso di specie, la discontinuità è
stata identificata dai progettisti nel fosso Vergineto, ma ciò non è plausibile,
visto che il fosso non costituisce un’adeguata barriera naturale.
In generale, poi, il procedimento di approvazione del Piano è viziato in radice
per il fatto che la Regione non ha ritenuto necessaria la valutazione di
incidenza, con ciò violando l’art. 5 del DPR n. 357/1997.
Per quanto riguarda, invece, la deliberazione n. 15/2008, recante l’approvazione
della variante urbanistica richiesta da Omar, il procedimento svoltosi presso il
S.U.A.P. è anch’esso radicalmente illegittimo, visto che non sussisteva il
presupposto fondamentale, ossia la dimostrazione della carenza di altre aree
idonee ad ospitare l’opificio. Secondo i ricorrenti, infatti, la ditta
controinteressata, se avesse voluto realizzare l’impianto, avrebbe potuto
acquistare lotti di superficie maggiore disponibili nella zona P.I.P.; in
realtà, come risulta anche dal verbale della seduta del Consiglio di
amministrazione della società svoltasi il 3/11/2004 (doc. allegato n. 9 al
ricorso), la scelta di Omar risponde a mere logiche commerciali, per cui essa
non può prevalere sull’interesse della collettività orcianese a preservare il
territorio e l’ambiente.
4. Ciò detto, ed al fine di dare conto delle conclusioni a cui il Collegio
ritiene di dover approdare, è necessaria una premessa di ordine generale
relativamente al rapporto che intercorre fra la pianificazione urbanistica e la
classificazione acustica del territorio. Questa premessa, peraltro, scaturisce
dall’esame delle linee guida adottate a suo tempo dall’ex A.P.AT. in materia di
classificazione acustica dei territori comunali (documento allegato n. 22 al
ricorso).
Il documento in parola è suddiviso in tre parti: nella prima sono spiegati le
finalità e il significato della classificazione acustica, nella seconda sono
passati in rassegna i criteri dettati dalle Regioni che all’epoca in cui è stato
avviato lo studio (luglio 2005) si erano dotate di una legge specifica in
materia (fra cui le Marche), nella terza si tenta di abbozzare alcune
conclusioni suggerite dall’indagine.
Ebbene, parlando del rapporto fra pianificazione urbanistica e zonizzazione
acustica (pagina 28), l’A.P.A.T. evidenzia che una delle finalità principali
della L. n. 447/1995 è senz’altro quella di legare in qualche modo i due
aspetti. Peraltro, l’art. 4, comma 1, let. a), della L. n. 447/1995 e l’art. 2
della L.R. Marche n. 28/2001 prevedono che la classificazione acustica deve
essere attuata “…tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del
territorio….”, e quindi sia degli usi insediati che di quelli previsti, per cui
si deve concludere nel senso che la classificazione acustica ha lo scopo
principale di mostrare quali sono le ricadute in termini di inquinamento sonoro
delle scelte urbanistiche. Ma a riprova dell’estrema criticità della materia, la
legge nazionale non ha preso posizione sul “come” debba avvenire questo
raccordo, lasciando la relativa incombenza alle Regioni, la cui legislazione è
esaminata nelle pagine successive del rapporto A.P.AT.
5. Trattando specificamente della L.R. Marche n. 28/2001 (pagina 33), l’A.P.A.T.
evidenzia che la legge marchigiana ribadisce in sostanza le disposizioni
nazionali, prevedendo in generale un raccordo tra pianificazione urbanistica e
classificazione acustica e ponendo quale unica regola tassativa quella secondo
cui nella redazione di nuovi strumenti urbanistici o nell’adozione di varianti
le destinazioni d’uso debbono, a pena di nullità, essere stabilite in modo da
prevenire o contenere i disturbi alla popolazione residente.
Quest’ultima disposizione va ovviamente letta ed interpretata alla luce delle
altre contenute nella L.R. n. 28/2001, in primis quella dell’art. 2, comma 1,
che stabilisce appunto che nella classificazione acustica del territorio si
tiene conto delle preesistenti destinazioni d’uso.
Questo, in generale, significa che, ad esempio, nella redazione di nuovi
strumenti urbanistici e/o di varianti degli stessi il Comune non può trasformare
una zona con preesistente destinazione d’uso ad edilizia residenziale in zona
per insediamenti produttivi.
Pertanto, la norma non si applica quando, come è nel caso di specie, preesiste
una certa destinazione d’uso (sul punto si tornerà nel prosieguo).
Peraltro, le difficoltà maggiori sorgono proprio in presenza di situazioni in
cui, o per effetto di piani urbanistici adottati in periodi antecedenti
all’entrata in vigore della L. n. 447/1995 o anche in conseguenza di uno
sviluppo urbanistico ed edilizio non troppo razionale, si vengono a trovare a
contatto zone territoriali omogenee a diversa vocazione, la qual cosa si
verifica in particolare con riferimento alle zone agricole. E’ noto infatti che,
a parte le zone a specifica vocazione agricola (in cui cioè insistono ancora
oggi aziende operanti nel settore agrario), molto spesso la classificazione “E”
è di tipo residuale oppure essa viene ritenuta compatibile con un vasto novero
di attività umane diverse e con l’allocazione di strutture, impianti e
attrezzature di ogni genere (al riguardo, vedasi, ad esempio, l’art. 12, comma 7
del D. Lgs. N. 387/2003, che consente la realizzazione di impianti per la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in zone agricole; in
giurisprudenza, cfr. TAR Catanzaro, II, n. 557/2004).
Ed è altrettanto frequente che le zone agricole siano adiacenti a zone
industriali e/o destinate ad insediamenti produttivi in genere, visto che sia le
attività agricole che quelle lato sensu produttive necessitano il più delle
volte di ampie superfici - pianeggianti, di solito - situate al di fuori dei
centri abitati.
Salvo casi particolari (ad esempio, una situazione geografica tale da impedire
di per sé la vicinitas fra le zone “D” e le zone “E” oppure una preesistente
sistemazione urbanistica razionale del territorio), quindi, è quasi inevitabile
per i cittadini che risiedono in zone (formalmente) agricole - e che quindi
godono dei relativi vantaggi, in termini di maggiore fruibilità della natura e
di minore inquinamento acustico e ambientale - dover sopportare l’allocazione,
in zone adiacenti le loro abitazioni, di insediamenti produttivi (i quali non
possono certo essere collocati all’interno dei centri abitati, sia per ragioni
di spazio, sia per la necessità che gli opifici siano collocati a ridosso di vie
di grande comunicazione, etc.).
La conferma del precedente assunto si rinviene fra l’altro proprio nelle
disposizioni in materia di classificazione acustica, e precisamente nell’art. 2,
comma 3, lett. e), della L.R. n. 28/2001, il quale prevede la classificazione in
classe V (aree prevalentemente industriali) delle zone interessate da
insediamenti produttivi e con scarsità di insediamenti abitativi, con ciò
ammettendo che gli insediamenti produttivi possono in generale coesistere con
insediamenti abitativi (diversa è invece la situazione per le “aree residenziali
rurali”, che consistono evidentemente in zone residenziali vere e proprie, ma
situate al di fuori degli abitati e per le quali è prevista la classificazione
in classe I).
Tutto questo discorso non vuole ovviamente significare che il capoluogo è
facultizzato a riversare per intero sulle zone agricole e sulle frazioni il peso
e i costi ambientali dello sviluppo economico e produttivo, ben potendo i
cittadini residenti in tali zone contestare la pianificazione urbanistica.
Ciò però deve essere fatto in primo luogo nella sede naturale, ossia nell’ambito
dei procedimenti finalizzati all’adozione degli strumenti urbanistici, visto che
sia la L. n. 447/1995 che, nella specie, la legge marchigiana n. 28/2001 fanno
salve le preesistenti destinazioni urbanistiche.
6. E a questo riguardo, come correttamente osservato in sede procedimentale sia
dai progettisti che dall’A.R.P.A.M., rilevano sia le destinazioni effettivamente
esistenti ed attuate, sia quelle eventualmente in itinere (queste ultime,
peraltro, sempre contestabili dai cittadini che non le condividano).
Va poi rilevato che in sede di adozione del Piano di classificazione acustica
non si deve tenere conto del singolo insediamento produttivo, ma della
destinazione della zona, altrimenti si rischia di confondere due ambiti distinti
(che pure debbono in qualche modo trovare un punto di contatto), ossia quello
urbanistico-edilizio e quello inerente la classificazione acustica.
Si vuol dire cioè che se ad una certa porzione del territorio è stata
legittimamente impressa la destinazione urbanistica di zona “D”, in quella zona
sono allocabili insediamenti produttivi e la stessa deve essere, ai fini
acustici, classificata in classe V o VI a seconda dei casi.
A questo proposito non rileva lo specifico impianto produttivo che deve essere
allocato, la cui compatibilità con il sito prescelto è oggetto di altri
specifici procedimenti, unificati nello Sportello Unico di cui al DPR n.
447/1998 (valutazione di impatto ambientale, compatibilità paesaggistica,
compatibilità ai sensi dell’art. 216 del T.U. n. 1265/1934, compatibilità con il
Piano di assetto idrogeologico, e così via).
Nel caso di specie, ad esempio, anche a voler ritenere illegittima la variante
urbanistica, l’impianto produttivo, magari opportunamente riprogettato, ben
potrebbe ugualmente essere realizzato sulla porzione ricadente in zona “D”, la
quale, come detto, ai fini acustici, non può che essere classificata in classe V
o VI.
7. Si deve quindi verificare se il Comune di Orciano abbia fatto corretta
applicazione delle regole proprie della classificazione acustica, non senza
rilevare che ovviamente il Collegio non può trascurare la doglianza che sottende
tutto il costrutto motivazionale del ricorso, ossia lo sviamento di potere in
cui sarebbe incorso il Comune nel momento in cui, con una singolare coincidenza
di data, ha approvato il Piano di classificazione acustica al solo scopo di
approvare, nella stessa seduta consiliare, la variante urbanistica che consente
a Omar di porre in essere l’iniziativa imprenditoriale in argomento.
La censura in commento dimostra poi l’infondatezza dell’eccezione di
inammissibilità del ricorso cumulativo, formulata dal Comune di Orciano nella
memoria difensiva del 6/10/2008, visto che, nella prospettazione di parte
ricorrente, i due provvedimenti impugnati sono legati intimamente fra loro e
dunque sono impugnabili congiuntamente.
Lo sviamento di potere, a parte il dato cronologico, viene desunto dal fatto
che, in recepimento di un parere della Regione relativo alla valutazione di
incidenza, l’Amministrazione comunale resistente, nel corso del 2007, aveva
ritenuto che la località di Schieppe fosse meritevole di tutela dal punto di
vista ambientale, paesaggistico e anche in relazione agli insediamenti abitativi
preesistenti, mentre con l’approvazione del Piano in esame consente nella zona
insediamenti produttivi aventi rilevante impatto acustico sull’ambiente
circostante.
Il Tribunale non ritiene però provato lo sviamento di potere, in quanto:
- in linea di principio, non denota alcun eccesso di potere il fatto che
un’amministrazione subordini il rilascio di un provvedimento favorevole al
privato alla positiva conclusione di un parallelo procedimento in cui si discute
dell’approvazione di un atto propedeutico al rilascio di quel provvedimento.
Questa infatti è, in assenza di altri elementi probatori, un’affermazione del
tutto neutra, il che è a dirsi anche laddove si dovesse addivenire alla
conclusione che l’amministrazione è apertamente favorevole all’iniziativa del
privato, atteso che l’incentivazione delle attività economiche e produttive
(come anche, sul versante opposto, delle iniziative di matrice ecologista)
costituisce spesso “programma di governo” delle amministrazioni ai vari livelli
di governo (sempre che ovviamente si tratti di iniziative legittime e
compatibili con l’ambiente e la vocazione del territorio);
- nel caso di specie, poi, il S.U.A.P., in sede di esame dell’istanza di
variante urbanistica presentata da Omar, non poteva che rilevare, ad un certo
punto del procedimento, che l’assenso era logicamente e giuridicamente
subordinato all’approvazione del Piano di classificazione acustica così come
predisposto dai progettisti, visto che, laddove fosse stata mantenuta la
precedente classificazione, l’iniziativa della società controinteressata avrebbe
dovuto essere bocciata. Né, vista l’imminenza della conclusione del procedimento
di cui all’art. 4 della L.R. n. 28/2001, sarebbe stato corretto, in base ai
principi della L. n. 241/1990, arrestare definitivamente il procedimento di
variante urbanistica e costringere Omar a ripresentare una nuova istanza alla
luce del Piano di classificazione acustica che sarebbe stato approvato di lì a
poco tempo;
- fra l’altro, considerato che, soprattutto nei Comuni di più ridotte
dimensioni, gli schieramenti consiliari sono in molti casi “trasversali” (specie
quando vengono in evidenza problematiche attinenti la tutela dell’ambiente, la
gestione dei rifiuti, l’inquinamento elettromagnetico, etc.), non era nemmeno
scontato che il Piano di classificazione acustica sarebbe stato approvato nella
stessa versione predisposta dai progettisti (se ad esempio gli abitanti della
frazione di Schieppe fossero riusciti a coinvolgere nella problematica un certo
numero di consiglieri di maggioranza e di opposizione avrebbero anche potuto
ottenere in parte qua una modifica della classificazione acustica del territorio
rispondente alla volontà di evitare insediamenti produttivi nelle adiacenze
delle loro abitazioni);
- per quanto riguarda, poi, il parere regionale (documento allegato n. 1 al
ricorso), lo stesso si riferiva, per quanto qui rileva, a due distinte zone,
quella identificata con la sigla DS2 e quella identificata con la sigla DS6. Il
parere negativo riguardava quest’ultima (che non viene in evidenza nel presente
giudizio), mentre rispetto alla DS2 la Regione aveva espresso parere favorevole
alla pianificazione, imponendo però al contempo l’incremento della fascia di
verde a tutela delle specie animali da 20 a 50 metri e la sottoposizione a
valutazione di incidenza dei singoli progetti relativi agli insediamenti
(prescrizioni che, come si dirà appresso, risultano rispettate nel procedimento
per cui è causa).
8. Dal punto di vista più schiettamente tecnico, invece, il Collegio ritiene
corretto l’operato delle varie amministrazioni che sono intervenute nel
procedimento che ha portato all’approvazione del Piano in parola.
A questo proposito, va logicamente esaminato per primo il motivo di ricorso con
cui si censura l’omessa valutazione di incidenza, da parte della Regione, sul
Piano di classificazione acustica, visto che, se la censura risultasse fondata,
il ricorso dovrebbe essere accolto già solo per questo profilo (con conseguente
obbligo per le Amministrazioni interessate di riprendere il procedimento a
partire dall’ultimo atto valido).
Il dirigente della Posizione di funzione del Servizio Ambiente e Territorio
della Regione Marche a ciò deputata ha ritenuto che il Piano non dovesse essere
soggetto a valutazione di incidenza in quanto esso non rientra nella tipologia
di piani per cui è richiesto tale adempimento, attesa l’insussistenza di un
nesso preciso e diretto tra i contenuti dell’atto e i probabili significativi
effetti sui siti Natura 2000 (vedasi nota del 21/2/2008 del citato dirigente –
doc. allegato n. 5 al ricorso).
I ricorrenti contestano l’assunto, sul presupposto che, in base alla direttiva
n. 92/43/CEE ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, la valutazione
di incidenza è obbligatoria in presenza di qualsiasi piano che possa avere
significative incidenze sull’habitat (il che nel caso del Piano di
classificazione acustica è palese, visto che l’innalzamento di classe produce un
aumento del rumore percepito nelle zone di tutela ambientale ricomprese nel
sistema dei siti Natura 2000).
Peraltro, gli stessi ricorrenti non hanno richiamato una specifica disposizione
che preveda tale obbligo, e ciò dimostra che in realtà si tratta di stabilire a
livello interpretativo se, in base alla direttiva n. 92/43/CEE, il Piano di
classificazione acustica rientra fra quelli menzionati all’art. 6 dell’atto
comunitario.
Come anticipato, la Commissione CE, al fine di agevolare le amministrazioni
pubbliche degli Stati membri in tale operazione ermeneutica, ha diramato la
Guida interpretativa dell’art. 6 della direttiva 92/43/CEE, in cui sono definiti
i criteri in base ai quali si può ritenere che un piano o un progetto siano tali
da avere incidenza sui valori tutelati dalla citata direttiva.
Ebbene, alle pagine 30 e seguenti del documento (in particolare al punto 4.3.2.)
la Commissione afferma che anche i Piani settoriali sono soggetti alla
valutazione di incidenza, ma, nel richiamare alcune tipologie di piani
settoriali, menziona quelli relativi alle reti dei trasporti, quelli inerenti la
gestione dei rifiuti o quelli relativi alla gestione dell’acqua, ossia tutti
piani che, pur non essendo direttamente connessi e necessari alla gestione dei
siti di importanza comunitaria, hanno comunque un’incidenza significativa sugli
habitat ricompresi nell’ambito di applicazione dei piani stessi (si pensi ad
esempio al piano di gestione dei rifiuti, il quale prevede, fra le altre cose,
la localizzazione di discariche e di altri impianti di trattamento oppure al
piano di gestione delle reti dei trasporti, il quale può prevedere anche la
realizzazione di infrastrutture viarie, ferroviarie, etc. o un loro utilizzo più
intenso da parte dei vettori commerciali o civili).
A parte la valenza non precettiva del citato documento, ciò che rileva è il
fatto che non ogni piano o progetto teoricamente interferente con il bene
ambiente è soggetto a valutazione di incidenza, altrimenti non ci sarebbe stato
alcun bisogno di un’interpretazione autentica da parte delle Istituzioni
comunitarie, dovendo essere sottoposto a valutazione di incidenza qualsiasi
piano.
Nel caso di specie, viene in evidenza un Piano, non avente natura urbanistica e
non implicante di per sé conseguenze sull’ambiente, attesa la funzione che ad
esso riconnette la legge istitutiva.
Tale funzione, come detto in precedenza, è più che altro quella di “fotografare”
il territorio comunale dal punto di vista acustico, nel mentre gli atti di
pianificazione (generale o esecutiva) capaci di incidere direttamente
sull’habitat sono quelli urbanistici e quelli relativi alla realizzazione di
opere pubbliche o private che presentano un certo impatto ambientale.
Pertanto, il Tribunale non ritiene in parte qua illegittimo l’operato della
Regione, la quale ha invece sottoposto a valutazione di incidenza il progetto di
Omar (questo sì idoneo a determinare effetti sull’habitat naturale), come era
del resto previsto nel citato parere del 2005 relativo alla zona DS2.
A tal riguardo, si deve altresì rilevare come gli stessi ricorrenti confermino
in qualche modo il convincimento del Tribunale, nel momento in cui richiamano
una vicenda analoga, che coinvolge un altro insediamento produttivo da allocare
in località Schieppe ad opera della società Wafer Zoo S.r.l. A prescindere dal
merito di quella vicenda (anch’essa all’esame del Tribunale), ciò che rileva è
che anche in quel caso ad essere sottoposto a valutazione di incidenza, come
nella presente vicenda, è il singolo progetto, non il Piano di classificazione
acustica (in senso analogo, cfr. Cons. Stato, IV, n. 4778/2006).
9. Passando invece ad esaminare le doglianze che riguardano la presunta
violazione della normativa in materia di classificazione acustica (L. n.
447/1995; L.R. Marche n. 28/2001; deliberazione di G.R. n. 896/2003), i
ricorrenti sostengono che il Piano impugnato è illegittimo per i seguenti
profili:
- vengono classificati in classe V zone del territorio ricomprese nella Z.P.S.,
le quali debbono invece essere classificate in classe I. In questo modo,
sostengono i ricorrenti, è stata ridotta l’estensione della Z.P.S. e del S.I.C.;
- vengono accostate zone che, dal punto di vista della classificazione acustica,
differiscono per più di 5 dBa, senza che ricorrano i presupposti giustificativi
consentiti dalle Linee guida regionali del 2003;
- non è motivata la decisione di prevedere zone “cuscinetto” di ampiezza pari a
circa 50 metri fra le zone classificate in classe V e quelle classificate in
classe I;
- la predisposizione del Piano non è stata preceduta da misurazioni condotte “in
situ”;
- non risponde al vero, come sostiene l’A.R.P.A.M., che la popolazione residente
è maggiormente tutelata dal c.d. criterio differenziale, il quale non è più
restrittivo del limite di immissione assoluto.
9.1. Le censure sono da respingere, in quanto:
- dal punto di vista del metodo, la predisposizione del Piano in esame non deve
essere preceduta da misurazioni effettuate sul campo (le quali, invece, sono
indispensabili per verificare, in qualsiasi momento, se sono superati i limiti
previsti per ciascuna zona). Inoltre, per i Comuni di più ridotte dimensioni è
del tutto legittimo l’utilizzo del metodo c.d. qualitativo (vedasi il citato
studio dell’A.P.A.T. - pagine 17 e 22-23), il quale presuppone un esame delle
destinazioni d’uso del territorio previste dal P.R.G., della situazione
topografica e un’analisi dell’uso del territorio non basata direttamente su dati
quantitativi;
- la normativa di riferimento non impone che tutte le aree ricadenti all’interno
delle Z.P.S. siano classificate in classe I o, meglio, tale prescrizione va
applicata tenendo conto delle preesistenti destinazioni urbanistiche. Nella
specie, come si evince dalla circostanza che il Comune ha accolto in parte
l’osservazione proposta dopo l’adozione del Piano impugnato (classificando in
classe I le aree agricole ricomprese nella Z.P.S. e nel S.I.C. e più distanti
dagli insediamenti artigianali e industriali preesistenti), si è cercato di
tenere conto il più possibile dei contrapposti interessi. Come si è già detto in
precedenza a proposito del rapporto tra pianificazione urbanistica e
classificazione acustica, se il vigente P.R.G. attribuisce una determinata
destinazione urbanistica ad una certa area, il Piano di classificazione acustica
non può attribuire all’area stessa una classe acustica difforme. Né può
sostenersi che il Piano di classificazione approvato dal Comune abbia ridotto la
Z.P.S. (il S.I.C., infatti, non viene intaccato dal provvedimento impugnato),
visto che essa non è oggetto del Piano. In realtà, come dimostra la produzione
documentale della Regione del 12/1/2009, la delimitazione delle Z.P.S. non
sempre è tale da consentire di poter scindere in maniera netta le zone ancora
“incontaminate” e quelle già antropizzate, per cui è del tutto possibile che una
Z.P.S. inglobi al suo interno aree che, in base ai vigenti strumenti
urbanistici, ospitano attività umane teoricamente incompatibili con le esigenze
di tutela ambientale. Peraltro, la normativa comunitaria non vieta le attività
umane all’interno dei siti compresi nella rete Natura 2000, ma le condiziona
alla positiva valutazione di incidenza, la quale, a sua volta, è subordinata
alla verifica della non compromissione di habitat naturali;
- il divieto di accostamento di zone che differiscano fra loro per più di 5 dBa
non opera (vedasi deliberazione di G.R. n. 896/2003) quando, in presenza di
destinazioni urbanistiche consolidate, sia possibile prevedere fasce di
transizione (c.d. zone cuscinetto) oppure quando esistano ostacoli naturali
(definite più propriamente “discontinuità”) che attenuino il livello di
immissioni. Nella specie, entrambi i suddetti accorgimenti sono stati tenuti
presenti, visto che da un lato sono state previste fasce di transizione,
dall’altro esiste il fosso Vergineto, ritenuto dalle Amministrazioni coinvolte
nel procedimento un ostacolo naturale idoneo ad attenuare il livello di
immissioni. Al riguardo, si deve evidenziare che nella relazione generale al
Piano di classificazione acustica (pagine 15 e 21-22) i progettisti hanno
esaminato specificamente la problematica del sito per cui è causa, rilevando
l’impossibilità di attribuire la classe I all’intera zona (a causa delle
previsioni del P.R.G.) e ipotizzando le misure da adottare laddove il livello di
rumore percepito nelle zone in classe I dovesse in futuro risultare superiore ai
limiti di legge;
- per quanto riguarda la fascia “cuscinetto” di 50 metri, posta a separazione
delle zone a più marcato differenziale acustico, si tratta di prescrizione
imposta dalla Regione nel già citato parere del 2005, la cui estensione viene
censurata dai ricorrenti in modo generico ed apodittico (in effetti, i
ricorrenti si limitano a dire che l’ampiezza della fascia non è sufficiente ma
senza spiegare il perché o quale sia una distanza sufficiente ai fini del
contenimento delle emissioni sonore);
- per quanto concerne la questione dell’incidenza del c.d. valore differenziale,
si tratta di aspetto poco rilevante, emerso solo perché l’A.R.P.A.M., nel parere
dell’11/2/2008, ha ammesso, in accordo con i ricorrenti, che l’attribuzione ad
una zona agricola e poco urbanizzata di una classe acustica superiore alla I o
alla II provoca un deterioramento ambientale, salvo poi affermare che comunque
l’inconveniente è attenuato dall’imposizione del limite differenziale di 5 dB di
giorno e di 3 dB di notte. Peraltro (ed evidenziato che l’A.R.P.A.M. non deve
effettuare valutazioni di opportunità, ma solo verificare se gli effetti di un
certo provvedimento sono compatibili con la normativa in materia di tutela
dall’inquinamento acustico e, in caso di esito positivo della verifica,
rilasciare il parere favorevole), una volta ritenuta legittima la
classificazione acustica approvata dal Comune e una volta accertato che il
limite differenziale è rispettato, la rilevanza della questione viene meno.
10. In ragione di quanto precede, il ricorso va dichiarato infondato in
relazione all’impugnazione della deliberazione del C.C. n. 14/2008.
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per ciò che attiene alle specifiche
censure afferenti la deliberazione n. 15/2008 (ovviamente non è fondata la
doglianza relativa all’invalidità derivata, avendo il Tribunale ritenuto
legittima la deliberazione n. 14/2008).
11. Avverso il provvedimento di approvazione della variante urbanistica i
ricorrenti deducono i seguenti motivi (oltre allo sviamento di potere, che però,
giusta quanto osservato al precedente punto 7., il Collegio non ritiene
sussistente):
- violazione dell’art. 14-ter, comma 6, della L. n. 241/1990;
- violazione dell’art. 5 del DPR n. 447/1998;
- illegittimità del parere favorevole rilasciato dalla Regione Marche ai sensi
del DPR n. 357/1997, per violazione delle direttive comunitarie “Uccelli” e
“Habitat”;
- illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Provincia di
Pesaro e del parere dell’A.S.U.R. Marche ai sensi dell’art. 216 del T.U. n.
1265/1934;
- illegittimità del parere della Provincia di Pesaro – Servizio Acque Pubbliche,
per erroneità dei presupposti.
11.1. Le suddette censure non possono essere però condivise, atteso che:
- il funzionario comunale che ha preso parte alla Conferenza di Servizi del
20/11/2007 (su delega del dirigente del Settore) non era affatto sprovvisto di
potere rappresentativo, in quanto, nella specie, la Conferenza doveva esaminare
solo gli aspetti tecnici del progetto, essendo indiscusso fra le parti che il
progetto di Omar era incompatibile con il P.R.G. In casi del genere, gli esiti
della Conferenza di Servizi non esauriscono il procedimento, visto che la parola
definitiva spetta in ogni caso al Consiglio Comunale (che, nella specie, si è
pronunciato sulla variante urbanistica resasi necessaria ai fini della concreta
assentibilità dell’intervento edilizio proposto da Omar);
- per ciò che riguarda l’assenza dei presupposti per l’attivazione del
procedimento di cui al DPR n. 447/1998, si deve in primo luogo precisare che
Omar non aveva la possibilità incondizionata di acquistare altri lotti
nell’ambito della zona P.I.P., visto che gli stessi sono stati assegnati a
seguito di procedura comparativa fra più aspiranti. Inoltre, pur volendosi
ritenere teoricamente condivisibili le asserzioni di parte ricorrente a
proposito della fatto che il meccanismo di cui all’art. 5 del DPR n. 447/1998
non implica che l’interesse della collettività debba essere subordinato agli
interessi privati degli imprenditori, si dovrebbe concludere che la norma in
esame non trova quasi mai applicazione, essendo raro riscontrare una situazione
di oggettiva scarsità di lotti P.I.P., nel senso inteso dai ricorrenti, ossia
non limitata al solo territorio del Comune coinvolto nel procedimento, ma estesa
ad altri territori (i ricorrenti, infatti, sostengono che Omar ben potrebbe
svolgere la propria attività nella sede di Fano e che quindi l’insediamento di
Orciano risponde solo a logiche economiche e commerciali della ditta, le quali
debbono recedere di fronte all’interesse della collettività orcianese a
preservare il territorio e l’ambiente). Non a caso, le pronunce richiamate dai
ricorrenti a sostegno della tesi in commento (Cons. Stato, n. 3593/2007 e TAR
Lecce, I, n. 3339/2006) si riferiscono ad una vicenda nella quale il Comune
competente aveva negato la variante urbanistica, sul presupposto che lo
strumento urbanistico prevedeva altre aree destinate ad insediamenti produttivi.
A parte il fatto che l’art. 5 del DPR n. 447/1997 - laddove parla di
insufficienza delle aree “…in relazione al progetto presentato…” - può anche
legittimare interpretazione difformi rispetto alle conclusioni rassegnate dal
Consiglio di Stato, è proprio il riferimento operato dal TAR Lecce nella
sentenza di primo grado al potere discrezionale di cui è attributario il
Consiglio Comunale in sede di decisione definitiva sulla proposta di variante
urbanistica a militare in senso contrario alla tesi di parte ricorrente. In
effetti, è vero che il Consiglio Comunale, come anche in sede di pianificazione
urbanistica ordinaria, gode al riguardo della massima discrezionalità, dovendo
valutare interessi contrapposti e multiformi (diritto di iniziativa economica e
ricadute occupazionali, razionale assetto del territorio, tutela ambientale,
etc.) prima di approvare la variante urbanistica. Tra l’altro, nel caso di
specie, a differenza di quanto accaduto nella vicenda decisa dal Consiglio di
Stato, nel territorio di Orciano non esistono altre possibilità insediative per
Omar. Pertanto, fermo restando il rispetto di norme e prescrizioni inderogabili
e dei principi di ragionevolezza e razionalità dell’azione amministrativa, la
scelta del Comune di approvare la variante urbanistica non è sindacabile nel
merito dal giudice. E poiché il Tribunale non ritiene sussistenti né il vizio di
violazione di legge, né l’eccesso di potere (nei suoi vari profili) anche in
questa parte il ricorso è infondato.
Per quanto riguarda l’altro presupposto (ossia la conformità del progetto con la
normativa sanitaria, ambientale e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), dalla
documentazione versata in atti da Omar si evince che la ditta ha presentato
tutta la documentazione necessaria, fermo restando che l’effettivo rispetto
della normativa medesima sarà oggetto di verifica in sede di esecuzione dei
lavori e in sede di esercizio dello stabilimento;
- non rileva il fatto che il parere della Regione sia intervenuto dopo la
conclusione della Conferenza, visto che questa è un’ipotesi del tutto
compatibile con la disciplina normativa della Conferenza di Servizi dettata
dalla L. n. 241/1990 (ispirata, dopo le ultime novelle, al principio, espresso
dall’art. 14-quater, comma 1, e dall’art. 14-ter, comma 6-bis, come modificati
dalla L. n. 15/2005, secondo cui le autorità convocate debbono esprimersi in
seno all’organo, dovendosi considerare affetti da nullità i pareri contrari resi
dopo la conclusione del procedimento – in terminis, TAR Lecce, III, n.
1371/2008). Ciò che rileva, dal punto di vista sostanziale, è che il Consiglio
Comunale ha deliberato avendo presente anche l’esito positivo della valutazione
d’incidenza;
- sia la Provincia che la Regione hanno esaminato il progetto attentamente, il
che è dimostrato dall’ampia motivazione che connota sia il parere regionale sia
l’autorizzazione paesaggistica. In effetti, risulta per tabulas che la Regione,
nel decreto del 27/2/2008, ha valutato tutte le possibili ricadute del progetto
di Omar sul territorio, rilevando in primo luogo che esso ricade in area esterna
al S.I.C. IT5310015 ed escludendo dirette e significative incidenze sulle specie
animali e vegetali esistenti (tranne quelle, definite trascurabili e temporanee,
relative alla fase di cantiere). La Provincia, dal canto suo, ha valutato
l’impatto dell’opera dal punto di vista paesistico, ma tale valutazione è
censurata dai ricorrenti in maniera generica e apodittica, per cui in questa
parte il ricorso è inammissibile per genericità;
- “vitiatur, se non vitiat”, infine, il parere del Servizio Acque Pubbliche
della Provincia di Pesaro. In effetti, pur dovendosi convenire con i ricorrenti
circa l’erroneità del parere, nella parte in cui la Provincia parla di
ampliamento di impianto preesistente, ugualmente da ciò non deriva
l’illegittimità della variante urbanistica, visto che, in sede di rilascio
dell’autorizzazione unica, il S.U.A.P. dovrà sottoporre il progetto di Omar a
tutte le verifiche tecniche, ivi inclusa quella relativa alla conformità alla
vigente normativa del sistema di smaltimento delle acque. In ogni caso, dal
punto di vista sostanziale la questione non è rilevante, visto che la Provincia
ha comunque osservato che l’intervento ricade su un sito di natura alluvionale
sub pianeggiante, privo di emergenze di carattere idrogeologico;
- a fattor comune, infine, si deve altresì osservare che tutte le autorità
intervenute nel procedimento hanno impartito specifiche prescrizioni a Omar, per
cui di tutto si può parlare ma non certo di superficialità e/o di carenze
istruttorie.
12. Per tutto quanto precede, sia il ricorso principale che la domanda
risarcitoria proposta da Omar s.r.l. vanno respinti.
Stante la complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per
disporre la compensazione delle spese fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche respinge il ricorso in
epigrafe e la domanda risarcitoria proposta da Omar S.r.l.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 08/07/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Luigi Passanisi, Presidente
Tommaso Capitanio, Primo Referendario, Estensore
Giovanni Ruiu, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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