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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Segnalata dall'avv. Nicola Giudice
T.A.R. MOLISE, Sez. I - 8 aprile 2009, n. 115
ENERGIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Interesse paesaggistico e interesse
ambientale - Comparazione - Fonti di energia alternativa (energia eolica) -
Grave e irreversibile impatto paesaggistico - Protocollo di Kyoto - Convenzioni
internazionali volte alla salvaguardia del paesaggio - Conflitto tra tutela
paesaggio e tutela dell’ambiente - Ponderazione comparativa, in concreto, di
tutti gli interessi coinvolti. Alla concezione totalizzante dell’interesse
paesaggistico, oggetto di recente e condivisibile revisione critica, non può
sostituirsi una nuova concezione totalizzante dell’interesse ambientale che ne
postuli la tutela “ad ogni costo” anche mediante lo sviluppo di fonti di energia
alternativa idonee ad operare una riduzione delle emissioni di gas ad effetto
serra ma di grave ed irreversibile impatto paesaggistico, perché se la riduzione
delle emissioni attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore
utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e
compatibili con l'ambiente, tra le quali rientrano gli impianti eolici,
costituisce un impegno internazionale assunto dallo Stato italiano e recepito
nell'ordinamento statale dalla l. 1 giugno 2002 n. 120 (concernente "Ratifica ed
esecuzione del Protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite
sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997), come non mancata
di ricordare un significativo indirizzo giurisprudenziale, è parimenti vero che
anche la salvaguardia del Paesaggio costituisce oggetto di impegni assunti
dall’Italia in sede internazionale (cfr. Convenzione Europea del Paesaggio
promossa dal Consiglio d’Europa e firmata a Firenze il 20 ottobre 2000
ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14) sicchè il conflitto tra tutela
paesaggio e tutela dell’ambiente (e indirettamente della salute) non può essere
risolto in forza di una nuova aprioristica gerarchia che inverte la scala di
valori (non configurabile neppure invocando la rafforzata cogenza degli obblighi
assunti in forza di convenzioni internazionali di cui si giovano come detto sia
i valori paesaggistici che quelli ambientali), ma deve essere necessariamente
operato in concreto, attraverso una ponderazione comparativa di tutti gli
interessi coinvolti, non potendosi configurare alcuna preminenza valoriale né in
un senso (a favore del paesaggio) né nell’altro (a favore dell’ambiente e del
diritto alla salute o del diritto di intrapresa economica). Pres. Giaccardi,
Est. Monteferrante - Associazione Italia Nostra (avv.ti Medugno e De Rosa) c.
Regione Molise (avv. Colalillo) e Ministero per i Beni e le Attività Culturali
(Avv. Stato).
T.A.R. MOLISE, Sez. I - 08/04/2009, n. 115
V.I.A. - ENERGIA - Regione Molise - Delibera di Giunta n. 1670/2004 - Integrazione della procedura di VIA nel procedimento unico ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Parere del comitato V.I.A. - Atto endoprocedimentale. In forza dell’art. 4 delle direttive per lo svolgimento del procedimento unico di cui alla delibera di Giunta della Regione Molise n.1670 del 13.12.2004, la procedura di valutazione di impatto ambientale deve ritenersi “integrata nel procedimento unico” ex art. 12 del d. lgs. 387 del 2003, tant’è che il Presidente della Giunta deve designare un componente del comitato tecnico VIA incaricato di partecipare ai lavori della conferenza di servizi con funzioni di raccordo tra la conferenza ed il comitato e che “al termine dei lavori del comitato, ne riporta gli esiti in Conferenza”. E’ evidente pertanto che nella disciplina introdotta dalla Regione Molise il parere del comitato V.I.A. non si pone come atto conclusivo di un procedimento, suscettibile di autonoma ed immediata impugnativa ma si inserisce nel distinto procedimento unico che si sviluppa secondo le forme della conferenza di servizi, quale atto che concorre alla adozione della determinazione conclusiva della conferenza stessa. Pres. Giaccardi, Est. Monteferrante - Associazione Italia Nostra (avv.ti Medugno e De Rosa) c. Regione Molise (avv. Colalillo) e Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato). T.A.R. MOLISE, Sez. I - 08/04/2009, n. 115
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00115/2009 REG.SEN.
N. 00448/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 448 del 2007, proposto dalla
Associazione Italia Nostra, in persona del Presidente e Legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Medugno e Luigi De
Rosa, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Campobasso, via Roma,
64;
contro
Regione Molise, in persona del
Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Vincenzo
Colalillo presso il cui studio in Campobasso, via Umberto I, N. 43 elegge
domicilio;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato
presso i cui uffici in Campobasso, via Garibaldi, 124 domicilia ex lege;
nei confronti di
Essebiesse Power S.r.l., in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli
avv.ti Giovanni Battista Conte e Massimo Di Nezza, con domicilio eletto presso
lo studio del secondo in Campobasso, corso Umberto I, 43;
e con l'intervento di
Provincia di Campobasso,
interveniente ad adiuvandum, in persona del Presidente pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avv. Matteo Iacovelli, presso il cui studio in
Campobasso, via Roma, 47 elegge domicilio;
Federazione Regionale Coldiretti del Molise, interveniente ad adiuvandum,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Rita Matticoli e Giuseppina Negro, con
domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Margherita Zezza in Campobasso, C.so
Vittorio Emanuele II, 23;
Michele Zurlo, Maria Gaetana D'Aversa, Gennaro Zappone, Maria Libera D'Amico,
Michele Paolo Pietrarola, Giovannina Simiele, Biagio Zappone, Pasquale Varriano,
Rita Rubertino, Vincenzo Testa, tutti intervenienti ad opponendum,
rappresentati e difesi dall'avv. Giacomo Papa, con domicilio eletto presso
Giacomo Papa Avv. in Campobasso, corso Umberto I, 43 (Studio Avv. Colalillo);
per l'annullamento, previa
sospensione dell'efficacia,
- della determinazione del
Commissario ad Acta (nominato con sentenza del TAR Molise n. 202/07,
nella persona del Provveditore Interregionale per le opere pubbliche per la
Campania e Molise, che a sua volta, con nota n. 1470 del 2 maggio 2007, ha
delegato, per l'adozione del provvedimento di autorizzazione unica, il dott.
Vincenzo Caprioli, Consigliere tecnico del Consiglio Superiore dei LL.PP.) prot.
n. 1000/CAA del 28.6.07 (pubblicata sul B.U.R. il successivo 16.7.07), con la
quale è stata autorizzata "ai sensi e per gli effetti del D. L.gs n. 387/2003,
la società a r. l. ESSEBIESSE POWER, con sede legale in 00141 Roma, Via
Nomentana 352, alla realizzazione e gestione dell'impianto di produzione di
energia elettrica da fonte eolica da 32 MW da realizzarsi nei Comuni di
Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo, secondo le modalità
contenute nella documentazione allegata alla domanda presentata dalla stessa
società ";
- della valutazione di impatto ambientale espressa dal Comitato Tecnico V.I.A.
della Regione Molise.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Molise;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Essebiesse Power S.r.l.;
Visto l’intervento ad adiuvandum della Provincia di Campobasso;
Visto l’intervento ad adiuvandum della Federazione Regionale Coltivatori
diretti;
Visto l’intervento ad opponendum dei signori Michele Zurlo, Maria Gaetana
D'Aversa, Gennaro Zappone, Maria Libera D'Amico, Michele Paolo Pietrarola,
Giovannina Simiele, Biagio Zappone, Pasquale Varriano, Rita Rubertino, Vincenzo
Testa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/06/2008 il dott. Luca Monteferrante
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato
in data 30.10.2007 e depositato in data 7.11.2007, l’Associazione Italia Nostra
ha chiesto l’annullamento della determina adottata, in sostituzione della
Regione Molise, dal Commissario ad acta designato ai fini della
attuazione della sentenza n. 202/2007 con cui il TAR del Molise ha statuito in
ordine alla esecuzione della sentenza n. 749/2006 dichiarativa dell’obbligo di
provvedere in ordine alla istanza presentata dalla società Essebiesse Power
s.r.l. avente per oggetto la realizzazione di un impianto eolico nell’agro dei
Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo, ai sensi
dell’art. 12 della legge 29 dicembre 2003, n. 387.
L’Associazione esponente insorge, in particolare, avverso l’autorizzazione alla
realizzazione dell’opera rilasciata dal commissario ad acta, in
sostituzione della Regione Molise rimasta inerte, articolando i seguenti motivi
di doglianza:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. della legge 241 del 1990.
Eccesso di potere per perplessità dei presupposti, travisamento delle risultanze
istruttorie, difetto di motivazione e di istruttoria, incongruenza tra
presupposti e conclusioni. Sviamento di potere.
Nonostante il Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del
Molise avesse reiteratamente manifestato all’Assessorato regionale competente la
propria motivata contrarietà all’intervento, nel preambolo del provvedimento
impugnato l’intercorsa fitta corrispondenza viene richiamata in modo da
ingenerare il falso convincimento che tali note contengano in realtà prese di
posizioni favorevoli.
Inoltre il commissario ad acta non avrebbe tenuto in alcuna
considerazione le ragioni di netta contrarietà espresse dal Direttore Regionale,
autorizzando la realizzazione dell’impianto in assenza del nulla osta
dell’Amministrazione statale preposta alla salvaguardia dei valori paesaggistici
e dei beni storico-artistici e comunque omettendo di motivare in ordine alla
ragioni che lo avevano indotto a ritenere di poter superare i rilievi critici
opposti con forza dall’autorità preposta alla tutela dei beni culturali.
2. Violazione e falsa applicazione del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387. Eccesso
di potere per errore nei presupposti, travisamento delle risultanze documentali,
difetto di istruttoria, contraddittorietà. Violazione del divieto di
disapplicazione degli atti amministrativi in costanza della loro validità ed
efficacia.
La decisione assunta dal commissario ad acta si fonderebbe sull’erroneo
presupposto del rilascio dell’autorizzazione da parte del Soprintendente
Archeologico, provvedimento in realtà annullato in autotutela dal Direttore
Regionale con decisione che tuttavia il commissario avrebbe di fatto
disapplicato. Il Direttore Regionale avrebbe altresì rappresentato che la
decisione del Soprintendente giammai avrebbe potuto assumere rilevanza esterna
atteso che compete esclusivamente al Direttore Regionale del Ministero il
rilascio del parere unico implicante l’apprezzamento sia dell’interesse
paesaggistico che di quello archeologico: quanto rappresentato dal Direttore
Regionale in merito all’ordine delle competenze in materia sarebbe stato
tuttavia ignorato.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della legge finanziaria
regionale 12 aprile 2006, n. 3. Eccesso di potere per mancato rispetto della
corretta sequenza procedimentale.
La Giunta regionale non avrebbe sottoposto a verifica di coerenza
l’autorizzazione rilasciata dal commissario che, a sua volta, avrebbe dovuto
sollecitare il perfezionamento di un formale deliberato sul punto.
4. Violazione e falsa applicazione della deliberazione della Giunta regionale n.
908 del 26 giugno 2006. Eccesso di potere per omessa od insufficiente
istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà.
Gli organi regionali preposti allo svolgimento della valutazione di impatto
ambientale avrebbero operato in contrasto con i criteri posti dalla Giunta
regionale per le verifiche di coerenza delle autorizzazioni relative ai campi
eolici: nella specie sarebbe mancato qualsiasi concreto ed effettivo
apprezzamento della compatibilità dell’impianto con il contesto paesaggistico
specificamente coinvolto dall’iniziativa; ciò peraltro sull’erroneo presupposto
che un tale giudizio sarebbe precluso dall’intervenuto annullamento
giurisdizionale di un precedente vincolo mentre l’inesistenza del vincolo non
solleverebbe la Regione dall’obbligo di compiere una autonoma verifica.
Incongrua ed elusiva sarebbe inoltre la motivazione addotta per superare le
osservazioni presentate dalle Associazioni ambientalistiche intervenute ad
opponendum in sede procedimentale, carente la valutazione dedicata
all’incidenza dell’intervento sull’avifauna e sulla flora.
5. Eccesso di potere, sotto distinto profilo, per illogicità e contraddittorietà
della motivazione.
Nell’assumere la determinazione conclusiva il commissario ad acta avrebbe
omesso di operare una ponderazione comparativa tra tutti gli interessi pubblici
in campo, predicando la assoluta aprioristica prevalenza del diritto alla salute
o alla vita (indirettamente tutelati dallo sviluppo di fonti di energia
alternative) sulla tutela del paesaggio e dei beni archeologici, senza neppure
prendere in considerazione ipotesi localizzative alternative pur prospettate dal
competente Ministero.
6. Violazione e falsa applicazione dei principi generali vigenti in materia di
funzionamento degli organi collegiali amministrativi.
Il rapporto VIA sarebbe stato approvato all’esito della riunione del 22 marzo
2006 in violazione del quorum strutturale, trattandosi di collegio
perfetto, come pure di quello deliberativo non avendo partecipato al voto la
metà più uno degli aventi diritto.
Si sono costituiti in giudizio la Regione Molise ed il Ministero dei Beni e
della Attività Culturali, mediante il comune patrocinio dell’Avvocatura
distrettuale dello Stato, per contestare la fondatezza delle censure ex
adverso prospettate, concludendo per la reiezione del ricorso.
Rilevate possibili ragioni di incompatibilità, la difesa della Regione è stata
affidata, in corso di causa, ad un Avvocato del libero foro mentre il Ministero
dei Beni e delle Attività Culturali ha successivamente assunto una posizione
processuale di sostegno alle ragioni fatte valere della Associazione ricorrente,
concludendo, con la memoria del 6.6.2008, per l’accoglimento del ricorso.
Si è costituita in giudizio la società Essebiesse Power s.r.l. la quale ha
diffusamente argomentato in merito alla regolarità del procedimento
amministrativo ed alla legittimità della determina commissariale impugnata,
concludendo per la reiezione del ricorso.
Sono intervenuti in giudizio la Provincia di Campobasso come pure la Federazione
regionale dei Coltivatori diretti per sostenere le ragioni fatte valere dalla
Associazione ricorrente.
Sono altresì intervenuti ad opponendum alcuni cittadini privati per
sostenere le difese articolate dalla parte resistente e dalla controinteressata
a sostegno della legittimità del provvedimento impugnato in quanto interessati
alla positiva realizzazione dell’impianto.
Con memoria del 29.11.2007 depositata in data 4.12.2007 la società
controinteressata ha eccepito la inammissibilità dell’intervento in giudizio
della Provincia di Campobasso e della Federazione regionale dei Coltivatori
diretti.
Alla camera di Consiglio del 5.12.2007 è stata accolta la domanda incidentale di
sospensiva sul presupposto che l’autorizzazione censurata sarebbe stata
rilasciata prescindendo dai provvedimenti preclusivi medio tempore
adottati dal Direttore Regionale a tutela dei valori archeologici e
paesaggistici.
Con ordinanza 5 febbraio 2008, n. 661 la VI Sezione del Consiglio di Stato il
Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dalla società Essebiesse Power
s.r.l. rappresentando peraltro la necessità di approfondimenti della materia del
contendere da rimettere alla fase di merito.
Fissata la pubblica udienza per la data del 19.11.2008, il Presidente, su
istanza di parte, ne ha disposto la anticipazione alla pubblica udienza del
18.6.2008 all’esito della quale, previa discussione e deposito di memorie
conclusionali da parte delle parti in giudizio, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
Viene in decisione il ricorso
avverso la determina con cui il commissario ad acta, nominato per porre
rimedio all’inerzia della Regione Molise, ha assentito una autorizzazione ex
art. 12 del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 in favore della società Essebiesse
Power s.r.l. per la realizzazione e gestione di un impianto eolico di potenza
32MW nei Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo e del
relativo cavidotto da 20.000 volt per il vettoriamento dell’energia elettrica.
L’Associazione Italia Nostra ne assume la illegittimità sotto diversi profili,
incentrati prevalentemente sull’asserita pretermissione nello svolgimento dell’iter
procedimentale degli interessi paesaggistici, archeologici e storico-culturali
intercettati dalla proposta localizzativa e sul preteso non corretto esercizio
del potere di ponderazione comparativa in cui si condensa la potestà
discrezionale dell’amministrazione procedente, esercitata in via sostitutiva dal
commissario ad acta.
Ai fini di una migliore comprensione della vicenda oggetto della presente
controversia è utile richiamare alcuni dei principali passaggi del complesso
iter procedimentale in cui si snoda la vicenda, rilevanti ai fini di causa.
In data 12 novembre 2004 la società Essebiesse Power s.r.l. inoltrava istanza il
rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. 387 del
2003 per la realizzazione di un parco eolico; acquisito il parere preventivo del
comitato tecnico VIA (espresso con determina dirigenziale del 16.2.2005)
chiedeva la sottoposizione del progetto a valutazione di impatto ambientale;
provvedeva infine ad inviare a tutte le autorità statali, regionali e comunali
richiesta di rilascio dei pareri di rispettiva competenza (cfr. doc. sub n. 2 in
fascicolo Essebiesse Power s.r.l.).
Numerose autorità amministrative, statali, regionali e locali, rilasciavano
parere favorevole e, tra queste, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del
Molise (nota prot. n. 3789 del 18 maggio 2005 e successiva nota prot. n. 9537
del 11 dicembre 2006) nonchè la Regione Molise - Direzione IV delle Politiche
del Territorio, dei Trasporti, della Casa, Valorizzazione del Territorio,
Risorse Naturali e Tutela Ambientale, Servizio Beni Ambientali per quanto
concerne l’autorizzazione paesaggistica (cfr. nota prot. n. 03109 del 24 giugno
2005) necessaria per la realizzazione della sola sottostazione di trasformazione
e del relativo cavo interrato di media tensione, in quanto insistenti nell’agro
del Comune di Vinchiaturo dove è presente un vincolo paesaggistico.
In data 23 marzo 2006 il Comitato Tecnico per la Valutazione dell’Impatto
Ambientale, a maggioranza, rilasciava parere favorevole circa la compatibilità
ambientale dell’intervento proposto.
Con nota del 6 aprile 2006 la società Essebiesse Power s.r.l. inoltrava l’intero
carteggio, completo delle autorizzazioni e dei pareri rilasciati dai vari enti
interpellati, al Servizio energia della Regione Molise instando per il rilascio
dall’autorizzazione unica.
L’istanza tuttavia non aveva seguito al punto che la società si muniva di
giustizia per far accertare la violazione dell’obbligo di provvedere ex art. 21
bis della legge 1034 del 1971, cui seguiva la nomina del commissario ad acta
a fronte del perdurante silenzio della Regione Molise.
Al contempo però già a partire dal 21 luglio 2005 il Direttore Regionale per i
Beni Culturali e Paesaggistici del Molise (cfr. prot. n. 2921/01.01.07) aveva
segnalato all’Assessore all’Urbanistica della Regione Molise la sua contrarietà
alla localizzazione del parco eolico nei comuni di Cercemaggiore, Cercepiccola,
S.Giuliano del Sannio e Mirabello Sannitico atteso che “tali territori comunali
costituiscono la splendida corona di paesaggio che incornicia il gioiello
archeologico, monumentale e paesaggistico di Sepino-Altilia, noto e apprezzato
universalmente” e tornava a chiedere nuovamente la costituzione delle
commissioni provinciali (ex art. 137 del d. lgs. n. 42 del 2004) al fine di
intraprendere la procedura di apposizione del vincolo sull’intera valle del
Tammaro, sollecitando al contempo l’attivazione delle procedure di urgenza “per
scongiurare il pericolo di un attentato irreversibile al paesaggio”.
Seguiva la nota del 11.8.2006 prot. 3233/01.01.07 con cui il Direttore Regionale
rappresentava al presidente della Regione ed all’Assessore all’Urbanistica che
l’autorizzazione ex art. 21 d. lgs. 42/04 necessaria per la costruzione
dell’impianto, medio tempore rilasciata dal Soprintendente per i Beni
Archeologici con nota prot. 3789 del 18 maggio 2005 - sul presupposto che l’area
destinata all’impianto non fosse sottoposta a vincolo né interessata da presenze
archeologiche note -, doveva ritenersi atto puramente endoprocedimentale, privo
di rilevanza esterna e comunque annullato in autotutela non avendo egli mai
delegato l’adozione di tali autorizzazioni alla Soprintendenza locale anche
perché tutte le valutazioni di competenza sarebbero state rese mediante rilascio
di un unico parere da parte della Direzione Regionale come previsto dal Codice
“Urbani”.
Con successiva nota prot. n. 3969 del 29 settembre 2005 il Direttore Regionale
indirizzava agli organi centrali del Ministero una proposta di tutela
paesaggistica (parimenti citata nel provvedimento impugnato) sollecitando gli
adempimenti di competenza da assumere in via sostitutiva a motivo della
perdurante reiterata grave inerzia della Regione Molise nella costituzione delle
commissioni provinciali per il paesaggio, competenti in via ordinaria a dare
impulso al procedimento per l’imposizione del vincolo; nella nota il Direttore
Regionale riepilogava lo stato della questione evidenziando che sin dal lontano
1996 la Regione Molise era stata sollecitata ad assumere gli atti di competenza
per l’imposizione del vincolo ma senza esito alcuno; seguivano due iniziative
ministeriali che conducevano nel 1998 alla imposizione del vincolo sul
territorio dei Comuni di S. Giuliano del Sannio, Cercemaggiore e Cercepiccola,
vincoli che venivano tuttavia annullati dal TAR Molise; nell’anno 2004 la locale
Soprintendenza assumeva nuovamente l’iniziativa ma la sopravvenuta entrata in
vigore del nuovo codice dei Beni Culturali imponeva il coinvolgimento della
Regione Molise che tuttavia, sebbene ripetutamente sollecitata a costituire le
commissione provinciali, restava inerte. Tanto premesso il Direttore regionale
così si esprimeva all’indirizzo del superiore Ministero: “Tenuto conto
dell’importanza che la questione degli impianti eolici riveste per l’intero
territorio regionale, si richiede, se del caso, di investire del problema anche
il Comitato di Settore. Il territorio dei tre comuni, un piccolo comprensorio è
la cornice incontaminata della preziosa area archeologica di Sepino. Un
attentato all’integrità dell’area comprometterebbe irreversibilmente uno dei
panorami delle valli appenniniche più preziose d’Italia. In particolare l’area
sembra, quasi unica superstite, di quelle che fecero affermare a Goete “et in
arcadia ego” e perciò se ne sollecita la tutela, anche con lo scopo di non
pregiudicare il promettente sviluppo dell’area…”.
Il 6 dicembre 2006 con nota prot. 4889 34.19.04/6 il Direttore Regionale
rappresentava che nonostante il precedente parere favorevole della
Soprintendenza per i Beni Archeologici (riferito alla nota prot. n. 3789 del
18.5.2005 con cui si era escluso che l’area fosse interessata da presenze
archeologiche, poi annullato in autotutela) “sono emersi elementi di interesse
archeologico, storico e culturale sul percorso crinale (Strada comunale Tratturo
- antico tracciato viario) ... sulla base dei quali è stato apposto il vincolo
(decreto n. 10 del 26.6.2006) …al quale di norma dovrà far seguito ulteriore
procedimento di tutela indiretta e salvaguardia di visuale, prospettiva, luce e
decoro del medesimo percorso di crinale” pertanto si diffidava la Essebiesse
Power s.r.l. dall’esecuzione del progetto “che, a quanto risulta in atti,
utilizzerebbe il percorso di interesse storico come tracciato di servizio dei
nuovi impianti”.
In data 11 dicembre 2006, con nota prot. n. 9537 il Soprintendente per i Beni
Archeologici del Molise, in risposta ad una nota datata 11 dicembre 2006 inviata
dalla Essebiesse Power s.r.l. (non depositata) confermava “il parere favorevole
già espresso, salvo che qualsiasi lavoro di scavo dovrà essere seguito da
personale della Soprintendenza archeologica e comunicata a questo Ufficio…Il
tratturo dovrà essere ripristinato in battuto al termine dei lavori. Poiché però
l’aerogeneratore n. 2 si trova situato alla distanza di m. 19 dal tratturo
storico tutelato, si prescrive il leggero spostamento dello stesso
immediatamente al di fuori dell’area sottoposta a vincolo di rispetto (20 m.)”.
Con nota prot. n. 5108 34.19.04/6 del 15.12.2006 (citata nel provvedimento
impugnato) il Direttore Regionale, richiamata nuovamente la necessità di una
valutazione unitaria dei vari interessi culturali compresenti nell’area in
oggetto, rimessa alla competenza della Direzione Regionale, ai sensi delle
disposizioni di legge vigenti, richiamata altresì l’esistenza di un
provvedimento di tutela monumentale all’interno dell’area in questione risalente
al 16 novembre 1994 ed i pregressi falliti tentativi di sottoporre a tutela
l’intera area della valle del Tammaro, annullava in autotutela la nota 11
dicembre 2006, prot. 9537 della Soprintendenza per i Beni Archeologici del
Molise.
Con nota prot. n. 149 del 7 maggio 2007 il Sottosegretario di Stato per i Beni e
le Attività Culturali ha convocato presso il Ministero un tavolo di
concertazione allo scopo di definire possibili soluzioni di rilocalizzazione
degli impianti mettendo a disposizione gli elaborati relativi alle soluzioni
alternative e rassicurando circa il fatto che la rilocalizzazione non avrebbe
comportato la perdite degli utili periodici per i Comuni interessati (cfr. in
tal senso altresì le notizie di dettaglio riferite a p. 7 della memoria
conclusionale dell’Avvocatura dello Stato del 6.6.2008 in ordine a possibili
diverse soluzioni localizzative).
Con nota prot. n. 4170 34.07.13/1 del 31.10.2007 il Direttore Regionale ha
formulato, in via sostitutiva ex art. 138, comma 3, del d. lgs. 42 del 2004,
nuova proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico per l’intero
territorio comunale dei Comuni di Cercemaggiore, Cercepiccola e San Giuliano del
Sannio indirizzandola alla Direzione Generale per i Beni Architettonici e
Paesaggistici del Ministero e dando comunicazione di avvio del procedimento ai
Comuni interessati ed alla Regione Molise.
Infine con legge regionale 21 maggio 2008, n. 15, entrata in vigore
successivamente al perfezionamento del provvedimento impugnato ed alla sua
pubblicazione (avvenuta in data 16.7.2007), la Regione Molise ha individuato la
Valle del Tammaro ed i rilievi che la delimitano come area non idonea alla
installazione di impianti eolici e fotovoltaici.
Quanto alla rilevanza culturale dell’area prescelta ai fini della localizzazione
dell’impianto è utile evidenziare ancora che l’Associazione ricorrente,
intervenendo nel procedimento per la valutazione di impatto ambientale
dell’opera, ha depositato un’ampia e circostanziata memoria che documenta la
rilevanza dal punto di vista culturale, storico, archeologico e paesaggistico
della valle del Tammaro e del vasto crinale della Castagna (punto specifico
individuato quale sede del parco eolico).
Vi si legge infatti (spec. p. 23 e ss. doc. 5 in fascicolo ricorrente) che
l’area della Castagna pur non essendo sottoposta a vincolo paesaggistico,
appartiene alla valle dell’alto Tammaro che è vincolata quasi interamente nella
piana e per tutto il versante Ovest mentre sul versante Est e sul crinale della
Castagna un vincolo era stato comunque apposto ma poi annullato dal TAR per vizi
procedurali. In particolare la valle del Tammaro giace parallela allo sviluppo
Nord - Sud del Massiccio del Matese e costituisce la cerniera più evidente del
territorio regionale, quella utilizzata da tempo immemorabile per i traffici
regionali con il tratturo Pescasseroli-Candela e con la romana Via Minucia. In
questa valle si affacciavano gli insediamenti sannitici. Qui Roma ha fondato sul
tracciato del tratturo il Municipio di Saepinum. Qui correva anche la
strada borbonica tra Caserta e Termoli e proprio nel sito della Castagna passa
tuttora la vecchia strada statale n. 17 Appulo sannitica che si conserva con la
sezione e l’andamento plano-altimetrico di un tempo.
Si legge ancora che proprio dalla città romana di Saepinum e dai suoi scavi
archeologici la Regione Molise “attinge la immagini iconografiche che le servono
per diffondere in Italia e nel mondo la propria identità, i valori
storico/culturali della “molisanità” ed il proprio potenziale turistico”. Ad
essi si aggiungono valori paesistici e naturalistici scaturiti da un uso del
territorio esclusivamente agricolo con coltivazioni diversificate che si
avvicendano ad una miriade di zone boscose. Tale grado di naturalità forma un
unicum con le rilevanti presenze storico culturali. In questo contesto le torri
eoliche saranno visibili dal sito archeologico di Saepinum, dal centro
storico di Cercemaggiore, dal centro storico di Terrazzano, dal Santuario di
Santa Maria della Libera e dal centro storico di Sepino che è interamene rivolto
al crinale della Castagna ed ai Monti del Sannio.
Lo studio evidenzia altresì che il crinale della Castagna costituisce un
belvedere unico sulla valle dell’alto Tammaro e sul massiccio del Matese (cfr.
p. 29) e soprattutto pone l’accento sulla circostanza che il sito “incombe
visivamente su Saepinum” dal quale dista appena 6/7 Km in linea d’aria
sicchè l’installazione delle torri avrebbe il grave effetto di “abbattere e
disgregare i valori specialissimi di questa area archeologica che si basano
sulla naturalità e sulla ruralità del suo contesto territoriale costituito dal
comprensorio interno della Valle del Tammaro (cfr. p. 30).
Sulla scorta di tali considerazioni, come meglio si vedrà del proseguo,
l’Associazione ricorrente ha espresso parere negativo all’intervento ma il
comitato tecnico VIA si è limitato laconicamente a rappresentare di non poterle
accogliere.
Tanto premesso occorre subito dire che né le documentate note del Direttore
Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise né, tanto meno, la
articolata memoria depositata dall’Associazione ricorrente nell’ambito del
procedimento di valutazione di impatto ambientale sono state tenute in alcuna
considerazione dagli organi procedenti, palesandosi così un grave eccesso di
potere sub specie di carenza di istruttoria, di travisamento dei fatti e difetto
di motivazione, tradottosi in una evidente violazione delle regole di
deontologia della discrezionalità che presiedono all’esercizio del potere di
ponderazione comparativa degli interessi pubblici e privati emersi in sede
procedimentale.
Emerge pertanto la fondatezza del primo motivo di gravame con cui l’associazione
ricorrente assume che il commissario ad acta non avrebbe tenuto in alcuna
considerazione le ragioni di netta contrarietà espresse dal Direttore Regionale
omettendo di motivare in ordine alla ragioni che lo avevano indotto a ritenere
di poter superare i rilievi critici opposti con forza dall’autorità preposta
alla tutela dei beni culturali e limitandosi per contro ad una mera burocratica
elencazione delle note relative alla intercorsa corrispondenza (cfr. p. 5 del
provvedimento impugnato).
Né in senso contrario, e con particolare riferimento al vincolo paesaggistico,
può opporsi che in realtà il Servizio Beni ambientali della Regione Molise
avesse espresso parere favorevole con nota prot. n. 03109 del 24 giugno 2005 poi
inoltrata alla Soprintendenza competente e non annullata nei termini di legge.
Nel caso di specie infatti l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d. lgs.
42 del 2004 rilasciata dalla Regione riguarda una parte insignificante e del
tutto marginale dell’intervento: si tratta, come anticipato, della sola
sottostazione di trasformazione e del relativo cavo interrato in media tensione
da localizzarsi in Comune di Vinchiaturo dove esiste un vincolo paesaggistico.
Ne discende che la valutazione positiva espressa dal competente organo regionale
ed il mancato intervento in annullamento della competente Soprintendenza nulla
dicono in relazione all’impatto sul paesaggio della parte più critica
dell’intervento rappresentato dalle torri eoliche.
Sul punto sebbene sia pacifico che l’area prescelta non sia gravata da vincoli
paesaggistici, tale circostanza non preclude di certo all’autorità preposta alla
tutela del paesaggio e dei beni culturali in generale, quanto meno di
intervenire nel procedimento amministrativo in itinere per formulare, ai sensi
degli artt. 9 e 10 della legge 241 del 1990, osservazioni sulla rilevanza
dell’area dal punto di vista paesaggistico e sulle ragioni di possibile
pregiudizio che dall’intervento potrebbero derivare per tale interesse.
Come noto con l’art. 9 della legge 241 del 1990 viene superato il principio di
tipicità delle forme procedimentali ed ad una legittimazione fondata sul rigido
ed astratto criterio delle competenze fissato preventivamente per legge,
subentra una legittimazione sostanziale fondata sul “pregiudizio” che abilità i
vari centri di imputazione della cura degli interventi pubblici ad intervenire
in sede procedimentale per esercitare i diritti partecipativi di cui all’art. 10
in tutti i casi in cui l’iniziativa assunta dall’organo procedente possa in
qualche modo arrecare pregiudizio all’interesse pubblico di cui siano
attributari. Si trattata, come noto, di innovazione che scaturisce dalla così
detta crisi della funzione predittiva della legge la quale non solo non è più in
grado di ordinare gerarchicamente i vari interessi pubblici e privati implicati
nella soluzioni del problema amministrativo ma spesso non è neppure in grado, a
causa della complessità del sistema, di individuare ed ordinare negli schemi
formali dei procedimenti secondo il principio di competenza tutti gli interessi
rilevanti in concreto ai fini della decisione finale o che da una tale decisione
possano in qualche modo subire pregiudizio.
Ne discende che, a prescindere dall’esistenza di una previsione normativa
attributiva di una formale competenza ad esercitare il potere nell’ambito di un
procedimento, in tutti i casi in cui un centro di imputazione di interessi
pubblici assuma che da una iniziativa procedimentale possa derivare un possibile
pregiudizio al valore affidato alle sue cure, ha certamente titolo per
intervenire e per presentare memorie e documenti ex art. 10 legge n. 241 del
1990.
L’organo procedente ha poi l’obbligo di valutare tali osservazioni, ove
pertinenti l’oggetto del procedimento, e di porle a fondamento del discorso
giustificativo ex art. 3 della legge 241 del 1990 “quali risultanze
dell’istruttoria”; è ben vero che la giurisprudenza amministrativa, a differenza
della più autorevole dottrina, non richiede un obbligo di puntuale motivazione
in relazione alle osservazioni presentate dagli interventori ex art. 10 legge
241 del 1990 ed è altrettanto vero che l’obbligo di motivazione è stato inteso
in senso sostanziale e cioè non quale mero corredo formale del provvedimento ma
quale discorso giustificativo riferito alla funzione nel suo complesso e
pertanto desumibile per relationem anche solo dalla disamina della trama
degli atti che nella sequenza procedimentale precedono il momento di adozione
della decisione finale; tuttavia è parimenti irrefutabile che l’obbligo di
motivazione non può ridursi ad un mero simulacro o ad un mero ossequio formale
ad un principio di civiltà giuridica ma, come suole del pari ripetere la
giurisprudenza amministrativa, deve essere quanto meno idoneo a rendere
intelligibile l’iter logico giuridico che ha condotto l’organo procedente alla
selezione di una delle molteplici ipotesi decisionali emerse in sede istruttoria
anche grazie all’apporto dei contributi partecipativi.
Di tutto questo nel provvedimento impugnato non v’è traccia.
L’interesse paesaggistico resta conchiuso nel vuoto richiamo burocratico delle
note direttoriali che compare nel preambolo del provvedimento impugnato, senza
poter dispiegare la forza giuridica che gli deriva dalla dignità e rilevanza
propria dei valori costituzionali cui pur appartiene in posizione eminente.
Ne discende che nel caso di specie non solo è mancata la ponderazione
comparativa tra gli interessi pubblici primari antagonisti (paesaggio, ambiente,
energia, salute, libertà di intrapresa economica), come fondatamente dedotto con
il quinto motivo di censura, ma prim’ancora non si è neppure potuto
compiutamente dispiegare il processo di concretizzazione dell’interesse pubblico
astratto (quello cioè disegnato nella fattispecie normativa che ne predica la
tutela) nell’interesse pubblico concreto che, in forza dell’attività istruttoria
e grazie all’evidenza dei fatti storici introdotti nel procedimento, consente di
attribuire all’interesse pubblico normativamente predeterminato la sua giusta
misura di valore (secondo le mutevoli specificità fattuali del caso concreto) da
porre successivamente in comparazione con gli ulteriori interessi pubblici
introdotti in sede procedimentale, anch’ essi previamente indagati in ordine
alla rispettiva misura di valore alla luce dei fatti storici che li sostanziano.
Anziché invocare astratte formule, generali principi di diritto, come pure
precedenti della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa (cfr. p. 7, 8,
9 10), il commissario ad acta avrebbe pertanto dovuto evidenziare le
sovrabbondanti risultanze istruttorie e cioè i fatti storici idonei a rivelare
in concreto la presenza e lo spessore della valenza culturale dell’area che è
confinante con altre porzioni di territorio già vincolate, ed è stata
interessata a sua volta nel tempo da reiterate iniziative da parte degli organi
statali competenti finalizzate alla dichiarazione di notevole interesse
paesaggistico (iniziative di volta in volta vanificate o da annullamenti
giurisdizionali per motivi formali oppure dalla grave condotta ostruzionistica
posta in essere dalla Regione Molise).
In particolare i puntuali rilievi formulati dal Direttore Regionale
(analiticamente richiamati in premessa) e le pregresse vicende amministrative
relative ai reiterati tentativi di imposizione del vincolo dallo stesso
richiamate, contenevano documentati e circostanziati riferimenti circa la
rilevanza del sito dal punto di vista storico, archeologico, paesaggistico e
culturale in senso lato sicchè egli, nell’assumere la decisione finale, non
poteva non tenere conto di tali risultanze istruttorie che davano evidenza in
concreto dell’esistenza di una rilevantissima valenza culturale dell’area.
Accertata in concreto la misura di valore dell’interesse paesaggistico egli
avrebbe poi dovuto procedere alla ponderazione comparativa valutando nel caso di
specie quale degli interessi pubblici e privati confliggenti avrebbe dovuto
prevalere, in ciò ispirandosi al principio generale di ragionevolezza e, in ogni
caso, del minimo mezzo, soffermandosi in particolare sulla possibilità di
individuare soluzioni localizzative alternative idonee a salvaguardare l’uno
senza comprimere oltre misura l’altro, come peraltro auspicato e finanche
sollecitato, invano, al più alto livello ministeriale.
La ponderazione comparativa tuttavia è stata solo predicata in astratto ma non
praticata in concreto.
In merito al principio del minimo mezzo non è superfluo evidenziare ancora che
nella valutazione di impatto ambientale al punto relativo “Illustrazioni delle
possibili alternative” il comitato ha annotato che “Non sono descritte né sono
state prese in considerazione soluzioni alternative” perché, si ammette
candidamente nel prosieguo, una diversa localizzazione non interesserebbe agli
enti locali che sostengono l’iniziativa, il che evidenzia un manifesto sviamento
atteso che invece di vagliare le soluzioni idonee a minimizzare l’impatto
ambientale (compreso quello paesaggistico) sono state privilegiate quelle più
rispondenti alle aspettative degli enti locali che sostengono il progetto a
garanzia degli accordi assunti con i promotori dell’intervento.
Tornando alle regole di esercizio del potere discrezionale, è certamente
condivisibile l’affermazione secondo cui la ponderazione comparativa degli
interessi che la p.a. deve operare nel negare o concedere l'autorizzazione in
parola, deve tenere necessariamente conto del carattere pluralistico che la
Costituzione repubblicana ha impresso all'esercizio della funzione
amministrativa, e segnatamente al carattere relativo della tutela paesaggistica
rispetto ad altri valori od interessi pure costituzionalmente tutelati (così TAR
Sicilia-Palermo, II, sentenza 4 maggio 2007, n. 1252).
Tuttavia alla concezione totalizzante dell’interesse paesaggistico, oggetto di
recente e condivisibile revisione critica, non può sostituirsi una nuova
concezione totalizzante dell’interesse ambientale che ne postuli la tutela “ad
ogni costo” anche mediante lo sviluppo di fonti di energia alternativa idonee ad
operare una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ma di grave ed
irreversibile impatto paesaggistico, perché se la riduzione delle emissioni
attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di fonti
energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente,
tra le quali rientrano gli impianti eolici, costituisce un impegno
internazionale assunto dallo Stato italiano e recepito nell'ordinamento statale
dalla l. 1 giugno 2002 n. 120 (concernente "Ratifica ed esecuzione del
Protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997), come non mancata di ricordare un
significativo indirizzo giurisprudenziale, è parimenti vero che anche la
salvaguardia del Paesaggio costituisce oggetto di impegni assunti dall’Italia in
sede internazionale (cfr. Convenzione Europea del Paesaggio promossa dal
Consiglio d’Europa e firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 ratificata con legge 9
gennaio 2006, n. 14) sicchè il conflitto tra tutela paesaggio e tutela
dell’ambiente (e indirettamente della salute) non può essere risolto in forza di
una nuova aprioristica gerarchia che inverte la scala di valori (non
configurabile neppure invocando la rafforzata cogenza degli obblighi assunti in
forza di convenzioni internazionali di cui si giovano come detto sia i valori
paesaggistici che quelli ambientali), ma deve essere necessariamente operato in
concreto, attraverso una ponderazione comparativa di tutti gli interessi
coinvolti, non potendosi configurare alcuna preminenza valoriale né in un senso
(a favore del paesaggio) né nell’altro (a favore dell’ambiente e del diritto
alla salute o del diritto di intrapresa economica).
A tal proposito la Corte Costituzionale con sentenza n. 196 del 2004 ha
affermato che il carattere di “primarietà” riconosciuto all’interesse alla
tutela del paesaggio inteso come "forma del territorio e dell'ambiente" ed
annoverato tra i "valori costituzionali primari" (cfr., tra le molte, le
sentenze n. 151 del 1986, n. 359 e n. 94 del 1985) non ne legittima un primato
assoluto in una ipotetica scala gerarchica dei valori costituzionali, ma origina
la necessità che essi debbano sempre essere presi in considerazione nei concreti
bilanciamenti operati dal legislatore ordinario e dalle pubbliche
amministrazioni; in altri termini, la "primarietà" degli interessi che assurgono
alla qualifica di "valori costituzionali" non può che implicare l'esigenza di
una compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi
decisionali all'interno dei quali si esprime la discrezionalità delle scelte
politiche o amministrative. Si tratta in definitiva di interessi a garanzia
procedimentale rafforzata, come evidenziato in dottrina.
Poiché, per dirla con le parole della Corte Costituzionale, nel caso di specie
non si è avuta una tale compiuta ed esplicita rappresentazione dell’interesse
paesaggistico in sede procedimentale e men che meno si è operata una qualche
effettiva comparazione ponderativa nei termini innanzi precisati, essendosi
invero attribuita valenza aprioristica e totalizzante alla necessità di tutela
della salute e dell’ambiente (e dei connessi obblighi internazionali di tutela
dimenticando quelli parimenti cogenti assunti a tutela del paesaggio), il primo
ed il quinto motivo di ricorso devono in definitiva ritenersi fondati.
Per le stesse ragioni deve ritenersi fondato anche il quarto motivo di censura
con cui l’Associazione ricorrente ha lamentato che gli organi regionali preposti
alla svolgimento della valutazione di impatto ambientale avrebbero omesso di
condurre qualsiasi concreto apprezzamento della compatibilità dell’opera con il
contesto paesaggistico specificamente interessato dalla localizzazione.
In via preliminare dev’essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del
motivo di doglianza sollevata dalla difesa della Essebiesse Power s.r.l. sul
presupposto che avendo la Associazione ricorrente partecipato alla procedura di
valutazione di impatto ambientale sarebbe stata onerata della tempestiva
impugnazione del provvedimento conclusivo del procedimento.
In senso contrario deve invece osservarsi che in forza dell’art. 4 delle
direttive per lo svolgimento del procedimento unico di cui alla delibera di
Giunta 1670 del 13.12.2004, la procedura di valutazione di impatto ambientale
deve ritenersi “integrata nel procedimento unico” ex art. 12 del d. lgs. 387 del
2003, tant’è che il Presidente della Giunta deve designare un componente del
comitato tecnico VIA incaricato di partecipare ai lavori della conferenza di
servizi con funzioni di raccordo tra la conferenza ed il comitato e che “al
termine dei lavori del comitato, ne riporta gli esiti in Conferenza”. E’
evidente pertanto che nella disciplina introdotta dalla Regione Molise il parere
del comitato V.I.A. non si pone come atto conclusivo di un procedimento,
suscettibile di autonoma ed immediata impugnativa ma si inserisce nel distinto
procedimento unico che si sviluppa secondo le forme della conferenza di servizi,
quale atto che concorre alla adozione della determinazione conclusiva della
conferenza stessa. Trattandosi di atto endoprocedimentale nessun onere di
immediata impugnativa poteva configurarsi in capo ai diretti interessati. Né il
fatto che per motivi ignoti non si sia dato impulso alla conferenza di servizi
vale a rendere autonomamente impugnabile la determinazione finale del comitato
VIA atteso che una tale circostanza evidenzia piuttosto un ulteriore profilo di
illegittimità della procedura conclusasi con la nomina del commissario ad
acta.
Può quindi passarsi all’esame del merito della doglianza.
Come già evidenziato, l’Associazione ricorrente, intervenendo nell’ambito del
procedimento di valutazione di impatto ambientale ha espresso parere negativo
all’intervento depositando una corposa memoria che trattava diffusamente della
rilevanza del sito dal punto di vista storico, culturale, archeologico e
paesaggistico; il comitato tecnico VIA tuttavia si è limitato laconicamente a
rappresentare di non poterle accogliere senza spendere una sola parola per
giustificare la inattendibilità di quanto dedotto dall’interventore.
Il Comitato tecnico (cfr. punto 5.9 del rapporto di valutazione) si è limitato a
prendere atto del parere della Soprintendenza per i Beni Archeologici con cui si
rappresentava che l’area non era interessata da presenze archeologiche note,
senza considerare che tale parere era stato successivamente annullato in
autotutela dal Direttore Regionale con nota del 11.8.2005 e senza neppure
curarsi, nella riunione conclusiva del 26 marzo 2006, di verificare quanto
rappresentato dall’Associazione ricorrente circa l’avvio della procedura di
apposizione del vincolo archeologico proprio sul percorso di crinale Strada
Tratturo Antico, da cui si accede alla torri eoliche, poi sfociata nella
adozione del decreto n. 10 del 26.6.2006.
Quanto poi all’interesse paesaggistico, il comitato tecnico V.I.A. da un lato ha
preso atto che l’area destinata alla realizzazione dell’impianto eolico non era
sottoposta a vincolo, dall’altro si è limitato a richiamare le vicende
giurisdizionali che avevano condotto all’annullamento del vincolo imposto con
decreto ministeriale n. 10 marzo 1999 e a menzionare altra vicenda consimile,
concludendo, sulla scorta di tali pronunce della magistratura amministrativa,
nel senso di “non poter assumere il ruolo di magistratura di seconda istanza
intervenendo nel merito”.
Ora, premesso che il procedimento relativo all’imposizione del vincolo
paesaggistico attiene a vicenda amministrativa del tutto estranea e distinta
rispetto al procedimento di valutazione di impatto ambientale che, come noto,
mira a verificare autonomamente l’incidenza dell’opera anche sui valori
paesaggistici, è evidente che anche in questo caso l’organo procedente anziché
procedere ad un accertamento in concreto dell’esistenza di fatti significativi
idonei a rivelare la presenza di valori culturali, identitari od estetici frutto
delle interrelazioni tra fattori naturali ed azione dell’uomo nel sito
interessato dalla localizzazione dell’opera, vieppiù alla luce delle puntuali e
documentate deduzioni introdotte nel procedimento dall’Associazione Italia
Nostra, ha invece liquidato la questione richiamando l’esistenza di sentenze di
annullamento di un precedente vincolo che tuttavia anche alla luce dei caratteri
della giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo ben poco possono
comprovare circa l’esistenza o meno nel territorio di quelle caratteristiche
espressive di identità che sostanziano l’interesse paesaggistico.
Deve pertanto concludersi nel senso della fondatezza del dedotto vizio di
eccesso di potere per insufficiente istruttoria e difetto di motivazione in
parte qua anche con riferimento alle risultanze della valutazione di impatto
ambientale poi richiamate nel provvedimento finale.
Per quanto concerne poi l’interesse archeologico, alla grave carenza istruttoria
e motivazionale rilevata si aggiunge un palese travisamento dei presupposti di
fatto su cui si fonda la decisione finale che conduce all’accoglimento anche del
secondo motivo di censura.
Il commissario ad acta infatti ha al contempo richiamato da un lato i
pareri favorevoli resi dal Soprintendente per i Beni Archeologici del Molise
(nota prot. 3789 del 18 maggio 2005 e prot. n. 9537 del 11 dicembre 2006) e
dall’altro le note della Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici del Molise (prot. n. 3233/01.01.07 del 11.8.2005 e prot. 5108
34.19.04/6) con cui i predetti pareri favorevoli sono stati annullati in
autotutela.
La decisione finale, come già rilevato in sede di esame della domanda cautelare,
confermata sul punto in appello, si fonda pertanto su di un presupposto - la
compatibilità dell’intervento con la salvaguardia del vincolo archeologico posto
sulla zona con decreto n. 10 del 26.6.2006 - in realtà insussistente ed ha
quindi autorizzato la realizzazione di un’opera su di un sito gravato da vincolo
archeologico in assenza della autorizzazione prescritta dall’art. 21 del d. lgs.
42 del 2004.
Né in senso contrario può opporsi che il parco eolico insisterebbe in realtà al
di fuori della Strada comunale Tratturo - antico tracciato viario interessata
dal vincolo archeologico, come peraltro attestato dal Soprintendente per i Beni
Archeologici del Molise con nota prot. 1577 del 3.3.2008 su richiesta della
Essebiesse Power s.r.l., atteso che una tale verifica dev’essere condotta ex
ante e non successivamente alla realizzazione dell’intervento.
Alla data in cui la società controinteressata ha interpellato la locale
Soprintendenza Archeologica, il sito ricadeva, almeno in parte, in area
vincolata sicchè ai fini del rilascio della autorizzazione unica era necessario
munirsi di regolare autorizzazione ai sensi dell’art. 21 del d. lgs. 42/2004.
Lo stesso Soprintendente, sebbene incompetente, come meglio di dirà, venuto a
conoscenza della esistenza del vincolo imposto con decreto 10 del 2006, nel
rilasciare nuovamente la autorizzazione in data 11.12.2006 ex art. 21 d. lgs. 42
del 2004, anch’essa parimenti annullata dopo pochi giorni, ha imposto la
presenza di personale della Soprintendenza per ogni lavoro di scavo; ha imposto
il ripristino del tratturo in battuto al termine dei lavori ed ha disposto lo
spostamento dell’aerogeneratore n. 2 al di fuori della fascia di rispetto di 20
metri.
Il medesimo Soprintendente con nota prot. 9501 (senza data), in risposta ad una
nota della società Essebiesse Power s.r.l., ha autorizzato la sistemazione del
tratturo con misto di cava al fine di garantire la sicurezza del passaggio degli
automezzi necessari, ha cioè autorizzato lavori su di un’area sottoposta a
vincolo archeologico.
Del resto lo stesso Direttore regionale con la nota del 6.12.2006 dopo aver dato
notizia dell’imposizione del vincolo archeologico con decreto n. 10 del
26.6.2006 diffidava la società Essebiesse Power s.r.l. dall’esecuzione del
progetto medesimo “che a quanto risulta in atti, utilizzerebbe il percorso di
interesse storico come tracciato di servizio dei nuovi impianti” ma anche per la
collocazione del cavidotto da 20KV, ivi previsto originariamente, e
successivamente spostato dal tratturo, su disposizione del commissario ad
acta (che però non ha competenze in materia di vincolo archeologico - cfr.
p. 6 provvedimento impugnato) a distanze che vanno da 3,00 m a 10,00 m dal
ciglio dello stesso ma sempre all’interno della fascia di rispetto di 20 metri
dal ciglio del tratturo medesimo.
Ne discende che se anche allo stato gli aerogeneratori si trovano localizzati al
di fuori della fascia sottoposta a vincolo, la zona vincolata è stata
pacificamente interessata da lavori di scavo e di transito di mezzi pesanti e di
risistemazione del manto per i quali occorreva il rilascio di regolare
autorizzazione ex art. 21 del d lgs. 42 del 2004 che sia il Soprintendente che
il commissario ad acta che la Essebiesse Power s.r.l. hanno considerato
esistente, valida ed efficace ma che, in realtà, come a loro ben noto, era stata
annullata dal Direttore regionale che sollecitava un esame unitario, riservato
alla sua competenza, dei vari interessi implicati dalla realizzazione
dell’intervento.
Non può pertanto condividersi l’osservazione del Consiglio di Stato secondo cui
“quanto autorizzato non appare…in contrasto con le prescrizioni imposto dal
citato decreto n. 10/2006” atteso che l’impianto non ricadrebbe nell’area
sottoposta a vincolo e quindi esulerebbe dalle zone nelle quali v’è competenza
della Soprintendenza perché, come sopra osservato e come ammesso dalla stessa
società controinteressta a p. 5 della memoria del 6.6.2008, “Il cuore
dell’impianto, costituito dal gruppo degli aerogeneratori, deve essere
installato su un altipiano al centro del quale corre una stradina bianca la
quale…nel corso del procedimento di autorizzazione dell’impianto, è stata
sottoposta a vincolo archeologico con il decreto 26 giugno 2006, n. 10; pertanto
per transitare, per eseguire i lavori di scavo e quant’altro (come poi
effettivamente richiesto al Soprintendente) occorreva l’intervento dell’organo
preposto alla tutela del vincolo.
In conclusione l’esecuzione dei lavori in questione necessitava della
autorizzazione ex art. 21 del d. lgs. 42 del 2004 trattandosi di intervento che
con modalità diverse (transito, scavi, risistemazione del tratturo) ha
interessato l’area sottoposta a vincolo archeologico. Poiché al momento in cui
l’autorizzazione unica è stata rilasciata dal commissario ad acta non
poteva ritenersi esistente alcuna valida ed efficace autorizzazione rilasciata
dall’organo competente a vigilare sul rispetto del vincolo archeologico,
l’autorizzazione unica deve ritenersi illegittimamente assentita.
Né il vizio può ritenersi superato dalle prescrizioni imposte dal commissario ad
acta (comunque contrastanti con la fascia di rispetto di 20 metri dal ciglio del
tratturo) che evidentemente non ha competenze in materia di vincolo archeologico
sicchè anche lo spostamento del cavidotto doveva essere deciso, disposto e
soprattutto controllato dalla autorità preposta alla tutela del vincolo
archeologico, all’esito di valutazioni non surrogabili da parte di chicchessia
soprattutto nella prospettiva della imposizione dei vincoli indiretti già
preannunciata dal Direttore Regionale.
A ciò si assomma un ulteriore profilo di illegittimità concernente la indebita
estromissione del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dal
procedimento di rilascio della autorizzazione unica.
L’art. 5, comma 3 delle direttive impartite dalla Regione Molise in allegato
alla delibera di Giunta n. 1670 del 13.12.2004, disciplinanti le modalità per lo
svolgimento del procedimento di autorizzazione unica, fa obbligo al soggetto
proponente di presentare ad ognuna delle Autorità coinvolte, previo accordo con
le stesse Autorità, idonea documentazione atta ad evidenziare l’interesse
pubblico che interferisce con le opere da realizzare nonché le modalità per
ridurre al minimo gli effetti; si tratta di adempimento prodromico alla
partecipazione alla conferenza di servizi finalizzata a concentrare il rilascio
di tutte le autorizzazioni, permessi, nulla osta, pareri o altri atti di assenso
comunque denominati, necessari per la costruzione e l’esercizio dell’impianto e,
che nel caso di specie, per ragioni ignote non è mai stata convocata.
Nel caso di specie è stata però coinvolta la Soprintendenza per i Beni
Archeologici mentre doveva essere notiziato il Direttore Regionale.
Ed infatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2004,
n. 173, che all’epoca disciplinava l’organizzazione del Ministero peri beni e le
attività culturali, le competenze del Direttore regionale sono disciplinate
all’art. 20 che, al comma 4, lett. b) prevede espressamente che è il Direttore
regionale ad esprimere il parere di competenza del Ministero in sede di
conferenza di servizi per gli interventi, in ambito regionale, che riguardano la
competenza di più soprintendenze di settore. Ne discende che anche ai fini della
partecipazione alla conferenza di servizi di cui all’art. 5, comma 2 delle
direttive regionali citate (o comunque a fini del rilascio di qualsiasi atto di
assenso in materia) era il Direttore Regionale che doveva essere interessato
venendo in rilievo sia le competenza della Soprintendenza per i Beni
archeologici sia quella per i Beni paesistici e quindi evidenti esigenze di
coordinamento.
In ogni caso giammai la autorizzazione ad eseguire gli interventi ex art. 21 del
d. lgs. 42 del 2004 avrebbe potuto essere rilasciata dal Soprintendente ai Beni
Archeologici poiché è lo stesso art. 20, comma 4 lett. c) del citato DPR
173/2004 che riserva in capo al Direttore regionale il potere di autorizzare
l’esecuzione di lavori di qualunque genere su beni culturali, ferma naturalmente
la potestà di delega in favore dei Soprintendenti nel caso di specie ma
esercitata.
La totale estromissione del Direttore generale anche dall’ordine delle
competenze formali e cioè dal novero degli organi aventi per legge titolo ad
intervenire nel procedimento di autorizzazione unica, non può che determinare un
ulteriore profilo di illegittimità della decisione finale.
Con il quarto motivo di doglianza l’Associazione ricorrente ha anche dedotto la
violazione e la falsa applicazione della delibera di Giunta regionale n. 908 del
26 giugno 2006. Si tratta dei criteri alla stregua dei quali dovevano essere
eseguite le verifiche di coerenza delle richieste relative alla realizzazione
dei campi eolici; tali criteri sono stati adottati ai sensi dell’art. 13 della
legge Regionale del 12 aprile 2006, n. 3 nel quale si prevede che “la Giunta
Regionale, nelle more dell’approvazione definitiva del Piano
Energetico-Ambientale provveda alla verifica di coerenza delle richieste di
realizzazione e gestione di campi eolici, nonché delle autorizzazioni già
rilasciate alle quali non ha fatto seguito l’inizio dei lavori”.
La Federazione Regionale Coltivatori diretti nel sul atto di intervento
volontario ad adiuvandum ha ampiamente argomentato la fondatezza di tale
censura evidenziando tuttavia che i parametri da assumere a riferimento per la
verifica circa il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio non
sarebbero quelli di cui alla citata delibera di Giunta n. 908/2006 bensì quelli
contenuti nelle linee guida approvate con successiva delibera di Giunta 7 maggio
2007, n. 452, in applicazione della delibera del Consiglio Regionale n. 117 del
10 luglio 2006 (recante il Piano Energetico Ambientale Regionale -PEAR), e
pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise del 1.6.2007 prima
della adozione della delibera del Commissario ad acta (28 giugno 2007
successivamente pubblicata sul BUR Molise il 16.7.2007) e come tali applicabili
al procedimento de quo in forza del principio tempus regit actum.
In tale documento, a p. 17, nella individuazione dei siti non idonei alla
installazione di impianti eolici viene menzionata alla lettera e) “la fascia di
rispetto di dieci volte l’altezza complessiva dell’aerogeneratore (altezza del
palo più il raggio del rotore) misurata dal perimetro di parchi archeologici,
aree archeologiche e da complessi monumentali, come definiti al comma 2
dell’art. 101 del d.lgs. 42/04”. Si specifica in tal modo quanto in realtà già
previsto all’art. 4, comma 2, lett. e) dell’allegato alla delibera di Giunta
908/2006 dove però si prescriveva il rispetto di una “distanza minima” poi
specificata con le linee guida nei termini che precedono.
E’ evidente che nel caso di specie non sono rispettate le predette distanze di
salvaguardia atteso anche ad ipotizzare una altezza media di 80 metri, la
distanza dal ciglio del tratturo dovrebbe essere di almeno 800 metri mentre
nessuno degli aerogeneratori installati si trova ad una tale distanza come
emerge dalle misurazioni riportate a p. 7 del provvedimento impugnato.
Quanto ai restanti profili relativi alle pretese violazioni dei parametri
imposti dapprima per la verifica di incidenza e successivamente con le linee
guida richiamate, può farsi luogo all’assorbimento.
Infondati sono invece il terzo ed il sesto motivo di censura.
Con il primo la Associazione ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato
non sarebbe stato sottoposto alla Giunta per la verifica di coerenza; in senso
contrario deve tuttavia osservarsi che il commissario ad acta si è
pronunciato nell’ambito di un giudizio ex art. 21 bis legge 1034 del 1971
caratterizzato dal fatto che con la nomina dell’organo straordinario si
determina il venir meno del potere decisorio in capo all’organo rimasto inerte:
la decisione deve pertanto essere assunta con pienezza di poteri da parte del
commissario, non residuando alcuna potestà decisionale in capo ad alcun organo
regionale e tanto meno in capo alla Giunta.
Con il secondo lamenta la violazione delle norme di funzionamento del comitato
tecnico V.I.A..
Dalle repliche articolate sul punto dalla difesa regionale risultano tuttavia
rispettate le regole previste dal regolamento interno contenute nell’allegato
alla delibera di Giunta Regionale n. 1241 del 12.10.2003 sia con riferimento al
quorum strutturale che a quello deliberativo: in particolare, come
previsto dal punto 4.3. del citato regolamento, per la deliberazione conclusiva
adottata in data 23.3.2006 risultavano presenti la maggioranza dei componenti
effettivi nominati dalla Giunta ivi compresi i rappresentanti degli Enti locali
(10 su 17).
Quanto infine alla ritualità degli atti di intervento occorre esaminare
l’eccezione di inammissibilità dell’intervento della Provincia di Campobasso e
della Federazione Regionale Coltivatori diretti articolata dalla società
controinteressata.
Essa è fondata limitatamente alla posizione dell’amministrazione Provinciale:
ciò in quanto, come noto, secondo il costante orientamento giurisprudenziale
l'intervento "ad adiuvandum" può essere proposto nel processo
amministrativo solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata
o dipendente da quella del ricorrente in via principale e non anche da soggetto
che sia portatore di un interesse che lo abilita a proporre ricorso in via
principale (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 04 settembre 2008 , n. 10036;
Consiglio Stato , sez. IV, 06 giugno 2008 , n. 2677; T.A.R. Lazio Roma, sez. II,
20 febbraio 2008 , n. 1550); poiché nel caso di specie la Provincia di
Campobasso deve ritenersi portatrice di un interesse che la abilitava a proporre
ricorso in via principale avendo partecipato ai lavori del comitato V.I.A.,
l’atto di intervento va dichiarato inammissibile.
Infondata è invece l’eccezione di inammissibilità dell’intervento della
Federazione regionale Coltivatori diretti intanto perché l’atto è stato
ritualmente notificato alla parti in causa in data 20.11.2007 e poi perché
l’interesse paesaggistico è strettamente collegato al mondo delle attività
rurali da reciproche interrelazioni che operano sul piano economico ma anche
culturale: è evidente infatti che le attività di coltivazione e di sfruttamento
della terra in generale (basti pensare al fenomeno dell’agriturismo) si giovano
grandemente della dimensione estetica del paesaggio e, viceversa, la rilevanza
paesaggistica di una zona si fonda anche sulle caratteristiche della attività
rurali che ivi si svolgono.
E’ evidente pertanto che l’associazione di categoria dei coltivatori diretti ha
quanto meno un interesse collegato a quello fatto valere dall’ Associazione
ambientalista ricorrente principale sicchè legittimamente è intervenuta per
sostenere le ragioni giuridiche reputate ostative al rilascio della
autorizzazione gravata.
In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve pertanto essere accolto
con la precisazione che per evidenti ragioni di carattere temporale la legge
della Regione Molise 21 maggio 2008, n. 18 avente ad oggetto la “Disciplina
degli insediamenti degli impianti eolici e fotovoltaici sul territorio della
Regione” sopra richiamata, non può ritenersi produttiva di effetti sulle
autorizzazioni già rilasciate, come confermato dal disposto dell’art. 5, ma
dovrà necessariamente essere applicata in sede di rinnovo dell’attività
amministrativa conseguente alla presente sentenza di annullamento.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra la Associazione
ricorrente, la Regione Molise e la società controinteressata mentre possono
essere compensate tra le restanti parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo
regionale del Molise, definitivamente pronunciando così provvede:
-accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato e, in
parte qua, la procedura di valutazione di impatto ambientale espressa dal
Comitato Tecnico VIA della regione Molise in data 23.3.2006, salvi gli ulteriori
provvedimenti dell’amministrazione;
-dichiara inammissibile l’intervento in giudizio della Provincia di Campobasso;
-condanna la Regione Molise e la società Essebiesse Power s.r.l., in solido tra
loro, alla rifusione in favore della Associazione Italia Nostra delle spese di
giudizio che si liquidano complessivamente in euro 4.000,00 di cui euro 2000,00
per onorari, euro 1500,00 per diritti ed euro 500,00 per spese, oltre IVA, CAP e
spese generali come per legge;
-compensa le spese di giudizio nei rapporti tra le restanti parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 18/06/2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Luca Monteferrante, Primo Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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