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Segnalata dall'avv. Nicola Giudice

 

 

T.A.R. MOLISE, Sez. I - 8 aprile 2009, n. 115



ENERGIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Interesse paesaggistico e interesse ambientale - Comparazione - Fonti di energia alternativa (energia eolica) - Grave e irreversibile impatto paesaggistico - Protocollo di Kyoto - Convenzioni internazionali volte alla salvaguardia del paesaggio - Conflitto tra tutela paesaggio e tutela dell’ambiente - Ponderazione comparativa, in concreto, di tutti gli interessi coinvolti. Alla concezione totalizzante dell’interesse paesaggistico, oggetto di recente e condivisibile revisione critica, non può sostituirsi una nuova concezione totalizzante dell’interesse ambientale che ne postuli la tutela “ad ogni costo” anche mediante lo sviluppo di fonti di energia alternativa idonee ad operare una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ma di grave ed irreversibile impatto paesaggistico, perché se la riduzione delle emissioni attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente, tra le quali rientrano gli impianti eolici, costituisce un impegno internazionale assunto dallo Stato italiano e recepito nell'ordinamento statale dalla l. 1 giugno 2002 n. 120 (concernente "Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997), come non mancata di ricordare un significativo indirizzo giurisprudenziale, è parimenti vero che anche la salvaguardia del Paesaggio costituisce oggetto di impegni assunti dall’Italia in sede internazionale (cfr. Convenzione Europea del Paesaggio promossa dal Consiglio d’Europa e firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14) sicchè il conflitto tra tutela paesaggio e tutela dell’ambiente (e indirettamente della salute) non può essere risolto in forza di una nuova aprioristica gerarchia che inverte la scala di valori (non configurabile neppure invocando la rafforzata cogenza degli obblighi assunti in forza di convenzioni internazionali di cui si giovano come detto sia i valori paesaggistici che quelli ambientali), ma deve essere necessariamente operato in concreto, attraverso una ponderazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, non potendosi configurare alcuna preminenza valoriale né in un senso (a favore del paesaggio) né nell’altro (a favore dell’ambiente e del diritto alla salute o del diritto di intrapresa economica). Pres. Giaccardi, Est. Monteferrante - Associazione Italia Nostra (avv.ti Medugno e De Rosa) c. Regione Molise (avv. Colalillo) e Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato)
. T.A.R. MOLISE, Sez. I - 08/04/2009, n. 115

 

V.I.A. - ENERGIA - Regione Molise - Delibera di Giunta n. 1670/2004 - Integrazione della procedura di VIA nel procedimento unico ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Parere del comitato V.I.A. - Atto endoprocedimentale. In forza dell’art. 4 delle direttive per lo svolgimento del procedimento unico di cui alla delibera di Giunta della Regione Molise n.1670 del 13.12.2004, la procedura di valutazione di impatto ambientale deve ritenersi “integrata nel procedimento unico” ex art. 12 del d. lgs. 387 del 2003, tant’è che il Presidente della Giunta deve designare un componente del comitato tecnico VIA incaricato di partecipare ai lavori della conferenza di servizi con funzioni di raccordo tra la conferenza ed il comitato e che “al termine dei lavori del comitato, ne riporta gli esiti in Conferenza”. E’ evidente pertanto che nella disciplina introdotta dalla Regione Molise il parere del comitato V.I.A. non si pone come atto conclusivo di un procedimento, suscettibile di autonoma ed immediata impugnativa ma si inserisce nel distinto procedimento unico che si sviluppa secondo le forme della conferenza di servizi, quale atto che concorre alla adozione della determinazione conclusiva della conferenza stessa. Pres. Giaccardi, Est. Monteferrante - Associazione Italia Nostra (avv.ti Medugno e De Rosa) c. Regione Molise (avv. Colalillo) e Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato). T.A.R. MOLISE, Sez. I - 08/04/2009, n. 115

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00115/2009 REG.SEN.
N. 00448/2007 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 448 del 2007, proposto dalla Associazione Italia Nostra, in persona del Presidente e Legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Medugno e Luigi De Rosa, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Campobasso, via Roma, 64;
 

contro
 

Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Vincenzo Colalillo presso il cui studio in Campobasso, via Umberto I, N. 43 elegge domicilio;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato presso i cui uffici in Campobasso, via Garibaldi, 124 domicilia ex lege;
 

nei confronti di
 

Essebiesse Power S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Battista Conte e Massimo Di Nezza, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Campobasso, corso Umberto I, 43;
 

e con l'intervento di
 

Provincia di Campobasso, interveniente ad adiuvandum, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Matteo Iacovelli, presso il cui studio in Campobasso, via Roma, 47 elegge domicilio;
Federazione Regionale Coldiretti del Molise, interveniente ad adiuvandum, rappresentata e difesa dagli avv.ti Rita Matticoli e Giuseppina Negro, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Margherita Zezza in Campobasso, C.so Vittorio Emanuele II, 23;
Michele Zurlo, Maria Gaetana D'Aversa, Gennaro Zappone, Maria Libera D'Amico, Michele Paolo Pietrarola, Giovannina Simiele, Biagio Zappone, Pasquale Varriano, Rita Rubertino, Vincenzo Testa, tutti intervenienti ad opponendum, rappresentati e difesi dall'avv. Giacomo Papa, con domicilio eletto presso Giacomo Papa Avv. in Campobasso, corso Umberto I, 43 (Studio Avv. Colalillo);
 

per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
 

- della determinazione del Commissario ad Acta (nominato con sentenza del TAR Molise n. 202/07, nella persona del Provveditore Interregionale per le opere pubbliche per la Campania e Molise, che a sua volta, con nota n. 1470 del 2 maggio 2007, ha delegato, per l'adozione del provvedimento di autorizzazione unica, il dott. Vincenzo Caprioli, Consigliere tecnico del Consiglio Superiore dei LL.PP.) prot. n. 1000/CAA del 28.6.07 (pubblicata sul B.U.R. il successivo 16.7.07), con la quale è stata autorizzata "ai sensi e per gli effetti del D. L.gs n. 387/2003, la società a r. l. ESSEBIESSE POWER, con sede legale in 00141 Roma, Via Nomentana 352, alla realizzazione e gestione dell'impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica da 32 MW da realizzarsi nei Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo, secondo le modalità contenute nella documentazione allegata alla domanda presentata dalla stessa società ";

- della valutazione di impatto ambientale espressa dal Comitato Tecnico V.I.A. della Regione Molise.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Molise;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Essebiesse Power S.r.l.;

Visto l’intervento ad adiuvandum della Provincia di Campobasso;

Visto l’intervento ad adiuvandum della Federazione Regionale Coltivatori diretti;

Visto l’intervento ad opponendum dei signori Michele Zurlo, Maria Gaetana D'Aversa, Gennaro Zappone, Maria Libera D'Amico, Michele Paolo Pietrarola, Giovannina Simiele, Biagio Zappone, Pasquale Varriano, Rita Rubertino, Vincenzo Testa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/06/2008 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO
 

Con ricorso ritualmente notificato in data 30.10.2007 e depositato in data 7.11.2007, l’Associazione Italia Nostra ha chiesto l’annullamento della determina adottata, in sostituzione della Regione Molise, dal Commissario ad acta designato ai fini della attuazione della sentenza n. 202/2007 con cui il TAR del Molise ha statuito in ordine alla esecuzione della sentenza n. 749/2006 dichiarativa dell’obbligo di provvedere in ordine alla istanza presentata dalla società Essebiesse Power s.r.l. avente per oggetto la realizzazione di un impianto eolico nell’agro dei Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo, ai sensi dell’art. 12 della legge 29 dicembre 2003, n. 387.

L’Associazione esponente insorge, in particolare, avverso l’autorizzazione alla realizzazione dell’opera rilasciata dal commissario ad acta, in sostituzione della Regione Molise rimasta inerte, articolando i seguenti motivi di doglianza:

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. della legge 241 del 1990. Eccesso di potere per perplessità dei presupposti, travisamento delle risultanze istruttorie, difetto di motivazione e di istruttoria, incongruenza tra presupposti e conclusioni. Sviamento di potere.

Nonostante il Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise avesse reiteratamente manifestato all’Assessorato regionale competente la propria motivata contrarietà all’intervento, nel preambolo del provvedimento impugnato l’intercorsa fitta corrispondenza viene richiamata in modo da ingenerare il falso convincimento che tali note contengano in realtà prese di posizioni favorevoli.

Inoltre il commissario ad acta non avrebbe tenuto in alcuna considerazione le ragioni di netta contrarietà espresse dal Direttore Regionale, autorizzando la realizzazione dell’impianto in assenza del nulla osta dell’Amministrazione statale preposta alla salvaguardia dei valori paesaggistici e dei beni storico-artistici e comunque omettendo di motivare in ordine alla ragioni che lo avevano indotto a ritenere di poter superare i rilievi critici opposti con forza dall’autorità preposta alla tutela dei beni culturali.

2. Violazione e falsa applicazione del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387. Eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento delle risultanze documentali, difetto di istruttoria, contraddittorietà. Violazione del divieto di disapplicazione degli atti amministrativi in costanza della loro validità ed efficacia.

La decisione assunta dal commissario ad acta si fonderebbe sull’erroneo presupposto del rilascio dell’autorizzazione da parte del Soprintendente Archeologico, provvedimento in realtà annullato in autotutela dal Direttore Regionale con decisione che tuttavia il commissario avrebbe di fatto disapplicato. Il Direttore Regionale avrebbe altresì rappresentato che la decisione del Soprintendente giammai avrebbe potuto assumere rilevanza esterna atteso che compete esclusivamente al Direttore Regionale del Ministero il rilascio del parere unico implicante l’apprezzamento sia dell’interesse paesaggistico che di quello archeologico: quanto rappresentato dal Direttore Regionale in merito all’ordine delle competenze in materia sarebbe stato tuttavia ignorato.

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della legge finanziaria regionale 12 aprile 2006, n. 3. Eccesso di potere per mancato rispetto della corretta sequenza procedimentale.

La Giunta regionale non avrebbe sottoposto a verifica di coerenza l’autorizzazione rilasciata dal commissario che, a sua volta, avrebbe dovuto sollecitare il perfezionamento di un formale deliberato sul punto.

4. Violazione e falsa applicazione della deliberazione della Giunta regionale n. 908 del 26 giugno 2006. Eccesso di potere per omessa od insufficiente istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà.

Gli organi regionali preposti allo svolgimento della valutazione di impatto ambientale avrebbero operato in contrasto con i criteri posti dalla Giunta regionale per le verifiche di coerenza delle autorizzazioni relative ai campi eolici: nella specie sarebbe mancato qualsiasi concreto ed effettivo apprezzamento della compatibilità dell’impianto con il contesto paesaggistico specificamente coinvolto dall’iniziativa; ciò peraltro sull’erroneo presupposto che un tale giudizio sarebbe precluso dall’intervenuto annullamento giurisdizionale di un precedente vincolo mentre l’inesistenza del vincolo non solleverebbe la Regione dall’obbligo di compiere una autonoma verifica. Incongrua ed elusiva sarebbe inoltre la motivazione addotta per superare le osservazioni presentate dalle Associazioni ambientalistiche intervenute ad opponendum in sede procedimentale, carente la valutazione dedicata all’incidenza dell’intervento sull’avifauna e sulla flora.

5. Eccesso di potere, sotto distinto profilo, per illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Nell’assumere la determinazione conclusiva il commissario ad acta avrebbe omesso di operare una ponderazione comparativa tra tutti gli interessi pubblici in campo, predicando la assoluta aprioristica prevalenza del diritto alla salute o alla vita (indirettamente tutelati dallo sviluppo di fonti di energia alternative) sulla tutela del paesaggio e dei beni archeologici, senza neppure prendere in considerazione ipotesi localizzative alternative pur prospettate dal competente Ministero.

6. Violazione e falsa applicazione dei principi generali vigenti in materia di funzionamento degli organi collegiali amministrativi.

Il rapporto VIA sarebbe stato approvato all’esito della riunione del 22 marzo 2006 in violazione del quorum strutturale, trattandosi di collegio perfetto, come pure di quello deliberativo non avendo partecipato al voto la metà più uno degli aventi diritto.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Molise ed il Ministero dei Beni e della Attività Culturali, mediante il comune patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, per contestare la fondatezza delle censure ex adverso prospettate, concludendo per la reiezione del ricorso.

Rilevate possibili ragioni di incompatibilità, la difesa della Regione è stata affidata, in corso di causa, ad un Avvocato del libero foro mentre il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha successivamente assunto una posizione processuale di sostegno alle ragioni fatte valere della Associazione ricorrente, concludendo, con la memoria del 6.6.2008, per l’accoglimento del ricorso.

Si è costituita in giudizio la società Essebiesse Power s.r.l. la quale ha diffusamente argomentato in merito alla regolarità del procedimento amministrativo ed alla legittimità della determina commissariale impugnata, concludendo per la reiezione del ricorso.

Sono intervenuti in giudizio la Provincia di Campobasso come pure la Federazione regionale dei Coltivatori diretti per sostenere le ragioni fatte valere dalla Associazione ricorrente.

Sono altresì intervenuti ad opponendum alcuni cittadini privati per sostenere le difese articolate dalla parte resistente e dalla controinteressata a sostegno della legittimità del provvedimento impugnato in quanto interessati alla positiva realizzazione dell’impianto.

Con memoria del 29.11.2007 depositata in data 4.12.2007 la società controinteressata ha eccepito la inammissibilità dell’intervento in giudizio della Provincia di Campobasso e della Federazione regionale dei Coltivatori diretti.

Alla camera di Consiglio del 5.12.2007 è stata accolta la domanda incidentale di sospensiva sul presupposto che l’autorizzazione censurata sarebbe stata rilasciata prescindendo dai provvedimenti preclusivi medio tempore adottati dal Direttore Regionale a tutela dei valori archeologici e paesaggistici.

Con ordinanza 5 febbraio 2008, n. 661 la VI Sezione del Consiglio di Stato il Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dalla società Essebiesse Power s.r.l. rappresentando peraltro la necessità di approfondimenti della materia del contendere da rimettere alla fase di merito.

Fissata la pubblica udienza per la data del 19.11.2008, il Presidente, su istanza di parte, ne ha disposto la anticipazione alla pubblica udienza del 18.6.2008 all’esito della quale, previa discussione e deposito di memorie conclusionali da parte delle parti in giudizio, la causa è stata trattenuta in decisione.
 

DIRITTO
 

Viene in decisione il ricorso avverso la determina con cui il commissario ad acta, nominato per porre rimedio all’inerzia della Regione Molise, ha assentito una autorizzazione ex art. 12 del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 in favore della società Essebiesse Power s.r.l. per la realizzazione e gestione di un impianto eolico di potenza 32MW nei Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo e del relativo cavidotto da 20.000 volt per il vettoriamento dell’energia elettrica.

L’Associazione Italia Nostra ne assume la illegittimità sotto diversi profili, incentrati prevalentemente sull’asserita pretermissione nello svolgimento dell’iter procedimentale degli interessi paesaggistici, archeologici e storico-culturali intercettati dalla proposta localizzativa e sul preteso non corretto esercizio del potere di ponderazione comparativa in cui si condensa la potestà discrezionale dell’amministrazione procedente, esercitata in via sostitutiva dal commissario ad acta.

Ai fini di una migliore comprensione della vicenda oggetto della presente controversia è utile richiamare alcuni dei principali passaggi del complesso iter procedimentale in cui si snoda la vicenda, rilevanti ai fini di causa.

In data 12 novembre 2004 la società Essebiesse Power s.r.l. inoltrava istanza il rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. 387 del 2003 per la realizzazione di un parco eolico; acquisito il parere preventivo del comitato tecnico VIA (espresso con determina dirigenziale del 16.2.2005) chiedeva la sottoposizione del progetto a valutazione di impatto ambientale; provvedeva infine ad inviare a tutte le autorità statali, regionali e comunali richiesta di rilascio dei pareri di rispettiva competenza (cfr. doc. sub n. 2 in fascicolo Essebiesse Power s.r.l.).

Numerose autorità amministrative, statali, regionali e locali, rilasciavano parere favorevole e, tra queste, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise (nota prot. n. 3789 del 18 maggio 2005 e successiva nota prot. n. 9537 del 11 dicembre 2006) nonchè la Regione Molise - Direzione IV delle Politiche del Territorio, dei Trasporti, della Casa, Valorizzazione del Territorio, Risorse Naturali e Tutela Ambientale, Servizio Beni Ambientali per quanto concerne l’autorizzazione paesaggistica (cfr. nota prot. n. 03109 del 24 giugno 2005) necessaria per la realizzazione della sola sottostazione di trasformazione e del relativo cavo interrato di media tensione, in quanto insistenti nell’agro del Comune di Vinchiaturo dove è presente un vincolo paesaggistico.

In data 23 marzo 2006 il Comitato Tecnico per la Valutazione dell’Impatto Ambientale, a maggioranza, rilasciava parere favorevole circa la compatibilità ambientale dell’intervento proposto.

Con nota del 6 aprile 2006 la società Essebiesse Power s.r.l. inoltrava l’intero carteggio, completo delle autorizzazioni e dei pareri rilasciati dai vari enti interpellati, al Servizio energia della Regione Molise instando per il rilascio dall’autorizzazione unica.

L’istanza tuttavia non aveva seguito al punto che la società si muniva di giustizia per far accertare la violazione dell’obbligo di provvedere ex art. 21 bis della legge 1034 del 1971, cui seguiva la nomina del commissario ad acta a fronte del perdurante silenzio della Regione Molise.

Al contempo però già a partire dal 21 luglio 2005 il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise (cfr. prot. n. 2921/01.01.07) aveva segnalato all’Assessore all’Urbanistica della Regione Molise la sua contrarietà alla localizzazione del parco eolico nei comuni di Cercemaggiore, Cercepiccola, S.Giuliano del Sannio e Mirabello Sannitico atteso che “tali territori comunali costituiscono la splendida corona di paesaggio che incornicia il gioiello archeologico, monumentale e paesaggistico di Sepino-Altilia, noto e apprezzato universalmente” e tornava a chiedere nuovamente la costituzione delle commissioni provinciali (ex art. 137 del d. lgs. n. 42 del 2004) al fine di intraprendere la procedura di apposizione del vincolo sull’intera valle del Tammaro, sollecitando al contempo l’attivazione delle procedure di urgenza “per scongiurare il pericolo di un attentato irreversibile al paesaggio”.

Seguiva la nota del 11.8.2006 prot. 3233/01.01.07 con cui il Direttore Regionale rappresentava al presidente della Regione ed all’Assessore all’Urbanistica che l’autorizzazione ex art. 21 d. lgs. 42/04 necessaria per la costruzione dell’impianto, medio tempore rilasciata dal Soprintendente per i Beni Archeologici con nota prot. 3789 del 18 maggio 2005 - sul presupposto che l’area destinata all’impianto non fosse sottoposta a vincolo né interessata da presenze archeologiche note -, doveva ritenersi atto puramente endoprocedimentale, privo di rilevanza esterna e comunque annullato in autotutela non avendo egli mai delegato l’adozione di tali autorizzazioni alla Soprintendenza locale anche perché tutte le valutazioni di competenza sarebbero state rese mediante rilascio di un unico parere da parte della Direzione Regionale come previsto dal Codice “Urbani”.

Con successiva nota prot. n. 3969 del 29 settembre 2005 il Direttore Regionale indirizzava agli organi centrali del Ministero una proposta di tutela paesaggistica (parimenti citata nel provvedimento impugnato) sollecitando gli adempimenti di competenza da assumere in via sostitutiva a motivo della perdurante reiterata grave inerzia della Regione Molise nella costituzione delle commissioni provinciali per il paesaggio, competenti in via ordinaria a dare impulso al procedimento per l’imposizione del vincolo; nella nota il Direttore Regionale riepilogava lo stato della questione evidenziando che sin dal lontano 1996 la Regione Molise era stata sollecitata ad assumere gli atti di competenza per l’imposizione del vincolo ma senza esito alcuno; seguivano due iniziative ministeriali che conducevano nel 1998 alla imposizione del vincolo sul territorio dei Comuni di S. Giuliano del Sannio, Cercemaggiore e Cercepiccola, vincoli che venivano tuttavia annullati dal TAR Molise; nell’anno 2004 la locale Soprintendenza assumeva nuovamente l’iniziativa ma la sopravvenuta entrata in vigore del nuovo codice dei Beni Culturali imponeva il coinvolgimento della Regione Molise che tuttavia, sebbene ripetutamente sollecitata a costituire le commissione provinciali, restava inerte. Tanto premesso il Direttore regionale così si esprimeva all’indirizzo del superiore Ministero: “Tenuto conto dell’importanza che la questione degli impianti eolici riveste per l’intero territorio regionale, si richiede, se del caso, di investire del problema anche il Comitato di Settore. Il territorio dei tre comuni, un piccolo comprensorio è la cornice incontaminata della preziosa area archeologica di Sepino. Un attentato all’integrità dell’area comprometterebbe irreversibilmente uno dei panorami delle valli appenniniche più preziose d’Italia. In particolare l’area sembra, quasi unica superstite, di quelle che fecero affermare a Goete “et in arcadia ego” e perciò se ne sollecita la tutela, anche con lo scopo di non pregiudicare il promettente sviluppo dell’area…”.

Il 6 dicembre 2006 con nota prot. 4889 34.19.04/6 il Direttore Regionale rappresentava che nonostante il precedente parere favorevole della Soprintendenza per i Beni Archeologici (riferito alla nota prot. n. 3789 del 18.5.2005 con cui si era escluso che l’area fosse interessata da presenze archeologiche, poi annullato in autotutela) “sono emersi elementi di interesse archeologico, storico e culturale sul percorso crinale (Strada comunale Tratturo - antico tracciato viario) ... sulla base dei quali è stato apposto il vincolo (decreto n. 10 del 26.6.2006) …al quale di norma dovrà far seguito ulteriore procedimento di tutela indiretta e salvaguardia di visuale, prospettiva, luce e decoro del medesimo percorso di crinale” pertanto si diffidava la Essebiesse Power s.r.l. dall’esecuzione del progetto “che, a quanto risulta in atti, utilizzerebbe il percorso di interesse storico come tracciato di servizio dei nuovi impianti”.

In data 11 dicembre 2006, con nota prot. n. 9537 il Soprintendente per i Beni Archeologici del Molise, in risposta ad una nota datata 11 dicembre 2006 inviata dalla Essebiesse Power s.r.l. (non depositata) confermava “il parere favorevole già espresso, salvo che qualsiasi lavoro di scavo dovrà essere seguito da personale della Soprintendenza archeologica e comunicata a questo Ufficio…Il tratturo dovrà essere ripristinato in battuto al termine dei lavori. Poiché però l’aerogeneratore n. 2 si trova situato alla distanza di m. 19 dal tratturo storico tutelato, si prescrive il leggero spostamento dello stesso immediatamente al di fuori dell’area sottoposta a vincolo di rispetto (20 m.)”.

Con nota prot. n. 5108 34.19.04/6 del 15.12.2006 (citata nel provvedimento impugnato) il Direttore Regionale, richiamata nuovamente la necessità di una valutazione unitaria dei vari interessi culturali compresenti nell’area in oggetto, rimessa alla competenza della Direzione Regionale, ai sensi delle disposizioni di legge vigenti, richiamata altresì l’esistenza di un provvedimento di tutela monumentale all’interno dell’area in questione risalente al 16 novembre 1994 ed i pregressi falliti tentativi di sottoporre a tutela l’intera area della valle del Tammaro, annullava in autotutela la nota 11 dicembre 2006, prot. 9537 della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise.

Con nota prot. n. 149 del 7 maggio 2007 il Sottosegretario di Stato per i Beni e le Attività Culturali ha convocato presso il Ministero un tavolo di concertazione allo scopo di definire possibili soluzioni di rilocalizzazione degli impianti mettendo a disposizione gli elaborati relativi alle soluzioni alternative e rassicurando circa il fatto che la rilocalizzazione non avrebbe comportato la perdite degli utili periodici per i Comuni interessati (cfr. in tal senso altresì le notizie di dettaglio riferite a p. 7 della memoria conclusionale dell’Avvocatura dello Stato del 6.6.2008 in ordine a possibili diverse soluzioni localizzative).

Con nota prot. n. 4170 34.07.13/1 del 31.10.2007 il Direttore Regionale ha formulato, in via sostitutiva ex art. 138, comma 3, del d. lgs. 42 del 2004, nuova proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico per l’intero territorio comunale dei Comuni di Cercemaggiore, Cercepiccola e San Giuliano del Sannio indirizzandola alla Direzione Generale per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Ministero e dando comunicazione di avvio del procedimento ai Comuni interessati ed alla Regione Molise.

Infine con legge regionale 21 maggio 2008, n. 15, entrata in vigore successivamente al perfezionamento del provvedimento impugnato ed alla sua pubblicazione (avvenuta in data 16.7.2007), la Regione Molise ha individuato la Valle del Tammaro ed i rilievi che la delimitano come area non idonea alla installazione di impianti eolici e fotovoltaici.

Quanto alla rilevanza culturale dell’area prescelta ai fini della localizzazione dell’impianto è utile evidenziare ancora che l’Associazione ricorrente, intervenendo nel procedimento per la valutazione di impatto ambientale dell’opera, ha depositato un’ampia e circostanziata memoria che documenta la rilevanza dal punto di vista culturale, storico, archeologico e paesaggistico della valle del Tammaro e del vasto crinale della Castagna (punto specifico individuato quale sede del parco eolico).

Vi si legge infatti (spec. p. 23 e ss. doc. 5 in fascicolo ricorrente) che l’area della Castagna pur non essendo sottoposta a vincolo paesaggistico, appartiene alla valle dell’alto Tammaro che è vincolata quasi interamente nella piana e per tutto il versante Ovest mentre sul versante Est e sul crinale della Castagna un vincolo era stato comunque apposto ma poi annullato dal TAR per vizi procedurali. In particolare la valle del Tammaro giace parallela allo sviluppo Nord - Sud del Massiccio del Matese e costituisce la cerniera più evidente del territorio regionale, quella utilizzata da tempo immemorabile per i traffici regionali con il tratturo Pescasseroli-Candela e con la romana Via Minucia. In questa valle si affacciavano gli insediamenti sannitici. Qui Roma ha fondato sul tracciato del tratturo il Municipio di Saepinum. Qui correva anche la strada borbonica tra Caserta e Termoli e proprio nel sito della Castagna passa tuttora la vecchia strada statale n. 17 Appulo sannitica che si conserva con la sezione e l’andamento plano-altimetrico di un tempo.

Si legge ancora che proprio dalla città romana di Saepinum e dai suoi scavi archeologici la Regione Molise “attinge la immagini iconografiche che le servono per diffondere in Italia e nel mondo la propria identità, i valori storico/culturali della “molisanità” ed il proprio potenziale turistico”. Ad essi si aggiungono valori paesistici e naturalistici scaturiti da un uso del territorio esclusivamente agricolo con coltivazioni diversificate che si avvicendano ad una miriade di zone boscose. Tale grado di naturalità forma un unicum con le rilevanti presenze storico culturali. In questo contesto le torri eoliche saranno visibili dal sito archeologico di Saepinum, dal centro storico di Cercemaggiore, dal centro storico di Terrazzano, dal Santuario di Santa Maria della Libera e dal centro storico di Sepino che è interamene rivolto al crinale della Castagna ed ai Monti del Sannio.

Lo studio evidenzia altresì che il crinale della Castagna costituisce un belvedere unico sulla valle dell’alto Tammaro e sul massiccio del Matese (cfr. p. 29) e soprattutto pone l’accento sulla circostanza che il sito “incombe visivamente su Saepinum” dal quale dista appena 6/7 Km in linea d’aria sicchè l’installazione delle torri avrebbe il grave effetto di “abbattere e disgregare i valori specialissimi di questa area archeologica che si basano sulla naturalità e sulla ruralità del suo contesto territoriale costituito dal comprensorio interno della Valle del Tammaro (cfr. p. 30).

Sulla scorta di tali considerazioni, come meglio si vedrà del proseguo, l’Associazione ricorrente ha espresso parere negativo all’intervento ma il comitato tecnico VIA si è limitato laconicamente a rappresentare di non poterle accogliere.

Tanto premesso occorre subito dire che né le documentate note del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise né, tanto meno, la articolata memoria depositata dall’Associazione ricorrente nell’ambito del procedimento di valutazione di impatto ambientale sono state tenute in alcuna considerazione dagli organi procedenti, palesandosi così un grave eccesso di potere sub specie di carenza di istruttoria, di travisamento dei fatti e difetto di motivazione, tradottosi in una evidente violazione delle regole di deontologia della discrezionalità che presiedono all’esercizio del potere di ponderazione comparativa degli interessi pubblici e privati emersi in sede procedimentale.

Emerge pertanto la fondatezza del primo motivo di gravame con cui l’associazione ricorrente assume che il commissario ad acta non avrebbe tenuto in alcuna considerazione le ragioni di netta contrarietà espresse dal Direttore Regionale omettendo di motivare in ordine alla ragioni che lo avevano indotto a ritenere di poter superare i rilievi critici opposti con forza dall’autorità preposta alla tutela dei beni culturali e limitandosi per contro ad una mera burocratica elencazione delle note relative alla intercorsa corrispondenza (cfr. p. 5 del provvedimento impugnato).

Né in senso contrario, e con particolare riferimento al vincolo paesaggistico, può opporsi che in realtà il Servizio Beni ambientali della Regione Molise avesse espresso parere favorevole con nota prot. n. 03109 del 24 giugno 2005 poi inoltrata alla Soprintendenza competente e non annullata nei termini di legge.

Nel caso di specie infatti l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d. lgs. 42 del 2004 rilasciata dalla Regione riguarda una parte insignificante e del tutto marginale dell’intervento: si tratta, come anticipato, della sola sottostazione di trasformazione e del relativo cavo interrato in media tensione da localizzarsi in Comune di Vinchiaturo dove esiste un vincolo paesaggistico. Ne discende che la valutazione positiva espressa dal competente organo regionale ed il mancato intervento in annullamento della competente Soprintendenza nulla dicono in relazione all’impatto sul paesaggio della parte più critica dell’intervento rappresentato dalle torri eoliche.

Sul punto sebbene sia pacifico che l’area prescelta non sia gravata da vincoli paesaggistici, tale circostanza non preclude di certo all’autorità preposta alla tutela del paesaggio e dei beni culturali in generale, quanto meno di intervenire nel procedimento amministrativo in itinere per formulare, ai sensi degli artt. 9 e 10 della legge 241 del 1990, osservazioni sulla rilevanza dell’area dal punto di vista paesaggistico e sulle ragioni di possibile pregiudizio che dall’intervento potrebbero derivare per tale interesse.

Come noto con l’art. 9 della legge 241 del 1990 viene superato il principio di tipicità delle forme procedimentali ed ad una legittimazione fondata sul rigido ed astratto criterio delle competenze fissato preventivamente per legge, subentra una legittimazione sostanziale fondata sul “pregiudizio” che abilità i vari centri di imputazione della cura degli interventi pubblici ad intervenire in sede procedimentale per esercitare i diritti partecipativi di cui all’art. 10 in tutti i casi in cui l’iniziativa assunta dall’organo procedente possa in qualche modo arrecare pregiudizio all’interesse pubblico di cui siano attributari. Si trattata, come noto, di innovazione che scaturisce dalla così detta crisi della funzione predittiva della legge la quale non solo non è più in grado di ordinare gerarchicamente i vari interessi pubblici e privati implicati nella soluzioni del problema amministrativo ma spesso non è neppure in grado, a causa della complessità del sistema, di individuare ed ordinare negli schemi formali dei procedimenti secondo il principio di competenza tutti gli interessi rilevanti in concreto ai fini della decisione finale o che da una tale decisione possano in qualche modo subire pregiudizio.

Ne discende che, a prescindere dall’esistenza di una previsione normativa attributiva di una formale competenza ad esercitare il potere nell’ambito di un procedimento, in tutti i casi in cui un centro di imputazione di interessi pubblici assuma che da una iniziativa procedimentale possa derivare un possibile pregiudizio al valore affidato alle sue cure, ha certamente titolo per intervenire e per presentare memorie e documenti ex art. 10 legge n. 241 del 1990.

L’organo procedente ha poi l’obbligo di valutare tali osservazioni, ove pertinenti l’oggetto del procedimento, e di porle a fondamento del discorso giustificativo ex art. 3 della legge 241 del 1990 “quali risultanze dell’istruttoria”; è ben vero che la giurisprudenza amministrativa, a differenza della più autorevole dottrina, non richiede un obbligo di puntuale motivazione in relazione alle osservazioni presentate dagli interventori ex art. 10 legge 241 del 1990 ed è altrettanto vero che l’obbligo di motivazione è stato inteso in senso sostanziale e cioè non quale mero corredo formale del provvedimento ma quale discorso giustificativo riferito alla funzione nel suo complesso e pertanto desumibile per relationem anche solo dalla disamina della trama degli atti che nella sequenza procedimentale precedono il momento di adozione della decisione finale; tuttavia è parimenti irrefutabile che l’obbligo di motivazione non può ridursi ad un mero simulacro o ad un mero ossequio formale ad un principio di civiltà giuridica ma, come suole del pari ripetere la giurisprudenza amministrativa, deve essere quanto meno idoneo a rendere intelligibile l’iter logico giuridico che ha condotto l’organo procedente alla selezione di una delle molteplici ipotesi decisionali emerse in sede istruttoria anche grazie all’apporto dei contributi partecipativi.

Di tutto questo nel provvedimento impugnato non v’è traccia.

L’interesse paesaggistico resta conchiuso nel vuoto richiamo burocratico delle note direttoriali che compare nel preambolo del provvedimento impugnato, senza poter dispiegare la forza giuridica che gli deriva dalla dignità e rilevanza propria dei valori costituzionali cui pur appartiene in posizione eminente.

Ne discende che nel caso di specie non solo è mancata la ponderazione comparativa tra gli interessi pubblici primari antagonisti (paesaggio, ambiente, energia, salute, libertà di intrapresa economica), come fondatamente dedotto con il quinto motivo di censura, ma prim’ancora non si è neppure potuto compiutamente dispiegare il processo di concretizzazione dell’interesse pubblico astratto (quello cioè disegnato nella fattispecie normativa che ne predica la tutela) nell’interesse pubblico concreto che, in forza dell’attività istruttoria e grazie all’evidenza dei fatti storici introdotti nel procedimento, consente di attribuire all’interesse pubblico normativamente predeterminato la sua giusta misura di valore (secondo le mutevoli specificità fattuali del caso concreto) da porre successivamente in comparazione con gli ulteriori interessi pubblici introdotti in sede procedimentale, anch’ essi previamente indagati in ordine alla rispettiva misura di valore alla luce dei fatti storici che li sostanziano.

Anziché invocare astratte formule, generali principi di diritto, come pure precedenti della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa (cfr. p. 7, 8, 9 10), il commissario ad acta avrebbe pertanto dovuto evidenziare le sovrabbondanti risultanze istruttorie e cioè i fatti storici idonei a rivelare in concreto la presenza e lo spessore della valenza culturale dell’area che è confinante con altre porzioni di territorio già vincolate, ed è stata interessata a sua volta nel tempo da reiterate iniziative da parte degli organi statali competenti finalizzate alla dichiarazione di notevole interesse paesaggistico (iniziative di volta in volta vanificate o da annullamenti giurisdizionali per motivi formali oppure dalla grave condotta ostruzionistica posta in essere dalla Regione Molise).

In particolare i puntuali rilievi formulati dal Direttore Regionale (analiticamente richiamati in premessa) e le pregresse vicende amministrative relative ai reiterati tentativi di imposizione del vincolo dallo stesso richiamate, contenevano documentati e circostanziati riferimenti circa la rilevanza del sito dal punto di vista storico, archeologico, paesaggistico e culturale in senso lato sicchè egli, nell’assumere la decisione finale, non poteva non tenere conto di tali risultanze istruttorie che davano evidenza in concreto dell’esistenza di una rilevantissima valenza culturale dell’area.

Accertata in concreto la misura di valore dell’interesse paesaggistico egli avrebbe poi dovuto procedere alla ponderazione comparativa valutando nel caso di specie quale degli interessi pubblici e privati confliggenti avrebbe dovuto prevalere, in ciò ispirandosi al principio generale di ragionevolezza e, in ogni caso, del minimo mezzo, soffermandosi in particolare sulla possibilità di individuare soluzioni localizzative alternative idonee a salvaguardare l’uno senza comprimere oltre misura l’altro, come peraltro auspicato e finanche sollecitato, invano, al più alto livello ministeriale.

La ponderazione comparativa tuttavia è stata solo predicata in astratto ma non praticata in concreto.

In merito al principio del minimo mezzo non è superfluo evidenziare ancora che nella valutazione di impatto ambientale al punto relativo “Illustrazioni delle possibili alternative” il comitato ha annotato che “Non sono descritte né sono state prese in considerazione soluzioni alternative” perché, si ammette candidamente nel prosieguo, una diversa localizzazione non interesserebbe agli enti locali che sostengono l’iniziativa, il che evidenzia un manifesto sviamento atteso che invece di vagliare le soluzioni idonee a minimizzare l’impatto ambientale (compreso quello paesaggistico) sono state privilegiate quelle più rispondenti alle aspettative degli enti locali che sostengono il progetto a garanzia degli accordi assunti con i promotori dell’intervento.

Tornando alle regole di esercizio del potere discrezionale, è certamente condivisibile l’affermazione secondo cui la ponderazione comparativa degli interessi che la p.a. deve operare nel negare o concedere l'autorizzazione in parola, deve tenere necessariamente conto del carattere pluralistico che la Costituzione repubblicana ha impresso all'esercizio della funzione amministrativa, e segnatamente al carattere relativo della tutela paesaggistica rispetto ad altri valori od interessi pure costituzionalmente tutelati (così TAR Sicilia-Palermo, II, sentenza 4 maggio 2007, n. 1252).

Tuttavia alla concezione totalizzante dell’interesse paesaggistico, oggetto di recente e condivisibile revisione critica, non può sostituirsi una nuova concezione totalizzante dell’interesse ambientale che ne postuli la tutela “ad ogni costo” anche mediante lo sviluppo di fonti di energia alternativa idonee ad operare una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ma di grave ed irreversibile impatto paesaggistico, perché se la riduzione delle emissioni attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente, tra le quali rientrano gli impianti eolici, costituisce un impegno internazionale assunto dallo Stato italiano e recepito nell'ordinamento statale dalla l. 1 giugno 2002 n. 120 (concernente "Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997), come non mancata di ricordare un significativo indirizzo giurisprudenziale, è parimenti vero che anche la salvaguardia del Paesaggio costituisce oggetto di impegni assunti dall’Italia in sede internazionale (cfr. Convenzione Europea del Paesaggio promossa dal Consiglio d’Europa e firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14) sicchè il conflitto tra tutela paesaggio e tutela dell’ambiente (e indirettamente della salute) non può essere risolto in forza di una nuova aprioristica gerarchia che inverte la scala di valori (non configurabile neppure invocando la rafforzata cogenza degli obblighi assunti in forza di convenzioni internazionali di cui si giovano come detto sia i valori paesaggistici che quelli ambientali), ma deve essere necessariamente operato in concreto, attraverso una ponderazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, non potendosi configurare alcuna preminenza valoriale né in un senso (a favore del paesaggio) né nell’altro (a favore dell’ambiente e del diritto alla salute o del diritto di intrapresa economica).

A tal proposito la Corte Costituzionale con sentenza n. 196 del 2004 ha affermato che il carattere di “primarietà” riconosciuto all’interesse alla tutela del paesaggio inteso come "forma del territorio e dell'ambiente" ed annoverato tra i "valori costituzionali primari" (cfr., tra le molte, le sentenze n. 151 del 1986, n. 359 e n. 94 del 1985) non ne legittima un primato assoluto in una ipotetica scala gerarchica dei valori costituzionali, ma origina la necessità che essi debbano sempre essere presi in considerazione nei concreti bilanciamenti operati dal legislatore ordinario e dalle pubbliche amministrazioni; in altri termini, la "primarietà" degli interessi che assurgono alla qualifica di "valori costituzionali" non può che implicare l'esigenza di una compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi decisionali all'interno dei quali si esprime la discrezionalità delle scelte politiche o amministrative. Si tratta in definitiva di interessi a garanzia procedimentale rafforzata, come evidenziato in dottrina.

Poiché, per dirla con le parole della Corte Costituzionale, nel caso di specie non si è avuta una tale compiuta ed esplicita rappresentazione dell’interesse paesaggistico in sede procedimentale e men che meno si è operata una qualche effettiva comparazione ponderativa nei termini innanzi precisati, essendosi invero attribuita valenza aprioristica e totalizzante alla necessità di tutela della salute e dell’ambiente (e dei connessi obblighi internazionali di tutela dimenticando quelli parimenti cogenti assunti a tutela del paesaggio), il primo ed il quinto motivo di ricorso devono in definitiva ritenersi fondati.

Per le stesse ragioni deve ritenersi fondato anche il quarto motivo di censura con cui l’Associazione ricorrente ha lamentato che gli organi regionali preposti alla svolgimento della valutazione di impatto ambientale avrebbero omesso di condurre qualsiasi concreto apprezzamento della compatibilità dell’opera con il contesto paesaggistico specificamente interessato dalla localizzazione.

In via preliminare dev’essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo di doglianza sollevata dalla difesa della Essebiesse Power s.r.l. sul presupposto che avendo la Associazione ricorrente partecipato alla procedura di valutazione di impatto ambientale sarebbe stata onerata della tempestiva impugnazione del provvedimento conclusivo del procedimento.

In senso contrario deve invece osservarsi che in forza dell’art. 4 delle direttive per lo svolgimento del procedimento unico di cui alla delibera di Giunta 1670 del 13.12.2004, la procedura di valutazione di impatto ambientale deve ritenersi “integrata nel procedimento unico” ex art. 12 del d. lgs. 387 del 2003, tant’è che il Presidente della Giunta deve designare un componente del comitato tecnico VIA incaricato di partecipare ai lavori della conferenza di servizi con funzioni di raccordo tra la conferenza ed il comitato e che “al termine dei lavori del comitato, ne riporta gli esiti in Conferenza”. E’ evidente pertanto che nella disciplina introdotta dalla Regione Molise il parere del comitato V.I.A. non si pone come atto conclusivo di un procedimento, suscettibile di autonoma ed immediata impugnativa ma si inserisce nel distinto procedimento unico che si sviluppa secondo le forme della conferenza di servizi, quale atto che concorre alla adozione della determinazione conclusiva della conferenza stessa. Trattandosi di atto endoprocedimentale nessun onere di immediata impugnativa poteva configurarsi in capo ai diretti interessati. Né il fatto che per motivi ignoti non si sia dato impulso alla conferenza di servizi vale a rendere autonomamente impugnabile la determinazione finale del comitato VIA atteso che una tale circostanza evidenzia piuttosto un ulteriore profilo di illegittimità della procedura conclusasi con la nomina del commissario ad acta.

Può quindi passarsi all’esame del merito della doglianza.

Come già evidenziato, l’Associazione ricorrente, intervenendo nell’ambito del procedimento di valutazione di impatto ambientale ha espresso parere negativo all’intervento depositando una corposa memoria che trattava diffusamente della rilevanza del sito dal punto di vista storico, culturale, archeologico e paesaggistico; il comitato tecnico VIA tuttavia si è limitato laconicamente a rappresentare di non poterle accogliere senza spendere una sola parola per giustificare la inattendibilità di quanto dedotto dall’interventore.

Il Comitato tecnico (cfr. punto 5.9 del rapporto di valutazione) si è limitato a prendere atto del parere della Soprintendenza per i Beni Archeologici con cui si rappresentava che l’area non era interessata da presenze archeologiche note, senza considerare che tale parere era stato successivamente annullato in autotutela dal Direttore Regionale con nota del 11.8.2005 e senza neppure curarsi, nella riunione conclusiva del 26 marzo 2006, di verificare quanto rappresentato dall’Associazione ricorrente circa l’avvio della procedura di apposizione del vincolo archeologico proprio sul percorso di crinale Strada Tratturo Antico, da cui si accede alla torri eoliche, poi sfociata nella adozione del decreto n. 10 del 26.6.2006.

Quanto poi all’interesse paesaggistico, il comitato tecnico V.I.A. da un lato ha preso atto che l’area destinata alla realizzazione dell’impianto eolico non era sottoposta a vincolo, dall’altro si è limitato a richiamare le vicende giurisdizionali che avevano condotto all’annullamento del vincolo imposto con decreto ministeriale n. 10 marzo 1999 e a menzionare altra vicenda consimile, concludendo, sulla scorta di tali pronunce della magistratura amministrativa, nel senso di “non poter assumere il ruolo di magistratura di seconda istanza intervenendo nel merito”.

Ora, premesso che il procedimento relativo all’imposizione del vincolo paesaggistico attiene a vicenda amministrativa del tutto estranea e distinta rispetto al procedimento di valutazione di impatto ambientale che, come noto, mira a verificare autonomamente l’incidenza dell’opera anche sui valori paesaggistici, è evidente che anche in questo caso l’organo procedente anziché procedere ad un accertamento in concreto dell’esistenza di fatti significativi idonei a rivelare la presenza di valori culturali, identitari od estetici frutto delle interrelazioni tra fattori naturali ed azione dell’uomo nel sito interessato dalla localizzazione dell’opera, vieppiù alla luce delle puntuali e documentate deduzioni introdotte nel procedimento dall’Associazione Italia Nostra, ha invece liquidato la questione richiamando l’esistenza di sentenze di annullamento di un precedente vincolo che tuttavia anche alla luce dei caratteri della giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo ben poco possono comprovare circa l’esistenza o meno nel territorio di quelle caratteristiche espressive di identità che sostanziano l’interesse paesaggistico.

Deve pertanto concludersi nel senso della fondatezza del dedotto vizio di eccesso di potere per insufficiente istruttoria e difetto di motivazione in parte qua anche con riferimento alle risultanze della valutazione di impatto ambientale poi richiamate nel provvedimento finale.

Per quanto concerne poi l’interesse archeologico, alla grave carenza istruttoria e motivazionale rilevata si aggiunge un palese travisamento dei presupposti di fatto su cui si fonda la decisione finale che conduce all’accoglimento anche del secondo motivo di censura.

Il commissario ad acta infatti ha al contempo richiamato da un lato i pareri favorevoli resi dal Soprintendente per i Beni Archeologici del Molise (nota prot. 3789 del 18 maggio 2005 e prot. n. 9537 del 11 dicembre 2006) e dall’altro le note della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise (prot. n. 3233/01.01.07 del 11.8.2005 e prot. 5108 34.19.04/6) con cui i predetti pareri favorevoli sono stati annullati in autotutela.

La decisione finale, come già rilevato in sede di esame della domanda cautelare, confermata sul punto in appello, si fonda pertanto su di un presupposto - la compatibilità dell’intervento con la salvaguardia del vincolo archeologico posto sulla zona con decreto n. 10 del 26.6.2006 - in realtà insussistente ed ha quindi autorizzato la realizzazione di un’opera su di un sito gravato da vincolo archeologico in assenza della autorizzazione prescritta dall’art. 21 del d. lgs. 42 del 2004.

Né in senso contrario può opporsi che il parco eolico insisterebbe in realtà al di fuori della Strada comunale Tratturo - antico tracciato viario interessata dal vincolo archeologico, come peraltro attestato dal Soprintendente per i Beni Archeologici del Molise con nota prot. 1577 del 3.3.2008 su richiesta della Essebiesse Power s.r.l., atteso che una tale verifica dev’essere condotta ex ante e non successivamente alla realizzazione dell’intervento.

Alla data in cui la società controinteressata ha interpellato la locale Soprintendenza Archeologica, il sito ricadeva, almeno in parte, in area vincolata sicchè ai fini del rilascio della autorizzazione unica era necessario munirsi di regolare autorizzazione ai sensi dell’art. 21 del d. lgs. 42/2004.

Lo stesso Soprintendente, sebbene incompetente, come meglio di dirà, venuto a conoscenza della esistenza del vincolo imposto con decreto 10 del 2006, nel rilasciare nuovamente la autorizzazione in data 11.12.2006 ex art. 21 d. lgs. 42 del 2004, anch’essa parimenti annullata dopo pochi giorni, ha imposto la presenza di personale della Soprintendenza per ogni lavoro di scavo; ha imposto il ripristino del tratturo in battuto al termine dei lavori ed ha disposto lo spostamento dell’aerogeneratore n. 2 al di fuori della fascia di rispetto di 20 metri.

Il medesimo Soprintendente con nota prot. 9501 (senza data), in risposta ad una nota della società Essebiesse Power s.r.l., ha autorizzato la sistemazione del tratturo con misto di cava al fine di garantire la sicurezza del passaggio degli automezzi necessari, ha cioè autorizzato lavori su di un’area sottoposta a vincolo archeologico.

Del resto lo stesso Direttore regionale con la nota del 6.12.2006 dopo aver dato notizia dell’imposizione del vincolo archeologico con decreto n. 10 del 26.6.2006 diffidava la società Essebiesse Power s.r.l. dall’esecuzione del progetto medesimo “che a quanto risulta in atti, utilizzerebbe il percorso di interesse storico come tracciato di servizio dei nuovi impianti” ma anche per la collocazione del cavidotto da 20KV, ivi previsto originariamente, e successivamente spostato dal tratturo, su disposizione del commissario ad acta (che però non ha competenze in materia di vincolo archeologico - cfr. p. 6 provvedimento impugnato) a distanze che vanno da 3,00 m a 10,00 m dal ciglio dello stesso ma sempre all’interno della fascia di rispetto di 20 metri dal ciglio del tratturo medesimo.

Ne discende che se anche allo stato gli aerogeneratori si trovano localizzati al di fuori della fascia sottoposta a vincolo, la zona vincolata è stata pacificamente interessata da lavori di scavo e di transito di mezzi pesanti e di risistemazione del manto per i quali occorreva il rilascio di regolare autorizzazione ex art. 21 del d lgs. 42 del 2004 che sia il Soprintendente che il commissario ad acta che la Essebiesse Power s.r.l. hanno considerato esistente, valida ed efficace ma che, in realtà, come a loro ben noto, era stata annullata dal Direttore regionale che sollecitava un esame unitario, riservato alla sua competenza, dei vari interessi implicati dalla realizzazione dell’intervento.

Non può pertanto condividersi l’osservazione del Consiglio di Stato secondo cui “quanto autorizzato non appare…in contrasto con le prescrizioni imposto dal citato decreto n. 10/2006” atteso che l’impianto non ricadrebbe nell’area sottoposta a vincolo e quindi esulerebbe dalle zone nelle quali v’è competenza della Soprintendenza perché, come sopra osservato e come ammesso dalla stessa società controinteressta a p. 5 della memoria del 6.6.2008, “Il cuore dell’impianto, costituito dal gruppo degli aerogeneratori, deve essere installato su un altipiano al centro del quale corre una stradina bianca la quale…nel corso del procedimento di autorizzazione dell’impianto, è stata sottoposta a vincolo archeologico con il decreto 26 giugno 2006, n. 10; pertanto per transitare, per eseguire i lavori di scavo e quant’altro (come poi effettivamente richiesto al Soprintendente) occorreva l’intervento dell’organo preposto alla tutela del vincolo.

In conclusione l’esecuzione dei lavori in questione necessitava della autorizzazione ex art. 21 del d. lgs. 42 del 2004 trattandosi di intervento che con modalità diverse (transito, scavi, risistemazione del tratturo) ha interessato l’area sottoposta a vincolo archeologico. Poiché al momento in cui l’autorizzazione unica è stata rilasciata dal commissario ad acta non poteva ritenersi esistente alcuna valida ed efficace autorizzazione rilasciata dall’organo competente a vigilare sul rispetto del vincolo archeologico, l’autorizzazione unica deve ritenersi illegittimamente assentita.

Né il vizio può ritenersi superato dalle prescrizioni imposte dal commissario ad acta (comunque contrastanti con la fascia di rispetto di 20 metri dal ciglio del tratturo) che evidentemente non ha competenze in materia di vincolo archeologico sicchè anche lo spostamento del cavidotto doveva essere deciso, disposto e soprattutto controllato dalla autorità preposta alla tutela del vincolo archeologico, all’esito di valutazioni non surrogabili da parte di chicchessia soprattutto nella prospettiva della imposizione dei vincoli indiretti già preannunciata dal Direttore Regionale.

A ciò si assomma un ulteriore profilo di illegittimità concernente la indebita estromissione del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dal procedimento di rilascio della autorizzazione unica.

L’art. 5, comma 3 delle direttive impartite dalla Regione Molise in allegato alla delibera di Giunta n. 1670 del 13.12.2004, disciplinanti le modalità per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione unica, fa obbligo al soggetto proponente di presentare ad ognuna delle Autorità coinvolte, previo accordo con le stesse Autorità, idonea documentazione atta ad evidenziare l’interesse pubblico che interferisce con le opere da realizzare nonché le modalità per ridurre al minimo gli effetti; si tratta di adempimento prodromico alla partecipazione alla conferenza di servizi finalizzata a concentrare il rilascio di tutte le autorizzazioni, permessi, nulla osta, pareri o altri atti di assenso comunque denominati, necessari per la costruzione e l’esercizio dell’impianto e, che nel caso di specie, per ragioni ignote non è mai stata convocata.

Nel caso di specie è stata però coinvolta la Soprintendenza per i Beni Archeologici mentre doveva essere notiziato il Direttore Regionale.

Ed infatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2004, n. 173, che all’epoca disciplinava l’organizzazione del Ministero peri beni e le attività culturali, le competenze del Direttore regionale sono disciplinate all’art. 20 che, al comma 4, lett. b) prevede espressamente che è il Direttore regionale ad esprimere il parere di competenza del Ministero in sede di conferenza di servizi per gli interventi, in ambito regionale, che riguardano la competenza di più soprintendenze di settore. Ne discende che anche ai fini della partecipazione alla conferenza di servizi di cui all’art. 5, comma 2 delle direttive regionali citate (o comunque a fini del rilascio di qualsiasi atto di assenso in materia) era il Direttore Regionale che doveva essere interessato venendo in rilievo sia le competenza della Soprintendenza per i Beni archeologici sia quella per i Beni paesistici e quindi evidenti esigenze di coordinamento.

In ogni caso giammai la autorizzazione ad eseguire gli interventi ex art. 21 del d. lgs. 42 del 2004 avrebbe potuto essere rilasciata dal Soprintendente ai Beni Archeologici poiché è lo stesso art. 20, comma 4 lett. c) del citato DPR 173/2004 che riserva in capo al Direttore regionale il potere di autorizzare l’esecuzione di lavori di qualunque genere su beni culturali, ferma naturalmente la potestà di delega in favore dei Soprintendenti nel caso di specie ma esercitata.

La totale estromissione del Direttore generale anche dall’ordine delle competenze formali e cioè dal novero degli organi aventi per legge titolo ad intervenire nel procedimento di autorizzazione unica, non può che determinare un ulteriore profilo di illegittimità della decisione finale.

Con il quarto motivo di doglianza l’Associazione ricorrente ha anche dedotto la violazione e la falsa applicazione della delibera di Giunta regionale n. 908 del 26 giugno 2006. Si tratta dei criteri alla stregua dei quali dovevano essere eseguite le verifiche di coerenza delle richieste relative alla realizzazione dei campi eolici; tali criteri sono stati adottati ai sensi dell’art. 13 della legge Regionale del 12 aprile 2006, n. 3 nel quale si prevede che “la Giunta Regionale, nelle more dell’approvazione definitiva del Piano Energetico-Ambientale provveda alla verifica di coerenza delle richieste di realizzazione e gestione di campi eolici, nonché delle autorizzazioni già rilasciate alle quali non ha fatto seguito l’inizio dei lavori”.

La Federazione Regionale Coltivatori diretti nel sul atto di intervento volontario ad adiuvandum ha ampiamente argomentato la fondatezza di tale censura evidenziando tuttavia che i parametri da assumere a riferimento per la verifica circa il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio non sarebbero quelli di cui alla citata delibera di Giunta n. 908/2006 bensì quelli contenuti nelle linee guida approvate con successiva delibera di Giunta 7 maggio 2007, n. 452, in applicazione della delibera del Consiglio Regionale n. 117 del 10 luglio 2006 (recante il Piano Energetico Ambientale Regionale -PEAR), e pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise del 1.6.2007 prima della adozione della delibera del Commissario ad acta (28 giugno 2007 successivamente pubblicata sul BUR Molise il 16.7.2007) e come tali applicabili al procedimento de quo in forza del principio tempus regit actum.

In tale documento, a p. 17, nella individuazione dei siti non idonei alla installazione di impianti eolici viene menzionata alla lettera e) “la fascia di rispetto di dieci volte l’altezza complessiva dell’aerogeneratore (altezza del palo più il raggio del rotore) misurata dal perimetro di parchi archeologici, aree archeologiche e da complessi monumentali, come definiti al comma 2 dell’art. 101 del d.lgs. 42/04”. Si specifica in tal modo quanto in realtà già previsto all’art. 4, comma 2, lett. e) dell’allegato alla delibera di Giunta 908/2006 dove però si prescriveva il rispetto di una “distanza minima” poi specificata con le linee guida nei termini che precedono.

E’ evidente che nel caso di specie non sono rispettate le predette distanze di salvaguardia atteso anche ad ipotizzare una altezza media di 80 metri, la distanza dal ciglio del tratturo dovrebbe essere di almeno 800 metri mentre nessuno degli aerogeneratori installati si trova ad una tale distanza come emerge dalle misurazioni riportate a p. 7 del provvedimento impugnato.

Quanto ai restanti profili relativi alle pretese violazioni dei parametri imposti dapprima per la verifica di incidenza e successivamente con le linee guida richiamate, può farsi luogo all’assorbimento.

Infondati sono invece il terzo ed il sesto motivo di censura.

Con il primo la Associazione ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non sarebbe stato sottoposto alla Giunta per la verifica di coerenza; in senso contrario deve tuttavia osservarsi che il commissario ad acta si è pronunciato nell’ambito di un giudizio ex art. 21 bis legge 1034 del 1971 caratterizzato dal fatto che con la nomina dell’organo straordinario si determina il venir meno del potere decisorio in capo all’organo rimasto inerte: la decisione deve pertanto essere assunta con pienezza di poteri da parte del commissario, non residuando alcuna potestà decisionale in capo ad alcun organo regionale e tanto meno in capo alla Giunta.

Con il secondo lamenta la violazione delle norme di funzionamento del comitato tecnico V.I.A..

Dalle repliche articolate sul punto dalla difesa regionale risultano tuttavia rispettate le regole previste dal regolamento interno contenute nell’allegato alla delibera di Giunta Regionale n. 1241 del 12.10.2003 sia con riferimento al quorum strutturale che a quello deliberativo: in particolare, come previsto dal punto 4.3. del citato regolamento, per la deliberazione conclusiva adottata in data 23.3.2006 risultavano presenti la maggioranza dei componenti effettivi nominati dalla Giunta ivi compresi i rappresentanti degli Enti locali (10 su 17).

Quanto infine alla ritualità degli atti di intervento occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’intervento della Provincia di Campobasso e della Federazione Regionale Coltivatori diretti articolata dalla società controinteressata.

Essa è fondata limitatamente alla posizione dell’amministrazione Provinciale: ciò in quanto, come noto, secondo il costante orientamento giurisprudenziale l'intervento "ad adiuvandum" può essere proposto nel processo amministrativo solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e non anche da soggetto che sia portatore di un interesse che lo abilita a proporre ricorso in via principale (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 04 settembre 2008 , n. 10036; Consiglio Stato , sez. IV, 06 giugno 2008 , n. 2677; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 febbraio 2008 , n. 1550); poiché nel caso di specie la Provincia di Campobasso deve ritenersi portatrice di un interesse che la abilitava a proporre ricorso in via principale avendo partecipato ai lavori del comitato V.I.A., l’atto di intervento va dichiarato inammissibile.

Infondata è invece l’eccezione di inammissibilità dell’intervento della Federazione regionale Coltivatori diretti intanto perché l’atto è stato ritualmente notificato alla parti in causa in data 20.11.2007 e poi perché l’interesse paesaggistico è strettamente collegato al mondo delle attività rurali da reciproche interrelazioni che operano sul piano economico ma anche culturale: è evidente infatti che le attività di coltivazione e di sfruttamento della terra in generale (basti pensare al fenomeno dell’agriturismo) si giovano grandemente della dimensione estetica del paesaggio e, viceversa, la rilevanza paesaggistica di una zona si fonda anche sulle caratteristiche della attività rurali che ivi si svolgono.

E’ evidente pertanto che l’associazione di categoria dei coltivatori diretti ha quanto meno un interesse collegato a quello fatto valere dall’ Associazione ambientalista ricorrente principale sicchè legittimamente è intervenuta per sostenere le ragioni giuridiche reputate ostative al rilascio della autorizzazione gravata.

In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve pertanto essere accolto con la precisazione che per evidenti ragioni di carattere temporale la legge della Regione Molise 21 maggio 2008, n. 18 avente ad oggetto la “Disciplina degli insediamenti degli impianti eolici e fotovoltaici sul territorio della Regione” sopra richiamata, non può ritenersi produttiva di effetti sulle autorizzazioni già rilasciate, come confermato dal disposto dell’art. 5, ma dovrà necessariamente essere applicata in sede di rinnovo dell’attività amministrativa conseguente alla presente sentenza di annullamento.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra la Associazione ricorrente, la Regione Molise e la società controinteressata mentre possono essere compensate tra le restanti parti.
 


P.Q.M.

 

Il Tribunale amministrativo regionale del Molise, definitivamente pronunciando così provvede:

-accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato e, in parte qua, la procedura di valutazione di impatto ambientale espressa dal Comitato Tecnico VIA della regione Molise in data 23.3.2006, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione;

-dichiara inammissibile l’intervento in giudizio della Provincia di Campobasso;

-condanna la Regione Molise e la società Essebiesse Power s.r.l., in solido tra loro, alla rifusione in favore della Associazione Italia Nostra delle spese di giudizio che si liquidano complessivamente in euro 4.000,00 di cui euro 2000,00 per onorari, euro 1500,00 per diritti ed euro 500,00 per spese, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge;

-compensa le spese di giudizio nei rapporti tra le restanti parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 18/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Orazio Ciliberti, Consigliere

Luca Monteferrante, Primo Referendario, Estensore

IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/04/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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