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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 10 aprile 2009, n. 1019
ACQUA - Servizio idrico integrato - A.T.O. - Principi normativi ex L. n.
36/94 e L.R. Piemonte n. 13/2007 - Sistemi gestori ammissibili - Comuni -
Costituzione di una società ad hoc in concorrenza con l’Autorità d’Ambito
- Illegittimità. L’art. 9 della L. n. 36/1994 e gli artt. 4,5 e 7 della
coerente Legge Regionale del Piemonte n. 13/2007 hanno delineato un sistema
accentrato a livello di ambito territoriale ottimale per la gestione ed
erogazione del servizio idrico integrato. I cardini del nuovo impianto normativo
sono sostanzialmente due: il primo consiste nella visione unitaria della risorsa
idrica, per la quale viene delineato un ciclo completo, che si diparte dalla
fase della captazione, dell’emungimento per giungere alla depurazione,
attraverso la fase intermedia dell’adduzione; il secondo caposaldo della legge è
il superamento della polverizzazione territoriale che contrassegnava le
pregresse gestioni, per lo più condotte in amministrazione diretta o economia
dai vari enti locali. Si è optato per una gestione associata ed integrata,
polarizzata su centri unificati a livello sub regionale (gli ambiti territoriali
ottimali) al cui governo sono state preposte Autorità infra - provinciali, le
c.d. A.T.O. A queste il legislatore ha commesso compiti di regolazione,
indirizzo, controllo e definizione dei moduli gestionali. Le figure gestorie
ipotizzabili sono costituite dal modello societario, o di capitali, previa
individuazione attraverso procedure ad evidenza amministrativa, o a capitale
misto pubblico - privato o a capitale interamente pubblico. Il nuovo assetto ordinamentale ha privato il Comune dei suoi poteri di regolazione e di
definizione del modulo gestionale più appropriato alle necessità erogative del
servizio. L’ente locale non è più quindi competente e legittimato a costituire
alcuna società a cui affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico,
il quale è totalmente di competenza dell’Autorità di Ambito. Ne consegue che
l’avvenuta costituzione, in concorrenza con l’Autorità, di una società ad hoc
da parte dei Comuni, quantunque a totale partecipazione pubblica locale, integra
un vulnus del dettato legislativo di riferimento. Pres. Bianchi, Est.
Graziani - Autorita' D'Ambito N. 3 Torinese (avv.ti Cavallo Perin e Savatteri)
c. Comune di Quagliuzzo e altri (n.c.). T.A.R. PIEMONTE, Sez. I -
10/04/2009, n. 1019
ACQUA - Servizio idrico integrato - Art. 148 d.lgs. n. 152/2006 - Comuni - Mancata adesione alla gestione unica d’ambito - Possibilità - Requisiti - Gestione diretta o in house - Poteri residui dell’Autorità d’ambito - Individuazione. L’art. 148 del Codice ambiente autorizza i Comuni a non aderire alla gestione unica d’ambito, in presenza dei richiesti presupposti (comuni inseriti in comunità montane e avanti popolazione non superiore a 1.000 abitanti), a condizione che il comune gestisca direttamente il servizio o in affidamento a società a capitale interamente pubblico soggetta al suo controllo. Non prevede la norma de qua che la decisione se gestire il servizio in via diretta o affidarlo invece alla predetta società pubblica sia di competenza dell’autorità d’Ambito. In altri termini l’Autorità è competente ad individuare le formule gestorie del servizio, conformemente all’art. 113 del TUEl, solo qualora un Comune aderisca alla gestione unica d’ambito. Ove invece non intenda aderirvi, non v’è ragione fattuale e giuridica per incardinare in capo all’Autorità di ambito la competenza a decidere circa le modalità di gestione del servizio, il quale rimane nella titolarità del Comune. I poteri generali di regolazione e controllo residuano invece in capo all’Autorità (il potere di fissazione di standard di qualità, di livelli tariffari, di controllo sulla corretta gestione del servizio e sul rispetto degli standard e quant’altro). Ciò è coerente con la configurazione dei siffatte Autorità quali titolari di funzioni regolative e di controllo sulla gestione del servizio idrico integrato. Pres. Bianchi, Est. Graziani - Autorita' D'Ambito N. 3 Torinese (avv.ti Cavallo Perin e Savatteri) c. Comune di Quagliuzzo e altri (n.c.). T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 10/04/2009, n. 1019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01019/2009 REG.SEN.
N. 00648/2006 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 648 del 2006, proposto da:
Autorita' D'Ambito N. 3 Torinese, rappresentata e difesa dagli avv. Prof.
Roberto Cavallo Perin, Alberto Savatteri, con domicilio eletto presso il prof.
Roberto Cavallo Perin in Torino, via Bogino, 9;
contro
Comune di Quagliuzzo, Comune Bruzolo,
Comune Ceres non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione 27.2.2006, n. 4
(pubblicata all'albo pretorio dal 28.2.2006 e conosciuta dall'A.T.O. in data
16.3.2006), con la quale il Consiglio Comunale di Quagliuzzo ha deciso di <<
stipulare atto costitutivo di Società a Responsabilità Limitata fra i Comuni di
Bruzolo, Ceres, Quagliuzzo, Rondissone, Traves, Vallo, Varisella, Vauda, Vische>>
per la gestione del servizio idrico integrato nei relativi territori approvando
lo Statuto di tale società, nonché la convenzione di servizio, con affidamento
della titolarità della gestione del servizio,
nonché per l'annullamento
di ogni ulteriore atto preordinato,
conseguenziale e comunque connesso del relativo procedimento, e per ogni
ulteriore conseguenziale statuizione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 09/04/2009 il Referendario Avv.
Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.1. LA conferenza dell’Autorità
d’Ambito Territoriale Ottimale n. 3 torinese affidava con deliberazione n.
173/004 alle società a totale partecipazione pubblica ACEA s.p.a e SMAT s.p.a ex
art. 113, comma 5, lett.c) del D.lgs. n. 267/2000 la gestione del servizio
idrico integrato per la totalità dell’ambito territoriale ottimale di
riferimento.
I Comuni intimati non hanno mai aderito alle predette due società in house,
escludendo il loro territorio dalla gestione associata d’ambito affidata alle
medesime, seguitando a gestire in economica le fasi del ciclo delle acque
(fognatura ed acquedotto).
Successivamente, con le deliberazioni impugnate i Comuni stessi decidevano di
stipulare atto costitutivo di una s.r.l. fra i Comuni di Burolo, Rondisone,
Traves, Vallo, Varisella, Vauda e Vische per gestire con loro il servizio idrico
integrato mercé la sottoscrizione di una quota di partecipazione nella
costituenda s.r.l . Approvavano contestualmente la convenzione per la gestione
del servizio, dando mandato al Sindaco di sottoscrivere l’atto costitutivo e la
Convenzione, la quale prevedeva l’affidamento del servizio alla società per
cinque anni.
1.2. Insorgeva con il gravame in epigrafe avverso l’anzidetta deliberazione
l’Autorità d’Ambito Torino 3 articolando tre motivi.
Con il primo lamenta incompetenza e violazione dell’art. 9 della Legge Galli
nonché degli artt. 4, comma 1, 5, commi 1 e 2, 7, L. Reg. Piemonte 20.1.2007, n.
13 e violazione della deliberazione della Conferenza della stessa Autorità di
ambito del 27.5.2004 n. 173.
Sostiene in sintesi la ricorrente che i Comuni non erano legittimati a
costituire con altri Comuni un’apposita società pubblica cui affidare la
gestione del servizio idrico integrato, per il quale compete esclusivamente all’ATO
ogni decisione sulla forma organizzatoria da prescegliere per l’erogazione del
servizio pubblico de quo, poiché la legge n. 36/1994 e relativa legge regionale
di attuazione ha inteso superare la frammentazione per fasi e territori nella
gestione del servizio in questione, il quale non può più essere parcellizzato.
Le relative forme di gestione devono poi seguire i moduli contemplati dall’art.
113, comma 5 del TUEL. Il Comune intimato non poteva individuare un’altra
società per la gestione del servizio idrico, diversa da quelle già prescelte
dall’ATO, unico soggetto competente ad assumere decisioni in tal senso.
Al secondo mezzo è invece affidata la doglianza di violazione dell’art. 148 del
d.lgs. n. 152/2006 che consente la deroga al regime integrato di gestione
associata, unicamente a favore dei comuni montani aventi polo azione non
superiore a 1.000 abitanti, facoltizzandoli a proseguire nella gestione diretta
in economica.
La norma, a parere della ricorrente, non può ricevere applicazione retroattiva,
non potendo dunque regolare la fattispecie all’esame, che si connota per avere i
Comuni evocati disposto la costituzione della contestata società pubblica nel
febbraio del 2006.
Quand’anche, peraltro, si ritenesse configurabile la contestata retroattività i
Comuni intimati non potrebbero beneficiarne, non possedendo i due requisiti
definiti dall’art. 148 del Codice dell’Ambiente, ossia l’essere comuni montani e
l’avere una popolazione residente non superiore alle 1.000 unità.
Al terzo ed ultimo motivo è invece commessa la deduzione della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 148 del Codice ambiente eccesso di delega
in violazione dell’art. 76 della Costituzione.
Non si costituivano in giudizio i Comuni intimati
2. Alla Camera di Consiglio del 4.9.2008 l Sezione accoglieva la domanda
cautelare, motivando in punto di fumus boni iuris e di inapplicabilità
dell’art. 148 del d.lgs. n. 152/2006 con l’Ordinanza n. 690/2008.
Pervenuto l’affare alla pubblica Udienza del 9.4.2009 sulle conclusioni della
parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano la causa veniva
spedita in decisione.
DIRITTO
1. Il primo motivo rubrica
incompetenza e violazione dell’art. 9 della Legge Galli nonché degli artt. 4,
comma 1, 5, commi 1 e 2, 7, L. Reg. Piemonte 20.1.2007, n. 13 e violazione della
deliberazione della Conferenza della stessa Autorità di ambito del 27.5.2004 n.
173.
Prospetta la ricorrente la tesi che i Comuni intimati non erano legittimati a
costituire con altri Comuni un’apposita società pubblica cui affidare la
gestione del servizio idrico integrato, per il quale è esclusivamente l’ATO il
soggetto pubblico titolare di competenze in ordine ad ogni decisione sulla forma
organizzatoria da prescegliere per l’erogazione del servizio pubblico de quo,
poiché la legge n. 36/1994 e relativa legge regionale di attuazione ha inteso
superare la parcellizzazione per fasi e territori nella gestione del servizio in
questione, il quale non può più essere frammentato per segmenti e territori. Le
relative forme di gestione devono poi ricalcare i moduli definiti dall’art. 113,
comma 5 del TUEL. I Comuni intimati non potevano di conseguenza costituire
un’altra società per la gestione del servizio idrico, diversa da quelle già
prescelte dall’ATO, unico soggetto competente ad assumere decisioni in tal
senso.
La tesi della ricorrente Autorità coglie nel segno.
Invero la Legge n. 36/1994 ha istituito un sistema centralizzato per ambiti
territoriali ottimali individuati con legge regionale, per la gestione e
l’erogazione del servizio idrico integrato.
I cardini del nuovo impianto normativo sono sostanzialmente due. Il primo
consiste nella visione unitaria della risorsa idrica, per la quale viene
delineato un ciclo completo, che si diparte dalla fase della captazione, dell’emungimento
per giungere alla depurazione, attraverso la fase intermedia dell’adduzione.
Il secondo caposaldo della legge è il superamento della polverizzazione
territoriale che contrassegnava le pregresse gestioni, per lo più condotte in
amministrazione diretta o economia dai vari enti locali. Il che ha generato lo
sfavore del legislatore, motivato con la considerazione che tale
parcellizzazione partorisse diseconomie e disservizi.
Si è optato per una gestione associata ed integrata, polarizzata su centri
unificati a livello sub regionale (gli ambiti territoriali ottimali) al cui
governo sono state preposte Autorità infra - provinciali, le c.d. ATO.
A queste il legislatore ha commesso compiti di regolazione, indirizzo, controllo
e definizione dei moduli gestionali. Spetta alle ATO individuare la figura
gestoria più opportuna mediante la quale provvedere all’erogazione de servizio
idrico integrato.
Siffatta individuazione deve, peraltro, per volontà espressa del legislatore,
seguire il solco del vecchio art. 22 della L. m. 142/1990, poi trasfuso e
rivisto nell’art, 113 del d.lgs. n. 267/2000, variamente modificato dalle leggi
di settore.
Di talché le figure gestorie ipotizzabili sono costituite dal modello
societario, o di capitali, previa individuazione attraverso procedure ad
evidenza amministrativa, o a capitale misto pubblico - privato o a capitale
interamente pubblico.
L’Autorità ricorrente ha optato per detto ultimo modello, affidando con la
Deliberazione n. 173/2004 alla due società SMAT e ACEA la gestione del ciclo
completo delle acque per il territorio corrispondente all’Ambito territoriale
Ottimale Torino 3, nel quale ricadono anche i Comuni evocati. Questi ultimi per
il vero non sarebbero stati estraniati in toto dalla gestione de servizio
de quo, partecipando allo stesso attraverso un suo rappresentante in seno
all’Autorità di ambito.
Indubbiamente, tuttavia, il nuovo assetto ordinamentale, nel quale campeggia la
figura istituzionale dell’Autorità di Ambito, ha privato il Comune dei suoi
poteri di regolazione e di definizione del modulo gestionale più appropriato
alle necessità erogative del servizio.
Il Comune non è più competente e legittimato a costituire alcuna società a cui
affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico, il quale è
totalmente di competenza dell’Autorità di Ambito.
Ne consegue che l’avvenuta costituzione, in concorrenza con l’Autorità, di una
società ad hoc da parte dei Comuni intimati, quantunque a totale
partecipazione pubblica locale, integra un vulnus del dettato legislativo
di riferimento, pi sopra sommariamente ricostruito.
I Comuni intimati hanno dunque infranto l’art. 9 della L. n. 36/1994 e gli artt.
4,5 e 7 della coerente Legge Regionale del Piemonte n. 13/2007, le quali
delineano un sistema accentrato a livello di ambito territoriale ottimale per la
gestione ed erogazione del servizio idrico integrato.
Fondata pertanto si configura la dedotta violazione delle predette norme, come
pure della stessa Deliberazione dell’ATO n. 173/2004, alla quale gli stessi
Comuni in questione hanno concorso mediante la partecipazione dei loro
rappresentanti in seno all’Autorità. Questa deliberazione individuava le società
ACEA e SMAT quali affidatarie della gestione del servizio idrico integrato a
livello di ambito mentre con la deliberazione impugnata i Comuni intimati hanno
posto nel nulla e vanificato siffatta determinazione.
Il motivo in scrutinio è dunque fondato e va conseguentemente accolto.
2. Del pari a favorevole valutazione si presta il secondo mezzo, con il quale la
ricorrente Autorità censura la violazione dell’art. 148 del Codice ambiente, che
ammetta una droga, legittimando la gestione diretta in economia, per i comuni
inseriti in comunità montane e avanti popolazione non superiore a 1.000
abitanti.
E’ ora evidente che ratione temporis la norma non applicabile al caso
all’esame del Collegio, nel quale la deliberazione impugnata è stata assunta il
27.2.2006, là dove il codice dell’ambiente è entrato in vigore in epoca
successiva.
Parimenti fondata è la tesi per la quale in ogni caso la norma non poteva
applicarsi ai Comuni evocati per carenza di entrambi i presupposti definiti
dalla norma, ossia l’essere inseriti in una comunità montana e l’avere una
popolazione residente non superiore alle 1.000 unità, mentre gli Enti intimati
contano più di 1.000 abitanti.
Siffatte circostanze non sono contestate e vanno quindi ritenute pacifiche.
Per amore di precisione giuridica deve tuttavia la Sezione dissentire dalla
prospettazione di chiusura del motivo in analisi, secondo la quale quand’anche i
Comuni intimati possedessero i delineati due requisiti, la decisione di affidare
a società interamente pubblica la gestione del servizio idrico integrato
spetterebbe comunque all’Autorità di Ambito in quanto l’art. 148, comma 5 del
d.lgs. n. 152/2006 riserva comunque all’autorità predetta tutte le “funzioni di
regolazione generale e di controllo” sulle gestioni separate.
La tesi non persuade il Collegio. Il disposto della norma è in tutt’altro senso
che quello tratteggiato dalla difesa dell’Autorità. La norma autorizza i Comuni
a non aderire alla gestione unica d’ambito, in presenza dei ricordati
presupposti, a condizione che il comune gestisca direttamente il servizio e in
affidamento a società a capitale interamente pubblico soggetta al suo controllo.
Non prevede affatto la norma de qua che la decisione se gestire il
servizio in via diretta o affidarlo invece alla predetta società pubblica sia di
competenza dell’autorità d’Ambito.
Siffatta opzione esegetica collide manifestamente con il disposto per il quale
il Comune può non aderire alla gestione d’ambito. E se esercita tale facoltà non
hanno ragione d’essere i poteri dell’Autorità in ordine alle modalità di
gestione del servizio.
In altri termini l’Autorità è competente ad individuare le formule gestorie del
servizio, conformemente all’art. 113 del TUEl, solo qualora un Comune aderisca
alla gestione unica d’ambito.
Ove invece non intenda aderirvi, non v’è ragione fattuale e giuridica per
incardinare in capo all’Autorità di ambito la competenza a decidere circa le
modalità di gestione del servizio, il quale rimane nella titolarità del
Comune,ma che può provvedervi in amministrazione diretta o in affidamento a
società in house. Ma tale decisione in tal caso compete unicamente al Comune.
E’ esatto peraltro che i poteri generali di regolazione e controllo residuino in
capo all’Autorità (il potere di fissazione di standard di qualità, di livelli
tariffari, di controllo sulla corretta gestione del servizio e sul rispetto
degli standard e quant’altro).
Ciò è coerente con la configurazione dei siffatte Autorità quali titolari di
funzioni regolative e di controllo sulla gestione del servizio idrico integrato.
3. La questione di costituzionalità dell’art. 148 del d.lgs. n. 152/2006 per
eccesso di delega, dedotta con il terzo motivo è priva del fondamentale
carattere della rilevanza, atteso che il ricorso si profila fondato già nei due
iniziali scrutinati motivi, recanti le censure di sostanza, il cui accoglimento
consente al collegio di assorbire la predetta ultima questione che è orba del
requisito della rilevanza, potendo essere il ricorso sufficientemente deciso
sulla scorta dei precedenti due motivi di gravame.
In definitiva, alla luce delle considerazioni finora svolte il ricorso appare
fondato e va accolto.
Le spese devono seguire il criterio della soccombenza e sono liquidate in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale del Piemonte - Prima Sezione - definitivamente pronunciando sul
ricorso in epigrafe lo Accoglie e, per l’effetto, Annulla i provvedimenti
impugnati.
Condanna in solido i Comuni intimati a pagare alla ricorrente le spese di lite
che liquida in € 1.500,00 oltre iva e cnap se dovuti.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio del giorno 09/04/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario
Alfonso Graziano, Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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