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TAR PIEMONTE, Sez. I - 21 luglio 2009, n. 2065



DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - CACCIA - Aziende agri-turistico-venatorie - Istituzione - Art. 16 L. n. 157/92 - Requisiti - Presenza di colture specializzate - Incompatibilità con il requisito della “depressività agricola” - Inconfigurabilità. L’articolo 16 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, prevede che le aziende agri-turistiche-venatorie debbano “essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico” e “coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata”. Il secondo dei due presupposti non è escluso dalla presenza di colture altamente specializzate (nella specie, riso), atteso che l’impiego dell’avverbio “preferibilmente” indica chiaramente che la depressività agricola non costituisce requisito inderogabile ai fini dell’istituzione dell’azienda. Pres. Bianchi, Est. Goso -B.L. e altri (avv.Yeuillaz) c. Regione Piemonte (avv. Magliona). TAR PIEMONTE, Sez. I - 21/07/2009, n. 2065

 

 

 

N. 02065/2009 REG.SEN.
N. 01433/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 1433 del 2002, proposto da:
Bazzani Luigia, Calciati Gaudenzio, Cambieri Alberto (quale legale rappresentante della Borgal s.r.l.), Castelli Gianfranco, Chiesa Massimo, Giardini Aldo (quale legale rappresentante della Giardini s.p.a.), Giardini Vittorio (quale legale rappresentante della Tecnogi s.p.a.), Giè Lorenzo (quale legale rappresentante dell’Associazione Burchvif), Meneghesso Angelina, Merlo Anna Maria, Mortarini Rosa, Passarelli Angelina, Sacchi Giovanna, Ugazio Adriano e Ugazio Pier Angelo, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Marco Yeuillaz, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Maria Vittoria, 6;

contro

Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall'avv. Giulietta Magliona, con domicilio eletto presso la stessa in Torino, piazza Castello, 165;

nei confronti di

Azienda agri-turistico-venatoria La Voliera;

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziale della Regione Piemonte - Direzione Territorio Rurale n. 132 del 10.7.2001, resa nota ai ricorrenti il 18.7.2002, con la quale viene autorizzata l'istituzione dell'azienda agri-turistico-venatoria denominata "La Voliera", ubicata nel territorio del Comune di Borgolavezzaro, ricadente nella zona faunistico di pianura della provincia di Novara, per l'area delimitata nella planimetria agli atti dell'ufficio emanante, in favore del signor Italo Rampi, presidente e legale rappresentante della stessa;

- degli atti presupposti, prodromici, consequenziali o comunque connessi.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/6/2009 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO
 

Con ricorso giurisdizionale regolarmente notificato alla Regione Piemonte in data 2 novembre 2002, gli esponenti contestano la legittimità della determinazione dirigenziale indicata in epigrafe, con cui la Regione Piemonte, accogliendo l’istanza presentata nel 1997 dal signor Italo Rampi, ha autorizzato l’istituzione dell’azienda agri-turistico-venatoria denominata “La Voliera” nel territorio del Comune di Borgolavezzaro.

Gli esponenti precisano preliminarmente di essere proprietari di fondi ricadenti all’interno dell’istituita azienda, ma di non appartenere al consorzio titolare della medesima.

Ciò premesso, essi introducono i seguenti motivi di gravame:

I) Violazione di legge in riferimento all’art. 7 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione dei principi in materia di procedimento amministrativo.

La censura si riferisce alla mancata comunicazione di avvio del procedimento volto all’istituzione dell’azienda.

II) Violazione di legge in riferimento all’art. 20 della legge Regione Piemonte 4 settembre 1996, n. 70 e agli artt. 19 e 21 della D.G.R. n. 122-15265 del 9 dicembre 1996. Eccesso di potere per superficialità dell’istruttoria.

Ad avviso dei deducenti, la qualità di imprenditore agricolo avrebbe dovuto essere posseduta, non solo dal rappresentante del consorzio, che non agiva in proprio, ma direttamente dal consorzio fra proprietari.

III) Violazione di legge in riferimento all’art. 21 della D.G.R. n. 122-15265 del 9 dicembre 1996 sotto diverso profilo. Eccesso di potere per superficialità dell’istruttoria sotto diverso profilo e travisamento manifesto di circostanze di fatto.

Non tutti i proprietari dei terreni inclusi nell’azienda avrebbero prestato il proprio consenso e alcuni dei soggetti che lo avevano prestato non sarebbero proprietari, ma semplici conduttori, ovvero comproprietari sforniti del consenso degli altri comproprietari.

IV) Violazione di legge in riferimento agli artt. 20 e 21 cod. civ. Eccesso di potere per superficialità dell’istruttoria sotto diverso profilo.

La censura si riferisce all’irregolare costituzione dell’assemblea chiamata a deliberare sulla trasformazione dell’originario consorzio e l’adozione del nuovo statuto.

V) Violazione di legge in riferimento all’art. 9 della legge Regione Piemonte 4 settembre 1996, n. 70 e all’art. 23 della D.G.R. n. 122-15265 del 9 dicembre 1996. Eccesso di potere per insufficienza dell’istruttoria sotto diverso profilo.

Il parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica non avrebbe considerato che all’interno dell’azienda era inclusa un’oasi di protezione ex art. 9, l.r. n.70/96, circostanza che, qualora adeguatamente rappresentata all’Istituto, avrebbe reso necessaria una nuova valutazione da parte dello stesso.

VI) Violazione di legge in riferimento all’art. 71 del d.P.R. 28 dicembre 20, n. 445 e all’art. 6 della legge regionale 8 luglio 1999, n. 17.

La Regione ha omesso di esercitare i controlli, asseritamente doverosi, sulla documentazione e le dichiarazioni sostitutive relativi agli elementi costitutivi dell’azienda e del consorzio.

VII) Violazione di legge in riferimento all’art. 16 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e all’art. 20 della legge Regione Piemonte 4 settembre 1996, n. 70. Eccesso di potere per superficialità e incompletezza dell’istruttoria.

La presenza nell’area dell’azienda di colture altamente specializzate vale ad escludere la sussistenza dei presupposti per la sua istituzione.

VIII) Violazione di legge in riferimento all’art. 16 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e della D.G.R. n. 50-2242 del 12 febbraio 2001.

Risulterebbe superata, nel caso di specie, la superficie massima prevista dalla normativa regionale per l’istituzione di aziende faunistiche e agri-turistico-venatorie.

In forza di tali censure, gli esponenti instano conclusivamente per l’annullamento del provvedimento impugnato.

Si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, eccependo preliminarmente l’irricevibilità del gravame e, nel merito, contrastandone la fondatezza.

Con ordinanza collegiale n. 35 del 7 maggio 2009, ottemperata dall’amministrazione, sono stati disposti incombenti istruttori.

In prossimità della pubblica udienza, le parti hanno depositato memorie con cui articolano ulteriormente le proprie tesi difensive.

Chiamato all’udienza del 18 giugno 2009, infine, il ricorso è stato ritenuto in decisione.
 

DIRITTO
 

1) E’ controversa, nel presente giudizio, la legittimità della determinazione dirigenziale del Settore caccia e pesca della Regione Piemonte n. 132 del 10 luglio 2001, con cui è stata autorizzata l’istituzione dell’azienda agri-turistico-venatoria denominata “La Voliera” nel Comune di Borgolavezzaro.

La contestata autorizzazione, avente durata limitata al 31 gennaio 2007, è stata rilasciata in favore del signor Italo Rampi che aveva formulato la relativa richiesta in data 12 giugno 1997, nella qualità di presidente del consorzio tra proprietari della costituenda azienda.

2) Va precisato preliminarmente che il provvedimento impugnato è stato adottato dalla Regione Piemonte ai sensi dell’articolo 20 della legge regionale 4 settembre 1996, n. 70, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.

Il primo comma dell’art. 20 prevede che, su richiesta degli interessati e sentito il parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, possa essere autorizzata, entro il limite del quindici per cento del territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna Provincia, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie.

La legge ragionale precisa, inoltre, che le aziende agri-turistico-venatorie - nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento, esclusivamente nella stagione venatoria, di fauna selvatica di allevamento - sono istituite ai fini di impresa agricola.

3) Ciò premesso, prima di vagliare le censure di legittimità dedotte dai ricorrenti, occorre soffermarsi sull’eccezione di tardività del ricorso proposta dall’Amministrazione resistente.

3.1) Il ricorso giurisdizionale sarebbe tardivo, in primo luogo, perché la determinazione censurata era stata pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione Piemonte n. 41 del 10 ottobre 2001 e da tale data dovevano decorrere i termini per l’impugnazione.

La stessa eccepiente riconosce, però, che l’obbligo di pubblicazione degli atti amministrativi aventi rilevanza esterna è stato introdotto solo con l’articolo 61 dello Statuto approvato con legge regionale n. 1 del 4 marzo 2005, mentre l’articolo 65 del precedente Statuto, approvato con legge n. 338 del 22 maggio 1971 e applicabile ratione temporis, prescriveva che fossero pubblicate solo le deliberazioni degli organi della Regione.

Atteso che il provvedimento impugnato è pacificamente estraneo alla categoria di atti da ultimo delineata, l’avvenuta pubblicazione sul B.U.R. non risultava idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione previsto dall’articolo 21, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

Né vale fare riferimento all’obbligo di pubblicazione previsto per le determinazioni dirigenziali, purché a rilevanza esterna e non meramente esecutive di precedenti determinazioni, introdotto con il regolamento regionale n. 8 del 29 luglio 2002, trattandosi, anche in questo caso, di fonte successiva alla pubblicazione del provvedimento impugnato.

3.2) La difesa regionale non comprova, in secondo luogo, che i ricorrenti avevano acquisito piena conoscenza del provvedimento lesivo dei loro interessi prima dell’accesso documentale esperito in data 18 luglio 2002 e, precisamente, al momento della “palinazione” del territorio (ossia dell’apposizione delle tabelle segnanti i confini dell’azienda), necessariamente avvenuta prima del 16 settembre 2002, data di apertura della stagione venatoria.

Tale circostanza, infatti, poteva rendere edotti gli interessati del fatto che fosse stata autorizzata l’istituzione di un’azienda sui loro terreni, ma non trasmetteva puntuali informazioni circa gli estremi del provvedimento autorizzativo e il suo contenuto specifico, elementi necessari per acquisire piena consapevolezza della lesione e, pertanto, per determinare la decorrenza del termine per l’impugnazione.

3.3) Infine, la difesa regionale obietta ancora che la piena conoscenza del provvedimento impugnato da parte dei ricorrenti risalirebbe, al più tardi, al 29 gennaio 2002, data dell’istanza di accesso documentale nella quale gli istanti si dichiaravano a conoscenza del fatto che l’istituita azienda includeva i terreni di loro proprietà.

Anche sotto quest’ultimo profilo, l’eccezione di tardività del gravame risulta priva di pregio.

Nella citata istanza di accesso, infatti, i richiedenti si erano espressi in termini dubitativi circa l’avvenuta istituzione dell’azienda (“… hanno avuto notizia che la Regione Piemonte avrebbe costituito in Borgolavezzaro … l’azienda agri turistico venatoria denominata “La Voliera”).

In ogni caso, anche qualora gli interessati avessero posseduto certezze circa il verificarsi dell’evento lesivo dei loro interessi, ciò non era sufficiente a determinare la decorrenza del termine per l’impugnazione che, come già rilevato sub 3.2), implicava necessariamente la piena conoscenza degli estremi dell’atto autorizzativo e del suo contenuto specifico, elementi che, viceversa, gli interessati hanno appreso solo a seguito dell’esperimento dell’accesso documentale.

4) Nel merito, buona parte dei rilievi critici formulati dai ricorrenti risultano destituiti di fondamento.

4.1) Tale valutazione negativa deve essere riferita, innanzitutto, alla censura dedotta con il secondo motivo di gravame, relativa alla mancanza della qualità di imprenditore agricolo in capo al consorzio fra proprietari: non poteva ritenersi sufficiente, infatti, il possesso di tale qualità da parte del signor Italo Rampi, atteso che questi non agiva in proprio, ma quale rappresentante del consorzio

La tesi della parte ricorrente non si concilia, però, con il tenore dell’articolo 21 della deliberazione della Giunta regionale n. 122-15265 del 9 dicembre 1996, di approvazione dei criteri per l’istituzione delle aziende agri-turistico-venatorie (non impugnata), che prescrive il possesso della qualità di imprenditore agricolo in capo al solo titolare della concessione (rectius: autorizzazione) e non anche del consorzio eventualmente costituito fra i proprietari o i possessori interessati.

4.2) Analoga diagnosi di infondatezza deve essere riferita alle censure svolte con il quarto motivo di ricorso, riferite all’irregolare costituzione dell’assemblea che aveva deliberato la trasformazione del consorzio fra proprietari, originariamente costituito per l’istituzione di un’azienda faunistico-venatoria, in consorzio per l’esercizio di un’azienda agri-turistico-venatoria.

Dette censure, infatti, afferiscono alla validità di atti fra privati che l’amministrazione procedente non era tenuta a sindacare, anche a scanso di indebiti aggravi procedurali.

Per contro, l’articolo 26 della citata deliberazione n. 122-15265 prescriveva soltanto che, nel caso di azienda con struttura consortile, la domanda di istituzione dovesse essere corredata, tra l’altro, da un documento attestante la validità del consorzio e dal relativo statuto, atti che risultano regolarmente allegati all’istanza presentata dal signor Rampi.

4.3) E’ infondato anche il quinto motivo di ricorso, con cui gli esponenti lamentano l’insufficienza dell’attività istruttoria compiuta dalla Regione e, più precisamente, il fatto che la stessa non avesse comunicato all’Istituto nazionale per la fauna selvatica che, all’interno dell’area dell’istituenda azienda, era inclusa un’oasi di protezione ex art. 9 della l.r. n. 70/96, circostanza che, qualora adeguatamente rappresentata, avrebbe imposto una nuova e più approfondita valutazione da parte dell’Istituto predetto.

La documentazione prodotta in atti dalla difesa regionale dimostra l’insussistenza delle circostanze allegate dai ricorrenti: si fa riferimento alla lettera della Provincia di Novara prot. n. 35299 del 27 ottobre 2000, ove si chiarisce che, preso atto delle opposizioni dei proprietari o conduttori dei fondi interessati, l’oasi di Borgolavezzaro “non è stata costituita” (e, in difetto di ulteriori allegazioni della parte ricorrente, deve ritenersi che fosse proprio questa l’oasi di protezione cui si faceva riferimento nel ricorso introduttivo).

4.4) Con il settimo motivo di gravame, i ricorrenti lamentano nuovamente, sotto un diverso profilo, l’incompletezza dell’istruttoria espletata nella fattispecie, poiché la Regione non avrebbe compiuto le necessarie verifiche in ordine alla sussistenza dei presupposti individuati dalla legge per l’istituzione di un’azienda agri-turistico-venatoria.

Gli esponenti fanno riferimento all’articolo 16 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in forza del quale le aziende di che trattasi devono “essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico” e “coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata”.

La presenza di colture altamente specializzate (prevalentemente riso) nell’area in questione varrebbe ad escludere, secondo i ricorrenti, il secondo dei presupposti individuati dalla legge.

La censura è infondata sotto un duplice profilo: in primo luogo, perché l’esistenza del parere favorevole dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica costituiva sufficiente garanzia circa la conformità delle caratteristiche (faunistiche e) ambientali dell’area in esame a quanto richiesto dal legislatore per l’istituzione di un’azienda agri-turistico-venatoria; inoltre, perché l’impiego dell’avverbio “preferibilmente” indica chiaramente che la depressività agricola non costituisce requisito inderogabile ai fini dell’istituzione dell’azienda.

4.5) Infondato in fatto, infine, è l’ottavo e ultimo motivo di gravame, con cui gli esponenti denunciano, sotto un diverso profilo, la violazione del menzionato articolo 16, nella parte in cui prevede che la superficie complessiva delle aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie non possa eccedere il quindici per cento del territorio agro-silvo-pastorale della Provincia interessata (limite ridotto al 14,50% con successiva deliberazione della Giunta regionale del Piemonte).

La difesa regionale, peraltro, fondandosi sugli stessi dati forniti dalla parte ricorrente, dimostra che la percentuale suindicata non è stata superata nel caso di specie, atteso che la superficie complessiva degli istituti privati della caccia già presenti nella provincia di Novara si collocava ampiamente al di sotto dell’accennato limite del 14,50%.

5) Una contraria diagnosi deve essere riferita, invece, alle altre censure dedotte dai ricorrenti, la cui fondatezza determina l’esito negativo dello scrutinio di legittimità del provvedimento impugnato.

5.1) Tale giudizio vale, in primo luogo, per le censure formulate con il terzo motivo di ricorso, con riferimento alla superficialità dell’attività istruttoria condotta dai competenti uffici della Regione Piemonte e al travisamento di fondamentali circostanze di fatto inerenti la posizione dei proprietari dei terreni inclusi nell’azienda.

Il vaglio di tali censure richiede, peraltro, che siano forniti alcuni chiarimenti preliminari.

5.1.1) La già richiamata deliberazione di giunta n. 122-15265 del 9 dicembre 1996, con cui la Regione Piemonte ha approvato criteri per l’istituzione delle aziende agri-turistico-venatorie, prevede, all’articolo 21, che il territorio dell’azienda possa includere anche terreni che non sono nella disponibilità del soggetto concessionario: a tal fine, i proprietari e i possessori dei terreni possono costituire apposito consorzio.

Il successivo articolo 26 prevede, nel caso delle aziende consortili, che la domanda di concessione (o di autorizzazione) debba essere corredata, fra l’altro, da un elenco nominativo dei proprietari e/o possessori dei terreni, con le indicazioni catastatali relative ai terreni di pertinenza e le superfici di corrispondenza nonché l’assenso dei singoli proprietari e/o possessori al conferimento dei terreni all’azienda.

5.1.2) Nel caso di cui si controverte, non è in discussione la completezza formale della documentazione presentata dal signor Italo Rampi in allegato alla domanda di istituzione dell’azienda.

E’ contestata, invece, la regolarità sostanziale dei documenti medesimi che non conterrebbero l’assenso di tutti i proprietari o possessori dei terreni inclusi nell’azienda, carenze riguardanti addirittura 451.830 metri quadrati di superficie (sul totale dell’azienda di 4.461.353 metri quadrati), appartenenti a soggetti che non avevano prestato alcun assenso.

5.1.3) In punto di fatto, occorre chiarire che le circostanze allegate dai ricorrenti non sono smentite dalla controparte.

La stessa difesa regionale ammette, cioè, che l’istruttoria culminata con il provvedimento istitutivo dell’azienda non ha compreso la verifica dell’esistenza delle dichiarazioni di adesione di tutti i proprietari o possessori dei terreni ivi inclusi.

5.1.4) Le argomentazioni della difesa regionale sono volte, invece, ad affermare la superfluità o, comunque, la non doverosità di tali accertamenti.

Secondo la tesi difensiva, in altre parole, l’amministrazione era solamente tenuta a verificare la sussistenza dei documenti richiesti dalla citata deliberazione n. 122-15265, non la veridicità delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente circa la disponibilità dei terreni né le dichiarazioni di assenso rese dai titolari dei medesimi.

Questi ultimi compiti incombevano esclusivamente sulla persona del direttore/concessionario dell’azienda e le relative contestazioni attengono a vicende interne del consorzio che devono essere fatte valere in sede privatistica, quindi dinanzi al giudice ordinario.

5.1.5) La tesi dell’Amministrazione resistente non può essere condivisa.

Il provvedimento che istituisce un’azienda agri-turistico-venatoria su terreni di soggetti diversi dal richiedente ha, infatti, un’indiscutibile incidenza sugli interessi dei privati coinvolti, potendo contrastare con il libero esercizio delle prerogative dominicali o legate al possesso dei terreni medesimi.

Grava sull'amministrazione procedente, in conseguenza, l'obbligo di effettuare un’adeguata istruttoria per verificare che il richiedente/concessionario abbia l’effettiva disponibilità dei beni che si assumono conferiti per l’istituzione dell’azienda.

Tale istruttoria non è rivolta a risolvere eventuali conflitti tra privati, bensì ad accertare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di istituzione dell’azienda.

Si ravvisano, in altri termini, precise esigenze di certezza le quali impongono che l'amministrazione, quale garante della correttezza dello svolgimento del procedimento al quale presiede, non possa prescindere dal preliminare accertamento circa l’effettiva esistenza del consenso di tutti i soggetti i cui terreni sono fatti oggetto di inclusione nell’azienda, accertamento che non dà luogo ad alcun aggravio procedurale, ma risponde a un’evidente regola di buona amministrazione.

5.1.6) Nel caso in esame, si ribadisce, l’amministrazione procedente ha omesso di compiere i doverosi controlli circa l’effettiva prestazione del consenso da parte di tutti i titolari dei terreni inclusi nell’azienda e si è limitata, invece, a verificare la regolarità formale della documentazione presentata dal richiedente.

Tali omissioni hanno fatto sì che le proprietà degli attuali ricorrenti fossero coattivamente incluse nell’azienda e l’abnorme esito procedimentale non può ascriversi alla sola responsabilità del richiedente/concessionario, ma rappresenta diretta conseguenza delle denunciate carenze istruttorie, peraltro non giustificabili, a fronte degli interessi che sono stati compromessi, con la mera osservanza formale degli adempimenti prescritti dalla più volte citata deliberazione regionale n. 122-15265.

5.2) Il sesto motivo di gravame rappresenta quasi una sorta di corollario o specificazione di quello appena esaminato.

Lamentano gli esponenti che la Regione abbia omesso di compiere qualsivoglia forma di verifica sulla documentazione e la dichiarazioni sostitutive presentate dal richiedente, venendo così meno al generale potere-dovere di controllo che l’ordinamento attribuisce all’amministrazione preposta al procedimento amministrativo.

Le precedenti considerazioni in merito alla posizione di garante della regolarità del procedimento che assumeva nella fattispecie la Regione Piemonte inducono necessariamente una diagnosi positiva in ordine alla fondatezza della censura.

Si soggiunge che, nel caso in esame, la documentazione presentata dal signor Italo Rampi presentava anomalie che rendevano palese l’esigenza di procedere a più approfonditi controlli.

Tanto vale per gli atti di adesione all’azienda faunistico-venatoria (che la difesa regionale pretende essere stati oggetto di “controllo incrociato” e che produce in atti sub 6) che in due casi (Campanella e Mattiolo) risultavano sottoscritti da semplici conduttori, quindi né proprietari né possessori, dei terreni.

5.3) E’ fondato, infine, anche il primo motivo di gravame, con cui gli esponenti denunciano la violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che prescrive l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti.

Tale era, appunto, la condizione degli odierni ricorrenti i quali, nella qualità di proprietari di terreni includendi nell’azienda ed estranei al consorzio fra proprietari, avevano diritto di essere informati circa l’avvio del procedimento amministrativo volto all’adozione di un provvedimento destinato a incidere direttamente sulle loro proprietà.

Né vale eccepire, coma fa la difesa regionale, l’inesistenza di un pregiudizio effettivo conseguente all’omissione procedimentale, giacché la partecipazione procedimentale dei ricorrenti avrebbe consentito di appurare la loro estraneità al consorzio e, quindi, l’impossibilità di includerne coattivamente i beni nella costituenda azienda.

E’ superfluo rilevare, infine, che non si riscontrava nella fattispecie alcuna particolare esigenza di celerità che consentisse di derogare all’obbligo in questione, trattandosi di procedimento avviato ad istanza di parte nel 1997 e concluso quattro anni più tardi.

6) Per tali ragioni, il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna la Regione Piemonte a rifondere ai ricorrenti le spese del grado di giudizio che liquida forfetariamente nell’importo complessivo di euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 18/6/2009 con l'intervento dei magistrati:

Franco Bianchi, Presidente

Richard Goso, Primo Referendario, Estensore

Alfonso Graziano, Referendario

IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/07/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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