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TAR PIEMONTE, Sez. I - 21 luglio 2009, n. 2067
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Ordine di rimozione, smaltimento e riduzione in
pristino - Proprietario - Colpa - Amministratore della società proprietaria
-Deposito di detriti - Rapporto con la responsabilità penale - Fatto illecito
dell’ausiliario o del preposto - Culpa in eligendo e in vigilando. A
fronte della presenza di una certa fonte di inquinamento è indiscusso ed
indiscutibile che l’amministrazione possa ordinarne la rimozione, lo smaltimento
e la riduzione in pristino dell’area anche al proprietario, in solido con il
responsabile dell’inquinamento, qualora in capo al primo sia ravvisabile un
profilo di dolo o di colpa, a prescindere dalla diretta responsabilità per
l’inquinamento ovvero l’accumulo sul luogo. Ovviamente il profilo di colpa
rilevante ai fini per cui è causa non è necessariamente coincidente con la
commissione di un fatto penalmente rilevante; al di là del fatto che sia o meno
ascrivibile all’amministratore della società una fattispecie di reato per il
materiale deposito dei detriti, ben potrebbe comunque ravvisarsi una
responsabilità colposa omissiva sotto il profilo civilistico, non solo nel
proprietario che tollera il deposito di materiale ignoto da parte di ignoti pure
colti sul fatto sul proprio terreno, ma ancor di più di colui che
civilisticamente risponde del fatto illecito del proprio ausiliario o preposto
per non averne controllato debitamente l’operato, e quindi per culpa vuoi
in eligendo vuoi in vigilando. Pres. Bianchi, Est. Malanetto - I.
s.r.l. (avv.ti Rollero e Scancarello) c. Comune di Cameri (avv.ti Inserviente e
Monteverde). TAR PIEMONTE, Sez. I -
21/07/2009, n. 2067
N. 02067/2009 REG.SEN.
N. 00191/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 191 del 2004, proposto da:
Immobiliare Cameri Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti. Roberto Rollero,
Franco Scancarello, con domicilio eletto presso l’avv.to Franco Scancarello in
Torino, via Pietro Palmieri, 40;
contro
Comune Cameri, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Enrico Inserviente, Alfredo Monteverde, con domicilio eletto presso l’avv.to
Enrico Inserviente in Torino, corso G. Ferraris, 120;
nei confronti di
Grazioli Graziella, non costituita;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell'ordinanza n. 1004 in data 19.11.2003, successivamente notificata e
reiterata con ordinanza n. 1004/bis in data 9.12.2003 e notificata in pari data,
con le quali il Sindaco del Comune di Cameri ordina alla Società ricorrente di
presentare entro trenta giorni dalla data di notificazione dell'ordinanza
medesima il piano della caratterizzazione e obiettivi della bonifica,
sottoscritto da un tecnico abilitato, relativo al terreno censito al foglio 16
mappale 267 del Comune di Cameri, per accertare il livello di inquinamento del
suolo, mediante carotaggi puntuali, nonché della falda acquifera, previa
valutazione dell'escursione della stessa e la rimozione dei rifiuti posti
precedentemente sotto sequestro ed indicati nell'ordinanza sindacale n. 955 del
18.7.2003;
nonché per l'annullamento;
dell'ordinanza n. 955 in data 18.7.2003, successivamente nota, con la quale il
Sindaco del Comune di Cameri ordina alla Società ricorrente di provvedere alla
messa in sicurezza del sito posto al mappale 267, foglio 16 del N.C.T. del
Comune di Cameri, la posa di idonea copertura dei cumuli, oggetto del sequestro
giudiziario precedentemente disposto, mediante materiale plastico ancorato al
suolo, al fine di impedire la diffusione di inquinanti;
nonché per l'annullamento
degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi
del procedimento (ivi compresa l'ordinanza n. 1013 in data 27.12.2003 e
notificata il 29.12.2003, con la quale il Sindaco del Comune di Cameri concede
alla Società ricorrente la proroga di giorni sessanta per la presentazione del
predetto piano di bonifica, ai sensi dell'art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, come
indicato nella precedente ordinanza sindacale n. 1004/bis del 27.11.2003); e per
ogni ulteriore consequenziale statuizione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune Cameri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 04/06/2009 la dott.ssa Paola Malanetto
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Parte ricorrente ha adito
l’intestato TAR deducendo che la Cordifin s.p.a., società controllante della
Immobiliare Cameri s.r.l., stipulava in data 4.4.2002 un contratto per la
compravendita delle quote della Immobiliare Cameri s.r.l. dai soci venditori
Graziella Grazioli, Antonella Maritan, Luca Alfredo Pareti, Marco Rosolino
Pareti e Vilma Erminia Franzetti, tutti rappresentati per la vendita da Giosuè
Maritan. Nominato il nuovo CDA il signor Giosuè Maritan, già precedentemente
presidente del CDA con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione,
veniva nominato amministratore delegato con ampie deleghe che gli consentivano
una gestione operativa in continuità rispetto alla precedente. L’Immobiliare
Cameri possedeva un deposito merci in leasing immobiliare con esigenze di
migliorie e un’area edificabile sulla quale costruire un deposito logistico da
affittare; il sig. Maritan e il suo staff tecnico erano costantemente presenti
in cantiere mentre il legale rappresentante della società ricorrente, sig.
Perego, si presentava solo saltuariamente e per questioni amministrative. Solo
nel novembre 2002 avveniva la consegna del deposito logistico. Nel marzo 2003
venivano revocati al signor Maritan i poteri conferiti dal CDA; tuttavia questi
continuava a rivestire un ruolo gestorio nel controllo dei lavori e nella parte
tecnica al fine di garantire la continuità dei lavori.
Nel luglio 2003 veniva adottata l’ordinanza n. 955 con la quale il Comune di
Cameri ordinava la messa in sicurezza del sito di proprietà dell’Immobiliare
Cameri, accertata la presenza di cumuli terrosi su detto terreno; il Maritan,
che aveva conservato tutti i poteri gestionali del deposito, riferiva allora
alla proprietà della società una attività notturna di ignoti sull’area del
terreno; il fatto gli veniva contestato disciplinarmente.
Con successiva ordinanza n. 1004/bis il Sindaco ordinava all’immobiliare Cameri
di presentare un piano di caratterizzazione con obiettivi di bonifica e con
l’ordine di rimuovere i rifiuti posti sotto sequestro; la società ricorrente,
senza con ciò prestare acquiescenza, chiedeva un differimento dei termini
imposti; con ordinanza n. 1013 del 27.12.2003 i termini venivano prorogati sino
al 7.3.2004.
Lamenta parte ricorrente la violazione degli artt. 7 e 8 della l. 7.8.1990 n.
241 e l’eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei
fatti, carenza di presupposti e difetto di motivazione e istruttoria, non avendo
la società ricorrente avuto alcuna comunicazione di avvio del procedimento prima
della notificazione delle ordinanze n. 1004-1004bis, e ciò nonostante non si
rappresentasse nelle medesime alcuna particolare urgenza.
Contesta inoltre che le impugnate ordinanze sono rivolte alla società ricorrente
nella sua qualità di proprietaria dell’area; lamenta pertanto la violazione
degli artt. 1,2,14,17 del d.lgs. 5.2.1997 n. 22 in relazione al d.m. 25.10.1999
n. 471, in quanto l’attività di accumulo di materiale terroso qualificabile come
rifiuto non era in alcun modo riconducibile alla ricorrente mentre l’art. 17 del
d.lgs. 22/97 pone l’onere di messa in sicurezza, bonifica e ripristino
ambientale in capo al responsabile dell’inquinamento, soggetto non
necessariamente coincidente con il proprietario dell’area.
Inoltre, in materia di bonifica e ripristino ambientale, la legge impone altresì
che sia sentita “la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano”; tale procedura non era
evidentemente stata seguita ed erroneo doveva ritenersi anche il riferimento
all’art. 17 del d.lgs. 22/97 compiuto dall’Amministrazione nel corpo
dell’ordinanza. Al limite poteva riconoscersi che ricorrevano i presupposti per
l’applicazione dell’art. 14 del d.lgs. 22/97 che consente di imporre la
rimozione, l’avvio allo smaltimento dei rifiuti e il ripristino dello stato dei
luoghi in solido ai responsabili e al proprietario e ai titolari di diritti
reali o personali di godimento sull’area. Lamenta inoltre parte ricorrente che
si potrebbe imporre a chi cagiona l’inquinamento l’obbligo di bonifica allorchè
le istituzioni e gli organi preposti accertassero una situazione di pericolo di
inquinamento; l’autorità competente incaricava l’ARPA di confrontare i rifiuti
accumulati sul terreno della ricorrente e quelli provenienti dallo stabilimento
SACAL; il tecnico competente in sede penale concludeva che non era necessario
procedere ad operazioni di bonifica diverse dalla rimozione, avvio allo
smaltimento dei rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi; ne conseguiva
l’illegittimità dell’imposizione dell’obbligo di presentazione del piano di
caratterizzazione.
Si costituiva il Comune di Cameri contestando la violazione degli artt. 7 e 8
della legge n. 241 del 1990, trattandosi di provvedimenti per natura
contingibili ed urgenti; inoltre l’ordinanza 955/2003 era stata immediatamente
adempiuta dalla ricorrente; infatti, notificata il 18.7.2003, la Società
Immobiliare Cameri già in data 19.7.2003 comunicava di avere provveduto;
pertanto manca l’interesse all’impugnativa di tale ordinanza e in ogni caso la
medesima impugnativa sarebbe tardiva, essendo i termini di legge per impugnare
scaduti in data 2.11.2003, mentre il ricorso è stato notificato in data
16.1.2004.
Quanto alle ordinanze nn. 1004 e 1004 bis, il legale rappresentante chiedeva
incondizionatamente una proroga del termine a provvedere, proroga concessa con
il provvedimento n. 1013.
Rileva parte resistente come sia di nessun rilievo la descrizione della
compagine societaria, posto che i provvedimenti venivano notificati alla società
Immobiliare Cameri pacificamente unica proprietaria del terreno nel corso del
tempo, e su tale circostanza nessuna influenza potevano avere le vicende
circolatorie afferenti singole quote nell’ambito proprietario; contesta inoltre
parte resistente la pertinenza del richiamo all’art. 17 co. 14 del d.lgs.
22/1997, in quanto relativo a progetti di intervento di interesse nazionale;
quanto alle analisi dell’ARPA le medesime avevano evidenziato che i rifiuti
presenti sul terreno dovevano considerarsi pericolosi secondo il codice CER
060406; dal che la legittimità dell’operato dell’amministrazione.
Con memoria 22.5.2009 la società ricorrente deduceva di avere ottemperato
spontaneamente a tutte le prescrizioni di cui agli impugnati provvedimenti,
senza con ciò intendere fare acquiescenza ai medesimi; evidenziava di vantare
ancora un interesse alla decisione in virtù della volontà di chiedere il
rimborso delle spese sostenute per le operazioni; ribadiva la censura di mancata
comunicazione di avvio del procedimento e la contestazione circa la sussistenza
di esigenze contingibili e urgenti, in particolare là dove veniva ordinata la
presentazione di un piano di bonifica.
Contestava un profilo contraddittorio nel fatto che l’ordinanza, pur adottata
dal Sindaco, richiamasse nel suo corpo norme relative ai poteri dirigenziali;
deduceva inoltre che, nella more, il Tribunale di Novara aveva assolto Cordoli
Angelo e l’Immobiliare Cameri dall’accusa di abbandono di rifiuti pericolosi
escludendo che i rifiuti abbandonati fossero riconducibili alla SICAL s.p.a. ed
all’imputato Cordoli Angeolo, legale rappresentante della Cameri s.r.l.; d’altro
canto nel corso del procedimento penale la stessa ARPA evidenziava come non
fosse necessario procedere ad altra attività diversa dalla rimozione dei
rifiuti; infine l’art. 17 del decreto Ronchi impone prima dell’adozione del
provvedimento definitivo la convocazione della conferenza di servizi; con
memoria del 23.5.2009 l’Amministrazione resistente ribadiva che le indagini ARPA
avevano portato ad accertare che i campioni prelevati presso il cumulo
abbandonato sul terreno della ricorrente erano contaminati; in seguito
all’ottemperanza da parte della ricorrente l’ARPA comunicava, con provvedimento
6.5.2007, l’avvenuta bonifica; quanto infine alla prodotta sentenza penale di
assoluzione, al di là dell’assoluta estraneità a detto giudizio
dell’Amministrazione resistente, evidenziava parte resistente la sua
irrilevanza; infatti analogo procedimento risultava instaurato nei confronti di
Maritan Giosuè, già amministratore di Immobiliare Cameri s.r.l. e delle sorti di
tale procedimento nulla era dedotto in giudizio; in ogni caso l’art. 17 del
d.lgs. 22/1997 consente di accollare l’obbligo di caratterizzazione e bonifica
ai responsabili anche solo colposi del superamento delle soglie limite di
concentrazione di sostanze inquinanti, presupponendo la norma una responsabilità
di tipo civilistico e non penalistico; inoltre, ai sensi dell’art. 2051 c.c., il
proprietario del suolo può sempre definirsi responsabile, salvo la prova del
caso fortuito e parte della dottrina identifica la responsabilità per danno
ambientale oggettivamente in capo al proprietario, fino ad escludere persino la
prova liberatoria di cui all’art. 2051 c.c.; sottolinea parte resistente come
l’accumulo rinvenuto sul terreno della Cameri fosse pacificamente contaminato;
erroneo sarebbe accreditare un cambio di proprietà dell’immobile là dove
semplicemente, ferma la titolarità del terreno in capo alla società, vi fu una
mera cessione di quote; né d’altro canto poteva separarsi l’operato della
società da quello dei singoli soci o preposti.
Chiedeva pertanto respingersi il ricorso.
DIRITTO
Il ricorso è pacificamente
irricevibile per quanto concerne l’ordinanza 18.7.2003 che, dalla documentazione
prodotta dall’amministrazione resistente, risulta notificata il 18.7.2003
medesimo; essendo il ricorso introduttivo stato notificato nel gennaio 2004
l’impugnativa sul punto si presenta tardiva; tardivo deve intendersi anche il
singolo motivo di ricorso, introdotto solo con la memoria difensiva di parte
ricorrente depositata in data 22.5.2009, là dove si censurano, parrebbe sotto
una ragione di eccesso di potere e non di incompetenza, gli impugnati
provvedimenti che, pur richiamando disposizioni afferenti l’attività
dirigenziale, risultano sottoscritti dal Sindaco. Trattasi di profilo di censura
che, correttamente inteso quale profilo di incompetenza ovvero surrettiziamente
introdotto quale profilo di eccesso di potere, non essendo stato oggetto del
ricorso introduttivo è certamente nuovo e tardivo.
Merita invece approfondimenti il profilo preliminare dell’interesse ad agire che
deve essere concreto e attuale, assistendo perciò l’impugnativa anche alla data
odierna, e che viene contestato dall’amministrazione resistente la quale
evidenzia come la ricorrente abbia nelle more ottemperato a tutte le
prescrizioni imposte dagli atti impugnati, sicchè dovrebbe ritenersi il ricorso
improcedibile.
E’ pacifico che parte ricorrente ha ottemperato al contenuto ordinatorio degli
impugnati provvedimenti; da precisarsi che il terreno ed il cumulo di materiale
in questione sono stati oggetto di parallelo procedimento penale. Da un punto di
vista amministrativo la stessa amministrazione procedente considera
l’intervenuta ottemperanza totale (si veda la comunicazione ARPA inviata al
Comune di Cameri e dal medesimo prodotta in giudizio sub. Doc. 11 che precisa
che il terreno può essere cancellato dall’elenco dei siti inquinati), alla luce
del fatto che, nelle more, è stato rimosso con le opportune cautele il cumulo di
materiale inquinato ivi depositato.
Dagli atti si evince che la ricorrente ha provveduto: dapprima all’idonea
copertura dei cumuli di materiale terroso inquinato presente sul terreno di sua
proprietà (così come disposto con l’ordinanza 955/2003 e come evincibile dalla
comunicazione del Comune all’ARPA in data 19.7.2003 sub. Doc. 4 di parte
resistente) quindi alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti accumulati,
previa loro caratterizzazione attraverso apposita conferenza di servizi (come
prescritto dall’ordinanza n. 1004 del 2003; come evincibile dalla comunicazione
della Immobiliare Cameri del 23.9.2004 sub. Doc. 10 di parte resistente è chiaro
che la caratterizzazione e l’eliminazione ha riguardato i rifiuti abbandonati e
non il terreno in sé, ferma in quella sede la contestazione da parte della
ricorrente di qualsivoglia profilo anche solo di colpa relativo all’abbandono
dei rifiuti).
Quanto invece all’originaria richiesta di caratterizzazione del terreno
(evincibile nell’ordinanza n. 1004 del 2003) è documentale che, nel corso del
parallelo procedimento penale, è emerso, in base alle analisi dell’ARPA condotte
in contraddittorio con il consulente tecnico di parte ricorrente che
inequivocabilmente il cumulo di materiale depositato sul terreno era inquinato
(ed infatti è stato oggetto di caratterizzazione/conferenza di
servizi/rimozione) mentre il terreno non lo era. A fronte di tali dati, come già
evidenziato, l’amministrazione ha ritenuto totalmente satisfattivo il fatto che
il cumulo di materiale inquinato fosse stato rimosso e, accertato in sede penale
che il terreno non era inquinato, nessuna ulteriore attività è stata pretesa o
espletata in relazione al terreno e nell’ambito del procedimento amministrativo.
Ciò pare rilevante in questa sede poiché parte ricorrente attesta la sussistenza
dell’interesse ad agire in relazione ad asserite indebite spese sostenute per la
rimozione e la caratterizzazione che, effettivamente, dalla lettura
dell’ordinanza n. 1004 sembrerebbero riguardare tanto il cumulo di materiale che
il terreno. Sotto quest’ultimo profilo tuttavia in sede penale è emerso che
l’inquinamento non riguardava il terreno; la successiva attività di
“ottemperanza” di cui la ricorrente oggi si può lamentare in sede amministrativa
ha dunque riguardo alla sola rimozione del cumulo di materiale terroso essendo
di fatto ineseguita né più richiesta la prescrizione afferente il terreno.
Quanto poi al fatto che il diverso livello di inquinamento del cumulo terroso e
del terreno sia emersa nel corso delle indagini peritali svolte in sede penale,
è fin troppo ovvio come l’attività difensiva esplicata dalla ricorrente in
quella sede nulla abbia a possa aver a che fare con le impugnate ordinanze
(tanto più che le medesime ricevevano spontanea ottemperanza) ed è stata
attività utile e doverosa per i vari membri della per difendesi in sede penale,
sicchè ovviamente in nessun caso la medesima potrebbe essere ascritta a danno-
conseguenza delle impugnate ordinanze accollabile all’amministrazione.
Per quanto concerne invece l’ordine di caratterizzare il terreno esso non ha
dunque di fatto avuto alcun seguito evincibile in atti, né viene ad oggi in
alcun modo preteso dall’amministrazione; è dunque palese la sopravvenuta carenza
di interesse ad agire sotto lo specifico profilo anche risarcitorio; è
certamente improcedibile il ricorso sul punto.
Residua come unico profilo di possibile rilevanza, sostenuta ad oggi ai soli
fini risarcitori, l’attività svolta dalla ricorrente per la caratterizzazione e
rimozione del materiale accumulato sul terreno; lamenta la ricorrente alcuni
profili formali delle impugnate ordinanze e, sotto il profilo sostanziale,
lamenta che non le sarebbe addebitabile colpa nel deposito dei rifiuti, per cui
illegittimamente sarebbe stata destinataria degli ordini in questione. Premesso
che pare singolare che una società spontaneamente si adegui tempestivamente ad
eseguire lavori, per come asserito in ricorso, del costo di circa 500.000.000 €,
salvo riservarsi successive azioni risarcitorie, pur essendo nella certa
convinzione di non doverne e poterne legittimamente rispondere in alcun modo, in
termini generali, sempre ai fini del riscontro del persistente interesse ad
agire, le contestazioni relative mosse in ricorso possono distinguersi in due
tipi di ragioni di censura: quelle formali che non possono ad oggi dirsi
assistite da concreto ed attuale interesse ad agire se il medesimo viene
individuato, come fatto in ricorso, nel solo aspetto risarcitorio, e quelle
sostanziali.
La ricorrente potrebbe infatti lamentare, sempre che comprovi la responsabilità
dell’amministrazione ed il danno, profili risarcitori nel solo caso in cui
evidenzi una illegittimità sostanziale dell’azione amministrativa e non certo
meramente formale; lamenta la ricorrente, ad esempio, la non congruità dei
parametri normativi richiamati nelle impugnate ordinanze.
E’ tuttavia evidente come, quand’anche l’Amministrazione avesse invocato la
norma sbagliata ma avesse di fatto ingiunto alla ricorrente una attività
doverosa, essendosi la medesima conformata all’ordine nel proprio stesso
interesse, poiché un annullamento per meri profili formali non avrebbe impedito
la rinnovazione dell’ordine in termini formalmente perfetti e sostanzialmente
identici sicchè la ricorrente non sarebbe stata esonerata dall’obbligo di
provvedere, nessun profilo risarcitorio potrebbe oggi suffragare di attuale e
concreto interesse ad agire la presente azione.
Censura ulteriormente parte ricorrente il difetto di motivazione degli atti
impugnati; sempre ai fini della dimostrazione del persistente interesse ad agire
come prospettato, e ferma l’intervenuta ottemperanza, occorre comprendere se ciò
si traduce nella lamentela di semplice mancata esplicitazione di una motivazione
nell’atto, pur essendo la medesima in fatto esistente, ovvero in censura
sostanziale di mancanza di ragioni per l’addebito di responsabilità mosso alla
proprietà con l’ordine di rimozione e di caratterizzazione del materiale
accumulato sul terreno.
Ad esempio per la censurata mancanza di formale esplicitazione della motivazione
di addebito in capo alla proprietà nell’impugnato atto, valgono le
considerazioni già esplicitate: l’amministrazione avrebbe potuto reiterare
l’atto esplicitando la motivazione, sicchè nessun pregiudizio invocabile a fini
risarcitori può essere vantato dalla ricorrente che ha spontaneamente eseguito
ben conscia di tale possibilità qualora la motivazione fosse nella sostanza
esistente.
Non può poi sottacersi, valutando la sequenza cronologica degli atti nel
contesto dell’epoca in cui sono stati emessi ed alla luce dell’ottemperanza pure
intervenuta, che l’Amministrazione ha emesso un primo atto imponendo l’immediata
messa in sicurezza del sito e la ricorrente si è adeguata istantaneamente (il
giorno seguente la notificazione), senza che dagli atti risulti, in quella fase,
alcun tipo di contestazione. Sotto questo profilo, e ferma comunque l’irricevibilità
dell’impugnativa della prima ordinanza, rispetto a tale provvedimento certamente
si è anche realizzata una effettiva acquiescenza; tutte le contestazioni circa
la propria possibile carenza di responsabilità mosse da parte ricorrente ed
evincibili in atti sono tutte successive a quel primo ed immediato spontaneo
adeguamento all’ordine impartito. Ora, se pure non potrebbe dirsi che
l’acquiescenza al primo provvedimento possa automaticamente essere traslata sui
successivi atti, ai quali pure la ricorrente ha dato ottemperanza ma contestando
la propria responsabilità, certo è che non sembra illogico che
l’Amministrazione, dopo aver notificato un primo ordine afferente il cumulo di
materiale in questione che chiamava in causa la ricorrente quale proprietaria
del terreno e ne presupponeva la responsabilità, quantomeno colposa, ed aver
visto un fulmineo adeguamento, ben può aver interpretato la condotta della
società ricorrente quale definitiva acquiescenza sotto lo specifico profilo
della responsabilità, almeno colposa, per l’abbandono dei detriti, così poi
venendo indotta a non esplicitare questo profilo nei successivi provvedimenti.
Resta tuttavia che, rispetto a tali successivi atti, e sempre ai fini del
proclamato interesse risarcitorio, sussisterebbe un interesse concreto ad
attuale della ricorrente all’impugnativa qualora la medesima rappresentasse in
questa sede la propria effettiva mancanza di responsabilità colposa, sicchè la
sua non esplicitazione nelle ordinanze n. 1004 e 1004 bis significherebbe anche
mancanza sostanziale della motivazione medesima.
Contrariamente a quanto sostenuto in ricorso il materiale depositato sul terreno
era certamente contaminato; tanto afferma non l’amministrazione ma il consulente
tecnico di parte ricorrente nel procedimento penale che, nella sua relazione
prodotta in atti, in relazione ai parametri di Cadmio, Cromo totale, Nichel,
Piombo, Rame, Zinco precisa “si ha quindi il superamento per tutti questi
parametri (metalli pesanti) il che significa indiscutibilmente che il cumulo,
attualmente posto in sicurezza tramite copertura impermeabile va rimosso.”
Tanto è stato accertato tramite le analisi condotte dall’Arpa, sempre in sede
penale, avvenute in contraddittorio con il consulente degli esponenti indagati
della società ricorrente (come chiaramente evincibile dal doc. 6 di parte
ricorrente ove si attesta che si è proceduto all’apertura ed alla analisi dei
campioni alla presenza di un rappresentante della ditta; lo stesso consulente
tecnico della difesa della ricorrente, nel parallelo procedimento penale,
attesta di avere partecipato alle analisi presso l’Arpa nella missiva del
gennaio 2004 sub. Doc 6 di parte ricorrente).
Ora a fronte della presenza di una certa fonte di inquinamento è indiscusso ed
indiscutibile che quantomeno, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 22/97,
l’amministrazione potesse ordinarne la rimozione, lo smaltimento e la riduzione
in pristino dell’area anche al proprietario, in solido con il responsabile
dell’inquinamento, qualora in capo al primo fosse ravvisabile un profilo di dolo
o di colpa, a prescindere dalla diretta responsabilità per l’inquinamento ovvero
l’accumulo sul luogo. Ovviamente il profilo di colpa rilevante ai fini per cui è
causa non è necessariamente coincidente con la commissione di un fatto
penalmente rilevante; anche a non voler accedere alla tesi, prospettata nella
difesa del Comune ma ripudiata dalla giurisprudenza, di una sorta di
responsabilità oggettiva del proprietario del terreno, vero è anche che, al di
là del fatto che fosse o meno ascrivibile all’amministratore della società una
fattispecie di reato per il materiale deposito dei detriti, ben potrebbe
comunque ravvisarsi una responsabilità colposa omissiva sotto il profilo
civilistico, non solo nel proprietario che tollera il deposito di materiale
ignoto da parte di ignoti pure colti sul fatto sul proprio terreno, ma ancor di
più di colui che civilisticamente risponde del fatto illecito del proprio
ausiliario o preposto per non averne controllato debitamente l’operato, e quindi
per culpa vuoi in eligendo vuoi in vigilando. Ora è la stessa ricorrente che si
dilunga in ricorso a descrivere la storia della compagine societaria
(irrilevante, come contestato dal Comune, posto che di fronte
all’amministrazione vi è sempre la medesima società a prescindere dalle sue
vicende interne) ed in particolare a precisare che tale Maritan dapprima
ricopriva la carica di amministratore delegato e quindi di preposto in fatto
proprio in relazione ai lavori in corso nel terreno ove è stato individuato il
cumulo di materiale contaminato; la stessa ricorrente afferma claris verbis di
avere preposto all’attività tecnica, nell’ambito del deposito, il Maritan anche
dopo la sua formale cessazione dalla carica di amministratore, e ciò per
garantire una continuità con il suo stesso precedente operato. Prosegue la
ricorrente che, ricevuta l’ingiunzione, la medesima addebitava al Maritan una
non corretta gestione del sito non ottenendo alcun “riscontro convincente” (così
letteralmente a p. 4 del ricorso); quindi la società avrebbe provveduto ad
inoltrare formale contestazione al Maritan. Ora da una parte non vi è alcuna
documentazione in atti del presunto addebito mosso dall’Immobiliare Cameri al
Maritan, già suo amministratore delegato e quindi suo preposto, dall’altra è
dalla ricostruzione fatta in ricorso che si evince che il Maritan era preposto
con pieni poteri e fiducia alla gestione del sito. Sotto un profilo
esclusivamente civilistico, ed al fine della responsabilità addebitabile alla
ricorrente quale responsabile per l’operato dei propri amministratori e
preposti, ed in mancanza di qualsivoglia riscontro di presa di distanza
tempestiva da tale operato, ai fini specifici dell’obbligo della rimozione di
una potenziale fonte di inquinamento, caratterizzazione dei rifiuti e riduzione
in pristino del sito imposto dai provvedimenti impugnati, non vi è dubbio che la
ricorrente doveva e poteva essere chiamata a rispondere da parte
dell’Amministrazione competente.
Né alcun ausilio alla tesi dell’assenza di responsabilità in capo alla società
viene dalla prodotta sentenza di assoluzione in sede penale del legale
rappresentante della società, tale Cordioli; è infatti evidente la differenza
che sussiste tra profili di responsabilità civile per colpa nella scelta e
controllo dell’operato altrui da parte della complessiva compagine sociale e il
ben più stretto margine di responsabilità penale omissiva del singolo
amministratore per mancato impedimento dell’illecito altrui. Ancora parte
ricorrente insiste che, dalle analisi, è emerso che i detriti non provenivano
dalla SACAL; al di là della non compiuta esplicitazione in ricorso del nesso tra
tale circostanza e la presunta non responsabilità della Società Immobiliare
Cameri, pare dalla sentenza penale prodotta di poter evincere che il legame con
la Sacal acquisiva particolare rilievo nel procedimento penale a carico
dell’amministratore Cordioli in quanto costui rivestiva, all’epoca,
contemporaneamente cariche in Sacal e Cameri e quindi la provenienza dalla prima
di rifiuti trovati sul terreno facente capo alla seconda società avrebbe potuto
costituire prova di responsabilità specifica a carico del Cordioli. E’ tuttavia
evidente come tale costruzione che regge l’impianto assolutorio della sentenza,
non equivale ad assoluzione della “immobiliare Cameri” nel suo complesso e nelle
sue varie compagini societarie succedutesi nel tempo né tanto meno ad assenza di
responsabilità civile. Resta per contro in atti che sul terreno di pacifica
proprietà della Immobiliare Cameri, attuale ricorrente, è stato abbandonato
incautamente materiale inquinato suscettibile di propagare tale inquinamento;
l’abbandono è avvenuto mentre tale Maritan, prima presidente del CDA e poi
quantomeno incaricato fiduciario preposto alla gestione del sito, era operativo
in loco quale complessivo fiduciario della società e senza che il medesimo
attivasse le opportune cautele per evitare il fenomeno, circostanza
asseritamente contestatagli dalla stessa ricorrente; tuttavia non risulta in
atti nessuna contestazione mossa al Maritan né formale presa di distanza della
società dal medesimo tale da consentire di affermare che la ricorrente è stata
destinataria delle impugnate ordinanze in termini sostanzialmente illegittimi
perché avulsi da qualsivoglia sua responsabilità civilistica. Né, come
evidenziato dalla parte resistente, parte ricorrente ha in alcun modo chiarito
l’esito del parallelo giudizio penale che risulta in atti essere stato intentato
anche a carico del Maritan, di cui si ribadisce la qualità quantomeno di
preposto aziendale.
In definitiva parte ricorrente asserisce di avere un persistente interesse al
ricorso per avere subito un fatto illecito da parte dell’amministrazione; ciò
presupporrebbe una sua non colpevolezza in termini di responsabilità anche
civile indiretta per fatto degli ausiliari nella gestione del cumulo dei
rifiuti; siffatta circostanza è già smentita dalla ricostruzione dei fatti
evincibile dal ricorso, che addebita la responsabilità ad un quantomeno pacifico
preposto della società.
Essendo onere della ricorrente prospettare il persistente ad attuale interesse
ad agire in relazione al dedotto profilo risarcitorio ritiene il collegio che
tale prospettazione manchi in atti.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato in parte irricevibile e in parte
improcedibile.
Considerata la complessità della vicenda sussistono giusti motivi per compensare
le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per il Piemonte - sezione prima -
dichiara il ricorso in parte irricevibile e in parte improcedibile nei sensi e
nei termini di cui in motivazione.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 04/06/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario
Paola Malanetto, Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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