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TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni non riconosciute di protezione
ambientale - Legittimazione ad agire in giudizio - Presupposti. Il
riconoscimento della legittimazione ad agire in giudizio a favore delle
associazioni non riconosciute di protezione ambientale non può che predicarsi
solo là dove delle stesse sia accertato: il carattere non occasionale o
strumentale alla proposizione di una determinata impugnativa; lo stabile
collegamento col territorio, consolidatosi nel tempo, che deve presuntivamente
escludersi in caso di associazioni costituite pochi giorni prima della
proposizione del ricorso; la rappresentatività della collettività locale di
riferimento, requisito quest’ultimo, che non può prescindere dalla
considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche
costituenti l’associazione. Pres. Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e
altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di Alessandria (avv.ti
Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.)
- TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292
RIFIUTI - Discariche e impianti di trattamento - Atti di localizzazione -
Impugnazione - Persona fisica - Legittimazione - Mera vicinitas -
Insufficienza - Prova del danno. La legittimazione di una persona fisica ad
impugnare atti di localizzazione di discariche e di impianti di trattamento e
smaltimento di rifiuti solidi urbani non discende dalla mera vicinanza
dell'abitazione ad una discarica, ma è subordinata alla prova del danno che il
ricorrente riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione
dell'impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze,
o perché le prescrizioni dettate dall'autorità competente in ordine alle
modalità di gestione dell'impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di
chi vive nelle sue vicinanze (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18.07.1995, n. 754;
Consiglio di Stato, Sez. V, 13.07.1998, n. 1088; Consiglio di Stato, Sez. V,
31.01.2001, n. 358; Consiglio di Stato, Sez. V, 16.4.2003, n. 1948 e più
recentemente T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 11.12.2006, n. 3216;
T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 26.11.2007, n. 3365; Consiglio di
Stato, Sez. VI, 13.09.2007, n. 5453). Pres. Bianchi, Est. Graziano -
Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di
Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De
Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di protezione e tutela ambientale -
Legittimazione ad agire - Associazioni nazionali - Strutture e articolazioni
territoriali. La speciale legittimazione ad agire delle associazioni di
protezione e tutela ambientale nei giudizi impugnatori diretti contro
provvedimenti in materia di ambiente concerne le associazioni di protezione
ambientale nazionali, formalmente riconosciute e non le loro strutture o
articolazioni territoriali, che non rispondono ai requisiti posti dagli artt. 13
e 18, comma 5, della legge 1986 n. 349 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV,
14.04.2006 n. 2151; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 06.07.2007 n. 1618;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.09.2007 n. 5453). Pres. Bianchi, Est.
Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia
di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv.
De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n.
2292
ENERGIA - Impianti produttori - FER (Fonti energetiche rinnovabili) -
Autorizzazione unica - Procedimento ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Conferenza
di servizi. Il procedimento definito dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003,
dominato dalla conferenza di servizi e inteso al rilascio dell’autorizzazione
unica alla realizzazione di impianti produttori di energia dallo sfruttamento di
FER (fonti energetiche rinnovabili: biomasse, impianti eolici e quant’altro) ha
carattere omnicomprensivo ed assorbe ogni altro procedimento previsto dalle
leggi regionali e volto alla verifica o alla valutazione dell’impatto
ambientale, poiché la conferenza di servizi è la sede nella quale le varie
amministrazioni preposte alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e
storico - artistici debbono esternare le loro valutazioni tecniche (T.A.R.
Piemonte, Sez. I, 5.6.2009, n. 1597), non consentendo il generico richiamo di
cui all’art. 12 citato al rispetto delle normative vigenti in tema di tutela
dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico artistico, di essere
inteso come salvezza anche dei moduli procedimentali di settore che secondo la
previgente legislazione erano intesi alla salvaguardia di quei valori. Pres.
Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti)
c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di
Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25
settembre 2009, n. 2292
ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - VIA - Conferenza di servizi. La
valutazione di impatto ambientale non è esclusa dalla novella di cui all’art. 12
del d.lgs. n. 387/2003, ma va effettuata in seno alla conferenza di servizi,
pena la vanificazione del termine di 180 giorni entro il quale la stessa deve
concludersi. (cfr. T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. III, 19 febbraio 2009, n.
368). Pres. Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e
Verrienti) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna),
Comune di Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I -
25 settembre 2009, n. 2292
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Provvedimento - Contenuto determinativo - Parte
dispositiva e parte prescrittiva - Beneficiario del provvedimento ampliativo -
Mancata ottemperanza alla prescrizioni - Effetti sul provvedimento -
Fattispecie. Il contenuto determinativo di un provvedimento è costituito non
solo dalla parte dispositiva ma anche dalla parte prescrittiva, rappresentata
dall’insieme delle prescrizioni che circondano il rilascio di un titolo
autorizzatorio ed entrano a far parte del dispositivo dell’atto, il quale va
giudicato, in rapporto al parametro normativo di riferimento, nella sua
integralità determinativa, costituita anche dalle prescrizioni imposte al
soggetto beneficiario del provvedimento ampliativo, conseguendone la legittimità
di un’autorizzazione alla realizzazione di un impianto alimentato da FER qualora
la stessa rechi la tassativa e vincolante prescrizione che per l’alimentazione e
il funzionamento della centrale debbano essere impiegate solo biomasse vegetali
trattate meccanicamente, con esclusione di prodotti qualificabili come rifiuto.
Poco importa poi se in fase di attuazione del provvedimento autorizzatorio il
beneficiario non ottemperi alla riferita prescrizione: il comportamento
divergente ed inadempiente del destinatario non si riverbera ex post sulla
legittimità del provvedimento amministrativo autorizzatorio, che riamane
invulnerata, potendo e dovendo l’inottemperanza de qua rilevare in occasione e
sede di controlli che l’Amministrazione potrà effettuare, il cui negativo esito
potrà condurre anche alla revoca sanzionatoria dell’autorizzazione. Pres.
Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti)
c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di
Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25
settembre 2009, n. 2292
RIFIUTI - Art. 183 c.1, lett. p) d.lgs. n. 152/2006 - Sottoprodotto - Impiego
- Processo di produzione. In forza dell’art. 183, co. 1, lett. p) del d.lgs.
n. 152/2006, l’impiego del sottoprodotto deve avvenire direttamente nel corso
del processo di produzione o di utilizzazione individuato e definito. Pres.
Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti)
c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di
Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25
settembre 2009, n. 2292
RIFIUTI - Scarti legnosi dell’agricoltura - Residuati della lavorazione
meccanica del legno - Natura di rifiuto - Esclusione - Utilizzo
nell’alimentazione di un impianto di produzione di energia da biomasse. Non
costituiscono rifiuto e possono quindi essere tipicamente e propriamente
utilizzati nell’alimentazione di un impianto di produzione di energia da
biomasse vegetali, gli scarti legnosi dell’agricoltura e i residuati della
lavorazione esclusivamente meccanica del legno, quali segature, tondelli,
cortecce e cippato legnoso, anche ove quest’ultimo sia trattato con impiego di
acqua per estrarne il tannino, poiché l‘acqua naturale non è un solvente e non
può essere assimilata ad una sostanza chimica. Pres. Bianchi, Est. Graziano -
Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di
Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De
Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Art. 14 ter, c. 8,
L. n. 241/90 - Richiesta di integrazioni e chiarimenti - Finalità della norma -
Rapida conclusione del procedimento - Legittimazione ad agire contro la
violazione della norma - Soggetto richiedente l’atto ampliativo. La
prescrizione di cui all’art. 14 ter, c. 8, della L. n. 241/90, ai sensi del
quale le integrazioni e i chiarimenti possono essere domandati
dall’Amministrazione una sola volta, come pure quella che fissa a trenta giorni
il termine entro il quale le stesse debbono essere prodotte è finalizzata a
consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione
del’istanza presentata dal privato e sottoposta al contestuale esame tipico
tratto del conferenza di servizi. Celerità e snellezza che intuitivamente
avvantaggiano solo il soggetto richiedente l’atto ampliativo. Ne consegue che
legittimato a dolersi della sua violazione è dunque unicamente il soggetto
privato che abbia presentato un’istanza soggetta alla fase di valutazione
contestuale tipica della conferenza di sevizi. Pres. Bianchi, Est. Graziano -
Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di
Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De
Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292
ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Conferenza di servizi - Contestuale
partecipazione di tutte le amministrazioni interessate - Modalità di
esternazione della volontà delle amministrazioni - Libertà di forma -
Trasmissione antecedente all’adozione del provvedimento autorizzatorio unico.
L’art. 12 del d.lgs. 29.2.2003, n. 387 impone la contestuale partecipazione alla
conferenza di servizi di tutte le Amministrazioni interessate, ma nulla
stabilisce quanto alle modalità con cui esse possono esternare la loro
valutazione, potendo ciò avvenire oralmente o per iscritto, anche mediante la
redazione di un testo che sia trasmesso successivamente ai lavori della
conferenza, sempre che tale redazione e trasmissione avvenga antecedentemente
all’adozione del provvedimento autorizzatorio unico, che non smarrisce la sua
individualità nemmeno nel modello procedimentale speciale dell’autorizzazione
unica e contestuale definito all’art. 12 citato. Pres. Bianchi, Est. Graziano -
Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di
Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De
Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292
ENERGIA - AREE PROTETTE - Regione Piemonte - D.P.R.G. 16.11.2001, n. 16/R -
Valutazione di incidenza - Impianti per la produzione di energia elettrica -
Allegati A e B della Legge regionale n. 40/98. Il D.P.G.R. 16.11.2001, n.
16/R disciplina nella Regione Piemonte il procedimento di valutazione di
incidenza, conformemente all’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997, unicamente per gli
impianti rientranti nelle tipologie definite agli allegati A e B della L.Reg.
Piemonte n. 40/1998. Ne consegue la legittima omissione del procedimento nei
confronti di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili che sviluppa una potenza inferiore a 50 MW termici, come tale
escluso dalle previsione di cui ai citati allegati. Pres. Bianchi, Est. Graziano
- Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di
Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De
Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292
N. 02292/2009 REG.SEN.
N. 01414/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1414 del 2008, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Associazione "Forum Permanente degli Abitanti e Associazioni Alta Val Lemme",
Balostro Luigino, Balostro Stefano, Cavo Elena Rosa, Cavo Giovanni, Cavo Fabio,
Porzio Annalisa e Carlini Maria Rosa, rappresentati e difesi dagli avv. Piera
Sommovigo e Luca Verrienti, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Torino,
via Ottavio Revel, 19;
contro
Provincia di Alessandria, rappresentata e difesa dagli avv. Daniela Sannazzaro,
Alberto Vella, Desiré Fortuna, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela
Sannazzaro in Torino, via Bligny, 11; Comune di Voltaggio, rappresentato e
difeso dall'avv. Davide De Bartolo, con domicilio eletto presso la Segreteria
del T.A.R. Piemonte in Torino, corso Stati Uniti, 45; Comunita' Montana Val
Lemme Alto Ovadese, non costituita in giudizio;
nei confronti di
Società Voltaggio Energia, rappresentata e difesa dagli avv. Gian Luca Ballero
Dalla Dea e Andrea Ferreri, con domicilio eletto presso il secondo in Torino,
piazza Maria Teresa, 6;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Legambiente Onlus, Comitato Regionale Piemonte e V. D'Aosta, rappresentata e
difesa dagli avv. Teodosio Pafundi e Bruno Sarzotti, con domicilio eletto presso
il secondo in Torino, corso Re Umberto, 27;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- della determinazione rilasciata dal Dirigente responsabile della provincia di
Alessandria in data 7 agosto 2008; avente ad oggetto
- autorizzazione, ai sensi dell'art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003, alla società
Voltaggio Energia S.r.l. alla costruzione e gestione di un impianto di
cogenerazione alimentato a biomasse vegetali in comune di Voltaggio (AL); nonché
per l'annullamento, previa sospensione,
- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, conseguente e comunque connesso
e segnatamente della deliberazione della giunta della Comunità Montana Alta Val
Lemme - Alto Ovadese, n. 34 del 26 maggio 2008, acquisita a seguito di apposita
istanza di accesso e trasmessa con nota prot. 1478 datata 11 ottobre 2008;
ed ora quanto al presente atto per
motivi aggiunti per l'annullamento, previa sospensione,
- dei seguenti atti, trasmessi dalla provincia di Alessandria a seguito di
apposita istanza di accesso in data 1° dicembre 2008:
- Determinazione rilasciata dal Dirigente responsabile della Provincia di
Alessandria in data 7 agosto 2008 avente ad oggetto autorizzazione, ai sensi
dell'art. 12 del D.L.gs. n. 387/2003, alla Società Voltaggio Energia S.r.l. alla
costruzione e gestione di un impianto di cogenerazione alimentato a biomasse
vegetali in Comune di Voltaggio (AL) - provvedimento principale impugnato;
- Verbale della conferenza di servizi del 25 settembre 2007; verbale della
conferenza di servizi del 19 febbraio 2008; verbale della conferenza di servizi
del 3 giugno 2008;
- nonché dei seguenti, ulteriori atti, depositati dalla Società Voltaggio
Energia in allegato alla propria memoria difensiva prodotta per l'udienza
cautelare del 4 dicembre 2008:
- Accordo preliminare di convenzione di convenzione tra il comune di Voltaggio e
la Società Voltaggio Energia S.r.l. del 28 marzo 2008;
- Verbale della conferenza di servizio del 3 giugno 2008, con i relativi pareri
allegati e precisamente:
- Parere della Direzione viabilità/settore LL.PP viabilità 1 della Provincia di
Alessandria n.p.g. 84752 del 3 giugno 2008;
- Parere Direzione pianificazione, difesa del suolo, VIA, servizi tecnici della
Provincia di Alessandria n.p.g. 84722 del 3 giugno 2008;
- Parere Corpo Forestale dello Stato in data 30 giugno 2008;
- Parere Comune di Voltaggio trasmesso con nota prot. n. 1093 del 3 aprile 2008;
- Parere Comunità Montana Alta Val Lemme e Alto Ovadese del 3 giugno 2008;
- Convenzione intercorsa fra la Comunità Montana Alta Val Lemme e Alto Ovadese e
la Società Voltaggio Energia S.r.l. in data 29 maggio 2008 (la Provincia di
Alessandria ne ha, invece, trasmesso una copia senza data);
- Parere Regione Piemonte, settore gestione beni ambientali prot. 24164/08.24
del 30 maggio 2008;
- Parere ENI S.p.A. prot. 321/08 del 29 aprile 2008;
- Parere ARPA prot. n. 69107 dell'11 giugno 2008;
nonché per l'annullamento, previa sospensione
- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, conseguente e comunque connesso.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Alessandria;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Voltaggio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Società Voltaggio Energia;
Esaminato l’atto di intervento ad
adiuvandum spiegato da Legambiente Piemonte e Val d’Aosta Onlus;
Esaminate le memorie difensive tutte prodotte in vista della Camera di Consiglio
e dell’Udienza pubblica di trattazione del merito;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 02/07/2009 il Referendario Avv.
Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. 1. Con il ricorso in epigrafe, avviato alla notifica ex art. 3, L. n. 53/1994
il 12.11.2008, è impugnata la determinazione del dirigente della Provincia di
Alessandria del 7.8.2008 con la quale è stata rilasciata l’autorizzazione unica
di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, previa conferenza di servizi, per la
costruzione di un impianto di cogenerazione alimentato a biomasse vegetali da
localizzare in Comune di Voltaggio nel sito occupato dalla ex cartiera di
Voltaggio.
Ricorrenti risultano essere in primo luogo un’associazione costituita da nove
persone, alcune delle quali residenti a Milano e in Provincia di Genova, sorta
con atto notarile il 25 ottobre 2008 cioè 18 giorni prima della notifica del
ricorso (doc. 1 ricorrenti). Finalità primaria dell’associazione è “un controllo
democratico ed efficace del territorio, favorendo la partecipazione diretta
degli abitanti e delle associazioni, monitorando l’operato delle istituzioni”.
Altre finalità sono poi elencate all’art. 2, figurandovi il “rilanciare le
attività economiche e produttive, agricole, manifatturiere, commerciali e di
servizi (…) favorire una riconversione abitativa dei manufatti architettonici”,
“salvaguardare il patrimonio culturale, artistico, ambientale e paesaggistico”.
Compongono poi la compagine ricorrente sette cittadini, per lo più portanti gli
stessi cognomi, residenti in comune di Voltaggio.
1.2. Il ricorso è affidato a tre motivi, con il primo dei quali si denuncia,
articolandosi due sub censure, violazione del combinato disposto degli artt. 12
del d.lgs. n. 387/2003 e 10 della L. Reg. Piemonte n. 40/1998, nonché dell’art.
269 del Testo unico ambientale di cui al d.lgs. n. 152/2006, lamentandosi la
mancata sottoposizione del progetto in causa alla procedura di verifica di cui
all’art. 10 del L. Reg. Piemonte n. 40/98 e l’omessa descrizione del tipo,
quantità e caratteristiche merceologiche dei combustibili da utilizzare; con il
secondo si contesta la natura di sottoprodotto dei prodotti di cui si prevede
l’impiego nel ciclo di funzionamento dell’impianto.
Con il terzo motivo si deduce difetto di istruttoria e motivazione, illogicità,
contraddittorietà e sviamento perché non si rinverrebbe nei documenti presentati
dalla controinteressata un progetto di “tele calore”, né verrebbe descritta
l’estensione dell’area interessata dall’impianto.
Con il quarto mezzo, diretto contro l’atto di approvazione della Comunità
Montana Val di Lemme, si eccepisce che in realtà il progetto non supera le
perplessità iniziali, avanzate dal Responsabile dell’Ente ed è carente di
motivazione e di istruttoria per aver disatteso il contrario parere di
regolarità tecnica senza i necessari approfondimento.
2. Si costituiva in giudizio, in vista dell’Udienza pubblica del 4.12.2008, la
Provincia di Alessandria con memoria depositata il 3.12.2008. Si costituiva pure
la controinteressata Voltaggio Energia s.r.l. (infra, breviter, Voltaggio) con
ampia memoria depositata il 28.11.2008.
Parte ricorrente, dopo aver depositato il 1.12.2008 istanza di rinvio
dell’Udienza, interponeva atto per motivi aggiunti, per integrazione del
contraddittorio e per nuova istanza cautelare depositato il 9.1.2009. I motivi
aggiunti saranno illustrati appresso, in uno con il loro singolo specifico
scrutinio.
La Provincia depositava ulteriore memoria difensiva il 28.1.2009. A sua volta
parte ricorrente depositava memoria il 26.1.2009 e la controinteressata
implementava e sue tesi difensive con ulteriore memoria depistata il 27.1.2009.
Si costituiva anche il Comune di Voltaggio, che poi in esito alla deliberazione
della neo nominata Giunta comunale n. 40/2009, frutto dei nuovi comizi
elettorali del 6.6.2009, revocava per mutati intendimenti politici, l’incarico
all’avv. De Bartolo.
Spiegava inoltre intervento ad adiuvandum, con atto notificato il 29.5.2009 e
depositato il successivo 9.6.2009, la Legambiente Onlus, Comitato Regionale del
Piemonte e Valle d’Aosta, che pure aveva partecipato alla conferenza di servizi
finalizzata al rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12, d.lgs. n. 387/2003
e che pertanto aveva l’onere di impugnare autonomamente i provvedimenti nel
termine decadenziale.
La provincia di Alessandria depositava ulteriore memoria il 19.6.2009 mentre la
controinteressata la depositava in data 11.6.2009 e i ricorrenti il 19.6.2009.
Pervenuto l’affare alla pubblica Udienza del 2 luglio 2009, il complesso ed
ampio materiale di causa, arricchito da copiosa mole di produzioni documentali,
udita la discussione dei patroni delle parti, sulla Relazione del Referendario
Avv. Alfonso Graziano veniva introitato per la definitiva decisione di merito.
DIRITTO
1. Deve preliminarmente il Collegio darsi cario di scrutinare le eccezioni di
inammissibilità dell’azione per difetto di legittimazione al ricorso, sollevate
in limine litis dalla controinteressata Voltaggio Energia S.r.l. e distinte per
le diverse posizioni dell’Associazione Forum permanente e dei cittadini privati
ricorrenti.
Eccepisce in proposito la controinteressata, nella memoria del 28.11.2008, il
difetto di legittimazione ad agire dell’associazione Forum permanente degli
abitanti e delle associazioni della Val di Lemme, invocando la giurisprudenza
imperante in argomento, che richiede che i soggetti collettivi agenti per la
tutela del bene ambiente siano costituiti con formalità tali da assicurarne il
carattere non meramente occasionale o strumentale, il quale sarebbe ravvisabile
là dove l’associazione o il comitato siano composti da un numero esiguo di
persone e dunque non dotati di rappresentanza sul piano locale, ciò che
lascerebbe trasparire le loro funzione dichiaratamente strumentale all’esercizio
di un’azione popolare. Cita sul punto varie decisioni, tra cui T.A.R. Lazio, II,
n. 100/2006, T.A.R. Toscana, II, n. 8856/2005, Consiglio di Stato, VI, n.
416/2007.
A parere della Sezione l’eccezione si presta a positiva considerazione e va
accolta.
1.2. Va necessariamente richiamato sul punto il noto travaglio teorico che ha
attraversato la giurisprudenza amministrativa nel corso degli anni, intorno alla
tematica della legittimazione a ricorrere delle associazioni e dei comitati per
l’annullamento di provvedimenti amministrativi incidenti su interessi ambientali
e paesaggistici.
Rammenta la Sezione che in argomento la giurisprudenza ha a più riprese
acquisito il principio, costituente ormai ius receptum, in ossequio al quale nel
processo amministrativo, come in quello civile, salve espresse tassative
previsioni di legge, non ha cittadinanza l’azione popolare, intesa a conseguire
un mero controllo oggettivo e generalizzato della legittimità dei provvedimenti
amministrativi. Non sono ammesse, nel nostro ordinamento fondato sull’interesse
legittimo differenziato e qualificato, sull’interesse a ricorrere e sulla
personalità dell’azione, forme di controllo giurisdizionale e generalizzato
dell’attività della P.A.
Più in particolare, in materia di azioni a salvaguardia del bene ambiente va
ricordato che mentre è pacifica, perché positivizzata in norma, la
legittimazione a ricorrere delle associazioni ambientalistiche riconosciute, in
forza del combinato disposto dell’art. 13 e dell’art. 18, co. 5 della L.
18.7.1086 n. 349 istitutiva del Ministero dell’Ambiente, il titolo processuale
legittimante delle associazioni non riconosciute va ricercato, con l’ausilio
della più avvertita elaborazione del Giudice amministrativo, nel criterio
fenomenico e fattuale dello stabile collegamento sul territorio e della
rappresentatività dell’ente collettivo.
Va ulteriormente precisato che nel nostro ordinamento opera un duplice sistema
di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste,
nel senso che il potere di individuazione ministeriale, conferito dall'art. 13
della L. 349 del 1986, non esclude il potere del giudice di applicare
direttamente la norma di cui all'art. 18, accertando, caso per caso ed ex post,
la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione
(cfr. sul punto già C.d.S., Sez. VI, 7.2.1996, n. 182).
Rammenta al riguardo la Sezione che il Consiglio di Stato (C.d.S, Sez.
Consultiva per gli atti normativi, 25.08.2003, n. 1440/2003) ha anche osservato
che "l'ultimo comma dell'art. 118 Cost. - in particolare il principio di
sussidiarietà orizzontale - sancisce e conclude un percorso di autonomia non più
collegato al fenomeno della entificazione, ma correlato più semplicemente alla
società civile e al suo sviluppo democratico a livello quasi sempre
volontario".Proprio il riferimento all'art. 118 Cost. rafforza la tesi
giurisprudenziale in punto di attribuibilità della legittimazione ad agire ad
associazioni diverse da quelle di cui all'art. 13 della legge 1986 n. 349,
purché rappresentative dell'interesse azionato (cfr. in argomento C.d.S., sez.
IV, 02.10.2006, n. 5760).
1.3. Ma è parimenti convinta la Sezione che il riconoscimento della
legittimazione ad agire in giudizio a favore delle associazioni non riconosciute
di protezione ambientale non può che predicarsi solo là dove delle stesse sia
accertato: 1.il carattere non occasionale o strumentale alla proposizione di una
determinata impugnativa; 2.lo stabile collegamento col territorio, consolidatosi
nel tempo, che deve presuntivamente escludersi in caso di associazioni
costituite pochi giorni prima della proposizione del ricorso; 3.la
rappresentatività della collettività locale di riferimento, requisito
quest’ultimo, che non può prescindere dalla considerazione, quanto meno
indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l’associazione.
Ricorda in proposito il Collegio che il Consiglio di Stato, in linea con i
principi appena enunciati dal Tribunale, ha di recente statuito che “ai fini
della legittimazione a ricorrere di una associazione non riconosciuta o figura
soggettiva equivalente, non rientrante nell'elencazione di cui all'art. 13, l. 8
luglio 1986 n. 349 (sistema di accreditamento confermato dall'art. 17 comma 46,
l. 15 maggio 1997 n. 127), non è sufficiente allegare che la figura soggettiva
abbia fra i suoi scopi statutari la tutela ambientale ed operi nella provincia
in cui è posta l'area su cui incide il provvedimento amministrativo contestato o
sia stata costituita « appositamente per la tutela dell'area » medesima. La
genericità di tale allegazione non consente di ritenere comprovati gli elementi
qualificanti in concreto la differenziazione della posizione del soggetto
ricorrente, quali, necessariamente, il collegamento stabile con il territorio
interessato, cioè consolidatosi obiettivamente in un periodo di tempo
significativo, nonché un'azione associativa dotata di adeguata consistenza e di
rappresentatività degli interessi che si intendono tutelare, anche con
riferimento al numero e alla qualità degli associati, sì da illustrare
l'effettività e riferibilità, ad un interesse specificamente delineato, del
pregiudizio allegato”.(Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3234).
Anche avvertita giurisprudenza di prime cure ha disegnato le delineate
coordinate ermeneutiche, precisando di recente che “in tema di legittimazione
attiva di associazioni e comitati si rende opportuno distinguere tra la
legittimazione ex lege delle associazioni di protezione ambientale di livello
nazionale riconosciute e l'esigenza di verificare, in concreto e secondo i
principi generali, la legittimazione di tutte le altre associazioni, comitati e
organismi di livello locale che si assumano portatori d'interessi diffusi di
protezione ambientale o storico-culturale; a tal fine, l'accertamento - onde
evitare un irragionevole ampliamento della tutela giurisdizionale oltre i
confini di una credibile entificazione di tali interessi - deve essere condotto
in modo assai rigoroso, avendo riguardo ad una pluralità di indici, riferiti sia
alla maggiore o minore risalenza temporale dell'ente, che alla sua comprovata
sfera o grado di rappresentatività, alle iniziative ed azioni intraprese per la
tutela degli interessi di cui si proclama portatore, all'eventuale consentita
partecipazione a procedimenti amministrativi e quindi, in certa misura, al
concreto riconoscimento che esso ha ricevuto nello svolgimento dell'azione
amministrativa”.(T.A.R. Puglia- Bari, Sez. III, 25 febbraio 2008, n. 324).Merita
anche di essere ricordata altra significativa decisione del Giudice d’appello,
secondo la quale “deve invece escludersi la legittimazione ad agire dei comitati
istituiti in forma associativa temporanea, con scopo specifico e limitato,
costituenti una proiezione degli interessi dei soggetti che ne fanno parte, e
che quindi non sono portatori in modo continuativo di interessi diffusi radicati
nel territorio; diversamente si consentirebbe una sorta di azione popolare, non
ammessa dal vigente ordinamento”.(Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 maggio 2005,
n. 2534).
Non ravvisa il Collegio ragioni per dissentire dalla ricostruita esegesi del
dato normativo. Calando, quindi, le tratteggiate linee esegetiche al caso
all’esame, rileva la Sezione intanto che l’associazione Forum permanente è
portatrice di un interesse diffuso o adespota, come chiaramente si evince dalla
lettera sopra riportata dell’art. 2 dello Statuto, secondo cui essa ha la
finalità di “salvaguardare valorizzare e promuovere il patrimonio culturale,
artistico, ambientale e paesaggistico”. Il patrimonio ambientale e paesaggistico
è infatti res communis omnium e il legame che congiunge l’associazione a tale
bene è chiaramente la matrice dell’interesse diffuso o adespota.
Non è dunque consentito individuare la titolarità in capo all’associazione di
alcun interesse differenziato e qualificato, attributi che connotato per
pacifico e incontrastato insegnamento l’interesse legittimo.
Ma l’organismo de quo appare anche orfano del fondamentale requisito della
rappresentatività della collettività locale di riferimento, se solo si consideri
che è costituito da sole nove persone, alcune delle quali portanti lo stesso
cognome.
A nulla varrebbe, al riguardo, opporre che la compagine associativa si è
accresciuta nel corso del giudizio per via dell’adesione all’associazione di
numerosi altri cittadini del Comune.
La legittimazione al ricorso va infatti acclarata e valutata al momento della
proposizione della domanda, non potendo essere presi in considerazioni mutamenti
della figura del ricorrente venuti in essere in epoca successiva alla notifica
dell’atto introduttivo del giudizio. Rileva, quindi, unicamente il dato che al
momento della proposizione del gravame l’associazione era composta da sole nove
persone, elemento che si presta ad essere valutato in chiave indiziaria sub
specie del difetto dell’ineludibile requisito della rappresentatività del’ente
aggregativo.
Non senza rilievo è poi anche la considerazione che detta associazione è stata
costituita il 25 ottobre 2008, ovverosia soli diciotto giorni prima della
notifica del ricorso. Scolora dunque considerevolmente il requisito indicato sub
2, ossia lo stabile collegamento con il territorio. Sorge invero non peregrino
il dubbio che la costituzione dell’organismo associativo non riconosciuto sia
stata strumentale alla proposizione di una ben precisa e specifica iniziativa
contenziosa, vale a dire l’impugnazione del provvedimento di autorizzazione alla
costruzione della centrale per cui è controversia. L’esiguo lasso di tempo
ricorrente tra l’avvenuta creazione dell’associazione ambientale e la data di
notifica del ricorso (18 giorni) è indice fortemente rivelatore della assenza di
stabile collegamento con il territorio e del requisito della rappresentatività
della comunità locale. Si richiama la puntualizzazione dell’indizio dato dal
numero degli associati contenuto nella decisione del Consiglio di Stato n.
3234/2008 sopra riportata. Il Giudice d’appello ha precisato al riguardo che
“Non basta il mero scopo associativo a rendere differenziato un interesse
diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale
interesse alla salvaguardia dell'ambiente, specie quando tale scopo associativo
si risolva, come nella specie (in cui è stata depositata una semplice delibera
di conferimento di mandato per la proposizione del ricorso innanzi al Tar ),
senza mediazione alcuna di altre finalità, nell'utilizzazione di tutti i mezzi
leciti per non consentire la realizzazione di un determinato progetto e, quindi,
in definitiva, nella stessa finalità di proporre l'azione
giurisdizionale”.(Consiglio di Stato, Sez. V, 14 giugno 2007, n. 31917).
Da quanto finora illustrato consegue il difetto di legittimazione al ricorso
della ricorrente associazione Forum permanente della Val Di Lemme, il cui
ricorso va per tale profilo dichiarato inammissibile.
2.1. Solleva inoltre la controinteressata anche l’eccezione di difetto di
legittimazione dei cittadini residenti, signor L. Balestro, S. Balestro, R.E.
Cavo, G. Cavo, A. Porzio, R.M Carlini ,sostenendo, con Cons. di Stato, n.
1600/2003, che il singolo cittadino che agisca contro atti che assuma lesivi del
bene ambiente deve dimostrare che non si tratta di un bene che pervenga
identicamente e indivisibilmente ad una pluralità più o meno vasta di soggetti,
ma che rispetto ad esso si trova in una posizione differenziata tale da
legittimarlo ad insorgere “uti singulus” a sua difesa. In ultima analisi,
secondo la controinteressata, il singolo cittadino è legittimato a ricorrere
solo se riesca a dimostrare di subire un danno alla salute o un pregiudizio
diretto ed attuale alla porpsira sfera giuridica patrimoniale dal provvedimento
impugnato.
L’eccezione non trova concorde la Sezione va disattesa.
2.2. Invero, è pacifica e radicata l’affermazione giurisprudenziale secondo la
quale la legittimazione di una persona fisica ad impugnare addirittura atti di
localizzazione di discariche e di impianti di trattamento e smaltimento di
rifiuti solidi urbani non discende dalla mera vicinanza dell'abitazione ad una
discarica, ma è subordinata alla prova del danno che il ricorrente riceve nella
sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell'impianto riduce il
valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni
dettate dall'autorità competente in ordine alle modalità di gestione
dell'impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue
vicinanze (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18.07.1995, n. 754; Consiglio di Stato,
Sez. V, 13.07.1998, n. 1088; Consiglio di Stato, Sez. V, 31.01.2001, n. 358;
Consiglio di Stato, Sez. V, 16.4.2003, n. 1948 e più recentemente T.A.R. Emilia
Romagna - Bologna, Sez. I, 11.12.2006, n. 3216; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna,
Sez. I, 26.11.2007, n. 3365; Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.09.2007, n. 5453).
Rimane ancora tuttora attuale, infatti, nella ricostruzione del panorama
giurisprudenziale in materia di legittimazione dei singoli avverso
determinazioni pubbliche incisive del bene ambiente, il fondamentale arresto del
Giudice d’appello, secondo il quale “il ricorso giurisdizionale è proponibile
solo da chi ha la titolarità di un interesse legittimo e dimostri che tale
interesse ha subito una lesione per la illegittimità dell'atto impugnato. Sulla
base di tale principio, la mera vicinanza di un fondo ad una discarica non
legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento
autorizzativo dell'opera essendo, al riguardo, necessaria la prova del danno che
da questa riceve. Né la legittimazione potrebbe derivare dalla esigenza di
salvaguardare l'ambiente in quanto tali interessi trovano tutela unicamente
nell'obbligo di buona amministrazione che grava a carico degli enti esponenziali
della comunità e degli altri enti pubblici istituzionalmente preposti alla cura
di detti interessi”.(Consiglio Stato, Sez. V, 20 maggio 2002, n. 2714).
In maniera ancor più specifica la stessa V Sezione aveva già in precedenza
precisato, proprio in materia di realizzazione di opere di pubblica utilità, che
“per impugnare un provvedimento che prevede la realizzazione di un'opera non è
sufficiente affermare di avere la titolarità di un bene sito nelle sue immediate
vicinanze, ma occorre anche dimostrare il danno specifico che deriva al
soggetto, in quanto titolare del bene”. (Consiglio di Stato, Sez. V, 31 gennaio
2001, n. 358).
La V Sezione ha poi confermato il riportato suo orientamento nell’anno
successivo, avendo ribadito che “la mera vicinanza di un fondo ad una discarica
non legittima "ex se" il proprietario frontista ad insorgere contro il
provvedimento autorizzatorio dell'opera, essendo necessaria la prova del danno
che da questo egli riceva nella sua sfera giuridica” (Consiglio di Stato, Sez.
V, 16 aprile 2003, n. 1948).
In siffatto panorama giurisprudenziale va debitamente segnalata una successiva
più recente decisione della medesima V Sezione del Consiglio di Stato, che ha
riproposto la ricordata esegesi suggellandola con una massima che per la sua
nitidezza conviene riportare alla lettera: “La mera vicinanza di un'abitazione
ad una discarica non legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il
provvedimento di approvazione dell'opera essendo, al riguardo, necessaria la
prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera giuridica o per il
fatto che la localizzazione dell'impianto riduce il valore economico del fondo
situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall'autorità
competente in ordine alle modalità di gestione dell'impianto sono inidonee a
salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze: da ciò consegue,
pertanto, che il mero collegamento in un fondo con il territorio sul quale è
localizzata una discarica non è da solo sufficiente a legittimare il
proprietario a provocare "uti singulus" il sindacato di legittimità su qualsiasi
provvedimento amministrativo preordinato alla tutela di interessi generali che
nel territorio trovano la loro esplicazione”.(Consiglio di Stato, sez. V, 14
giugno 2007, n. 3191)
La Seconda Sezione del Tribunale ha più di recente confermato il predetto
precedente, escludendo la legittimazione a ricorrere di cittadini singoli
avverso gli atti di localizzazione ed autorizzazione di una discarica che non
avevano allegato né fornito principio di prova di alcun danno patrimoniale
(T.A.R. Piemonte, Sez. II, 26 maggio 2008, n. 1217).
2.3. Facendo applicazione al caso al vaglio del Collegio della ricostruita
ermeneusi processualistica va rilevato che i cittadini ricorrenti non si sono
limitati ad affermare di essere “cittadini residenti nel comune di Voltaggio e
più precisamente residenti nelle immediate vicinanze del sito in cui verrà
realizzato l’impianto in questione”(ricorso, pag. 3). Come può agevolmente
notarsi, invece,i ricorrenti hanno allegato e fornito adeguato principio di
prova in ordine alla loro posizione giuridica differenziata rispetto
all’impianto di produzione di energia da biomasse e ciò limitatamente, ma
sufficientemente, al verosimile danno che deriverebbe loro dall’esercizio
dell’impianto in questione.
E’ stata infatti prodotta, in vista della pubblica udienza di merito, una
perizia tecnica di stima, redatta da professionista regolarmente abilitato
(perizia tecnica del 10.6.2009 del geom. J. Antichi, doc. 15 ricorr.), la quale
dà conto anzitutto della titolarità di diritti reali dei ricorrenti su alcune
cascine di origine rurale, trasformate in nuclei residenziali ed abitate, dotate
di infrastrutture e terreni agricoli circostanti. Tutti questi cespiti sarebbero
collocati ad una distanza oscillante tra 100 e 700 ml. dal sito ove dovrà
sorgere l’impianto contestato; il che determinerebbe già un “significativo
pregiudizio per il valore immobiliare delle proprietà interessate” (pag. 2
perizia cit.). Ulteriormente indica il tecnico i fattori di incisione del valore
economico dei beni in analisi, individuati nell’incremento del traffico pesante,
del rumore costante e delle emissioni derivanti dal ciclo produttivo
dell’impianto de quo, nella percezione di odori residuali discendenti dal
predetto ciclo industriale. Conclude poi, sulla scorta dei precisati elementi
ricostruttivi, che le valutazioni di mercato degli immobili interessati è
presumibile che subiscano un decremento stimabile nel 50%. per effetto della
realizzazione della centrale energetica.
Ne consegue che vanno applicate a contrario al caso all’attenzione del Collegio
le conclusioni cui è pervenuto il Consiglio di Stato, che ha avuto modo di
rimarcare che “gli attuali appellanti non hanno indicato e tanto meno, quindi,
hanno dimostrato il pregiudizio che deriverebbe ad essi dagli atti impugnati, ma
si sono solo lamentati della localizzazione dell’impianto prevista dagli atti
impugnati (…) La Sezione, peraltro, già in fattispecie analoga, con riferimento
al criterio della c.d. vicinitas, ha chiarito che la mera vicinanza di un fondo
ad una discarica non legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il
provvedimento autorizzativo dell’opera, essendo al riguardo necessaria la prova
del danno che da questa riceve (Cons. di Stato, Sez. V, 13.7.1998, n. 1088)”
(Consiglio di Stato, Sez. V, 20 maggio 2002, n. 2714, motiv.).
Viceversa, come denotato, gli odierni sette cittadini ricorrenti hanno non solo
allegato il pregiudizio economico loro derivante dal contestato impianto
energetico, ma ne hanno fornito un principio di prova che il Collegio reputa
sufficiente, nell’ambito e nei limiti del giudizio non di merito sulla prova
dell’an di un lamentato pregiudizio, ma su di un presupposto processuale.
L’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione dei cittadini
ricorrenti non coglie dunque nel segno e va pertanto disattesa
3.1.1. Deve ora pervenirsi allo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità
dell’atto di intervento ad adiuvandum spiegato da Legambiente Piemonte e Valle
d’Aosta ONLUS, notificato il 22.1.2009. L’eccezione è contenuta nella memoria di
parte controinteressata depositata il 27.1.2009, secondo la quale Legambiente
sarebbe stata legittimata ad impugnare in via diretta il provvedimento gravato,
non potendo quindi assumere la veste di interveniente ad adiuvandum.
L’eccezione, pur nella sua imprecisione, appare fondata e va pertanto accolta.
Ma ritiene doveroso la Sezione ancorare la sua decisione ad altre e più
circostanziate ragioni di teoria generale del processo amministrativo.
3.1.2. E’ al riguardo fin troppo noto l’antico insegnamento della dottrina e il
relativo radicato costrutto giurisprudenziale, secondo cui l’intervento ad
adiuvandum può essere posto in essere dal titolare di una situazione giuridica
soggettiva dipendente da quella dedotta in giudizio – dipendenza dalla quale il
Collegio farà derivare l’ulteriore conseguenza di cui infra – e che l’interesse
che legittima l’intervento ad adiuvandum non può essere uguale a quello del
ricorrente, non potendo l’interveniente essere un cointeressato in senso
proprio, che altrimenti risulterebbe elusa la perentorietà del termine di
decadenza per la notifica del ricorso.
Orbene, risulta agli atti (doc. 2 produzione interveniente) ed è del resto
ammesso dalla stessa Legambiente interveniente, che tale associazione ha
partecipato ai lavori della conferenza di servizi del 19.2.2008 (ammissione di
cui a pag. 2 dell’atto di intervento).
Ne consegue che Legambiente versava nella stessa situazione della parte
ricorrente, ovverosia era titolare di un interesse uguale a quello dei
ricorrenti o era quanto meno un cointeressato, essendo legittimato ad impugnare
il provvedimento in via diretta e principale. Doveva pertanto attivarsi a
notificare il ricorso nel termine di decadenza e non poteva quindi rivestire il
ruolo di interveniente, pena la ricordata elusione del termine perentorio di
decadenza dall’impugnazione. Discende quindi de plano l’inammissibilità
dell’atto di intervento spiegato da colui che è titolare di un interesse uguale
a quello del ricorrente, che lo legittimava a proporre il ricorso in via
principale nei termini decadenziali (T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 22 giugno
2007, n. 6250; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III, 4 giugno 2007, n. 5140; T.A.R.
Lazio - Roma, Sez. I, 6 giugno 2006, n. 4303; T.A.R. Liguria, Sez. I, 12 ottobre
2005, n. 1349).
Il principio della perentorietà del termine decadenziale per proporre ricorso
giurisdizionale amministrativo osta dunque all’ammissibilità di un intervento ad
adiuvandum da parte di un soggetto che sia titolare di una posizione
differenziata e qualificata che lo legittimi ad impugnare il provvedimento
lesivo in via diretta.
Per completezza va soggiunto che l’intervento in questione sarebbe stato
ammissibile se effettuato nel termine di decadenza (T.A.R. Campania - Napoli,
sez. I, 10 febbraio 2004, n. 2017), potendo in tal caso essere convertito in
ricorso autonomo (Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2928). Ma nel
caso che ci occupa il termine di decadenza è invece abbondantemente spirato
all’atto della notifica dell’intervento.
Va per l’effetto dichiarato inammissibile l’intervento di Legambiente Piemonte e
Val d’Aosta..
3.3. Deve ora vagliarsi l’eccezione di inammissibilità, sotto altro profilo,
dell’intervento ad adiuvandum di Legambiente Piemonte e Val D’Aosta, spiegata
dalla controinteressata sulla considerazione che trattasi di articolazione
regionale o locale dell’associazione nazionale Legambiente Onlus e come tale
priva del requisito della legittimazione ad intervenire nei giudizi
amministrativi in materia di ambiente, riservata unicamente all’associazione
nazionale.
E’ noto che la giurisprudenza amministrativa ha acquisito e a più riprese
confermato il principio in ossequio al quale occorre specificare che la speciale
legittimazione ad agire delle associazioni di protezione e tutela ambientale nei
giudizi impugnatori diretti contro provvedimenti in materia di ambiente concerne
le “associazioni di protezione ambientale nazionali, formalmente riconosciute e
non le loro strutture o articolazioni territoriali, che non rispondono ai
requisiti posti dagli artt. 13 e 18, comma 5, della legge 1986 n. 349 (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. IV, 14.04.2006 n. 2151; T.A.R. Emilia Romagna -
Bologna, Sez. I, 06.07.2007 n. 1618; Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.09.2007 n.
5453). Il Giudice d’appello ha chiaramente definito l’ambito soggettivo della
delineata legittimazione precisando che “solo le associazioni ambientaliste
nazionali, se riconosciute da appositi decreti ministeriali ai sensi dell'art.
18, 5° comma, della L. 8 luglio 1986, n. 349, sono legittimate a ricorrere nelle
controversie relative a materie corrispondenti alle loro finalità istituzionali;
la legittimazione, viceversa, non spetta ad una struttura territoriale facente
capo all'associazione nazionale”.(Consiglio di Stato Sez. VI, 19-10-2007, n.
5453). Non ravvisa, al riguardo, la Sezione, regioni esegetiche di diverso
sentore per discostarsi dal rassegnato insegnamento del Consiglio di Stato, che
va condiviso, conseguendone la declaratoria di inammissibilità per difetto di
legittimazione ad agire dell’intervento svolto da Legambiente Piemonte e Val
d’Aosta Onlus.
4.1. Può finalmente approdarsi alla disamina del merito del ricorso principale e
dei successivi motivi aggiunti depositati il 9.1.2009.
Con il primo motivo del ricorso principale parte ricorrente denuncia,
articolandola in due sub censure, violazione del combinato disposto degli artt.
12 del d.lgs. n. 387/2003 e 10 della L. Reg. Piemonte n. 40/1998, nonché
dell’art. 269 del Testo unico ambientale di cui al d.lgs. n. 152/2006. Lamenta
con la prima sottocensura che il modulo procedimentale definito all’art. 12 del
d.lgs. n. 387/2003 e costituito dalla conferenza di servizi finalizzata al
rilascio dell’autorizzazione unica non escluderebbe il contestuale obbligo di
sottoposizione dell’impianto produttivo di energia in controversia alla fase di
verifica di assoggettabilità di cui all’art. 10 della L. Reg. n. 40/1998,
dovendo l’autorizzazione unica in parola rispettare le vigenti normative di
tutela dell’ambiente e del paesaggio. La seconda sub censura, con cui si deduce
la violazione dell’art. 269 del Codice dell’ambiente, rappresenta l’infrazione
di tale norma nella parte in cui dispone che il progetto da porre a corredo
dell’istanza di autorizzazione debba indicare quantità, tipo e caratteristiche
merceologiche dei combustibili di cui si prevede l’utilizzo, là dove la
documentazione tecnica presentata dalla Voltaggio s.r.l. sarebbe carente di
siffatte indicazioni relative ai combustibili.
4.2.1. Ambedue le doglianze non persuadono il Collegio, poiché la prima da un
lato confligge con la giurisprudenza da poco formatasi nella Sezione in tema di
rapporti dell’autorizzazione unica in questione con altri procedimenti
valutativi dell’impatto ambientale, acquisizioni suffragate dai recenti approdi
del Giudice amministrativo e, dall’altro, è contraddetta dalle declaratorie
degli allegati alla L. Reg. n. 40/1998. La seconda sub censura è poi smentita
per tabulas dagli atti e dagli impegni formali assunti dalla controinteressata e
versati in giudizio.
4.2.2. Riguardo alla prima questione, eminentemente giuridica, rammenta il
Collegio che la Sezione ha intuitivamente attinto il principio, che peraltro
trova conforto in copiosa recente giurisprudenza, secondo il quale il
procedimento definito dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dominato dalla
conferenza di servizi e inteso al rilascio dell’autorizzazione unica alla
realizzazione di impianti produttori di energia dallo sfruttamento di FER (fonti
energetiche rinnovabili: biomasse, impianti eolici e quant’altro) ha carattere
omnicomprensivo ed assorbe ogni altro procedimento previsto dalle leggi
regionali e volto alla verifica o alla valutazione dell’impatto ambientale,
poiché la conferenza di servizi è la sede nella quale le varie amministrazioni
preposte alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e storico – artistici
debbono esternare le loro valutazioni tecniche (T.A.R. Piemonte, Sez. I,
5.6.2009, n. 1597), non consentendo il generico richiamo di cui all’art. 12
citato al rispetto delle normative vigenti in tema di tutela dell’ambiente, del
paesaggio e del patrimonio storico artistico, di essere inteso come salvezza
anche dei moduli procedimentali di settore che secondo la previgente
legislazione erano intesi alla salvaguardia di quei valori.
4.2.3. Segnala il Collegio che la giurisprudenza, condivisa dalla Sezione, ha in
più occasioni sottolineato l’onnicomprensività della predetta autorizzazione
unica, precisando che “l'autorizzazione unica è rilasciata nel rispetto di tutti
i possibili valori meritevoli di tutela, ivi compresi quei valori ambientali cui
è finalizzata la valutazione di impatto ambientale ex D.P.R. 12 aprile 1996”
(T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. II, 26 febbraio 2008, n. 267) e che l’art. 12
cit. “non consente opzioni ermeneutiche di carattere restrittivo, volte ad
attenuare la valenza 'omnicomprensiva' dell'autorizzazione medesima, attesa
l'ampiezza della richiamata previsione normativa” (T.A.R. Puglia - Lecce, Sez.
I, 5 febbraio 2008, n. 358), essendosi anche puntualizzato che poiché la
predetta autorizzazione unica è rilasciata nel rispetto delle disposizioni
previste a tutela dell’ambiente,del paesaggio e del patrimonio storico –
artistico,“ogni atto amministrativo inerente alla costruzione e all'esercizio
dei detti impianti ovvero alle opere ad esso connesse ed alle infrastrutture
indispensabili, qualunque sia l'autorità amministrativa ordinariamente
competente, è sostituito ex lege dall'autorizzazione unica” (Tribunale S. Maria
Capua Vetere, Sez. II, 03 aprile 2007).
Si è incisivamente anche puntualizzato che “ai sensi dell'art. 12, d.lg. 29
dicembre 2003 n. 387, il legislatore ha inteso favorire le iniziative volte alla
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, semplificando il
relativo procedimento autorizzativo e concentrando l'apporto valutativo di tutte
le Amministrazioni interessate nella conferenza di servizi ai fini del rilascio
di un'autorizzazione unica (T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. III, 22.10.2008, n.
1277).
Più specificamente, il Giudice amministrativo ha chiarito, nei sensi appena
enunciati dalla Sezione, che la valutazione di impatto ambientale non è affatto
esclusa dalla novella di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, ma va
effettuata in seno alla conferenza di servizi, pena la vanificazione del termine
di 180 giorni entro il quale la stessa deve concludersi. Si è infatti di recente
precisato che “
nel procedimento unico previsto dall'art. 12, d.lg. 29 dicembre 2003 n. 387, in
tema di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, confluisce
anche il procedimento relativo alla V.I.A., con la conseguenza che l'eventuale
mancata adozione, da parte dell'Assessorato del Territorio e Ambiente, delle
determinazioni di competenza, non può riflettersi in senso preclusivo
sull'attivazione e sullo svolgimento del procedimento unico facente capo
all'Assessorato dell'Industria, pena la sostanziale vanificazione del termine di
180 giorni entro il quale, per legge, detto procedimento, deve comunque
pervenire a conclusione”.(T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. III, 19 febbraio 2009,
n. 368). Come ricordato, più di recente la Sezione ha ex se attinto il ricordato
principio di onnicomprensività e assorbenza dell’autorizzazione unica di cui
all’art. 12, d.lgs. 29.12.2003, n. 387(T.A.R. Piemonte, Sez. I, 5.6.2009, n.
1597).
Giova segnalare che anche il Giudice amministrativo d’appello ha sancito il
principio di onnicomprensività dell’autorizzazione unica, evidenziandone
l’attitudine ad essere la sede unica in cui vanno espressi i pareri di
compatibilità ambientale e paesaggistica e della stessa valutazione di impatto
ambientale, avendo di recente condivisibilmente statuito, infatti che “nel
procedimento di autorizzazione alla realizzazione di impianti per la produzione
di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (nella specie, di un
impianto costituente un "parco eolico"), l'amministrazione regionale dei beni
culturali deve rendere la propria determinazione, ai fini della tutela del
paesaggio e del patrimonio storico-artistico, nonché ai fini della valutazione
di impatto ambientale, in sede di conferenza dei servizi convocata dalla regione
e non ha, pertanto, l'obbligo di pronunciarsi sull'istanza di parere avanzata
dal soggetto interessato alla realizzazione dell'impianto”.(Cons.Giust.Amm.
Sicilia, Sez. giurisd., 11 aprile 2008 , n. 295).
La doglianza della ricorrente è pertanto infondata già sul piano squisitamente
giuridico.
4.3.1. Ma la censura va disattesa anche sul terreno giuridico – tecnico,
afferente all’ambito precettivo delle declaratorie di cui agli allegati alla
L.Reg. n. 40/1998. Orbene, recita l’art. 4 della Legge regionale invocata:
“1.Sono sottoposti alla fase di verifica, secondo le modalità di cui
all'articolo 10, i progetti di opere e di interventi di cui agli allegati B1, B2
e B3 non ricadenti, neppure parzialmente, in aree protette. 2. Sono sottoposti
alla fase di valutazione, secondo le modalità di cui all'articolo 12: a) i
progetti di opere e di interventi di cui agli allegati A1 e A2”.
Deve quindi appurarsi se l’impianto progettato dalla controinteressata sia
soggetto alla procedura di verifica secondo le modalità contemplate all’art. 10,
come sostenuto dalla ricorrente, ovvero alla procedura di valutazione di cui
all’art. 12, ovvero ancora se l’impianto stesso non sia soggetto ad alcuna delle
due procedure.
A tal fine non può che premettersi che le due tipologie di valutazione tecnica
sono tra loro in concorso alternativo: un impianto è soggetto alla valutazione
di impatto ambientale o alla verifica di assoggettabilità. Sono soggetti, per il
chiaro disposto dell’art. 4 appena riportato, alla fase di verifica quegli
impianti che siano sussumibili nelle declaratorie di cui agli allegati B1,B2 e
B3 e che non ricadano in aree protette, mentre soggiacciono alla fase di
valutazione gli impianti sussumibili nelle definizioni di cui agli allegati A1 e
A2 che invece ricadano anche parzialmente in aree protette.
Orbene, l’All. B2, dedicato ai “Progetti di competenza della provincia,
sottoposti alla fase di verifica quando non ricadono, neppure parzialmente, in
aree protette e sottoposti alla fase di valutazione quando ricadono, anche
parzialmente, in aree protette”, annovera al punto 35 gli “impianti termici per
la produzione di vapore ed acqua calda con potenza termica superiore a 50 MW”.
L’impianto realizzando dalla controinteressata non ricade strettamente in detta
declaratoria, posto che non è impianto che produce vapore ed acqua calda, bensì,
come riconosciuto anche dalla ricorrente nella memoria del 18.6.2009 (pag.5)
produttivo soprattutto di energia elettrica che viene venduta all’ENEL. Ne
consegue che non è soggetto alla fase di verifica disciplinata all’art. 10 della
legge regionale invocata.
Ma anche ove dovesse ritenersi che l’impianto de quo, producendo anche vapore ed
acqua calda sanitaria, rientri nella declaratoria del punto 35 predetto, il
medesimo esulerebbe comunque dall’obbligo della verifica o della valutazione
poiché non ha una potenza termica superiore a 50 MW. Invero, come attestato
dall’ARPA nella nota di parere del 3.6.2008 (doc. 10 ricorrente) e come risulta
dal provvedimento di autorizzazione impugnato, l’impianto in contestazione
spiega una potenza massima di 15 MW.
Tanto vale ad escludere in radice che l’impianto realizzando sia da assoggettare
alla fase di verifica o a quella di valutazione prescritta dal combinato
disposto degli artt. 4 e 10 della L.Reg. Piemonte n. 40/1998 e dall’All. B2, p.
35.
4.3.2. Inoltre va anche rimarcato che l’All.A2,”progetti di competenza della
provincia, sottoposti alla fase di valutazione” contiene un punto 22, aggiunto
con la modifica al’elenco apportata con Delib.C.R. 30-7-2008 n. 211-34747,
contemplante “Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e
acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW.”
L’impianto realizzando dalla controinteressata in astratto ricade in tale
declaratoria, poiché è qualificabile come impianto che produce energia
elettrica, vapore ed acqua calda.
Ma atteso che, come più sopra notato, lo stesso produce una potenza inferiore a
150 MW, a termini del punto 22 del citato all.A2 l’impianto stesso non è
soggetto nemmeno alla procedura di valutazione. A nulla vale controdedurre, come
fa la ricorrente a pag. 5 della memoria del 18.6.2009 che il riportato punto 22
dell’All.A2 non sarebbe invocabile dalla controinteressata in quanto introdotto
con la delibera di Consiglio regionale del 30.7.2008 la quale è successiva alla
conclusione della conferenza di servizi del 3.6.2008.
Per contro va rilevato che è essenziale che la cennata modifica normativa sia
intervenuta prima dell’adozione del provvedimento impugnato recante
l’autorizzazione unica, il quale è stato assunto in data 7.8.2008 e cioè
successivamente alla modifica normativa de qua.
Non è chi non veda, infatti, come l’organo provinciale che, sulla scorta della
conclusione della conferenza di servizi del 3.6.2008, in data 7.8.2008 ha
adottato l’autorizzazione unica gravata, ben avrebbe potuto disattendere i
risultati della conferenza stessa qualora la modifica normativa intervenuta otto
giorni prima avesse incluso l’impianto per il quale era in corso di rilascio
l’impugnata autorizzazione, nel novero di quelli assoggettati alla procedura di
valutazione di impatto ambientale ai sensi della L. Reg. n. 40/1998. Non
essendosi prodotta siffatta evenienza per avere la delibera regionale del
30.7.2008 escluso dalla fase di valutazione gli impianti produttori di energia
elettrica, vapore ed acqua calda non superiore a 150MW, quali quello in
questione, l’organo provinciale competente ha legittimamente rilasciato
l’autorizzazione unica.
Il tutto, intuitivamente, ove potesse giuridicamente predicarsi la perdurante
vigenza, nonostante il regime dell’autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. n.
387/2003, dei procedimenti settoriali previgenti in materia di v.i.a. Il che,
sulla scorta della giurisprudenza richiamata ai paragrafi 4.2. e 4.2.2 è da
escludere.
La censura complessivamente articolata nella prima parte del primo motivo di
ricorso è quindi infondata e va disattesa.
4.4. Né miglior sorta va riservata, come anticipato, alla denuncia di violazione
dell’art. 269 del Codice dell’ambiente, per avere la controinteressata omesso di
indicare nella documentazione tecnica a corredo dell’istanza di autorizzazione
unica, la quantità, la tipologia e le caratteristiche merceologiche del
combustibile che prevede di utilizzare per il funzionamento del progettato
impianto.
La doglianza è contraddetta ex actis. Nella convenzione sottoscritta tra la
società Voltaggio e la Comunità Montana Alta Val di Lemme il 29.5.2008 (Alla. E
al provvedimento impugnato) è precisato che la prima “si impegna ad utilizzare
come combustibile (…) biomasse forestali non trattate se non meccanicamente,
provenienti dai comuni della Comunità Montana per una quantità obiettivo non
inferiore a 9.000 tonnellate/anno”. Vengono quindi descritte la tipologia e il
quantitativo di combustibile, conformemente al disposto dell’art. 269 del Codice
ambiente.
Le caratteristiche merceologiche del prodotto sono poi fatte oggetto di precisa
descrizione tecnica nel Piano preliminare di approvvigionamento, presentato
dalla Voltaggio nel corso del procedimento autorizzatorio e versato in atti al
doc. 30. La sez. III di tale documento, intitolata “Il Combustibile” riporta poi
una analitica descrizione tecnica delle caratteristiche merceologiche del
materiale (pagg. 13 ss., doc.30).
Da tutto ciò discende l’infondatezza in fatto anche della seconda sub censura
del primo motivo del ricorso principale che va per l’effetto respinta.
5.1. Al secondo e più corposo mezzo di gravame sono affidate le censure di
sostanza, prevalentemente incentrate sulla contestazione della sussumibilità
nella nozione di biomassa vegetale e sottoprodotto del combustibile del quale la
Voltaggio prevede l’utilizzo. Sono denunciate violazione e falsa applicazione
dell’All. X, parte I, Sez. IV del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 183, comma 1
lett. p) dello stesso decreto, nonché difetto di istruttoria e motivazione,
contraddittorietà, illogicità e sviamento.
In particolare lamenta parte ricorrente che mentre nella relazione generale
allegata all’istanza la Voltaggio ha previsto l’esclusivo utilizzo di biomasse
definite all’allegato X al codice dell’ambiente, nel progetto tecnico è
precisato che per l’accensione dell’impianto e l’alimentazione della caldaia di
bak – up si farà uso di combustibile fossile (gasolio) e pertanto non è
contemplato l’uso di sole fonti rinnovabili.
E’ censurata anche la modalità di approvvigionamento di tali biomasse poiché non
sarebbero stati prodotti nel procedimento i vincoli negoziali o le lettere di
intenti tra la Voltaggio e i soggetti produttori di tale materiale, il che
confinerebbe a mere affermazioni di principio le allegazioni della società e
renderebbe inoltre inapplicabile la definizione di sottoprodotto contenuta
all’art. 183, lett. p) del Codice, richiamata nelle Modalità di gestione
descritte nel piano di approvvigionamento del 16.7.2007. Punto centrale della
nozione di sottoprodotto definita dalla predetta disposizione è infatti
l’impiego certo ed effettivo delle biomasse, il quale sarebbe reso aleatorio
dalla rilevata carenza di prove negoziali certe. Non rientrerebbero poi nella
relativa definizione le biomasse derivanti dalla filiera forestale, da quella
agricola utilizzate per la produzione di cippato e sottoposte quindi a
preventivi trattamenti onde renderle utilizzabili quale combustibili.
Invoca . - peraltro impropriamente – parte ricorrente, Cass. Pen. 20.4.2007, n.
21625 attribuendole la massima secondo cui gli scarti legnosi trattati non
sarebbero sottoprodotto.
Inoltre, nello schema dei flussi di approvvigionamento contenuto nel suindicato
piano, quanto alle fonti di approvvigionamento, sarebbero solo genericamente
additati dei centri di produzione del cippato e dei contoterzisti, ossia non
meglio qualificati intermediari; e allorché compaiano degli intermediari o dei
centri di stoccaggio si fuoriesce dalla nozione di sottoprodotto che a mente
dell’art. 183 del Codice ne postula la diretta utilizzazione nel corso del
procedimento di produzione o di utilizzazione dello stesso.
Si assume anche la qualificazione in termini di rifiuto e non di sottoprodotto
degli scarti agricoli (potatura delle viti: sarmenti, stocchi e tutoli delle
coltivazioni di mais ,paglie cereali, e scarti agroalimentari) indicati nel
piano di approvvigionamento predisposto dalla Voltaggio, in violazione del DM
5.2.1998 che contempla fra i rifiuti recuperabili mediante combustione proprio i
residui colturali pagliosi, legnosi e diversi, quali i sarmenti, i tutoli, gli
stocchi e i gusci.
Conclude la capillare serie di censure parte ricorrente contestando la
sostenibilità del piano di approvvigionamento, per supportare il quale sarebbero
stati necessari contratti o accordi di cessione del materiale con i vari
produttori dello stesso, compresi il consorzio forestale, la comunità montana,
le associazioni agricole. E ciò con riguardo sia alla filiera forestale e che a
quella agricola e di recupero, conseguente l’inattuabilità del piano stesso.
5.2.1. Le censure tutte sopra profusamente ricostruite non persuadono il
Collegio, siccome smentite dalla documentazione integrativa prodotta dalla
Voltaggio nel corso del procedimento ed in risposta alle varie richieste
promananti dalle diverse riunioni della conferenza di servizi. Le preoccupazioni
agitate da parte ricorrente hanno poi trovato puntuale riscontro in specifiche
prescrizioni con le quali l’Amministrazione ha assistito il provvedimento di
autorizzazione impugnato. L’ultimo profilo di censura, dal quale per semplicità
conviene prendere le mosse, impinge poi palesemente nel merito amministrativo ed
appare pertanto inammissibile.
5.2.2. Invero, non è chi non veda come le doglianze puntualizzate sulla quantità
della produzione delle varie filiere, e denunciate in precisi termini
dimensionali a pag. 22 del ricorso (pioppicoltura 10.000 tonnellate annue da
subito, filiera di legno 1.00 tonnellate, filiera forestale quantità crescenti
sino a 15.908 tonnellate di biomassa al decimo anno dopo l’avvio dell’impianto,
etc.), puntualizzate sulla difficile applicabilità, secondo uno insigne studioso
della materia, dei progetti di pianificazione e utilizzazione forestale nella
realtà italiana dominata dalla frammentazione della proprietà privata, involgono
tutte considerazioni tecniche di puro merito amministrativo, che esulano dalle
competenze di questo Giudice, né possono essere attinte mediante una consulenza
tecnica d’ufficio, che finirebbe fatalmente per sostituirsi alle valutazioni
dell’Amministrazione.
Ciò posto, non è senza pregio la controdeduzione della Voltaggio, espressa sia
nell’atto di costituzione del 28.11.2008 che nella memoria per l’udienza del
29.1.2009, secondo la quale la controinteressata, per effetto delle prescrizioni
impartite in sede di conferenza di servizi, ha predisposto un piano di
approvvigionamento delle biomasse (VE.DU.PA.01, doc. 30 con rappresentazione
anche grafica del bacino di riferimento (doc. 30 bis controint.) che vale a
contestare la lamentata insufficienza delle fonti di approvvigionamento. Senza
trascurare, inoltre, in proposito che nella convenzione del 29.5.2008 più sopra
citata, stipulata con la Comunità montana Alta Val di Lemme, è previsto il
reperimento di biomasse forestali provenienti dai vari Comuni della Comunità, in
misura non inferiore a 9.000 tonnellate.
Siffatte notazioni bastano a giudicare che le valutazioni compiute in seno alla
conferenza di servizi e poi fatte proprie dall’Amministrazione emanante sono
immuni da macroscopici vizi logici o da irragionevolezza o incongruenza, nei cui
soli limiti è consentito a questo Giudice uno spazio di sindacato.
5.2.3. Quanto alla censura inerente l’impiego di combustibile fossile per
l’accensione dell’impianto e l’alimentazione della caldaia di bak – up va
opposto che già nell’integrazione documentale del 30.4.2008 (doc. 7 ricorr.)
allestita a seguito di precisa preoccupazione espressa nella precedente
conferenza di servizi, la Voltaggio si impegnava ad alimentare tale caldaia,
prevista per assicurare la continuità del servizio di teleriscaldamento anche
durante le fermate programmata, con gas metano, appena disponibile la
connessione con la rete. Corrispondente prescrizione figura poi al punto 3
dell’All. A all’autorizzazione, recante le prescrizioni generali a cui resta
subordinato il titolo.
Va notato sin da ora, anche ai fini delle ulteriori precisazioni incentrate sul
contenuto delle altre prescrizioni riportate nel predetto allegato, che la
vincolatività delle stesse è sancita al punto 6 dell’autorizzazione impugnata, a
mente del quale si delibera “di vincolare l’autorizzazione al rispetto delle
prescrizioni impartite dal Comune di Voltaggio (…) riportate nell’allegato “A”
del presente provvedimento”.
Dirimente è poi il dato, opportunamente segnalato dalla difesa della Voltaggio,
secondo il quale l’impiego di combustibile fossile è espressamente consentito
dal punto 4.4.2 della “Normativa di qualificazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili” (ai sensi dell’art. 11, comma 1 del D.M. 24.10.2005) del GSE,
che autorizza per tali impianti l’utilizzo di combustibile convenzionale di
sostegno nel limite del 5% della produzione annua totale di energia.
Ne consegue che la censura in scrutinio si profila infondata e va respinta.
5.2.4. Relativamente alla doglianza con cui si lamenta che taluni prodotti
derivati dalle varie filiere non sarebbero qualificabili come sottoprodotto ma
come rifiuto, pone in luce il Collegio che di tanto si è data carico la stessa
Amministrazione, allorché già in sede di conferenza di servizi del 3.6.2008,
emergeva “il problema che alcune biomasse elencate possono essere considerate
rifiuti. L’Ing. Coffano (dirigente della Sezione difesa del suolo, V.I.A. e
servizi tecnici della Provincia di Alessandria, n.d.E.) rimarca che
nell’autorizzazione sarà precisato che non potranno essere adoperati rifiuti”.
La delineata notazione si è poi tradotta in una specifica e dettagliata
prescrizione generale del provvedimento impugnato (All. A all’autorizzazione del
7.8.2008) nella cui premessa si legge che “l’Azienda si impegna ad impiegare
come unico combustibile biomassa vegetale non trattata se non meccanicamente con
le caratteristiche sotto indicate”. Segue, tra le prescrizioni generali,
vincolanti ai sensi del punto 6 del provvedimento, la descrizione delle
caratteristiche della biomassa impieganda dalla Voltaggio, prodotto che dovrà
“essere costituita, esclusivamente, da legno vergine e biomassa agricola; essere
trattata esclusivamente meccanicamente; essere reperita entro un raggio di 50 km
dalla centrale (..); essere trasferita direttamente dal luogo di produzione alla
centrale di Voltaggio Energia senza alcun passaggio intermedio”.
Appare pertanto evidente alla Sezione un quadro di assoluta conformità del
contenuto provvedimentale con le disposizioni normative, posto che
l’Amministrazione ha tenuto nel debito conto le norme sulla definizione di
biomassa vegetale circoscrivendo alle stesse l’ambito autorizzativo del
provvedimento rilasciato.
5.2.5. Soccorre peraltro anche una notazione di teoria generale. E’ principio
generale del diritto amministrativo quello secondo il quale il contenuto
determinativo di un provvedimento è costituito non solo dalla parte dispositiva
ma anche dalla parte prescrittiva, rappresentata dall’insieme delle prescrizioni
che circondano il rilascio di un titolo autorizzatorio ed entrano a far parte
del dispositivo dell’atto, il quale va giudicato, in rapporto al parametro
normativo di riferimento, nella sua integralità determinativa, costituita anche
dalle prescrizioni imposte al soggetto beneficiario del provvedimento ampliativo,
conseguendone la legittimità di un’autorizzazione alla realizzazione di un
impianto alimentato da FER qualora la stessa rechi la tassativa e vincolante
prescrizione che per l’alimentazione e il funzionamento della centrale debbano
essere impiegate solo biomasse vegetali trattate meccanicamente, con esclusione
di prodotti qualificabili come rifiuto.
Poco importa poi se in fase di attuazione del provvedimento autorizzatorio il
beneficiario non ottemperi alla riferita prescrizione: il comportamento
divergente ed inadempiente del destinatario non si riverbera ex post sulla
legittimità del provvedimento amministrativo autorizzatorio, che riamane
invulnerata, potendo e dovendo l’inottemperanza de qua rilevare in occasione e
sede di controlli che l’Amministrazione potrà effettuare, il cui negativo esito
potrà condurre anche alla revoca sanzionatoria dell’autorizzazione.
5.2.6. La riportata prescrizione in forza della quale la biomassa vegetale da
utilizzare per l’alimentazione dell’impianto dovrà “essere trasferita
direttamente dal luogo di produzione alla centrale di Voltaggio Energia senza
alcun passaggio intermedio”, conferisce patente di piena conformità del
provvedimento alla definizione di sottoprodotto contenuta nel’invocato art. 183,
co. 1, lett. P) del d.lgs. n. 152/2006, in forza del quale l’impiego del
sottoprodotto deve avvenire direttamente nel corso del processo di produzione o
di utilizzazione individuato e definito.
Soggiunge inoltre il Collegio che la legittimità del provvedimento sottoposto
alla sua attenzione, per i profili ora in scrutinio, può essere inferita oltre
che dalla suindicata prescrizione circa l’impiego esclusivo di biomasse vegetali
trattate solo meccanicamente, anche dalle stesse specifiche tecniche e
descrittive dichiarate dalla Voltaggio in sede di istanza di autorizzazione.
Va debitamente posto in luce al riguardo che a corredo dell’istanza del 27.72008
la controinteressata presentava il Piano preliminare di approvvigionamento, la
cui sezione 3 a pag. 13 descrive minuziosamente le caratteristiche del
combustibile precisando che “l’impianto di cogenerazione utilizzerà come
combustibile esclusivamente biomassa vegetale non trattata e cioè legno vergine,
scarti agricoli e scarti legnosi che non abbiano subito trattamenti di tipo
chimico”, ulteriormente chiarendo che per biomassa legnosa combustibile si
intende materiale vegetale prodotto da interventi selvicolutarli, coltivazioni
dedicate, manutenzioni forestali quali la potatura nonché materiale vegetale
prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica del legno vergine,
costituito da cortecce, segatura, chips e tondelli oltre che da legna tal
quale”. Precisa poi anche cosa intende per cippato, ovverosia chips di legno o
legno sminuzzato, ovvero scaglie di legname ottenuto con apposite macchine
(trituratori o cippatori).
Da quanto esposto discende pertanto all’evidenza che già in sede di
documentazione tecnica allegata all’istanza la Voltaggio si obbligava ad
impiegare unicamente materiale legnoso biodegradabile e sussumibile nel genus di
sottoprodotto di cui all’art. 183 del codice dell’ambiente. Con il che si è
fatta luce sull’infondatezza delle contestazioni di parte ricorrente qui in
scrutinio.
5.2.7. Per concludere la trattazione sul punto deve il Collegio anzitutto
rilevare l’inconferenza e l’improprietà del richiamo effettuato in ricorso alla
decisione della Cassazione penale, III, n. 21625/2007. Come prudentemente
segnalato dalla controinteressata, infatti, con tale pronuncia, che sembra
essere stata massimata in maniera poco fedele, il S.C. ha ritenuto sussistere il
reato correlato all’utilizzo di rifiuti, considerando che “i rifiuti utilizzati
per la combustione dei forni sono costituiti da truciolato e addensato, ovvero
da scarti di legno sminuzzati a varie granulometrie e forme e successivamente
compattati con l’utilizzo di collanti(..) la presenza di collanti fa sì che non
si tratti di rifiuti della lavorazione del legno non trattato a base
esclusivamente di legno verde o componenti di legno verde”.
Come può agevolmente rilevarsi, dunque, la fattispecie decisa dalla Cassazione
divergeva in toto da quella al vaglio del Tribunale, che si caratterizza per
l’assoluta esclusione di procedimenti chimici, non meccanici, nel trattamento
delle masse vegetali utilizzate come combustibile.
5.2.8. Ritiene al riguardo, in particolare, la Sezione che non costituiscano
rifiuto e possano quindi essere tipicamente e propriamente utilizzati
nell’alimentazione di un impianto di produzione di energia da biomasse vegetali
gli scarti legnosi dell’agricoltura e i residuati della lavorazione
esclusivamente meccanica del legno, quali segature, tondelli, cortecce e cippato
legnoso, anche ove quest’ultimo sia trattato con impiego di acqua per estrarne
il tannino, poiché l‘acqua naturale non è un solvente e non può essere
assimilata ad una sostanza chimica.
5.2.9. Ultima notazione va svolta con riguardo al contestato difetto di vincoli
negoziali per la fornitura della biomassa e di stima delle potenzialità delle
varie filiere relativamente alle fonti di approvvigionamento del combustibile,
le quali si presenterebbero del tutto aleatorie e inadeguate a garantire il
necessario fabbisogno di biomasse.
La censura è contraddetta in fatto. Invero, sono agli atti diversi studi e
dettagliate analisi effettuate dalla Voltaggio e versate nelle varie conferenze
di servizi, che attestano proprio il contrario. Si segnala anzitutto la più
volte citata convenzione del 29.5.2008 stipulata con la Comunità montana, che
garantisce un consistente apporto di biomassa stimato in circa 9.000 tonnellate
annue. Vi è poi un verbale di riunione del 7.1.2008 (doc. 36 controint.)
svoltasi con varie Confederazioni agricole locali e dedicata alla fissazione
delle condizioni preliminari di fornitura del prodotto. Per la filiera forestale
vi è poi il doc. 33,“analisi della potenzialità forestale” depositato in
conferenza di servizi, il quale esamina le capacità produttive del comprensorio
e verifica la sostenibilità del piano di approvvigionamento.
Quanto alla denunciata assenza di accordi commerciali, lettere di intenti et
similia con i vari fornitori, risultano invece agli atti diversi accordi
commerciali, capaci di assicurare consistenti quantità di legname e cippato
locale. Possono indicarsi gli accordi versati in causa al doc. 41 e quello con
la segheria prodotto al doc. 42.
Ma al di là di specifici negozi con i produttori, la complessiva esistenza di
accordi in tal senso è stata rappresentata già durante la prima conferenza di
servizi del 25.9.2007. A pag. 5 del relativo verbale (doc. 2 ricorr.) si legge
infatti che “sono stati avviati contatti e stabiliti pre-accordi commerciali con
operatori locali, sia sul fronte agricolo che su quello forestale, volti a
concretizzare accordi pluriennali di fornitura in grado di garantire, con il
dovuto margine di sicurezza, i volumi di biomasse necessarie al funzionamento
del distretto energetico che si aggira nell’ordine delle 40.000 tonnellate per
anno”.
I dati documentali appena ricostruiti consentono quindi al Collegio di
concludere per la pacifica infondatezza della censura in scrutinio, che va
quindi respinta.
In conclusione, tutto il secondo motivo di gravame, per le ragioni finora
evidenziate, risulta complessivamente integralmente infondato e va disatteso.
6. 1. Il terzo motivo del ricorso principale espone il difetto di istruttoria e
di motivazione, illogicità, contraddittorietà e sviamento discendenti dall’aver
rilasciato l’autorizzazione gravata nonostante in nessun documento presentato
dalla società si rinvenga un progetto di tele calore, la sua distanza
dall’impianto, il numero dei potenziali utenti e quant’altro, malgrado tutte le
Amministrazioni interessate avessero convenuto che il teleriscaldamento fosse
condizione della fattibilità del progetto, per via della compensazione
ambientale scaturente dalla conseguente disattivazione degli impianti termici
domestici, la quale avrebbe consentito di tollerare l’immissione in atmosfera
dei residuati della combustione della biomassa utilizzata per il funzionamento
della centrale.
6.2. La doglianza è anzitutto contraddetta ex actis. Nel progetto tecnico (doc.
7 ricorr.) a pag. 15 consta il par. 25.6.2. “Rete di teleriscaldamento di
Voltaggio”, il quale dà atto che è stato sviluppato in collaborazione con l’A.C.
il progetto preliminare della rete di teleriscaldamento che “collegherà con un
collettore principale il Distretto Energetico al centro abitato di Voltaggio
situato a circa 3 km e servirà attraverso una rete di distribuzione capillare
sia il centro storico di Voltaggio che le frazioni di Isolazza, San Nazzaro e
Fornaci”. E’ precisato anche detta rete sarà di “tipo aperto” per consentire il
progressivo allacciamento di altre utenze pubbliche e private. E’ anche
allestita una tabella della rete, raffigurante le tipologie di utenze e la
relativa potenza, con minuta descrizione delle specifiche tecniche della potenza
termica ripartite tra i vari periodi dell’anno. E’ poi ipotizzata l’adesione
alla rete anche dell’utenza Campo Base Val di Lemme, che ospiterà circa 450
addetti per un periodo di otto anni. Risultano per tale via sementite le
allegazioni di parte ricorrente sopra riassunte.
6.3. Ma il Collegio rimarca inoltre che la censura non è solo infondata in
fatto, come si è appena denotato, ma anche in diritto. Applicando i principi
generali sulla legittimità dei titoli autorizzatori enucleati al par. 5.2.5.,
rileva il Tribunale che l’Amministrazione non ha affatto obliterato l’importanza
e la necessità dell’attivazione della rete di teleriscaldamento, avendo anzi
espressamente, da un lato vincolato “l’autorizzazione alla presentazione annuale
dei contratti stipulati con gli utenti allacciati alla rete di
teleriscaldamento” (p. 17) e dall’altro chiaramente stabilito “che l’avvio
dell’impianto sia subordinato ala realizzazione del’impianto di
teleriscaldamento” (p. 20).
Dalle riportate vincolanti prescrizioni impartite in uno con la rilasciata
autorizzazione discende che l’Amministrazione ha tenuto nel debito conto ed
elevato a condicio iuris dell’autorizzazione unica la realizzazione della rete
di teleriscaldamento, addirittura subordinando ad essa l’effettivo avvio
dell’impianto.
Da quanto or ora rilevato discende de plano la radicale infondatezza anche del
terzo motivo in scrutinio. che va per l’effetto respinto.
7.1. Con il quarto mezzo la ricorrente censura per difetto di motivazione e di
istruttoria, illogicità, contraddittorietà e sviamento la deliberazione della
Giunta della Comunità Montana Alta Val di Lemme – Alto Ovadese n. 34 del
26.5.2008, trasmessa alla ricorrente Carlini M.R. in data 11.10.2008.
Il ricorso avverso la suindicata delibera di Giunta comunale è irrimediabilmente
tardivo, posto che l’atto è stato assunto nella deliberazione del 26 maggio 2008
ed è stato pubblicato all’Albo pretorio del’Ente locale in data 5.6.2008. Il
termine decadenziale di sessanta giorni, che pacificamente deve applicarsi al
caso che ci occupa, trattandosi di delibera di organo collegiale, per la quale è
prescritta ex lege la forma di pubblicità consistente nella pubblicazione
nell’Albo pretorio, impugnata da soggetti non direttamente contemplati
nell’atto, decorreva quindi dal quindicesimo giorno dalla pubblicazione, ossia
dal 20 giugno 2008.
Non può del resto essere ragionevolmente posta in dubbio l’immediata lesività
della delibera opposta, considerato che con la stessa la Comunità montana
approvava la convezione con la società Voltaggio, con la quale quest’ultima si
impegnava ad utilizzare il quantitativo e la tipologia di biomassa più volte
rammentata nel corso di quest’esposizione motiva. E’ pertanto incontestabile che
la delibera in analisi non si limitava a delineare delle linee di indirizzo o a
formalizzare il parere positivo da esprimere nella terza conferenza di servizi,
ma recava un effetto esterno diretto, producendo il sorgere del vincolo
negoziale convenzionale con la controinteressata. Siffatta attitudine ed
efficacia esterna del provvedimento si atteggiava anche a fonte della
costitutività degli effetti, caratteristica che per avvertita giurisprudenza del
Consiglio di Stato determina l’emergenza della lesività e conseguentemente
dell’onere dell’immediata impugnazione del provvedimento (Consiglio di Stato,
Sez. IV, 10 maggio 2007, n. 2183; Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 aprile 2005,
n. 1743).
Va al riguardo anche debitamente evidenziato che la convenzione approvata con
l’impugnata delibera di giunta ha consistentemente condizionato il provvedimento
di autorizzazione impugnato e censurato nei motivi appena illustrati, posto che
la Provincia di Alessandria, nel rilasciare la predetta autorizzazione ha
impartito una specifica prescrizione, vincolando la Voltaggio destinataria a
rispettare i termini e gli impegni contenuti nella convenzione sottoscritta con
la Comunità Montana, che viene allegata al provvedimento impugnato, come uno
degli specifici allegati che formano parte integrante dell’autorizzazione
stessa.
E’ di palmare evidenza, dunque, che il contenuto determinativo della delibera
della giunta della comunità montana impugnata, ricostruito con rinvio alle
pattuizioni convenzionali approvate, è entrato a far parte, con efficacia
costitutiva e condizionante, del contenuto dispositivo dell’autorizzazione
provinciale gravata. Il che rende solare ed evidente l’efficacia costitutiva e
l’effetto esterno della delibera della comunità montana, efficacia da cui
pacificamente discende la sua immediata lesività ed attitudine pregiudizievole
che ne determina l’onere di immediata tempestiva impugnazione.
Da queste considerazioni consegue che il ricorso avverso la delibera predetta,
notificato il 12 novembre 2008, è palesemente tardivo e va pertanto dichiarato
irricevibile.
Pacificamente, poi, non ha l’effetto di riaprire i termini di impugnazione o di
far decorrere gli stessi, la trasmissione dell’atto effettuata dall’Ente in data
11.10.2008 a seguito di specifica istanza di accesso formulata da una delle
ricorrenti.
E’ infatti fin troppo noto che la conoscenza del provvedimento e del suo
contenuto essenziale, legalmente acquisita, è idonea a far decorrerne i termini
di impugnazione, i quali non scattano al momento della effettiva conoscenza
discendente dall’evasione dell’istanza di accesso, laddove sia prevista per il
provvedimento una tipizzata forma di pubblicità. Pubblicità mediante
pubblicazione all’albo che, per costante giurisprudenza, recentemente ribadita
dal Giudice d’appello, è “rilevante per la decorrenza dei termini di
impugnazione degli atti dei Comuni da parte di soggetti non direttamente
contemplati dall'atto”(Consiglio di Stato, Sez. V, 15 settembre 2009, n. 5503).
7.2. Dalle considerazioni tutte finora illustrate consegue che il ricorso
principale si profila infondato e va pertanto respinto mentre va dichiarato
irricevibile per tardività della notifica con riguardo all’impugnazione della
deliberazione n. 34/2008 della Comunità Montana Alta Val di Lemme – Alto Ovadese.
8.1. Può ora approdarsi al vaglio dei motivi aggiunti di ricorso, interposti a
seguito dell’accoglimento dell’istanza di accesso del 1.12.2008, i quali oltre
alle censure finora scrutinate e decise, svolgono autonomi profili di doglianza
che saranno di seguito illustrati in uno con il loro scrutinio.
Con il primo motivo aggiunto di gravame si denuncia violazione e falsa
applicazione degli art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e 14 e seguenti della l. n.
241/1990 nonché dei principi di buon andamento ed imparzialità
dell’amministrazione sanciti dall’art. 97 Cost., oltre che eccesso di potere per
illogicità, contraddittorietà e sviamento. Si duole parte ricorrente che alla
Voltaggio controinteressata sono stati chiesti chiarimenti e documentazione per
ben due volte e non per una sola come dispone la legge sul procedimento e per di
più con concessione di un termine superiore a quello di trenta giorni stabilito
dall’art. 14 – ter della L. 241/90. Lamenta inoltre parte deducente che hanno
partecipato alla conferenza decisoria anche rappresentanti della società privata
istante, ciò che sarebbe vietato dalla legge sul procedimento, all’uopo
invocandosi TAR Friuli V.G. n. 90/2008 secondo cui le disposizioni sulla
conferenza di servizi non assicurano al privato un diritto di partecipazione
alle riunioni e Cons. Stato, V, n. 8080/2003 secondo la quale la legge 241/90
“non sancisce in via generale il principio di pubblicità per lo svolgimento
della conferenza di servizi”. Conviene esaminare le censure ora riassunte e poi
affrontare l’ultima, invero giuridicamente più interessante, che conclude il
primo motivo aggiunto.
Nessuno degli argomenti spesi da parte ricorrente appare al Collegio meritevole
di condivisione.
8.2. La doglianza appuntata sul presunto divieto di chiedere per più di una
volta chiarimenti e ulteriore documentazione ai proponenti dell’istanza e ai
progettisti nonché sulla concessione di un termine superiore a trenta giorni
fonda su una norma, l’art. 14-ter, comma 8 della L. n. 241/1990, che sottende
un’istanza di semplificazione e snellimento amministrativo e di divieto di
aggravio procedimentale, in attuazione del principio di economicità e di
snellezza dell’attività amministrativa che si eleva a canone principe della
novella sul procedimento.
Ritiene la Sezione che tale norma sia stata predisposta dal Legislatore
nell’interesse del soggetto che ha presentato l’istanza che deve essere valutata
e decisa in seno alla conferenza di servizi e non già nell’interesse di
eventuali controinteressati sostanziali all’iniziativa del proponente.
La prescrizione che le integrazioni e i chiarimenti possono essere domandati
dall’Amministrazione una sola volta, come pure quella che fissa a trenta giorni
il termine entro il quale le stesse debbono essere prodotte è infatti
finalizzata a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere
evasione del’istanza presentata dal privato e sottoposta al contestuale esame
tipico tratto del conferenza di servizi. Celerità e snellezza che intuitivamente
avvantaggiano solo il soggetto richiedente l’atto ampliativo.
Ne consegue che legittimato a dolersi della sua violazione è dunque unicamente
il soggetto privato che abbia presentato un’istanza soggetta alla fase di
valutazione contestuale tipica della conferenza di sevizi, discendendone che la
censura in tal modo spiegata dai ricorrenti, che rivestono il ruolo di parte
controinteressata sostanziale, si configura inammissibile per carenza di
legittimazione.
8.3. Ma la lamentela è anche infondata nel merito, atteso che la giurisprudenza
del Tribunale, dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, si è
già espressa nel senso che la norma che impone che le integrazioni documentali
siano richieste in un’unica soluzione “non correla alcun effetto preclusivo
all’eventuale reiterazione delle richieste medesime”, potendo l’illegittimità
scaturire unicamente dalla violazione del principio di non aggravamento del
procedimento che sottende la disposizione in parola, per cui la violazione “va
accertata non tanto in base alla formale presenza di due richieste di
chiarimenti da parte dell’amministrazione, quanto accertando se ciò si sia
tradotto in una protrazione ingiustificata della procedura” (T.A.R. Piemonte,
Sez. II, 26.5.2008, n. 1217). Deduzione in linea con quanto più sopra rilevato
in ordine all’interesse processuale a dolersi della lamentata violazione.
Lo stesso è a predicarsi, poi, relativamente alla norma secondo cui se i
chiarimenti “non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni,
si procede all’esame del provvedimento”. Emerge qui con maggiore evidenza che la
conseguenza stabilita dal legislatore per l’omessa presentazione dei chiarimenti
de della documentazione, ossia l’esame del provvedimento, si atteggia a misura
lato sensu sanzionatoria dell’inottemperante contegno del privato destinatario
della richiesta integrazione documentale.
Di talché non può seriamente dubitarsi che solo costui è legittimato a lamentare
la violazione della norma de qua e che parte ricorrente versa in analoga
situazione processuale di difetto di legittimazione o di interesse rispetto alla
posizione rivestita in relazione alla norma sulla richiesta di integrazioni in
unica soluzione. Dal che la declaratoria di inammissibilità anche della censura
in analisi.
8.4. Infondata nel merito si appalesa invece la censura secondo cui alla
conferenza di servizi decisoria non potrebbero essere ammessi a partecipare i
rappresentati del soggetto privato istante. Anzitutto va rimarcata la radicale
inconferenza della giurisprudenza invocata dai ricorrenti, posto che la sentenza
di primo grado citata precisa solo che non è assicurato dalle norme sulla
conferenza di servizi il diritto assoluto di partecipazione del privato, non
escludendo, dunque, che l’Amministrazione possa legittimamente e
facoltativamente consentire siffatta partecipazione. La decisione del Consiglio
n. 8080/2003 è poi nettamente non pertinente, posto che si limita ad escludere
che la norma in esame sancisca in via generale il principio di pubblicità delle
sedute della conferenza, ma nulla statuisce in ordine alla possibilità di
partecipazione dei privati.
8.5. Rammenta invece in contrario il Collegio che la giurisprudenza ha di
recente autorevolmente sancito che costituisce preciso onere
dell’Amministrazione procedente, in caso di adozione di modelli concertati di
formazione del provvedimento, quali accordi di programma o conferenze di
servizi, individuare tempi e modi tali da consentire la partecipazione del
privato i cui interessi siano intaccati dall’agire provvedimentale concertato.
Il Consiglio di Stato ha infatti chiarito che “qualora le fasi procedimentali
vengano sostituite da diversi modelli di procedimento o di adozione delle
decisioni (accordi di programma, conferenza di servizi) è onere delle
amministrazioni procedenti di individuare tempi e modi per consentire la
partecipazione dei privati la cui sfera giuridica viene interessata dagli
effetti dell'azione amministrativa”.(Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 dicembre
2007, n. 6183).
La censura in esame va pertanto disattesa siccome infondata.
8.6.1. Maggior interesse giuridico riveste invece la doglianza che chiude il
motivo in esame, secondo la quale illegittimamente l’ARPA avrebbe trasmesso il
suo parere con nota in data 11.6.2008, solo dopo che la conferenza di servizi
decisoria del 3.6.2008 aveva concluso i suoi lavori. Il che violerebbe l’art. 12
del d.lgs. n. 387/2003 e il principio del procedimento unico finalizzato al
rilascio dell’autorizzazione unica ivi scolpito.
Opina la Sezione che la censura sia priva di pregio e vada pertanto respinta.
Invero, si stenta a trarre dal disposto dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 il
principio della necessaria formalizzazione in un testo scritto, coevo alla
riunione del consesso, del parere di competenza di ciascuna delle
amministrazioni intervenute ai lavori della conferenza di servizi. Tale
conclusione è suffragata dal tenore testuale della norma di cui all’art.12,
comma 4 citato, secondo cui “L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a
seguito di un procedimento unico, al quale PARTECIPANO tutte le Amministrazioni
interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le
modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni
e integrazioni”..
La legge impone quindi unicamente la partecipazione contestuale alla conferenza
di servizi, di tutte le Amministrazioni interessate, senza nulla prescrivere in
ordine al modo in cui esse possano esternare le loro valutazione, potendo ciò
avvenire oralmente o per iscritto, anche mediante la redazione di un testo che
sia trasmesso successivamente ai lavori della conferenza, sempre che tale
redazione e trasmissione avvenga antecedentemente all’adozione del provvedimento
autorizzatorio unico, il quale non svanisce affatto, pur nello speciale modulo
procedimentale di autorizzazione unica contestuale.
Nel disposto della norma di cui all’art. 12 è dato infatti cogliere uno
sdoppiamento e uno iato tra i lavori della conferenza e il rilascio del formale
provvedimento di autorizzazione, di guisa che la conferenza si atteggia a
istituto, di semplificazione, strumentale all’adozione del provvedimento
conclusivo di rilascio dell’autorizzazione. Recita infatti l’art. 12, comma 3 l.
cit., che la realizzazione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia
da FER “sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o
dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in
materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata”.
Ne consegue che la necessaria indizione della conferenza di servizi non elide la
formale adozione del provvedimento autorizzatorio, in funzione del quale è
convocata la conferenza.
8.4.2. Opina e ribadisce pertanto la Sezione che l’art. 12 del d.lgs. 29.2.2003,
n. 387 impone unicamente la contestuale partecipazione alla conferenza di
servizi, di tutte le Amministrazioni interessate, ma nulla stabilisce quanto
alle modalità con cui esse possono esternare la loro valutazione, potendo ciò
avvenire oralmente o per iscritto, anche mediante la redazione di un testo che
sia trasmesso successivamente ai lavori della conferenza, sempre che tale
redazione e trasmissione avvenga antecedentemente all’adozione del provvedimento
autorizzatorio unico, che non smarrisce la sua individualità nemmeno nel modello
procedimentale speciale dell’autorizzazione unica e contestuale definito
all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003..
Innestando gli enucleati principi al caso di specie, va evidenziato che alla
conferenza di servizi del 3.6.2008, così come del resto alle altre due
precedenti, ha doverosamente preso parte il rappresentante dell’ARPA Dott.
Caponetto, il quale, come si legge nel verbale a pag. 4, “concorda con quanto
espresso nei pareri letti in sede ci Conferenza dei Servizi, formula una serie
di quesiti..”
L’ARPA ha quindi fattivamente partecipato ai lavori della conferenza, esprimendo
le valutazioni tecniche di sua competenza, formulando quesiti e svolgendo
quant’altro ritenuto necessario.
Con il che risulta osservato il disposto dell’art. 12, co. 4 d.lgs. cit., a
mente del quale l’autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento
unico, “svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità
stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241” e al quale partecipino i
rappresentanti delle amministrazioni interessate. La norma impone dunque
unicamente la partecipazione delle amministrazioni interessate, non la
formalizzazione coeva del parere in un elaborato scritto.
In punto di fatto va poi debitamente evidenziato che la nota dell’ARPA trasmessa
solo in data 11.6.2008 è stata redatta, come leggesi nella legenda riportata al
margine superiore destro di ogni sua pagina, in data 3.6.2008, ossia lo stesso
giorno della riunione della conferenza; ciò che può anche far concludere nel
senso che il parere è stato redatto prima dell’insediamento del consesso,
avvenuto alle ore 11,30. Come pure può affermarsi che il rappresentante
dell’ARPA abbia esternato oralmente tutte le valutazioni tecniche di competenza,
che sono state poi formalizzate in un testo scritto predisposto a seguire ai
lavori della conferenza e trasmesso una settimana dopo.
Anche sulla scorta di siffatte considerazioni, oltre che sul fondamento della
ricostruita esegesi dell’art. 12, d.lgs. cit., deve quindi concludersi che la
norma invocata non è stata violata.
La censura in scrutinio è quindi infondata e va respinta.
9. Al secondo motivo aggiunto è affidata la deduzione della violazione dell’art.
5 del D.P.R. n. 357/1997 e degli artt. 1 e seguenti del D.P.G.R. 16.11.2001, n.
16/R, Regolamento recante disposizioni in materia di procedimento di valutazione
di incidenza. Si lamenta che il progetto dell’impianto in causa, limitrofo ad
un’area SIC (sito di interesse comunitario) denominata “Capanne di Marcarolo”
non è stato sottoposto alla procedura di valutazione di incidenza, come invece
richiesto dalla conferenza di servizi del 19.2.2008, che raccomandava di
approfondire l’eventuale impatto dell’impianto sulle predette aree e di
individuare anche opere di minimizzazione ambientale.
La censura non coglie nel segno, posto che, come ammette la stessa difesa dei
ricorrenti a pag. 42 dell’atto per motivi aggiunti, il regolamento regionale
invocato disciplina il procedimento di valutazione di incidenza, conformemente
all’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997, unicamente per gli impianti rientranti nelle
topologie definite agli allegati A e B della L.Reg. Piemonte n. 40/1998. Dispone
precisamente l’art. 1 del D.P.G.R. n. 16/2001 che “le disposizioni di cui al
presente regolamento si applicano ai progetti riferibili alle tipologie
progettuali di cui agli allegati A e B della legge regionale 4 dicembre 1998, n.
40”.
Si è più sopra chiarito ed appurato che l’impianto in controversia esorbita
dalle declaratorie di cui agli allegati A e B della legge regionale in
questione, non rientrando, per l’esattezza, nella definizione di cui al punto 35
dell’Allegato B poiché, pur producendo acqua calda e vapore, sviluppa una
potenza inferiore a 50 MW termici (per l’esattezza, solo 15 MW), né in quella
del punto 22 dell’Allegato A2 che assoggetta a verifica di assoggettabilità o
valutazione solo gli impianti produttori di energia elettrica, vapore ed acqua
calda sanitaria di potenza superiore a 150 MW termici.
Dall’esclusione dell’impianto de quo dal raggio di applicazione degli allegati A
e B alla citata L. Reg. discende altresì con sicurezza che al medesimo non si
estende la procedura di valutazione di incidenza di cui si lamenta l’omissione.
10.1. Il terzo motivo aggiunto ripropone in sostanza, sia pur con maggiore
capillarità, le censure già svolte con il secondo motivo, incentrate sulla
dedotta illegittimità dell’autorizzazione per effetto della circostanza che
negli stessi verbali delle tre conferenze di servizi le Amministrazioni
rilevavano che alcune tipologie di combustibili di cui era previsto l’impiego
sono da qualificare rifiuto e non possono essere ricondotte alla definizione di
sottoprodotto di cui all’art. 183, lett. p) del d.lgs. n. 152/2006. In questa
sede, in particolare, i ricorrenti puntualizzano le censure evidenziando i passi
del verbale della stessa prima conferenza di servizi del settembre 2007 in cui
il rappresentante del servizio gestione rifiuti della resistente Provincia
chiarisce che anche il materiale vegetale da trattamento meccanico di talune
coltivazioni dedicate e da interventi selvicolturali è rifiuto. Rimarca poi
parte ricorrente che la stessa Voltaggio, nella nota del 19.12.2007 non esclude
la possibilità di impiegare rifiuti, impegnandosi all’uopo solo a fornire i
relativi codici CER e che nella stessa conferenza di servizi finale del 3 giugno
2008 il competente servizio seguita a rilevare che malgrado le integrazioni
fornite dalla Voltaggio alcune biomasse vegetali sono da considerare rifiuto.
Si duole in proposito parte ricorrente che l’autorizzazione rilasciata il
7.8.2008 non precisa alcunché in ordine al materiale che non potrà essere
trattato nell’impianto. Donde la dedotta violazione dell’art. 208 del d.lgs. n.
152/2006 che stabilisce che l’autorizzazione rechi le prescrizioni necessarie a
garantire l’attuazione dei principi di cui al’art. 178, stesso decreto.
La ricostruita censura è stata già dal Collegio valutata come nettamente
infondata nella trattazione del secondo motivo del ricorso principale, non
potendo quindi non rinviarsi alle relative considerazioni.
Va qui soltanto rimarcata l’assoluta infondatezza in fatto della doglianza
appena riassunta in merito alla pretesa omessa indicazione, nell’autorizzazione
gravata, delle prescrizioni in ordine alle tipologie di materiali che non
potranno essere trattate nell’impianto. Basti al riguardo opporre quanto già
evidenziato in sede di scrutinio del secondo motivo del gravame principale,
ovverosia che l’autorizzazione impugnata contiene in allegato le prescrizioni
generali, tra le quali campeggia quella che impone l’indicazione delle biomasse
vegetali non trattate se non meccanicamente, quale unico possibile combustibile
impiegabile.
Va anche soggiunto che la stessa conferenza di servizi del 3.6.2008 rimarca che
“nell’autorizzazione sarà precisato che non potranno essere adoperati rifiuti”.
Segnala per completezza il Collegio che il punto 4 delle prescrizioni generali
allegate all’autorizzazione e vincolanti ai sensi del punto 6 della stessa,
stabilisce che “dovrà essere compilato un registro relativo ai controlli di
conformità della biomassa in ingresso”.
Come può notarsi, dunque, il provvedimento impugnato circonda la consentita
realizzazione dell’impianto a minuziose e tassative cautele, presidiate dal
successivo disposto del punto 9 delle predette prescrizioni generali, a mente
del quale “l’Azienda dovrà consentire al personale tecnico incaricato
dall’Amministrazione provinciale e comunale d accedere liberamente all’area
interessata per effettuare eventuali prelievi, controlli ed analisi”.
10.2. La seconda parte del terzo motivo riedita le doglianze svolte nel terzo
motivo del ricorso introduttivo, concernenti l’essenzialità della realizzazione
della rete di teleriscaldamento, rilevata nelle varie conferenze di servizi e
considerata condizione dell’attuabilità ed assentibilità dell’impianto de quo
per via della compensazione ambientale che genera in conseguenza della
disattivazione degli impianti di riscaldamento domestici.
Qui si lamenta l’inadeguatezza delle prescrizioni, di cui peraltro si dà
lealmente atto, presenti nell’autorizzazione e individuate nel vincolo al
rispetto della convenzione intercorsa con il Comune, nella presentazione annuale
dell’elenco degli utenti allacciati alla rete di teleriscaldamento e nella
subordinazione dell’avvio dell’impianto alla effettiva realizzazione di quello
di tele calore.
A parere dei ricorrenti queste prescrizioni non vincolerebbero la Voltaggio
poiché nella convenzione del 28.3.2008 la società si impegna a far realizzare la
rete di teleriscaldamento da un operatore specializzato, là dove detta rete
avrebbe dovuto (a loro dire) essere realizzata direttamente dalla Voltaggio. Si
agita la preoccupazione in ordine all’incertezza delle conseguenze, sulla
rilasciata autorizzazione, di un’eventuale mancata costruzione dell’impianto di
tele calore per mancanza di adesioni nonché dell’eventuale mancata presentazione
dell’elenco annuale degli utenti allacciati.
La censura è stata già valutata priva di pregio in occasione della disamina del
terzo motivo dell’atto introduttivo del presente giudizio, alle cui conclusioni
ci si deve di necessità riferire ribadendosi, nel confermare l’infondatezza e il
conseguente rigetto della censura, da un lato che tutte le prescrizioni
riferibili alla necessità di previa realizzazione della rete di
teleriscaldamento si configurano significativamente vincolanti e imperative per
la Voltaggio e dall’altro che la legittimità del provvedimento impugnato resta
invulnerata dall’eventuale mancata ottemperanza della Voltaggio alle
prescrizioni impartite in sede di rilascio del titolo autorizzatorio.
10.3. Preme, peraltro, al Collegio fornire risposta ai dubbi e alle perplessità
prospettate dai ricorrenti e più sopra riepilogate.
Non v’ha dubbio che l’inottemperanza della Voltaggio alle prescrizioni
concernenti l’obbligo di realizzare la rete di teleriscaldamento – per la quale,
sia detto per incidens, in nessun atto è sancito l’obbligo di realizzazione
diretta da parte della Voltaggio – produrrà non la “decadenza”
dell’autorizzazione, ma la sua concreta inefficacia e inoperatività. In tal
senso consente di deporre il chiaro e tassativo disposto di cui al punto 20
dell’autorizzazione del 7.8.2008, a termini del quale si delibera “di stabilire
che l’avvio dell’impianto sia subordinato alla realizzazione del’impianto di
teleriscaldamento”.
La prescrizione sta a significare che la messa in esercizio dell’impianto – e
quindi l’efficacia operativa della rilasciata impugnata autorizzazione – non può
prescindere ed è inibita dalla mancata realizzazione della rete di
teleriscaldamento.
Se la stessa non viene posta in essere ed in opera, dunque, l’impianto, anche
ove costruito, non potrà essere “avviato”, cioè posto in esercizio: il che
escluderà in radice la lesione al bene giuridico di cui i ricorrenti invocano
protezione. Senza l’operatività della rete di teleriscaldamento non potranno
dunque essere combuste le biomasse vegetali di cui la Voltaggio si sia
approvvigionata, discendendone che in atmosfera non saranno prodotte emissioni
provenienti dall’impianto di cui è causa, né emissioni acustiche.
La mancata presentazione annuale dell’elenco degli utenti allacciati determinerà
poi il Comune o la Provincia ad adottare provvedimenti di fermo dell’impianto e
di blocco delle relative cennate emissioni di fumo e di rumore.
Senza dire poi che reiterate e gravi inadempienze al complesso delle impartite
prescrizioni che assistono il titolo ampliativo potranno, ove ne ricorrano i
presupposti, condurre anche ad una revoca dell’autorizzazione rilasciata.
In conclusione, sulla scorta della argomentazioni tutte finora sviscerate, anche
il ricorso per motivi aggiunti si profila infondato e va respinto.
La conclamata totale soccombenza dei ricorrenti deporrebbe nel senso di gravarli
anche delle spese di lite, ma sussistono valide ragioni, correlate sia alla
natura superindividuale degli interessi azionati che alla novità e difficoltà
delle questioni trattate, per disporne l’integrale compensazione tra le
costituite parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte - Prima Sezione –
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe e i relativi motivi
aggiunti così decide:
Dichiara inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso
dell’Associazione “Forum permanente degli abitanti e delle Associazioni
dell’Alta Val di Lemme”.
Dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum di Legambiente Piemonte e Val
d’Aosta.
Dichiara irricevibile per tardività della notifica il ricorso dei signori
Balostro Luigino, Balostro Stefano, Cavo Elena Rosa, Cavo Giovanni, Cavo Fabio,
Porzio Annalisa e Carlini Maria Rosa avverso la deliberazione della Giunta della
Comunità Montana Alta Val di Lemme Alto Ovadese n. 34/2008.
Respinge nel merito il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti dei
signori Balostro Luigino, Balostro Stefano, Cavo Elena Rosa, Cavo Giovanni, Cavo
Fabio, Porzio Annalisa e Carlini Maria Rosa avverso gli altri provvedimenti
indicati in ricorso e nei motivi aggiunti.
Compensa integralmente le spese di lite tra le costituite parti.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio del giorno 02/07/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario
Alfonso Graziano, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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