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T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 21 febbraio 2009, n. 487



CAVE E MINIERE - Regione Piemonte - Cave ordinarie e cave di prestito - L.R. 69/1978 - L.R. 30/99 - Differenze sul piano formale e sul piano sostanziale - Cessazione del carattere funzionale al reperimento dei materiali occorrenti per la realizzazione di opere pubbliche - Riattivazione dell’attività di cava - Regime normativo delle cave ordinarie. La normativa regionale piemontese configura due tipologie ben distinte e non sovrapponibili di cave: le “cave ordinarie” (disciplinate dalla legge regionale Piemonte n. 69/1978) e le cave di prestito (disciplinate dalla legge regionale Piemonte n. 30/1999). Le differenze sono rimarchevoli sul piano formale, atteso che le domande di autorizzazione all’esercizio di una “cava ordinaria” devono essere istruite dalla conferenza dei servizi che fa capo alla Provincia, mentre quelle relative alle cave di prestito dalla conferenza dei servizi che fa capo alla Regione. Ma, soprattutto, i due istituti sono nettamente differenziati dalla vigente normativa dal punto di vista sostanziale: le “cave ordinarie” costituiscono semplice espressione dell’interesse commerciale delle imprese operanti nel settore estrattivo e la relativa autorizzazione richiede l’accertamento dei presupposti previsti dal’articolo 7 della legge n. 69/1978, fra cui deve essere particolarmente evidenziata la rilevanza del materiale da estrarre per l’economia regionale; tali presupposti sono estranei al regime delle cave di prestito le quali, invece, sono strettamente funzionali al reperimento dei materiali occorrenti per la realizzazione di importanti opere pubbliche. Ne consegue che, venute meno dette ultime esigenze estrattive, non vi è più spazio per l’esercizio dell’attività di cava e l’eventuale riattivazione di tale attività per le esigenze commerciali di soggetti terzi va necessariamente assoggettata al regime normativo delle “cave ordinarie”. Pres. Calvo, Est. Goso - E. s.r.l. e altri (VV.TI barosio e Chiapale) c. Comune di Romentino (avv. Lovisetto), Provincia di Novara (avv. Pozzi) e Regione Piemonte (avv. Maina). T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 21/02/2009, n. 487

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00487/2009 REG.SEN.
N. 00784/2008 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 784 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Elmit S.r.l., Consorzio Cave S.r.l. e Cave di Cameri S.r.l., rappresentate e difese dagli avv. Vittorio Barosio e Cinzia Chiapale, con domicilio eletto presso l’avv. Vittorio Barosio in Torino, corso Galileo Ferraris n. 120;

contro

Comune di Romentino, rappresentato e difeso dall'avv. Valentina Lovisetto, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via G.B. Vico n. 10;
Provincia di Novara, rappresentata e difesa dall'avv. Edoardo Pozzi, con domicilio eletto presso l’avv. Marco Fiorentino in Torino, piazza Castello n. 9;
Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall'avv. Pier Carlo Maina, con domicilio eletto presso il difensore in Torino, piazza Castello n. 165;

nei confronti di

Consorzio Alta Velocità Torino-Milano (C.A.V.To.Mi.), rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Giuffrè ed Emanuela Rossi, con domicilio eletto presso l’avv. Emanuela Rossi in Torino, via P. Sacchi n. 42;
Allara S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Marco Sertorio, con domicilio eletto presso il difensore in Torino, via G.B. Vico n. 10;

per l'annullamento

- della deliberazione di Giunta comunale in data 4.3.2008, n. 28 (pubblicata fino a tutto il 26.3.2008), con la quale è stato approvato "il subingresso della Società Allara S.p.a. con sede in Casale Monferrato - strada per Frassineto Po n. 42 alla cava in località Bettole già autorizzata al Consorzio C.A.V.To.Mi.", nonché "la bozza di convenzione allegata al presente provvedimento";

- per quanto possa occorrere, dei verbali delle due conferenze dei servizi in data 25.1.2008, nella parte in cui gli stessi hanno dichiarato la "chiusura del procedimento" per la coltivazione della cava di prestito in capo al Consorzio C.A.V.To.Mi. in località Bettole ed hanno consentito il subingresso della Allara S.p.a. nell'autorizzazione a coltivare la medesima cava in regime ordinario;

- di ogni altro atto o provvedimento presupposto, preparatorio, connesso o consequenziale,

e, con motivi aggiunti di ricorso, per l’annullamento

- dell'autorizzazione al "subingresso nella coltivazione di una cava di sabbia e ghiaia in località Cascina Bettole, già autorizzata al Consorzio C.A.V.To.Mi", rilasciata dal responsabile d'area del Comune di Romentino in data 7.5.2008, prot. n. 6773.


Visto il ricorso e i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Romentino;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Novara;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio C.A.V.To.Mi;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Allara S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21/1/2009 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, Elmit S.r.l., Consorzio Cave S.r.l. e Cave di Cameri S.r.l., allegando la propria qualità di imprese operanti in provincia di Novara nel settore dell’estrazione di inerti, si opponevano alla deliberazione di giunta n. 28 del 4 marzo 2008, con cui il Comune di Romentino aveva autorizzato il subingresso di Allara S.p.a. nell’attività estrattiva di completamento della cava in località Bettole, già autorizzata al Consorzio Alta Velocità Torino-Milano con provvedimento dirigenziale del medesimo Comune in data 19 luglio 2006.

Quest’ultimo atto aveva definito il procedimento avviato con lettera del 17 febbraio 2006, nella quale il precitato Consorzio precisava di occuparsi della realizzazione della linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Milano e, in relazione al compimento di tale opera pubblica, chiedeva il rilascio di autorizzazione alla coltivazione mineraria per la durata di anni tre.

A causa della mancata realizzazione dei lavori relativi all’interconnessione della linea ferroviaria ad alta velocità con la stazione ferroviaria di Novara, peraltro, il Consorzio riscontrava una diminuzione del fabbisogno di materiale litoide che rendeva non più necessaria l’estrazione di ulteriore materiale dalla cava per destinarlo all’opera ferroviaria.

Con lettera del 19 ottobre 2007, il Consorzio rappresentava dette circostanze alla Regione Piemonte, contestualmente dichiarando di avere completato i lavori che richiedevano l’utilizzo del materiale estratto, e chiedeva che fosse autorizzata a subentrare nella parte di cava ancora da coltivare la Allara S.p.a., ai sensi della legge regionale n. 69 del 1978.

Ciò premesso, le ricorrenti precisano che il provvedimento impugnato lede il proprio interesse alla corretta esplicazione della dinamica concorrenziale nello specifico settore di attività e fondano la domanda giudiziale di annullamento sui seguenti motivi di gravame:

I) Violazione di legge, con particolare riferimento al combinato disposto degli artt. 48 e 107 del d.lgs. 267/2000. Incompetenza della giunta comunale.

La censura di incompetenza si fonda sul rilievo che l’autorizzazione all’esercizio di una cava non rientra tra le funzioni degli organi di governo, bensì fra i normali atti di gestione dei dirigenti comunali.

II) Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2, comma 3, della legge regionale n. 30/1999, all’art. 7 della legge regionale n. 69/1978, alle prescrizioni di cui al P.A.E.P. della Provincia di Novara. Eccesso di potere per mancanza di istruttoria, per difetto dei presupposti e per carenza di motivazione.

Le deducenti pemettono che la disciplina regionale del Piemonte differenzia nettamente due tipologie di cave: da un lato, vi sono le cave di prestito, disciplinate dalla legge n. 30/1999, funzionali al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-regioni; dall’altro, le cave soggette al regime ordinario fissato dalla legge n. 69/1978.

Secondo le esponenti, muterebbero, nei due casi, sia i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione alla coltivazione della cava sia la procedura che deve essere realizzata per addivenire a tale risultato.

Nel caso di specie, il titolo rilasciato ad Allara S.p.a. per il subentro al Consorzio costituirebbe, ad ogni effetto, nuova autorizzazione alla coltivazione di una cava in regime ordinario, senza che l’amministrazione emittente abbia valutato i presupposti richiesti a tal fine.

L’autorizzazione de qua si porrebbe anche in contrasto con le prescrizioni contenute nel Piano delle attività estrattive provinciali (P.A.E.P.), approvato dalla Provincia di Novara con deliberazione di giunta del 20 settembre 2007.

Con atto del 28 maggio 2008, ritualmente notificato alle controparti, la Cave di Cameri S.r.l. dichiarava di rinunciare al ricorso; la rinuncia era formalmente accettata dal Comune di Romentino.

Si sono costituite in giudizio tutte le amministrazioni intimate (Comune di Romentino, Provincia di Novara e Regione Piemonte) e i privati controinteressati (Consorzio Alta Velocità Torino-Milano e Allara S.p.a.).

Tutte le parti resistenti eccepiscono l’inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse, e ne contrastano la fondatezza nel merito.

Con ricorso per motivi aggiunti successivamente notificato, Elmit S.r.l. e Consorzio cave S.r.l. hanno esteso l’impugnazione al provvedimento del 5 maggio 2008 (prot. n. 6773 del 7 maggio 2008), con cui il responsabile dell’Area urbanistica-ambiente-territorio-tecnica del Comune di Romentino, richiamando la deliberazione di giunta di uguale contenuto, ha autorizzato il subingresso di Allara S.p.a. nella coltivazione della cava di che trattasi.

Tale provvedimento, ad avviso delle ricorrenti, sarebbe inficiato in via derivata dagli stessi vizi evidenziati con il secondo motivo del ricorso introduttivo.

Replicavano con apposite memorie il Comune di Romentino e Allara S.p.a.

Con ordinanza collegiale n. 585 del 11 luglio 2008, era respinta l’istanza cautelare proposta in via incidentale dalla parte ricorrente, per carenza di periculum.

In prossimità della pubblica udienza, il Comune di Romentino e Allara S.p.a hanno depositato articolate memorie difensive.

Chiamato all’udienza del 21 gennaio 2009, infine, il ricorso è stato ritenuto in decisione.


DIRITTO


1) Con il ricorso introduttivo del giudizio, è stata impugnata la deliberazione di giunta n. 28 del 4 marzo 2008, con cui il Comune di Romentino ha autorizzato il subingresso di Allara S.p.a. nell’attività estrattiva di completamento della cava in località Bettole, già autorizzata al Consorzio Alta Velocità Torino-Milano con provvedimento dirigenziale del medesimo Comune.

1.1) Con il ricorso per motivi aggiunti, è stato impugnato il provvedimento dirigenziale del Comune di Romentino in data 5 maggio 2008, con cui sono state adottate identiche determinazioni.

2) Occorre preliminarmente dare atto della rinuncia al ricorso da parte di Cave di Cameri S.r.l.

Tale dichiarazione, peraltro, non preclude il vaglio della domanda giudiziale, atteso che le altre due imprese ricorrenti non hanno manifestato analoga volontà.

3) Prima di scrutinare le censure di legittimità dedotte dalle ricorrenti, occorre esaminare se sussistano nella fattispecie le necessarie condizioni dell’azione.

Tutte le parti resistenti, infatti, hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, con diversità di sfumature che possono essere così schematizzate (fra parentesi è il riferimento all’eccepiente):

- le ricorrenti si sono limitate ad allegare un pregiudizio di mero fatto, privo di giuridica consistenza (Consorzio Alta Velocità);

- le ricorrenti non hanno titolo per dolersi dell’ingresso di un nuovo operatore nel mercato, poiché l’ordinamento si oppone, semmai, ad eventuali limitazioni della concorrenza (Regione Piemonte);

- le ricorrenti non dimostrano di poter trarre un vantaggio concreto dal’annullamento del provvedimento impugnato, poiché le stime in ordine alla contrazione del proprio volume d’affari si fondano su un documento (il P.A.E.P. di Novara) non ancora in vigore (Provincia di Novara e Regione Piemonte);

- il Consorzio Cave S.r.l. non sarebbe operativo, non avendo alcun dipendente né la titolarità di alcuna autorizzazione alla coltivazione di cava (Comune di Romentino e Allara S.p.a.);

- Elmit S.r.l.non trarrebbe alcun vantaggio dall’annullamento del provvedimento impugnato, poiché la cava da essa coltivata in provincia di Novara non è suscettibile di espansione, sorgendo in zona vincolata (Comune di Romentino e Allara S.p.a.).

In sintesi, le accennate eccezioni di inammissibilità si concentrano su due aspetti: uno di carattere generale, riferito alla posizione di entrambe le ricorrenti alle quali non potrebbe riconoscersi la titolarità di un interesse giuridicamente qualificato ad opporsi all’autorizzazione in favore di Allara S.p.a; l’altro riferito alla specifica posizione delle singole ricorrenti che non avrebbero la possibilità di trarre vantaggi concreti dall’annullamento del provvedimento impugnato.

Entrambi i profili sono privi di pregio.

3.1) La prima questione introdotta dalle eccepienti è stata già affrontata e disattesa dalla Sezione con la sentenza n. 3363 del 5 novembre 2007, resa in un giudizio fra Elmit S.r.l. e Comune di Romentino non privo di affinità con il presente.

Con tale pronuncia, si era rilevato come la domanda introdotta dalla società ricorrente, operante nel settore della lavorazione di inerti, fosse tesa “ad evitare i prevedibili pregiudizi economici sulla propria attività che gli deriverebbero dalla nuova attività estrattiva e di commercializzazione del materiale estratto, autorizzata con l’impugnata deliberazione consiliare del Comune di Romentino”.

Se ne ricava che “si deve ritenere sussistente l’interesse a ricorrere dell’operatore economico contro un provvedimento che accresca il numero dei concorrenti nel medesimo settore, essendo evidente l’incidenza di tale fatto sul piano della concorrenza, delle condizioni del mercato e sulla possibile, conseguente, diminuzione di guadagno”.

L’applicazione di tali principi, che il Collegio condivide e fa propri, conduce a una diagnosi di infondatezza, sotto il profilo in esame, delle eccezioni di inammissibilità proposte dalle parti resistenti.

E’ appena il caso di soggiungere che il riconoscimento dell’interesse all’impugnazione non implica affatto che le ricorrenti debbano considerarsi legittimate a contrastare tutti gli atti amministrativi che comportano un’espansione della dinamica concorrenziale, ma, al contrario, che esse hanno titolo a contrapporsi a quegli atti che, discostandosi dalla regolamentazione della materia, producono l’effetto di alterare il corretto gioco della concorrenza.

3.2) Quanto al secondo profilo, che fa riferimento alle condizioni soggettive delle due ricorrenti, è sufficiente rilevare che esse hanno prodotto in atti le visure camerali che comprovano la qualità di operatore economico del settore.

Elmit S.r.l., in particolare, ha anche depositato materiale illustrativo della propria attività, dal quale si evince che essa opera a breve distanza dal sito della cava in contestazione, cosicché non possono esservi dubbi sulle potenziali interferenze tra le due imprese, quanto al mercato di riferimento e alle conseguenti prospettive di guadagno.

Tali elementi inducono a ritenere, alla luce di quanto precisato sub 3.1), che le ricorrenti abbiano titolo per opporsi ai provvedimenti che comportano, in modo asseritamente non corretto, l’ingresso di nuovi concorrenti nel settore economico di attività.

4) Nel merito, va innanzitutto rilevato come non si debba dare luogo allo scrutinio del primo motivo del ricorso introduttivo, con il quale le esponenti denunciano l’incompetenza della giunta comunale a provvedere in merito all’autorizzazione alla (o al subingresso nella) coltivazione della cava, trattandosi di atto rientrante nelle competenze dei dirigenti comunali.

Successivamente alla deliberazione di giunta impugnata con il ricorso introduttivo, infatti, il Comune di Romentino si è determinato in tal senso con provvedimento dirigenziale del 5 maggio 2008 (prot. n. 6773 del 7 maggio 2008).

Tale provvedimento, non conosciuto dalle ricorrenti al momento della proposizione del ricorso introduttivo, è stato impugnato con motivi aggiunti.

Ciò premesso, e considerando che l’ordinario effetto del’incompetenza è l’annullamento dell’atto con rimessione dell’affare all’organo competente, deve ritenersi precluso l’accertamento del dedotto vizio di legittimità, posto che l’organo ritenuto competente è proprio quello che ha provveduto nel caso concreto.

5) Può ora procedersi al vaglio del secondo motivo di ricorso, riproposto nei motivi aggiunti come vizio di invalidità derivata, riferito alla violazione della disciplina legislativa regionale in materia di cave.

La tesi delle ricorrenti può riassumersi come segue: premesso che le cosiddette cave di prestito sono soggette, nella Regione Piemonte, ad un regime del tutto diverso da quello fissato per la generalità delle cave, sia sotto il profilo formale sia sotto quello sostanziale, l’amministrazione emittente ha erroneamente considerato la cava in contestazione come cava di prestito ed applicato le regole riferite a detta tipologia.

5.1) Lo scrutinio della censura presuppone che si indaghi il differente regime giuridico cui fanno riferimento le ricorrenti.

Nell’ordinamento della Regione Piemonte, l’esercizio dell’attività di cava è disciplinato dalla legge regionale 22 novembre 1978, n. 69, recante “Coltivazione di cave e torbiere”.

Per quanto attiene gli aspetti procedurali, la citata legge prevede che l’attività di coltivazione delle cave, quando non è svolta in regime di concessione regionale ai sensi dell’articolo 11, sia soggetta ad autorizzazione regionale (articolo 1, comma 2), normalmente delegata ai comuni (articolo 4, comma 1).

L’autorizzazione comunale si fonda sulle conclusioni della conferenza dei servizi istituita presso le province, ai sensi degli articoli 31 e 32 della legge regionale Piemonte 26 aprile 2000, n. 44, alla quale la Regione partecipa in qualità di soggetto interessato.

Sul piano sostanziale, l’articolo 7, comma 1, della citata legge regionale n. 69/1978, prevede che l’amministrazione comunale, nel provvedere sulla domanda di autorizzazione, debba tenere conto:

a) della rilevanza del materiale da estrarre per l’economia regionale;

b) degli impegni assunti dal richiedente relativamente al complesso dell’organizzazione produttiva;

c) della tutela della salubrità della zona circostante, dell’ambiente e del paesaggio;

d) delle condizioni idrogeologiche, con particolare riferimento alla stabilità delle aree interessate;

e) di altri preminenti interessi generali.

Tale è, in estrema sintesi, il regime fissato dal legislatore regionale per quelle che si potrebbero definire “cave ordinarie”.

Regole diverse valgono, invece, per le cosiddette cave di prestito, disciplinate dalla legge regionale Piemonte 3 dicembre 1999, n. 30 (che significativamente reca in epigrafe “Norme speciali e transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l’esercizio di cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-regioni”).

Tale tipologia, secondo la definizione dettata dall’articolo 1, comma 1, della legge, comprende le cave funzionali al reperimento dei materiali necessari all’esecuzione delle opere pubbliche inserite in accordi Stato-regioni.

Sul piano procedurale, esse sono espressamente escluse dal regime previsto per quelle ordinarie e le relative autorizzazioni devono essere precedute dalla conferenze dei servizi istituita presso la Regione, ai sensi dell’articolo 33 della legge regionale n. 44/2000.

Quanto ai requisiti sostanziali, la disciplina normativa regionale si limita a prescrivere (articolo 2, comma 3) che il materiale reperito debba essere utilizzato esclusivamente per le esigenze esecutive dell’opera pubblica cui la sua estrazione è finalizzata.

5.2) In conclusione, la normativa regionale che sopra si è tratteggiata nei suoi caratteri essenziali configura due tipologie ben distinte e non sovrapponibili di cave: le “cave ordinarie” (disciplinate dalla legge regionale Piemonte n. 69/1978) e le cave di prestito (disciplinate dalla legge regionale Piemonte n. 30/1999).

Le differenze sono rimarchevoli sul piano formale, atteso che le domande di autorizzazione all’esercizio di una “cava ordinaria” devono essere istruite dalla conferenza dei servizi che fa capo alla Provincia, mentre quelle relative alle cave di prestito dalla conferenza dei servizi che fa capo alla Regione.

Ma, soprattutto, i due istituti sono nettamente differenziati dalla vigente normativa dal punto di vista sostanziale:

- le “cave ordinarie” costituiscono semplice espressione dell’interesse commerciale delle imprese operanti nel settore estrattivo e la relativa autorizzazione richiede l’accertamento dei presupposti previsti dal’articolo 7 della legge n. 69/1978, fra cui deve essere particolarmente evidenziata la rilevanza del materiale da estrarre per l’economia regionale;

- tali presupposti sono estranei al regime delle cave di prestito le quali, invece, sono strettamente funzionali al reperimento dei materiali occorrenti per la realizzazione di importanti opere pubbliche.

Non ha pregio, pertanto, l’obiezione sollevata dalla difesa comunale e dai privati controinteressati (essenzialmente fondata su una lettura non corretta del terzo comma dell’articolo 2 della legge n. 30/1999), secondo la quale la differenza fra i regimi disegnati dalle due leggi regionali di riferimento consisterebbe solo nel fatto che la citata legge 30 prevede dei requisiti in più rispetto alla normativa generale.

Al contrario, le cave di prestito prescindono, come già precisato, dai requisiti occorrenti per le “cave ordinarie” e richiedono soltanto che sia accertata la finalizzazione del materiale estratto all’esecuzione delle opere pubbliche previste dall’accordo Stato-regioni.

Ne consegue che, venute meno dette esigenze estrattive, non vi è più spazio per l’esercizio dell’attività di cava e l’eventuale riattivazione di tale attività per le esigenze commerciali di soggetti terzi va necessariamente assoggettata al regime normativo delle “cave ordinarie”.

5.3) Tanto precisato, si rileva come, nel caso in esame, lo stesso soggetto autorizzato all’esercizio della cava di prestito avesse comunicato il venir meno delle esigenze estrattive che avevano giustificato il rilascio della relativa autorizzazione, a causa della mancata realizzazione dei lavori relativi all’interconnessione della linea ferroviaria ad alta velocità con la stazione ferroviaria di Novara.

Non sussistendo più alcun collegamento fra l’attività estrattiva autorizzata nel sito e la realizzazione dell’opera pubblica, non era configurabile l’esistenza di una cava di prestito.

Ne consegue che l’esercizio dell’attività estrattiva da parte di Allara S.p.a., sebbene configurata dai richiedenti e dall’amministrazione quale subingresso nell’autorizzazione già rilasciata al Consorzio Alta Velocità, richiedeva il rilascio di una nuova autorizzazione, avente ad oggetto una “cava ordinaria” e non più di prestito.

La relativa istanza, tra l’altro, era stata presentata dal Consorzio Alta Velocità ai sensi della legge regionale n. 69/1978 ed è stata correttamente istruita dalla conferenza dei servizi facente capo alla Provincia di Novara e non, come sarebbe stato richiesto nel caso di cava di prestito, dall’analogo organismo facente capo alla Regione Piemonte.

5.4) Nonostante ciò, l’amministrazione ha travisato la natura della richiesta autorizzazione.

Essa, infatti, non si è limitata a qualificare l’istanza come subingresso nell’esercizio della cava di prestito (sebbene fossero medio tempore venute meno le particolari esigenze estrattive che avevano dato luogo al rilascio del titolo originario), ma, coerentemente a tale qualificazione, ha del tutto omesso di accertare la sussistenza dei presupposti richiesti dal più volte citato articolo 7 della legge regionale n. 69/1978 per l’esercizio di una “cava ordinaria”.

In particolare, l’amministrazione era chiamata ad esprimere una valutazione discrezionale circa la rilevanza del materiale da estrarre per l’economia regionale, ossia doveva pronunciarsi in merito all’opportunità di aprire la (nuova) cava sulla base della effettiva domanda generata dal mercato locale.

Di tale fondamentale valutazione non si trova traccia né nei provvedimenti finali né negli atti istruttori che li hanno preceduti e l’omissione è sufficiente, di per sé, ad inficiare la legittimità degli atti impugnati.

Inoltre, sempre in conseguenza della diversa natura della cava, era necessario assoggettare l’intervento a nuova valutazione di impatto ambientale, la cui omissione non può giustificarsi con riferimento al breve tempo trascorso dalla precedente autorizzazione.

6) Per tali ragioni, e con assorbimento delle ulteriori doglianze riferite alla presunta violazione delle prescrizioni del P.A.E.P., il ricordo introduttivo e i motivi aggiunti devono essere accolti.

Si ravvisano, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti costituite.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. II, definitivamente pronunciando:

a) dà atto della rinuncia al ricorso da parte di Cave di Cameri S.r.l.;

b) accoglie il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;

c) compensa le spese fra le parti costituite;

d) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 21/1/2009 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Calvo, Presidente

Richard Goso, Primo Referendario, Estensore

Fabrizio Fornataro, Referendario


L'ESTENSORE                    IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/02/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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