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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 12 maggio 2009, n. 1077
URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Puglia - Fascia costiera di 300 metri dal
confine del demanio - L.r. n. 30/1990 - Vincolo di inedificabilità assoluta.
Il vincolo imposto dall’art. 1 della L.R. Puglia n. 30 del 1990 (territori
costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dal confine del
demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare) è un vincolo di
inedificabilità assoluta, integrante la fattispecie impeditiva della sanatoria
ex art. 33 della legge n. 47 del 1985. Pres. Urbano, Est. Giansante - R.M. (avv.
Di Cagno) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato).
T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 12/05/2009, n.1077
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01077/2009 REG.SEN.
N. 01634/1998 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1634 del 1998, proposto da:
Ronzullo Michele, rappresentato e difeso dall'Avv. Maurizio Di Cagno, con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bari, Via Nicolai, 43;
contro
il Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali (ora Ministero per i Beni e le
Attività Culturali), in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliata per legge in Bari,
Via Melo, 97;
per l'annullamento
della determinazione prot. n. 7609 in data 26.03.1998 - notificata in data
20.04.1998 - a firma del Sovrintendente ai Beni Ambientali Architettonici
Artistici e Storici della Puglia, recante annullamento del parere paesaggistico
in sanatoria in data 03.12.1997 emesso dal Sindaco di Vico del Gargano
relativamente ad un manufatto edilizio.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni Culturali ed
Ambientali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/03/2009 la Dott. ssa Rosalba
Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato il 19.06.1998 e depositato nella Segreteria
del Tribunale il 14.07.1998, il Sig. Michele Ronzullo, gestore di uno
stabilimento balneare denominato “Lido Azzurro” in località Calanella, nel
Comune di Vico del Gargano, ha chiesto l’annullamento del provvedimento prot. n.
7609 del 26.03.1998 - notificato in data 20.04.1998 - con il quale il
Sovrintendente ai Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici della
Puglia ha annullato il parere paesaggistico in sanatoria adottato dal Sindaco di
Vico del Gargano, in data 03.12.1997, relativo ad un manufatto realizzato a
servizio del suddetto stabilimento balneare.
A sostegno del gravame ha dedotto i seguenti motivi di censura: violazione e
malgoverno dell’art. 82 del D.P.R. n. 616 del 1977 con riferimento all’art. 1
della legge regionale n. 30 del 1990 ed all’art. 39, comma 20, della legge n.
724 del 1994 e eccesso di potere per carente istruttoria, erroneità dei
presupposti, illogicità ed ingiustizia manifeste in quanto non si tratterebbe di
un vincolo di inedificabilità assoluto e la Sovrintendenza non avrebbe
considerato le effettive caratteristiche e peculiarità dell’intervento.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio, a mezzo dell’Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Bari concludendo per l’infondatezza del ricorso e
chiedendo il rigetto del gravame.
Il ricorrente ed il Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali hanno prodotto
documentazione e hanno presentato memorie.
All’udienza pubblica del 25.03.2009 la causa è stata chiamata e assunta in
decisione.
DIRITTO
Il presente ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
L’annullamento del parere paesaggistico in sanatoria, impugnato con il presente
ricorso, si fonda su due autonome ragioni ostative, ognuna delle quali è
sufficiente a sorreggerne il dispositivo: violazione di legge per contrasto con
l’art. 82, terzo comma, del D.P.R. n. 616 del 1977 e con l’art. 1 della legge
Regionale n. 30 del 1990 ed eccesso di potere per difetto di motivazione.
La legge regionale n. 30 del 1990, recante norme transitorie di tutela delle
aree di particolare interesse ambientale paesaggistico, al suddetto art. 1 (aree
soggette a divieto di modificazione) vieta, fino all'approvazione, ai sensi
della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, del P.U.T.T. (Piano urbanistico
territoriale tematico) del «Paesaggio e dei beni ambientali», ogni modificazione
dell'assetto del territorio nonchè qualsiasi opera edilizia nelle aree nello
stesso indicate, tra le quali, per quello che in questa sede interessa, i
“territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dal
confine del demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare”.
Tale divieto era già previsto all’art. 51, lett. f, della legge regionale n. 56
del 1980, fino all’entrata in vigore dei piani territoriali. La legge regionale
n. 30 del 1990 ha sostanzialmente “sostituito” la precedente normativa del 1980
applicabile fino all’approvazione del P.U.T.T. del paesaggio e dei beni
ambientali, confermando i vincoli temporanei di inedificabilità assoluta già ivi
disciplinati, introducendo altri, fatte salve delle specifiche deroghe di cui
all’art. 2. L’efficacia delle disposizioni di cui alla legge regionale n. 30 del
1990 è stata prorogata con le LL.RR. n. 10 del 1994, n. 28 del 1994, n. 2 del
1995, n. 16 del 1995, n. 33 del 1995, n. 9 del 1996, n. 2 del 1997, n. 2 del
1998.
Il Collegio, uniformandosi alla giurisprudenza costante di questo T.A.R.,
richiamata anche da parte resistente e condivisa dal Consiglio di Stato (Sezione
IV, n. 458/1993) già in riferimento all’art. 51, lett. f, legge regionale n. 56
del 1980, si ripete, di identico contenuto della successiva legge regionale n.
30 del 1990, ritiene che il vincolo imposto dall’art. 1 della legge regionale da
ultimo menzionata, sia un vincolo di in edificabilità assoluta, integrante la
fattispecie impeditiva della sanatoria ex art. 33 della legge n. 47 del 1985. Il
citato art. 33, invero, esclude espressamente la possibilità di sanatoria per
gli interventi realizzati in violazione di "vincoli imposti da leggi statali e
regionali a tutela di interessi paesistici e ambientali, ovvero a difesa delle
coste marine".
La norma regionale all'esame introduce un divieto assoluto, ancorché temporaneo,
di edificazione entro la fascia costiera, al quale si aggancia con immediatezza
la misura sanzionatoria prevista dal legislatore statale, e cioè l'impossibilità
di sanatoria dell'abuso, senza eccezioni, limiti o condizionamenti.
Il Collegio ritiene, altresì, privo di pregio il richiamo del ricorrente
all’art. 39, comma 20, della legge n. 724 del 1994 che, ai fini
dell'applicazione delle disposizioni della definizione agevolata delle
violazioni edilizie, dispone che i vincoli di inedificabilità richiamati
dall'articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, (i vincoli di in
edificabilità assoluti) non comprendono il divieto transitorio di edificare
previsto dall'articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431; ad avviso del
ricorrente l’art. 1 della legge regionale n. 30 del 1990 integrerebbe proprio un
divieto transitorio di edificare previsto dalla suddetta normativa e questo
escluderebbe l’inedificabilità assoluta.
La prospettazione di parte ricorrente non è condivisibile in quanto il Collegio
esclude la possibilità dell’applicazione analogica della normativa richiamata di
cui all'art. 1 quinquies della legge n. 431/1985, comportante anch'essa un
divieto transitorio di edificabilità sino all'entrata in vigore dei piani
territoriali. Anzi, proprio la circostanza che il legislatore abbia avvertito la
necessità di escludere, con successiva espressa previsione derogatoria (art. 39,
20° comma L. 724/1994) la riconducibilità del suddetto divieto transitorio di
edificare alla previsione dell'art. 33 L. 47/1985, dimostra come, a contrario,
in assenza di omologa previsione ad excludendum, il vincolo temporaneo
introdotto dal legislatore regionale pugliese rientri fra quelli comportanti
l'assoluta insanabilità dell'abuso (Consiglio di Stato, Sezione V, n.
1914/1999).
Una volta ritenuto, sulla base della norma applicabile nel presente giudizio,
che il vincolo sia di in edificabilità assoluta occorre verificare, nella
fattispecie concreta oggetto di gravame, l’esistenza di tale vincolo sia al
momento in cui le opere vennero realizzate (non potendo evidentemente il vincolo
assumere valenza retroattiva), sia al momento della decisione sulla domanda di
sanatoria (Sezione V, n. 1914 del 1999).
Entrambe le condizioni devono ritenersi sussistenti.
Pur non essendo pacifico in atti la data di realizzazione del manufatto,
considerato che il ricorrente ha prodotto una dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorietà nella quale la Ditta incaricata di effettuare i lavori ha
dichiarato di averli effettuati tra febbraio ed aprile 1990 e, quindi, prima
della emanazione della legge regionale adottata l’11.05.1990 e pubblicata nel
B.U. Puglia 5 giugno 1990, n. 98 e, di contro, parte resistente ha rappresentato
che dalla documentazione inviata alla Sovrintendenza dall’Amministrazione
comunale risulta che i lavori sono ultimati nell’anno 1993, ma non produce tale
documentazione in atti e, quindi, tale circostanza non può ritenersi provata, il
Collegio ritiene tale circostanza comunque esistente considerato che anche prima
dell’emanazione della suddetta norma era vigente l’identico vincolo assoluto di
inedificabilità previsto dal citato art. 51, lett. f, della legge regionale n.
56 del 1980.
Sono, altresì, infondate le ulteriori doglianze con le quali il ricorrente ha
lamentato che la Sovrintendenza non avrebbe affatto considerato le effettive
caratteristiche e peculiarità dell’intervento, insuscettibile, ad avviso del
ricorrente, di arrecare una lesione all’interesse paesaggistico, essendosi
limitata nel provvedimento impugnato a riportare mere formule di stile o di
“rito”.
Il Collegio ritiene completa l’istruttoria fatta dalla competente Sovrintendenza
per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici della Puglia, e,
pertanto, non sussistente il vizio di eccesso di potere per carente istruttoria
denunciato dal ricorrente; il provvedimento è adeguatamente motivato e, come
prescrive l’art. 3 della legge n. 241/1990, indica in modo chiaro e puntuale i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
dell’Amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
Nella motivazione del provvedimento impugnato, infatti, la suddetta
Sovrintendenza ha rappresentato che dalle verifiche effettuate dalla stessa è
emerso che l’intevento abusivo non solo ricadeva nella fascia di rispetto
costiero dei 300 metri (di qui la contestata violazione dell’art. 1 della legge
regionale n. 30 del 1990), ma essendo un struttura permanente “ha determinato, a
causa delle rilevanti opere di sbancamento, una reale alterazione fisica dei
luoghi con conseguente danno ad un ambito del patrimonio costiero garganico di
rilevante valore ambientale e paesaggistico”.
Il Collegio ricorda che il potere ministeriale di annullamento non è espressione
di un potere di riesame nel merito del provvedimento adottato dal Sindaco, bensì
del potere di annullamento d’ufficio per motivi di legittimità.
Il provvedimento impugnato è legittimo perché coglie nel segno il difetto di
motivazione del parere reso dal Comune laddove è detto espressamente che il
Sindaco “non spiega come e perché l’intervento abusivo sia compatibile con il
contesto paesaggistico tutelato, su cui il medesimo andrebbe a incidere giacchè
non sono stati valutati fattori essenziali (quali, ad es., la grave alterazione
arrecata ai caratteri geomorfologici del luogo a causa del rilevante sbancamento
nonché la tipizzazione urbanistica dell’area - Zona G1 del P. di F., arenile) di
cui bisognava invece tener conto in sede di valutazione della permanenza
dell’opera edilizia nel contesto sottoposto a tutela”.
Tale aspetto è sicuramente dirimente per dichiarare la legittimità
dell’annullamento del parere paesaggistico in sanatoria. Tale circostanza è tale
da consentire al Collegio di poter anche dichiarare gli altri motivi di ricorso,
peraltro già analizzati e dichiarati infondati, assorbiti per mancanza di
interesse, essendo sufficiente a reggere da solo il provvedimento il motivo ora
esaminato. In caso di atto cosiddetto “plurimotivato”, è sufficiente, infatti,
ai fini del rigetto del ricorso, che uno solo dei motivi sui quali si fonda il
provvedimento sia legittimo.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte
ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sezione III,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e degli onorari di
giudizio, che liquida in €. 4.000,00 (quattromila/00) a favore del Ministero per
i Beni e le Attività Culturali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25/03/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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