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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 23 Gennaio 2009, n. 121
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni
ambientaliste - Provvedimenti incidenti su aree di pregio paesistico-ambientale
- Legittimazione a ricorrere - Sussistenza. Sussiste la legittimazione a
ricorrere delle associazioni ambientaliste, individuate ai sensi dell’art. 13
della L. n. 349/1986, quando oggetto di ricorso sia il provvedimento riguardante
la realizzazione di opere su di un'area già formalmente qualificata in sede
amministrativa come avente un particolare pregio paesistico-ambientale. (Cons.
Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3361). Pres. ed Est. Allegretta - W.W.F. Italia
(avv.ti Di Lorenzo e Piccolo) c. Comune di Andria (avv.ti De Candia e Di Bari) -
T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 23 gennaio 2009, n. 121
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00047/2009 REG.SEN.
N. 01914/2006 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1914 del 2006, proposto da:
Laterificio Pugliese Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Bice Annalisa
Pasqualone, con domicilio eletto presso Bice Annalisa Pasqualone in Bari, via
Dalmazia, 161;
contro
Regione Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Liberti, con domicilio
eletto presso Maria Liberti in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia:
a) della determinazione del Dirigente del Settore Ecologìa della Regione Puglia
n. 425 del 22/09/2006, notificata in data 16/10/2006, nella parte in cui
prescrive di “monitorare la presenza delle polveri totali e PM10 dal camino di
emissione ponendo tempestivamente all’attenzione degli stessi soggetti le
variazioni di concentrazione di questo parametro al fine di decidere sulla
eventuale adozione di un filtro di abbattimento delle emissioni” e nella parte
in cui “determina di verificare il rispetto dei limiti di esclusione del
criterio differenziale di cui all’art. 4 comma 2 DPCM 14/11/1997 e circolare
06/09/2004 del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio (G.U. 15/09/2004
n. 217);
b) di tutti gli atti presupposti connessi e/o consequenziali, ancorché non
conosciuti;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/10/2008 il dott. Roberta Ravasio e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso passato alla notifica in data 21/11/2006 e depositato il successivo
05/12/2006, la ricorrente, premettendo: di essere titolare di una attività di
produzione di laterizi; di avere ottenuto l’autorizzazione n. 137/2001 per lo
scarico in atmosfera delle emissioni rivenienti dalla menzionata attività; di
aver richiesto la modifica della suddetta autorizzazione in conseguenza del
passaggio dal gasolio al gas metano quale combustibile per i bruciatori
utilizzati nell’impianto; ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato, a
mezzo dei quali l’Amministrazione Regionale ha autorizzato la ricorrente a
modificare le emissioni E3A provenienti dai forni di cottura dei laterizi
subordinatamente al rispetto delle condizioni in epigrafe riportate.
Il ricorso é affidato ai seguenti motivi:
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 DPR 203/88, 269 e 271 D. L.vo
152/2006, dell’allegato I parte V D. L.vo 152/2006; dell’art. 3 L. 241/90; del
DM 12/07/1990 e del DM 04/02002; eccesso di potere per difetto di istruttoria,
per omesso e/o erroneo apprezzamento dei presupposti, eccesso di potere per
travisamento ed illogicità manifesta, sviamento.
La Regione non ha considerato che l’utilizzo di gas metano non dà luogo a
produzione di polveri sottili (PM10), tanto che l’allegato I alla parte V del D.
L.vo 152/2006 considera comunque rispettati i valori limite di emissione per gli
impianti che utilizzano metano o GPL. Non ha quindi senso l’aver imposto alla
ricorrente il monitoraggio delle polveri totali e PM10 nonché la adozione di un
filtro di abbattimento delle emissioni. La Regione, inoltre, non ha considerato
che il testo di riferimento per individuare i valori limite é costituito nel
caso di specie dal DM 12/07/1990 e non dal DM n. 60 del 02/04/2002, essendo
l’attività svolta dalla ricorrente esistente da prima del 1988.
II) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 1, 6 e 8 DPCM
14/11/1997, della circolare ministeriale 06/09/2004; dell’art. 3 L. 241/)0,
eccesso di potere per difetto di istruttoria, per omesso e/o erroneo
apprezzamento di presupposti, travisamento ed illogicità manifesta, sviamento.
La Regione ha omesso di considerare che il Comune di Terlizzi, nell’ambito del
quale ha sede lo stabilimento della ricorrente, non é dotato del piano di
zonizzazione acustica previsto dalla tabella 1 allegata al DPCM 01/03/1991 n.
218600, al quale, contrariamente a quanto si sostiene nella circolare
ministeriale 06/09/2004, non é equiparabile la zonizzazione impressa dallo
strumento urbanistico; inoltre non ha tenuto conto del fatto che l’attività
produttiva svolta dalla ricorrente é a ciclo continuo. Alla attività di che
trattasi, pertanto, essendo rispettosa dei valori massimi di emissione, non si
applica il criterio differenziale.
III) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 ed 8 L. 241/90, dell’art. 97
Cost., dei principi generali in materia di giusto procedimento, violazione di
legge e difetto di motivazione con riferimento alla non applicabilità dell’art.
4 DPCM 14/11/1997 e della circolare ministeriale 06/09/2004, eccesso di potere
per travisamento.
Il provvedimento impugnato é carente di motivazione in ordine alle ragioni per
cui ha determinato di discostarsi da costante Giurisprudenza e dalle
osservazioni offerte dalla ricorrente nel corso del procedimento, nonché in
punto necessità di onerare la ricorrente dell’onere di effettuare il continuo
monitoraggio delle polveri, onere particolarmente gravoso in assenza di un
protocollo sul metodo di campionamento.
Si é costituita in giudizio la Regione Puglia per resistere al ricorso.
Alla udienza pubblica dell’08/10/2008 il ricorso é stato introitato a decisione.
DIRITTO
Il ricorso può essere accolto nei limiti di cui in appresso.
In punto di fatto, va preliminarmente ricordato quanto segue.
La ricorrente, già titolare della autorizzazione n. 137/2001 per lo scarico in
atmosfera delle emissioni rivenienti dalla attività di produzione laterizi, ha
chiesto di essere autorizzata a modificare i limiti imposti con la suddetta
autorizzazione, avendo nel frattempo avviato un processo di metanizzazione del
ciclo produttivo: in particolare ha chiesto l’incremento della portata
dell’effluente gassoso da 130.000 Nmc/h a 3000.000 Nmc/h.
Con una prima determinazione regionale, n. 42/2006, tale modifica erra stata
autorizzata, ma subordinatamente al rispetto di alcune prescrizioni: in
particolare subordinatamente alla adozione di un filtro di abbattimento delle
polveri, al completamento del processo di metanizzazione dell’impianto entro il
30/06/2006 e, quanto alle emissioni acustiche, al rispetto del criterio
differenziale di cui all’art. 6 DPCM 01/03/1991.
Avverso tale provvedimento la ricorrente proponeva nota di osservazioni, in
esito alle quali la Regione, espletata l’istruttoria del caso, si determinava a
modificare il provvedimento di autorizzazione, prorogando il termine per il
completamento della metanizzazione dell’impianto sino al 30/06/2007, imponendo
nel frattempo un monitoraggio delle polveri immesse in atmosfera , ed imponendo
il “rispetto dei limiti di esclusione del criterio differenziale di cui al DPCM
14/11/1997 e circolare 06/09/2004”.
Orbene, per quanto riguarda la prescrizione relativa al monitoraggio delle
polveri, il Collegio osserva come tale prescrizione sia direttamente connessa
alla proroga del termine del processo di metanizzazione sino al 30/06/2007: in
altre parole, é evidente che la Amministrazione Regionale ha onerato la
ricorrente di effettuare il monitoraggio delle polveri proprio sul presupposto
che, nel tempo necessario ad ultimare il processo di metanizzazione
dell’impianto, questo avrebbe continuato a funzionare, sia pure parzialmente, a
gasolio, con i rischi conseguenti in termini di polveri immesse in atmosfera. E’
altresì evidente, peraltro, come l’adozione del filtro di abbattimento delle
polveri venga previsto, nel provvedimento impugnato, come mera eventualità
legata alle variazioni di concentrazione di polveri totali e di PM10.
Conseguentemente, ancorché si debba convenire sul fatto che per gli impianti che
utilizzano combustibile a metano o GPL i limite di emissione delle polveri si
debbano ritenere rispettati, conformemente a quanto prevede l’allegato I alla
parte V del D. L.vo 152/2006, si deve tuttavia rilevare che tale principio non
può essere applicato all’impianto della ricorrente sintantoché il processo di
metanizzazione non sia stato completato e sia scomparso ogni bruciatore a
gasolio.
La prescrizione in esame, con la quale la ricorrente viene autorizzata
all’aumento della portata dell’effluente gassoso, da 130.000 Nmc/h a 3000.00 Nmc/h
nonostante il non ancora avvenuto completamento del processo di metanizzazione
dell’impianto, deve quindi considerarsi legittima , in quanto con essa la
Amministrazione resistente ha operato un contemperamento tra i contrapposti
interessi che non appare censurabile nei limiti del sindacato di legittimità di
cui gode il Giudice Amministrativa in materia: non é infatti ravvisabile il
difetto di motivazione, denunciato dalla ricorrente con il terzo motivo di
ricorso, stante che la fattispecie di che trattasi non é assimilabile alla
situazione degli impianti che funzionano integralmente, a metano o GPL, e che,
pertanto, ad essa non possono attagliarsi totalmente i principi elaborati in
materia dalla Giurisprudenza Amministrativa. E’ poi evidente che delle
osservazioni prodotte dalla ricorrente in data 31/07/2006 la Amministrazione
Regionale ha tenuto conto, avendo la determinazione 22/09/2006 apportato non
indifferenti modifiche rispetto alla determinazione 27/01/2006 n. 42.
Per quanto riguarda, invece, la prescrizione relativa al “rispetto dei limiti di
esclusione del criterio differenziale di cui al DPCM 14/11/1997 e circolare
06/09/2004 del Ministero dell’Ambiente”, il Collegio osserva quanto segue.
Secondo quanto emerge dagli atti di causa, il Comune di Terlizzi non era dotato,
al momento in cui veniva adottato il provvedimento gravato, del piano di
zonizzazione acustica, di cui all’allegato 1 al DPCM 01/03/1991: ciò comporta,
ai sensi di quanto previsto dall’art. 8 DPCM 14/11/1997, la sopravvivenza dei
limiti di emissioni previsti dall’art. 6 DPCM 01/03/1991, limiti che prevedono
(art. 6 comma 2 DPCM 01/03/1991) il rispetto del c.d. “criterio differenziale”
per tutte le zone “non esclusivamente industriali”. Tale “criterio
differenziale” avrebbe dovuto essere rispettato anche dalla ricorrente, il cui
impianto é insediato in zona D1, destinata ad attività industriali, artigianali
e direzionali: trattasi di destinazione che non può equipararsi a quella
“esclusivamente industriale”, come desumibile dal fatto che la tabella 1
allegata di cui all’allegato 3 al DPCM 01/03/1991, contemplando varie classi di
territorio a seconda della rumorosità, non equipara affatto le zone ad attività
antropica mista di tipo industriale, artigianale o direzionale, alle zone di
attività antropica di tipo esclusivamente industriale.
Precisa il Collegio che la natura “non esclusivamente industriale” della zona in
cui é situata l’attività della ricorrente non viene desunta tramite mera
equiparazione tra la zonizzazione effettuata dal PRG con la zonizzazione che il
Comune deve effettuare ai sensi dell’art. 2 DPCM 1/03/1991. In mancanza del
piano di zonizzazione acustica di competenza comunale, la classificazione di una
zona va effettuata in base alle circostanze di fatto, e tali circostanze, nel
caso di specie, suggeriscono la presenza di attività antropica di tipo anche non
industriale, giacché in caso contrario il Piano Regolatore non avrebbe potuto
imprimere alla zona una destinazione artigianale e direzionale.
Il Collegio non ritiene quindi condivisibile l’orientamento per cui il criterio
differenziale non troverebbe mai applicazione nei comuni che non abbiano ancora
adottato il piano di zonizzazione acustica, stante che, si ribadisce, l’art. 6
comma 2 DPCM 01/03/1991, esclude la applicazione del criterio differenziale,
previsto dall’art. 2 DPCM 01/03/1991, solo nelle zone “esclusivamente
industriali”.
Peraltro non é contestato in giudizio che l’attività svolta dalla ricorrente sia
“a ciclo continuo” e che ad essa sia perciò applicabile l’art. 2 comma 1 DPCM
11/12/2006, secondo il quale “Fermo restando l’obbligo del rispetto dei limiti
di zona fissati a seguito della adozione dei provvedimenti comunali di cui
all’art. 6 comma 1 lett. a) L. 447/1995, gli impianti a ciclo produttivo
continuo esistenti sono soggetti alle disposizioni di cui all’art. 2 comma 2
DPCM 01/03/1991 (criterio differenziale) quando non siano rispettati i valori
assoluti di immissione, come definiti dall’art. 2 comma 1 lett. f), della L.
447/1995”.
E’ quindi evidente che il criterio differenziale viene applicato agli impianti
“a ciclo continuo” solo quando la attività da essi svolta dia luogo a
superamento dei limiti assoluti, che nel caso specifico non risulta siano stati
violati.
La prescrizione in esame, dunque, ove interpretata nel senso che essa impone
comunque alla ricorrente il rispetto del c.d. criterio differenziale deve essere
dichiarata illegittima, non constando che la ricorrente sia incorsa nella
violazione dei limiti assoluti di emissione né contenendo la determinazione
impugnata, alcun rinvio ad eventuali violazioni dei menzionati limiti.
Conclusivamente merita di essere accolto il secondo dei motivi di censura
articolati in ricorso introduttivo, e conseguentemente il provvedimento
impugnato merita di essere annullato nella parte in cui impone, sia pure
implicitamente, il rispetto del criterio differenziale salvo che non ricorrano
le cause di esclusione di cui all’art. 4 DPCM 14/11/1997.
Devono invece essere rigettate le censure di cui al primo e terzo motivo di
ricorso.
Le spese del giudizio, stante la reciproca soccombenza, possono essere
integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia. Sezione III, ogni diversa
domanda rigettata, accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, e per
l’effetto annulla la prescrizione contenuta nella determinazione
dell’Assessorato all’Ecologìa della Regione Puglia n. 425 del 22/09/2006 nella
parte in cui fa onere alla ricorrente di verificare, tramite relazione tecnica
di impatto acustico, “il rispetto dei limiti di esclusione del criterio
differenziale di cui all’art. 4 comma 2 DPCM 14/11/1997 e circolare 06/09/2004
del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio”.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 08/10/2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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