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T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 23 Gennaio 2009, n. 121


BENI CULTURALI E AMBIENTALI - ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Provvedimenti incidenti su aree di pregio paesistico-ambientale - Legittimazione a ricorrere - Sussistenza. Sussiste la legittimazione a ricorrere delle associazioni ambientaliste, individuate ai sensi dell’art. 13 della L. n. 349/1986, quando oggetto di ricorso sia il provvedimento riguardante la realizzazione di opere su di un'area già formalmente qualificata in sede amministrativa come avente un particolare pregio paesistico-ambientale. (Cons. Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3361). Pres. ed Est. Allegretta - W.W.F. Italia (avv.ti Di Lorenzo e Piccolo) c. Comune di Andria (avv.ti De Candia e Di Bari) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 23 gennaio 2009, n. 121


 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00047/2009 REG.SEN.
N. 01914/2006 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1914 del 2006, proposto da:
Laterificio Pugliese Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Bice Annalisa Pasqualone, con domicilio eletto presso Bice Annalisa Pasqualone in Bari, via Dalmazia, 161;


contro


Regione Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Liberti, con domicilio eletto presso Maria Liberti in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia:
a) della determinazione del Dirigente del Settore Ecologìa della Regione Puglia n. 425 del 22/09/2006, notificata in data 16/10/2006, nella parte in cui prescrive di “monitorare la presenza delle polveri totali e PM10 dal camino di emissione ponendo tempestivamente all’attenzione degli stessi soggetti le variazioni di concentrazione di questo parametro al fine di decidere sulla eventuale adozione di un filtro di abbattimento delle emissioni” e nella parte in cui “determina di verificare il rispetto dei limiti di esclusione del criterio differenziale di cui all’art. 4 comma 2 DPCM 14/11/1997 e circolare 06/09/2004 del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio (G.U. 15/09/2004 n. 217);

b) di tutti gli atti presupposti connessi e/o consequenziali, ancorché non conosciuti;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/10/2008 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso passato alla notifica in data 21/11/2006 e depositato il successivo 05/12/2006, la ricorrente, premettendo: di essere titolare di una attività di produzione di laterizi; di avere ottenuto l’autorizzazione n. 137/2001 per lo scarico in atmosfera delle emissioni rivenienti dalla menzionata attività; di aver richiesto la modifica della suddetta autorizzazione in conseguenza del passaggio dal gasolio al gas metano quale combustibile per i bruciatori utilizzati nell’impianto; ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato, a mezzo dei quali l’Amministrazione Regionale ha autorizzato la ricorrente a modificare le emissioni E3A provenienti dai forni di cottura dei laterizi subordinatamente al rispetto delle condizioni in epigrafe riportate.

Il ricorso é affidato ai seguenti motivi:

I) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 DPR 203/88, 269 e 271 D. L.vo 152/2006, dell’allegato I parte V D. L.vo 152/2006; dell’art. 3 L. 241/90; del DM 12/07/1990 e del DM 04/02002; eccesso di potere per difetto di istruttoria, per omesso e/o erroneo apprezzamento dei presupposti, eccesso di potere per travisamento ed illogicità manifesta, sviamento.

La Regione non ha considerato che l’utilizzo di gas metano non dà luogo a produzione di polveri sottili (PM10), tanto che l’allegato I alla parte V del D. L.vo 152/2006 considera comunque rispettati i valori limite di emissione per gli impianti che utilizzano metano o GPL. Non ha quindi senso l’aver imposto alla ricorrente il monitoraggio delle polveri totali e PM10 nonché la adozione di un filtro di abbattimento delle emissioni. La Regione, inoltre, non ha considerato che il testo di riferimento per individuare i valori limite é costituito nel caso di specie dal DM 12/07/1990 e non dal DM n. 60 del 02/04/2002, essendo l’attività svolta dalla ricorrente esistente da prima del 1988.

II) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 1, 6 e 8 DPCM 14/11/1997, della circolare ministeriale 06/09/2004; dell’art. 3 L. 241/)0, eccesso di potere per difetto di istruttoria, per omesso e/o erroneo apprezzamento di presupposti, travisamento ed illogicità manifesta, sviamento.

La Regione ha omesso di considerare che il Comune di Terlizzi, nell’ambito del quale ha sede lo stabilimento della ricorrente, non é dotato del piano di zonizzazione acustica previsto dalla tabella 1 allegata al DPCM 01/03/1991 n. 218600, al quale, contrariamente a quanto si sostiene nella circolare ministeriale 06/09/2004, non é equiparabile la zonizzazione impressa dallo strumento urbanistico; inoltre non ha tenuto conto del fatto che l’attività produttiva svolta dalla ricorrente é a ciclo continuo. Alla attività di che trattasi, pertanto, essendo rispettosa dei valori massimi di emissione, non si applica il criterio differenziale.

III) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 ed 8 L. 241/90, dell’art. 97 Cost., dei principi generali in materia di giusto procedimento, violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento alla non applicabilità dell’art. 4 DPCM 14/11/1997 e della circolare ministeriale 06/09/2004, eccesso di potere per travisamento.

Il provvedimento impugnato é carente di motivazione in ordine alle ragioni per cui ha determinato di discostarsi da costante Giurisprudenza e dalle osservazioni offerte dalla ricorrente nel corso del procedimento, nonché in punto necessità di onerare la ricorrente dell’onere di effettuare il continuo monitoraggio delle polveri, onere particolarmente gravoso in assenza di un protocollo sul metodo di campionamento.

Si é costituita in giudizio la Regione Puglia per resistere al ricorso.

Alla udienza pubblica dell’08/10/2008 il ricorso é stato introitato a decisione.


DIRITTO


Il ricorso può essere accolto nei limiti di cui in appresso.

In punto di fatto, va preliminarmente ricordato quanto segue.

La ricorrente, già titolare della autorizzazione n. 137/2001 per lo scarico in atmosfera delle emissioni rivenienti dalla attività di produzione laterizi, ha chiesto di essere autorizzata a modificare i limiti imposti con la suddetta autorizzazione, avendo nel frattempo avviato un processo di metanizzazione del ciclo produttivo: in particolare ha chiesto l’incremento della portata dell’effluente gassoso da 130.000 Nmc/h a 3000.000 Nmc/h.

Con una prima determinazione regionale, n. 42/2006, tale modifica erra stata autorizzata, ma subordinatamente al rispetto di alcune prescrizioni: in particolare subordinatamente alla adozione di un filtro di abbattimento delle polveri, al completamento del processo di metanizzazione dell’impianto entro il 30/06/2006 e, quanto alle emissioni acustiche, al rispetto del criterio differenziale di cui all’art. 6 DPCM 01/03/1991.

Avverso tale provvedimento la ricorrente proponeva nota di osservazioni, in esito alle quali la Regione, espletata l’istruttoria del caso, si determinava a modificare il provvedimento di autorizzazione, prorogando il termine per il completamento della metanizzazione dell’impianto sino al 30/06/2007, imponendo nel frattempo un monitoraggio delle polveri immesse in atmosfera , ed imponendo il “rispetto dei limiti di esclusione del criterio differenziale di cui al DPCM 14/11/1997 e circolare 06/09/2004”.

Orbene, per quanto riguarda la prescrizione relativa al monitoraggio delle polveri, il Collegio osserva come tale prescrizione sia direttamente connessa alla proroga del termine del processo di metanizzazione sino al 30/06/2007: in altre parole, é evidente che la Amministrazione Regionale ha onerato la ricorrente di effettuare il monitoraggio delle polveri proprio sul presupposto che, nel tempo necessario ad ultimare il processo di metanizzazione dell’impianto, questo avrebbe continuato a funzionare, sia pure parzialmente, a gasolio, con i rischi conseguenti in termini di polveri immesse in atmosfera. E’ altresì evidente, peraltro, come l’adozione del filtro di abbattimento delle polveri venga previsto, nel provvedimento impugnato, come mera eventualità legata alle variazioni di concentrazione di polveri totali e di PM10.

Conseguentemente, ancorché si debba convenire sul fatto che per gli impianti che utilizzano combustibile a metano o GPL i limite di emissione delle polveri si debbano ritenere rispettati, conformemente a quanto prevede l’allegato I alla parte V del D. L.vo 152/2006, si deve tuttavia rilevare che tale principio non può essere applicato all’impianto della ricorrente sintantoché il processo di metanizzazione non sia stato completato e sia scomparso ogni bruciatore a gasolio.

La prescrizione in esame, con la quale la ricorrente viene autorizzata all’aumento della portata dell’effluente gassoso, da 130.000 Nmc/h a 3000.00 Nmc/h nonostante il non ancora avvenuto completamento del processo di metanizzazione dell’impianto, deve quindi considerarsi legittima , in quanto con essa la Amministrazione resistente ha operato un contemperamento tra i contrapposti interessi che non appare censurabile nei limiti del sindacato di legittimità di cui gode il Giudice Amministrativa in materia: non é infatti ravvisabile il difetto di motivazione, denunciato dalla ricorrente con il terzo motivo di ricorso, stante che la fattispecie di che trattasi non é assimilabile alla situazione degli impianti che funzionano integralmente, a metano o GPL, e che, pertanto, ad essa non possono attagliarsi totalmente i principi elaborati in materia dalla Giurisprudenza Amministrativa. E’ poi evidente che delle osservazioni prodotte dalla ricorrente in data 31/07/2006 la Amministrazione Regionale ha tenuto conto, avendo la determinazione 22/09/2006 apportato non indifferenti modifiche rispetto alla determinazione 27/01/2006 n. 42.

Per quanto riguarda, invece, la prescrizione relativa al “rispetto dei limiti di esclusione del criterio differenziale di cui al DPCM 14/11/1997 e circolare 06/09/2004 del Ministero dell’Ambiente”, il Collegio osserva quanto segue.

Secondo quanto emerge dagli atti di causa, il Comune di Terlizzi non era dotato, al momento in cui veniva adottato il provvedimento gravato, del piano di zonizzazione acustica, di cui all’allegato 1 al DPCM 01/03/1991: ciò comporta, ai sensi di quanto previsto dall’art. 8 DPCM 14/11/1997, la sopravvivenza dei limiti di emissioni previsti dall’art. 6 DPCM 01/03/1991, limiti che prevedono (art. 6 comma 2 DPCM 01/03/1991) il rispetto del c.d. “criterio differenziale” per tutte le zone “non esclusivamente industriali”. Tale “criterio differenziale” avrebbe dovuto essere rispettato anche dalla ricorrente, il cui impianto é insediato in zona D1, destinata ad attività industriali, artigianali e direzionali: trattasi di destinazione che non può equipararsi a quella “esclusivamente industriale”, come desumibile dal fatto che la tabella 1 allegata di cui all’allegato 3 al DPCM 01/03/1991, contemplando varie classi di territorio a seconda della rumorosità, non equipara affatto le zone ad attività antropica mista di tipo industriale, artigianale o direzionale, alle zone di attività antropica di tipo esclusivamente industriale.

Precisa il Collegio che la natura “non esclusivamente industriale” della zona in cui é situata l’attività della ricorrente non viene desunta tramite mera equiparazione tra la zonizzazione effettuata dal PRG con la zonizzazione che il Comune deve effettuare ai sensi dell’art. 2 DPCM 1/03/1991. In mancanza del piano di zonizzazione acustica di competenza comunale, la classificazione di una zona va effettuata in base alle circostanze di fatto, e tali circostanze, nel caso di specie, suggeriscono la presenza di attività antropica di tipo anche non industriale, giacché in caso contrario il Piano Regolatore non avrebbe potuto imprimere alla zona una destinazione artigianale e direzionale.

Il Collegio non ritiene quindi condivisibile l’orientamento per cui il criterio differenziale non troverebbe mai applicazione nei comuni che non abbiano ancora adottato il piano di zonizzazione acustica, stante che, si ribadisce, l’art. 6 comma 2 DPCM 01/03/1991, esclude la applicazione del criterio differenziale, previsto dall’art. 2 DPCM 01/03/1991, solo nelle zone “esclusivamente industriali”.

Peraltro non é contestato in giudizio che l’attività svolta dalla ricorrente sia “a ciclo continuo” e che ad essa sia perciò applicabile l’art. 2 comma 1 DPCM 11/12/2006, secondo il quale “Fermo restando l’obbligo del rispetto dei limiti di zona fissati a seguito della adozione dei provvedimenti comunali di cui all’art. 6 comma 1 lett. a) L. 447/1995, gli impianti a ciclo produttivo continuo esistenti sono soggetti alle disposizioni di cui all’art. 2 comma 2 DPCM 01/03/1991 (criterio differenziale) quando non siano rispettati i valori assoluti di immissione, come definiti dall’art. 2 comma 1 lett. f), della L. 447/1995”.

E’ quindi evidente che il criterio differenziale viene applicato agli impianti “a ciclo continuo” solo quando la attività da essi svolta dia luogo a superamento dei limiti assoluti, che nel caso specifico non risulta siano stati violati.

La prescrizione in esame, dunque, ove interpretata nel senso che essa impone comunque alla ricorrente il rispetto del c.d. criterio differenziale deve essere dichiarata illegittima, non constando che la ricorrente sia incorsa nella violazione dei limiti assoluti di emissione né contenendo la determinazione impugnata, alcun rinvio ad eventuali violazioni dei menzionati limiti.

Conclusivamente merita di essere accolto il secondo dei motivi di censura articolati in ricorso introduttivo, e conseguentemente il provvedimento impugnato merita di essere annullato nella parte in cui impone, sia pure implicitamente, il rispetto del criterio differenziale salvo che non ricorrano le cause di esclusione di cui all’art. 4 DPCM 14/11/1997.

Devono invece essere rigettate le censure di cui al primo e terzo motivo di ricorso.

Le spese del giudizio, stante la reciproca soccombenza, possono essere integralmente compensate.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia. Sezione III, ogni diversa domanda rigettata, accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla la prescrizione contenuta nella determinazione dell’Assessorato all’Ecologìa della Regione Puglia n. 425 del 22/09/2006 nella parte in cui fa onere alla ricorrente di verificare, tramite relazione tecnica di impatto acustico, “il rispetto dei limiti di esclusione del criterio differenziale di cui all’art. 4 comma 2 DPCM 14/11/1997 e circolare 06/09/2004 del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio”.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 08/10/2008 con l'intervento dei Magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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