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T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 2 aprile 2009, n. 785


AREE PROTETTE - Aree individuate come SIC e ZPS - Valutazione di incidenza ambientale - Obiettivi di conservazione - Valutazione in concreto del singolo intervento. Le procedure di controllo, qual è la valutazione di incidenza ambientale, previste per le aree già individuate come ZSC e SIC, nelle more dell’approvazione dei siti da parte dell’Unione Europea e della designazione quali Zone Speciali di Conservazione, tengono conto degli effetti che il progetto o la pianificazione e la programmazione territoriale può avere su detti siti con riferimento agli obiettivi di conservazione, sicché non si può prescindere dalla valutazione in concreto del singolo intervento e la valutazione non può discostarsi dai criteri fissati dalla normativa di settore per accertare gli effetti che le trasformazioni potrebbero produrre in detti siti, tenendo conto delle finalità della perimetrazione delle zone SIC e ZPS. Pres. Allegretta, Est. Durante - C.G. (avv.ti Lioce e Sacchetti) c. Comune di Ruvo di Puglia (avv. Fiore) e altri (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 02/04/2009, n. 785

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00785/2009 REG.SEN.
N. 00637/2007 REG.RIC.
 


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 637 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Chicco Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avvocati Silvia Lioce e Teresa Sacchetti, con domicilio eletto presso l’avv. Silvia Lioce in Bari, via Amendola, 166/5;
 

contro
 

il Comune di Ruvo di Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Fiore, con domicilio eletto presso l’avv. Salvatore Catalano, in Bari via Giulio Petroni 78;
la Regione Puglia;
l’Ente Parco Nazionale Alta Murgia;
l’Assessorato Regionale all'Agricoltura e Foreste;
 

per l'annullamento
 

previa sospensione dell'efficacia,
 

quanto al ricorso introduttivo,

del provvedimento protocollo 3532, comunicato in data 6 marzo 2007, con il quale il Dirigente del Sesto Settore del Comune di Ruvo di Puglia ha dichiarato “non sanabili” alcune opere realizzate dal ricorrente in assenza di preventiva autorizzazione, nell’ambito dell’azienda agricola di sua proprietà, sita nell’agro di Ruvo di Puglia, denominata “Lagarella o Iazzo della Vacca o Selva Reale”;

nonché della valutazione di incidenza espressa in data 22 giugno 2006 dal Dirigente Settore Ecologia dell’Assessorato all’Agricoltura e Foreste della Regione Puglia;

quanto ai motivi aggiunti,

del parere protocollo 18150 del 4 dicembre 2007, firmato dal Dirigente dell’Ufficio Parchi e Riserve Naturali dell’Assessorato all’Agricoltura e Foreste della Regione Puglia, contenente conferma del parere negativo su valutazione di incidenza ambientale del 22 giugno 2006;

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ruvo di Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il consigliere Doris Durante;

Uditi nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2009 i difensori delle parti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
 

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Ruvo di Puglia del 5 marzo 2007, con il quale, conformandosi al parere negativo su valutazione di incidenza ambientale espresso dal Dirigente del Settore Ecologia della Regione Puglia, ha definito non sanabili alcuni interventi realizzati senza le necessarie autorizzazioni nell’azienda agricola di sua proprietà, sita nel Comune di Ruvo di Puglia, per i quali aveva presentato istanza di condono edilizio ai sensi della l. 28 febbraio 1985, n. 47.

Il ricorrente deduce:

1) violazione e malgoverno delle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, art. 32 nel testo come modificato dall’art. 32, comma 43 del d. l. 30 settembre 2003, n. 269 convertito in legge 24 novembre 2003, n. 229; violazione delle norme sul giusto procedimento; difetto assoluto di motivazione; violazione dei principi di buona e corretta amministrazione, in quanto la Regione Puglia, Settore Ecologia, competente ad esprimersi sulla valutazione di incidenza, non avrebbe partecipato alla conferenza di servizi indetta dal Comune di Ruvo per l’esame della domanda di condono;

2) violazione e malgoverno dell’art. 5 del d.p.r. 357 del 1997; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento con riferimento alla circostanza che il parere dell’ente di gestione dell’area, il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, istituito con d.p.r. 10 marzo 2004 e funzionante dal 20 ottobre 2005, sarebbe intervenuto successivamente alla valutazione di incidenza della Regione;

3) travisamento dei fatti e difetto del presupposto; difetto assoluto di motivazione della valutazione di incidenza; illegittimità derivata del provvedimento comunale, in quanto la valutazione di incidenza fornita dal Dirigente del Settore Ecologia avrebbe riguardato solo le particelle 198 e 224 e non le particelle 260 e 358 pure interessate da opere oggetto di istanza di condono edilizio;

4) violazione e malgoverno dell’art. 32, primo comma della legge 47 del 1985 nel testo sostituito dal comma 43 dell’art. 32 del d.l. 269 del 2003 convertito nella legge 326 del 2003; eccesso di potere per travisamento del presupposto; difetto assoluto di motivazione con riferimento alle prescrizioni contenute nella direttiva comunitaria 93/43/CEE, nonché nel d.p.r. 357 del 1997, trattandosi di interventi di modesta entità;

5) eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di presupposto; violazione e malgoverno della direttiva comunitaria 92/43/CEE, nonché del d.p.r. 357 del 1997, in quanto la valutazione di incidenza formulata dal Dirigente del Settore Ecologia si baserebbe sull’analisi delle ortofoto AIMA del 1997 e di altre fotografie risalenti nel tempo, nonché sull’analisi dei dati catastali e non sulla situazione reale dei luoghi;

6) travisamento dei fatti e difetto di presupposto, in quanto le particelle in questione, già all’atto dell’acquisto dell’azienda agricola da parte del ricorrente, erano seminate a colza e non erano incolte o destinate a pascolo;

7) eccesso di potere per illogicità; violazione dei principi di obiettività di giudizio; difetto assoluto di motivazione; difetto di istruttoria, non essendo riscontrabile l’habitat di interesse comunitario prioritario “Praterie su substrato calcareo (festuca brometalia) stupenda fioritura di orchidee” la cui sottrazione sarebbe evidenziata dal Dirigente della Regione.

Con motivi aggiunti notificati il 2 marzo 2007, il ricorrente ha impugnato il parere del 4 dicembre 2007 firmato dal Dirigente Settore Ecologia e dal Dirigente Ufficio Parchi e Riserve Naturali dell’Assessorato all’Agricoltura e Foreste della Regione Puglia, contenente conferma del parere negativo del 22 giugno 2006.

Deduce le stesse censure dedotte con il ricorso introduttivo.

Il Comune di Ruvo di Puglia, costituitosi in giudizio, ha eccepito la inammissibilità del ricorso introduttivo, sostenendo che l’atto del comune impugnato è mera comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 10 bis della l. 241 del 1990 e nel merito ne ha dedotto l’infondatezza.

Le parti hanno depositato memorie difensive ed alla pubblica udienza del 14 gennaio 2009, la causa è stata assegnata in decisione.

Va respinta la eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo sollevata dalla difesa del Comune che sostiene la natura endoprocedimentale dell’atto impugnato con detto ricorso, cioè l’atto del Comune di Ruvo di Puglia del 5 marzo 2007.

Tale atto contiene l’elenco delle istanze di condono presentate dal ricorrente per le opere abusivamente realizzate nell’azienda agricola sita in contrada denominata Selva Reale o Lagarella o Iazzo della Vacca; la certificazione per ciascuna di esse della sanabilità o meno e della congruità o meno dell’oblazione versata.

In quanto contiene le determinazioni del Comune sulle singole istanze di condono deve ritenersi atto definitivo e immediatamente lesivo laddove certifica la non sanabilità dell’abuso.

La locuzione apposta in calce al provvedimento “la presente ha valore di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 10 bis della l. 241 del 1990 e successive modifiche e integrazioni”, su cui si sofferma la difesa del Comune, non compromette la natura decisoria avvalorata dal fatto che ad esso non è seguito nessun altro provvedimento.

Nel merito, va osservato quanto segue.

Una prima questione da esaminare è la “valutazione di incidenza” espressa dalla Regione Puglia, autorità preposta alla tutela ambientale - paesaggistica della località interessata dagli interventi edilizi, poiché una valutazione negativa impedisce al Comune di provvedere in senso diverso.

In base all’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 nel testo modificato dall’art. 32, comma 43 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 229 ”il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo…Il motivato dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela…preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio”.

L’area interessata dagli interventi edilizi abusivi rientra nel perimetro del Parco Nazionale della Murgia Alta zona 1; ricade all’interno del pSIC e ZPS “Alta Murgia”; è tipizzata “zona rurale vincolata di valore ambientale” dal vigente PRG ed è individuata come zona B - C D. dal PUTT/P.

Gli interventi edilizi e pianificatori o programmatori sono in conseguenza subordinati alla “valutazione di incidenza” cioè alla valutazione degli impatti che alcune tipologie di opere possono avere sui predetti tipi di vincoli.

Nel caso, trattandosi di piani naturalistici a rilevanza regionale, la valutazione è di competenza della Regione sentito l’Ente di Gestione (l’art. 5 del d.p.r. 357 del 1997 stabilisce che “La valutazione di incidenza di piani o interventi che interessano siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente in un’area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 è effettuata sentito l’ente di gestione dell’area stessa”).

Va, per inciso, rammentato che le zone SIC e ZPS sono state previste dal d.p.r. 357 del 1997, in attuazione della Direttiva 92/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche (il citato d.p.r. ha previsto l’obbligo, nella programmazione e pianificazione territoriale di considerare la valenza naturalistico - ambientale dei siti ai fini della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e degli habitat di specie, secondo una classificazione fissata dalla legge 394 del 1991 Legge quadro delle aree protette).

Le ZPS (Zone di Protezione Speciale) sono costituite da territori idonei per estensione e localizzazione geografica alla conservazione delle specie di uccelli selvatici elencati nella direttiva comunitaria 79/409/CEE e sono individuate dalle Regioni lungo le rotte di migrazione dell’avifauna.

I SIC (Siti di Importanza Comunitaria) sono stati individuati dalle Regioni incaricate dal Ministero dell’Ambiente di realizzare sul proprio territorio il censimento dei siti da inserire nella rete “Natura 2000”. Detti siti, una volta approvati dall’Unione Europea saranno designati dallo stato membro quali zone Speciali di Conservazione (ZSC) in cui verranno applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento e al ripristino degli habitat naturali e, all’occorrenza, appropriati piani di gestione.

In base alla disciplina richiamata la valutazione di incidenza è, dunque, di competenza della Regione Puglia sentito il parere dell’ente di gestione Ente Parco Murgia Alta.

Nel caso, la Regione ha espresso un primo parere in ordine alla valutazione di incidenza senza aver sentito il parere dell’Ente Parco (parere del 22 giugno 2006).

La circostanza, tuttavia, non rileva quale vizio del procedimento, atteso che la Regione ha inviato il suddetto parere all’Ente Parco e acquisito il parere dell’Ente ha adottato nuovo provvedimento (impugnato con i motivi aggiunti), sicché l’iter procedimentale delineato dall’art. 5 del citato d.p.r. 357 del 1997 risulta rispettato.

La relativa censura dedotta con il secondo motivo di ricorso va, quindi, respinta.

Ciò posto, va osservato che la valutazione di incidenza espressa dalla Regione Settore Ecologia in data 22 giugno 2006, confermata con provvedimento del 4 dicembre 2007, dopo aver elencato i vincoli gravanti sull’area dell’azienda agricola identificata catastalmente dalle particelle 198 - 224 del foglio 84 e le norme di salvaguardia (rientra nel perimetro del Parco Nazionale della Murgia Alta zona 1; ricade all’interno del pSIC e ZPS “Alta Murgia”; è tipizzata “zona rurale vincolata di valore ambientale dal vigente PRG; è individuata come zona BCD. dal PUTT/P…) e aver affermato, desumendolo dall’analisi delle ortofoto AIMA del 1997 e sulla base di alcune delle foto allegate al progetto, la presenza di habitat di interesse comunitario prioritario precedentemente alla realizzazione delle opere, pur riconoscendo che dopo le trasformazioni avvenute non è possibile quantificare quanta superficie fosse coperta da habitat, sulla considerazione che “Praterie in sub strato calcareo (Festuca brometalia) e Percorsi sub steppici di graminacee e piante annue dai Thero Brachypodietea appare la vegetazione potenziale per tutta la superficie” e sull’ulteriore presupposto che la realizzazione delle opere ha prodotto per quanto riguarda gli impatti sugli habitat e species di interesse comunitario un impatto diretto attraverso sottrazione di habitat di interesse comunitario, ha espresso parere favorevole in ordine alla valutazione di incidenza solamente per gli interventi di risanamento igienico edilizio e di ristrutturazione edilizia finalizzata al riuso dei manufatti esistenti.

Nulla dice tale parere sui singoli abusi.

Di valenza del tutto opposto è il parere dell’Ente Parco dell’Alta Murgia.

Detto parere è stato preceduto da sopralluogo e i tecnici dell’Ente hanno evidenziato che “le aree oggetto di intervento, identificate catastalmente dalle particelle 198 - 224 del foglio 84 sono coltivate a seminativo e non sono coperte da pascolo naturale; che tanto è confermato dai dati forniti dall’AGEA che per dette particelle ha erogato sin dagli anni 1996 - 1997, gli aiuti previsti per le coltivazioni cerealicole; le opere non hanno prodotto e non producono alcun impatto sugli habitat perché l’area non è caratterizzata dalla presenza di “Praterie in sub strato calcareo (Festuca brometalia) né dai “Percorsi sub steppici di graminacee e piante annue dai Thero Brachypodietea; la realizzazione delle opere predette, per la loro natura e consistenza non hanno sottratto habitat naturali e seminaturali ed habitat di species, non hanno prodotto perturbazioni nell’ambito del sito naturale 2000 interessato, né hanno comportato frammentazione della continuità ecologica”.

La Regione Puglia, invero, ha contestato il suddetto parere con il provvedimento del 4 dicembre 2007, confermando il precedente parere negativo.

In tale contesto le censure dedotte da parte ricorrente (ultimi quattro motivi di ricorso) incentrate sulla illegittimità sotto diversi profili della valutazione di incidenza della Regione Puglia, devono ritenersi fondate.

E’ incontestabile, infatti, che la valutazione espressa dalla Regione non si riferisce alle opere oggetto di condono, essendo piuttosto relativa all’intera azienda agricola esistente nella suddetta località.

Inoltre, la valutazione di incidenza si fonda su rappresentazioni fotografiche risalenti nel tempo (ortofoto del 1997 depositate in giudizio) tutt’altro che chiare, anzi fortemente disturbate, dalle quali non è possibile desumere il tipo di vegetazione esistente sul terreno al 1997 e tanto meno la presenza di Praterie in sub strato calcareo (Festuca brometalia) né di “Percorsi sub steppici di graminacee e piante annue dai Thero Brachypodietea”.

La valutazione di incidenza ambientale, per quanto riguarda i progetti, deve tener conto della tipologia delle opere, delle dimensioni e dell’ambito di riferimento, della complementarietà con altri progetti, della produzione di rifiuti, dell’inquinamento e disturbi ambientali, del rischio di incidenti per quanto riguarda sostanze e tecnologie utilizzate, nonché delle interferenze con il sistema ambientale.

Tutto questo manca nella valutazione della Regione che si sviluppa su un piano prettamente teorico avulso dalla realtà dei luoghi sul mero presupposto della potenziale vegetazione della zona quasi a giustificarne la perimetrazione come pSIC .

Nulla si dice a proposito dei modesti interventi sull’esistente, ovvero delle opere, quasi esclusivamente amovibili, funzionali all’attività agricola che proprio in ragione della modesta consistenza non paiono assumere significato nella valutazione dell’insieme.

Sembra, invero, più consona alla situazione reale la rappresentazione dei luoghi quale emerge dalla perizia depositata da parte ricorrente che trova corrispondenza nella parere dell’Ente Parco.

In detta perizia si evidenzia che in loco era ed è presente una vegetazione erbacea nitrofila e ruderale a causa del pascolamento in atto e al calpestio del bestiame.

Era abbondante, anche a causa degli interventi fatti a suo tempo, di miglioramento del pascolo, con transemina di specie foraggere, la specie Asphodelus ramosus (asfodelo), una liliacea rifiutata dal bestiame perché tossica e favorita dal compattamento del suolo a seguito dell’eccessivo calpestio che dà origine ad un suolo asfittico e ricco di nitriti e nitrati per la presenza di bestiame (è incontestabile che le lande di asfodelo non sono mai state considerate habitat prioritario in alcun censimento botanico perché a bassissima biodiversità).

Né possono trarsi elementi dalle classificazioni catastali, alle quali pure fa riferimento il parere regionale, atteso che la classificazione catastale non è sempre aggiornata.

Peraltro, la valutazione di incidenza ambientale - come affermato nello stesso parere - deve esprimersi sulla trasformazione territoriale causata dall’intervento riguardo al quale viene effettuata, sicché deve essere riferita allo stato degli habitat come si presentavano prima della realizzazione delle opere e non in relazione alla situazione ipotetica e potenziale dei luoghi.

Dalle certificazioni AGEA (depositate in giudizio) risulta che, almeno dal 1996, e quindi in data antecedente l’acquisto dell’azienda agricola da parte del ricorrente avvenuta nel 1999, e prima della esecuzione delle opere, il terreno era in parte incolto e in parte seminato, mentre né dall’analisi delle ortofoto e delle altre fotografie allegate al progetto è possibile stabilire con certezza quale fosse la vegetazione preesistente.

Invero, la quota di altitudine del territorio di Ruvo di Puglia fa dubitare che fosse rinvenibile l’habitat “Percorsi sub steppici di graminacee e piante annue (Thero Brachypodieti)”, essendo piuttosto caratterizzata da vegetazione potenziale di specie caducifoglie del gruppo di Quercus pubescens, mentre i Thero Brachypodieti sono fasi regressive della lecceta, come è ben spiegato nella perizia di parte.

Nella zona, date le caratteristiche fitoclimatiche dell’area, sarebbe stato possibile riscontrare l’habitat “praterie su substrato calcareo (Festuco Brometalia). Tale habitat diventa prioritario solo se accompagnato - come la direttiva comunitaria impone - da “stupende fioriture di orchidee”. Sennonché dalle ortofoto del 1997 e dalle altre fotografie non è assolutamente possibile riscontrare la presenza delle fioriture di orchidee .

Le argomentazioni svolte dalla Regione, relative ad uno stato dei luoghi meramente ipotetico evidenziano l’errore di fondo che contrassegna la valutazione di incidenza da essa espressa, che prescinde totalmente dallo stato dei luoghi, la cui ricognizione, peraltro, non è mai stata compiuta.

Tanto meno la Regione indica quale sia la porzione dell’area che risulti in effetti modificata rispetto all’esistente e quali siano state le opere che hanno apportato tale modifica.

Le opere che qui vengono in questione, peraltro, non ricadono direttamente sul terreno afferendo a manufatti preesistenti di cui costituiscono completamento, sicché le argomentazioni della Regione non sono assolutamente pertinenti.

In conclusione, deve convenirsi con parte ricorrente sul fatto che la Regione ha espresso un giudizio ipotetico ma non ha indicato in concreto, individuandole, le singole opere oggetto di condono che hanno modificato o avrebbero potuto modificare l’habitat naturale, limitandosi a riferire nozioni scolastiche senza alcun riferimento alla situazione di fatto e alle ragioni per cui interventi di minima o addirittura prive di rilevanza volumetrica (quali le opere destinate all’allevamento dei cavalli: box, fienile, impianto imhoff per l’irrigazione dei terreni, impianto elettrico di illuminazione delle strade, staccionate per delimitare le zone di pascolo, attività che non solo non disturbano l’ambiente ma sono consone alle specifiche caratteristiche dei luoghi) creerebbero un forte impatto ambientale.

Come detto, le procedure di controllo, qual è la valutazione di incidenza ambientale, previste per le aree già individuate come ZSC e SIC, nelle more dell’approvazione dei siti da parte dell’Unione Europea e della designazione quali Zone Speciali di Conservazione, tengono conto degli effetti che il progetto o la pianificazione e la programmazione territoriale può avere su detti siti con riferimento agli obiettivi di conservazione, sicché non si può prescindere dalla valutazione in concreto del singolo intervento e la valutazione non può discostarsi dai criteri fissati dalla normativa di settore per accertare gli effetti che le trasformazioni potrebbero produrre in detti siti, tenendo conto delle finalità della perimetrazione delle zone SIC e ZPS.

Da quanto esposto emerge la inconferenza del parere espresso dalla Regione in relazione alle istanze di condono sulle quali era richiesta la valutazione di incidenza.

Il suddetto parere non costituisce, pertanto, dissenso motivato che preclude al Comune il rilascio del titolo abilitativo edilizio ai sensi dell’art. 32 della legge 47 del 1985, nel testo modificato dall’art. 32, comma 43 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 229 ”.

Il provvedimento del Comune di diniego delle istanze di sanatoria ex lege n. 47 del 1985 è, pertanto, illegittimo in via derivata laddove ha negato il condono conformandosi al parere della Regione che, come si è detto, non integra dissenso motivato e senza alcun’altra motivazione.

Va, a tal punto, considerato che poiché la valutazione di incidenza espressa dalla Regione ha riguardato solo le particelle 198 e 224 e non anche le particelle 260 e 350, per le opere realizzate su queste ultime particelle, non sussisteva alcuna preclusione al potere decisionale del Comune che tuttavia, nemmeno per queste opere ha espresso alcuna motivazione in ordine al diniego, limitandosi a richiamare il parere della Regione.

Invero, le particelle 260 e 350 sono coltivate a vigneto e oliveto e come tali sono classificate nelle mappe catastali, sicché anche per questa ragione ad esse non si riferisce la valutazione di incidenza che pone a base della valutazione il presupposto che trattasi di terreni destinati a bosco - pascolo o bosco.

Sotto altro profilo deve osservarsi che le opere ricadenti su dette particelle, per la modesta consistenza e per essere per lo più di tipo precario, trattandosi di prefabbricati solo appoggiati al suolo, non intaccano, attesa anche la loro entità estremamente modesta, gli elementi del paesaggio agrario diffuso, sicché appaiono sanabili secondo le disposizioni dell’art. 3.11 delle NTA del PUTT applicabili in forza della delibera della Giunta regionale n. 1110 del 4 agosto 2004 che ha equiparato le aree SIC e ZPS ai beni naturalistici di cui allo stesso art. 3.11.

Per le ragioni esposte il ricorso deve essere accolto con annullamento degli atti impugnati.

Quanto alla circostanza che la Regione Puglia non abbia partecipato alla conferenza di servizi indetta dal Comune, essa non integra vizio del procedimento come dedotto da parte ricorrente con il primo motivo di ricorso, essendo comunque intervenuto il parere regionale, fermo restando che la partecipazione della Regione alla conferenza di servizi sarebbe in ogni caso opportuna, costituendo questa un più efficace modulo decisionale o istruttorio che consente di perseguire al meglio gli interessi alla cura di essa Regione demandati. .

Il ricorso va, quindi, accolto nei sensi di cui in motivazione.

Quanto alle spese di giudizio, sussistono giuste ragioni per disporne la compensazione tra le parti.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, sezione prima, accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Corrado Allegretta, Presidente

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Savio Picone, Referendario

IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/04/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO
 



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