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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
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T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 22 aprile 2009, n.981
URBANISTICA ED EDILIZIA - Art. 15 d.p.r. n. 380/2001 - Decadenza del permesso
di costruire - Ipotesi - Limiti tassativi - Disciplina civilistica -
Assimilabilità al vizio funzionale della causa. La decadenza del permesso di
costruire è regolata dall’art. 15 del D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede due
ipotesi: un primo caso per il decorso dei termini indicati nel titolo assentito;
una seconda specie per il sopravvenire di previsioni urbanistiche contrastanti
con il permesso di costruire. L’opinione interpretativa prevalente tende,
quindi, a ritenere che il legislatore abbia voluto consentire la decadenza solo
nei due casi sopra indicati, da intendersi come limiti tassativi di
applicabilità dell’istituto. La decadenza postula, quindi un titolo valido ab
inizio ed una sopravvenienza che incide sul rapporto. Tale fattispecie può
assimilarsi al vizio funzionale della causa del negozio giuridico nella
disciplina civilistica, che si differenzia dal vizio genetico della causa che
ricorre quando l’atto nasce viziato ab origine. Pres. Urbano, Est.
Giansante - F.V. (avv. Lorusso) c. Comune di Locorotondo (avv.Laddomada).
T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 22/04/2009, n.981
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00981/2009 REG.SEN.
N. 00943/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 943 del 2007, integrato da motivi
aggiunti, proposto da
Francesco Vacca, rappresentato e difeso dall’Avv. Felice Eugenio Lorusso, con
domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Amendola n. 166/5;
contro
il Comune di Locorotondo in persona
del Sindaco, legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall’Avv. Prof.
Francesco Laddomada con domicilio eletto presso Avv. Mariangela Rosato in Bari,
via Calefati, n. 133;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso introduttivo
- dell’ordinanza n.42 prot 5530 del 13 aprile 2007, notificata il 4 maggio 2007
a firma del Capo Settore Urbanistica del Comune di Locorotondo, avente ad
oggetto “Pratica Edile n. 459/2005 - Ordinanza di sospensione lavori di
manutenzione straordinaria, abbattimento barriere architettoniche, opere
interne, ecc., all’immobile a piano terra, secondo e terzo piano, in Via Dott.
Guarnieri n. 18-22-24, in zona di centro storico “A” del P.R.G…”;
- del provvedimento di cui alla nota 6767 del 7.5.2007, notificato 16-5-2007,
con cui il Responsabile Settore Urbanistica del Comune di Locorotondo ha
dichiarato la decadenza del permesso di costruire, a titolo gratuito, n 755 del
5.10.2006, rilasciato al ricorrente;
- del provvedimento n 49 prot. 6786 dell’8.5.2007 notificato 16.5.2007 con cui
il Capo Settore Urbanistica del Comune di Locorotondo ha ingiunto la riduzione
in pristino stato dei lavori ed opere sopra descritte; nonchè
- di tutti gli atti al predetto comunque connessi, sia presupposti che
consequenziali, ancorchè non conosciuti, comunque lesivi, ivi compresi:
- la relazione tecnica di sopralluogo e accertamento del Settore Urbanistica del
Comune di Locorotondo prot. n. 5509 del 12-4-2007;
- la comunicazione di abuso edilizio di cui alla nota del Comando di Polizia
Municipale prot. n.5367 del 10-4-2007, non conosciuta;
- ove occorra e in parte qua, il Regolamento Edilizio Comunale (art 15, comma 6,
punto 3) e la prescrizione particolare sub 1 del permesso di costruire.
per l’accertamento
del diritto del ricorrente di essere risarcito del danno derivante dal
comportamento ingiusto e illegittimo dell’amministrazione resistente;
e per la condanna
- di quest’ultima, e comunque di chi spetti, al pagamento di quanto dovuto a
titolo di risarcimento del danno ingiusto, oltre interessi e danno da
svalutazione, dalla maturazione del diritto fino al soddisfo;
quanto ai motivi aggiunti
- della determina prot. n. 19250 del 09.12.2008 del Comune di Locorotondo -
Settore Urbanistica - Servizio Pianificazione Urbanistica-Edilizia, avente ad
oggetto: “pratica edile n. 459/2005 - permesso di costruire n. 755 rilasciato
all’Ing. Vacca Francesco, in data 5.10.2006 - Dichiarazione di decadenza prot.
n. 6767 del 7.5.2007. Istanza di revisione procedimento - Determinazione
conclusiva”.
- di tutti gli atti comunque connessi, sia presupposti che consequenziali,
ancorchè non conosciuti, se ed in quanto lesivi;
quanto alla istanza ex art. 25, comma 5, della legge n. 241/1990
per l’accertamento
dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune in relazione all’istanza di
accesso del ricorrente datata 13.01.2009 e pervenuta al Comune in data
15.01.2009.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto il ricorso per motivi aggiunti;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Locorotondo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’Ordinanza Collegiale, n. 593 del 19 luglio 2007, di rigetto dell’istanza
incidentale di sospensione cautelare;
Vista l’istanza ex art. 25, comma 5, della legge n. 241 del 1990, depositata dal
ricorrente in data 20 febbraio 2009.
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/02/2009 la Dott. ssa Rosalba
Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
L’Ing. Francesco Vacca, proprietario
dell’immobile (su tre livelli) ubicato nel centro storico del Comune di
Locorotondo, in Via Dott. Guarnieri nn. 18-22-24, in catasto al fg. 42, part.
445, subalterno 5, con domanda in data 22.08.2005, ha chiesto il rilascio del
permesso di costruire per la realizzazione di opere “di manutenzione
straordinaria ed abbattimento di barriere architettoniche”.
Alla domanda è stata allegata la relazione tecnica di progetto in cui si
chiariva che le opere erano state tra l’altro finalizzate al “miglioramento
delle condizioni statiche delle parti che lo richiedono”, nonchè alcune
fotografie. In data 21.11.2005 il Responsabile del procedimento ha chiesto al
ricorrente la rielaborazione di alcuni elementi progettuali, rielaborazione che
è stata trasmessa in data 16.01.2006. Con nota prot. n. 14005 dell’08.08.2006,
il vice Responsabile del Settore Urbanistica del Comune resistente ha comunicato
che la pratica era stata esaminata e istruita dalla Commissione Edilizia nella
seduta del 27.07.2006, che ha ritenuto che “il progetto debba essere
rielaborato, in quanto la soluzione proposta, in considerazione del nuovo
collegamento coperto al terzo piano, non si inserisce nel contesto
architettonico circostante, di una zona nel centro storico sottoposta a vincolo
di tutela paesistica. Si notano anche incongruenze grafiche con possibili
ripercussioni sulla staticità”. Conseguentemente ha ritenuto che il progetto
dovesse essere rielaborato e ha dichiarato la sospensione dell’iter della
pratica in attesa delle integrazioni richieste. In data 12.08.2006 il ricorrente
ha lamentato il superamento dei termini per la conclusione del procedimento ed
ha chiesto la riattivazione del procedimento. Infine, a seguito di ulteriori
interlocuzioni, con provvedimento n. 755 assunto il 05.10.2006, il Responsabile
del Settore Urbanistica ha rilasciato il permesso di costruire, a titolo
gratuito, per la esecuzione delle opere di manutenzione straordinaria ed
abbattimento di barriere architettoniche, in esecuzione del progetto allegato
alla domanda, ritenendo non necessaria, sulla base della documentazione
fotografica prodotta, l’autorizzazione paesaggistica, in applicazione dell’art.
149, comma 1, lettera a), considerato che l’intervento da assentire, pur
modificando leggermente l’aspetto esteriore dell’edificio, di fatto non lo
alterava, così come non alterava lo stato dei luoghi, in quanto il volume
tecnico realizzato al 3° piano era strettamente necessario a consentire
l’abbattimento delle barriere architettoniche e il ridottissimo vano dichiarato
di collegamento era strettamente necessario a contenere le macchine per
l’ascensore, oltre che il generatore di calore.
Il titolo edilizio è stato, peraltro, rilasciato con il vincolo del rispetto
delle seguenti prescrizioni particolari: “1. Prima dell’inizio dei lavori siano
eseguiti i dovuti accertamenti, indagini e verifiche statiche sull’immobile in
considerazione dei lavori da eseguire. 2. Siano assolti gli obblighi imposti dal
D.L. n. 22 del 05.02.1997 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione
al “trattamento e smaltimento dei rifiuti derivanti dalle operazioni di
costruzione e demolizione” e, prima della fine dei lavori, siano presentati atti
dimostrativi dell’avvenuto smaltimento dei materiali di risulta presso
discariche autorizzate. 3. prima dell’inizio dei lavori l’impresa esecutrice
dovrà presentare il D.U.R.C. (Documento Unico di Regolarità Contributiva). 4.
prima dell’inizio dei lavori sia trasmesso il progetto di cui alla legge n.
10/91”.
In data 17.01.2007 il ricorrente ed il progettista/direttore dei lavori hanno
presentato la “comunicazione di inizio lavori”. Con nota prot. n. 1606 del
26.01.2007, il Responsabile del Settore Urbanistica ha chiesto la documentazione
mancante di cui alle suddette prescrizioni del permesso di costruire. In data
06.02.2007 l’Ing. Vacca ha risposto rappresentando che “l’accertamento delle
condizioni di staticità in relazione ai tipi di intervento da effettuare sulle
diverse parti dell’edificio esistente richiedono la preliminare asportazione dei
materiali di copertura preesistenti (quali intonaci, pavimenti, ecc.). Pertanto
non si è potuto procedere alla prescrizione particolare riportata al punto 1.
del permesso di costruire (Prima dell’inizio dei lavori siano eseguiti i dovuti
accertamenti, indagini e verifiche statiche sull’immobile in considerazione dei
lavori da eseguire) prima che, con l’inizio dei lavori, avvenuto il 22.01.2007,
si potesse asportare il materiale di copertura delle parti strutturali. Sinora
si è proceduto allo stonacamento delle pareti interne interessate alla
realizzazione del vano che ospiterà l’elevatore. Lo stato delle volte è
risultato in buone condizioni e quindi idoneo all’apertura delle luci di
passaggio dell’elevatore. Nei prossimi giorni si procederà alla stonacatura e
alla rimozione dei pavimenti relativi agli ambienti in cui verrà demolita la
scala esistente e ripristinata la volta a cielo di carrozza allungata. Gli
ulteriori accertamenti, indagini e verifiche statiche richieste verranno
effettuate prima di intervenire sulle parti strutturali, in modo da definire gli
interventi da porre in essere per non compromettere la statica dello stabile.
Sarà mia cura trasmettere una relazione su quanto risulterà dall’indagine e
sulle eventuali opere di consolidamento da eseguire”.
Con ordinanza n. 42 prot. n. 5530 del 13.04.2007 l’Amministrazione resistente, a
seguito di sopralluoghi effettuati, ha ordinato al ricorrente la sospensione dei
lavori in quanto eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire, con
successiva nota prot. n. 6767 del 07.05.2007 ha comunicato la dichiarazione di
decadenza del permesso di costruire, in quanto rilasciato sulla base di disegni
che non riportavano l’effettivo stato dei luoghi preesistente e con
l’ingiunzione n. 49 prot. 6786 dell’08.05.2007 è stata ordinata la riduzione al
pristino stato.
Con ricorso ritualmente notificato il 03.07.2007 e depositato nella Segreteria
del Tribunale il 06.07.2007, l’Ing. Vacca ha chiesto l’annullamento dei tre
sopracitati provvedimenti, specificati in epigrafe.
Avverso l’ordinanza di sospensione dei lavori e l’ingiunzione di riduzione in
pristino il ricorrente, a sostegno del gravame, ha dedotto i seguenti motivi di
censura: 1) violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3, 27, comma 3, 33 e
34 D.P.R. n. 380/2001); violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e
buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per erronea
presupposizione, difetto di presupposti legali, travisamento ed erronea
valutazione dei fatti, violazione e vizi del procedimento, illogicità,
perplessità ed ingiustizia manifeste, contraddittorietà, illogicità ed
incongruenza della motivazione, disparità di trattamento, carenza di
istruttoria, sviamento; 2) violazione e falsa applicazione di legge (artt. 32,
33 e 34 D.P.R. n. 380/2001 e art. 2 l.r. n. 26/1985); eccesso di potere per
difetto assoluto di istruttoria e motivazione, travisamento.
Avverso il provvedimento di decadenza del permesso di costruire ha dedotto
profili di illegittimità per i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione
di legge (art. 15 D.P.R. n. 380/2001); violazione e mancata applicazione di
legge (art. 7 legge n. 241/1990); violazione del principio di affidamento del
cittadino. eccesso di potere per violazione e vizi del procedimento, difetto di
motivazione, carenza di istruttoria, sviamento.
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune eccependo la irricevibilità
del ricorso, quanto meno in ordine all’ordinanza di sospensione dei lavori,
contestando la fondatezza dei motivi di ricorso e concludendo per il rigetto del
ricorso e per l’inammissibilità e infondatezza della domanda di risarcimento del
danno.
Con istanza in data 22.10.2008 il ricorrente ha chiesto al Comune di Locorotondo
di procedere, in sede di autotutela, all’annullamento del provvedimento prot. n.
6667 del 07.05.2008 recante la dichiarazione di decadenza del permesso di
costruire e, comunque, alla riconsiderazione dei presupposti per l’esercizio dei
poteri sanzionatori.
Con nota prot. n. 17744 dell’11.11.2008 il Capo del Settore Urbanistica ha
comunicato al ricorrente che erano in corso le dovute verifiche e riscontri che
il caso richiedeva, per il riesame del procedimento di cui alla suddetta istanza
del ricorrente medesimo, riesame il cui esito è stato comunicato all’Ing. Vacca
con nota prot. n. 19250 del 09.12.2008, impugnata con ricorso per motivi
aggiunti, notificato il 30.01.2008 e depositato nella Segreteria del Tribunale
il 06.02.2008.
Avverso questo successivo provvedimento il ricorrente ha dedotto, oltre a
censure di invalidità derivata, profili di illegittimità propria, per i seguenti
motivi: 1) violazione dell’ art. 10 bis della legge n. 241/90 e s.m.i.;
violazione del principio di affidamento del cittadino e del principio di leale
collaborazione; eccesso di potere per palese sviamento; contraddittorietà; 2)
violazione e mancata o erronea applicazione di legge in riferimento ai principi
che governano l’attività di autotutela; eccesso di potere, erronea
presupposizione, sviamento, illogicità manifesta, contraddittorietà,
travisamento dei presupposti di fatto, irragionevolezza; violazione dell’art. 97
Cost. e dell’art. 1 della legge n. 241/90.
Il ricorrente ed il Comune hanno prodotto documentazione e hanno presentato
memorie per le udienze di discussione.
Alla Camera di Consiglio del 19 luglio 2007, con ordinanza n. 593, è stata
respinta la domanda incidentale di sospensione.
Il ricorrente ha dunque presentato istanza ex art. 25, comma 5, della legge n.
241 del 1990 in data 20 febbraio 2009.
Alle udienze pubbliche del 23.04.2008 e del 19.11.2008 la causa è stata
rinviata; all’udienza pubblica del 25.02.2009, la causa è stata infine chiamata
e assunta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio deve, innanzitutto,
esaminare l’eccezione di irricevibilità del ricorso, sollevata dal Comune,
quanto meno in ordine all’ordinanza di sospensione dei lavori, in quanto la
suddetta ordinanza è stata notificata al ricorrente in data 04.05.2007, mentre
il ricorso introduttivo risulterebbe notificato al Comune solo il 04.07.2007 e,
quindi, tardivamente.
L’eccezione è priva di pregio ed il ricorso, pertanto, deve considerarsi
ammissibile, anche per quanto concerne il capo relativo alla suindicata
ordinanza di sospensione.
Al riguardo giova ricordare, in punto di diritto, che, per ciò che concerne la
notifica del ricorso effettuata, come è avvenuto nel caso in esame, attraverso
la spedizione mediante il servizio postale, la Corte Costituzionale - con
sentenza 26 novembre 2002, n. 477 - ha dichiarato costituzionalmente illegittimo
il combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, comma 3, della legge
n. 890/1982, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona per
il notificante alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario e non
al momento della consegna dello stesso all’ufficiale giudiziario. Pertanto, al
fine di evitare che i disservizi postali possano nuocere al notificante, per
quest’ultimo il perfezionamento della notifica si ha con la consegna
all’ufficiale giudiziario.
Nel caso oggetto del presente giudizio dagli atti risulta che la copia del
ricorso da notificare è stata consegnata all’ufficiale giudiziario il 3 luglio
2007 e nella stessa data l’ufficiale giudiziario ha provveduto a spedirlo a
mezzo del servizio postale, mentre la ricezione all’Amministrazione resistente
si è avuta in data 4 luglio 2007. Alla luce di quanto sopra, considerato che
l’atto impugnato è stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica in
data 03.07.2007, il ricorso deve considerarsi tempestivo.
Ancora in rito, occorre esaminare l’istanza ex art. 25, comma 5, della legge n.
241 del 1990, depositata in data 20 febbraio 2009. Al riguardo, il Collegio
aderisce alla giurisprudenza prevalente alla luce della quale l'apprezzamento
sull'utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta
all'Amministrazione destinataria dell'istanza ostensiva, né alla parte che ha
chiesto l’accesso, bensì allo stesso giudice amministrativo della causa
principale, adito dall'interessato al fine di tutelare l'interesse
giuridicamente rilevante, sotteso alla domanda di accesso. Ne consegue che
spetta al giudice del merito decidere, alla stregua degli ordinari criteri che
presiedono alla valutazione processuale in ordine alle istanze istruttorie,
circa le utilità delle chieste acquisizioni documentali. Nella fattispecie del
presente giudizio il Collegio ritiene che gli atti richiesti al Comune con
l’istanza di accesso non possano essere utili per confortare assunti difensivi
degli interessati in detto giudizio (cfr. T.A.R. Basilicata, n. 317/2008 e
Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4255/2006).
Passando al merito del ricorso esso è infondato e deve essere respinto.
Occorre naturalmente esaminare in primo luogo il ricorso introduttivo poiché la
disamina dell’atto di conferma impugnato in sede di motivi aggiunti assume un
rilievo oggettivamente dipendente e condizionato all’esame degli atti impugnati
in via principale.
Il Collegio deve prioritariamente evidenziare che assume rilievo centrale nel
presente giudizio l’esame del provvedimento di decadenza del permesso di
costruire, adottato dal Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di
Locorotondo ai sensi dell’art. 15, comma 6, punto 3) del Regolamento Edilizio
Comunale.
Ritenuto legittimo tale provvedimento, che vedremo essere sostanzialmente un
provvedimento di annullamento, ogni altra questione relativa agli atti
precedenti e successivi, adottati da parte resistente ed impugnati con il
presente ricorso, è da ritenersi superata in quanto non più sorretta da autonomo
interesse, alla luce della natura vincolata e conseguenziale al provvedimento di
decadenza (recte annullamento). Essendo, infatti, l’annullamento un
provvedimento con efficacia ex tunc, una volta ritenuto legittimo tale
atto, le opere eseguite dovranno conseguentemente considerarsi sine titulo,
così da assorbire ogni autonoma rilevanza della parziale difformità di cui
all’ordinanza di sospensione e del conseguente provvedimento di riduzione in
pristino, che dovrà a questo punto considerarsi atto interamente dovuto e
vincolato. L’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, espressamente indicato
nell’ordinanza di sospensione, prevede, peraltro, la temporanea efficacia
dell’ordinanza stessa fino all’adozione dei provvedimenti definitivi.
A sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del
provvedimento per violazione e falsa applicazione di legge, lamentando il
contrasto dell’art. 15, comma 6, punto 3) del Regolamento Edilizio del Comune di
Locorotondo, applicato nel caso di specie, che prevede la decadenza della
concessione “quando la concessione risulti ottenuta in base a disegni di
progetto alterati, non corrispondenti al vero o non riflettenti l’effettivo
stato di fatto esistente all’atto dell’inizio dei lavori”, con l’art. 15 del
D.P.R. n. 380 del 2001 che, invece, prevederebbe due ipotesi tassative di
decadenza.
Il motivo è infondato.
Il Collegio ritiene utile, preliminarmente, inquadrare la fattispecie
nell’ambito della vigente normativa disciplinante la materia.
La decadenza del permesso di costruire è regolata dall’art. 15 del D.P.R. n. 380
del 2001 che prevede due ipotesi: un primo caso per il decorso dei termini
indicati nel titolo assentito; una seconda specie per il sopravvenire di
previsioni urbanistiche contrastanti con il permesso di costruire. L’opinione
interpretativa prevalente tende, quindi, a ritenere che il legislatore abbia
voluto consentire la decadenza solo nei due casi sopra indicati, da intendersi
come limiti tassativi di applicabilità dell’istituto.
La decadenza postula, quindi un titolo valido ab inizio ed una
sopravvenienza che incide sul rapporto. Tale fattispecie potrebbe in certo senso
assimilarsi al vizio funzionale della causa del negozio giuridico nella
disciplina civilistica, che si differenzia dal vizio genetico della causa che
ricorre quando l’atto nasce viziato ab origine. Ora, trasponendo le
considerazioni testè svolte nella fattispecie concreta in esame, deve rilevarsi
che, per l’appunto, l’atto sia basato su presupposti di fatto falsi, risulta
essere un atto ab origine viziato, alla stessa stregua, volendo
proseguire il parallelo con il diritto civile, di un negozio affetto da dolo
incidente o errore essenziale, da una patologia, dunque, che incide sul titolo,
determinandone l’invalidità nella specie dell’annullabilità.
Analizzando sulla base di dette coordinate la fattispecie concreta oggetto di
gravame, il Collegio ritiene che, in disparte il nomen iuris indicato nel
provvedimento, l’Amministrazione ha proceduto ad un annullamento d’ufficio in
sede di autotutela. L’Amministrazione resistente ha, infatti, emanato il
provvedimento gravato dopo aver accertato, come risulta dalla relazione tecnica
di sopralluogo e accertamento dell’Ufficio Tecnico Comunale prot. n. 5509 del
12.04.2007, posta a fondamento del provvedimento medesimo, che il permesso di
costruire è stato rilasciato sulla base di disegni che non riportavano
l’effettivo stato dei luoghi preesistente, quindi sulla base di un vizio
genetico dell’atto (cfr T.A.R. Basilicata, n.643 del 18 ottobre 2008).
D’altro canto il punto 18 delle prescrizioni ed avvertenze generali allegate al
permesso di costruire recita: “Il presente permesso viene rilasciato ed è da
intendersi valido sotto la specifica condizione che i disegni, così come tutti
gli elaborati del progetto, corrispondano a verità. In caso contrario esso è da
ritenersi nullo e non efficace”.
La sanzione comminata ivi prevista è l’invalidità anche se nella specie della
nullità che determina, comunque, l’effetto dell’inefficacia definitiva.
Ciò posto, allorquando la P.A. erra nel qualificare un provvedimento, ma non vi
sono dubbi sul potere esercitato e sul presupposto valutato e posto alla base
del provvedimento, il provvedimento medesimo può considerarsi legittimamente
emanato.
Chiarito che ricorre un annullamento d’ufficio il Collegio ritiene che sono
prive di pregio anche le ulteriori censure prospettate dal ricorrente.
L’Ing. Vacca lamenta che la motivazione del provvedimento è generica in quanto
si limiterebbe ad indicare una presunta non corrispondenza dei disegni di
progetto allo stato dei luoghi preesistente, ma non individuerebbe i presunti
elementi di contrasto. Nella ipotesi in cui l’Amministrazione avesse voluto fare
riferimento ai rilievi di cui alla relazione tecnica di sopralluogo prot. n.
5509 del 12.04.2007, non sussisterebbe la contestata difformità. Il ricorrente
argomenta che, diversamente da quanto contestato dall’Amministrazione, le
dimensioni del vano al 3° piano, riportate nei provvedimenti impugnati aventi
dimensioni esterne di massimo ingombro di m. 4,10 x m. 3,52 circa,
corrisponderebbero esattamente a quelle progettate. Immediatamente dopo, però,
ammette la non corrispondenza rilevando che la “lieve discrasia” rilevata
dall’Amministrazione, rispetto alla situazione preesistente, sarebbe
riconducibile ad un mero ed involontario errore di grafica, di lieve entità che
non inciderebbe sotto il profilo dei parametri di edificabilità che sarebbero,
comunque, rispettati (trattandosi, peraltro, di volumi tecnici di altezza non
superiore a m. 2.20, assolutamente non abitabili).
Argomenta, ancora, parte ricorrente che dai grafici di progetto e dalle
fotografie allegate alla domanda di permesso di costruire “le dimensioni del
vano preesistente al terzo piano sono - al netto delle murature - pari a m. 4,05
x m. 3,10 al massimo ingombro, e - misurate come dimensioni esterne - pari a m.
4,45 x m. 3,50 e, quindi, lievemente superiori (quelle preesistenti) rispetto a
quelle realizzate ed accertate (m. 4,10 x m. 3,52 circa). Lamenta, infine, che,
considerato che la circostanza non era stata contestata dall’Amministrazione,
tale comportamento aveva ingenerato il convincimento che tale discrasia fosse
stata giustificata dall’Ufficio Tecnico dall’esigenza di riportare a filo una
muratura rispetto al solaio sottostante.
Il Collegio ritiene che la stessa prospettazione di parte ricorrente per quanto
ora esposto, implichi il dato di fatto della non perfetta corrispondenza tra lo
stato di fatto e la rappresentazione datane all’amministrazione in sede di
domanda. Parte ricorrente mira, nei suoi scritti difensivi, a diminuire la
portata e la rilevanza di tale discrepanza, affermandone la non incidenza
sostanziale sui dati essenziali di progetto. Egli, dunque, fornisce valutazioni
difformi rispetto a quelle assunte dall’amministrazione, ma non offre elementi
probatori adeguati a inficiare o a sminuire la correttezza e la completezza
dell’istruttoria svolta dall’amministrazione, tenuto conto, in particolare, del
fatto che non è stata poi presentata nel corso del giudizio l’apposita relazione
tecnica che ci si era riservati di presentare in sede di ricorso introduttivo,
ed in considerazione del fatto che, a fronte della forza fidefaciente
privilegiata che assiste gli accertamenti tecnici comunali, in quanto promananti
da pubblici ufficiali nell’esercizio della funzione, non risulta agli atti che
sia stata proposta querela di falso.
Dalla documentazione versata in atti ed in particolare dalla documentazione
fotografica e dalla motivazione del provvedimento il Collegio esclude che vi sia
stato un giudizio manifestamente contraddittorio, irrazionale o comunque viziato
per eccesso di potere. Il provvedimento non è inficiato da un macroscopico
travisamento di fatto o da un'evidente illogicità per la insussistenza dei fatti
assunti ad oggetto della valutazione ovvero per illogicità di quest'ultima e
incongruenza delle relative conclusioni, vizi che di fronte ad un accertamento
tecnico avrebbero potuto determinare l’illegittimità del provvedimento
impugnato.
Il Collegio ritiene completa l’istruttoria fatta dal Comune e, pertanto, non
sussistenti i vizi di carenza di istruttoria e difetto di motivazione denunciati
dal ricorrente, poiché il provvedimento indica in modo chiaro e puntuale i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
dell’Amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, come
prescrive l’art. 3 della legge n. 241/1990.
Concludendo sul punto, il Collegio rileva che il provvedimento di decadenza (recte
annullamento) è stato adottato a seguito di un accertamento tecnico completo
e approfondito, la cui forza fidefaciente non è scalfita dalle contestazioni
prospettate dal ricorrente, le cui doglianze appaiono, pertanto, infondate.
E’, altresì, privo di pregio il motivo con il quale il ricorrente lamenta la
mancata comunicazione di avvio del procedimento.
Nell’ordinanza di sospensione dei lavori era espressamente rappresentato che “La
presente ordinanza è anche comunicazione di avvio del procedimento per gli
eventuali successivi provvedimenti, anche in termini di autotutela, che saranno
emessi da questo Settore Urbanistica”. In disparte, dunque, la considerazione
che, nella specie, la comunicazione di avvio del procedimento risulta essere
stata sostanzialmente assorbita nell’atto (urgente) di sospensione dei lavori,
il Collegio ricorda che, più in generale, ad avviso della giurisprudenza
prevalente, i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non devono essere
preceduti dall'avviso di inizio del procedimento, sia perché consistono in
procedimenti tipizzati e vincolati, sia perché i provvedimenti sanzionatori
presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere
realizzate nonché sul carattere non assentito delle stesse (ex multis TAR
Basilicata, n. 33/2008).
E’ infondata anche la doglianza con cui il ricorrente lamenta la insussistenza
di un pubblico interesse concreto e attuale alla rimozione del permesso di
costruire diverso da quello finalizzato ad un mero ripristino della legalità.
Il Collegio ritiene di aderire alla giurisprudenza ad avviso della quale il
provvedimento volto a sanzionare un abuso edilizio non abbisogna di congrua
motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico che è in re ipsa,
consistendo nel ripristino dell'assetto urbanistico violato, anche ove l’atto
sia adottato a distanza di anni dalla realizzazione dell'abuso. Nel caso poi, -
come nella fattispecie oggetto del presente gravame - un titolo edilizio sia
stato ottenuto sulla base di una non fedele rappresentazione della realtà dei
luoghi negli elaborati progettuali prodotti a corredo dell’istanza di rilascio
del titolo, questo Tribunale condivide la giurisprudenza amministrativa che
ritiene che l’Amministrazione può procedere all’annullamento d’ufficio senza
esternare alcuna particolare ragione d’interesse pubblico e senza tenere conto
dell’affidamento ingeneratosi nel privato, non potendo quest’ultimo fondare
alcun legittimo affidamento in ordine alla persistenza di un titolo ottenuto
attraverso l’induzione in errore dell’ente pubblico (cfr. fra le molte T.A.R.
Basilicata, n. 643/2008).
Quanto alle censure dedotte con il ricorso per motivi aggiunti sono anch’esse
prive di pregio.
Occorre premettere che l’atto impugnato con i motivi aggiunti è sostanzialmente
un atto di conferma propria, avendo l’Amministrazione rappresentato di aver
valutato tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti, di aver effettuato
verifiche e di aver riesaminato l’intero procedimento, attività che non hanno
portato a determinazioni diverse da quelle di cui ai provvedimenti
precedentemente adottati (ed impugnati dall’odierno ricorrente). Pur trattandosi
di un atto di conferma, come tale impugnabile, e non già di un atto meramente
confermativo, è però evidente che contro di esso non sono utilmente evocabili né
le garanzie partecipative, trattandosi di un procedimento che l’amministrazione
non aveva neppure l’obbligo di intraprendere e di concludere, né vizi e censure
che siano meramente riproduttivi di quelli già proposti (ed esaminati e
respinti) con riferimento agli atti confermati (impugnati con il ricorso
introduttivo). Sotto questo profilo i vizi dedotti dal ricorrente con il ricorso
per motivi aggiunti sono, infatti, infondati.
Quanto ai vizi procedimentali, come già detto, essi sono infondati perché
l’amministrazione (la giurisprudenza amministrativa è pacifica al riguardo) non
aveva l’obbligo di provvedere e avrebbe potuto legittimamente non rispondere
neppure all’istanza del ricorrente. Quanto agli interessi coinvolti, già in sede
di delibazione dei motivi di censura del ricorso principale il Collegio ha
evidenziato la prevalenza, nella fattispecie oggetto del presente gravame,
dell’interesse pubblico perseguito.
Quanto, infine, all’autorizzazione paesaggistica, l’Amministrazione ha
legittimamente rappresentato che proprio la modifica dello stato dei luoghi
preesistente, realizzata dal ricorrente con l’intervento in contestazione, ha
determinato, altresì, la necessità dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi
dell’art. 146 del D.Lgs n. 42 del 2004.
Come rappresentato in punto di fatto, l’Amministrazione aveva rilasciato il
permesso di costruire (cfr il provvedimento del 05.10.2006), ritenendo non
necessaria l’autorizzazione paesaggistica proprio sul presupposto che non
venisse alterato lo stato dei luoghi potendo trovare applicazione in tale
fattispecie la deroga di cui al richiamato art. 149, comma 1, lettera a) del
citato D.Lgs n. 42 del 2004. Tale aspetto è sicuramente dirimente per dichiarare
la legittimità del provvedimento di diniego di autotutela e da consentire,
comunque, al Collegio di dichiarare gli altri motivi di ricorso assorbiti per
mancanza di interesse, essendo sufficiente a reggere da solo il provvedimento il
motivo ora esaminato. In caso di atto cosiddetto “plurimotivato” è sufficiente,
infatti, ai fini del rigetto del ricorso, che uno solo dei motivi sui quali si
fonda il provvedimento sia legittimo.
In ultimo il Collegio, ancorchè la suesposta motivazione possa di per sé valere
a concludere nel senso della reiezione del ricorso e dei pedissequi motivi
aggiunti, in considerazione dei già chiariti profili di assorbimento e di
dipendenza che subordinano le censure concernenti gli atti esecutivi successivi
a quelli pregiudiziali “a monte” (atto di decadenza recte: auto
annullamento), non di meno, per completezza di esame delle censure dedotte e dei
complessi profili che caratterizzano la vicenda, ritiene, comunque, utile e
doveroso svolgere le seguenti ulteriori considerazioni, in merito in particolare
agli altri due provvedimenti impugnati. Al riguardo, occorre premettere in punto
di diritto che ben può il titolo edilizio prevedere prescrizioni particolari,
trattandosi di un titolo autorizzativo prescrittivo modale; come si evince anche
dal citato art 27, comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001, laddove legittima
l’esercizio del potere di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel
territorio comunale da parte del dirigente o del responsabile del competente
ufficio comunale per assicurare anche la rispondenza alle modalità esecutive
fissate nei titoli abilitativi, prescrizioni che, se non rispettate, determinano
la decadenza del titolo per inadempimento.
Nel caso in esame, in entrambi i provvedimenti il Comune ha contestato la
mancata osservanza del punto 1 delle prescrizioni particolari del permesso di
costruire ed è provato in atti, contrariamente alla prospettazione di parte
ricorrente, che l’Ing. Vacca non si è attenuto alla prescrizione particolare che
gli imponeva, prima dell’inizio dei lavori, oltre l’invio della documentazione
prescritta anche che fossero eseguiti i dovuti accertamenti, indagini e
verifiche statiche sull’immobile in considerazione dei lavori da eseguire. Il
Collegio deve evidenziare che la prescrizione è particolarmente importante
perché riguarda la staticità dell’immobile ubicato nel centro storico del Comune
di Locorotondo. Ciò anche in considerazione del fatto che nella relazione
tecnica di progetto allegata alla domanda del permesso di costruire il
ricorrente ha chiarito che le opere erano state tra l’altro finalizzate al
“miglioramento delle condizioni statiche delle parti che lo richiedono” e la
staticità dell’abitazione medesima era stata una delle cause che aveva
determinato il vice Responsabile del Settore Urbanistica del Comune resistente,
con nota prot. n. 14005 dell’08.08.2006 menzionata nella parte in fatto della
presente sentenza, a richiedere la rielaborazione del progetto proprio perché,
tra l’altro, “sono state notate incongruenze grafiche con possibili
ripercussioni sulla staticità”. La prescrizione di cui al punto 1. del permesso
di costruire ad avviso del Collegio non può che essere interpretata nel senso
che il Comune di Locorotondo ha prescritto che il ricorrente relazionasse prima
dell’inizio dei lavori, da intendersi prima di qualunque intervento, né la
suddetta prescrizione, proprio alla luce di quanto sopra esposto può dirsi
viziata per eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e perplessità
manifeste, come prospettato dall’Ing. Vacca. E d’altro canto il ricorrente
avrebbe potuto evidenziare tale asserito vizio in fase di partecipazione o
eventualmente impugnare in parte qua il titolo edilizio a lui rilasciato.
Risulta, invece, provato in atti perché dichiarato dal ricorrente stesso con la
nota del 06.02.2007 (il cui contenuto è riportato nella parte in fatto), quindi
successiva a quella di comunicazione dell’inizio dei lavori del 17.01.2007, ed
inviata solo a seguito della richiesta di chiarimenti da parte del Comune, che
il ricorrente ha iniziato i lavori disattendendo la più volte richiamata
prescrizione.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso introduttivo, quello per
motivi aggiunti e l’istanza di accesso devono essere respinti.
Al rigetto della domanda impugnatoria segue il rigetto della domanda di
risarcimento del danno avanzata dal ricorrente.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte
ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sezione III, definitivamente pronunciando
sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e degli onorari di
giudizio, che liquida in €. 3.000,00 (tremila/00) a favore del Comune di
Locorotondo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del giorno 25/02/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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