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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Segnalata dall'avv. Irene Vaglia
T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 Gennaio 2009, n. 118
ENERGIA - Impianti di energia “pulita” - Corretto inserimento nel territorio
- Tutela del paesaggio rurale - Amministrazione comunale - Poteri regolamentari
- Pianificazione urbanistica. Le amministrazioni comunali, nel favorire
l’installazione di impianti di energia pulita, conservano in ogni caso un certo
potere discrezionale teso a disciplinare - se del caso anche mediante atti
regolamentari a carattere generale - il corretto inserimento di tali strutture
nel rispetto dei fondamentali valori della tradizione agroalimentare locale e
del paesaggio rurale. Più in particolare, gli aspetti sostanziali possono essere
disciplinati mediante atti amministrativi generali, qualora si intenda incidere
su aspetti riguardanti eminentemente la tutela del patrimonio agricolo, mentre
si dovrà ricorrere agli ordinari strumenti della pianificazione urbanistica,
qualora si intenda incidere anche su altri aspetti (urbanistici, paesaggistici,
idrogeologici, etc.). Per quanto attiene invece agli aspetti procedimentali
concernenti l’esercizio delle proprie funzioni si potrà utilizzare l’ordinario
strumento regolamentare, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost., il quale
dispone espressamente che i Comuni “hanno potestà regolamentare in ordine alla
disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro
attribuite”. Pres. Ravalli, Est. Santini - E. s.r.l. (avv. Lupo) c. Comune di
Grottaglie (avv. Vaglia) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n.
118
ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili -
Art. 12, c. 6 d.lgs. n. 387/2003 - Lettura sistematica con l’art. 1, c. 4 della
legge n. 239/2004 - Misure compensative non meramente patrimoniali - Requisito
della concretezza - Competenza di Stato o regione. La norma recata dall’art.
12, comma 6, del d.lgs. n. 387/2003, secondo cui “l’autorizzazione non può
essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e
delle province”, va letta (Cons. Stato, sez. III, parere 14 ottobre 2008, n.
2849) in via sistematica insieme all’art. 1, comma 4, lett. f), della legge n.
239/2004, a tenore del quale lo Stato e le Regioni garantiscono “l’adeguato
equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche,
nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole
regioni, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio
ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici
nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e
infrastrutture ad elevato impatto territoriale, con esclusione degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili”. Possono pertanto essere imposte misure
compensative di carattere ambientale e territoriale, ma non meramente
patrimoniali, e sempre che ricorrano tutti gli altri presupposti indicati nel
citato art. 1, comma 4, lett. f) (corte cost. n. 383/2005) e che siano concrete
e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche
dell’impianto (nella specie: parco fotovoltaico) e del suo specifico impatto
ambientale e territoriale. Comunque tali misure compensative sono di competenza
dello Stato o della Regione, e non possono unilateralmente essere stabilite da
un singolo Comune (Cons. Stato, sez. III, parere 14 ottobre 2008, n. 2849).
Pres. Ravalli, Est. Santini - E. s.r.l. (avv. Lupo) c. Comune di Grottaglie
(avv. Vaglia) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n. 118
ENERGIA - Impianti fotovoltaici - Amministrazione comunale - Previsione di una
fideiussione per la rimozione dell’impianto in caso di cessazione dell’attività
- Legittimità - Principi di diritto comune. La previsione di una fideiussione
posta a garanzia della rimozione dell’impianto fotovoltaico in caso di
cessazione dell’attività, non costituisce una prestazioni impositiva ex art. 23
Cost., come tale da prevedere solo per legge, quanto piuttosto una obbligazione
contrattuale da assumere con terzi soggetti (garanti) che l’amministrazione
comunale, in applicazione di principi di diritto comune cui la stessa può
legittimamente ricorrere (cfr. art. 1-bis della legge n. 241 del 1990), ritiene
di imporre al fine di cautelarsi dinanzi ad eventuali inadempimenti del privato
(nella specie concernenti l’obbligo di rimuovere gli impianti in caso di
cessazione dell’attività). Pres. Ravalli, Est. Santini - E. s.r.l. (avv. Lupo)
c. Comune di Grottaglie (avv. Vaglia) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29
gennaio 2009, n. 118
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Registro Decisioni: 118/2009
Registro Ricorsi: 1375/2008
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce
Prima Sezione
Composto dai Signori Magistrati:
Aldo Ravalli Presidente
Ettore Manca Primo Referendario
Massimo Santini Referendario est.
Ha pronunziato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso n. 1375/2008 presentato dalla ENERSOL s.r.l., in persona del legale
rappresentante sig. Alessandro Strazzella, rappresentata e difesa dall’Avv.
Antonio Lupo ed elettivamente domiciliata presso lo studio del’Avv. Marra in
Lecce, p.zza Mazzini n. 72;
contro
il Comune di Grottaglie, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall’Avv. Irene Vaglia ed elettivamente domiciliato in Lecce alla via
Taranto n. 92 presso lo studio dell’Avv. Lazzari;
per l’annullamento
a) della nota n. 15555 in data 14 luglio 2008 del Comune di Grottaglie con
cui si ordina di non effettuare l’intervento diretto alla realizzazione di un
impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW;
b) della deliberazione n. 42 del 29 maggio 2008 del Consiglio comunale di
Grottaglie con la quale si disciplina la localizzazione sul territorio comunale
degli impianti fotovoltaici di potenza inferiore ad 1 MW;
c) di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale.
Visti il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale,
resistente;
Visti tutti gli atti di causa;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Designato alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 il relatore Massimo
Santini, referendario, uditi altresì gli Avv.ti Lupo per il ricorrente e l’Avv.
Vaglia per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente ha presentato in data 3 luglio 2008 denuncia di inizio
attività, ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e della
legge Regione Puglia n. 1 del 2008, per la realizzazione di un impianto
fotovoltaica di potenza pari a 0,99 MW.
Veniva a tal fine allegata copiosa documentazione tra cui relazione tecnica del
progetto, elaborati e tavole grafiche, relazione esplicativa circa la non
assoggettabilità a VIA, mappa catastale, ortofoto, planimetrie su varie scale e
relazione tecnica asseverativa.
L’area destinata ad ospitare l’intervento è classificata come agricola e non è
gravata da vincoli di alcun genere (paesaggistico, ambientale, idrogeologico,
etc.).
In data 14 luglio 2008 il Comune di Grottaglie ordinava di non effettuare
l’intervento in quanto, da un lato, l’istanza doveva essere corredata altresì
dalla documentazione prevista dall’art. 3 del disciplinare approvato con
deliberazione del consiglio comunale n. 42 del 29 maggio 2008; dall’altro lato,
dovevano essere rispettate tutte le condizioni previste dal predetto
disciplinare.
La società interponeva dunque ricorso giurisdizionale per una serie di motivi
che il collegio ritiene così di rubricare:
1. Difetto di motivazione, in quanto non vengono esplicitati i documenti che,
tra quelli indicati nell’art. 3 del disciplinare, dovevano effettivamente essere
prodotti dall’interessata;
2. Violazione dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, del
principio di non aggravamento del procedimento amministrativo e del principio di
tipicità e nominatività degli atti amministrativi, in quanto non sarebbe
previsto in alcun modo l’esercizio di un siffatto potere regolamentare da parte
delle amministrazioni comunali, il cui intervento potrebbe anzi comportare
ulteriori e indebiti limiti normativi alla realizzazione di impianti ritenuti
fondamentali per il raggiungimento di importanti obiettivi di politica
ambientale;
3. Violazione della legge n. 239 del 2004 nella parte in cui prevede misure di
compensazione ambientale (pari al 7% del costo dell’impianto), nonché
fideiussioni disposte direttamente dal Comune, laddove la normativa di settore
ascrive siffatta competenza esclusivamente in capo a Stato e regioni, peraltro
per esigenze legate all’elevato impatto territoriale ed ambientale prodotto dai
suddetti impianti. Violazione altresì dell’art. 23 Cost., nella parte in cui
viene stabilita la corresponsione di un contributo nella sostanza riconducibile
ad un tributo non altrimenti previsto da una fonte primaria.
Si è costituito in giudizio il Comune di Grottaglie eccependo in particolare
che:
A. Difetta il requisito dell’integrazione dell’impianto con altre strutture a
carattere commerciale, industriale o di servizi, così come sarebbe previsto
dall’art. 27 della legge regionale n. 1 del 2008;
B. Sussiste il potere di regolamentare, da parte del comune, le funzioni ad esso
riservate, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost. e dell’art. 12, comma 7,
del decreto legislativo n. 387 del 2003.
Alla udienza del 17 dicembre 2008 i rispettivi procuratori delle parti
costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto
in decisione.
DIRITTO
01. Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
1. In merito al regime applicabile è da respingere l’eccezione della difesa
comunale, relativa alla necessaria integrazione dell’impianto con altre
strutture di carattere commerciale, industriale o servizi, al fine di poter
legittimamente ricorrere all’istituto della DIA. In assenza di tale
integrazione, secondo la tesi comunale si dovrebbe infatti applicare il
procedimento della autorizzazione espressa.
Per quanto attiene all’ambito di applicazione dell’art. 27 della legge regionale
n. 1 del 2008, ratione temporis applicabile (ossia prima della sua abrogazione
da parte della legge regionale n. 31 del 2008, che ha ridisciplinato tali
aspetti, a partire dall’8 novembre 2008, data di entrata in vigore), essa
prevede, al comma 1, che “per gli impianti di produzione di energia elettrica da
fonti rinnovabili di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387 … con potenza elettrica nominale fino a 1 MWe da
realizzare nella Regione Puglia, fatte salve le norme in materia di valutazione
di impatto ambientale e di valutazione di incidenza, si applica la disciplina
della denuncia di inizio attività (DIA), di cui agli articoli 22 e 23 del
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 … nei seguenti
casi:
a) impianti fotovoltaici posti su edifici industriali, commerciali e servizi,
e/o collocati a terra internamente a complessi industriali, commerciali e
servizi esistenti o da costruire … ”.
Il successivo comma 2 prevede poi che “gli impianti di cui al comma 1 possono
anche essere realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani
urbanistici, tenuto, peraltro, conto di quanto specificato dall'articolo 12,
comma 7, del d.lgs. 387/2003”.
Secondo l’interpretazione data dall’amministrazione comunale, il riferimento al
comma 1 operato dal comma 2 sarebbe da intendere nel senso che gli impianti
fotovoltaici da collocare in zona agricola dovrebbero essere comunque integrati
con altre strutture commerciali, industriali e terziarie.
Ad avviso di questo collegio, invece, il richiamo agli impianti di cui al comma
1 deve intendersi come riferito a tutte le strutture complessivamente enucleate
nell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 387 del 2003 (disposizione questa a sua
volta riportata, non a caso, dallo stesso comma 1 della norma regionale in
commento), ossia con esclusivo riguardo a tipologia, dimensioni e potenza delle
medesime e non anche alla loro particolare conformazione (o meglio integrazione)
strutturale.
La disposizione regionale sembra dunque prevedere la possibilità di realizzare
gli interventi de quibus anche in zona agricola (comma 2), a prescindere dalla
loro integrazione strutturale con altri impianti a carattere industriale,
commerciale o di servizi (comma 1).
Del resto, nella prospettiva indicata dalla difesa comunale la legge regionale
avrebbe altrimenti giustificato, in questo modo, la presenza di talune strutture
(per l’appunto industriali, commerciali, etc.) all’interno di aree (agricole)
con esse incompatibili sotto il profilo urbanistico.
L’interpretazione cui il collegio ritiene invece di aderire è peraltro l’unica a
consentire una lettura costituzionalmente compatibile della disposizione in
parola, considerato che la possibilità giuridica di installare tali impianti
anche in zone agricole rappresenta un principio fondamentale della legislazione
statale in materia di energia (art. 12, comma 7, d.lgs. n. 387 del 2003).
Per tutte le ragioni evidenziate, l’eccezione sollevata dalla difesa comunale
deve essere respinta.
2. Con riferimento all’esistenza di un potere regolamentare da parte del Comune,
ritiene il Collegio che a quest’ultimo possa essere riservata la possibilità di
disciplinare la realizzazione e, più in particolare, l’ubicazione degli impianti
di energia rinnovabile.
Il favor legislativo per le fonti rinnovabili, che si riverbera tra l’altro
sulla possibilità di installare gli impianti suddetti anche in zona agricola,
non è infatti senza limiti.
Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387
del 2003, i Comuni possono certamente prevedere, nell’esercizio della propria
discrezionalità in materia di governo del territorio, aree specificamente
destinate o meno a tal fine. La disposizione citata sottintende proprio tale
potere, laddove prevede che “nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle
disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare
riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla
tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio
rurale” (cfr. T.A.R. Umbria, 15 giugno 2007, n. 518).
In questa stessa direzione, la recente legge regionale n. 31 del 2008
stabilisce, all’art. 2, comma 2, che “i comuni, con motivata deliberazione
approvata dal consiglio comunale, possono individuare parti di territorio di
particolare pregio”, nell’ambito delle zone agricole, ove porre eventualmente
siffatti divieti.
Emerge dunque dal quadro normativo sopra delineato come le amministrazioni
comunali, nel favorire l’installazione di impianti di energia pulita, conservino
in ogni caso un certo potere discrezionale teso a disciplinare – se del caso
anche mediante atti regolamentari a carattere generale – il corretto inserimento
di tali strutture nel rispetto dei fondamentali valori della tradizione
agroalimentare locale e del paesaggio rurale.
Più in particolare, si ritiene che gli aspetti sostanziali possano essere
disciplinati mediante atti amministrativi generali (si veda in questi termini la
ridetta legge regionale n. 31 del 2008), qualora si intenda incidere su aspetti
riguardanti eminentemente la tutela del patrimonio agricolo, mentre si dovrà
ricorrere agli ordinari strumenti della pianificazione urbanistica, come
rilevabile in altre analoghe fattispecie trattate da questa stessa sezione,
qualora si intenda incidere anche su altri aspetti (urbanistici, paesaggistici,
idrogeologici, etc.).
Per quanto attiene invece agli aspetti procedimentali concernenti l’esercizio
delle proprie funzioni – ipotesi qui ricorrente – si potrà utilizzare
l’ordinario strumento regolamentare, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost.,
il quale dispone espressamente che i Comuni “hanno potestà regolamentare in
ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni
loro attribuite”.
Ciò detto, si evidenzia che l’art. 3 della delibera consiliare gravata prevede
che l’istanza diretta alla realizzazione di siffatti impianti sia corredata da
una documentazione ricomprendente, tra l’altro: la descrizione del contesto
paesaggistico e dei “percorsi panoramici”, la rappresentazione fotografica dei
prospetti e delle skylines, una relazione sulla durata di permanenza
dell’impianto, elaborati di progetto, planimetrie su varie scale e
sovrapposizioni tra stato di fatto e progetto, sezioni in scala, rendering.
Ritiene il collegio che tali previsioni, adottate come detto alla luce del
richiamato potere di cui all’art. 117, sesto comma, Cost., rispondano nel
complesso a principi di ragionevolezza e proporzionalità, considerato da un lato
che va salvaguardata l’esigenza dei poteri pubblici locali di tutelare il
territorio di propria competenza, e dall’altro lato che si tratta di adempimenti
sì numerosi ma pur sempre realizzabili, anche attraverso la tecnologia
attualmente disponibile, secondo la normale diligenza e professionalità
posseduta da tecnici a tal fine abilitati.
Vanno dunque respinte le censure complessivamente rubricate al punto n. 2.
4. Deve invece essere accolta la censura riguardante la carenza di motivazione e
di istruttoria del provvedimento, atteso che l’amministrazione non ha in alcun
modo puntualmente indicato quale sarebbe la documentazione eventualmente
mancante dal confronto tra quanto in allegato alla DIA e quanto invece richiesto
dal citato art. 3 del disciplinare, essendosi genericamente e apoditticamente
limitata, la medesima, ad affermare la necessità di produrre “tutta la
documentazione” di cui all’art. 3.
Né è stato specificato per quale motivo la documentazione comunque prodotta
fosse o meno, in qualche misura, inidonea al raggiungimento dello scopo.
E ciò anche in considerazione della localizzazione dell’impianto in area
agricola, della mancanza di vincoli paesaggistici ivi impressi, nonché della
copiosa documentazione, in parte corrispondente a quella prevista dall’art. 3
(si vedano tra l’altro le planimetrie e gli elaborati progettuali) che era stata
comunque allegata alla DIA.
Per tali ragioni va accolto il primo motivo di ricorso.
4. Appare inoltre illegittima la previsione relativa alla compensazione
ambientale.
Ora, è vero che l’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387/2003, dispone che
“l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di
compensazione a favore delle regioni e delle province”, sicché se ne potrebbe
desumere, a contrario, la possibilità di misure di compensazione a favore di
altre collettività locali, e segnatamente i Comuni quali enti esponenziali.
Tuttavia, come affermato dal Consiglio di Stato (cfr. sez. III, parere 14
ottobre 2008, n. 2849) tale previsione va letta in via sistematica insieme
all’art. 1, comma 4, lett. f), della legge n. 239/2004, a tenore del quale lo
Stato e le Regioni garantiscono “l’adeguato equilibrio territoriale nella
localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle
caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, prevedendo
eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale
qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano
concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato
impatto territoriale, con esclusione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili”.
La sentenza della Corte cost. n. 383/2005, nel ritenere illegittima l’esclusione
da misure compensative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, va intesa
nel senso che possono essere imposte misure compensative di carattere ambientale
e territoriale, ma non meramente patrimoniali, e sempre che ricorrano tutti gli
altri presupposti indicati nel citato art. 1, comma 4, lett. f).
Tanto si desume anche dalla successiva Corte cost. n. 248/2006, che, nel
ritenere consentita la fissazione di misure compensative pure in relazione ad
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha statuito che l’art.
1, comma 4, lett. f), della legge n. 239/2004, nel testo risultante dalla
declaratoria di incostituzionalità ad opera di Corte cost. n. 383/2005, prevede
la possibilità che possano essere determinate dallo Stato o dalle Regioni
“misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale” in
riferimento a “concentrazioni territoriali di attività, impianti ed
infrastrutture ad elevato impatto territoriale”, con specifico riguardo altresì
alle opere in questione.
Sotto tale profilo, le misure compensative devono essere concrete e realistiche,
cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche del parco
fotovoltaico e del suo specifico impatto ambientale e territoriale.
Infatti, secondo il citato art. 1, comma 4, lett. f), le misure compensative
sono solo eventuali, e correlate alla circostanza che esigenze connesse agli
indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di
attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale.
Dunque, non dà luogo a misura compensativa, in modo automatico, la semplice
circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti
rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e
dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente.
E comunque tali misure compensative sono di competenza dello Stato o della
Regione, e non possono unilateralmente essere stabilite da un singolo Comune
(Cons. Stato, sez. III, parere 14 ottobre 2008, n. 2849).
Il motivo indicato sub n. 3 deve dunque essere accolto.
5. Appare in ultimo esente da vizi di legittimità la previsione di una
fideiussione posta a garanzia della rimozione dell’impianto in caso di
cessazione dell’attività.
Tale adempimento, comunemente richiesto nella prassi (in materia di governo del
territorio si veda altresì la c.d. garanzia “a prima richiesta” da presentare
per gli oneri di urbanizzazione), non costituisce infatti una prestazione
impositiva ex art. 23 Cost., come tale da prevedere solo per legge, quanto
piuttosto una obbligazione contrattuale da assumere con terzi soggetti (garanti)
che la amministrazione comunale, in applicazione di principi di diritto comune
cui la stessa può legittimamente ricorrere (cfr. art. 1-bis della legge n. 241
del 1990), ritiene di imporre al fine di cautelarsi dinanzi ad eventuali
inadempimenti del privato (nella specie concernenti l’obbligo di rimuovere gli
impianti in caso di cessazione dell’attività).
Tale censura non può dunque trovare ingresso.
6. Per tutte le considerazioni esposte il ricorso, con riferimento alle censure
indicate ai punti 3 e 4, è fondato e deve essere pertanto accolto. Per l’effetto
annulla in parte qua la nota n. 15555 in data 14 luglio 2008 e, con esclusivo
riferimento alla determinazione della compensazione ambientale, la deliberazione
consiliare n. 42 del 29 maggio 2008.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Prima Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1375/2008, lo accoglie nei sensi e
nei limiti indicati in motivazione. Per l’effetto annulla la nota n. 15555 in
data 14 luglio 2008 del responsabile SUAP e, in parte qua, la delibera del
Consiglio comunale n. 42 del 29 maggio 2008.
Liquida le spese del presente giudizio in euro 2.000 (duemila), oltre IVA e CPA,
da porre a carico dell’amministrazione soccombente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008.
Aldo Ravalli - Presidente
Massimo Santini - Estensore
Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 29 gennaio 2009
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