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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 21 febbraio 2009, n. 254
INQUINAMENTO - Attività di panificazione - Attività a ridotto inquinamento
atmosferico - Parte II dell’allegato IV alla parte V del d.lgs. n. 152/2006 -
Autorizzazione generale - Regione Puglia - Deliberazione di G.R. n. 1497/2002.
L’attività di panificazione (nella specie, lavorazione di 1500 kg di farina al
giorno) rientra fra le attività a ridotto inquinamento atmosferico di cui alla
parte II dell’allegato IV alla parte V del D.Lgs. n. 152/2006, per le quali è
previsto il sistema della c.d. autorizzazione generale (in sostanza, è stato
confermato il meccanismo di cui all’art. 5 del DPR 25.7.1991). Nella Regione
Puglia, l’autorizzazione generale è stata data con la deliberazione di G.R. n.
1497/2002. Pres. Cavallari, Est. Capitanio - V.L. (avv. Lippolis) c. Comune di
Ginosa (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 21 febbraio 2009, n. 254
URBANISTICA ED EDILIZIA - Istruttoria per il rilascio di un titolo
abilitativo - Valutazione degli aspetti privatistici - Esempi - Art. 11, c. 1
d.P.R. n. 380/2001 - Titolarità dell’immobile - Innovazioni - Disciplina
condominiale - Immissioni e normale tollerabilità - Giurisdizione civile. In
materia urbanistico-edilizia (dove, per stessa previsione del vigente Codice
civile, i profili privatistici si intersecano con quelli pubblicistici), il
Comune, in sede di istruttoria attivata sull’istanza di rilascio di un titolo
abilitativo, è certamente chiamato ad occuparsi - incidenter tantum - dei
profili privatistici, limitatamente a quelli che siano percepibili icto oculi e
con esclusione di quelli che attengono solo ed unicamente alla sfera
privatistica. Ad esempio, in forza dell’art. 11, comma 1, del DPR n. 380/2001,
il Comune deve solo verificare se il richiedente il titolo edilizio risulti, per
tabulas, titolare di una posizione giuridica che a ciò lo abiliti, senza quindi
essere tenuto a verificare l’esistenza di controversie sulla proprietà
dell’immobile. Ancora, per quanto riguarda la disciplina condominiale, il Comune
è tenuto a verificare se, trattandosi di innovazioni (artt. 1108 e 1120 c.c.),
il richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione dell’assemblea, ma non anche le
questioni relative, ad esempio, alle immissioni, salvo che non vengano in
evidenza questioni relative alla salute pubblica o alla statica degli edifici.
Con riferimento alle immissioni derivanti da un’attività di panificazione, il
Comune e l’ASL devono certamente verificare gli aspetti legati alle emissioni di
fumi , odori e rumori notturni provenienti dal forno, ma sempre nei limiti degli
adempimenti burocratici previsti dalla legge ai fini dell’autorizzazione
all’esercizio dell’attività. La verifica della normale tollerabilità ex art. 844
c.c., in assenza di pericoli per la salute pubblica, attiene invece ad aspetti
privatistici, a tutela dei quali l’interessato deve proporre azione davanti al
Giudice Civile. Pres. Cavallari, Est. Capitanio - V.L. (avv. Lippolis) c. Comune
di Ginosa (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 21 febbraio 2009, n. 254
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.00254/2009 REG.SEN.
N. 00788/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
sezione staccata di Lecce (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
A) sul ricorso n. 788/2007, proposto da Vito Lovecchio, rappresentato e difeso
dall’avv. Domenica Lippolis, con domicilio eletto presso la Segreteria TAR, in
Lecce, Via F. Rubichi, 23/A,
contro
Comune di Ginosa, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito,
nei confronti di
Nuovo Panificio Laerte Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Fernanda Chiarelli, e con la
stessa elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Tiziana Petrachi, in
Lecce, Via Lupiae, 53,
Per l’annullamento, previa sospensiva,
della denuncia di inizio attività, presentata dalla società cooperativa Nuovo
Panificio Laerte in data 19.1.2007, prot. n. 2652, ovvero del silenzio tenuto
dal Comune sulla sollecitazione ad esercitare il potere sanzionatorio, nonché di
ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
B) sui motivi aggiunti, notificati in data 7-9.11.2007 e depositati in data
12.11.2007,
per l’annullamento, previa sospensiva,
della denuncia di inizio attività di panificazione, presentata dalla società
cooperativa Nuovo Panificio Laerte in data 21.9.2007, prot. n. 2702, nonché di
ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
C) sui motivi aggiunti, notificati in data 5.3.2008 e depositati in data
28.3.2008,
per l’annullamento
del provvedimento del Comune di Ginosa prot. n. 26875 in data 21.9.2007,
conosciuto dal ricorrente in data 10.1.2008, nonché di ogni altro atto
presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati e tutti gli atti di causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società controinteressata;
Visti i motivi aggiunti;
Viste le ordinanze 7.6.2007, n. 490, e 22.11.2007, n. 1148, recanti il rigetto
delle domande cautelari;
Vista l’ordinanza istruttoria 17.11.2008, n. 1051;
Uditi alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009 il relatore, Primo Referendario
Tommaso Capitanio, e, per le parti, gli avv. Lippolis e Chiarelli.
FATTO
1. Il ricorrente sig. Lovecchio impugna, dapprima con il ricorso introduttivo e
poi con motivi aggiunti, gli atti e i provvedimenti in forza dei quali il Comune
di Ginosa ha autorizzato la società controinteressata alla realizzazione di
lavori di adeguamento di locali (in disponibilità della cooperativa Nuovo
Panificio Laerte, esercizio gestito dal sig. Vito Di Candia) adibiti a panificio
e successivamente all’esercizio dell’attività di panificazione. L’impugnativa
investe anche le denuncie di inizio attività che la controinteressata ha
comunicato al civico ente prima di dare avvio ai lavori e l’omesso esercizio del
potere repressivo che l’Amministrazione intimata avrebbe dovuto, a giudizio del
ricorrente, attivare nei riguardi dell’iniziativa edilizio-commerciale di cui si
è detto (con i motivi aggiunti del 7-9.11.2007 il ricorrente ha poi rinunciato
all’impugnativa del silenzio-rifiuto).
2. Queste le doglianze articolate nel ricorso introduttivo e nei motivi
aggiunti:
- violazione delle Norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G., che, in zona
B di completamento (ossia la zona dove ricade l’immobile in questione), consente
solo determinate attività, fra le quali non sono ricomprese quelle produttive
(salvo l’artigianato di servizio), che sono invece allocabili unicamente nelle
zone omogenee D;
- violazione della L.R. pugliese n. 6/2005, la quale all’art. 13 impone alle
imprese artigiane l’iscrizione all’apposito Albo provinciale. Nel caso di
specie, il Comune non ha accertato che la controinteressata fosse iscritta al
prefato Albo;
- violazione dell’art. 4 del D.L. n. 223/2006, convertito in L. n. 248/2006,
nella parte in cui subordina il libero esercizio dell’attività di panificazione
alla verifica, da parte del Comune competente, del possesso in capo all’impresa
interessata dell’autorizzazione sanitaria rilasciata dall’ASL territoriale e
degli altri documenti ivi menzionati;
(le predette censure si riferiscono alla d.i.a. del 19.1.2007);
- violazione dell’art. 22, comma 2, del DPR n. 380/2001, in quanto gli
interventi edilizi che implicano cambio di destinazione d’uso di un immobile
sono assentibili solo con permesso di costruire;
- violazione dell’art. 25 del DPR n. 380/2001, in quanto alla domanda di
rilascio del certificato di agibilità non è stato allegato il nulla osta
preventivo dell’ASL Taranto;
- violazione della L. n. 283/1962 e dell’art. 26 del DPR n. 327/1980 (la
richiesta di autorizzazione sanitaria presentata dalla società controinteressata
in data 28.6.2007 non è conforme al citato art. 26. Infatti, dai documenti
allegati emergono alcune incongruità, inerenti in particolare al rispetto delle
norme in materia di illuminazione naturale dei locali adibiti alla produzione di
cibi e bevande);
- violazione del DPR n. 303/1956 (il locale de quo non è idoneo ad ospitare
qualsivoglia attività di lavorazione di prodotti alimentari, in quanto è
interrato per tre lati e privo di altre aperture oltre alla porta di ingresso);
- i servizi igienici sono sprovvisti di un sistema di ventilazione forzata
dell’aria;
- il rapporto di valutazione dell’inquinamento acustico si riferisce ad una
struttura diversa (Blue Marine S.n.c. di Ginosa Marina);
- la società controinteressata non può svolgere attività artigianale, ai sensi
del proprio statuto;
(le predette censure si riferiscono alla denuncia di inizio di attività di
panificazione del 21.9.2007);
- violazione artt. 91, 183 e 184 del Regolamento comunale d’igiene;
- violazione del Reg. CEE n. 852/2004;
(queste ultime censure si riferiscono alla comunicazione del Comune di Ginosa
datata 21.9.2007, avente ad oggetto la notifica unità di impresa, ai sensi del
Reg. CEE n. 852/2004).
L’interesse a censurare l’attività della società controinteressata scaturisce
dal fatto che il sig. Lovecchio risiede in un appartamento situato al piano
immediatamente superiore ai locali per cui è causa e afferma di risentire delle
emissioni (sonore e non) provenienti dal forno. Tra l’altro, il ricorrente è
convivente con l’anziana madre, la quale è costretta a rimanere quasi sempre in
casa in quanto affetta da una grave patologia degenerativa.
3. Si è costituita solo la controinteressata, eccependo l’inammissibilità
dell’impugnativa della d.i.a. e chiedendo per il resto il rigetto del ricorso e
dei motivi aggiunti.
In particolare, la difesa della società cooperativa evidenzia che:
- la d.i.a. del gennaio 2007 riguarda solo gli aspetti edilizi e non anche
quelli relativi al necessario possesso delle autorizzazioni afferenti l’attività
di panificazione (i quali ultimi debbono essere acquisiti dall’impresa prima di
avviare effettivamente l’attività di produzione del pane e degli altri prodotti
di pasticceria);
- nella medesima zona B esistono numerosi altri panifici artigianali (anche
quello di cui è titolare la controinteressata è da considerare panificio
artigianale, visto che utilizza un forno elettrico con produzione solo di vapore
acqueo e che lavora meno di 300 kg. di farina al giorno);
- la documentazione a corredo delle varie domande presentate nel corso del
complesso procedimento finalizzato all’apertura del forno è pienamente conforme
alla legislazione di settore.
4. Dopo avere, con le ordinanze in epigrafe, rigettato le domande cautelari e
disposto istruttoria, alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009 il Tribunale ha
introitato la causa per la decisione di merito.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto, per le ragioni che si vanno ad
esporre.
2. Il Collegio ritiene anzitutto di dover evidenziare che, ai fini della
decisione, si appalesa irrilevante il fatto che il Comune di Ginosa non abbia
adempiuto per tempo all’ordinanza istruttoria n. 1051/2008, con cui il Tribunale
aveva disposto una verificazione sullo stato dei luoghi interessati dalla
presente controversia (per il dettaglio degli adempimenti istruttori, vedasi il
testo della citata ordinanza), e ciò in quanto la documentazione versata in atti
dall’ASL Taranto – sempre in adempimento dell’ordinanza n. 1051/2008 – soddisfa
le esigenze di approfondimento che avevano indotto il TAR a disporre
l’istruttoria.
3. Ciò detto, e passando all’esame delle numerose censure formulate dal sig.
Lovecchio, le stesse possono essere suddivise in quattro gruppi:
a) il primo gruppo riguarda gli aspetti urbanistici (ed in particolare il
preteso contrasto fra la destinazione d’uso dei locali de quibus e il vigente
strumento urbanistico di Ginosa, il quale vieta lo svolgimento, nelle zone B, di
attività produttive);
b) il secondo gruppo concerne gli aspetti edilizi e igienico-sanitari;
c) il terzo gruppo riguarda la legittimazione della società controinteressata a
svolgere attività di tipo artigianale;
d) l’ultimo gruppo riguarda invece aspetti privatistici (dei quali, si anticipa
sin d’ora, deve essere investita l’A.G.O., almeno per i profili che si
indicheranno infra).
3.1. Partendo dai profili urbanistici, le doglianze formulate dal sig. Lovecchio
sono infondate.
In effetti, dalla piana lettura dell’art. 20 delle N.T.A. del vigente P.R.G.
emerge che nelle zone omogenee B del territorio di Ginosa sono allocabili le
seguenti attività: residenze, uffici e studi professionali, associazioni di
varia natura, commercio al dettaglio ed artigianato di servizio, ristoranti, bar
ed attività ricreative, attività di servizio e terziarie in genere. Ora, già il
fatto che lo strumento urbanistico consente nelle zone B l’esercizio di attività
di ristorazione collettiva (bar, ristoranti, pizzerie, etc.) depone in senso
sfavorevole alla tesi di parte ricorrente, visto che i suddetti locali
presentano, per quanto riguarda le immissioni sonore e olfattive, i medesimi
inconvenienti che può provocare l’attività di panificazione; inoltre, in
considerazione dei problemi connessi con l’afflusso della clientela, la presenza
dei suddetti locali provoca un impatto anche sulla circolazione stradale e sui
parcheggi, ben maggiore di quelli causati dalla presenza di un esercizio
commerciale adibito alla produzione ed alla vendita di pane. Ma laddove ciò non
fosse sufficiente, non c’è dubbio che l’attività di panificazione, svolta a
livello individuale e/o familiare (e quindi non a livello industriale) con
annessa vendita del prodotto, rientra nella nozione di artigianato di servizio,
ammesso nelle zone B.
L’artigianato di servizio consiste,infatti,nella elaborazione di un prodotto o
di un servizio in modo artigianale e nella fornitura dello stesso,cioè in
un’attività artigianale svolta a favore di uno specifico utente.
Tra l’altro, è lo stesso ricorrente a sottolineare la presenza, proprio
nell’edificio a fianco a quello che ospita il forno gestito dal sig. Di Candia,
di un’officina meccanica specializzata nella riparazione di macchine agricole; a
livello di emissioni sonore e olfattive (nonché in relazione alle problematiche
legate alla circolazione stradale) davvero non si comprende perché un’officina
meccanica sia compatibile con la zona B, mentre un piccolo forno (quale è quello
gestito dal sig. Di Candia, idoneo alla lavorazione giornaliera di un
quantitativo di farina non superiore a 1500 kg., come risulta dalla
comunicazione datata 13.4.2007, relativa agli adempimenti di cui al DPR
25.7.1991 e s.m.i.) debba essere delocalizzato nella zona
industriale-artigianale di Ginosa.
Pertanto, in parte qua il ricorso è infondato.
3.2. Procedendo con l’esame delle doglianze, il Collegio deve affrontare quelli
che appaiono indubbiamente gli aspetti essenziali della controversia, ossia
l’asserita omessa osservanza, sia da parte della controinteressata che da parte
delle autorità che dovevano vigilare su tali aspetti, della normativa che
disciplina i parametri edilizi e igienico-sanitari che debbono essere rispettati
dal soggetto che intende avviare un’attività di panificazione. La normativa di
riferimento è costituita sia dal vigente Regolamento d’Igiene di Ginosa, sia dal
Regolamento CEE n. 852/2004 e dalla normativa regionale di recepimento, sia,
infine, dalle disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Al riguardo, le contestazioni di parte ricorrente investono praticamente tutto
lo spettro degli adempimenti che la controinteressata avrebbe dovuto osservare e
che, in tesi di parte ricorrente, non ha invece osservato (vedasi il punto 2
dell’esposizione in fatto).
Va premesso che le doglianze formulate al riguardo nel ricorso introduttivo non
sono calibrate rispetto al provvedimento inizialmente impugnato, visto che la
d.i.a. del 19.1.2007 riguardava esclusivamente i profili edilizi. Tra l’altro,
il ricorso introduttivo è infondato nella parte in cui si censura l’inidoneità
della d.i.a. a legittimare l’intervento in questione, e ciò in base al disposto
dell’art. 10, comma 1, let. c), del T.U. n. 380/2001, il quale prescrive il
permesso di costruire per i mutamenti di destinazione d’uso, ma solo per gli
immobili ricadenti nelle zone omogenee A, mentre nella specie il locale
commerciale per cui è causa ricade in zona B (la disposizione dell’art. 22,
comma 2, del T.U. n. 380/2001, invocata dal ricorrente, riguarda la d.i.a. in
variante al permesso di costruire, ossia una fattispecie tutto affatto diversa
,atteso che nella specie la d.i.a. non ha riguardato variazioni ad un precedente
permesso di costruire). Peraltro, tenuto conto che si trattava di vizio
desumibile già dalla d.i.a. del 19.1.2007, la censura è tardiva, atteso che la
stessa andava sollevata, al più tardi, in sede di ricorso introduttivo
(notificato il 3.5.2007), mentre è stata formulata solo con i motivi aggiunti
del 6 e 7.11.2007.
Per quanto concerne le doglianze inerenti la pretesa violazione dell’art. 4
della L. n. 248/2006 (nonché quelle afferenti la natura giuridica della società
controinteressata), si rimanda alle considerazioni che saranno espresse nel
paragrafo successivo.
Proprio con riferimento alle censure afferenti i profili igienico-sanitari viene
in rilievo la relazione istruttoria depositata in atti dal Dipartimento di
Prevenzione – Servizio S.I.A.N. dell’ASL Taranto in data 29.12.2008, e la
documentazione ad essa allegata. L’Azienda sanitaria, che in questo campo
dispone dei poteri accertativi e certificativi più penetranti, ha chiarito in
modo inequivocabile che il panificio gestito dal sig. Di Candia è in regola con
la vigente normativa, sia dal punto di vista formale (ossia per quanto riguarda
la scansione temporale degli atti autorizzativi), sia dal punto di vista
sostanziale.
In effetti, una volta conseguito l’assenso edilizio ed eseguiti i lavori di
ristrutturazione dell’immobile (i quali, a differenza di quanto sostiene il
ricorrente, sono stati ultimati nel marzo 2007, come da certificato di collaudo
del 23.3.2007,a firma dell’ing. Giulio Pinto), il sig. Di Candia ha:
- in data 21.5.2007, richiesto al Comune la dichiarazione di agibilità, sulla
quale si è formato il silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 25, comma 4, del T..
n. 380/2001;
- in data 29.6.2007, richiesto al Comune l’autorizzazione sanitaria per
l’attività di panificio. Si deve evidenziare al riguardo che tale istanza era
corredata anche del nulla osta preventivo dell’ASL, il che risulta dal timbro
apposto sul progetto in data 8.5.2007 da parte del responsabile dell’U.O. del
S.I.S.P.;
- in data 21.9.2007, trasmesso una nuova istanza, redatta ai sensi del Reg. CEE
n. 852/2004 (che ha sostituito la disciplina di cui alla L. n. 283/1962 ed al
DPR n. 327/1980, disposizioni di cui è stata invocata la violazione con i primi
motivi aggiunti).
Su quest’ultima istanza, corredata della prevista documentazione, l’ASL ha
aperto l’istruttoria, effettuando anche un sopralluogo in situ il giorno
19.10.2007 e disponendo un’integrazione documentale per quanto riguarda gli
accorgimenti adottati dal controinteressato circa l’allontanamento degli odori
prodotti nell’attività. Infine, l’ASL, in data 23.10.2007 ha proceduto alla
registrazione della d.i.a., adempimento che sostituisce la vecchia
autorizzazione sanitaria, ai sensi del Reg. CEE n. 852/2004. Per quanto riguarda
il merito delle singole censure sollevate dal sig. Lovecchio, il Collegio
ritiene di dover condividere le controdeduzioni svolte dall’ASL nei punti da 1 a
7 della citata relazione istruttoria, evidenziando in particolare che:
- alla luce degli orari in cui l’attività di panificazione viene svolta di
solito (ossia nelle ore notturne), è evidente che il locale commerciale in
questione deve possedere soprattutto un adeguato impianto di illuminazione
artificiale;
- il tecnico progettista ha previsto l’installazione di idonei impianti per
l’allontanamento degli odori prodotti dall’attività (anche se, al riguardo,
bisogna sottolineare che nel panificio è stato installato un forno elettrico, il
quale non produce quindi residui di combustione, ma solo vapore acqueo) e per il
ricambio di aria nei servizi igienici;
- per quanto concerne il rapporto di valutazione del rumore, l’ASL ha attestato
che all’istanza prodotta dal sig. Di Candia era allegato il documento riferito
al panificio Laerte, per cui si deve ritenere che l’allegazione, nella
documentazione in possesso del Comune di Ginosa, di analogo documento riferito
ad altro esercizio commerciale sia dipeso da un mero errore materiale del
tecnico. Tale puntualizzazione si rende necessaria in relazione alle censure
sollevate nei primi motivi aggiunti (pagine 10 e 11 dei motivi aggiunti del
12.11.2007), dove si sottolinea che la verifica del rispetto della normativa
sull’inquinamento acustico è stata svolta sulla base di un rapporto di
valutazione del rumore che riguardava l’esercizio commerciale denominato “Blue
Marine snc di Marina di Ginosa”. Sempre con riguardo a tale problematica, il
Collegio ritiene di dover altresì puntualizzare che le prove che il tecnico
dichiara di avere svolto nel giugno 2007 erano pacificamente eseguibili a quella
data, visto che, come detto supra, i lavori di ristrutturazione erano terminati
a marzo 2007. Per cui non risponde al vero quanto sostenuto a pagina 5 dei
secondi motivi aggiunti;
- il sig. Di Candia ha acquisito anche l’autorizzazione al convogliamento in
atmosfera delle emissioni, ai sensi dell’art. 272 del D.Lgs. n. 152/2006. A
questo proposito, l’art. 272, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che
“2. Per specifiche categorie di impianti, individuate in relazione al tipo e
alle modalità di produzione, l'autorità competente può adottare apposite
autorizzazioni di carattere generale, relative a ciascuna singola categoria di
impianti, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le
prescrizioni, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e
la periodicità dei controlli. I valori limite di emissione e le prescrizioni
sono stabiliti in conformità all'articolo 271, commi 6 e 8. All'adozione di tali
autorizzazioni generali l'autorità competente deve in ogni caso procedere, entro
due anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente
decreto, per gli impianti e per le attività di cui alla parte II dell'Allegato
IV alla parte quinta del presente decreto. In caso di mancata adozione
dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con
apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e i
gestori degli impianti interessati comunicano la propria adesione all'autorità
competente; è fatto salvo il potere di tale autorità di adottare successivamente
nuove autorizzazioni di carattere generale, l'adesione alle quali comporta, per
il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio. I gestori degli impianti per cui è
stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda
di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269.
3. Il gestore degli impianti o delle attività di cui al comma 2 presenta
all'autorità competente, almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione
dell'impianto o dell'avvio dell'attività, una domanda di adesione
all'autorizzazione generale. L'autorità competente può, con proprio
provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano rispettati i
requisiti previsti dall'autorizzazione generale o in presenza di particolari
situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela
ambientale. L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di
adesione e può prevedere, per gli impianti e le attività di cui alla parte II
dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto, appositi modelli
semplificati di domanda, nei quali le quantità e le qualità delle emissioni sono
deducibili dalle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate…”.
L’attività di panificazione per cui è causa rientra fra le attività a ridotto
inquinamento atmosferico di cui alla parte II dell’allegato IV alla parte V del
D.Lgs. n. 152/2006 (essendo prevista la lavorazione di 1500 kg. di farina al
giorno), per le quali è previsto il sistema della c.d. autorizzazione generale
(in sostanza, è stato confermato il meccanismo di cui all’art. 5 del DPR
25.7.1991). Nella Regione Puglia, l’autorizzazione generale è stata data con la
deliberazione di G.R. n. 1497/2002 (allegato n. 7 alla produzione documentale
della controinteressata del 16.11.2007), alla quale il sig. Di Candia si è
attenuto, come comprovato dalla autodichiarazione datata 20.8.2007. Né il
ricorrente ha provato che la Regione abbia adottato una nuova autorizzazione
generale, ai sensi del sopravvenuto D.Lgs. n. 152/2006, alla quale il sig. De
Candia non si sia attenuto;
- il locale risulta diviso in due aree (una adibita alla preparazione del
prodotto ed ai servizi igienici, l’altra alla vendita). Tenuto conto del fatto
che la vetrina del negozio ha una superficie di mq. 7,5 e che sopra il setto
divisorio vi è una superficie vetrata apribile di mq. 2,10 circa, risulta
sostanzialmente rispettato il rapporto minimo di cui all’art. 90, comma 2, del
Regolamento comunale d’igiene (norma che, come correttamente rilevato dall’ASL
ammette delle deroghe, laddove ciò sia reso necessario dalla tipologia
dell’attività svolta).
In base a quanto precede, anche in parte qua il ricorso e i motivi aggiunti
vanno respinti.
3.4. Passando quindi alle censure afferenti la presunta violazione dell’art. 4
della L. n. 248/2006 e il divieto per la controinteressata di svolgere – in
ragione della sua natura giuridica – l’attività di panificazione a livello
artigianale, il Collegio osserva che:
- anche per questa parte il ricorso introduttivo contiene censure inconferenti,
visto che la d.i.a. del 19.1.2007 riguardava solo gli aspetti edilizi;
- l’art. 4 del D.L. n. 223/2006, convertito nella L. n. 248/2006, prescrive
chiaramente che la dichiarazione di inizio dell’attività di panificazione (che
la norma, come è noto, ha liberalizzato) deve essere corredata anche del titolo
edilizio, per cui è evidente che il sig. Di Candia doveva acquisire l’assenso
edilizio prima di poter avviare la pratica relativa all’avvio del panificio;
- allo stesso modo, al momento della presentazione della d.i.a. edilizia, la
società controinteressata non doveva essere iscritta all’albo delle imprese
artigiane;
- nello statuto della società cooperativa Laerte non si rinviene il divieto di
svolgere attività artigianale;
- ai fini urbanistici, la nozione di attività artigianale non implica di
necessità che il titolare di quella certa attività sia iscritto all’albo delle
imprese artigiane (la nozione de qua essendo indispensabile solo al fine di
assicurare che in certe zone del territorio comunale non vengano allocate
attività produttive particolarmente impattanti, aventi cioè natura industriale);
- la vigente normativa non vieta alle società cooperative l’iscrizione all’albo
delle imprese artigiane;
- gli artt. 14 e 25 della L.R. pugliese n. 6/2005 puniscono con la sola sanzione
pecuniaria l’esercizio abusivo di attività artigiana da parte di imprese prive
dei prescritti requisiti per l'iscrizione all'Albo delle imprese artigiane
(l’art. 14, per la verità – il quale stabilisce che “1. L'iscrizione all'Albo o
alla separata sezione del medesimo ha carattere costitutivo ed è condizione
essenziale per la concessione delle agevolazioni previste a favore delle imprese
artigiane e loro consorzi.
2. Nessuna impresa, consorzio o società consortile può adottare, nella propria
insegna, ditta o marchio, una denominazione in cui ricorrano riferimenti
all'artigianato, se non siano iscritti all'Albo o nella separata sezione dello
stesso” – riconnette all’iscrizione all’albo la possibilità di accedere alle
agevolazioni previste in favore delle imprese artigiane e non anche il divieto,
per le imprese non iscritte all’albo, di svolgere attività artigianali).
3.5. Per quanto concerne, infine, gli aspetti che si sono definiti
“privatistici”, il Collegio ritiene di dover precisare che, in materia
urbanistico-edilizia (dove, per stessa previsione del vigente Codice civile, i
profili privatistici si intersecano con quelli pubblicistici), il Comune, in
sede di istruttoria attivata sull’istanza di rilascio di un titolo abilitativo,
è certamente chiamato ad occuparsi – incidenter tantum potrebbe dirsi – dei
profili privatistici, limitatamente a quelli che siano percepibili icto oculi e
con esclusione di quelli che attengono solo ed unicamente alla sfera
privatistica.
Per fare qualche esempio, si pensi all’interpretazione della norma di cui
all’art. 11, comma 1, del DPR n. 380/2001, nella parte in cui essa stabilisce
“Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi
abbia titolo per richiederlo”. Al riguardo, il Comune deve solo verificare se il
richiedente il titolo edilizio risulti, per tabulas, titolare di una posizione
giuridica che a ciò lo abiliti, senza quindi essere tenuto a verificare
l’esistenza di (o addirittura risolvere) controversie sulla proprietà
dell’immobile. Ancora, per quanto riguarda la disciplina condominiale, il Comune
è tenuto a verificare se, trattandosi di innovazioni (artt. 1108 e 1120 c.c.),
il richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione dell’assemblea, ma non anche le
questioni relative, ad esempio, alle immissioni, salvo che non vengano in
evidenza questioni relative alla salute pubblica o alla statica degli edifici.
Ora, nel caso di specie, il ricorrente sostiene che l’attività di panificazione
esercitata dal panificio del sig. Di Candia provoca, nell’appartamento di sua
proprietà, immissioni fastidiose, legate sia al fatto che l’impianto di
allontanamento degli odori utilizza una vecchia canna fumaria che scorre al lato
di una delle camere da letto dell’appartamento (provocando percezione olfattiva
fastidiosa e odori molesti di varia natura – vedasi sul punto la relazione di
parte a firma del perito industriale Brunone, allegata all’istanza di prelievo
depositata in data 11.6.2008), sia ai rumori notturni che provengono dal forno.
Questi aspetti debbono essere certamente verificati dal Comune e dall’ASL, ma
sempre nei limiti degli adempimenti burocratici previsti dalla legge ai fini
dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di panificazione. E a questo
proposito, come si è detto nel precedente punto 3.3., sia il Comune che l’ASL
Taranto hanno verificato la presenza, nel progetto presentato dal sig. Di Candia,
di tutta la documentazione tecnica prevista dalla legge (rapporto sul rumore,
autorizzazione per convogliamento in atmosfera delle emissioni, etc.).
Per quanto riguarda, in particolare, il problema della canna fumaria, si tratta
evidentemente di controversia meramente “condominiale”, atteso che la canna
fumaria era preesistente e che la stessa poteva logicamente essere utilizzata
dal proprietario del locale situato al piano terra dell’edificio.
Per quanto concerne le immissioni sonore e olfattive, invece, tenuto conto del
fatto che il ricorrente non ha provato la sussistenza di pericoli per la salute
pubblica, laddove le immissioni provocate dall’attività di panificazione gestita
dal sig. Di Candia dovessero superare la normale tollerabilità all’interno
dell’appartamento del sig. Lovecchio, quest’ultimo dovrà proporre azione davanti
al Giudice civile, ai sensi dell’art. 844 c.c.
4. Per quanto precede, il ricorso e i motivi aggiunti vanno rigettati.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese fra
le parti costituite.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Terza Sezione di Lecce,
respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce, l’8 gennaio 2009.
Antonio Cavallari, Presidente
Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore
Silvia Cattaneo, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/02/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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