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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
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TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 23 aprile 2009, n. 766
URBANISTICA ED EDILIZIA - Art. 9, c. 1, lett. b) d.P.R. n. 380/2001 -
Parametri edilizi richiesti per la realizzazione di interventi fuori dal
perimetro dei centri abitati privi di strumentazione urbanistica - Applicazione
congiunta. I due parametri edilizi previsti dall’art. 9, 1° comma lett. b)
del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 (densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi
per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, rapporto di
copertura non superiore ad un decimo dell’area di proprietà) devono essere
applicati in maniera congiunta agli interventi di nuova edificazione da
realizzarsi fuori dal perimetro dei centri abitati privi di strumentazione
urbanistica. L’interpretazione restrittiva della disposizione in oggetto deriva
dall’applicazione del prioritario canone dell’interpretazione letterale ad una
previsione legislativa che, utilizzando l’avverbio comunque nella formulazione
della parte finale della disposizione, sottolinea con forza il carattere
congiuntivo e non disgiuntivo dei due parametri edilizi. Pres. Ravalli, Est.
Viola - A.R.P. (avv. Fasiello) c. Comune di Lecce (avv.ti Astuto e Di Salvo).
T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II - 23/04/2009, n. 766
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00766/2009 REG.SEN.
N. 00247/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 247 del 2009, proposto da:
Anna Rita Potì, rappresentata e difesa dall'avv. Tommaso Fasiello, con domicilio
eletto presso Tommaso Fasiello in Lecce, via Zanardelli 7;
contro
Comune di Lecce, rappresentato e
difeso dagli avv. Laura Astuto, Maria Luisa De Salvo, con domicilio eletto
presso Maria Luisa De Salvo in Lecce, c/o Municipio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento di diniego del
permesso di costruire 10 dicembre 2008 prot. n. 152324/08 adottato dal Dirigente
dell’U.T.C. del Comune di Lecce; nonché di ogni atto preparatorio, connesso e/o
conseguenziale, ivi compresa la comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza ed il parere reso dall’Avvocatura comunale in data
28 aprile 2008 prot. n. 55979.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/03/2009 il dott. Luigi Viola e
uditi altresì, l’Avv. Fasiello per la ricorrente e l’Avv. Astuto per
l’Amministrazione comunale di Lecce;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente è proprietaria di un
lotto di terreno ubicato in Lecce tipizzato dallo strumento urbanistico vigente,
in parte, come F/33 ed in parte, come “Viabilità”.
Ritenendo ormai scaduto il vincolo urbanistico presente sull’area, presentava
all’Amministrazione comunale di Lecce istanza per il rilascio di permesso di
costruire per la realizzazione di un impianto a destinazione produttiva; il
relativo progetto era impostato sulla base di un parametro edilizio costituito
dalla necessità di non superare, nell’intervento di edificazione, una superficie
maggiore del decimo dell’area di proprietà, ai sensi della previsione dell’art.
9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380.
Con il provvedimento meglio specificato in epigrafe, l’istanza di rilascio di
permesso di costruire era rigettata dall’Amministrazione comunale di Lecce; la
ragione sostanziale del diniego era individuata, mediante richiamo della
comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza preventivamente
indirizzata a parte ricorrente, nel <<mancato rispetto, da parte
dell’intervento, di entrambi i limiti sanciti dalla disposizione soprarichiamata,
e cioè sua del limite della densità fondiaria massima pari a 0,03 mc per metro
quadrato, prescritto in via generale per tutte le nuove costruzioni, sia di
quello (a carattere speciale) riguardante i soli insediamenti produttivi, per i
quali viene fissato -in aggiunta al primo- l’ulteriore limite riguardante
l’utilizzo di una superficie che comunque non ecceda il decimo dell’area di
proprietà>>.
Il provvedimento di diniego di permesso di costruire era impugnato da parte
ricorrente, unitamente agli atti presupposti, per: 1) violazione e falsa
applicazione art. 9 d.p.r. 380/2001, erronea presupposizione in fatto e diritto,
irragionevolezza dell’azione amministrativa, eccesso di potere, violazione artt.
3, 42, 76 e 97 Cost.; 2) violazione e falsa applicazione art. 9 d.p.r. 380 del
2001 sotto altro profilo, irrazionalità, sviamento di potere.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione comunale di Lecce, controdeducendo
sul merito del ricorso.
All'udienza del 25 marzo 2009 il ricorso passava quindi in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve
pertanto essere respinto.
La Sezione ritiene, infatti, di poter condividere e fare proprio l’orientamento
interpretativo (ormai assolutamente prevalente in giurisprudenza) che ha
richiamato con forza la necessità di applicare in maniera congiunta agli
interventi di nuova edificazione da realizzarsi fuori dal perimetro dei centri
abitati privi di strumentazione urbanistica i due parametri edilizi (densità
massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a
destinazione produttiva, rapporto di copertura non superiore ad un decimo
dell’area di proprietà) previsti dall’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6
giugno 2001 n. 380.
Del resto, l’interpretazione restrittiva della disposizione in oggetto deriva
dall’applicazione del prioritario canone dell’interpretazione letterale ad una
previsione legislativa che, utilizzando l’avverbio comunque nella formulazione
della parte finale della disposizione, sottolinea con forza il carattere
congiuntivo e non disgiuntivo dei due parametri edilizi: <<seguendo un ordine
espositivo rigorosamente metodologico, occorre, anzitutto, individuare il canone
ermeneutico al quale deve obbedire l'attività esegetica di una disposizione
quale quella oggetto del presente scrutinio.
L'art. 12, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. preleggi)
chiarisce, al riguardo, con valenza vincolante per l'interprete, che alla norma
deve attribuirsi il senso fatto palese dalle parole usate dal legislatore,
secondo la loro connessione, e che resta, dunque, preclusa ogni interpretazione
che conduca all'attribuzione di un significato diverso da quello rivelato dalle
espressioni testuali contenute nella disposizione.
A tale regola deve, in particolare, assegnarsi valore generale e primario, nel
compimento dell'esegesi, nel senso che la stessa dev’essere applicata quale
primo canone ermeneutico e che gli altri criteri interpretativi (che si fondano
sulla ricerca dell'intenzione del legislatore, sull'indagine logica del
significato del precetto e sulla sua armonizzazione sistematica) devono
intendersi sussidiari e recessivi (e, cioè, utilizzabili solo nell'ipotesi in
cui il criterio letterale si riveli, di per sé, insufficiente, in quanto, ad
esempio, il dato testuale resta ambiguo ed equivoco)… In coerenza con il metodo
appena illustrato, riassunto nel celebre brocardo in claris non fit
interpretatio, risulta, allora, agevole rilevare che la formulazione
testuale della disposizione in esame impone una sua lettura che esiga il
necessario concorso di entrambi i limiti dettagliati alla lett.b). L'uso del
punto e virgola tra il primo ed il secondo periodo della disposizione indica, in
particolare, in maniera chiara, che l'ipotesi contemplata nella seconda parte
(e, cioè, il caso di interventi a destinazione produttiva) rinviene una parte
della sua regolamentazione nella disciplina contenuta in quella che precede il
segno di interpunzione (altrimenti le due frasi sarebbero state staccate da un
punto). Ma, soprattutto, l'uso dell'avverbio "comunque" rivela in modo palese ed
univoco che il secondo limite viene stabilito in aggiunta, e non in alternativa,
al primo parametro (restando, altrimenti, del tutto privo di senso il suo
utilizzo). L’analisi del dato testuale della disposizione rivela, in definitiva,
la soggezione degli interventi contemplati nella sua ultima parte sia al limite
(generale) prescritto dalla prima frase per tutti gli interventi, sia a quello
(speciale) riferito, nella seconda frase, ai soli insediamenti produttivi, che
(così va letta la norma) oltre a rispettare l'indice volumetrico, non possono,
in ogni caso, eccedere l’ulteriore vincolo dell’utilizzo di una superficie
superiore a un decimo dell'area di proprietà>> (Consiglio Stato, sez. IV, 19
giugno 2006, n. 3658; 22 giugno 2006, n. 3872; 5 febbraio 2009 n. 1603).
Per completezza espositiva, la Sezione non può poi mancare di rilevare come,
anche ove si dovesse ritenere ammissibile il ricorso all’interpretazione
sistematica della disposizione prospettato da parte ricorrente, il risultato non
cambierebbe ed occorrerebbe riaffermare comunque il carattere congiuntivo dei
due limiti previsti dall’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n.
380. Il riferimento alla sostanziale inutilità del limite di copertura del
decimo dell’area di proprietà nell’ipotesi di interventi a destinazione
produttiva (limite che sarebbe comunque assorbito dal più restrittivo limite di
densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro, che troverebbe
pratica espressione in un rapporto di copertura pari a circa un centesimo
dell’area di proprietà) proposto da parte ricorrente, non considera, infatti, un
dato normativo fondamentale costituito dall’eterogeneità dei due parametri
costruttivi che riguardano, da un lato, il rapporto di copertura (il decimo
dell’area di proprietà) e, dall’altro, la volumetria realizzabile sull’area
(pari a 0,03 metri cubi per metro quadrato); una volta ammessa la sostanziale
eterogeneità dei parametri edilizi in discorso, è quindi abbastanza facile
rilevare come si sia in presenza di una normale ipotesi in cui l’applicazione di
un parametro di edificazione rende praticamente impossibile la realizzazione di
una edificazione che, solo in astratto, sembrerebbe essere permessa
dall’applicazione degli altri parametri edilizi applicabili all’area (ipotesi
che si verifica continuamente in materia edilizia, ove l’applicazione di un
parametro relativo alle distanze, al rapporto di copertura, ecc. può rendere
praticamente irrealizzabili interventi che sembrerebbero trovare ampia copertura
negli altri parametri edilizi applicabili all’area); non è poi possibile
escludere che, in particolari ipotesi-limite (interventi che, secondo il
regolamento edilizio vigente, con costituiscono volumetria o sono valutati in
termini volumetrici dimidiati o comunque ridotti), i due parametri edilizi
possano trovare congiunta applicazione in una prospettiva concreta che non
escluda l’edificazione.
La soluzione in discorso è poi perfettamente in linea con la nostra
strutturazione costituzionale e non necessità di quella interpretazione
correttiva costituzionalmente orientata proposta da parte ricorrente.
In primo luogo, deve, infatti, rilevarsi come, nella fattispecie, la soluzione
in discorso costituisca la risultante di un bilanciamento di interessi tra la
tutela del diritto di proprietà e del diritto all’iniziativa economica e gli
importanti interessi tutelati che sono a base della disciplina dell’uso del
territorio; in questa prospettiva, la compressione del diritto di proprietà
derivante dall’adesione all’interpretazione più restrittiva non può sicuramente
essere considerata eccessiva, in considerazione della natura <<eccezionale e
transeunte>> (Cass. civ., sez. I, 28 aprile 2006, n. 9858; 13 febbraio 2004, n.
2781) della fattispecie (destinata a trovare applicazione solo nelle ipotesi in
cui manchi o sia decaduta la pianificazione urbanistica dell’area) e degli
effetti gravemente pregiudizievoli per il territorio che deriverebbero
dall’applicazione della soluzione interpretativa proposta da parte ricorrente; è
poi quasi superfluo rammentare come l’interesse dei proprietari
all’utilizzazione edificatoria dell’area non sia definitivamente precluso,
potendo trovare considerazione in sede di riqualificazione urbanistica dell’area
(opzione che permette l’equilibrata considerazione di tutti gli interessi in
gioco e che può essere agevolmente sperimentata, anche mediante utilizzazione
dei tradizionali meccanismi del silenzio rifiuto, in ipotesi di inerzia da parte
dell’amministrazione).
In secondo luogo, deve poi rilevarsi come l’attuale formulazione dell’art. 9, 1°
comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 sia sostanzialmente in linea con
l’interpretazione che, della previgente previsione dell’art. 4, ult. comma della
l. 28 gennaio 1977, n. 10 aveva dato la parte della giurisprudenza
amministrativa (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 aprile 2006, n. 2877) che, ad
avviso della Sezione, è maggiormente in linea con la formulazione letterale
della disposizione; in questa prospettiva ricostruttiva, è quindi evidente come
non possa neanche parlarsi di valore innovativo della previsione dell’art. 9, 1°
comma lett. b) del d.p.r. 380 del 2001 e di un preteso eccesso di delega
rispetto alle previsioni normative che hanno previsto l’emanazione del testo
unico in materia di edilizia.
In definitiva, il ricorso deve pertanto essere rigettato; il rigetto del ricorso
rende superflua ogni considerazione in ordine al regime giuridico dell’area (ed
alla scadenza del vincolo sussistente sulla stessa) ed all’eventuale
ricomprensione del terreno in discorso all’interno della perimetrazione del
centro abitato adottata con delibera C.C. Lecce 21 aprile 2008 n. 32.
Sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra
le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo
regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul
ricorso in premessa lo respinge, come da motivazione.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 25/03/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Aldo Ravalli, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Referendario
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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