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TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 23 aprile 2009, n. 766


URBANISTICA ED EDILIZIA - Art. 9, c. 1, lett. b) d.P.R. n. 380/2001 - Parametri edilizi richiesti per la realizzazione di interventi fuori dal perimetro dei centri abitati privi di strumentazione urbanistica - Applicazione congiunta. I due parametri edilizi previsti dall’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 (densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, rapporto di copertura non superiore ad un decimo dell’area di proprietà) devono essere applicati in maniera congiunta agli interventi di nuova edificazione da realizzarsi fuori dal perimetro dei centri abitati privi di strumentazione urbanistica. L’interpretazione restrittiva della disposizione in oggetto deriva dall’applicazione del prioritario canone dell’interpretazione letterale ad una previsione legislativa che, utilizzando l’avverbio comunque nella formulazione della parte finale della disposizione, sottolinea con forza il carattere congiuntivo e non disgiuntivo dei due parametri edilizi. Pres. Ravalli, Est. Viola - A.R.P. (avv. Fasiello) c. Comune di Lecce (avv.ti Astuto e Di Salvo). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II - 23/04/2009, n. 766
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00766/2009 REG.SEN.
N. 00247/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
 


ha pronunciato la seguente
 


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 247 del 2009, proposto da:
Anna Rita Potì, rappresentata e difesa dall'avv. Tommaso Fasiello, con domicilio eletto presso Tommaso Fasiello in Lecce, via Zanardelli 7;
 

contro
 

Comune di Lecce, rappresentato e difeso dagli avv. Laura Astuto, Maria Luisa De Salvo, con domicilio eletto presso Maria Luisa De Salvo in Lecce, c/o Municipio;
 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,
 

del provvedimento di diniego del permesso di costruire 10 dicembre 2008 prot. n. 152324/08 adottato dal Dirigente dell’U.T.C. del Comune di Lecce; nonché di ogni atto preparatorio, connesso e/o conseguenziale, ivi compresa la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ed il parere reso dall’Avvocatura comunale in data 28 aprile 2008 prot. n. 55979.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/03/2009 il dott. Luigi Viola e uditi altresì, l’Avv. Fasiello per la ricorrente e l’Avv. Astuto per l’Amministrazione comunale di Lecce;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO
 

La ricorrente è proprietaria di un lotto di terreno ubicato in Lecce tipizzato dallo strumento urbanistico vigente, in parte, come F/33 ed in parte, come “Viabilità”.

Ritenendo ormai scaduto il vincolo urbanistico presente sull’area, presentava all’Amministrazione comunale di Lecce istanza per il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione di un impianto a destinazione produttiva; il relativo progetto era impostato sulla base di un parametro edilizio costituito dalla necessità di non superare, nell’intervento di edificazione, una superficie maggiore del decimo dell’area di proprietà, ai sensi della previsione dell’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380.

Con il provvedimento meglio specificato in epigrafe, l’istanza di rilascio di permesso di costruire era rigettata dall’Amministrazione comunale di Lecce; la ragione sostanziale del diniego era individuata, mediante richiamo della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza preventivamente indirizzata a parte ricorrente, nel <<mancato rispetto, da parte dell’intervento, di entrambi i limiti sanciti dalla disposizione soprarichiamata, e cioè sua del limite della densità fondiaria massima pari a 0,03 mc per metro quadrato, prescritto in via generale per tutte le nuove costruzioni, sia di quello (a carattere speciale) riguardante i soli insediamenti produttivi, per i quali viene fissato -in aggiunta al primo- l’ulteriore limite riguardante l’utilizzo di una superficie che comunque non ecceda il decimo dell’area di proprietà>>.

Il provvedimento di diniego di permesso di costruire era impugnato da parte ricorrente, unitamente agli atti presupposti, per: 1) violazione e falsa applicazione art. 9 d.p.r. 380/2001, erronea presupposizione in fatto e diritto, irragionevolezza dell’azione amministrativa, eccesso di potere, violazione artt. 3, 42, 76 e 97 Cost.; 2) violazione e falsa applicazione art. 9 d.p.r. 380 del 2001 sotto altro profilo, irrazionalità, sviamento di potere.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione comunale di Lecce, controdeducendo sul merito del ricorso.

All'udienza del 25 marzo 2009 il ricorso passava quindi in decisione.
 

DIRITTO
 

Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.

La Sezione ritiene, infatti, di poter condividere e fare proprio l’orientamento interpretativo (ormai assolutamente prevalente in giurisprudenza) che ha richiamato con forza la necessità di applicare in maniera congiunta agli interventi di nuova edificazione da realizzarsi fuori dal perimetro dei centri abitati privi di strumentazione urbanistica i due parametri edilizi (densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, rapporto di copertura non superiore ad un decimo dell’area di proprietà) previsti dall’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380.

Del resto, l’interpretazione restrittiva della disposizione in oggetto deriva dall’applicazione del prioritario canone dell’interpretazione letterale ad una previsione legislativa che, utilizzando l’avverbio comunque nella formulazione della parte finale della disposizione, sottolinea con forza il carattere congiuntivo e non disgiuntivo dei due parametri edilizi: <<seguendo un ordine espositivo rigorosamente metodologico, occorre, anzitutto, individuare il canone ermeneutico al quale deve obbedire l'attività esegetica di una disposizione quale quella oggetto del presente scrutinio.

L'art. 12, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. preleggi) chiarisce, al riguardo, con valenza vincolante per l'interprete, che alla norma deve attribuirsi il senso fatto palese dalle parole usate dal legislatore, secondo la loro connessione, e che resta, dunque, preclusa ogni interpretazione che conduca all'attribuzione di un significato diverso da quello rivelato dalle espressioni testuali contenute nella disposizione.

A tale regola deve, in particolare, assegnarsi valore generale e primario, nel compimento dell'esegesi, nel senso che la stessa dev’essere applicata quale primo canone ermeneutico e che gli altri criteri interpretativi (che si fondano sulla ricerca dell'intenzione del legislatore, sull'indagine logica del significato del precetto e sulla sua armonizzazione sistematica) devono intendersi sussidiari e recessivi (e, cioè, utilizzabili solo nell'ipotesi in cui il criterio letterale si riveli, di per sé, insufficiente, in quanto, ad esempio, il dato testuale resta ambiguo ed equivoco)… In coerenza con il metodo appena illustrato, riassunto nel celebre brocardo in claris non fit interpretatio, risulta, allora, agevole rilevare che la formulazione testuale della disposizione in esame impone una sua lettura che esiga il necessario concorso di entrambi i limiti dettagliati alla lett.b). L'uso del punto e virgola tra il primo ed il secondo periodo della disposizione indica, in particolare, in maniera chiara, che l'ipotesi contemplata nella seconda parte (e, cioè, il caso di interventi a destinazione produttiva) rinviene una parte della sua regolamentazione nella disciplina contenuta in quella che precede il segno di interpunzione (altrimenti le due frasi sarebbero state staccate da un punto). Ma, soprattutto, l'uso dell'avverbio "comunque" rivela in modo palese ed univoco che il secondo limite viene stabilito in aggiunta, e non in alternativa, al primo parametro (restando, altrimenti, del tutto privo di senso il suo utilizzo). L’analisi del dato testuale della disposizione rivela, in definitiva, la soggezione degli interventi contemplati nella sua ultima parte sia al limite (generale) prescritto dalla prima frase per tutti gli interventi, sia a quello (speciale) riferito, nella seconda frase, ai soli insediamenti produttivi, che (così va letta la norma) oltre a rispettare l'indice volumetrico, non possono, in ogni caso, eccedere l’ulteriore vincolo dell’utilizzo di una superficie superiore a un decimo dell'area di proprietà>> (Consiglio Stato, sez. IV, 19 giugno 2006, n. 3658; 22 giugno 2006, n. 3872; 5 febbraio 2009 n. 1603).

Per completezza espositiva, la Sezione non può poi mancare di rilevare come, anche ove si dovesse ritenere ammissibile il ricorso all’interpretazione sistematica della disposizione prospettato da parte ricorrente, il risultato non cambierebbe ed occorrerebbe riaffermare comunque il carattere congiuntivo dei due limiti previsti dall’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380. Il riferimento alla sostanziale inutilità del limite di copertura del decimo dell’area di proprietà nell’ipotesi di interventi a destinazione produttiva (limite che sarebbe comunque assorbito dal più restrittivo limite di densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro, che troverebbe pratica espressione in un rapporto di copertura pari a circa un centesimo dell’area di proprietà) proposto da parte ricorrente, non considera, infatti, un dato normativo fondamentale costituito dall’eterogeneità dei due parametri costruttivi che riguardano, da un lato, il rapporto di copertura (il decimo dell’area di proprietà) e, dall’altro, la volumetria realizzabile sull’area (pari a 0,03 metri cubi per metro quadrato); una volta ammessa la sostanziale eterogeneità dei parametri edilizi in discorso, è quindi abbastanza facile rilevare come si sia in presenza di una normale ipotesi in cui l’applicazione di un parametro di edificazione rende praticamente impossibile la realizzazione di una edificazione che, solo in astratto, sembrerebbe essere permessa dall’applicazione degli altri parametri edilizi applicabili all’area (ipotesi che si verifica continuamente in materia edilizia, ove l’applicazione di un parametro relativo alle distanze, al rapporto di copertura, ecc. può rendere praticamente irrealizzabili interventi che sembrerebbero trovare ampia copertura negli altri parametri edilizi applicabili all’area); non è poi possibile escludere che, in particolari ipotesi-limite (interventi che, secondo il regolamento edilizio vigente, con costituiscono volumetria o sono valutati in termini volumetrici dimidiati o comunque ridotti), i due parametri edilizi possano trovare congiunta applicazione in una prospettiva concreta che non escluda l’edificazione.

La soluzione in discorso è poi perfettamente in linea con la nostra strutturazione costituzionale e non necessità di quella interpretazione correttiva costituzionalmente orientata proposta da parte ricorrente.

In primo luogo, deve, infatti, rilevarsi come, nella fattispecie, la soluzione in discorso costituisca la risultante di un bilanciamento di interessi tra la tutela del diritto di proprietà e del diritto all’iniziativa economica e gli importanti interessi tutelati che sono a base della disciplina dell’uso del territorio; in questa prospettiva, la compressione del diritto di proprietà derivante dall’adesione all’interpretazione più restrittiva non può sicuramente essere considerata eccessiva, in considerazione della natura <<eccezionale e transeunte>> (Cass. civ., sez. I, 28 aprile 2006, n. 9858; 13 febbraio 2004, n. 2781) della fattispecie (destinata a trovare applicazione solo nelle ipotesi in cui manchi o sia decaduta la pianificazione urbanistica dell’area) e degli effetti gravemente pregiudizievoli per il territorio che deriverebbero dall’applicazione della soluzione interpretativa proposta da parte ricorrente; è poi quasi superfluo rammentare come l’interesse dei proprietari all’utilizzazione edificatoria dell’area non sia definitivamente precluso, potendo trovare considerazione in sede di riqualificazione urbanistica dell’area (opzione che permette l’equilibrata considerazione di tutti gli interessi in gioco e che può essere agevolmente sperimentata, anche mediante utilizzazione dei tradizionali meccanismi del silenzio rifiuto, in ipotesi di inerzia da parte dell’amministrazione).

In secondo luogo, deve poi rilevarsi come l’attuale formulazione dell’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 sia sostanzialmente in linea con l’interpretazione che, della previgente previsione dell’art. 4, ult. comma della l. 28 gennaio 1977, n. 10 aveva dato la parte della giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 aprile 2006, n. 2877) che, ad avviso della Sezione, è maggiormente in linea con la formulazione letterale della disposizione; in questa prospettiva ricostruttiva, è quindi evidente come non possa neanche parlarsi di valore innovativo della previsione dell’art. 9, 1° comma lett. b) del d.p.r. 380 del 2001 e di un preteso eccesso di delega rispetto alle previsioni normative che hanno previsto l’emanazione del testo unico in materia di edilizia.

In definitiva, il ricorso deve pertanto essere rigettato; il rigetto del ricorso rende superflua ogni considerazione in ordine al regime giuridico dell’area (ed alla scadenza del vincolo sussistente sulla stessa) ed all’eventuale ricomprensione del terreno in discorso all’interno della perimetrazione del centro abitato adottata con delibera C.C. Lecce 21 aprile 2008 n. 32.

Sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa lo respinge, come da motivazione.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 25/03/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Aldo Ravalli, Presidente

Luigi Viola, Consigliere, Estensore

Massimo Santini, Referendario

IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/04/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO
 


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