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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549
INQUINAMENTO - Procedimento di bonifica - Provvedimento conclusivo - natura -
Atto di indirizzo politico - Esclusione - Atto di natura gestionale - Competenza
dirigenziale. Il procedimento di bonifica, per sua natura, è attività di
contenuto “tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al solo fine di ricondurre la
situazione ambientale nell'ambito di parametri di sicurezza prefissati dal
legislatore, per cui deve escludersi che la stessa possa essere influenzata da
valutazioni che involgano “l'indirizzo politico” (cfr. T.A.R. Lombardia,
Brescia, 11 ottobre 2007, n. 1278). Ne consegue che il provvedimento di
approvazione della conferenza di servizi deve inquadrarsi nell’ambito degli atti
di natura gestionale, la cui competenza è attribuita ai dirigenti, ai sensi
dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001: l’Amministrazione procedente non può infatti
che basare le proprie valutazioni (discrezionali sì, ma non certamente
politiche) alle risultanze e valutazioni tecniche della conferenza di servizi.
Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato),
Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II
- 21 aprile 2009, n. 549
INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 -
Allegato III al Titolo V - Protocolli operativi - Previsioni normative
funzionali - Obiettivo - Isolamento delle sorgenti di inquinamento dagli
obiettivi sensibili - Misure da adottare - Discrezionalità amministrativa.
L’attività di messa in sicurezza permanente trova definizione all’art. 240,
lett. 0), del dlgs. 152/2006 e ai protocolli operativi contenuti nell’Allegato
III al Titolo V dello stesso d.lgs., ove sono contenute tanto indicazioni di
carattere generale quanto modalità operative specificamente relative alla messa
in sicurezza permanente. Tali previsioni normative, a prescindere da un’analisi
di dettaglio, definiscono la messa in sicurezza permanente in chiave
sostanzialmente funzionale, nel senso che descrivono solo in generale le
modalità operative, per concentrarsi essenzialmente sugli obiettivi che la
misura deve perseguire. Il legislatore richiede, in particolare, che, all’esito
della messa in sicurezza permanente, le sorgenti di possibile inquinamento
risultino effettivamente isolate rispetto ai potenziali obiettivi sensibili.
Deve, quindi ritenersi che tale disciplina lasci all’Amministrazione ampia
discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute necessarie alla luce
delle caratteristiche del sito e delle aree circostanti, e la vincoli, soltanto,
a perseguire l’obiettivo di una effettiva e completa messa in sicurezza degli
stessi. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c.
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv.
Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA,
Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549
INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 242 d.lgs. n. 152/2006 -
Scansione procedimentale - Mancata approvazione dell’analisi di rischio -
Prescrizioni per la messa in sicurezza - Possibilità. Se è vero che l’art.
242 d.lgs. 152/2006 prevede una scansione procedimentale che si articola nelle
procedure di caratterizzazione, elaborazione dell’analisi di rischio e
predisposizione del progetto di messa in sicurezza permanente del sito, ciò non
significa che quest’ultimo non possa essere disposto prima di una formale
elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei casi, come quello in esame, ove abbia
esaminato il relativo documento e non l’abbia condiviso nei suoi contenuti,
l’Amministrazione ben potrà formulare, comunque, le proprie prescrizioni per la
messa in sicurezza permanente del sito, tenendo conto, ovviamente, anche di ciò
che risulta dal documento di analisi che ha esaminato e non approvato. Ciò che
rileva è, in definitiva, che le misure di messa in sicurezza permanente siano
ricollegate ad un obiettivo stato di inquinamento, puntualmente accertato. Pres.
Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato),
Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II
- 21 aprile 2009, n. 549
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nel corso del procedimento di
bonifica - Natura di rifiuto liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e scarico -
Differenza - Disciplina comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto - Art. 243
d.lgs. n. 152/2006 - Regime derogatorio - Inconfigurabilità. Secondo
l’insegnamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa e penale, la
presenza di uno iato - materiale e temporale - tra la fase di emungimento e
quella di trattamento già di per sé depone per la qualificabilità delle acque in
termini di “rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa nozione di “scarico”
ontologicamente implica la sussistenza di una continuità tra la fase di
“generazione” del refluo e quella della sua “immissione” nel corpo recettore,
mentre l’esistenza di una fase intermedia, in cui le acque sono stoccate in
attesa della loro destinazione finale, richiama direttamente i noti concetti di
“trattamento” e “smaltimento”, tipici della disciplina dei rifiuti. Ma, anche a
prescindere da queste considerazioni di ordine generale, le acque emunte da una
falda inquinata rientrano a buon diritto nella nozione comunitaria e nazionale
di “rifiuto liquido”. Detta nozione è, infatti, elastica e comprensiva di
qualunque sostanza, non più direttamente utilizzabile, idonea ad arrecare un
danno all’ambiente, come si evince, in primo luogo, dal tenore della disciplina
comunitaria vigente, dettata da ultimo dall’art. 1, lett. a), della Direttiva
2006/12/CE (cfr. altresì la sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 settembre
2004, in causa C-103 Van de Walle e a.). Tale impostazione trova ulteriore
riscontro nella definizione di bonifica recata dall'art. 2, comma 1, lettera e),
del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva normativa di settore): tale
definizione conferma che i limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999 sono
riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra
l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”. Né la tesi trova
smentita nella nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui lettura
complessiva depone per il sostanziale favor del legislatore nazionale - sulla
falsariga delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario - ad una
notevole estensione del concetto di “rifiuto liquido”, quanto meno laddove
sussistano i “requisiti sostanziali” della non riutilizzabilità e della
potenzialità inquinante. Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che
devono leggersi le disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs. 152/2006: non è
condivisibile quindi, per le ragioni esposte ed anche in base al generale
principio di prevenzione e cautela, la tesi secondo cui tale disposizione
avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per finalità di
disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale disciplina dei
rifiuti liquidi. Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della
particolare natura delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate
allo smaltimento senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da
ordinari cicli produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile
l’omologazione ai reflui industriali, come definiti chiaramente dal comma 1,
lett. h), dell’art. 74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove
accolta comporterebbe il contrasto della normativa nazionale con la vigente
disciplina comunitaria, con inevitabile disapplicazione della prima. Pres.
Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato),
Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II
- 21 aprile 2009, n. 549
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.N. 00549/2009 REG.SEN.
N. 00946/2006 REG.RIC.
N. 00531/2007 REG.RIC.
N. 00602/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 946 del 2006, proposto da:
Syndial s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Benedetto Ballero e Stefano
Grassi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, corso
Vittorio Emanuele n.76;
contro
- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente
domiciliato;
- Dirigente del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
e Responsabile della Direzione Qualità della Vita, Divisione IX, non costituiti
in giudizio;
- Direzione per la Gestione dei Rifiuti per le Bonifiche - Divisione
Programmazione R.I.B.O., del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, non costituito in giudizio;
- Ministero dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via
Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero delle Infrastrutture, rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Locale Marittimo di Portoscuso, rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Sant’Antioco, rappresentato e difeso per
legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici,
in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comando Generale delle Capitanerie di Porto e Reparto Ambientale Marino del
Corpo delle Capitanerie di Porto, rappresentati e difesi per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- ISPESL, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Lavoro, rappresentato e
difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i
cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Provincia di Oristano, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Bardi,
dell’Ufficio Legale dell’Ente, elettivamente domiciliata presso lo studio
dell’avv. Stefano Piras, in Cagliari, via Garibaldi n. 18;
- Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Franceschi,
elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n. 33;
- Provveditorato Regionale ed Interregionale del Lazio, Abruzzo e Sardegna del
Ministero delle Infrastrutture, non costituito in giudizio;
- Ministero della Salute, non costituito in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute, non costituito in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in
giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dei Trasporti, S.I.I.T. del Lazio, Abruzzo
e Sardegna, Settore Trasporti, non costituito in giudizio;
- Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato dell’Igiene Sanità ed Assistenza
Sociale, Assessorato Regionale all’Industria, Assessorato Regionale alla Difesa
Ambiente, Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici, Servizio Genio Civile di
Cagliari, non costituiti in giudizio;
- Provincia di Cagliari, Assessorato all’Ambiente e Difesa del Territorio,
Settore Ecologia, non costituiti in giudizio;
- Provincia del Medio Campidano, non costituita in giudizio;
- Provincia di Carbonia-Iglesias, non costituita in giudizio;
- Istituto Superiore di Sanità; non costituito in giudizio;
- Comune di Cagliari, Area Gestione del Territorio, non costituito in giudizio;
-Comune di Arborea, Comune di Assemini, Comune di Buggerru, Comune di Calasetta,
Comune di Capoterra, Comune di Carbonia, Comune di Carloforte, Comune di Domus
De Maria, Comune di Domusnovas, Comune di Fluminimaggiore, Comune di Giba,
Comune di Gonnesa, Comune di Gonnosfanadiga, Comune di Guspini, Comune di
Iglesias, Comune di Masainas, Comune di Musei, Comune di Narcao, Comune di Nuxis,
Comune di Pabillonis, Comune di Perdaxius, Comune di Piscinas, Comune di Pula,
Comune di San Gavino Monreale, Comune di San Giovanni Suergiu, Comune di Santadi,
Comune di Sant'Anna Arresi, Comune di Sant'Antioco, Comune di Sarroch, Comune di
Siliqua, Comune di Terralba, Comune di Teulada, Comune di Tratalias, Comune di
Uta, Comune di Vallermosa, Comune di Villa San Pietro, Comune di Villacidro,
Comune di Villamassargia, Comune di Villaperuccio, Comune di Elmas, Comune di
Arbus, non costituiti in giudizio;
- Autorità Portuale di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Capitaneria di Porto di Cagliari, Capitaneria di Porto di Portoscuso,
Capitaneria di Porto di Sant'Antioco, Capitaneria di Porto di Oristano, non
costituite in giudizio;
- Agenzia per la Protezione Ambientale della Sardegna, non costituita in
giudizio;
- Azienda A.S.L. n. 8 di Cagliari, Servizio Igiene Pubblica, non costituita in
giudizio;
- Azienda U.S.L. N. 7 di Carbonia, non costituita in giudizio;
- Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 8 di
Cagliari, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 7, non costituito
in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Portoscuso, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Oristano, non costituito in giudizio;
- APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici,
Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d’Italia, Servizio Tecnologie
del Sito e Siti Contaminati, non costituiti in giudizio;
- ENEA, Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, non costituito in
giudizio;
- ICRAM, Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e la Tecnologia Applicata
al Mare, non costituito in giudizio;
- Consorzio Nucleo Industriale del Sulcis Iglesiente (CNISI), Consorzio per
l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari (CASIC), non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Polimeri Europa s.p.a., non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 531 del 2007, proposto da:
Syndial s.p.a., rappresentato e difeso dagli avv. Benedetto Ballero e Stefano
Grassi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, corso
Vittorio Emanuele n. 76;
contro
- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione
Generale Qualità della Vita, Divisione IX, rappresentati e difesi per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- Ministero dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via
Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero delle Infrastrutture, Provveditorato Regionale ed Interregionale del
Lazio, Abruzzo e Sardegna, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via
Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- ISPESL, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Lavoro, rappresentato e
difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i
cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Locale Marittimo di Portoscuso, rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Sant’Antioco, rappresentato e difeso per
legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici,
in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comando Generale delle Capitanerie di Porto e Reparto Ambientale Marino del
Corpo delle Capitanerie di Porto, rappresentati e difesi per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- Capitaneria di Porto di Oristano, rappresentata e difesa per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliata;
- Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Franceschi,
elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n. 33;
- Ministero della Salute, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via
Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Capitaneria di Porto di Oristano, rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute, S.I.I.T. del Lazio, Abruzzo e
Sardegna, Settore Trasporti, non costituito in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in
giudizio;
- Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato dell’Igiene Sanità ed Assistenza
Sociale, Assessorato Regionale all’Industria, Assessorato Regionale alla Difesa
Ambiente, Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici, Servizio Genio Civile di
Cagliari, non costituiti in giudizio;
- Provincia di Cagliari, Assessorato all’Ambiente e Difesa del Territorio,
Settore Ecologia, non costituiti in giudizio;
- Provincia del Medio Campidano, non costituita in giudizio;
- Provincia di Carbonia-Iglesias, non costituita in giudizio;
- Provincia di Oristano, non costituita in giudizio;
- Comune di Cagliari, Area Gestione del Territorio, non costituiti in giudizio;
- Comune di Arbus, Comune di Arborea, Comune di Assemini, Comune di Buggerru,
Comune di Calasetta, Comune di Capoterra, Comune di Carbonia, Comune di
Carloforte, Comune di Domus De Maria, Comune di Domusnovas, Comune di Elmas,
Comune di Fluminimaggiore, Comune di Giba, Comune di Gonnesa, Comune di
Gonnosfanadiga, Comune di Guspini, Comune di Iglesias, Comune di Masainas,
Comune di Musei, Comune di Narcao, Comune di Nuxis, Comune di Pabillonis, Comune
di Perdaxius, Comune di Piscinas, Comune di Pula, Comune di San Gavino Monreale,
Comune di San Giovanni Suergiu, Comune di Santadi, Comune di Sant'Anna Arresi,
Comune di Sant'Antioco, Comune di Sarroch, Comune di Siliqua, Comune di
Terralba, Comune di Teulada, Comune di Tratalias, Comune di Uta, Comune di
Vallermosa, Comune di Villa San Pietro, Comune di Villacidro, Comune di
Villamassargia, Comune di Villaperuccio, non costituiti in giudizio;
- Autorità Portuale di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Capitaneria di Porto di Cagliari, Capitaneria di Porto di Portoscuso,
Capitaneria di Porto di Sant'Antioco, non costituite in giudizio;
- Agenzia per la Protezione Ambientale della Sardegna, non costituita in
giudizio;
- Azienda A.S.L. n. 8 di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Azienda U.S.L. N. 7 di Carbonia, non costituita in giudizio;
- Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 8 di
Cagliari, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 7, non costituito
in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Portoscuso, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Oristano, non costituito in giudizio;
- APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici,
Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d’Italia, Servizio Tecnologie
del Sito e Siti Contaminati, non costituiti in giudizio;
- ENEA, Ente per le Nuove Tecnologie, l’energia e l’ambiente, non costituito in
giudizio;
- ICRAM, Istituto Centrale per la ricerca Scientifica e la Tecnologia Applicata
al Mare, non costituito in giudizio;
- Istituto Superiore di Sanità; non costituito in giudizio;
- Consorzio Nucleo Industriale del Sulcis Iglesiente (CNISI), Consorzio per
l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari (CASIC), Consorzio di Bonifica della
Sardegna Meridionale, Consorzio per la Zona Industriale d’Interesse Regionale di
Iglesias, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Polimeri Europa s.p.a., non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 602 del 2008, proposto da:
Syndial s.p.a., rappresentata e difeso dagli avv. Benedetto Ballero e Stefano
Grassi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, corso
Vittorio Emanuele n. 76;
contro
- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente
domiciliato;
- Direzione Generale Qualità della Vita, Divisione IX, Direzione per la Gestione
dei Rifiuti e per le Bonifiche, Divisione Programmazione R.I.B.O., del Ministero
dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, non costituiti in
giudizio;
- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso per
legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici,
in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Provveditorato Regionale ed Interregionale del Lazio, Abruzzo e Sardegna del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, rappresentato e
difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i
cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali, non costituito in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in
giudizio;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Portoscuso, rappresentato e difeso per
legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici,
in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Sant’Antioco, rappresentato e difeso per
legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici,
in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comando Generale delle Capitanerie di Porto e Reparto Ambientale Marino del
Corpo delle Capitanerie di Porto, rappresentati e difesi per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- Capitaneria di Porto di Oristano, rappresentata e difesa per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliata;
- Capitaneria di Porto di Cagliari, rappresentata e difesa per legge
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in
Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliata;
- Provincia di Oristano, non costituita in giudizio;
- ISPESL, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Lavoro, rappresentato e
difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i
cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Franceschi,
elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n. 33;
- Provincia di Cagliari, rappresentata e difesa dall’avv. Simonetta Garbati
dell’ufficio Legale dell’Ente, elettivamente domiciliata presso il medesimo
Ufficio, in Cagliari, viale Ciusa n. 21;
- Assessorato all’Ambiente e Difesa del territorio, Settore Ecologia, della
Provincia di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute, S.I.I.T. del Lazio, Abruzzo e
Sardegna, Settore Trasporti, non costituito in giudizio;
- Agenzia del Demanio, non costituita in giudizio;
- Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato dell’Igiene Sanità ed Assistenza
Sociale, Assessorato Regionale all’Industria, Assessorato Regionale alla Difesa
Ambiente, Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici, Servizio Genio Civile di
Cagliari, non costituiti in giudizio;
- Provincia del Medio Campidano, non costituita in giudizio;
- Provincia di Carbonia-Iglesias, non costituita in giudizio;
- Comune di Cagliari, Area Gestione del Territorio, non costituito in giudizio;
- Comune di Arborea, Comune di Arbus, Comune di Assemini, Comune di Buggerru,
Comune di Calasetta, Comune di Capoterra, Comune di Carbonia, Comune di
Carloforte, Comune di Domus De Maria, Comune di Domusnovas, Comune di Elmas,
Comune di Fluminimaggiore, Comune di Giba, Comune di Gonnesa, Comune di
Gonnosfanadiga, Comune di Guspini, Comune di Iglesias, Comune di Masainas,
Comune di Musei, Comune di Narcao, Comune di Nuxis, Comune di Pabillonis, Comune
di Perdaxius, Comune di Piscinas, Comune di Pula, Comune di San Gavino Monreale,
Comune di San Giovanni Suergiu, Comune di Santadi, Comune di Sant'Anna Arresi,
Comune di Sant'Antioco, Comune di Sarroch, Comune di Siliqua, Comune di
Terralba, Comune di Teulada, Comune di Tratalias, Comune di Uta, Comune di
Vallermosa, Comune di Villa San Pietro, Comune di Villacidro, Comune di
Villamassargia, Comune di Villaperuccio, non costituiti in giudizio;
- Autorità Portuale di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Capitaneria di Porto di Portoscuso, Capitaneria di Porto di Sant'Antioco, non
costituite in giudizio;
- Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Sardegna, non costituita
in giudizio;
- Azienda A.S.L. n. 8 di Cagliari, Servizio di igiene Pubblica, non costituiti
in giudizio;
- Azienda U.S.L. N. 7 di Carbonia, non costituita in giudizio;
- Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 8 di
Cagliari, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 7, non costituito
in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Portoscuso, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Oristano, non costituito in giudizio;
- APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici,
Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d’Italia, Servizio Tecnologie
del Sito e Siti Contaminati, non costituiti in giudizio;
- ENEA, Ente per le Nuove Tecnologie, l’energia e l’ambiente, non costituito in
giudizio;
- ICRAM, Istituto Centrale per la ricerca Scientifica e la Tecnologia Applicata
al Mare, non costituito in giudizio;
- Istituto Superiore di Sanità; non costituito in giudizio;
- Consorzio Nucleo Industriale del Sulcis Iglesiente (CNISI), Consorzio per
l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari (CASIC), Consorzio di Bonifica della
Sardegna Meridionale, Consorzio per la Zona Industriale d’Interesse Regionale di
Iglesias, non costituito in giudizio
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia:
quanto al ricorso n. 946 del 2006:
- del verbale e delle relative determinazioni della Conferenza di Servizi
decisoria relativa al Sito di bonifica di interesse nazionale del Sulcis
Iglesiente Guspinese, convocata presso la sede del Ministero dell'Ambiente e
della tutela del Territorio in Roma, in data 11 luglio 2006, ricevuto dalla
società ricorrente in data successiva;
- della lettera prot. 17097/QDV/DI, datata 31 agosto 2006, pervenuta in data
successiva, del Ministero dell'Ambiente, con cui il verbale è stato trasmesso
alla ricorrente;
- di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, anche se non conosciuto
dalla società ricorrente, ivi compresi, per quanto occorrer possa: - i documenti
inviati in allegato al verbale della Conferenza di servizi decisoria dell'11
luglio 2006 e, in particolare, della relazione istruttoria della Regione
Sardegna - Assessorato della Difesa dell'Ambiente, avente per oggetto "Punto
17a. Misure integrative agli interventi di messa in sicurezza d'emergenza del
sito di San Gavino Monreale”; - della Relazione Istruttoria della Regione
Sardegna avente ad oggetto "Punto 17 b. Progettazione preliminare della messa in
sicurezza permanente del sito di San Gavino Monreale”; della nota della
Provincia di Cagliari, Assessorato Ambiente e Difesa del Territorio, Settore
Ecologia, Centro di Monitoraggio Ambientale, Bonifiche siti inquinati, del 27
marzo 2006, avente ad oggetto "Procedimento per gli interventi di bonifica
d'interesse nazionale relativi ai siti del Sulcis Iglesiente Guspinese,
Convocazione delle Conferenze di servizi per il 27 marzo 2006".
- di tutti i verbali e documenti preparatori delle conferenze di servizi sia
decisorie sia istruttorie presupposti e conseguenti alla Conferenza di servizi
dell'11 luglio 2006, che vengono impugnati quali atti presupposti, anche se non
conosciuti;
- dei provvedimenti di incognita data e contenuto, con i quali le determinazioni
impugnate sono state recepite dall'Amministrazione procedente ai sensi della
legge 241 del 1990.
Quanto al ricorso n. 531 del 2007:
- del decreto prot. n. 3503/QDV/DI/B, adottato in data 5 aprile 2007 dal
Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con cui si è disposto
“di approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nei
verbali delle conferenze di servizi decisorie...”;
- della nota prot. n. 17097/QDV/DI/IX del Direttore Generale della Direzione
Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare, datata 5 aprile 2007 e pervenuta in data successiva, con cui il
decreto è stato trasmesso alla ricorrente;
- del verbale della Conferenza di servizi decisoria, relativa al Sito di
interesse nazionale del Sulcis Iglesiente Guspinese, convocata presso la sede
del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in Roma, in
data 11 luglio 2006, già oggetto del ricorso RG. 946/2006,
le cui determinazioni vengono qui nuovamente impugnate in quanto approvate e
considerate definitive dal sopra indicato decreto del Direttore Generale della
Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare del 5 aprile 2007;
- dei verbali delle conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica
di interesse nazionale del Sulcis Iglesisente Guspinese, convocate in data 31
maggio 2005 e 11 novembre 2005, approvate e considerate definitive dal sopra
indicato decreto del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 5 aprile
2007;
- dei documenti inviati in allegato ai provvedimenti impugnati.
Quanto al ricorso n. 602 del 2008:
- del decreto prot. n. 4435/QDV/DI/B adottato il 20 marzo 2008 dal Direttore
Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare, con cui si è disposto di "approvare e
considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della
Conferenza di servizi decisoria del 13/03/08”;
- della nota prot. n. 6604/QDV/VII/VIII del Direttore Generale della Direzione
Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare, datata 20 marzo 2008 e pervenuta in data successiva, con cui il
decreto è stato trasmesso alla ricorrente;
- del verbale della Conferenza di servizi decisoria, relativa al Sito di
interesse nazionale del Sulcis Iglesiente Guspinese tenutasi in data 13 marzo
2008;
- dei documenti pervenuti in allegato ai provvedimenti impugnati e ogni altro
atto o provvedimento richiamato anche se conosciuto dalla ricorrente, ivi
inclusi, in particolare: il verbale - ove redatto - e le conclusioni della
Conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio 2007; il parere A.P.A.T.
Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d'Italia Servizio Tecnologie
del Sito e Siti contaminati - Analisi di rischio - Stabilimento Syndial s.p.a.
di San Gavino Monreale - US/SUO-TEC 208/2007 (allegato 9a al verbale); il parere
dell'Istituto Superiore di Sanità n. 00522034-AMPPIA 12 “Analisi di rischio ai
sensi del d.lgs. 152/2006 del sito di San Gavino Monreale” (allegato 9b al
verbale); la nota della Direzione Generale della Qualità della Vita del
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, prot. 32523/QV/DI
del 4 dicembre 2007; e per quanto occorrer possa, il parere della Regione
Autonoma della Sardegna - Direzione Generale dell'Ambiente - Servizio
Atmosferico e del Suolo Gestioni Rifiuti e Bonifiche, relativo agli argomenti
all'ordine del giorno della conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio
2007, di cui alla nota del 31 luglio 2007, prot. 26924 (allegato 3 al verbale).
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto gli atti di costituzione delle Amministrazioni intimate;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17/12/2008 il dott. Antonio Plaisant e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Syndial s.p.a. è proprietaria di una vasta area industriale rientrante nel Polo
industriale di San Gavino Monreale, che fa parte del Sito Sulcis Iglesiente
Guspinese, già inserito - con decreto del Ministero dell'Ambiente 18 settembre
2001, n. 468 - tra i siti di interesse nazionale ai fini delle procedure di
bonifica e messa in sicurezza.
La procedura volta al risanamento ambientale del sito ha visto la convocazione,
dal 2004 in poi, di svariate Conferenze di servizi, nel corso delle quali le
Amministrazioni interessate - esaminati gli studi che la Syndial ha condotto in
relazione alla situazione d’inquinamento ed alle misure necessarie per
affrontarlo - hanno dettato numerose prescrizioni finalizzate alla messa in
sicurezza d'emergenza ed alla bonifica del sito.
I ricorsi in epigrafe indicati hanno ad oggetto una parte delle suddette
prescrizioni, nei termini di seguito descritti.
Con il ricorso RG. n. 946/2006, Syndial s.p.a. ha impugnato alcune delle
prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi 11 luglio 2006, unitamente a
tutti gli atti presupposti della relativa procedura, deducendo le seguenti
censure:
I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22, come sostituito dagli artt. 239 e segg. del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 25
ottobre 1999, n. 471 ed in particolare dell'art. 15, comma 4 bis, come
introdotto dal decreto ministeriale 2 maggio 2005, n. 127. Violazione e falsa
applicazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed in particolare
dell'art. 252, comma 8. Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 ter, comma
6 bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come aggiunto dall'art. 10 della legge
11 febbraio 2005, n. 15.
Tali censure si appuntano sulla violazione delle norme procedimentali che
regolano la conferenza di servizi, che secondo la ricorrente imporrebbero il
recepimento delle conclusioni cui è giunta la stessa conferenza in apposita
deliberazione del Ministero dell'Ambiente.
II. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito
dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del
d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 11 maggio
1999, n. 152 (ed in particolare degli artt. 28 e segg. e dell'Allegato 5), come
sostituito dagli artt. 53 e segg. del d.lgs. 152/2006 e dagli allegati alla
Parte Terza del medesimo decreto. Violazione e falsa applicazione del decreto
ministeriale 6 novembre 2003, n. 367, della legge Regione Sardegna 19 luglio
2000, n. 14, ed in particolare dell'art. 3, della legge 241/1990, come
modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso
di potere sotto i profili della contraddittorietà, difetto di motivazione ed
istruttoria, illogicità manifesta, sviamento di potere.
Tali censure si concentrano sulla parte del verbale in cui la Conferenza di
servizi ha stabilito (punto 18a dell'o.d.g.) che le acque di falda emunte
debbano essere trattate come rifiuti liquidi, la qual cosa comporta che gli
impianti di trattamento cui vengono conferite debbano essere autorizzati ai
sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. 22/1997 e che i relativi scarichi debbano
rispettare i valori di emissione di cui all'All. 5 dello stesso d.lgs. 22/1997.
III. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997, come
sostituito dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa
applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione della legge
241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e
segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, difetto di
motivazione ed istruttoria, illogicità manifesta.
IV. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006 ed in particolare
dell'art. 240. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997, come
sostituito dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa
applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione della legge
241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e
segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, difetto di
motivazione ed istruttoria, illogicità manifesta.
Tali censure riguardano la parte del verbale (punto 18c dell'o.d.g.) in cui la
Conferenza di servizi - avendo ritenuto accertata la presenza, sulla base degli
studi compiuti dalla stessa Syndial, di metalli pesanti nelle polveri depositate
al suolo - ha prescritto “l'attivazione di misure di sicurezza di emergenza dei
suoli...e di trasmettere una relazione tecnica in merito”, in funzione di tutela
della salute dei lavoratori che operano nel sito.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependone
l'inammissibilità per difetto d'interesse, in quanto rivolto nei confronti di
atti a carattere endoprocedimentale.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Oristano, chiedendo il rigetto del
gravame.
Si è, altresì, costituito in giudizio il Comune di Portoscuso, eccependo
anch’esso l'infondatezza del ricorso.
Si sono, infine, costituite in giudizio le altre Amministrazioni in epigrafe
specificate, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva ed
opponendosi, comunque, all’accoglimento del gravame.
*
Successivamente alla proposizione del ricorso RG. n. 946/2006, con decreto 5
aprile 2007 la Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare ha definitivamente approvato gli atti delle
precedenti Conferenze di servizi decisorie del 31 maggio 2005, del 29 settembre
2005, dell’11 novembre 2005, del 27 marzo 2006 e dell’11 luglio 2006.
L'Amministrazione ha, in tal modo, reso definitive le prescrizioni contenute non
soltanto nella Conferenza dell'11 luglio 2006 (impugnata con il ricorso RG. n.
946/2006) ma ha anche di quelle contenute in tutte le altre citate conferenze di
servizi.
Avverso tali nuovi provvedimenti Syndial s.p.a. ha proposto il ricorso RG. n.
531/2007, chiedendo l'annullamento, oltre che di tutti gli atti già impugnati
con il precedente gravame, del decreto del Direttore Generale della Direzione
Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare, da ultimo citato, nonché della relativa nota di trasmissione,
deducendo le seguenti censure:
I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e segg. Violazione e falsa
applicazione del d.p.r. 17 giugno 2003, n. 261 ed in particolare dell’art. 3.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge 241/1990,
come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa
applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 22/1997 e degli artt. 240 e segg. del
d.lgs. 152/2006. Incompetenza. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto
dei presupposti e della motivazione, sviamento di potere.
II. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione
e falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e
segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare
dell'art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge
241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 17 del d.lgs. 22/1997 così come attuato dal d.m. 471/1999
e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. 152/2006. Eccesso di potere sotto il
profilo del difetto dei presupposti e della motivazione, incompetenza.
III. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione
e falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e
segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare
dell'art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge
241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997 così come attuato dal d.m. 471/1999 e
degli artt. 240 e segg. del d.lgs. 152/2006. Eccesso di potere sotto il profilo
del difetto dei presupposti e dell'istruttoria, dell'incongruità e
dell'illogicità della motivazione, contraddittorietà.
Con tali censure si deducono autonomi motivi d'illegittimità del decreto
dirigenziale 5 aprile 2007, con cui sono stati approvati gli atti delle
conferenze di servizi svoltesi nel biennio 2005-2006.
IV. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione
dell'art. 15 del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs.
152/2006, ed in particolare degli artt. 239 e segg. Eccesso di potere sotto i
profili della manifesta illogicità, del difetto di motivazione e di istruttoria,
contraddittorietà.
V. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione
dell'art. 15 del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del decreto
legislativo 152/2006 ed in particolare degli artt. 239 e segg. Eccesso di potere
sotto i profili della manifesta illogicità, contraddittorietà, del difetto di
motivazione e di istruttoria e del difetto dei presupposti di fatto.
VI. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione
dell'art. 15 del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs.
152/2006, artt. 239 e segg. Violazione e falsa applicazione delle norme in
materia di V.I.A. ed in particolare degli artt. 6 e segg. della legge 8 luglio
1986, n. 349, del d.p.c.m. 10 agosto 1988, n. 377, dell'art. 23, comma 1, lett.
a), del d.lgs. 152/2006 e dell'Allegato III alla Parte II, nonché dell'Allegato
III alla Parte IV, Titolo V, dello stesso decreto. Eccesso di potere sotto i
profili della manifesta illogicità e della insufficienza ed incongruità della
motivazione e dell'istruttoria.
VII. Illegittimità propria e derivata dall’illegittimità dei verbali delle
Conferenze di servizi decisorie del 31 maggio 2005, del 29 settembre 2005,
dell’11 novembre 2005 e dell’11 luglio 2006. Violazione e falsa applicazione del
d.lgs. 152/2006 ed in particolare dell'art. 8. Violazione e falsa applicazione
del d.lgs. 22/1997, in particolare dell’art. 17. Violazione e falsa applicazione
del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 decreto
ministeriale 18 settembre 2001, n. 468, anche in relazione all’art. 1 della
legge 9 dicembre 1998, n. 426 e dell’art. 15 d.m. 471/1999. Eccesso di potere
sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei
fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta.
VIII. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione
del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e segg. del
d.lgs. 152/2006, artt. 239 e segg. Violazione e falsa applicazione dell'Allegato
III al d.m. 471/1999 e dell’Allegato III alla Parte IV, Titolo V del d.lgs.
152/2006. Eccesso di potere sotto i profili della carenza d'istruttoria, difetto
dei presupposti, manifesta ingiustizia ed illogicità.
Tali censure sono rivolte nei confronti dei verbali delle Conferenze di servizi
decisorie del 3 maggio 2005 e dell’11 novembre 2005, nella parte in cui è stato
imposto alla ricorrente di adottare, quale misura integrativa di messa in
sicurezza d'emergenza della falda, “un sistema di confinamento fisico, ad
integrazione del barrieramento idraulico”, sul presupposto che lo stesso sia “in
grado di contenere nel modo migliore la diffusione dell'inquinamento verso
l'esterno dello stabilimento e quindi rappresenta la migliore soluzione in
termini di messa in sicurezza d'emergenza nei confronti della diffusione della
contaminazione verso bersagli esterni” (cfr. punto 5 dell’o.d.g. della
Conferenza di servizi del 31 maggio 2005 e punti 5a e 5d dell’o.d.g. della
Conferenza di servizi dell’11 novembre 2005).
IX. Violazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito dall'art. 239 e
segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del decreto
ministeriale n. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/1999
(ed in particolare degli artt. 28 e segg. dell’Allegato 5), come sostituito
dagli artt. 53 e segg. del d.lgs. 152/2006 e dagli allegati alla Parte III del
medesimo decreto. Violazione e falsa applicazione del d.m. 367/2003, della l.r.
14/2000 ed in particolare dell’art. 3, della legge 241/1990 e s.m.i. ed in
particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della
contraddittorietà, del difetto di motivazione ed istruttoria e della illogicità
manifesta, sviamento di potere.
Tali censure riguardano le prescrizioni, contenute nei verbali delle conferenze
di servizi del 31 maggio 2005 (punto 5), dell’11 novembre 2005 (punto 5a) e
dell’11 luglio 2006 (punto 18 a), inerenti il trattamento delle acque di falda
emunte.
X. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito
dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del
d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione della legge 241/1990, come
modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso
di potere sotto i profili della contraddittorietà, del difetto di motivazione e
di istruttoria e della illogicità manifesta.
XI. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006 ed in particolare
dell’art. 240. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 22/1997,
come sostituito dagli artt. 239 e segg. d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa
applicazione del decreto ministeriale 471/1999. Violazione e falsa applicazione
della legge 241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare
degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà,
del difetto di motivazione e di istruttoria e della illogicità manifesta.
Tali censure attengono alla parte del verbale della Conferenza di servizi dell’
11 luglio 2006 ove sono state dettate specifiche misure per la messa in
sicurezza in emergenza dei suoli in funzione di tutela della salute dei
lavoratori operanti nel sito, essendo state ritenute presenti concentrazioni di
metalli pesanti nelle polveri depositate al suolo. Sul punto la ricorrente
ripropone le stesse censure già dedotte nei motivi III e IV del ricorso RG. n.
946/2006.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, Direzione Generale della Qualità della Vita, Divisione IX,
chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependone l'inammissibilità per difetto
d'interesse nella parte in cui il gravame si rivolge contro i verbali delle
conferenze di servizi, sul presupposto che gli stessi avrebbero carattere
meramente endoprocedimentale.
Si sono, altresì, costituite in giudizio le altre Amministrazioni statali in
epigrafe specificate, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.
Si è, infine, costituito in giudizio il Comune di Portoscuso, chiedendo la
reiezione del ricorso.
*
Dopo la proposizione del ricorso RG. n. 531/2007 - anche al fine di ottemperare
a quanto prescritto da una nuova Conferenza di Servizi (istruttoria) tenutasi il
18 luglio 2007, nonché da quanto disposto con la nota 4 dicembre 2007, prot.
31523/QDV/DI/VII/VIII, della Direzione Qualità della Vita del Ministero
dell'Ambiente - Syndial s.p.a. ha trasmesso all’Amministrazione procedente nuovi
elaborati tecnici e progettuali, denominati “Misure di prevenzione della falda
del sito di San Gavino - Progetto finale”, “Definizione del fondo Naturale della
falda del sito di San Gavino”, “Modalità di gestione acque di falda emunte” e
“Analisi di rischio ai sensi del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Revisione redatta in
ottemperanza alle osservazioni della Conferenza di servizi istruttoria del
18.07.2007”.
In data 13 marzo 2008 si è tenuta una nuova Conferenza di servizi decisoria, con
la quale è stato prescritto a Syndial di adeguare il proprio Progetto definitivo
di messa in sicurezza permanente a nuove prescrizioni, conformi alle
osservazioni emerse nel corso della Conferenza istruttoria del 18 luglio 2007.
La Conferenza ha, inoltre, imposto alla Syndial di potenziare le attività di
messa in sicurezza d'emergenza della falda, dettando all’uopo specifiche
prescrizioni. Ed ha, infine, prescritto, che la Syndial provveda “senza
ulteriori dilazioni agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e di
bonifica della falda e dei suoli”, con la precisazione che “in caso di ulteriore
ritardo, l’Amministrazione attiverà i poteri sostituitivi in danno dell'Azienda
medesima, costituendo il presente verbale messa in mora nei tempi sopra
indicati, che devono essere considerati perentori. Si ricorda che l'inerzia
integrerà gli estremi del reato di cui all'art. 257 del d.lgs. 152/06...”.
Con nuovo ricorso RG. n. 602/2008, Syndial s.p.a. ha chiesto l'annullamento in
parte qua del sopra citato verbale della Conferenza di servizi decisoria del 13
marzo 2008, oltre che dei presupposti atti procedimentali ed istruttori,
deducendo le seguenti censure:
I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione e
falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e
segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare
dell’art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge
241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa
applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 22/1997 e degli artt. 100 e segg. e 239 e
segg. del d.lgs 152/2006 e s.m.i., Incompetenza. Eccesso di potere sotto il
profilo del difetto dei presupposti e della motivazione, sviamento di potere.
II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione
e falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e
segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare
dell’art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge
241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa
applicazione dell’art. 17 della legge 22/1997 e degli artt. 100 e segg. e 239 e
segg. del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Eccesso di potere sotto il profilo del
difetto dei presupposti e della motivazione, incompetenza.
Con tali censure la ricorrente ripropone le doglianze già rivolte, nei confronti
delle precedenti conferenze di servizi, nei motivi I e II del precedente ricorso
RG. n. 531/2007.
III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006
e s.m.i., nonché dei relativi allegati, nonché violazione e falsa applicazione
dell'art. 17 del d.lgs. 22/1997, del d.m. 471/1999, nonché dell’art. 12 del d.m.
468/2001, anche in relazione all’art. 1 legge 426/1998 ed all'art. 15 d.m.
471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di
potere sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento
dei fatti, difetto del presupposto, illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia
manifesta.
IV. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e 265, comma 4, e
degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione
dell’art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. 471/1999. nonché dell'art. 12 del d.m.
468/2001, anche in relazione all'art. 1 legge 426/1998 ed all’art. 15 d.m.
471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di
potere sotto i profili del difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento
dei fatti, difetto del presupposto, illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia
manifesta.
V. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg e degli allegati al
d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs.
22/1997 e del d.m. n. 471/1999. nonché dell’art. 12 del d.m. 468/2001, anche in
relazione all'art. 1 legge 426/1998 ed all’art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e
falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del
difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del
presupposto, illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta, sviamento
di potere.
VI. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e 265, comma 4, e
degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione
dell’art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. 471/1999. nonché dell’art. 12 del d.m.
468/2001, anche in relazione all'art. 1 legge 426/1998 ed all’art. 15 d.m.
471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di
potere sotto i profili del difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento
dei fatti, difetto del presupposto, illogicità, ed ingiustizia manifesta.
Violazione del giusti procedimento.
Tali censure sono rivolte nei confronti delle prescrizioni della Conferenza di
servizi del 13 marzo 2008 in relazione al progetto di messa in sicurezza
permanente del sito (punto 23 a dell'o.d.g.) ed all'analisi di rischio (punto 23
b dell'o.d.g.).
VII. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e degli allegati al
d.lgs. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs.
22/1997 e del d.m. n. 471/1999. nonché dell'art. 12 del d.m. 468/2001, anche in
relazione all’art. 1 legge 426/1998 ed all'art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e
falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del
difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del
presupposto, illogicità.
VIII. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e degli allegati
al d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs.
22/1997 e del d.m. n. 471/1999. nonché dell'art. 12 del d.m. 468/2001, anche in
relazione all’art. 1 legge 426/1998 ed all'art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e
falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del
difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del
presupposto, illogicità.
Tali censure riguardano le nuove prescrizioni di messa in sicurezza d'emergenza
delle acque di falda dettate Conferenza di servizi del 13 marzo 2008.
IX. Illegittimità diretta e derivata dall'illegittimità dei verbali delle
conferenze di servizi decisorie del 31 maggio 2005, dell’11 novembre 2005 e
dell'11 luglio 2006. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e
degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione
dell'art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999. Violazione e falsa
applicazione del d.lgs. 152/1999 (ed in particolare degli artt. 28 e segg. e
dell'Allegato 5 al medesimo d.lgs. 152/1999), come sostituito dagli artt. 53 e
segg. del d.lgs. 152/2006 e dagli allegati alla Parte III del medesimo decreto.
Violazione e falsa applicazione del d.m. 367/2003, della l.r. 14/2000 ed in
particolare dell'art. 3; della legge 241/1990 e s.m.i. ed in particolare degli
artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, del
difetto di motivazione e di istruttoria e della illogicità manifesta, sviamento
di potere.
Con tale censura la ricorrente ripropone le stesse censure dedotte con i ricorsi
RG. n. 946/2006 e RG. n. 531/2007 nei confronti delle prescrizioni inerenti le
acque di falda, in quanto la Conferenza di Servizi decisoria del 13 marzo 2008
ha ribadito che le stesse dovranno essere trattate come rifiuti liquidi, con
tutte le conseguenze di legge.
X. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. ed in
particolare degli artt. 242, 250 e 252 e degli allegati al decreto; dell'art. 17
d.lgs. 22/1997 e del d.m. 471/1999. Eccesso di potere sotto i profili della
contraddittorietà, del difetto di motivazione ed istruttoria, travisamento dei
fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta, sviamento di potere.
Tale censura è rivolta nei confronti della parte del verbale in cui la
Conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2008 rileva, a carico della
ricorrente, un rilevante ritardo nell'ottemperare alle prescrizioni formulate e,
in generale, a provvedere alla messa in sicurezza d'emergenza e bonifica del
sito, nonché prospetta, in caso di perdurante ritardo, l'attivazione dei poteri
sostituitivi previsti dalla legge e l'esercizio dell'azione di risarcimento del
danno ambientale.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, chiedendo il rigetto del ricorso.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Cagliari, eccependo l'infondatezza
ed inammissibilità del ricorso.
Si sono, altresì, costituite in giudizio le altre Amministrazioni statali in
epigrafe specificate, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e
chiedendo, comunque, la reiezione del gravame.
Si è, infine, costituito in giudizio il Comune di Portoscuso, eccependo
l'infondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 i tre ricorsi in epigrafe indicati
sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
Il Collegio dispone preliminarmente la riunione dei tre ricorsi in esame, stante
la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.
È opportuno premettere che l'esame delle censure avverrà “per aree tematiche”,
cioè raggruppando i motivi che, seppur contenuti in diversi gravami, siano
riferibili alla medesima tipologia di prescrizioni sollevate dalle Conferenze di
servizi o, comunque, alle medesime problematiche giuridiche. Il Collegio
ritiene, inoltre, di poter prescindere dall’esame delle eccezioni di rito
sollevate - con specifico riferimento alle censure di carattere procedimentale -
da parte del Ministero dell’Ambiente, privilegiando l’analisi nel merito delle
relative doglianze, le quali, come si vedrà, non meritano accoglimento.
A) La trattazione può prendere le mosse proprio dalle censure di carattere
procedimentale o che, comunque, involgano i provvedimenti impugnati nella loro
interezza.
Con il I motivo del ricorso RG. 946/2006 si assume che le prescrizioni imposte
dalla Conferenza di servizi decisoria dell'11 luglio 2006 avrebbero dovuto
essere recepite in un successivo decreto del Ministero dell'Ambiente.
Tale censura si rivela priva di pregio perché smentita dal successivo iter
procedimentale, durante il quale, come già si è riferito in narrativa, i verbali
della citata Conferenza di servizi (e delle precedenti svoltesi nel corso del
2005) sono stati formalmente approvati con apposito decreto 5 aprile 2007 della
Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente.
Vengono poi in considerazione il I, il II ed il III motivo del ricorso RG. n.
531/2007, con cui Syndial deduce l'illegittimità, sotto diversi profili, dello
stesso decreto direttoriale 5 aprile 2007 da ultimo citato.
Con il primo di tali motivi si afferma, in particolare, che quel decreto avrebbe
dovuto essere adottato dal Ministro dell'Ambiente, anziché dal Dirigente di
Settore, trattandosi di atto d'indirizzo politico, e che lo stesso avrebbe
dovuto essere specificamente ed autonomamente motivato. Il decreto dirigenziale
in oggetto sarebbe, quindi, un “provvedimento atipico”, oltre che incompleto
nelle motivazioni e nelle conclusioni dispositive, così come la sua adozione
sarebbe intervenuta oltre il termine di 90 giorni previsto per l’adozione della
determinazione conclusiva del procedimento.
L’articolata censura non merita accoglimento.
Cominciando dall’asserita incompetenza dell’organo emanante, la stessa è dalla
ricorrente ricollegata al dettato dell'art. 252, comma 4, d.lgs. 152/2006 (cui
corrisponde, quale norma previgente di analogo contenuto, l'art. 15, comma 4,
del d.m. 471/1999), che attribuisce la competenza per le procedure di bonifica
dei siti di interesse nazionale al “Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio, sentito il Ministero delle Attività Produttive”: secondo la
ricorrente, infatti, la previsione di una necessaria intesa con altro Ministero
dimostrerebbe la natura di “atto di indirizzo politico” del relativo
provvedimento.
Il Collegio non condivide tale assunto.
L'art. 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, attribuisce ai dirigenti
“l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti
che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria,
tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione
delle risorse umane, strumentali e di controllo” e, come noto, tale norma è
espressione di un generale principio di separazione tra politica ed
amministrazione, in forza del quale ogni attività di carattere propriamente
amministrativo, appartiene alla competenza dei dirigenti. Principio che risulta
ulteriormente rafforzato dalla previsione contenuta nell’art. 4, comma 3, dello
stesso d.lgs. n. 165/2001, secondo cui: “Le attribuzioni dei
dirigenti....possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di
specifiche disposizioni legislative”, nel caso di specie insussistenti.
Ritiene, invero, il Collegio che l'impugnato decreto direttoriale appartenga,
per l’appunto, alla categoria degli atti di natura gestionale, perché si
inserisce in un procedimento di bonifica, che, per sua natura, è attività di
contenuto “tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al solo fine di ricondurre la
situazione ambientale nell'ambito di parametri di sicurezza prefissati dal
legislatore, per cui deve escludersi che la stessa possa essere influenzata da
valutazioni che involgano “l'indirizzo politico” (cfr. T.A.R. Lombardia,
Brescia, 11 ottobre 2007, n. 1278). L’Amministrazione procedente, in altre
parole, non poteva che basare le proprie valutazioni (discrezionali sì, ma non
certamente politiche) alle risultanze e valutazioni tecniche delle numerose
conferenze di servizi, il che evidenza, tra l’altro, come l'impugnato decreto
sia stato adeguatamente motivato proprio mediante rinvio alle osservazioni
contenute nei verbali delle medesime conferenze di servizi.
Quanto agli altri dedotti vizi di carattere procedimentale, il Collegio non
condivide l’assunto secondo cui l’impugnato decreto dirigenziale dovrebbe essere
considerato “atto atipico” del procedimento di bonifica. Al riguardo assume
rilievo, oltre a quanto già esposto, la disciplina generale sulla conferenza di
servizi ed in specie l’art. 14-ter, comma 6-bis, della legge n. 241/90, a mente
del quale: “All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il
termine di cui al comma 3, l'amministrazione procedente adotta la determinazione
motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze
della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella
sede”. Il provvedimento in oggetto deve essere, per l’appunto, inquadrato
nell’ambito di tale disciplina, quale atto, previsto dalla legge, conclusivo del
subprocedimento che si svolge nelle presupposte conferenze di servizi, per cui
la circostanza che detto provvedimento non concluda l’intero procedimento di
bonifica del sito non è di per sé rilevante, né certamente denota l’atipicità
del provvedimento stesso: in procedimenti come questo, articolati in diverse
fasi e sotto-fasi (come, del resto, prevede lo stesso art. 242 del D.Lgs. n.
152/2006), l’esistenza di provvedimenti che concludono (non già l’intero iter
bensì) una sua sottofase è normale e prevista dallo stesso legislatore, il che
esclude la fondatezza della censura in esame.
Per analoghe ragioni non costituisce motivo d’illegittimità la denunciata
violazione del termine di 90 giorni per la conclusione dei lavori della
conferenza.
Giova ricordare che secondo l’art. 14 ter, comma 3, della legge 241/1990 “3.
Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella
immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto
definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano
determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della
conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal
comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede
ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo”.
Il legislatore è, quindi, molto chiaro nel prevedere, quale conseguenza
dell’inutile decorso del termine, non già l’illegittimità dell’intero
procedimento, bensì l’adozione del provvedimento conclusivo di cui al comma 6
bis, che - nel caso di specie - è proprio l’impugnato decreto dirigenziale, con
il quale, pertanto, l’Amministrazione ha correttamente dato corso alla scansione
procedimentale descritta dal legislatore.
Con il II motivo del ricorso RG. 531/2007, la ricorrente sostiene che il decreto
in esame avrebbe dovuto essere adottato previa intesa con il Ministero delle
Infrastrutture e ciò in virtù dello stesso dettato normativo di cui all'art.
252, comma 4, d.lgs. 152/2006 cui si è fatto in precedenza riferimento.
Neppure questa censura merita di essere condivisa.
Risulta dalla lettura dei verbali delle conferenze di servizi oggetto di
approvazione, in specie dall’iniziale “Elenco destinatari”, che a quelle
conferenze è stato invitato anche il Ministero in questione, che ha, quindi,
potuto parteciparvi ed a ciò consegue il sostanziale rispetto della previsione
normativa che impone l’intesa tra i due Ministeri, posto che, come noto, il
modulo procedimentale della conferenza di servizi, in chiave di semplificazione
dell’attività amministrativa che coinvolga molteplici amministrazioni, consente
l’acquisizione di pareri all’interno della conferenza stessa, senza che in sede
di adozione del provvedimento finale si debba procedervi nuovamente. Se così non
fosse, del resto, sarebbe frustrato lo scopo stesso della conferenza, che è
quello di concentrare in un unico contesto la valutazione plurisoggettiva
prevista dal legislatore.
Con il III motivo del ricorso RG. 531/2007 si assume che l'impugnato decreto
avrebbe motivazione e contenuto contraddittori e perplessi, perché non menziona
le conferenze di servizi svoltesi nel corso del 2004, per cui non sarebbe chiaro
se le prescrizioni dettate in quelle sedi siano tuttora operanti o meno.
La doglianza è infondata.
E' di tutta evidenza, infatti, come prescrizioni dettate in conferenze di
servizi non espressamente richiamate ed approvate con l’atto ministeriale che
conclude la relativa subfase procedimentale non possano considerarsi tuttora
efficaci, posto che - come del resto la stessa ricorrente ha sostenuto nel primo
motivo del ricorso RG. 946/2006 - i verbali delle conferenze di servizi non
assumono autonoma valenza prescrittiva fino al loro formale recepimento nel
decreto di approvazione adottato dall'Amministrazione procedente, il quale,
pertanto, nel non richiamare i verbali delle conferenze di servizi del 2004, ha
inteso escludere la vigenza delle relative prescrizioni.
In questa stessa sede possono essere esaminate le censure dedotte sub I e II del
ricorso RG. n. 602/2008.
Con esse, infatti, la ricorrente ripropone le doglianze già contenute nei motivi
I e II del precedente ricorso RG. n. 531/2007, per estenderle anche al decreto
dirigenziale 13 marzo 2008, con il quale sono state approvati gli atti di
successive conferenze di servizi. Tali censure devono essere, quindi, respinte
per le stesse ragioni già esposte in relazione ai motivi I e II del ricorso RG.
n. 531/2007, cui può farsi integrale riferimento.
Il rigetto nel merito delle censure fin qui analizzate consente di prescindere
dall’esame delle eccezioni d’inammissibilità sollevate, nei confronti delle
stesse, dall’Amministrazione resistente.
B) Il secondo oggetto di gravame è costituito dalle prescrizioni relative al
trattamento delle acque di falda emunte.
Giova ricordare, al riguardo, che nelle già conferenze di servizi del 31 maggio
2005 (punto 5 o.d.g.) e dell'11 novembre 2005 (punto 5 o.d.g.) era stato
precisato che quelle acque dovessero essere trattate come “rifiuti liquidi”, per
cui i relativi impianti di trattamento avrebbero dovuto essere autorizzati ai
sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. 22/1997 (ora sostituiti dagli artt. 208 e
segg. del d.lgs. 152/2006), e che i relativi scarichi dovessero rispettare i
valori di emissione di cui all'All. 5 del d.lgs. 22/1997 (ora sostituito
dall'art. 101 del d.lgs. 152/2006). Tali prescrizioni sono state poi ribadite e
puntualizzate nel corso delle Conferenze di servizi dell’11 luglio 2006 (punto
18a dell'o.d.g.) e del 13 marzo 2008 (punto 23c o.d.g.).
La ricorrente le contesta con il ricorso RG. n. 946/2006 (II motivo), con il
ricorso RG. 531/2007 (IX motivo) e con il ricorso RG. 602/2008 (IX motivo).
Tali doglianze possono essere esaminate unitariamente perché involgono le stesse
questioni giuridiche.
Sostiene la ricorrente, in particolare, che l’iter cui sono assoggettate le
acque di falda emunte consisterebbe nel loro trattamento in un impianto di
depurazione di reflui, a ciò autorizzato, che abbia un proprio scarico soggetto
ai limiti di legge relativi ai reflui industriali nei corpi ricettori, fissati
dall’Allegato 5 al d.lgs. 152/1999 (oggi sostituito dall’Allegato 5 alla Parte
Terza del d.lgs. 152/2006), per cui la scelta dell’Amministrazione di imporre la
sottoposizione delle acque di falda emunte ai più restrittivi limiti previsti
per i rifiuti liquidi dalle norme di cui al d.lgs. 22/1997 (ora sostituito
dall'art. 101 del d.lgs. 152/2006) si porrebbe in contrasto con l’art. 28 dello
stesso d.lgs. 152/1999 (a mente del quale “tutti gli scarichi sono disciplinati
in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono
comunque rispettare i valori limite di emissione previsti nell’Allegato 5”), con
l’art. 243, comma primo, del d.lgs. 152/2006 (secondo cui “le acque di falda
emunte sotterranee, nell’ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono
essere scaricate, direttamente o dopo essere state trattate in cicli produttivi
in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissioni di acque
reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto”) e con
l’art. 242, comma 7, del medesimo d.lgs. (che indica, tra gli effetti sostituivi
connessi all’approvazione del progetto di bonifica, l’autorizzazione allo
“scarico delle acque emunte dalle falde”, laddove l’utilizzo del termine
“scarico”, invece di “trattamento” o smaltimento”, dimostrerebbe che si è in
presenza di reflui industriali e non di rifiuti liquidi).
L’Amministrazione resistente obietta che, in base alla definizione comunitaria
di “rifiuto”, le acque di falda emunte da un sito contaminato, avendo
potenzialità inquinante ed essendo un bene di cui il gestore intende disfarsi,
sono, invece, da considerarsi alla stregua di rifiuti liquidi, tanto più nei
casi, come quello in esame, in cui non passino direttamente dalla falda
all’impianto di trattamento, bensì - dopo l’emungimento - siano convogliate
provvisoriamente in appositi contenitori, dai quali sono poi trasportate ad un
distinto impianto di trattamento.
Il Collegio condivide la prospettazione dell’Amministrazione resistente e
reputa, quindi, infondate le censure in esame.
Deve preliminarmente rilevarsi che, secondo l’insegnamento tradizionale della
giurisprudenza amministrativa e penale, la presenza di uno iato - materiale e
temporale - tra la fase di emungimento e quella di trattamento già di per sé
depone per la qualificabilità delle acque in termini di “rifiuto liquido”. E,
difatti, l’alternativa nozione di “scarico” ontologicamente implica la
sussistenza di una continuità tra la fase di “generazione” del refluo e quella
della sua “immissione” nel corpo recettore, mentre l’esistenza di una fase
intermedia, in cui le acque sono stoccate in attesa della loro destinazione
finale, richiama direttamente i noti concetti di “trattamento” e “smaltimento”,
tipici della disciplina dei rifiuti.
Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, il Collegio
rileva come le acque emunte da una falda inquinata rientrino a buon diritto
nella nozione comunitaria e nazionale di “rifiuto liquido”. Detta nozione è,
infatti, elastica e comprensiva di qualunque sostanza, non più direttamente
utilizzabile, idonea ad arrecare un danno all’ambiente, come si evince, in primo
luogo, dal tenore della disciplina comunitaria vigente, dettata da ultimo
dall’art. 1, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE (che ha recepito precedenti
direttive di analogo tenore), secondo cui deve intendersi per “a) rifiuto:
qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo
di disfarsi”, laddove l’Allegato I della stessa direttiva indica tra i rifiuti,
al punto Q4, tutte le “sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi
subito qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature,
etc., contaminati in seguito all'incidente in questione”, definizione, questa,
così ampia da poter certamente ricomprendere anche le acque di falda emunte in
stato di inquinamento.
L’assunto trova conferma nella sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 settembre
2004, in causa C-103 Van de Walle e a., relativa ad un caso di sversamento
accidentale di idrocarburi (si tratta di un’ipotesi diversa da quella delle
dalle acque di falda di cui si discute, ma la pronuncia dà, comunque, conto
della “nozione aperta” di rifiuto introdotta dal Giudice comunitario).
Dopo aver premesso che le previsioni contenute negli elenchi allegati alle
direttive comunitarie in materia di rifiuti costituiscono, comunque, un semplice
“indizio dell'inclusione di tali sostanze e materie nell'ambito di applicazione
della nozione di rifiuto” e che a tal fine “è necessario verificare se il detto
sversamento accidentale di idrocarburi sia un atto mediante il quale il
detentore "si disfa" di tali sostanze”, la Corte ha chiarito che “il verbo
"disfarsi" va interpretato alla luce della finalità della direttiva 75/442
(antesignana di quella dianzi citata: n.d.r.), che è, ai sensi del suo terzo
“considerando”, la protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli
effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e
del deposito dei rifiuti, nonché alla luce dell'art. 174, n. 2, CE, il quale
stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale mira a un
elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della
precauzione e dell'azione preventiva”. Da tali premesse la Corte ha fatto
discendere l’assunto che il verbo "disfarsi" non può essere interpretato
restrittivamente e che, pertanto, “la sostanza o l'oggetto in questione, ove
costituiscano un residuo di produzione - vale a dire un prodotto che non è stato
ricercato in quanto tale al fine di un utilizzo ulteriore e che il detentore non
può riutilizzare a condizioni economicamente vantaggiose senza prima sottoporlo
a trasformazione - debbono considerarsi come un onere del quale il detentore "si
disfa". Per poi giungere alla conclusione che gli “idrocarburi che siano stati
accidentalmente sversati…non costituiscono un prodotto riutilizzabile…per il
loro detentore… (essendo) sostanze che quest'ultimo non aveva l'intenzione di
produrre e delle quali egli “si disfa”, quand’anche involontariamente, in
occasione di operazioni di produzione o di distribuzione ad esse attinenti” e
che quindi “...tali sostanze…debbono dunque essere qualificate come rifiuti ai
sensi della direttiva 75/442”.
Ciò conferma che il diritto comunitario, nell’interpretazione che di esso ha
dato la Corte di Giustizia, adotta una definizione aperta ed elastica di
“rifiuto”, incentrata, da una parte, sulla natura oggettivamente inquinante
della sostanza in esame e, dall’altra, sulla sua non riutilizzabilità, entrambe
caratteristiche riscontrabili in relazione alle acque di falda emunte, posto che
delle stesse non si ipotizza né si illustra - neppure da parte della società
ricorrente - un riutilizzo produttivo.
Tale impostazione trova ulteriore riscontro nella definizione di bonifica recata
dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva
normativa di settore), secondo cui la stessa consiste nell’insieme “degli
interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o
a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti (...) nelle acque
sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione limite
accettabili stabiliti dal presente regolamento”: tale definizione conferma che i
limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999, cioè proprio i valori di cui la
ricorrente disconosce l’applicabilità nel caso in esame, sono, invece,
riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra
l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”.
Né la tesi fin qui sostenuta trova smentita nella nuova disciplina introdotta
dal d.lgs. 152/2006, invocata dalla ricorrente anche in riferimento ad alcuni
recenti pronunciati giurisprudenziali.
Deve osservarsi, sul piano generale, che mentre la Parte III del dlgs.152/06
contiene la disciplina degli scarichi ed il relativo regime autorizzatorio, la
successiva Parte IV regolamenta la diversa materia della gestione dei rifiuti e,
ciò che maggiormente rileva in questa sede, la bonifica dei siti inquinati.
Orbene, ai sensi dell’art.185, la disciplina della Parte IV D.Lgs.152/06 non
trova applicazione per gli scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti
da acque reflue. Ed inoltre, ai sensi del comma 5 dell’art.108, proprio in
relazione alle acque reflue industriali (la cui definizione è contenuta al comma
1, lett. h, dell’art.74) il legislatore ha precisato che “L'autorità competente
può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5
del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e
disciplinati come rifiuti.
E, ancora, l’allegato “D” alla parte quarta del d.lgs. 152/2006 include
nell’elenco dei rifiuti, nel quale il legislatore italiano individua, con il
codice 19.13.07*, i rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle
operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose:
ai sensi del punto 3.4, infatti, i rifiuti contrassegnati con un asterisco sono
da considerarsi rifiuti pericolosi e ad essi si applicano le relative
disposizioni comunitarie; così come, in modo analogo, con il codice 19.13.08
sono individuati i rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle
operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla
voce 19.13.07 cit.
Da questa breve analisi sistematica dovrebbe emergere il sostanziale favor del
legislatore nazionale - sulla falsariga delle indicazioni provenienti
dall’ordinamento comunitario - ad una notevole estensione del concetto di
“rifiuto liquido”, quanto meno laddove sussistano i “requisiti sostanziali”
della non riutilizzabilità e della potenzialità inquinante.
Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che devono leggersi le
disposizioni cui fa principalmente riferimento la ricorrente, vale a dire i due
commi di cui si compone il già citato art. 243 del d.lgs. 152/2006, che così
recitano: “1. Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito
degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente
o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso,
nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque
superficiali di cui al presente decreto. 2. In deroga a quanto previsto dal
comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica dell'acquifero, è ammessa
la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nella stessa unità
geologica da cui le stesse sono state estratte, indicando la tipologia di
trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le
modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di
acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque reimmesse
devono essere state sottoposte ad un trattamento finalizzato alla bonifica
dell'acquifero e non devono contenere altre acque di scarico o altre sostanze
pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle presenti nelle acque
prelevate”.
Orbene il Collegio non condivide, per le ragioni esposte ed anche in base al
generale principio di prevenzione e cautela, la tesi della ricorrente secondo
cui tale disposizione avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per
finalità di disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale
disciplina dei rifiuti liquidi
Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della particolare natura
delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate allo smaltimento
senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da ordinari cicli
produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile l’omologazione ai reflui
industriali, come definiti chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art. 74 del
d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove accolta comporterebbe il
contrasto della normativa nazionale con la vigente disciplina comunitaria, con
inevitabile disapplicazione della prima.
Ma in ogni caso, anche a voler in astratto accedere alla ricostruzione proposta
dalla ricorrente, la stessa non potrebbe, comunque, condurre all’accoglimento
della censura, a causa delle peculiarità della fattispecie concreta ora
all’esame del Collegio.
Giova precisare, al riguardo, che secondo la tesi della stessa Syndial, la
diversa disciplina prevista nei due citati commi dell’art. 243 renderebbe
necessario distinguere due ipotesi: a) acque di falda destinate allo scarico nei
corpi idrici superficiali, per le quali, ai sensi del primo comma dell’art. 243,
i limiti di emissione dovrebbero coincidere con quelli (meno rigidi) previsti
per gli scarichi idrici nei corpi recettori; b) acque di falda, viceversa,
destinate alla reimmissione in falda, per le quali i limiti di emissione
dovrebbero coincidere, ai sensi del secondo comma dell’art. 243, con quelli (più
rigidi) previsti dall'Allegato 1 - Tabella 'Acque sotterranee' del D.M. 471 del
1999.
Orbene, rileva il Collegio come - anche laddove si volesse ammettere la
prevalenza della disposizione di cui all’art. 243, comma primo, cit., sulla
interpretazione sistematica del d.lgs. 152/2006 e sulla nozione comunitaria di
“rifiuto liquido” - resterebbe, comunque, il fatto che proprio nei precedenti
giurisprudenziali richiamati da parte ricorrente (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I,
12 giugno 2007, nn. 2247, 2248, 2249 e 2250), si afferma essere onere del
privato destinatario delle prescrizioni di bonifica quello di dar conto, al fine
di poter usufruire del regime di cui all’art. 243, comma 1, cit., della
destinazione finale delle acque di falda emunte, attestando che le stesse
saranno reimmesse nelle acque superficiali. Per cui, in assenza di dati
oggettivi al riguardo, non potranno considerarsi illegittime le prescrizioni
dell’Amministrazione che impongano il rispetto dei più rigidi limiti previsti
dal d.m. 471/1999.
Ed allora, sulla base di tale impostazione, che il Collegio pienamente
condivide, è agevole rilevare come nel caso di specie la ricorrente non abbia
dato alcuna indicazione - né in sede procedimentale (cfr. il doc. denominato
Modalità di gestione delle acque di falda emunte, prodotto sub 7.3, ove non è
contenuta alcuna precisazione in ordine al destino finale delle acque dopo il
loro trattamento), né durante il presente giudizio - circa la destinazione
finale delle acque emunte nella fase successiva al loro trattamento, pur a
fronte di espresse richieste di chiarimenti formulate dall’Amministrazione nel
corso del procedimento (cfr. punto 2 di pag. 61 del verbale della Conferenza di
servizi decisoria dell’11 luglio 2006, ove “si richiede di chiarire il destino
dei rifiuti liquidi prodotti dal trattamento di depurazione CASIC, in
particolare dovrà essere precisato l’impianto di depurazione cui sono inviati,
la tipologia di trattamento impiegata ed il limiti di abbattimento raggiunti dal
medesimo impianto”), per cui, nel dubbio, la ricorrente non può invocare
l’applicazione dell’art. 243, comma 1, che presuppone, quanto meno, la chiara e
documentata conoscenza, da parte dell’Amministrazione, della destinazione finale
dei reflui.
In base a quanto premesso non può che confermarsi la legittimità delle
prescrizioni impugnate e, di conseguenza, respingere le censure in esame.
C) Altro oggetto di contestazione riguarda le prescrizioni inerenti la messa in
sicurezza d’emergenza dei suoli.
Al riguardo è opportuno richiamare le diverse fasi del procedimento in cui
l’Amministrazione si è occupata di tale aspetto.
Nel corso della Conferenza di servizi decisoria dell’11 novembre 2005 era stato
discusso lo “Studio di fattibilità per la progettazione preliminare degli
interventi di bonifica” ed alla luce dei relativi risultati erano state
deliberate le seguenti prescrizioni: "1. Al fine di superare le contestazioni
relative alla definizione degli hot spots e della valutazione del rischio, la
messa in sicurezza d’emergenza, così come l’applicazione dell’analisi del
rischio, deve essere attuata in coerenza e nel rispetto dei criteri e delle
modalità previste dalla vigente normativa in materia di bonifica, con
riferimento alla tutela della salute e dell’ambiente; 2. Nelle zone industriali,
ai fini dell'applicazione delle misure di messa in sicurezza d'emergenza per le
sostanze molto tossiche, cancerogene e persistenti, così come definite dal'ISS,
dovranno essere individuati, almeno in fase di prima approssimazione, i casi di
inquinamento che superino di oltre 10 volte i valori tabellari fissati dalla
normativa vigente in materia di bonifica per i suoli e per le acque sotterranee.
Fermo restando che, nel caso in cui le concentrazioni non siano tali da superare
la suddetta soglia rispetto ai valori tabellari, resta comunque in capo
all'Azienda l'obbligo della messa in sicurezza e della bonifica. 3. Con
riferimento alle sostanze volatili, l'adozione di misure di messa in sicurezza
d'emergenza sarà effettuata qualora - a seguito di un'indagine sito specifica,
svolta sulla base di analisi di campo e riferita agli standards normativi e
contrattuali vigenti - sia specificato, di concerto con gli Enti di controllo,
il superamento dei limiti normativi vigenti di esposizione professionale, ovvero
del TLW/TWA. Con riferimento alle sostanze non volatili, l'adozione di misure di
messa in sicurezza d'emergenza, mediante mitigazione e/o chiusura dei percorsi
di esposizione, sarà effettuata dopo una verifica, condotta congiuntamente agli
Enti di controllo, della reale possibilità di esposizione per contatto dermico e
da ingestione di contaminanti presenti sul suolo superficiale".
A seguito di tali prescrizioni, la Sindyal ha poi inviato un ulteriore studio,
denominato “Valutazione della necessità di misure di messa in sicurezza a tutela
della salute dei lavoratori in relazione alla presenza di contaminazione nel
suolo e nella falda”, che le Amministrazioni interessate hanno preso in esame
nel corso della Conferenza di servizi decisoria dell’11 luglio 2006. Ivi si è
dato atto (cfr. punto 18b dell’o.d.g.), dopo ampio richiamo delle prescrizioni
dettate nella precedente Conferenza, che il nuovo documento inviato dalla
Syndial si articolava in quattro distinte fasi: "1. individuazione di hot spots
(superamento di almeno 10 volte i limiti tabellari); 2. esecuzione di un
monitoraggio per la verifica della qualità dell'aria con analisi della frazione
respirabile delle polveri aerodisperse; 3. calcolo dei valori di esposizione; 4.
confronto dei risultati con i valori limite di legge previsti all'ACGLH (2005)"
e si è, altresì, rilevato che, alla luce dei relativi risultati, le
concentrazioni di metalli “sono risultate tutte inferiori ai TWA”, ma “le
concentrazioni dei metalli nelle polveri depositate a terra” hanno, invece,
denotato la presenza di hot spots “per i seguenti parametri: Sb (conc. max:
4600mg./kg); As (conc. max. 1100 mg./kg.); Pb. (conc. max. 22000 mg/kg.)”,
nonché di idrocarburi e di altro inquinante (Pentacloroflonerolo) in misura
nettamente superiore ai limiti di legge.
In base a tali premesse, la Conferenza dell’11 luglio 2006 ha, in conclusione,
deliberato “l’attivazione di misure di messa in sicurezza d’emergenza dei suoli,
considerata l’immediata disponibilità dei metalli pesanti rilevati, e di
trasmettere una relazione tecnica in merito….di richiedere una integrazione
dello studio effettuato, che tenga conto delle sopra citate prescrizioni e delle
ulteriori prescrizioni che i soggetti interessati potranno trasmettere nel
termine di 20 giorni dal ricevimento del presente verbale, al fine
dell’eventuale attuazione di misure di messa in sicurezza integrative”.
Avverso tali prescrizioni, la società ricorrente deduce le censure contenute sub
III e IV nel ricorso RG. 946/2006, nonché le censure indicate sub X e XI nel
ricorso RG. 531/2007, che possono essere esaminate unitariamente.
Sostiene, in primo luogo, la ricorrente che tali prescrizioni si porrebbero in
contrasto con i risultati delle verifiche sulle quali si è basata la stessa
Amministrazione ed evidenzia, al riguardo, come gli studi in questione,
conformemente alle indicazioni ricevute nella Conferenza di servizi dell’11
novembre 2005, siano stati effettuati utilizzando i criteri indicati nel
“Protocollo di Porto Marghera”, cioè mediante il prelievo e l’analisi di
campioni delle polveri aeorodisperse, il cui stato darebbe conto dello stato dei
suoli superficiali e delle polveri depositate. Ebbene, secondo la ricorrente, i
risultati dell’analisi avrebbero evidenziato l’assenza di punti di superamento
dei limiti di concentrazione per piombo, arsenico e zinco, ragion per cui la
decisione della Conferenza sarebbe viziata da eccesso di potere per difetto
d’istruttoria e travisamento dei fatti.
In secondo luogo la ricorrente afferma che le impugnate prescrizioni si
porrebbero in contrasto con la normativa vigente (art. 240, comma 1, lett. m) e
t), del d.lgs. 152/2006), che consente di attivare la fase della messa in
sicurezza d'emergenza solo a fronte di eventi contaminanti improvvisi e
caratterizzati da immediata pericolosità, e contempla, comunque, solo misure “a
breve termine” e di immediata realizzabilità.
L’Amministrazione resistente obietta che i risultati indicati da Syndial
riguarderebbero esclusivamente accertamenti svolti su campioni delle polveri
aerodisperse - di per sé poco significativi e, comunque, non esaustivi - mentre
le prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi si fonderebbero (anche) su
alcuni hot spots relativi alla concentrazione di metalli pesanti al suolo,
rivelatori di un imminente pericolo per i lavoratori che giustificherebbe
l’adozione delle misure prescritte.
Le richiamate censure non meritano accoglimento.
La ricorrente, infatti, concentra le proprie doglianze sulla correttezza degli
studi svolti sulle poveri aerodisperse, ma omette di precisare quali siano stati
(anche) i risultati delle analisi svolte direttamente sui suoli, cui fa
riferimento la Conferenza di servizi. E, difatti, la stessa Syndial,
nell’esporre i risultati delle analisi che considera a sé favorevoli,
espressamente li introduce utilizzando l’espressione: “L’analisi dei risultati
delle polveri aerodisperse ha evidenziato…” (pag. 22, quint’ultimo rigo, del
ricorso RG. 946/2006), mentre a pag. 21 dello stesso ricorso si legge che “le
aree in cui sono state rilevate polveri deposte con concentrazioni di inquinanti
10 volte maggiori di quelle stabilite dalla normativa vigente sono state di
fatto aggiunte all’elenco degli hot spots”. Tali espressioni confermano, da un
lato, che i risultati positivi cui fa riferimento Syndial riguardano solo i
campioni delle polveri aerodisperse e, dall’altro lato, che la stessa non ha
tenuto conto degli hot spots rilevati sui campioni prelevati al suolo.
Il Collegio, del resto, non condivide l’assunto di base della ricorrente,
secondo cui ai fini della messa in sicurezza d’emergenza l’Amministrazione
avrebbe dovuto tenere conto delle sole analisi inerenti le polveri aerodisperse.
Esso, infatti, trova espressa smentita proprio nei criteri metodologici che la
ricorrente dichiara di aver applicato, vale a dire le prescrizioni dettate dalla
Conferenza di servizi decisoria dell’11 novembre 2005, ove si legge, al
riguardo, che “2. Nelle zone industriali, ai fini dell'applicazione delle misure
di messa in sicurezza d'emergenza per le sostanze molto tossiche, cancerogene e
persistenti, così come definite dal'ISS, dovranno essere individuati, almeno in
fase di prima approssimazione, i casi di inquinamento che superino di oltre 10
volte i valori tabellari fissati dalla normativa vigente in materia di bonifica
per i suoli e per le acque sotterranee”: l’Amministrazione aveva, quindi,
espressamente riferito l’accertamento degli hot spots (anche) ai suoli ed alle
acque sotterranee, il che risponde, peraltro, a condivisibili criteri logici,
ancor prima che tecnico-scientifici, essendo di tutta evidenza come per valutare
gli effettivi rischi di contaminazione presenti in sito sia necessario tenere
conto - oltre che di analisi svolte su campioni delle polveri aeree, per loro
natura volatili e soggette a continue variazioni - anche della situazione in cui
versano i suoli.
Allo stesso modo non possono condividersi i rilievi mossi in ordine alla
violazione delle norme che regolano la messa in sicurezza d’emergenza, sotto il
profilo dei presupposti e della tipologia di misure applicabili.
Non vi è dubbio che la situazione di contaminazione riscontrata sui suoli fosse
idonea a configurare la condizione richiesta dall’art. 240, comma 1, lett. t),
nn. 1 e 2, del d.lgs. 152/2006 (“presenza di quantità significative di prodotto
in fase separata sul suolo”: n.1, “idonee a causare effetti nocivi acuti alla
salute”: n.2), che ben può considerarsi realizzata ogni qual volta si prospetti
una situazione di rischio, che nel caso di specie assumeva particolare
concretezza in ragione della presenza nel sito di lavoratori potenzialmente a
contatto con le sostanze contaminanti.
Così come il Collegio ritiene che le prescrizioni dettate dalla Conferenza di
servizi abbiano la natura e le caratteristiche descritte dall’art. 240, comma 1,
lett. m), d.lgs. 152/2006 (“ogni intervento immediato o a breve termine, da
mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t)…”, posto
che la Conferenza di servizi si è limitata a “richiedere l’attivazione di misure
di messa in sicurezza d’emergenza dei suoli, considerata l’immediata
disponibilità dei metalli pesanti rilevati, e di trasmettere una relazione
tecnica in merito….richiedere una integrazione dello studio effettuato, che
tenga conto delle sopra citate prescrizioni e delle ulteriori prescrizioni che i
soggetti interessati potranno trasmettere nel termine di 20 giorni dal
ricevimento del presente verbale, al fine dell’eventuale attuazione di misure di
messa in sicurezza integrative”, disponendo, in tal modo, misure (peraltro assai
genericamente individuate) aventi carattere d’intervento immediato, cioè azioni
non certamente caratterizzate da particolare complessità operativa.
D) Costituiscono ulteriore oggetto di contestazione le prescrizioni con cui è
stata imposta alla Syndial la realizzazione, quale misura integrativa di messa
in sicurezza d'emergenza della falda, di “un sistema di confinamento fisico, ad
integrazione del barrieramento idraulico”.
Ciò è stato disposto nel corso delle Conferenze di servizi del 31 maggio 2005 e
dell’11 novembre 2005, i cui atti sono stati approvati mediante il decreto 5
aprile 2007, prot. n. 3503/QDV/DI/B, del Direttore Generale della Direzione
Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare, impugnato con il ricorso RG. 531/2007.
La relativa misura è solo genericamente descritta nei citati verbali, ma
parrebbe consistere, secondo quanto si legge nella memoria difensiva
dell’Amministrazione statale resistente, nella “realizzazione di un diaframma
plastico impermeabile, immorsato ad una profondità di circa 20 m. all’interno
dello strato di argilla nocciola, e la realizzazione di una copertura
impermeabilizzata superficiale dell’intera area diaframmata” (pag. 7 della
memoria difensiva dell’Amministrazione resistente), al fine di arginare la
potenziale espansione dell’inquinamento di falda verso obiettivi esterni. Tale
ipotesi operativa, sempre stando a quanto si legge nella memoria della difesa
erariale (cfr. sempre a pag. 7), era stata, in effetti, proposta dalla stessa
Syndial nell’ambito di un Progetto preliminare di bonifica dell’area, ma
l’Amministrazione, avendo nel frattempo accertato l’esistenza di un grave
inquinamento di falda, ne ha poi anticipato la realizzazione alla fase di messa
in sicurezza d’emergenza, al fine di “contenere nel modo migliore la diffusione
dell'inquinamento verso l'esterno dello stabilimento e quindi rappresenta la
migliore soluzione in termini di messa in sicurezza d'emergenza nei confronti
della diffusione della contaminazione verso bersagli esterni" (cfr. punto 5
dell'o.d.g. della Conferenza di servizi del 31 maggio 2005 e punti 5a n. 3 dell'o.d.g.
della Conferenza di servizi dell'11 novembre 2005).
Avverso tale prescrizione la Sindyal propone i motivi IV, V, VI, VII e VIII del
ricorso RG. 531/2007.
Di tali censure il Collegio ritiene fondate quelle che attengono al difetto di
motivazione ed istruttoria ed alla inadeguatezza della prescrizione in esame
rispetto alla fase della messa in sicurezza d’emergenza, con assorbimento degli
ulteriori motivi dedotti.
La ricorrente rileva, in particolare, come l'Amministrazione, a parte richiamare
il superamento dei valori di concentrazione previsti dal d.m. 471/1999, non
abbia illustrato i dati e le ragioni tecniche in base ai quali, per un verso, ha
ritenuto che il barrieramento fisico costituisse misura necessaria e compatibile
con il già esistente barrieramento idraulico, nonché, per altro verso, ha
ritenuto insufficiente quest’ultimo sistema, pur in presenza di “risultati
incoraggianti” all’esito dalla campagna di monitoraggio del 2007 sulle acque di
falda. Osserva, altresì, la ricorrente che l’attuazione di tale prescrizione
comporterebbe gravi criticità, quali deviazioni del flusso idrico, imprevedibili
sollevamenti di falda, perdite occulte, etc., in ordine alle quali
l’Amministrazione non avrebbe svolto opportune indagini e valutazioni. Ed
infine, secondo la ricorrente, la prescrizione in esame, per la sua complessità,
si porrebbe in contrasto con la disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, che
nell'ambito delle "misure di sicurezza d'emergenza" contempla esclusivamente
misure di carattere immediato ed a "breve termine", attivabili solo a fronte di
eventi contaminanti improvvisi e caratterizzati da immediata pericolosità.
Tali doglianze meritano accoglimento.
Già si è avuto modo di osservare, in relazione al precedente punto C), che gli
artt. 240 e segg. del d.lgs 152/06 descrivono gli interventi di messa in
sicurezza di emergenza alla stregua di misure realizzabili in tempi
relativamente brevi, mentre nel caso ora in esame (a differenza di quanto si è
osservato per le prescrizioni esaminate sub C) tale presupposto non si
riscontra, posto che l’inserimento di un diaframma plastico a circa 20 m. di
profondità è operazione certamente complessa e di non immediata realizzazione,
come del resto parrebbe confermare il fatto che la stessa misura era stata
inizialmente proposta da Syndial nell’ambito del Progetto preliminare di
bonifica (e non già di messa in sicurezza d’emergenza) del sito.
La violazione delle norme sui presupposti delle misure di sicurezza d’emergenza
diviene più evidente laddove si abbia riguardo alla radicale insufficienza degli
elementi motivazionali ed istruttori posti a base dell’impugnata prescrizione.
E, difatti, l’unica argomentazione che vi è posta a fondamento è quella che si
legge al punto 5 dell'o.d.g. della Conferenza di servizi del 31 maggio 2005 ed
al punto 5a n. 3 dell'o.d.g. della Conferenza di servizi dell'11 novembre 2005,
secondo cui il barrieramento fisico sarebbe in grado di “contenere nel modo
migliore la diffusione dell'inquinamento verso l'esterno dello stabilimento e
quindi rappresenta la migliore soluzione in termini di messa in sicurezza
d'emergenza nei confronti della diffusione della contaminazione verso bersagli
esterni”. Nessuna considerazione è svolta, invece, circa sull’effettiva
necessità della misura in chiave di messa in sicurezza di emergenza, circa
sull’insufficienza dell’esistente sistema di barrieramento idraulico, sulla
possibilità di utilizzare sistemi alternativi, etc. Così come la prescrizione
non trova adeguato fondamento in alcun accertamento tecnico, che la indichi come
sistema unico, o comunque, più efficiente, ai fini della messa in sicurezza
d’emergenza del sito.
Tutto ciò evidenzia un chiaro difetto di motivazione ed istruttoria, nei termini
dedotti dalla società ricorrente, per cui la prescrizione in esame è da
ritenersi illegittima e ciò comporta l’annullamento in parte qua dei relativi
verbali delle conferenze di servizi e del decreto dirigenziale di approvazione
degli stessi.
E) Vengono poi in rilievo le ulteriori prescrizioni inerenti la messa in
sicurezza d’emergenza delle acque di falda, adottate dalla Conferenza di servizi
decisoria del 13 marzo 2008.
Si tratta, in particolare, delle prescrizioni indicate, da n. 1 a n. 11, alle
pagg. 119-121 del verbale, cui si fa riferimento, ai fini dell’approvazione
finale, a pag. 125 dello stesso (ove, a ben vedere, si citano erroneamente le
pagg. 116-118, ma il rinvio deve essere correttamente riferito alle citate pagg.
119-121, ove si parla, appunto, delle restanti misure di messa in sicurezza
d’emergenza delle acque).
In questa occasione la Conferenza di servizi ha definitivamente recepito ed
approvato le prescrizioni già emerse nel corso della precedente Conferenza di
servizi istruttoria del 18 luglio 2007, richiedendo, in sintesi: - una relazione
di dettaglio sulle modalità di invio delle acque di falda emunte al Consorzio
Area Sviluppo Industriale di Porto Torres, contenente, tra l’altro le relative
autorizzazioni di cui agli artt. 27 e 28 d.lgs. 22/1997, nonché le analisi
effettuate per l’omologazione delle acque di falda trattate con i parametri
previsti dalla legge; - la presentazione, da parte di Syndial, del Progetto
finale delle misure di sicurezza d’emergenza delle acque di falda, tenendo conto
degli esiti di apposite prove che la stessa società è chiamata ad effettuare; -
l’indicazione, nel citato Progetto, del numero di pozzi, della loro esatta
localizzazione e delle portate di emungimento; - l’adozione, per i nuovi pozzi
di emungimento, di scelte costruttive diverse da quelle proposte da Syndial
(doppia fenestratura localizzata in corrispondenza della prima e della seconda
falda), in quanto essa comporta rischi di miscelazione delle acque di falda
emunte dai due acquiferi; - la descrizione esaustiva dei meccanismi di
trattamento degli inquinanti presenti nelle acque di falda, con relativa
all’impianto utilizzato ed alle modalità di trattamento; - gestione delle acque
di falda come rifiuto liquido, con tutte le conseguenze di legge; - l’inclusione
nel citato Progetto di un dettagliato Piano di monitoraggio quali-quantitativo
delle acque di falda a seguito della realizzazione dell’intervento di messa in
sicurezza di emergenza; - l’integrazione del Cronoprogramma già presentato da
Syndial per adeguarlo alle prescrizioni sollevate nella Conferenza di servizi
decisoria dell’11 luglio 2006, evidenziando le misure attive nelle varie fasi di
cantiere.
Nei confronti di tali prescrizioni Sindyal deduce il VII e l’VIII motivo del
ricorso RG. 602/2008, che possono essere esaminati unitariamente.
La ricorrente contesta, in primo luogo, il fatto che l'Amministrazione abbia
ribadito ed ulteriormente puntualizzato le proprie precedenti prescrizioni in
materia senza aver in alcun modo valutato la richiesta (inviata da Syndial con
nota del gennaio 2007, prot, 001/wv/2007) di trattare questo genere di misure
come inerenti la messa in sicurezza permanente (e non già la messa in sicurezza
d'emergenza), alla luce della disciplina nel frattempo introdotta dal d.lgs.
152/2006 ed in ragione dell’intrinseco carattere strutturale delle misure
stesse; nonché senza aver in alcun modo valutato la nuova documentazione inviata
da Sindyal con nota 8 febbraio 2008, prot. 08/ML/2008, comprensiva di “Misure di
prevenzione della falda del sito di San Gavino - Progetto Finale”, “Definizione
del Fondo Naturale della Falda del sito di San Gavino” e “Modalità di gestione
delle acque di Falda emunte”.
In secondo luogo deduce il difetto di motivazione ed istruttoria in ordine al
pericolo di diffusione della contaminazione o di contatto con le altre matrici
presenti nel sito. Tale pericolo, infatti, non potrebbe essere automaticamente
ricollegato all’avvenuto ritrovamento, nelle acque di falda emunte, di sostanze
contaminanti in valori superiori alle CSC (concentrazioni soglia di
contaminazione), posto che tale modus operandi - già non supportato dal regime
giuridico esistente all’epoca del d.m. 471/1999 (art. 2, lett. d, dello stesso)
- sarebbe ulteriormente smentito dal successivo d.lgs. 152/2006, che agli artt.
240 e segg. postula, ai fini della messa in sicurezza d’emergenza,
l’accertamento in concreto di una situazione di grave ed imminente pericolo.
Tali censure non meritano accoglimento, per le ragioni che si passa ad esporre.
Può prescindersi dall’esame di quelle prescrizioni, tra quelle ora in oggetto,
che fanno riferimento alla ritenuta natura di “rifiuto liquido” delle acque di
falda emunte, posto che tale problematica è stata già ampiamente valutata al
precedente punto A, per respingere le relative censure, e tale esito può essere
ora confermato mediante integrale rinvio a quella precedente trattazione.
Quanto alle ulteriori doglianze, neppure queste meritano accoglimento.
Rileva il Collegio, in primo luogo, come Syndial non abbia adeguatamente
smentito le documentate argomentazioni dell’Amministrazione statale resistente,
la quale, alle pagg. 26 e segg. della propria memoria difensiva, ha messo in
evidenza, fra l’altro, che: - con sopralluogo svolto dal P.M.P. - A.S.L. di
Cagliari in data 12 luglio 2007, è stato accertato che Syndial non ha dato corso
alle prescrizioni, dettate nelle Conferenze di servizi dell’11 novembre 2005 e
dell’11 luglio 2006, relative al necessario potenziamento del sistema idraulico
di emungimento delle acque di falda, mediante sbarramento idraulico integrativo
lungo l’allineamento di circa 600 m. nell’area sud occidentale dello
stabilimento, così come proposto dalla stessa società nella documentazione
inviata e discussa in sede di Conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio
2007”; - che ciò ha aggravato i rischi connessi all’obiettiva situazione di
contaminazione delle acque di falda riscontrata in sito, consistente in alte
concentrazioni di un elevato numero di metalli pesanti, rischi che consistono
soprattutto nella possibilità che il relativo inquinamento, proprio attraverso
l’inevitabile deflusso della falda, si propaghi al vicino Rio Mannu; - che
l’insufficienza dell’attuale sistema di pozzi di emungimento è reso evidente dal
fatto che, allo stato, esistono solo 9 pozzi per un’area di ben 166.500 mq.; -
che la situazione emergenziale, cui l’Amministrazione ricollega la necessità di
misure di messa in sicurezza d’emergenza, deriva, da un lato, dalla natura
stessa della falda, fonte inquinante ontologicamente capace di comportare una
propagazione repentina ed imprevedibile dell’inquinamento, dall’altro
dall’esistenza in sito di ulteriori fattori di rischio, come il constatato
inquinamento dei suoli; - che la nota Syndial datata 8 febbraio 2008, contenente
numerosa nuova documentazione incidente sulla tematica in oggetto, è stata
acquisita dall’Amministrazione appena un mese prima della Conferenza di servizi
del 13 marzo 2008, per cui, nelle more di un ponderato esame di materiale così
copioso, l’Amministrazione ha ritenuto, nel frattempo, ribadire e puntualizzare
le proprie prescrizioni di carattere emergenziale.
Orbene, tanto più a fronte di elementi difensivi così circostanziati e
significativi, le censure in esame si rivelano generiche e proposte in una
prospettiva sostanzialmente astratta ed avulsa dai concreti dati procedimentali.
Ciò premesso, deve rilevarsi come il denunciato vizio di motivazione ed
istruttoria, in effetti, non sussista, posto che l’iter logico seguito
dall’Amministrazione, in una vicenda procedimentale così articolata e complessa,
deve desumersi - non già soltanto dal tenore testuale dell’impugnato verbale
della Conferenza - bensì dall’intero complesso di atti e verbali che l’hanno
preceduto ed accompagnato. Così, ad esempio, la ricorrente ben sapeva che il
potenziamento del sistema idraulico di emungimento delle acque di falda era
stato richiesto da tempo, in occasione di precedenti conferenze di servizi, e
che, non di meno, non vi aveva mai dato corso; il che è tanto più grave ove si
consideri che quel sistema di sbarramento idraulico costituisce, allo stato,
l’unico presidio opponibile alla potenziale diffusione dell’inquinamento
mediante falda, atteso che la ricorrente non ha inteso (peraltro legittimamente,
come già si è visto al punto D) ottemperare alla richiesta dell’Amministrazione
di realizzare anche un sistema di sbarramento fisico (e non è superfluo
rilevare, al riguardo, come la stessa Syndial abbia indicato, a pag. 36 del
precedente ricorso RG. 531/2007, quale soluzione alternativa al barrieramento
fisico, “l’aumento dei punti di emungimento della barriera idraulica o del
quantitativo di acqua da emungere o comunque i possibili adeguamenti tecnici
della medesima barriera”, cioè proprio l’oggetto delle prescrizioni che ora,
invece, contesta).
La ricorrente, in altre parole, non può rifiutarsi di realizzare il richiesto
barrieramento fisico e contemporaneamente opporsi anche alla richiesta di
potenziamento dell’esistente barrieramento idraulico, perché un simile
atteggiamento si traduce nella sostanziale indisponibilità ad assicurare la
messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda, che costituisce, invece,
suo preciso dovere. Né, d’altra parte, può mettersi fondatamente in dubbio
l’esistenza di un rischio grave ed immediato di propagazione della
contaminazione, posto che, come si legge negli impugnati verbali (e come risulta
da accertamenti svolti dal P.M.P. ed altri organi tecnici, che la ricorrente
neppure specificamente contesta), è stata accertata la presenza nella falda di
un grave stato d’inquinamento, il cui deflusso propende pericolosamente verso un
obiettivo sensibile come il vicino Riu Mannu, il che, tra l’altro, smentisce
l’ulteriore rilievo della Syndial in ordine alla mancata valutazione della
propria richiesta di “procrastinare” l’attuazione delle prescrizioni impugnate
alla fase di messa in sicurezza permanente del sito.
In un simile contesto anche il denunciato mancato esame della documentazione
inviata da Syndial all’Amministrazione si rivela aspetto di carattere meramente
formale, come tale ininfluente in una sequenza procedimentale così copiosa ed
articolata, posto che la stessa ricorrente non ha neppure evidenziato quali
elementi di quella documentazione integrativa avrebbero potuto indurre
l’Amministrazione a formulare valutazioni diverse.
F) Un ulteriore oggetto d’impugnativa è costituito dalla decisione assunta dalla
Conferenza di servizi del 13 marzo 2008 di non approvare il Progetto di messa in
sicurezza permanente del sito presentato da Syndial (che fu oggetto, in sede di
analisi preliminare, anche di precedenti Conferenze di servizi) e di dettare, al
riguardo, ulteriori prescrizioni.
Le doglianze della ricorrente si concentrano, in primo luogo, sulla prescrizione
contenuta a pag. 117, punto 2, del verbale, ove si afferma che “l’intervento di
messa in sicurezza permanente in progetto (di cui ai successivi punti dell’o.d.g.)
dovrà garantire l’effettivo isolamento della sorgente. A proposito si fa
presente che la copertura superficiale dovrà avere le caratteristiche previste
dal d.lgs. 36/03. Relativamente alle pareti, il diaframma plastico in progetto
dovrà assicurare le caratteristiche di permeabilità relative alle discariche per
rifiuti pericolosi/non pericolosi a seconda delle caratteristiche dei rifiuti
presenti. Relativamente al fondo nel caso in cui lo strato naturale presente
(strato di argilla nocciola) non presenti adeguate caratteristiche di
permeabilità, si dovrà valutare la possibilità di realizzare un sistema
artificiale che garantisca i presidi ambientali di cui al d.lgs. 36/03”.
La ricorrente contesta, inoltre, le prescrizioni dettate a pag. 123 del verbale
(da n. 1 a n. 6), aventi ad oggetto, oltre alla richiesta di nuovi studi ed
analisi, il recepimento di prescrizioni già rivolte, nei confronti del Progetto
di messa in sicurezza permanente presentato da Syndial, in sede di Conferenza di
Servizi decisoria dell’11 luglio 2006, inerenti: - l’indicazione delle
limitazioni di utilizzo delle porzioni di area interessata dall’intervento di
messa in sicurezza permanente ed i conseguenti adeguamenti catastali; -
l’adeguamento del progetto alle caratteristiche dell’area confinante a quella
interessata alla messa in sicurezza permanente, posto che la stessa area
confinante fu oggetto della medesima attività di fonderia e, pertanto, deve
presumersi che la tipologia di contaminazione sia ivi analoga; - la necessità
che i terreni utilizzati per il livellamento delle scarpate in corrispondenza
dell’area di discarica debbano presentare idonee caratteristiche chimiche; - il
chiarimento di dettagli tecnici relativi ai pozzi di emungimento che si
intendono realizzare al servizio dell’area interessata alla messa in sicurezza
permanente; - la mancata approvazione della proposta di non trattare le acque
emunte in zona sul presupposto che le stesse non dovrebbero essere contaminate.
La ricorrente deduce, avverso le citate prescrizioni, i motivi, III, IV, V e VI
del ricorso RG. 602/1998, che si passa ad esaminare.
In primo luogo si deduce (con il III motivo) un travisamento dei fatti, in
quanto l’Amministrazione avrebbe erroneamente ritenuto che il progetto di messa
in sicurezza permanente presentato da Syndial riguardasse esclusivamente un’area
adibita a discarica e che per questo dovesse rispettare i relativi presidi di
legge, laddove quel progetto avrebbe, invece, ad oggetto un’area avente per gran
parte altra destinazione, rappresentando la discarica solo una piccola porzione
del sito.
Tale censura non merita di essere condivisa.
Giova precisare, al riguardo, che la stessa è specificamente rivolta nei
confronti della prescrizione imposta a pag. 117, punto 2, del verbale, con cui
si è previsto di estendere la protezione all’intera area, al fine di assicurare
“l’effettivo isolamento della sorgente” e che, a tal fine, “la copertura
superficiale dovrà avere le caratteristiche previste dal d.lgs. 36/03” in
materia di discariche.
Sul punto assume rilievo la memoria difensiva dell’Amministrazione statale
resistente, ove si osserva che gli accertamenti svolti hanno consentito di
accertare la presenza di residui inquinanti anche in sottoaree diverse da quella
denominata “Discarica” (scorie miscelate, contenenti solfuri di zinco e piombo,
per un volume complessivo di circa 250,000 m/c): tale circostanza, non essendo
stata contestata in fatto dalla ricorrente, può considerarsi accertata, e va da
sé, quindi, che la decisione dell’Amministrazione di estendere le misure
d’isolamento della fonte inquinante anche ad altre sottoaree interessate risulti
esente dai vizi logici ed istruttori contestati.
Distinta doglianza è quella con cui la ricorrente (sempre nel III motivo)
sostiene che la normativa sulle discariche non potrebbe trovare applicazione in
fase di messa in sicurezza permanente, perché le relative norme (art. 240, lett.
0, ed Allegato 3 Parte IV, del d.lgs. 152/2006) non la richiamano. E, d’altra
parte, il progetto elaborato da Syndial sarebbe, comunque adeguato ai presidi
previste per le discariche di rifiuti pericolosi, per cui la relativa
prescrizione sarebbe, anche sotto questo aspetto, ingiustificata.
Neppure queste argomentazioni meritano di essere condivise.
L’attività di messa in sicurezza permanente trova definizione all’art. 240,
lett. 0), del dlgs. 152/2006, a mente del quale è “messa in sicurezza
permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le
fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un
elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In
tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni
d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici”. A ciò si aggiungono
i protocolli operativi contenuti nell’Allegato III al Titolo V dello stesso
d.lgs., ove sono contenute tanto indicazioni di carattere generale quanto
modalità operative specificamente relative alla messa in sicurezza permanente.
Tali previsioni normative, a prescindere da un’analisi di dettaglio, definiscono
la messa in sicurezza permanente in chiave sostanzialmente funzionale, nel senso
che descrivono solo in generale le modalità operative, per concentrarsi
essenzialmente sugli obiettivi che la misura deve perseguire. Il legislatore
richiede, in particolare, che, all’esito della messa in sicurezza permanente, le
sorgenti di possibile inquinamento risultino effettivamente isolate rispetto ai
potenziali obiettivi sensibili. E proprio tale aspetto, che particolarmente
rileva nel caso in esame, è oggetto di espressa previsione, contenuta
nell’Allegato III in precedenza citato, ove si indica, quale caratteristica
necessaria dell’intervento, “l’efficacia delle misure di sicurezza in caso di
messa in sicurezza permanente, in particolare di quelle adottate al fine di
impedire la migrazione degli inquinanti all'esterno dell'area oggetto
dell'intervento”.
Deve, quindi ritenersi che la disciplina richiamata dalla ricorrente lasci
all’Amministrazione ampia discrezionalità nell’individuazione delle misure
ritenute necessarie alla luce delle caratteristiche del sito e delle aree
circostanti, e la vincoli, soltanto, a perseguire l’obiettivo di una effettiva e
completa messa in sicurezza degli stessi. Per cui il mancato richiamo, da parte
del legislatore, delle norme sui presidi richiesti in materia di discariche non
comporta, di per sé solo, come sostiene la ricorrente, l’illegittimità della
richiesta di attenersi ai medesimi presidi: è quest’ultima, infatti, una
valutazione tecnica che l’Amministrazione ha svolto tenendo conto delle
caratteristiche del sito, che l’hanno condotta, evidentemente, a ritenere
necessarie ed opportune proprio quelle metodologie. In altre parole il
riferimento alla normativa sulle discariche costituisce semplicemente una
modalità utilizzata dall’Amministrazione per indicare, in sintesi, la tipologia
di misure che la stessa ha ritenuto indispensabile ai fini di una effettiva
messa in sicurezza del sito, il che esclude la fondatezza della censura in
esame.
Syndial osserva (con il IV motivo), ancora, come nella sottoarea del sito
denominata, per l’appunto, “discarica”, fosse già stato eseguito un intervento
di messa in sicurezza permanente, sulla base di un progetto denominato “Bonifica
dell’area di stoccaggio scorie industriali”, approvato dall’Assessorato della
Difesa dell’Ambiente della Regione sarda con decreto 14 maggio 1993, n. 6964, e
definitivamente ultimato nel gennaio 1996. Tale pregressa attività di bonifica
sarebbe tuttora “fatta salva” dalle disposizioni transitorie dettate tanto
dall’art. 18 d.m. 471/1999 quanto dall’art. 264, comma 4, d.lgs. 152/2006, per
cui le nuove prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi del 13 marzo 2008
sarebbero sovrabbondanti.
La censura è priva di pregio.
E, difatti, - anche a prescindere dalla questione giuridica relativa
all’incidenza della normativa transitoria richiamata dalla ricorrente sulla
fattispecie in esame - la stessa Syndial non ha, comunque, mai contestato la
necessità di una ulteriore attività di messa in sicurezza permanente della
sottoarea denominata “discarica”, tanto da avere elaborato, anche su tale
aspetto, un progetto di messa in sicurezza permanente (si legga, sul punto, la
memoria difensiva della ricorrente in data 2 dicembre 2008, ove espressamente si
afferma, a pagg. 13 e 14, che dopo l’ultimazione della bonifica del 1995-1996
“Syndial ha presentato al Comune di San Gavino Monreale un progetto preliminare
di messa in sicurezza permanente, avente ad oggetto tutte le aree dello
stabilimento, ivi compresa l’area cd. “discarica”).
Ma, soprattutto, assume importanza dirimente il fatto (posto in evidenza
dall’Amministrazione e non contestato, in fatto, dalla ricorrente) che - pur
dopo l’attività di bonifica conclusa nel gennaio 1996, cui fa riferimento la
ricorrente - l’area in questione ha continuato a manifestare obiettivi indici di
inquinamento, con rischio di diffusione nelle aree circostanti, per cui è,
comunque, indiscutibile che lo stesso sito necessiti, a tutt’oggi, di un
intervento di messa in sicurezza permanente, il che smentisce la tesi della
ricorrente.
La Syndial sostiene, inoltre (V motivo), che le prescrizioni indicate a pag. 123
(da n. 1 a n. 6) del verbale, ove sostanzialmente si ripropongono prescrizioni
già dettate dalla Conferenza di servizi dell’11 luglio 2006 e poi ribadite dalla
Conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio 2007, sarebbero già state
integralmente recepite e che ciò sarebbe stato comunicato all’Amministrazione
con nota dell’ 8 febbraio 2008, la quale non ne avrebbe tenuto conto,
incorrendo, anche per questo nei contestati vizi di difetto di motivazione ed
istruttoria.
Anche questa censura è priva di pregio.
È sufficiente osservare, al riguardo, e ciò vale anche per l’analogo rilievo
contenuto nel III motivo già in precedenza esaminato, che la ricorrente non ha
neppure interesse a dedurre una simile censura perché, quand’anche fosse vero
che la situazione di fatto è stata già adeguata alle prescrizioni da ultimo
riproposte dalla Conferenza di Servizi, nessuna ulteriore attività dovrebbe
essere svolta e, di conseguenza, le impugnate prescrizioni non avrebbero
concreta portata lesiva.
La ricorrente lamenta (VI motivo), infine, che la Conferenza di servizi avrebbe
espresso la propria valutazione sul Progetto di messa in sicurezza permanente
senza aver previamente esaminato la nuova versione dell’Analisi di rischio
igienico sanitario per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica che la
stessa ricorrente le aveva inviato nel febbraio 2008, al fine di adeguarla alle
nuove previsioni introdotte dal d.lgs. 4/2008; in tal modo la Conferenza sarebbe
incorsa nei vizi di difetto di motivazione ed istruttoria, oltre che nella
violazione delle norme che regolano il procedimento di bonifica, le quali
presuppongono che la valutazione dell’Analisi di rischio debba precedere quella
del Progetto di messa in sicurezza permanente.
La censura è priva di pregio.
Come esattamente osserva l’Amministrazione statale resistente nelle proprie
difese, infatti, non risponde al vero che la Conferenza di Servizi abbia
valutato il Progetto di messa in sicurezza permanente del sito senza avere prima
esaminato l’Analisi di rischio inviata dalla società ricorrente. Quest’ultimo
documento, costituente oggetto del punto b dell’o.d.g. del verbale, è stato,
invece, ampiamente esaminato dalla stessa Conferenza (cfr. pag. 118 del verbale,
ove si riportano per intero le negative valutazioni espresse, al riguardo, nella
sede istruttoria del 18 luglio 2007), che l’ha poi giudicato inapplicabile “alla
presenza di rifiuti quale sorgente di contaminazione. Di conseguenza si
sottolinea che la presentazione del progetto di messa in sicurezza permanente
dell’area non è condizionato dall’elaborazione di alcuna analisi di rischio”
(cfr. pagg. 124 e 125 del verbale).
Orbene tali conclusioni non sono contestate nel merito dalla società ricorrente,
la quale, come detto, si limita a sostenere che, in base alla nuova disciplina
introdotta dal d.lgs. 152/2006, ed in specie dagli artt. 242 e 252, la previa
approvazione dell’Analisi di rischio costituirebbe un presupposto indefettibile
ai fini dell’esame e della successiva approvazione del Progetto di messa in
sicurezza permanente.
Ma il Collegio non condivide tale argomentazione, quanto meno nei termini in cui
è formulata dalla società ricorrente. Se è vero, infatti che le disposizioni
sopra richiamate, in specie l’art. 242 d.lgs. 152/2006, prevedono una scansione
procedimentale che si articola nelle procedure di caratterizzazione,
elaborazione dell’analisi di rischio e predisposizione del progetto di messa in
sicurezza permanente del sito, ciò non significa che quest’ultimo non possa
essere disposto prima di una formale elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei
casi, come quello in esame, ove abbia esaminato il relativo documento e non
l’abbia condiviso nei suoi contenuti, l’Amministrazione ben potrà formulare,
comunque, le proprie prescrizioni per la messa in sicurezza permanente del sito,
tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che risulta dal documento di analisi che
ha esaminato e non approvato. Ciò che rileva è, in definitiva, che le misure di
messa in sicurezza permanente siano ricollegate ad un obiettivo stato di
inquinamento, puntualmente accertato, il che, come già si è rilevato, è
certamente avvenuto nel caso di specie.
G) Resta, infine, da esaminare il X motivo del ricorso RG. 602/2008, con il
quale la società ricorrente contesta la parte del verbale della Conferenza di
servizi decisoria del 13 marzo 2008 in cui si rileva, a carico della ricorrente,
un rilevante ritardo nell'ottemperare alle prescrizioni formulate e, in
generale, a provvedere alla messa in sicurezza d'emergenza e bonifica del sito,
nonché si prospetta, in caso di perdurante inerzia, l'attivazione dei poteri
sostituitivi previsti dalla legge e l'esercizio dell'azione di risarcimento del
danno ambientale.
Secondo la ricorrente, infatti, i ritardi sarebbero da attribuire alla stessa
Amministrazione, la quale - continuando a richiedere modifiche ed integrazioni
ed omettendo di approvare l'analisi del rischio - avrebbe impedito una puntuale
definizione degli obiettivi di bonifica. Sostiene, inoltre la Syndial che il
paventato esercizio dei poteri sostituitivi non sarebbe configurabile per
assenza dei presupposti di legge, avendo la stessa ricorrente predisposto tutte
le azioni necessarie, mediante idonei progetti, che l'Amministrazione continua a
contestare o, comunque, a non approvare.
Il motivo è inammissibile.
Si censurano, infatti, aspetti del verbale contenenti la mera prefigurazione di
possibili future azioni, che l’Amministrazione si riserva in caso di ulteriore
inadempimento, da parte della ricorrente, alle prescrizioni che le sono state
rivolte. La doglianza ha, quindi, ad oggetto aspetti del verbale non
direttamente lesivi e, pertanto, si rivela inammissibile per carenza
d’interesse.
Allo stesso modo deve essere dichiarata l’inammissibilità di tutti e tre i
ricorsi in esame limitatamente alla parte in cui hanno ad oggetto atti di natura
endoprocedimentale (pareri, verbali di sopralluogo, etc.), come tali non
direttamente incidenti sulla sfera giuridica della ricorrente.
In conclusione meritano accoglimento le sole censure esaminate al punto D) della
precedente trattazione, aventi ad oggetto le prescrizioni con cui è stata
imposta alla Syndial la realizzazione, quale misura integrativa di messa in
sicurezza d'emergenza della falda, di “un sistema di confinamento fisico, ad
integrazione del barrieramento idraulico” e ciò comporta l’annullamento in parte
qua dei verbali delle Conferenze di servizi del 31 maggio 2005 e dell’11
novembre 2005, nonché, sempre in parte qua, del decreto 5 aprile 2007, prot. n.
3503/QDV/DI/B, del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con cui i
detti verbali sono stati approvati e resi esecutivi.
Per tutto il resto i ricorsi in esame devono essere rigettati.
Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese processuali
fra le parti costituite, vista la parziale reciproca soccombenza e la notevole
complessità delle questioni giuridiche trattate.
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi in epigrafe, li accoglie in parte e, per l’effetto, annulla i
verbali delle Conferenze di servizi del 31 maggio 2005 e dell’11 novembre 2005,
nonché il decreto 5 aprile 2007, prot. n. 3503/QDV/DI/B, del Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, limitatamente alla parte
in cui tali atti impongono alla società ricorrente, quale misura integrativa di
messa in sicurezza d'emergenza della falda, la realizzazione di un sistema di
barrieramento fisico della fonte inquinante.
Rigetta, per tutto il resto, i ricorsi in esame.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nelle camere di consiglio del giorno 17/12/2008 e del
giorno 18/02/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente
Francesco Scano, Consigliere
Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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