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T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549



INQUINAMENTO - Procedimento di bonifica - Provvedimento conclusivo - natura - Atto di indirizzo politico - Esclusione - Atto di natura gestionale - Competenza dirigenziale. Il procedimento di bonifica, per sua natura, è attività di contenuto “tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al solo fine di ricondurre la situazione ambientale nell'ambito di parametri di sicurezza prefissati dal legislatore, per cui deve escludersi che la stessa possa essere influenzata da valutazioni che involgano “l'indirizzo politico” (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 11 ottobre 2007, n. 1278). Ne consegue che il provvedimento di approvazione della conferenza di servizi deve inquadrarsi nell’ambito degli atti di natura gestionale, la cui competenza è attribuita ai dirigenti, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001: l’Amministrazione procedente non può infatti che basare le proprie valutazioni (discrezionali sì, ma non certamente politiche) alle risultanze e valutazioni tecniche della conferenza di servizi. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549

INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 - Allegato III al Titolo V - Protocolli operativi - Previsioni normative funzionali - Obiettivo - Isolamento delle sorgenti di inquinamento dagli obiettivi sensibili - Misure da adottare - Discrezionalità amministrativa. L’attività di messa in sicurezza permanente trova definizione all’art. 240, lett. 0), del dlgs. 152/2006 e ai protocolli operativi contenuti nell’Allegato III al Titolo V dello stesso d.lgs., ove sono contenute tanto indicazioni di carattere generale quanto modalità operative specificamente relative alla messa in sicurezza permanente. Tali previsioni normative, a prescindere da un’analisi di dettaglio, definiscono la messa in sicurezza permanente in chiave sostanzialmente funzionale, nel senso che descrivono solo in generale le modalità operative, per concentrarsi essenzialmente sugli obiettivi che la misura deve perseguire. Il legislatore richiede, in particolare, che, all’esito della messa in sicurezza permanente, le sorgenti di possibile inquinamento risultino effettivamente isolate rispetto ai potenziali obiettivi sensibili. Deve, quindi ritenersi che tale disciplina lasci all’Amministrazione ampia discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute necessarie alla luce delle caratteristiche del sito e delle aree circostanti, e la vincoli, soltanto, a perseguire l’obiettivo di una effettiva e completa messa in sicurezza degli stessi. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549

INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 242 d.lgs. n. 152/2006 - Scansione procedimentale - Mancata approvazione dell’analisi di rischio - Prescrizioni per la messa in sicurezza - Possibilità. Se è vero che l’art. 242 d.lgs. 152/2006 prevede una scansione procedimentale che si articola nelle procedure di caratterizzazione, elaborazione dell’analisi di rischio e predisposizione del progetto di messa in sicurezza permanente del sito, ciò non significa che quest’ultimo non possa essere disposto prima di una formale elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei casi, come quello in esame, ove abbia esaminato il relativo documento e non l’abbia condiviso nei suoi contenuti, l’Amministrazione ben potrà formulare, comunque, le proprie prescrizioni per la messa in sicurezza permanente del sito, tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che risulta dal documento di analisi che ha esaminato e non approvato. Ciò che rileva è, in definitiva, che le misure di messa in sicurezza permanente siano ricollegate ad un obiettivo stato di inquinamento, puntualmente accertato. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549


INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nel corso del procedimento di bonifica - Natura di rifiuto liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e scarico - Differenza - Disciplina comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Regime derogatorio - Inconfigurabilità. Secondo l’insegnamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa e penale, la presenza di uno iato - materiale e temporale - tra la fase di emungimento e quella di trattamento già di per sé depone per la qualificabilità delle acque in termini di “rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa nozione di “scarico” ontologicamente implica la sussistenza di una continuità tra la fase di “generazione” del refluo e quella della sua “immissione” nel corpo recettore, mentre l’esistenza di una fase intermedia, in cui le acque sono stoccate in attesa della loro destinazione finale, richiama direttamente i noti concetti di “trattamento” e “smaltimento”, tipici della disciplina dei rifiuti. Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, le acque emunte da una falda inquinata rientrano a buon diritto nella nozione comunitaria e nazionale di “rifiuto liquido”. Detta nozione è, infatti, elastica e comprensiva di qualunque sostanza, non più direttamente utilizzabile, idonea ad arrecare un danno all’ambiente, come si evince, in primo luogo, dal tenore della disciplina comunitaria vigente, dettata da ultimo dall’art. 1, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE (cfr. altresì la sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 settembre 2004, in causa C-103 Van de Walle e a.). Tale impostazione trova ulteriore riscontro nella definizione di bonifica recata dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva normativa di settore): tale definizione conferma che i limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999 sono riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”. Né la tesi trova smentita nella nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui lettura complessiva depone per il sostanziale favor del legislatore nazionale - sulla falsariga delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario - ad una notevole estensione del concetto di “rifiuto liquido”, quanto meno laddove sussistano i “requisiti sostanziali” della non riutilizzabilità e della potenzialità inquinante. Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che devono leggersi le disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs. 152/2006: non è condivisibile quindi, per le ragioni esposte ed anche in base al generale principio di prevenzione e cautela, la tesi secondo cui tale disposizione avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per finalità di disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale disciplina dei rifiuti liquidi. Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della particolare natura delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate allo smaltimento senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da ordinari cicli produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile l’omologazione ai reflui industriali, come definiti chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art. 74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove accolta comporterebbe il contrasto della normativa nazionale con la vigente disciplina comunitaria, con inevitabile disapplicazione della prima. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N.N. 00549/2009 REG.SEN.
N. 00946/2006 REG.RIC.
N. 00531/2007 REG.RIC.
N. 00602/2008 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 946 del 2006, proposto da:
Syndial s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Benedetto Ballero e Stefano Grassi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, corso Vittorio Emanuele n.76;

contro

- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Dirigente del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e Responsabile della Direzione Qualità della Vita, Divisione IX, non costituiti in giudizio;
- Direzione per la Gestione dei Rifiuti per le Bonifiche - Divisione Programmazione R.I.B.O., del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, non costituito in giudizio;
- Ministero dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero delle Infrastrutture, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Locale Marittimo di Portoscuso, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Sant’Antioco, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comando Generale delle Capitanerie di Porto e Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- ISPESL, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Lavoro, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Provincia di Oristano, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Bardi, dell’Ufficio Legale dell’Ente, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Stefano Piras, in Cagliari, via Garibaldi n. 18;
- Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Franceschi, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n. 33;
- Provveditorato Regionale ed Interregionale del Lazio, Abruzzo e Sardegna del Ministero delle Infrastrutture, non costituito in giudizio;
- Ministero della Salute, non costituito in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute, non costituito in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dei Trasporti, S.I.I.T. del Lazio, Abruzzo e Sardegna, Settore Trasporti, non costituito in giudizio;
- Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato dell’Igiene Sanità ed Assistenza Sociale, Assessorato Regionale all’Industria, Assessorato Regionale alla Difesa Ambiente, Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici, Servizio Genio Civile di Cagliari, non costituiti in giudizio;
- Provincia di Cagliari, Assessorato all’Ambiente e Difesa del Territorio, Settore Ecologia, non costituiti in giudizio;
- Provincia del Medio Campidano, non costituita in giudizio;
- Provincia di Carbonia-Iglesias, non costituita in giudizio;
- Istituto Superiore di Sanità; non costituito in giudizio;
- Comune di Cagliari, Area Gestione del Territorio, non costituito in giudizio;
-Comune di Arborea, Comune di Assemini, Comune di Buggerru, Comune di Calasetta, Comune di Capoterra, Comune di Carbonia, Comune di Carloforte, Comune di Domus De Maria, Comune di Domusnovas, Comune di Fluminimaggiore, Comune di Giba, Comune di Gonnesa, Comune di Gonnosfanadiga, Comune di Guspini, Comune di Iglesias, Comune di Masainas, Comune di Musei, Comune di Narcao, Comune di Nuxis, Comune di Pabillonis, Comune di Perdaxius, Comune di Piscinas, Comune di Pula, Comune di San Gavino Monreale, Comune di San Giovanni Suergiu, Comune di Santadi, Comune di Sant'Anna Arresi, Comune di Sant'Antioco, Comune di Sarroch, Comune di Siliqua, Comune di Terralba, Comune di Teulada, Comune di Tratalias, Comune di Uta, Comune di Vallermosa, Comune di Villa San Pietro, Comune di Villacidro, Comune di Villamassargia, Comune di Villaperuccio, Comune di Elmas, Comune di Arbus, non costituiti in giudizio;
- Autorità Portuale di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Capitaneria di Porto di Cagliari, Capitaneria di Porto di Portoscuso, Capitaneria di Porto di Sant'Antioco, Capitaneria di Porto di Oristano, non costituite in giudizio;
- Agenzia per la Protezione Ambientale della Sardegna, non costituita in giudizio;
- Azienda A.S.L. n. 8 di Cagliari, Servizio Igiene Pubblica, non costituita in giudizio;
- Azienda U.S.L. N. 7 di Carbonia, non costituita in giudizio;
- Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 8 di Cagliari, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 7, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Portoscuso, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Oristano, non costituito in giudizio;
- APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d’Italia, Servizio Tecnologie del Sito e Siti Contaminati, non costituiti in giudizio;
- ENEA, Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, non costituito in giudizio;
- ICRAM, Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e la Tecnologia Applicata al Mare, non costituito in giudizio;
- Consorzio Nucleo Industriale del Sulcis Iglesiente (CNISI), Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari (CASIC), non costituiti in giudizio;

nei confronti di

Polimeri Europa s.p.a., non costituita in giudizio;


sul ricorso numero di registro generale 531 del 2007, proposto da:
Syndial s.p.a., rappresentato e difeso dagli avv. Benedetto Ballero e Stefano Grassi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, corso Vittorio Emanuele n. 76;

contro

- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale Qualità della Vita, Divisione IX, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- Ministero dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero delle Infrastrutture, Provveditorato Regionale ed Interregionale del Lazio, Abruzzo e Sardegna, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- ISPESL, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Lavoro, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Locale Marittimo di Portoscuso, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Sant’Antioco, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comando Generale delle Capitanerie di Porto e Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- Capitaneria di Porto di Oristano, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliata;
- Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Franceschi, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n. 33;
- Ministero della Salute, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Capitaneria di Porto di Oristano, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute, S.I.I.T. del Lazio, Abruzzo e Sardegna, Settore Trasporti, non costituito in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
- Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato dell’Igiene Sanità ed Assistenza Sociale, Assessorato Regionale all’Industria, Assessorato Regionale alla Difesa Ambiente, Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici, Servizio Genio Civile di Cagliari, non costituiti in giudizio;
- Provincia di Cagliari, Assessorato all’Ambiente e Difesa del Territorio, Settore Ecologia, non costituiti in giudizio;
- Provincia del Medio Campidano, non costituita in giudizio;
- Provincia di Carbonia-Iglesias, non costituita in giudizio;
- Provincia di Oristano, non costituita in giudizio;
- Comune di Cagliari, Area Gestione del Territorio, non costituiti in giudizio;
- Comune di Arbus, Comune di Arborea, Comune di Assemini, Comune di Buggerru, Comune di Calasetta, Comune di Capoterra, Comune di Carbonia, Comune di Carloforte, Comune di Domus De Maria, Comune di Domusnovas, Comune di Elmas, Comune di Fluminimaggiore, Comune di Giba, Comune di Gonnesa, Comune di Gonnosfanadiga, Comune di Guspini, Comune di Iglesias, Comune di Masainas, Comune di Musei, Comune di Narcao, Comune di Nuxis, Comune di Pabillonis, Comune di Perdaxius, Comune di Piscinas, Comune di Pula, Comune di San Gavino Monreale, Comune di San Giovanni Suergiu, Comune di Santadi, Comune di Sant'Anna Arresi, Comune di Sant'Antioco, Comune di Sarroch, Comune di Siliqua, Comune di Terralba, Comune di Teulada, Comune di Tratalias, Comune di Uta, Comune di Vallermosa, Comune di Villa San Pietro, Comune di Villacidro, Comune di Villamassargia, Comune di Villaperuccio, non costituiti in giudizio;
- Autorità Portuale di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Capitaneria di Porto di Cagliari, Capitaneria di Porto di Portoscuso, Capitaneria di Porto di Sant'Antioco, non costituite in giudizio;
- Agenzia per la Protezione Ambientale della Sardegna, non costituita in giudizio;
- Azienda A.S.L. n. 8 di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Azienda U.S.L. N. 7 di Carbonia, non costituita in giudizio;
- Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 8 di Cagliari, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 7, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Portoscuso, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Oristano, non costituito in giudizio;
- APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d’Italia, Servizio Tecnologie del Sito e Siti Contaminati, non costituiti in giudizio;
- ENEA, Ente per le Nuove Tecnologie, l’energia e l’ambiente, non costituito in giudizio;
- ICRAM, Istituto Centrale per la ricerca Scientifica e la Tecnologia Applicata al Mare, non costituito in giudizio;
- Istituto Superiore di Sanità; non costituito in giudizio;
- Consorzio Nucleo Industriale del Sulcis Iglesiente (CNISI), Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari (CASIC), Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale, Consorzio per la Zona Industriale d’Interesse Regionale di Iglesias, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Polimeri Europa s.p.a., non costituita in giudizio;


sul ricorso numero di registro generale 602 del 2008, proposto da:
Syndial s.p.a., rappresentata e difeso dagli avv. Benedetto Ballero e Stefano Grassi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, corso Vittorio Emanuele n. 76;

contro

- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Direzione Generale Qualità della Vita, Divisione IX, Direzione per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche, Divisione Programmazione R.I.B.O., del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, non costituiti in giudizio;
- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Provveditorato Regionale ed Interregionale del Lazio, Abruzzo e Sardegna del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, non costituito in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Portoscuso, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Ufficio Circondariale Marittimo di Sant’Antioco, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comando Generale delle Capitanerie di Porto e Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
- Capitaneria di Porto di Oristano, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliata;
- Capitaneria di Porto di Cagliari, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliata;
- Provincia di Oristano, non costituita in giudizio;
- ISPESL, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Lavoro, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici, in Cagliari, via Dante n. 23, è legalmente domiciliato;
- Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Franceschi, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n. 33;
- Provincia di Cagliari, rappresentata e difesa dall’avv. Simonetta Garbati dell’ufficio Legale dell’Ente, elettivamente domiciliata presso il medesimo Ufficio, in Cagliari, viale Ciusa n. 21;
- Assessorato all’Ambiente e Difesa del territorio, Settore Ecologia, della Provincia di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute, S.I.I.T. del Lazio, Abruzzo e Sardegna, Settore Trasporti, non costituito in giudizio;
- Agenzia del Demanio, non costituita in giudizio;
- Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato dell’Igiene Sanità ed Assistenza Sociale, Assessorato Regionale all’Industria, Assessorato Regionale alla Difesa Ambiente, Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici, Servizio Genio Civile di Cagliari, non costituiti in giudizio;
- Provincia del Medio Campidano, non costituita in giudizio;
- Provincia di Carbonia-Iglesias, non costituita in giudizio;
- Comune di Cagliari, Area Gestione del Territorio, non costituito in giudizio;
- Comune di Arborea, Comune di Arbus, Comune di Assemini, Comune di Buggerru, Comune di Calasetta, Comune di Capoterra, Comune di Carbonia, Comune di Carloforte, Comune di Domus De Maria, Comune di Domusnovas, Comune di Elmas, Comune di Fluminimaggiore, Comune di Giba, Comune di Gonnesa, Comune di Gonnosfanadiga, Comune di Guspini, Comune di Iglesias, Comune di Masainas, Comune di Musei, Comune di Narcao, Comune di Nuxis, Comune di Pabillonis, Comune di Perdaxius, Comune di Piscinas, Comune di Pula, Comune di San Gavino Monreale, Comune di San Giovanni Suergiu, Comune di Santadi, Comune di Sant'Anna Arresi, Comune di Sant'Antioco, Comune di Sarroch, Comune di Siliqua, Comune di Terralba, Comune di Teulada, Comune di Tratalias, Comune di Uta, Comune di Vallermosa, Comune di Villa San Pietro, Comune di Villacidro, Comune di Villamassargia, Comune di Villaperuccio, non costituiti in giudizio;
- Autorità Portuale di Cagliari, non costituita in giudizio;
- Capitaneria di Porto di Portoscuso, Capitaneria di Porto di Sant'Antioco, non costituite in giudizio;
- Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Sardegna, non costituita in giudizio;
- Azienda A.S.L. n. 8 di Cagliari, Servizio di igiene Pubblica, non costituiti in giudizio;
- Azienda U.S.L. N. 7 di Carbonia, non costituita in giudizio;
- Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 8 di Cagliari, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione dell’Azienda U.S.L. n. 7, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Portoscuso, non costituito in giudizio;
- Presidio Multizonale di Prevenzione di Oristano, non costituito in giudizio;
- APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d’Italia, Servizio Tecnologie del Sito e Siti Contaminati, non costituiti in giudizio;
- ENEA, Ente per le Nuove Tecnologie, l’energia e l’ambiente, non costituito in giudizio;
- ICRAM, Istituto Centrale per la ricerca Scientifica e la Tecnologia Applicata al Mare, non costituito in giudizio;
- Istituto Superiore di Sanità; non costituito in giudizio;
- Consorzio Nucleo Industriale del Sulcis Iglesiente (CNISI), Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari (CASIC), Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale, Consorzio per la Zona Industriale d’Interesse Regionale di Iglesias, non costituito in giudizio

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia:

quanto al ricorso n. 946 del 2006:

- del verbale e delle relative determinazioni della Conferenza di Servizi decisoria relativa al Sito di bonifica di interesse nazionale del Sulcis Iglesiente Guspinese, convocata presso la sede del Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio in Roma, in data 11 luglio 2006, ricevuto dalla società ricorrente in data successiva;

- della lettera prot. 17097/QDV/DI, datata 31 agosto 2006, pervenuta in data successiva, del Ministero dell'Ambiente, con cui il verbale è stato trasmesso alla ricorrente;

- di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, anche se non conosciuto dalla società ricorrente, ivi compresi, per quanto occorrer possa: - i documenti inviati in allegato al verbale della Conferenza di servizi decisoria dell'11 luglio 2006 e, in particolare, della relazione istruttoria della Regione Sardegna - Assessorato della Difesa dell'Ambiente, avente per oggetto "Punto 17a. Misure integrative agli interventi di messa in sicurezza d'emergenza del sito di San Gavino Monreale”; - della Relazione Istruttoria della Regione Sardegna avente ad oggetto "Punto 17 b. Progettazione preliminare della messa in sicurezza permanente del sito di San Gavino Monreale”; della nota della Provincia di Cagliari, Assessorato Ambiente e Difesa del Territorio, Settore Ecologia, Centro di Monitoraggio Ambientale, Bonifiche siti inquinati, del 27 marzo 2006, avente ad oggetto "Procedimento per gli interventi di bonifica d'interesse nazionale relativi ai siti del Sulcis Iglesiente Guspinese, Convocazione delle Conferenze di servizi per il 27 marzo 2006".

- di tutti i verbali e documenti preparatori delle conferenze di servizi sia decisorie sia istruttorie presupposti e conseguenti alla Conferenza di servizi dell'11 luglio 2006, che vengono impugnati quali atti presupposti, anche se non conosciuti;

- dei provvedimenti di incognita data e contenuto, con i quali le determinazioni impugnate sono state recepite dall'Amministrazione procedente ai sensi della legge 241 del 1990.

Quanto al ricorso n. 531 del 2007:

- del decreto prot. n. 3503/QDV/DI/B, adottato in data 5 aprile 2007 dal Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con cui si è disposto “di approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nei verbali delle conferenze di servizi decisorie...”;

- della nota prot. n. 17097/QDV/DI/IX del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, datata 5 aprile 2007 e pervenuta in data successiva, con cui il decreto è stato trasmesso alla ricorrente;

- del verbale della Conferenza di servizi decisoria, relativa al Sito di interesse nazionale del Sulcis Iglesiente Guspinese, convocata presso la sede del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in Roma, in data 11 luglio 2006, già oggetto del ricorso RG. 946/2006,

le cui determinazioni vengono qui nuovamente impugnate in quanto approvate e considerate definitive dal sopra indicato decreto del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 5 aprile 2007;

- dei verbali delle conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale del Sulcis Iglesisente Guspinese, convocate in data 31 maggio 2005 e 11 novembre 2005, approvate e considerate definitive dal sopra indicato decreto del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 5 aprile 2007;

- dei documenti inviati in allegato ai provvedimenti impugnati.

Quanto al ricorso n. 602 del 2008:

- del decreto prot. n. 4435/QDV/DI/B adottato il 20 marzo 2008 dal Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con cui si è disposto di "approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di servizi decisoria del 13/03/08”;

- della nota prot. n. 6604/QDV/VII/VIII del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, datata 20 marzo 2008 e pervenuta in data successiva, con cui il decreto è stato trasmesso alla ricorrente;

- del verbale della Conferenza di servizi decisoria, relativa al Sito di interesse nazionale del Sulcis Iglesiente Guspinese tenutasi in data 13 marzo 2008;

- dei documenti pervenuti in allegato ai provvedimenti impugnati e ogni altro atto o provvedimento richiamato anche se conosciuto dalla ricorrente, ivi inclusi, in particolare: il verbale - ove redatto - e le conclusioni della Conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio 2007; il parere A.P.A.T. Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d'Italia Servizio Tecnologie del Sito e Siti contaminati - Analisi di rischio - Stabilimento Syndial s.p.a. di San Gavino Monreale - US/SUO-TEC 208/2007 (allegato 9a al verbale); il parere dell'Istituto Superiore di Sanità n. 00522034-AMPPIA 12 “Analisi di rischio ai sensi del d.lgs. 152/2006 del sito di San Gavino Monreale” (allegato 9b al verbale); la nota della Direzione Generale della Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, prot. 32523/QV/DI del 4 dicembre 2007; e per quanto occorrer possa, il parere della Regione Autonoma della Sardegna - Direzione Generale dell'Ambiente - Servizio Atmosferico e del Suolo Gestioni Rifiuti e Bonifiche, relativo agli argomenti all'ordine del giorno della conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio 2007, di cui alla nota del 31 luglio 2007, prot. 26924 (allegato 3 al verbale).


Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione delle Amministrazioni intimate;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17/12/2008 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Syndial s.p.a. è proprietaria di una vasta area industriale rientrante nel Polo industriale di San Gavino Monreale, che fa parte del Sito Sulcis Iglesiente Guspinese, già inserito - con decreto del Ministero dell'Ambiente 18 settembre 2001, n. 468 - tra i siti di interesse nazionale ai fini delle procedure di bonifica e messa in sicurezza.

La procedura volta al risanamento ambientale del sito ha visto la convocazione, dal 2004 in poi, di svariate Conferenze di servizi, nel corso delle quali le Amministrazioni interessate - esaminati gli studi che la Syndial ha condotto in relazione alla situazione d’inquinamento ed alle misure necessarie per affrontarlo - hanno dettato numerose prescrizioni finalizzate alla messa in sicurezza d'emergenza ed alla bonifica del sito.

I ricorsi in epigrafe indicati hanno ad oggetto una parte delle suddette prescrizioni, nei termini di seguito descritti.

Con il ricorso RG. n. 946/2006, Syndial s.p.a. ha impugnato alcune delle prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi 11 luglio 2006, unitamente a tutti gli atti presupposti della relativa procedura, deducendo le seguenti censure:

I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come sostituito dagli artt. 239 e segg. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471 ed in particolare dell'art. 15, comma 4 bis, come introdotto dal decreto ministeriale 2 maggio 2005, n. 127. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed in particolare dell'art. 252, comma 8. Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 ter, comma 6 bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come aggiunto dall'art. 10 della legge 11 febbraio 2005, n. 15.

Tali censure si appuntano sulla violazione delle norme procedimentali che regolano la conferenza di servizi, che secondo la ricorrente imporrebbero il recepimento delle conclusioni cui è giunta la stessa conferenza in apposita deliberazione del Ministero dell'Ambiente.

II. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (ed in particolare degli artt. 28 e segg. e dell'Allegato 5), come sostituito dagli artt. 53 e segg. del d.lgs. 152/2006 e dagli allegati alla Parte Terza del medesimo decreto. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 6 novembre 2003, n. 367, della legge Regione Sardegna 19 luglio 2000, n. 14, ed in particolare dell'art. 3, della legge 241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, difetto di motivazione ed istruttoria, illogicità manifesta, sviamento di potere.

Tali censure si concentrano sulla parte del verbale in cui la Conferenza di servizi ha stabilito (punto 18a dell'o.d.g.) che le acque di falda emunte debbano essere trattate come rifiuti liquidi, la qual cosa comporta che gli impianti di trattamento cui vengono conferite debbano essere autorizzati ai sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. 22/1997 e che i relativi scarichi debbano rispettare i valori di emissione di cui all'All. 5 dello stesso d.lgs. 22/1997.

III. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione della legge 241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, difetto di motivazione ed istruttoria, illogicità manifesta.

IV. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006 ed in particolare dell'art. 240. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione della legge 241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, difetto di motivazione ed istruttoria, illogicità manifesta.

Tali censure riguardano la parte del verbale (punto 18c dell'o.d.g.) in cui la Conferenza di servizi - avendo ritenuto accertata la presenza, sulla base degli studi compiuti dalla stessa Syndial, di metalli pesanti nelle polveri depositate al suolo - ha prescritto “l'attivazione di misure di sicurezza di emergenza dei suoli...e di trasmettere una relazione tecnica in merito”, in funzione di tutela della salute dei lavoratori che operano nel sito.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependone l'inammissibilità per difetto d'interesse, in quanto rivolto nei confronti di atti a carattere endoprocedimentale.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Oristano, chiedendo il rigetto del gravame.

Si è, altresì, costituito in giudizio il Comune di Portoscuso, eccependo anch’esso l'infondatezza del ricorso.

Si sono, infine, costituite in giudizio le altre Amministrazioni in epigrafe specificate, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva ed opponendosi, comunque, all’accoglimento del gravame.


*


Successivamente alla proposizione del ricorso RG. n. 946/2006, con decreto 5 aprile 2007 la Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha definitivamente approvato gli atti delle precedenti Conferenze di servizi decisorie del 31 maggio 2005, del 29 settembre 2005, dell’11 novembre 2005, del 27 marzo 2006 e dell’11 luglio 2006. L'Amministrazione ha, in tal modo, reso definitive le prescrizioni contenute non soltanto nella Conferenza dell'11 luglio 2006 (impugnata con il ricorso RG. n. 946/2006) ma ha anche di quelle contenute in tutte le altre citate conferenze di servizi.

Avverso tali nuovi provvedimenti Syndial s.p.a. ha proposto il ricorso RG. n. 531/2007, chiedendo l'annullamento, oltre che di tutti gli atti già impugnati con il precedente gravame, del decreto del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, da ultimo citato, nonché della relativa nota di trasmissione, deducendo le seguenti censure:

I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 17 giugno 2003, n. 261 ed in particolare dell’art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge 241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 22/1997 e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. 152/2006. Incompetenza. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e della motivazione, sviamento di potere.

II. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare dell'art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge 241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del d.lgs. 22/1997 così come attuato dal d.m. 471/1999 e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. 152/2006. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e della motivazione, incompetenza.

III. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare dell'art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge 241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997 così come attuato dal d.m. 471/1999 e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. 152/2006. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e dell'istruttoria, dell'incongruità e dell'illogicità della motivazione, contraddittorietà.

Con tali censure si deducono autonomi motivi d'illegittimità del decreto dirigenziale 5 aprile 2007, con cui sono stati approvati gli atti delle conferenze di servizi svoltesi nel biennio 2005-2006.

IV. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione dell'art. 15 del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006, ed in particolare degli artt. 239 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della manifesta illogicità, del difetto di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà.

V. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione dell'art. 15 del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 152/2006 ed in particolare degli artt. 239 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della manifesta illogicità, contraddittorietà, del difetto di motivazione e di istruttoria e del difetto dei presupposti di fatto.

VI. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione dell'art. 15 del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006, artt. 239 e segg. Violazione e falsa applicazione delle norme in materia di V.I.A. ed in particolare degli artt. 6 e segg. della legge 8 luglio 1986, n. 349, del d.p.c.m. 10 agosto 1988, n. 377, dell'art. 23, comma 1, lett. a), del d.lgs. 152/2006 e dell'Allegato III alla Parte II, nonché dell'Allegato III alla Parte IV, Titolo V, dello stesso decreto. Eccesso di potere sotto i profili della manifesta illogicità e della insufficienza ed incongruità della motivazione e dell'istruttoria.

VII. Illegittimità propria e derivata dall’illegittimità dei verbali delle Conferenze di servizi decisorie del 31 maggio 2005, del 29 settembre 2005, dell’11 novembre 2005 e dell’11 luglio 2006. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006 ed in particolare dell'art. 8. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 22/1997, in particolare dell’art. 17. Violazione e falsa applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468, anche in relazione all’art. 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426 e dell’art. 15 d.m. 471/1999. Eccesso di potere sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta.

VIII. Violazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997. Violazione e falsa applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e segg. del d.lgs. 152/2006, artt. 239 e segg. Violazione e falsa applicazione dell'Allegato III al d.m. 471/1999 e dell’Allegato III alla Parte IV, Titolo V del d.lgs. 152/2006. Eccesso di potere sotto i profili della carenza d'istruttoria, difetto dei presupposti, manifesta ingiustizia ed illogicità.

Tali censure sono rivolte nei confronti dei verbali delle Conferenze di servizi decisorie del 3 maggio 2005 e dell’11 novembre 2005, nella parte in cui è stato imposto alla ricorrente di adottare, quale misura integrativa di messa in sicurezza d'emergenza della falda, “un sistema di confinamento fisico, ad integrazione del barrieramento idraulico”, sul presupposto che lo stesso sia “in grado di contenere nel modo migliore la diffusione dell'inquinamento verso l'esterno dello stabilimento e quindi rappresenta la migliore soluzione in termini di messa in sicurezza d'emergenza nei confronti della diffusione della contaminazione verso bersagli esterni” (cfr. punto 5 dell’o.d.g. della Conferenza di servizi del 31 maggio 2005 e punti 5a e 5d dell’o.d.g. della Conferenza di servizi dell’11 novembre 2005).

IX. Violazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito dall'art. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale n. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/1999 (ed in particolare degli artt. 28 e segg. dell’Allegato 5), come sostituito dagli artt. 53 e segg. del d.lgs. 152/2006 e dagli allegati alla Parte III del medesimo decreto. Violazione e falsa applicazione del d.m. 367/2003, della l.r. 14/2000 ed in particolare dell’art. 3, della legge 241/1990 e s.m.i. ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, del difetto di motivazione ed istruttoria e della illogicità manifesta, sviamento di potere.

Tali censure riguardano le prescrizioni, contenute nei verbali delle conferenze di servizi del 31 maggio 2005 (punto 5), dell’11 novembre 2005 (punto 5a) e dell’11 luglio 2006 (punto 18 a), inerenti il trattamento delle acque di falda emunte.

X. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997, come sostituito dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione della legge 241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, del difetto di motivazione e di istruttoria e della illogicità manifesta.

XI. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006 ed in particolare dell’art. 240. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 22/1997, come sostituito dagli artt. 239 e segg. d.lgs. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 471/1999. Violazione e falsa applicazione della legge 241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, del difetto di motivazione e di istruttoria e della illogicità manifesta.

Tali censure attengono alla parte del verbale della Conferenza di servizi dell’ 11 luglio 2006 ove sono state dettate specifiche misure per la messa in sicurezza in emergenza dei suoli in funzione di tutela della salute dei lavoratori operanti nel sito, essendo state ritenute presenti concentrazioni di metalli pesanti nelle polveri depositate al suolo. Sul punto la ricorrente ripropone le stesse censure già dedotte nei motivi III e IV del ricorso RG. n. 946/2006.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale della Qualità della Vita, Divisione IX, chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependone l'inammissibilità per difetto d'interesse nella parte in cui il gravame si rivolge contro i verbali delle conferenze di servizi, sul presupposto che gli stessi avrebbero carattere meramente endoprocedimentale.

Si sono, altresì, costituite in giudizio le altre Amministrazioni statali in epigrafe specificate, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.

Si è, infine, costituito in giudizio il Comune di Portoscuso, chiedendo la reiezione del ricorso.


*


Dopo la proposizione del ricorso RG. n. 531/2007 - anche al fine di ottemperare a quanto prescritto da una nuova Conferenza di Servizi (istruttoria) tenutasi il 18 luglio 2007, nonché da quanto disposto con la nota 4 dicembre 2007, prot. 31523/QDV/DI/VII/VIII, della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente - Syndial s.p.a. ha trasmesso all’Amministrazione procedente nuovi elaborati tecnici e progettuali, denominati “Misure di prevenzione della falda del sito di San Gavino - Progetto finale”, “Definizione del fondo Naturale della falda del sito di San Gavino”, “Modalità di gestione acque di falda emunte” e “Analisi di rischio ai sensi del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Revisione redatta in ottemperanza alle osservazioni della Conferenza di servizi istruttoria del 18.07.2007”.

In data 13 marzo 2008 si è tenuta una nuova Conferenza di servizi decisoria, con la quale è stato prescritto a Syndial di adeguare il proprio Progetto definitivo di messa in sicurezza permanente a nuove prescrizioni, conformi alle osservazioni emerse nel corso della Conferenza istruttoria del 18 luglio 2007. La Conferenza ha, inoltre, imposto alla Syndial di potenziare le attività di messa in sicurezza d'emergenza della falda, dettando all’uopo specifiche prescrizioni. Ed ha, infine, prescritto, che la Syndial provveda “senza ulteriori dilazioni agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifica della falda e dei suoli”, con la precisazione che “in caso di ulteriore ritardo, l’Amministrazione attiverà i poteri sostituitivi in danno dell'Azienda medesima, costituendo il presente verbale messa in mora nei tempi sopra indicati, che devono essere considerati perentori. Si ricorda che l'inerzia integrerà gli estremi del reato di cui all'art. 257 del d.lgs. 152/06...”.

Con nuovo ricorso RG. n. 602/2008, Syndial s.p.a. ha chiesto l'annullamento in parte qua del sopra citato verbale della Conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2008, oltre che dei presupposti atti procedimentali ed istruttori, deducendo le seguenti censure:

I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare dell’art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge 241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 22/1997 e degli artt. 100 e segg. e 239 e segg. del d.lgs 152/2006 e s.m.i., Incompetenza. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e della motivazione, sviamento di potere.

II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. 165/2001. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 300/1999 ed in particolare degli artt. 5 e 35 e segg. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 261/2003 ed in particolare dell’art. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della legge 241/1990, come sostituiti dall'art. 10 della legge 15/2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 della legge 22/1997 e degli artt. 100 e segg. e 239 e segg. del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e della motivazione, incompetenza.

Con tali censure la ricorrente ripropone le doglianze già rivolte, nei confronti delle precedenti conferenze di servizi, nei motivi I e II del precedente ricorso RG. n. 531/2007.

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. 152/2006 e s.m.i., nonché dei relativi allegati, nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del d.lgs. 22/1997, del d.m. 471/1999, nonché dell’art. 12 del d.m. 468/2001, anche in relazione all’art. 1 legge 426/1998 ed all'art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del presupposto, illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta.

IV. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e 265, comma 4, e degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. 471/1999. nonché dell'art. 12 del d.m. 468/2001, anche in relazione all'art. 1 legge 426/1998 ed all’art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del presupposto, illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta.

V. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg e degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999. nonché dell’art. 12 del d.m. 468/2001, anche in relazione all'art. 1 legge 426/1998 ed all’art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del presupposto, illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta, sviamento di potere.

VI. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e 265, comma 4, e degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. 471/1999. nonché dell’art. 12 del d.m. 468/2001, anche in relazione all'art. 1 legge 426/1998 ed all’art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del presupposto, illogicità, ed ingiustizia manifesta. Violazione del giusti procedimento.

Tali censure sono rivolte nei confronti delle prescrizioni della Conferenza di servizi del 13 marzo 2008 in relazione al progetto di messa in sicurezza permanente del sito (punto 23 a dell'o.d.g.) ed all'analisi di rischio (punto 23 b dell'o.d.g.).

VII. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999. nonché dell'art. 12 del d.m. 468/2001, anche in relazione all’art. 1 legge 426/1998 ed all'art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del presupposto, illogicità.

VIII. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999. nonché dell'art. 12 del d.m. 468/2001, anche in relazione all’art. 1 legge 426/1998 ed all'art. 15 d.m. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere sotto i profili del difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, difetto del presupposto, illogicità.

Tali censure riguardano le nuove prescrizioni di messa in sicurezza d'emergenza delle acque di falda dettate Conferenza di servizi del 13 marzo 2008.

IX. Illegittimità diretta e derivata dall'illegittimità dei verbali delle conferenze di servizi decisorie del 31 maggio 2005, dell’11 novembre 2005 e dell'11 luglio 2006. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. e degli allegati al d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/1999 (ed in particolare degli artt. 28 e segg. e dell'Allegato 5 al medesimo d.lgs. 152/1999), come sostituito dagli artt. 53 e segg. del d.lgs. 152/2006 e dagli allegati alla Parte III del medesimo decreto. Violazione e falsa applicazione del d.m. 367/2003, della l.r. 14/2000 ed in particolare dell'art. 3; della legge 241/1990 e s.m.i. ed in particolare degli artt. 3 e segg. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, del difetto di motivazione e di istruttoria e della illogicità manifesta, sviamento di potere.

Con tale censura la ricorrente ripropone le stesse censure dedotte con i ricorsi RG. n. 946/2006 e RG. n. 531/2007 nei confronti delle prescrizioni inerenti le acque di falda, in quanto la Conferenza di Servizi decisoria del 13 marzo 2008 ha ribadito che le stesse dovranno essere trattate come rifiuti liquidi, con tutte le conseguenze di legge.

X. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. ed in particolare degli artt. 242, 250 e 252 e degli allegati al decreto; dell'art. 17 d.lgs. 22/1997 e del d.m. 471/1999. Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, del difetto di motivazione ed istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta, sviamento di potere.

Tale censura è rivolta nei confronti della parte del verbale in cui la Conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2008 rileva, a carico della ricorrente, un rilevante ritardo nell'ottemperare alle prescrizioni formulate e, in generale, a provvedere alla messa in sicurezza d'emergenza e bonifica del sito, nonché prospetta, in caso di perdurante ritardo, l'attivazione dei poteri sostituitivi previsti dalla legge e l'esercizio dell'azione di risarcimento del danno ambientale.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, chiedendo il rigetto del ricorso.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Cagliari, eccependo l'infondatezza ed inammissibilità del ricorso.

Si sono, altresì, costituite in giudizio le altre Amministrazioni statali in epigrafe specificate, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo, comunque, la reiezione del gravame.

Si è, infine, costituito in giudizio il Comune di Portoscuso, eccependo l'infondatezza del ricorso.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 i tre ricorsi in epigrafe indicati sono stati trattenuti in decisione.


DIRITTO


Il Collegio dispone preliminarmente la riunione dei tre ricorsi in esame, stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.

È opportuno premettere che l'esame delle censure avverrà “per aree tematiche”, cioè raggruppando i motivi che, seppur contenuti in diversi gravami, siano riferibili alla medesima tipologia di prescrizioni sollevate dalle Conferenze di servizi o, comunque, alle medesime problematiche giuridiche. Il Collegio ritiene, inoltre, di poter prescindere dall’esame delle eccezioni di rito sollevate - con specifico riferimento alle censure di carattere procedimentale - da parte del Ministero dell’Ambiente, privilegiando l’analisi nel merito delle relative doglianze, le quali, come si vedrà, non meritano accoglimento.

A) La trattazione può prendere le mosse proprio dalle censure di carattere procedimentale o che, comunque, involgano i provvedimenti impugnati nella loro interezza.

Con il I motivo del ricorso RG. 946/2006 si assume che le prescrizioni imposte dalla Conferenza di servizi decisoria dell'11 luglio 2006 avrebbero dovuto essere recepite in un successivo decreto del Ministero dell'Ambiente.

Tale censura si rivela priva di pregio perché smentita dal successivo iter procedimentale, durante il quale, come già si è riferito in narrativa, i verbali della citata Conferenza di servizi (e delle precedenti svoltesi nel corso del 2005) sono stati formalmente approvati con apposito decreto 5 aprile 2007 della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente.

Vengono poi in considerazione il I, il II ed il III motivo del ricorso RG. n. 531/2007, con cui Syndial deduce l'illegittimità, sotto diversi profili, dello stesso decreto direttoriale 5 aprile 2007 da ultimo citato.

Con il primo di tali motivi si afferma, in particolare, che quel decreto avrebbe dovuto essere adottato dal Ministro dell'Ambiente, anziché dal Dirigente di Settore, trattandosi di atto d'indirizzo politico, e che lo stesso avrebbe dovuto essere specificamente ed autonomamente motivato. Il decreto dirigenziale in oggetto sarebbe, quindi, un “provvedimento atipico”, oltre che incompleto nelle motivazioni e nelle conclusioni dispositive, così come la sua adozione sarebbe intervenuta oltre il termine di 90 giorni previsto per l’adozione della determinazione conclusiva del procedimento.

L’articolata censura non merita accoglimento.

Cominciando dall’asserita incompetenza dell’organo emanante, la stessa è dalla ricorrente ricollegata al dettato dell'art. 252, comma 4, d.lgs. 152/2006 (cui corrisponde, quale norma previgente di analogo contenuto, l'art. 15, comma 4, del d.m. 471/1999), che attribuisce la competenza per le procedure di bonifica dei siti di interesse nazionale al “Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, sentito il Ministero delle Attività Produttive”: secondo la ricorrente, infatti, la previsione di una necessaria intesa con altro Ministero dimostrerebbe la natura di “atto di indirizzo politico” del relativo provvedimento.

Il Collegio non condivide tale assunto.

L'art. 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, attribuisce ai dirigenti “l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo” e, come noto, tale norma è espressione di un generale principio di separazione tra politica ed amministrazione, in forza del quale ogni attività di carattere propriamente amministrativo, appartiene alla competenza dei dirigenti. Principio che risulta ulteriormente rafforzato dalla previsione contenuta nell’art. 4, comma 3, dello stesso d.lgs. n. 165/2001, secondo cui: “Le attribuzioni dei dirigenti....possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”, nel caso di specie insussistenti.

Ritiene, invero, il Collegio che l'impugnato decreto direttoriale appartenga, per l’appunto, alla categoria degli atti di natura gestionale, perché si inserisce in un procedimento di bonifica, che, per sua natura, è attività di contenuto “tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al solo fine di ricondurre la situazione ambientale nell'ambito di parametri di sicurezza prefissati dal legislatore, per cui deve escludersi che la stessa possa essere influenzata da valutazioni che involgano “l'indirizzo politico” (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 11 ottobre 2007, n. 1278). L’Amministrazione procedente, in altre parole, non poteva che basare le proprie valutazioni (discrezionali sì, ma non certamente politiche) alle risultanze e valutazioni tecniche delle numerose conferenze di servizi, il che evidenza, tra l’altro, come l'impugnato decreto sia stato adeguatamente motivato proprio mediante rinvio alle osservazioni contenute nei verbali delle medesime conferenze di servizi.

Quanto agli altri dedotti vizi di carattere procedimentale, il Collegio non condivide l’assunto secondo cui l’impugnato decreto dirigenziale dovrebbe essere considerato “atto atipico” del procedimento di bonifica. Al riguardo assume rilievo, oltre a quanto già esposto, la disciplina generale sulla conferenza di servizi ed in specie l’art. 14-ter, comma 6-bis, della legge n. 241/90, a mente del quale: “All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede”. Il provvedimento in oggetto deve essere, per l’appunto, inquadrato nell’ambito di tale disciplina, quale atto, previsto dalla legge, conclusivo del subprocedimento che si svolge nelle presupposte conferenze di servizi, per cui la circostanza che detto provvedimento non concluda l’intero procedimento di bonifica del sito non è di per sé rilevante, né certamente denota l’atipicità del provvedimento stesso: in procedimenti come questo, articolati in diverse fasi e sotto-fasi (come, del resto, prevede lo stesso art. 242 del D.Lgs. n. 152/2006), l’esistenza di provvedimenti che concludono (non già l’intero iter bensì) una sua sottofase è normale e prevista dallo stesso legislatore, il che esclude la fondatezza della censura in esame.

Per analoghe ragioni non costituisce motivo d’illegittimità la denunciata violazione del termine di 90 giorni per la conclusione dei lavori della conferenza.

Giova ricordare che secondo l’art. 14 ter, comma 3, della legge 241/1990 “3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo”.

Il legislatore è, quindi, molto chiaro nel prevedere, quale conseguenza dell’inutile decorso del termine, non già l’illegittimità dell’intero procedimento, bensì l’adozione del provvedimento conclusivo di cui al comma 6 bis, che - nel caso di specie - è proprio l’impugnato decreto dirigenziale, con il quale, pertanto, l’Amministrazione ha correttamente dato corso alla scansione procedimentale descritta dal legislatore.

Con il II motivo del ricorso RG. 531/2007, la ricorrente sostiene che il decreto in esame avrebbe dovuto essere adottato previa intesa con il Ministero delle Infrastrutture e ciò in virtù dello stesso dettato normativo di cui all'art. 252, comma 4, d.lgs. 152/2006 cui si è fatto in precedenza riferimento.

Neppure questa censura merita di essere condivisa.

Risulta dalla lettura dei verbali delle conferenze di servizi oggetto di approvazione, in specie dall’iniziale “Elenco destinatari”, che a quelle conferenze è stato invitato anche il Ministero in questione, che ha, quindi, potuto parteciparvi ed a ciò consegue il sostanziale rispetto della previsione normativa che impone l’intesa tra i due Ministeri, posto che, come noto, il modulo procedimentale della conferenza di servizi, in chiave di semplificazione dell’attività amministrativa che coinvolga molteplici amministrazioni, consente l’acquisizione di pareri all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del provvedimento finale si debba procedervi nuovamente. Se così non fosse, del resto, sarebbe frustrato lo scopo stesso della conferenza, che è quello di concentrare in un unico contesto la valutazione plurisoggettiva prevista dal legislatore.

Con il III motivo del ricorso RG. 531/2007 si assume che l'impugnato decreto avrebbe motivazione e contenuto contraddittori e perplessi, perché non menziona le conferenze di servizi svoltesi nel corso del 2004, per cui non sarebbe chiaro se le prescrizioni dettate in quelle sedi siano tuttora operanti o meno.

La doglianza è infondata.

E' di tutta evidenza, infatti, come prescrizioni dettate in conferenze di servizi non espressamente richiamate ed approvate con l’atto ministeriale che conclude la relativa subfase procedimentale non possano considerarsi tuttora efficaci, posto che - come del resto la stessa ricorrente ha sostenuto nel primo motivo del ricorso RG. 946/2006 - i verbali delle conferenze di servizi non assumono autonoma valenza prescrittiva fino al loro formale recepimento nel decreto di approvazione adottato dall'Amministrazione procedente, il quale, pertanto, nel non richiamare i verbali delle conferenze di servizi del 2004, ha inteso escludere la vigenza delle relative prescrizioni.

In questa stessa sede possono essere esaminate le censure dedotte sub I e II del ricorso RG. n. 602/2008.

Con esse, infatti, la ricorrente ripropone le doglianze già contenute nei motivi I e II del precedente ricorso RG. n. 531/2007, per estenderle anche al decreto dirigenziale 13 marzo 2008, con il quale sono state approvati gli atti di successive conferenze di servizi. Tali censure devono essere, quindi, respinte per le stesse ragioni già esposte in relazione ai motivi I e II del ricorso RG. n. 531/2007, cui può farsi integrale riferimento.

Il rigetto nel merito delle censure fin qui analizzate consente di prescindere dall’esame delle eccezioni d’inammissibilità sollevate, nei confronti delle stesse, dall’Amministrazione resistente.

B) Il secondo oggetto di gravame è costituito dalle prescrizioni relative al trattamento delle acque di falda emunte.

Giova ricordare, al riguardo, che nelle già conferenze di servizi del 31 maggio 2005 (punto 5 o.d.g.) e dell'11 novembre 2005 (punto 5 o.d.g.) era stato precisato che quelle acque dovessero essere trattate come “rifiuti liquidi”, per cui i relativi impianti di trattamento avrebbero dovuto essere autorizzati ai sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. 22/1997 (ora sostituiti dagli artt. 208 e segg. del d.lgs. 152/2006), e che i relativi scarichi dovessero rispettare i valori di emissione di cui all'All. 5 del d.lgs. 22/1997 (ora sostituito dall'art. 101 del d.lgs. 152/2006). Tali prescrizioni sono state poi ribadite e puntualizzate nel corso delle Conferenze di servizi dell’11 luglio 2006 (punto 18a dell'o.d.g.) e del 13 marzo 2008 (punto 23c o.d.g.).

La ricorrente le contesta con il ricorso RG. n. 946/2006 (II motivo), con il ricorso RG. 531/2007 (IX motivo) e con il ricorso RG. 602/2008 (IX motivo).

Tali doglianze possono essere esaminate unitariamente perché involgono le stesse questioni giuridiche.

Sostiene la ricorrente, in particolare, che l’iter cui sono assoggettate le acque di falda emunte consisterebbe nel loro trattamento in un impianto di depurazione di reflui, a ciò autorizzato, che abbia un proprio scarico soggetto ai limiti di legge relativi ai reflui industriali nei corpi ricettori, fissati dall’Allegato 5 al d.lgs. 152/1999 (oggi sostituito dall’Allegato 5 alla Parte Terza del d.lgs. 152/2006), per cui la scelta dell’Amministrazione di imporre la sottoposizione delle acque di falda emunte ai più restrittivi limiti previsti per i rifiuti liquidi dalle norme di cui al d.lgs. 22/1997 (ora sostituito dall'art. 101 del d.lgs. 152/2006) si porrebbe in contrasto con l’art. 28 dello stesso d.lgs. 152/1999 (a mente del quale “tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite di emissione previsti nell’Allegato 5”), con l’art. 243, comma primo, del d.lgs. 152/2006 (secondo cui “le acque di falda emunte sotterranee, nell’ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state trattate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissioni di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto”) e con l’art. 242, comma 7, del medesimo d.lgs. (che indica, tra gli effetti sostituivi connessi all’approvazione del progetto di bonifica, l’autorizzazione allo “scarico delle acque emunte dalle falde”, laddove l’utilizzo del termine “scarico”, invece di “trattamento” o smaltimento”, dimostrerebbe che si è in presenza di reflui industriali e non di rifiuti liquidi).

L’Amministrazione resistente obietta che, in base alla definizione comunitaria di “rifiuto”, le acque di falda emunte da un sito contaminato, avendo potenzialità inquinante ed essendo un bene di cui il gestore intende disfarsi, sono, invece, da considerarsi alla stregua di rifiuti liquidi, tanto più nei casi, come quello in esame, in cui non passino direttamente dalla falda all’impianto di trattamento, bensì - dopo l’emungimento - siano convogliate provvisoriamente in appositi contenitori, dai quali sono poi trasportate ad un distinto impianto di trattamento.

Il Collegio condivide la prospettazione dell’Amministrazione resistente e reputa, quindi, infondate le censure in esame.

Deve preliminarmente rilevarsi che, secondo l’insegnamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa e penale, la presenza di uno iato - materiale e temporale - tra la fase di emungimento e quella di trattamento già di per sé depone per la qualificabilità delle acque in termini di “rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa nozione di “scarico” ontologicamente implica la sussistenza di una continuità tra la fase di “generazione” del refluo e quella della sua “immissione” nel corpo recettore, mentre l’esistenza di una fase intermedia, in cui le acque sono stoccate in attesa della loro destinazione finale, richiama direttamente i noti concetti di “trattamento” e “smaltimento”, tipici della disciplina dei rifiuti.

Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, il Collegio rileva come le acque emunte da una falda inquinata rientrino a buon diritto nella nozione comunitaria e nazionale di “rifiuto liquido”. Detta nozione è, infatti, elastica e comprensiva di qualunque sostanza, non più direttamente utilizzabile, idonea ad arrecare un danno all’ambiente, come si evince, in primo luogo, dal tenore della disciplina comunitaria vigente, dettata da ultimo dall’art. 1, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE (che ha recepito precedenti direttive di analogo tenore), secondo cui deve intendersi per “a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi”, laddove l’Allegato I della stessa direttiva indica tra i rifiuti, al punto Q4, tutte le “sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subito qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, etc., contaminati in seguito all'incidente in questione”, definizione, questa, così ampia da poter certamente ricomprendere anche le acque di falda emunte in stato di inquinamento.

L’assunto trova conferma nella sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 settembre 2004, in causa C-103 Van de Walle e a., relativa ad un caso di sversamento accidentale di idrocarburi (si tratta di un’ipotesi diversa da quella delle dalle acque di falda di cui si discute, ma la pronuncia dà, comunque, conto della “nozione aperta” di rifiuto introdotta dal Giudice comunitario).

Dopo aver premesso che le previsioni contenute negli elenchi allegati alle direttive comunitarie in materia di rifiuti costituiscono, comunque, un semplice “indizio dell'inclusione di tali sostanze e materie nell'ambito di applicazione della nozione di rifiuto” e che a tal fine “è necessario verificare se il detto sversamento accidentale di idrocarburi sia un atto mediante il quale il detentore "si disfa" di tali sostanze”, la Corte ha chiarito che “il verbo "disfarsi" va interpretato alla luce della finalità della direttiva 75/442 (antesignana di quella dianzi citata: n.d.r.), che è, ai sensi del suo terzo “considerando”, la protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti, nonché alla luce dell'art. 174, n. 2, CE, il quale stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell'azione preventiva”. Da tali premesse la Corte ha fatto discendere l’assunto che il verbo "disfarsi" non può essere interpretato restrittivamente e che, pertanto, “la sostanza o l'oggetto in questione, ove costituiscano un residuo di produzione - vale a dire un prodotto che non è stato ricercato in quanto tale al fine di un utilizzo ulteriore e che il detentore non può riutilizzare a condizioni economicamente vantaggiose senza prima sottoporlo a trasformazione - debbono considerarsi come un onere del quale il detentore "si disfa". Per poi giungere alla conclusione che gli “idrocarburi che siano stati accidentalmente sversati…non costituiscono un prodotto riutilizzabile…per il loro detentore… (essendo) sostanze che quest'ultimo non aveva l'intenzione di produrre e delle quali egli “si disfa”, quand’anche involontariamente, in occasione di operazioni di produzione o di distribuzione ad esse attinenti” e che quindi “...tali sostanze…debbono dunque essere qualificate come rifiuti ai sensi della direttiva 75/442”.

Ciò conferma che il diritto comunitario, nell’interpretazione che di esso ha dato la Corte di Giustizia, adotta una definizione aperta ed elastica di “rifiuto”, incentrata, da una parte, sulla natura oggettivamente inquinante della sostanza in esame e, dall’altra, sulla sua non riutilizzabilità, entrambe caratteristiche riscontrabili in relazione alle acque di falda emunte, posto che delle stesse non si ipotizza né si illustra - neppure da parte della società ricorrente - un riutilizzo produttivo.

Tale impostazione trova ulteriore riscontro nella definizione di bonifica recata dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva normativa di settore), secondo cui la stessa consiste nell’insieme “degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti (...) nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento”: tale definizione conferma che i limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999, cioè proprio i valori di cui la ricorrente disconosce l’applicabilità nel caso in esame, sono, invece, riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”.

Né la tesi fin qui sostenuta trova smentita nella nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, invocata dalla ricorrente anche in riferimento ad alcuni recenti pronunciati giurisprudenziali.

Deve osservarsi, sul piano generale, che mentre la Parte III del dlgs.152/06 contiene la disciplina degli scarichi ed il relativo regime autorizzatorio, la successiva Parte IV regolamenta la diversa materia della gestione dei rifiuti e, ciò che maggiormente rileva in questa sede, la bonifica dei siti inquinati.

Orbene, ai sensi dell’art.185, la disciplina della Parte IV D.Lgs.152/06 non trova applicazione per gli scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue. Ed inoltre, ai sensi del comma 5 dell’art.108, proprio in relazione alle acque reflue industriali (la cui definizione è contenuta al comma 1, lett. h, dell’art.74) il legislatore ha precisato che “L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti.

E, ancora, l’allegato “D” alla parte quarta del d.lgs. 152/2006 include nell’elenco dei rifiuti, nel quale il legislatore italiano individua, con il codice 19.13.07*, i rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose: ai sensi del punto 3.4, infatti, i rifiuti contrassegnati con un asterisco sono da considerarsi rifiuti pericolosi e ad essi si applicano le relative disposizioni comunitarie; così come, in modo analogo, con il codice 19.13.08 sono individuati i rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19.13.07 cit.

Da questa breve analisi sistematica dovrebbe emergere il sostanziale favor del legislatore nazionale - sulla falsariga delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario - ad una notevole estensione del concetto di “rifiuto liquido”, quanto meno laddove sussistano i “requisiti sostanziali” della non riutilizzabilità e della potenzialità inquinante.

Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che devono leggersi le disposizioni cui fa principalmente riferimento la ricorrente, vale a dire i due commi di cui si compone il già citato art. 243 del d.lgs. 152/2006, che così recitano: “1. Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto. 2. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica dell'acquifero, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nella stessa unità geologica da cui le stesse sono state estratte, indicando la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque reimmesse devono essere state sottoposte ad un trattamento finalizzato alla bonifica dell'acquifero e non devono contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle presenti nelle acque prelevate”.

Orbene il Collegio non condivide, per le ragioni esposte ed anche in base al generale principio di prevenzione e cautela, la tesi della ricorrente secondo cui tale disposizione avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per finalità di disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale disciplina dei rifiuti liquidi

Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della particolare natura delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate allo smaltimento senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da ordinari cicli produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile l’omologazione ai reflui industriali, come definiti chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art. 74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove accolta comporterebbe il contrasto della normativa nazionale con la vigente disciplina comunitaria, con inevitabile disapplicazione della prima.

Ma in ogni caso, anche a voler in astratto accedere alla ricostruzione proposta dalla ricorrente, la stessa non potrebbe, comunque, condurre all’accoglimento della censura, a causa delle peculiarità della fattispecie concreta ora all’esame del Collegio.

Giova precisare, al riguardo, che secondo la tesi della stessa Syndial, la diversa disciplina prevista nei due citati commi dell’art. 243 renderebbe necessario distinguere due ipotesi: a) acque di falda destinate allo scarico nei corpi idrici superficiali, per le quali, ai sensi del primo comma dell’art. 243, i limiti di emissione dovrebbero coincidere con quelli (meno rigidi) previsti per gli scarichi idrici nei corpi recettori; b) acque di falda, viceversa, destinate alla reimmissione in falda, per le quali i limiti di emissione dovrebbero coincidere, ai sensi del secondo comma dell’art. 243, con quelli (più rigidi) previsti dall'Allegato 1 - Tabella 'Acque sotterranee' del D.M. 471 del 1999.

Orbene, rileva il Collegio come - anche laddove si volesse ammettere la prevalenza della disposizione di cui all’art. 243, comma primo, cit., sulla interpretazione sistematica del d.lgs. 152/2006 e sulla nozione comunitaria di “rifiuto liquido” - resterebbe, comunque, il fatto che proprio nei precedenti giurisprudenziali richiamati da parte ricorrente (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 12 giugno 2007, nn. 2247, 2248, 2249 e 2250), si afferma essere onere del privato destinatario delle prescrizioni di bonifica quello di dar conto, al fine di poter usufruire del regime di cui all’art. 243, comma 1, cit., della destinazione finale delle acque di falda emunte, attestando che le stesse saranno reimmesse nelle acque superficiali. Per cui, in assenza di dati oggettivi al riguardo, non potranno considerarsi illegittime le prescrizioni dell’Amministrazione che impongano il rispetto dei più rigidi limiti previsti dal d.m. 471/1999.

Ed allora, sulla base di tale impostazione, che il Collegio pienamente condivide, è agevole rilevare come nel caso di specie la ricorrente non abbia dato alcuna indicazione - né in sede procedimentale (cfr. il doc. denominato Modalità di gestione delle acque di falda emunte, prodotto sub 7.3, ove non è contenuta alcuna precisazione in ordine al destino finale delle acque dopo il loro trattamento), né durante il presente giudizio - circa la destinazione finale delle acque emunte nella fase successiva al loro trattamento, pur a fronte di espresse richieste di chiarimenti formulate dall’Amministrazione nel corso del procedimento (cfr. punto 2 di pag. 61 del verbale della Conferenza di servizi decisoria dell’11 luglio 2006, ove “si richiede di chiarire il destino dei rifiuti liquidi prodotti dal trattamento di depurazione CASIC, in particolare dovrà essere precisato l’impianto di depurazione cui sono inviati, la tipologia di trattamento impiegata ed il limiti di abbattimento raggiunti dal medesimo impianto”), per cui, nel dubbio, la ricorrente non può invocare l’applicazione dell’art. 243, comma 1, che presuppone, quanto meno, la chiara e documentata conoscenza, da parte dell’Amministrazione, della destinazione finale dei reflui.

In base a quanto premesso non può che confermarsi la legittimità delle prescrizioni impugnate e, di conseguenza, respingere le censure in esame.

C) Altro oggetto di contestazione riguarda le prescrizioni inerenti la messa in sicurezza d’emergenza dei suoli.

Al riguardo è opportuno richiamare le diverse fasi del procedimento in cui l’Amministrazione si è occupata di tale aspetto.

Nel corso della Conferenza di servizi decisoria dell’11 novembre 2005 era stato discusso lo “Studio di fattibilità per la progettazione preliminare degli interventi di bonifica” ed alla luce dei relativi risultati erano state deliberate le seguenti prescrizioni: "1. Al fine di superare le contestazioni relative alla definizione degli hot spots e della valutazione del rischio, la messa in sicurezza d’emergenza, così come l’applicazione dell’analisi del rischio, deve essere attuata in coerenza e nel rispetto dei criteri e delle modalità previste dalla vigente normativa in materia di bonifica, con riferimento alla tutela della salute e dell’ambiente; 2. Nelle zone industriali, ai fini dell'applicazione delle misure di messa in sicurezza d'emergenza per le sostanze molto tossiche, cancerogene e persistenti, così come definite dal'ISS, dovranno essere individuati, almeno in fase di prima approssimazione, i casi di inquinamento che superino di oltre 10 volte i valori tabellari fissati dalla normativa vigente in materia di bonifica per i suoli e per le acque sotterranee. Fermo restando che, nel caso in cui le concentrazioni non siano tali da superare la suddetta soglia rispetto ai valori tabellari, resta comunque in capo all'Azienda l'obbligo della messa in sicurezza e della bonifica. 3. Con riferimento alle sostanze volatili, l'adozione di misure di messa in sicurezza d'emergenza sarà effettuata qualora - a seguito di un'indagine sito specifica, svolta sulla base di analisi di campo e riferita agli standards normativi e contrattuali vigenti - sia specificato, di concerto con gli Enti di controllo, il superamento dei limiti normativi vigenti di esposizione professionale, ovvero del TLW/TWA. Con riferimento alle sostanze non volatili, l'adozione di misure di messa in sicurezza d'emergenza, mediante mitigazione e/o chiusura dei percorsi di esposizione, sarà effettuata dopo una verifica, condotta congiuntamente agli Enti di controllo, della reale possibilità di esposizione per contatto dermico e da ingestione di contaminanti presenti sul suolo superficiale".

A seguito di tali prescrizioni, la Sindyal ha poi inviato un ulteriore studio, denominato “Valutazione della necessità di misure di messa in sicurezza a tutela della salute dei lavoratori in relazione alla presenza di contaminazione nel suolo e nella falda”, che le Amministrazioni interessate hanno preso in esame nel corso della Conferenza di servizi decisoria dell’11 luglio 2006. Ivi si è dato atto (cfr. punto 18b dell’o.d.g.), dopo ampio richiamo delle prescrizioni dettate nella precedente Conferenza, che il nuovo documento inviato dalla Syndial si articolava in quattro distinte fasi: "1. individuazione di hot spots (superamento di almeno 10 volte i limiti tabellari); 2. esecuzione di un monitoraggio per la verifica della qualità dell'aria con analisi della frazione respirabile delle polveri aerodisperse; 3. calcolo dei valori di esposizione; 4. confronto dei risultati con i valori limite di legge previsti all'ACGLH (2005)" e si è, altresì, rilevato che, alla luce dei relativi risultati, le concentrazioni di metalli “sono risultate tutte inferiori ai TWA”, ma “le concentrazioni dei metalli nelle polveri depositate a terra” hanno, invece, denotato la presenza di hot spots “per i seguenti parametri: Sb (conc. max: 4600mg./kg); As (conc. max. 1100 mg./kg.); Pb. (conc. max. 22000 mg/kg.)”, nonché di idrocarburi e di altro inquinante (Pentacloroflonerolo) in misura nettamente superiore ai limiti di legge.

In base a tali premesse, la Conferenza dell’11 luglio 2006 ha, in conclusione, deliberato “l’attivazione di misure di messa in sicurezza d’emergenza dei suoli, considerata l’immediata disponibilità dei metalli pesanti rilevati, e di trasmettere una relazione tecnica in merito….di richiedere una integrazione dello studio effettuato, che tenga conto delle sopra citate prescrizioni e delle ulteriori prescrizioni che i soggetti interessati potranno trasmettere nel termine di 20 giorni dal ricevimento del presente verbale, al fine dell’eventuale attuazione di misure di messa in sicurezza integrative”.

Avverso tali prescrizioni, la società ricorrente deduce le censure contenute sub III e IV nel ricorso RG. 946/2006, nonché le censure indicate sub X e XI nel ricorso RG. 531/2007, che possono essere esaminate unitariamente.

Sostiene, in primo luogo, la ricorrente che tali prescrizioni si porrebbero in contrasto con i risultati delle verifiche sulle quali si è basata la stessa Amministrazione ed evidenzia, al riguardo, come gli studi in questione, conformemente alle indicazioni ricevute nella Conferenza di servizi dell’11 novembre 2005, siano stati effettuati utilizzando i criteri indicati nel “Protocollo di Porto Marghera”, cioè mediante il prelievo e l’analisi di campioni delle polveri aeorodisperse, il cui stato darebbe conto dello stato dei suoli superficiali e delle polveri depositate. Ebbene, secondo la ricorrente, i risultati dell’analisi avrebbero evidenziato l’assenza di punti di superamento dei limiti di concentrazione per piombo, arsenico e zinco, ragion per cui la decisione della Conferenza sarebbe viziata da eccesso di potere per difetto d’istruttoria e travisamento dei fatti.

In secondo luogo la ricorrente afferma che le impugnate prescrizioni si porrebbero in contrasto con la normativa vigente (art. 240, comma 1, lett. m) e t), del d.lgs. 152/2006), che consente di attivare la fase della messa in sicurezza d'emergenza solo a fronte di eventi contaminanti improvvisi e caratterizzati da immediata pericolosità, e contempla, comunque, solo misure “a breve termine” e di immediata realizzabilità.

L’Amministrazione resistente obietta che i risultati indicati da Syndial riguarderebbero esclusivamente accertamenti svolti su campioni delle polveri aerodisperse - di per sé poco significativi e, comunque, non esaustivi - mentre le prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi si fonderebbero (anche) su alcuni hot spots relativi alla concentrazione di metalli pesanti al suolo, rivelatori di un imminente pericolo per i lavoratori che giustificherebbe l’adozione delle misure prescritte.

Le richiamate censure non meritano accoglimento.

La ricorrente, infatti, concentra le proprie doglianze sulla correttezza degli studi svolti sulle poveri aerodisperse, ma omette di precisare quali siano stati (anche) i risultati delle analisi svolte direttamente sui suoli, cui fa riferimento la Conferenza di servizi. E, difatti, la stessa Syndial, nell’esporre i risultati delle analisi che considera a sé favorevoli, espressamente li introduce utilizzando l’espressione: “L’analisi dei risultati delle polveri aerodisperse ha evidenziato…” (pag. 22, quint’ultimo rigo, del ricorso RG. 946/2006), mentre a pag. 21 dello stesso ricorso si legge che “le aree in cui sono state rilevate polveri deposte con concentrazioni di inquinanti 10 volte maggiori di quelle stabilite dalla normativa vigente sono state di fatto aggiunte all’elenco degli hot spots”. Tali espressioni confermano, da un lato, che i risultati positivi cui fa riferimento Syndial riguardano solo i campioni delle polveri aerodisperse e, dall’altro lato, che la stessa non ha tenuto conto degli hot spots rilevati sui campioni prelevati al suolo.

Il Collegio, del resto, non condivide l’assunto di base della ricorrente, secondo cui ai fini della messa in sicurezza d’emergenza l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto delle sole analisi inerenti le polveri aerodisperse. Esso, infatti, trova espressa smentita proprio nei criteri metodologici che la ricorrente dichiara di aver applicato, vale a dire le prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi decisoria dell’11 novembre 2005, ove si legge, al riguardo, che “2. Nelle zone industriali, ai fini dell'applicazione delle misure di messa in sicurezza d'emergenza per le sostanze molto tossiche, cancerogene e persistenti, così come definite dal'ISS, dovranno essere individuati, almeno in fase di prima approssimazione, i casi di inquinamento che superino di oltre 10 volte i valori tabellari fissati dalla normativa vigente in materia di bonifica per i suoli e per le acque sotterranee”: l’Amministrazione aveva, quindi, espressamente riferito l’accertamento degli hot spots (anche) ai suoli ed alle acque sotterranee, il che risponde, peraltro, a condivisibili criteri logici, ancor prima che tecnico-scientifici, essendo di tutta evidenza come per valutare gli effettivi rischi di contaminazione presenti in sito sia necessario tenere conto - oltre che di analisi svolte su campioni delle polveri aeree, per loro natura volatili e soggette a continue variazioni - anche della situazione in cui versano i suoli.

Allo stesso modo non possono condividersi i rilievi mossi in ordine alla violazione delle norme che regolano la messa in sicurezza d’emergenza, sotto il profilo dei presupposti e della tipologia di misure applicabili.

Non vi è dubbio che la situazione di contaminazione riscontrata sui suoli fosse idonea a configurare la condizione richiesta dall’art. 240, comma 1, lett. t), nn. 1 e 2, del d.lgs. 152/2006 (“presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo”: n.1, “idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute”: n.2), che ben può considerarsi realizzata ogni qual volta si prospetti una situazione di rischio, che nel caso di specie assumeva particolare concretezza in ragione della presenza nel sito di lavoratori potenzialmente a contatto con le sostanze contaminanti.

Così come il Collegio ritiene che le prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi abbiano la natura e le caratteristiche descritte dall’art. 240, comma 1, lett. m), d.lgs. 152/2006 (“ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t)…”, posto che la Conferenza di servizi si è limitata a “richiedere l’attivazione di misure di messa in sicurezza d’emergenza dei suoli, considerata l’immediata disponibilità dei metalli pesanti rilevati, e di trasmettere una relazione tecnica in merito….richiedere una integrazione dello studio effettuato, che tenga conto delle sopra citate prescrizioni e delle ulteriori prescrizioni che i soggetti interessati potranno trasmettere nel termine di 20 giorni dal ricevimento del presente verbale, al fine dell’eventuale attuazione di misure di messa in sicurezza integrative”, disponendo, in tal modo, misure (peraltro assai genericamente individuate) aventi carattere d’intervento immediato, cioè azioni non certamente caratterizzate da particolare complessità operativa.

D) Costituiscono ulteriore oggetto di contestazione le prescrizioni con cui è stata imposta alla Syndial la realizzazione, quale misura integrativa di messa in sicurezza d'emergenza della falda, di “un sistema di confinamento fisico, ad integrazione del barrieramento idraulico”.

Ciò è stato disposto nel corso delle Conferenze di servizi del 31 maggio 2005 e dell’11 novembre 2005, i cui atti sono stati approvati mediante il decreto 5 aprile 2007, prot. n. 3503/QDV/DI/B, del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, impugnato con il ricorso RG. 531/2007.

La relativa misura è solo genericamente descritta nei citati verbali, ma parrebbe consistere, secondo quanto si legge nella memoria difensiva dell’Amministrazione statale resistente, nella “realizzazione di un diaframma plastico impermeabile, immorsato ad una profondità di circa 20 m. all’interno dello strato di argilla nocciola, e la realizzazione di una copertura impermeabilizzata superficiale dell’intera area diaframmata” (pag. 7 della memoria difensiva dell’Amministrazione resistente), al fine di arginare la potenziale espansione dell’inquinamento di falda verso obiettivi esterni. Tale ipotesi operativa, sempre stando a quanto si legge nella memoria della difesa erariale (cfr. sempre a pag. 7), era stata, in effetti, proposta dalla stessa Syndial nell’ambito di un Progetto preliminare di bonifica dell’area, ma l’Amministrazione, avendo nel frattempo accertato l’esistenza di un grave inquinamento di falda, ne ha poi anticipato la realizzazione alla fase di messa in sicurezza d’emergenza, al fine di “contenere nel modo migliore la diffusione dell'inquinamento verso l'esterno dello stabilimento e quindi rappresenta la migliore soluzione in termini di messa in sicurezza d'emergenza nei confronti della diffusione della contaminazione verso bersagli esterni" (cfr. punto 5 dell'o.d.g. della Conferenza di servizi del 31 maggio 2005 e punti 5a n. 3 dell'o.d.g. della Conferenza di servizi dell'11 novembre 2005).

Avverso tale prescrizione la Sindyal propone i motivi IV, V, VI, VII e VIII del ricorso RG. 531/2007.

Di tali censure il Collegio ritiene fondate quelle che attengono al difetto di motivazione ed istruttoria ed alla inadeguatezza della prescrizione in esame rispetto alla fase della messa in sicurezza d’emergenza, con assorbimento degli ulteriori motivi dedotti.

La ricorrente rileva, in particolare, come l'Amministrazione, a parte richiamare il superamento dei valori di concentrazione previsti dal d.m. 471/1999, non abbia illustrato i dati e le ragioni tecniche in base ai quali, per un verso, ha ritenuto che il barrieramento fisico costituisse misura necessaria e compatibile con il già esistente barrieramento idraulico, nonché, per altro verso, ha ritenuto insufficiente quest’ultimo sistema, pur in presenza di “risultati incoraggianti” all’esito dalla campagna di monitoraggio del 2007 sulle acque di falda. Osserva, altresì, la ricorrente che l’attuazione di tale prescrizione comporterebbe gravi criticità, quali deviazioni del flusso idrico, imprevedibili sollevamenti di falda, perdite occulte, etc., in ordine alle quali l’Amministrazione non avrebbe svolto opportune indagini e valutazioni. Ed infine, secondo la ricorrente, la prescrizione in esame, per la sua complessità, si porrebbe in contrasto con la disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, che nell'ambito delle "misure di sicurezza d'emergenza" contempla esclusivamente misure di carattere immediato ed a "breve termine", attivabili solo a fronte di eventi contaminanti improvvisi e caratterizzati da immediata pericolosità.

Tali doglianze meritano accoglimento.

Già si è avuto modo di osservare, in relazione al precedente punto C), che gli artt. 240 e segg. del d.lgs 152/06 descrivono gli interventi di messa in sicurezza di emergenza alla stregua di misure realizzabili in tempi relativamente brevi, mentre nel caso ora in esame (a differenza di quanto si è osservato per le prescrizioni esaminate sub C) tale presupposto non si riscontra, posto che l’inserimento di un diaframma plastico a circa 20 m. di profondità è operazione certamente complessa e di non immediata realizzazione, come del resto parrebbe confermare il fatto che la stessa misura era stata inizialmente proposta da Syndial nell’ambito del Progetto preliminare di bonifica (e non già di messa in sicurezza d’emergenza) del sito.

La violazione delle norme sui presupposti delle misure di sicurezza d’emergenza diviene più evidente laddove si abbia riguardo alla radicale insufficienza degli elementi motivazionali ed istruttori posti a base dell’impugnata prescrizione. E, difatti, l’unica argomentazione che vi è posta a fondamento è quella che si legge al punto 5 dell'o.d.g. della Conferenza di servizi del 31 maggio 2005 ed al punto 5a n. 3 dell'o.d.g. della Conferenza di servizi dell'11 novembre 2005, secondo cui il barrieramento fisico sarebbe in grado di “contenere nel modo migliore la diffusione dell'inquinamento verso l'esterno dello stabilimento e quindi rappresenta la migliore soluzione in termini di messa in sicurezza d'emergenza nei confronti della diffusione della contaminazione verso bersagli esterni”. Nessuna considerazione è svolta, invece, circa sull’effettiva necessità della misura in chiave di messa in sicurezza di emergenza, circa sull’insufficienza dell’esistente sistema di barrieramento idraulico, sulla possibilità di utilizzare sistemi alternativi, etc. Così come la prescrizione non trova adeguato fondamento in alcun accertamento tecnico, che la indichi come sistema unico, o comunque, più efficiente, ai fini della messa in sicurezza d’emergenza del sito.

Tutto ciò evidenzia un chiaro difetto di motivazione ed istruttoria, nei termini dedotti dalla società ricorrente, per cui la prescrizione in esame è da ritenersi illegittima e ciò comporta l’annullamento in parte qua dei relativi verbali delle conferenze di servizi e del decreto dirigenziale di approvazione degli stessi.

E) Vengono poi in rilievo le ulteriori prescrizioni inerenti la messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda, adottate dalla Conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2008.

Si tratta, in particolare, delle prescrizioni indicate, da n. 1 a n. 11, alle pagg. 119-121 del verbale, cui si fa riferimento, ai fini dell’approvazione finale, a pag. 125 dello stesso (ove, a ben vedere, si citano erroneamente le pagg. 116-118, ma il rinvio deve essere correttamente riferito alle citate pagg. 119-121, ove si parla, appunto, delle restanti misure di messa in sicurezza d’emergenza delle acque).

In questa occasione la Conferenza di servizi ha definitivamente recepito ed approvato le prescrizioni già emerse nel corso della precedente Conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio 2007, richiedendo, in sintesi: - una relazione di dettaglio sulle modalità di invio delle acque di falda emunte al Consorzio Area Sviluppo Industriale di Porto Torres, contenente, tra l’altro le relative autorizzazioni di cui agli artt. 27 e 28 d.lgs. 22/1997, nonché le analisi effettuate per l’omologazione delle acque di falda trattate con i parametri previsti dalla legge; - la presentazione, da parte di Syndial, del Progetto finale delle misure di sicurezza d’emergenza delle acque di falda, tenendo conto degli esiti di apposite prove che la stessa società è chiamata ad effettuare; - l’indicazione, nel citato Progetto, del numero di pozzi, della loro esatta localizzazione e delle portate di emungimento; - l’adozione, per i nuovi pozzi di emungimento, di scelte costruttive diverse da quelle proposte da Syndial (doppia fenestratura localizzata in corrispondenza della prima e della seconda falda), in quanto essa comporta rischi di miscelazione delle acque di falda emunte dai due acquiferi; - la descrizione esaustiva dei meccanismi di trattamento degli inquinanti presenti nelle acque di falda, con relativa all’impianto utilizzato ed alle modalità di trattamento; - gestione delle acque di falda come rifiuto liquido, con tutte le conseguenze di legge; - l’inclusione nel citato Progetto di un dettagliato Piano di monitoraggio quali-quantitativo delle acque di falda a seguito della realizzazione dell’intervento di messa in sicurezza di emergenza; - l’integrazione del Cronoprogramma già presentato da Syndial per adeguarlo alle prescrizioni sollevate nella Conferenza di servizi decisoria dell’11 luglio 2006, evidenziando le misure attive nelle varie fasi di cantiere.

Nei confronti di tali prescrizioni Sindyal deduce il VII e l’VIII motivo del ricorso RG. 602/2008, che possono essere esaminati unitariamente.

La ricorrente contesta, in primo luogo, il fatto che l'Amministrazione abbia ribadito ed ulteriormente puntualizzato le proprie precedenti prescrizioni in materia senza aver in alcun modo valutato la richiesta (inviata da Syndial con nota del gennaio 2007, prot, 001/wv/2007) di trattare questo genere di misure come inerenti la messa in sicurezza permanente (e non già la messa in sicurezza d'emergenza), alla luce della disciplina nel frattempo introdotta dal d.lgs. 152/2006 ed in ragione dell’intrinseco carattere strutturale delle misure stesse; nonché senza aver in alcun modo valutato la nuova documentazione inviata da Sindyal con nota 8 febbraio 2008, prot. 08/ML/2008, comprensiva di “Misure di prevenzione della falda del sito di San Gavino - Progetto Finale”, “Definizione del Fondo Naturale della Falda del sito di San Gavino” e “Modalità di gestione delle acque di Falda emunte”.

In secondo luogo deduce il difetto di motivazione ed istruttoria in ordine al pericolo di diffusione della contaminazione o di contatto con le altre matrici presenti nel sito. Tale pericolo, infatti, non potrebbe essere automaticamente ricollegato all’avvenuto ritrovamento, nelle acque di falda emunte, di sostanze contaminanti in valori superiori alle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), posto che tale modus operandi - già non supportato dal regime giuridico esistente all’epoca del d.m. 471/1999 (art. 2, lett. d, dello stesso) - sarebbe ulteriormente smentito dal successivo d.lgs. 152/2006, che agli artt. 240 e segg. postula, ai fini della messa in sicurezza d’emergenza, l’accertamento in concreto di una situazione di grave ed imminente pericolo.

Tali censure non meritano accoglimento, per le ragioni che si passa ad esporre.

Può prescindersi dall’esame di quelle prescrizioni, tra quelle ora in oggetto, che fanno riferimento alla ritenuta natura di “rifiuto liquido” delle acque di falda emunte, posto che tale problematica è stata già ampiamente valutata al precedente punto A, per respingere le relative censure, e tale esito può essere ora confermato mediante integrale rinvio a quella precedente trattazione.

Quanto alle ulteriori doglianze, neppure queste meritano accoglimento.

Rileva il Collegio, in primo luogo, come Syndial non abbia adeguatamente smentito le documentate argomentazioni dell’Amministrazione statale resistente, la quale, alle pagg. 26 e segg. della propria memoria difensiva, ha messo in evidenza, fra l’altro, che: - con sopralluogo svolto dal P.M.P. - A.S.L. di Cagliari in data 12 luglio 2007, è stato accertato che Syndial non ha dato corso alle prescrizioni, dettate nelle Conferenze di servizi dell’11 novembre 2005 e dell’11 luglio 2006, relative al necessario potenziamento del sistema idraulico di emungimento delle acque di falda, mediante sbarramento idraulico integrativo lungo l’allineamento di circa 600 m. nell’area sud occidentale dello stabilimento, così come proposto dalla stessa società nella documentazione inviata e discussa in sede di Conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio 2007”; - che ciò ha aggravato i rischi connessi all’obiettiva situazione di contaminazione delle acque di falda riscontrata in sito, consistente in alte concentrazioni di un elevato numero di metalli pesanti, rischi che consistono soprattutto nella possibilità che il relativo inquinamento, proprio attraverso l’inevitabile deflusso della falda, si propaghi al vicino Rio Mannu; - che l’insufficienza dell’attuale sistema di pozzi di emungimento è reso evidente dal fatto che, allo stato, esistono solo 9 pozzi per un’area di ben 166.500 mq.; - che la situazione emergenziale, cui l’Amministrazione ricollega la necessità di misure di messa in sicurezza d’emergenza, deriva, da un lato, dalla natura stessa della falda, fonte inquinante ontologicamente capace di comportare una propagazione repentina ed imprevedibile dell’inquinamento, dall’altro dall’esistenza in sito di ulteriori fattori di rischio, come il constatato inquinamento dei suoli; - che la nota Syndial datata 8 febbraio 2008, contenente numerosa nuova documentazione incidente sulla tematica in oggetto, è stata acquisita dall’Amministrazione appena un mese prima della Conferenza di servizi del 13 marzo 2008, per cui, nelle more di un ponderato esame di materiale così copioso, l’Amministrazione ha ritenuto, nel frattempo, ribadire e puntualizzare le proprie prescrizioni di carattere emergenziale.

Orbene, tanto più a fronte di elementi difensivi così circostanziati e significativi, le censure in esame si rivelano generiche e proposte in una prospettiva sostanzialmente astratta ed avulsa dai concreti dati procedimentali.

Ciò premesso, deve rilevarsi come il denunciato vizio di motivazione ed istruttoria, in effetti, non sussista, posto che l’iter logico seguito dall’Amministrazione, in una vicenda procedimentale così articolata e complessa, deve desumersi - non già soltanto dal tenore testuale dell’impugnato verbale della Conferenza - bensì dall’intero complesso di atti e verbali che l’hanno preceduto ed accompagnato. Così, ad esempio, la ricorrente ben sapeva che il potenziamento del sistema idraulico di emungimento delle acque di falda era stato richiesto da tempo, in occasione di precedenti conferenze di servizi, e che, non di meno, non vi aveva mai dato corso; il che è tanto più grave ove si consideri che quel sistema di sbarramento idraulico costituisce, allo stato, l’unico presidio opponibile alla potenziale diffusione dell’inquinamento mediante falda, atteso che la ricorrente non ha inteso (peraltro legittimamente, come già si è visto al punto D) ottemperare alla richiesta dell’Amministrazione di realizzare anche un sistema di sbarramento fisico (e non è superfluo rilevare, al riguardo, come la stessa Syndial abbia indicato, a pag. 36 del precedente ricorso RG. 531/2007, quale soluzione alternativa al barrieramento fisico, “l’aumento dei punti di emungimento della barriera idraulica o del quantitativo di acqua da emungere o comunque i possibili adeguamenti tecnici della medesima barriera”, cioè proprio l’oggetto delle prescrizioni che ora, invece, contesta).

La ricorrente, in altre parole, non può rifiutarsi di realizzare il richiesto barrieramento fisico e contemporaneamente opporsi anche alla richiesta di potenziamento dell’esistente barrieramento idraulico, perché un simile atteggiamento si traduce nella sostanziale indisponibilità ad assicurare la messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda, che costituisce, invece, suo preciso dovere. Né, d’altra parte, può mettersi fondatamente in dubbio l’esistenza di un rischio grave ed immediato di propagazione della contaminazione, posto che, come si legge negli impugnati verbali (e come risulta da accertamenti svolti dal P.M.P. ed altri organi tecnici, che la ricorrente neppure specificamente contesta), è stata accertata la presenza nella falda di un grave stato d’inquinamento, il cui deflusso propende pericolosamente verso un obiettivo sensibile come il vicino Riu Mannu, il che, tra l’altro, smentisce l’ulteriore rilievo della Syndial in ordine alla mancata valutazione della propria richiesta di “procrastinare” l’attuazione delle prescrizioni impugnate alla fase di messa in sicurezza permanente del sito.

In un simile contesto anche il denunciato mancato esame della documentazione inviata da Syndial all’Amministrazione si rivela aspetto di carattere meramente formale, come tale ininfluente in una sequenza procedimentale così copiosa ed articolata, posto che la stessa ricorrente non ha neppure evidenziato quali elementi di quella documentazione integrativa avrebbero potuto indurre l’Amministrazione a formulare valutazioni diverse.

F) Un ulteriore oggetto d’impugnativa è costituito dalla decisione assunta dalla Conferenza di servizi del 13 marzo 2008 di non approvare il Progetto di messa in sicurezza permanente del sito presentato da Syndial (che fu oggetto, in sede di analisi preliminare, anche di precedenti Conferenze di servizi) e di dettare, al riguardo, ulteriori prescrizioni.

Le doglianze della ricorrente si concentrano, in primo luogo, sulla prescrizione contenuta a pag. 117, punto 2, del verbale, ove si afferma che “l’intervento di messa in sicurezza permanente in progetto (di cui ai successivi punti dell’o.d.g.) dovrà garantire l’effettivo isolamento della sorgente. A proposito si fa presente che la copertura superficiale dovrà avere le caratteristiche previste dal d.lgs. 36/03. Relativamente alle pareti, il diaframma plastico in progetto dovrà assicurare le caratteristiche di permeabilità relative alle discariche per rifiuti pericolosi/non pericolosi a seconda delle caratteristiche dei rifiuti presenti. Relativamente al fondo nel caso in cui lo strato naturale presente (strato di argilla nocciola) non presenti adeguate caratteristiche di permeabilità, si dovrà valutare la possibilità di realizzare un sistema artificiale che garantisca i presidi ambientali di cui al d.lgs. 36/03”.

La ricorrente contesta, inoltre, le prescrizioni dettate a pag. 123 del verbale (da n. 1 a n. 6), aventi ad oggetto, oltre alla richiesta di nuovi studi ed analisi, il recepimento di prescrizioni già rivolte, nei confronti del Progetto di messa in sicurezza permanente presentato da Syndial, in sede di Conferenza di Servizi decisoria dell’11 luglio 2006, inerenti: - l’indicazione delle limitazioni di utilizzo delle porzioni di area interessata dall’intervento di messa in sicurezza permanente ed i conseguenti adeguamenti catastali; - l’adeguamento del progetto alle caratteristiche dell’area confinante a quella interessata alla messa in sicurezza permanente, posto che la stessa area confinante fu oggetto della medesima attività di fonderia e, pertanto, deve presumersi che la tipologia di contaminazione sia ivi analoga; - la necessità che i terreni utilizzati per il livellamento delle scarpate in corrispondenza dell’area di discarica debbano presentare idonee caratteristiche chimiche; - il chiarimento di dettagli tecnici relativi ai pozzi di emungimento che si intendono realizzare al servizio dell’area interessata alla messa in sicurezza permanente; - la mancata approvazione della proposta di non trattare le acque emunte in zona sul presupposto che le stesse non dovrebbero essere contaminate.

La ricorrente deduce, avverso le citate prescrizioni, i motivi, III, IV, V e VI del ricorso RG. 602/1998, che si passa ad esaminare.

In primo luogo si deduce (con il III motivo) un travisamento dei fatti, in quanto l’Amministrazione avrebbe erroneamente ritenuto che il progetto di messa in sicurezza permanente presentato da Syndial riguardasse esclusivamente un’area adibita a discarica e che per questo dovesse rispettare i relativi presidi di legge, laddove quel progetto avrebbe, invece, ad oggetto un’area avente per gran parte altra destinazione, rappresentando la discarica solo una piccola porzione del sito.

Tale censura non merita di essere condivisa.

Giova precisare, al riguardo, che la stessa è specificamente rivolta nei confronti della prescrizione imposta a pag. 117, punto 2, del verbale, con cui si è previsto di estendere la protezione all’intera area, al fine di assicurare “l’effettivo isolamento della sorgente” e che, a tal fine, “la copertura superficiale dovrà avere le caratteristiche previste dal d.lgs. 36/03” in materia di discariche.

Sul punto assume rilievo la memoria difensiva dell’Amministrazione statale resistente, ove si osserva che gli accertamenti svolti hanno consentito di accertare la presenza di residui inquinanti anche in sottoaree diverse da quella denominata “Discarica” (scorie miscelate, contenenti solfuri di zinco e piombo, per un volume complessivo di circa 250,000 m/c): tale circostanza, non essendo stata contestata in fatto dalla ricorrente, può considerarsi accertata, e va da sé, quindi, che la decisione dell’Amministrazione di estendere le misure d’isolamento della fonte inquinante anche ad altre sottoaree interessate risulti esente dai vizi logici ed istruttori contestati.

Distinta doglianza è quella con cui la ricorrente (sempre nel III motivo) sostiene che la normativa sulle discariche non potrebbe trovare applicazione in fase di messa in sicurezza permanente, perché le relative norme (art. 240, lett. 0, ed Allegato 3 Parte IV, del d.lgs. 152/2006) non la richiamano. E, d’altra parte, il progetto elaborato da Syndial sarebbe, comunque adeguato ai presidi previste per le discariche di rifiuti pericolosi, per cui la relativa prescrizione sarebbe, anche sotto questo aspetto, ingiustificata.

Neppure queste argomentazioni meritano di essere condivise.

L’attività di messa in sicurezza permanente trova definizione all’art. 240, lett. 0), del dlgs. 152/2006, a mente del quale è “messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici”. A ciò si aggiungono i protocolli operativi contenuti nell’Allegato III al Titolo V dello stesso d.lgs., ove sono contenute tanto indicazioni di carattere generale quanto modalità operative specificamente relative alla messa in sicurezza permanente.

Tali previsioni normative, a prescindere da un’analisi di dettaglio, definiscono la messa in sicurezza permanente in chiave sostanzialmente funzionale, nel senso che descrivono solo in generale le modalità operative, per concentrarsi essenzialmente sugli obiettivi che la misura deve perseguire. Il legislatore richiede, in particolare, che, all’esito della messa in sicurezza permanente, le sorgenti di possibile inquinamento risultino effettivamente isolate rispetto ai potenziali obiettivi sensibili. E proprio tale aspetto, che particolarmente rileva nel caso in esame, è oggetto di espressa previsione, contenuta nell’Allegato III in precedenza citato, ove si indica, quale caratteristica necessaria dell’intervento, “l’efficacia delle misure di sicurezza in caso di messa in sicurezza permanente, in particolare di quelle adottate al fine di impedire la migrazione degli inquinanti all'esterno dell'area oggetto dell'intervento”.

Deve, quindi ritenersi che la disciplina richiamata dalla ricorrente lasci all’Amministrazione ampia discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute necessarie alla luce delle caratteristiche del sito e delle aree circostanti, e la vincoli, soltanto, a perseguire l’obiettivo di una effettiva e completa messa in sicurezza degli stessi. Per cui il mancato richiamo, da parte del legislatore, delle norme sui presidi richiesti in materia di discariche non comporta, di per sé solo, come sostiene la ricorrente, l’illegittimità della richiesta di attenersi ai medesimi presidi: è quest’ultima, infatti, una valutazione tecnica che l’Amministrazione ha svolto tenendo conto delle caratteristiche del sito, che l’hanno condotta, evidentemente, a ritenere necessarie ed opportune proprio quelle metodologie. In altre parole il riferimento alla normativa sulle discariche costituisce semplicemente una modalità utilizzata dall’Amministrazione per indicare, in sintesi, la tipologia di misure che la stessa ha ritenuto indispensabile ai fini di una effettiva messa in sicurezza del sito, il che esclude la fondatezza della censura in esame.

Syndial osserva (con il IV motivo), ancora, come nella sottoarea del sito denominata, per l’appunto, “discarica”, fosse già stato eseguito un intervento di messa in sicurezza permanente, sulla base di un progetto denominato “Bonifica dell’area di stoccaggio scorie industriali”, approvato dall’Assessorato della Difesa dell’Ambiente della Regione sarda con decreto 14 maggio 1993, n. 6964, e definitivamente ultimato nel gennaio 1996. Tale pregressa attività di bonifica sarebbe tuttora “fatta salva” dalle disposizioni transitorie dettate tanto dall’art. 18 d.m. 471/1999 quanto dall’art. 264, comma 4, d.lgs. 152/2006, per cui le nuove prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi del 13 marzo 2008 sarebbero sovrabbondanti.

La censura è priva di pregio.

E, difatti, - anche a prescindere dalla questione giuridica relativa all’incidenza della normativa transitoria richiamata dalla ricorrente sulla fattispecie in esame - la stessa Syndial non ha, comunque, mai contestato la necessità di una ulteriore attività di messa in sicurezza permanente della sottoarea denominata “discarica”, tanto da avere elaborato, anche su tale aspetto, un progetto di messa in sicurezza permanente (si legga, sul punto, la memoria difensiva della ricorrente in data 2 dicembre 2008, ove espressamente si afferma, a pagg. 13 e 14, che dopo l’ultimazione della bonifica del 1995-1996 “Syndial ha presentato al Comune di San Gavino Monreale un progetto preliminare di messa in sicurezza permanente, avente ad oggetto tutte le aree dello stabilimento, ivi compresa l’area cd. “discarica”).

Ma, soprattutto, assume importanza dirimente il fatto (posto in evidenza dall’Amministrazione e non contestato, in fatto, dalla ricorrente) che - pur dopo l’attività di bonifica conclusa nel gennaio 1996, cui fa riferimento la ricorrente - l’area in questione ha continuato a manifestare obiettivi indici di inquinamento, con rischio di diffusione nelle aree circostanti, per cui è, comunque, indiscutibile che lo stesso sito necessiti, a tutt’oggi, di un intervento di messa in sicurezza permanente, il che smentisce la tesi della ricorrente.

La Syndial sostiene, inoltre (V motivo), che le prescrizioni indicate a pag. 123 (da n. 1 a n. 6) del verbale, ove sostanzialmente si ripropongono prescrizioni già dettate dalla Conferenza di servizi dell’11 luglio 2006 e poi ribadite dalla Conferenza di servizi istruttoria del 18 luglio 2007, sarebbero già state integralmente recepite e che ciò sarebbe stato comunicato all’Amministrazione con nota dell’ 8 febbraio 2008, la quale non ne avrebbe tenuto conto, incorrendo, anche per questo nei contestati vizi di difetto di motivazione ed istruttoria.

Anche questa censura è priva di pregio.

È sufficiente osservare, al riguardo, e ciò vale anche per l’analogo rilievo contenuto nel III motivo già in precedenza esaminato, che la ricorrente non ha neppure interesse a dedurre una simile censura perché, quand’anche fosse vero che la situazione di fatto è stata già adeguata alle prescrizioni da ultimo riproposte dalla Conferenza di Servizi, nessuna ulteriore attività dovrebbe essere svolta e, di conseguenza, le impugnate prescrizioni non avrebbero concreta portata lesiva.

La ricorrente lamenta (VI motivo), infine, che la Conferenza di servizi avrebbe espresso la propria valutazione sul Progetto di messa in sicurezza permanente senza aver previamente esaminato la nuova versione dell’Analisi di rischio igienico sanitario per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica che la stessa ricorrente le aveva inviato nel febbraio 2008, al fine di adeguarla alle nuove previsioni introdotte dal d.lgs. 4/2008; in tal modo la Conferenza sarebbe incorsa nei vizi di difetto di motivazione ed istruttoria, oltre che nella violazione delle norme che regolano il procedimento di bonifica, le quali presuppongono che la valutazione dell’Analisi di rischio debba precedere quella del Progetto di messa in sicurezza permanente.

La censura è priva di pregio.

Come esattamente osserva l’Amministrazione statale resistente nelle proprie difese, infatti, non risponde al vero che la Conferenza di Servizi abbia valutato il Progetto di messa in sicurezza permanente del sito senza avere prima esaminato l’Analisi di rischio inviata dalla società ricorrente. Quest’ultimo documento, costituente oggetto del punto b dell’o.d.g. del verbale, è stato, invece, ampiamente esaminato dalla stessa Conferenza (cfr. pag. 118 del verbale, ove si riportano per intero le negative valutazioni espresse, al riguardo, nella sede istruttoria del 18 luglio 2007), che l’ha poi giudicato inapplicabile “alla presenza di rifiuti quale sorgente di contaminazione. Di conseguenza si sottolinea che la presentazione del progetto di messa in sicurezza permanente dell’area non è condizionato dall’elaborazione di alcuna analisi di rischio” (cfr. pagg. 124 e 125 del verbale).

Orbene tali conclusioni non sono contestate nel merito dalla società ricorrente, la quale, come detto, si limita a sostenere che, in base alla nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, ed in specie dagli artt. 242 e 252, la previa approvazione dell’Analisi di rischio costituirebbe un presupposto indefettibile ai fini dell’esame e della successiva approvazione del Progetto di messa in sicurezza permanente.

Ma il Collegio non condivide tale argomentazione, quanto meno nei termini in cui è formulata dalla società ricorrente. Se è vero, infatti che le disposizioni sopra richiamate, in specie l’art. 242 d.lgs. 152/2006, prevedono una scansione procedimentale che si articola nelle procedure di caratterizzazione, elaborazione dell’analisi di rischio e predisposizione del progetto di messa in sicurezza permanente del sito, ciò non significa che quest’ultimo non possa essere disposto prima di una formale elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei casi, come quello in esame, ove abbia esaminato il relativo documento e non l’abbia condiviso nei suoi contenuti, l’Amministrazione ben potrà formulare, comunque, le proprie prescrizioni per la messa in sicurezza permanente del sito, tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che risulta dal documento di analisi che ha esaminato e non approvato. Ciò che rileva è, in definitiva, che le misure di messa in sicurezza permanente siano ricollegate ad un obiettivo stato di inquinamento, puntualmente accertato, il che, come già si è rilevato, è certamente avvenuto nel caso di specie.

G) Resta, infine, da esaminare il X motivo del ricorso RG. 602/2008, con il quale la società ricorrente contesta la parte del verbale della Conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2008 in cui si rileva, a carico della ricorrente, un rilevante ritardo nell'ottemperare alle prescrizioni formulate e, in generale, a provvedere alla messa in sicurezza d'emergenza e bonifica del sito, nonché si prospetta, in caso di perdurante inerzia, l'attivazione dei poteri sostituitivi previsti dalla legge e l'esercizio dell'azione di risarcimento del danno ambientale.

Secondo la ricorrente, infatti, i ritardi sarebbero da attribuire alla stessa Amministrazione, la quale - continuando a richiedere modifiche ed integrazioni ed omettendo di approvare l'analisi del rischio - avrebbe impedito una puntuale definizione degli obiettivi di bonifica. Sostiene, inoltre la Syndial che il paventato esercizio dei poteri sostituitivi non sarebbe configurabile per assenza dei presupposti di legge, avendo la stessa ricorrente predisposto tutte le azioni necessarie, mediante idonei progetti, che l'Amministrazione continua a contestare o, comunque, a non approvare.

Il motivo è inammissibile.

Si censurano, infatti, aspetti del verbale contenenti la mera prefigurazione di possibili future azioni, che l’Amministrazione si riserva in caso di ulteriore inadempimento, da parte della ricorrente, alle prescrizioni che le sono state rivolte. La doglianza ha, quindi, ad oggetto aspetti del verbale non direttamente lesivi e, pertanto, si rivela inammissibile per carenza d’interesse.

Allo stesso modo deve essere dichiarata l’inammissibilità di tutti e tre i ricorsi in esame limitatamente alla parte in cui hanno ad oggetto atti di natura endoprocedimentale (pareri, verbali di sopralluogo, etc.), come tali non direttamente incidenti sulla sfera giuridica della ricorrente.

In conclusione meritano accoglimento le sole censure esaminate al punto D) della precedente trattazione, aventi ad oggetto le prescrizioni con cui è stata imposta alla Syndial la realizzazione, quale misura integrativa di messa in sicurezza d'emergenza della falda, di “un sistema di confinamento fisico, ad integrazione del barrieramento idraulico” e ciò comporta l’annullamento in parte qua dei verbali delle Conferenze di servizi del 31 maggio 2005 e dell’11 novembre 2005, nonché, sempre in parte qua, del decreto 5 aprile 2007, prot. n. 3503/QDV/DI/B, del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con cui i detti verbali sono stati approvati e resi esecutivi.

Per tutto il resto i ricorsi in esame devono essere rigettati.

Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese processuali fra le parti costituite, vista la parziale reciproca soccombenza e la notevole complessità delle questioni giuridiche trattate.


P.Q.M.


Riuniti i ricorsi in epigrafe, li accoglie in parte e, per l’effetto, annulla i verbali delle Conferenze di servizi del 31 maggio 2005 e dell’11 novembre 2005, nonché il decreto 5 aprile 2007, prot. n. 3503/QDV/DI/B, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, limitatamente alla parte in cui tali atti impongono alla società ricorrente, quale misura integrativa di messa in sicurezza d'emergenza della falda, la realizzazione di un sistema di barrieramento fisico della fonte inquinante.

Rigetta, per tutto il resto, i ricorsi in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nelle camere di consiglio del giorno 17/12/2008 e del giorno 18/02/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente

Francesco Scano, Consigliere

Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore



L'ESTENSORE                                             IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/04/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO


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