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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR SARDEGNA, Sez. II - 16 giugno 2009, n. 988
PESCA - Regione Sardegna - L.R. n. 3/2006 - Piano triennale delle Risorse
acquatiche - Finalità - Adozione di misure limitative dell’attività di pesca
nelle more dell’adozione del Piano - Legittimità. Scopo fondamentale del
Piano Triennale delle Risorse Acquatiche è, ai sensi dell’art. 6 della L.R.
Sardegna n. 3/2006, quello di assicurare una “sostenibilità marittima”
dell’attività di pesca ancora maggiore rispetto a quella già di per sé garantita
dal Piano nazionale delle Risorse Acquatiche, approvato dal Governo nazionale.
Non si rinviene nella disciplina in esame, alcun elemento che indichi una
volontà del legislatore di subordinare il potere regionale di adottare ulteriori
misure limitative dell’attività di pesca alla previa adozione del Piano
regionale: la sua adozione condiziona esclusivamente l’introduzione di misure
compensative a favore degli esercenti l’attività di pesca, non certo l’adozione
delle misure limitative, che trovano autonomo ed efficace fondamento, nelle more
dell’adozione del Piano regionale, nell’art. 1 della l.r. 34/1998. Pres.
Panunzio, Est. Plaisant - A. soc.coop. a r.l. e altri (avv.ti Ghigino e Margelli)
c. Regione Autonoma della Sardegna e altri (avv.ti Campus e Contu). T.A.R. SARDEGNA,
Sez.II - 16/06/2009, n.988
PESCA - Limitazione dell’attività di pesca oltre il limite delle acque territoriali - Competenza regionale - Esclusione - Art. 2 disp. prel. Cod. Nav. La limitazione dell’attività di pesca oltre il limite delle acque territoriali travalica la competenza regionale, posto che l’art. 2 delle Disposizioni preliminari al Codice della Navigazione limita espressamente la sovranità dello Stato “alla zona di mare dell’estensione di 12 miglia marine lungo le coste continentali ed insulari della Repubblica” (ovvero al tratto convenzionalmente denominato “mare territoriale”), per cui la Regione certamente non può dettare misure limitative dell’attività di pesca al di fuori di tale limite. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - A. soc.coop. a r.l. e altri (avv.ti Ghigino e Margelli) c. Regione Autonoma della Sardegna e altri (avv.ti Campus e Contu). T.A.R. SARDEGNA, Sez.II - 16/06/2009, n.988
N. 00988/2009 REG.SEN.
N. 00795/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SARDEGNA
SEZIONE SECONDA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 795 del 2006, proposto da:
Albatros Società Cooperativa Pescatori a r.l., Pinto Pesca di Pinto Andrea e C
s.n.c., Manca Massimo e Manca Alessandro s.n.c., Manca Gianni e Manca Andrea
s.n.c., Di Palma Pesca soc. coop. a r.l., Avellino Claudio e C. s.n.c e ditta
Avellino Giovanni., rappresentati e difesi dagli avv.ti Sebastiano Ghigino e
Renato Margelli, con domicilio eletto presso il loro studio, in Cagliari, via
Einstein n. 8;
contro
Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato Regionale alla Difesa Ambiente,
Direttore Generale Assessorato Regionale alla Difesa dell’Ambiente,
rappresentati e difesi dagli avv. Graziano Campus e Gian Piero Contu, con
domicilio eletto presso l’Ufficio Legale dell’Ente, in Cagliari, viale Trento n.
69;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- del decreto dell’Assessore alla Difesa dell’Ambiente 14 settembre 2006, n.
25/V, disciplinante l’attuazione delle interruzioni tecniche della pesca
nell’anno 2006 per le imbarcazioni iscritte nei compartimenti marittimi della
Sardegna, nelle seguenti parti: - art. 2, ove si stabilisce che per le
imbarcazioni autorizzate ad operare con il sistema delle reti a strascico è
prevista l’interruzione tecnica dell’attività di pesca per la durata
continuativa di 45 giorni a partire dal mese di settembre 2006, con la
precisazione che lungo la costa occidentale della Sardegna l’interruzione sarà
sfalsata di 15 giorni e che nei restanti mari della costa meridionale
occidentale della Sardegna, tra Capo Carbonara e Capo Ferro, l’interruzione è
prevista dal 10 ottobre 2006; - art. 2, comma 3, ove si consente ai titolari di
imbarcazioni di tonnellaggio superiore a 15 TSL, autorizzate all’uso del sistema
a strascico e/o volante, di operare oltre il limite delle acque territoriali se
munite di “palangari”, previa disattivazione del sistema a strascico, nonché di
riprendere l’attività con il sistema a strascico dall’1 gennaio 2007, senza
alcuna indennità compensativa, con la precisazione che, al fine di ottenere la
deroga, gli interessati dovranno far pervenire all’Assessorato apposita istanza
contenente l’impegno a non esercitare l’attività di pesca a strascico fino al 31
dicembre 2006; - art. 6, ove si prevede che durante il periodo di fermo è
vietata l’utilizzazione delle barche oggetto del fermo per altre attività e si
pongono altre limitazioni all’attività di pesca; - art. 7, ove si obbligano le
imprese interessate a consegnare presso gli uffici marittimi territorialmente
competenti i documenti di bordo, ivi compreso il libretto di controllo
dell’imbarco del consumo di carburante;
- di ogni altro presupposto, inerente e conseguente, ivi compresi i pareri
forniti dal Comitato Tecnico Scientifico Consultivo per la Pesca nelle sedute
del 2 agosto 2006 e 14 settembre 2006, attualmente non conosciuti, ove
fornissero parere positivo per l’estensione del divieto di pesca oltre il limiti
delle acque territoriali;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna,
unitamente all’ Assessorato Regionale Difesa Ambiente e al Direttore Generale
del medesimo Assessorato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20/05/2009 il dott. Antonio Plaisant e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti, autorizzati
all’esercizio dell’attività di pesca a strascico oltre le 12 miglia con
imbarcazioni superiori a 15 tonnellate, impugnano il decreto assessoriale in
epigrafe descritto, con il quale sono state introdotte alcune limitazioni alla
relativa attività per l’anno 2006.
Contestano, in particolare, l’interruzione tecnica dell’attività di pesca a
strascico, prevista per 45 giorni continuativi e diversamente decorrente a
seconda della zona di costa interessata, nonché la previsione, che ritengono
anche contraddittoria rispetto alla precedente, secondo cui la pesca a strascico
potrà riprendere solo dall’1 gennaio 2007 (quindi, oltre lo stesso termine di 45
giorni sopra indicato) e, infine, l’estensione del divieto di operare con la
tecnica a strascico anche oltre il limite delle acque territoriali.
Il gravame è affidato alle seguenti censure: 1) Violazione di legge in relazione
all’art. 6 della l.r. 14 aprile 2006, n. 3, eccesso di potere per difetto di
motivazione; 2) Violazione di legge, in relazione all’art. 2 delle disposizioni
preliminari al Codice della Navigazione, e all’art. 3, lett. I), dello Statuto
speciale della Regione Sardegna approvato con legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 3, e s.m.i, eccesso di potere; 3) Eccesso di potere per illogicità
manifesta e contraddittorietà; 4) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria,
contraddittorietà con precedenti atti del procedimento; 5) Eccesso di potere per
disparità di trattamento e irragionevolezza; 6) Estensione delle precedenti
censure alle deliberazioni adottate dal Comitato Tecnico Consultivo per la Pesca
nelle sedute del 2 agosto 2006 e 14 settembre 2006; 7) Violazione di legge in
relazione all’art. 41 Costituzione.
Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna, chiedendo la reiezione del
ricorso.
Alla Camera di consiglio del 25 ottobre 2006 - giusta l’ordinanza di questa
Sezione, in pari data, n. 385/2006 - l’istanza cautelare è stata accolta
limitatamene alla parte in cui il decreto impugnato preclude l’esercizio della
pesca a strascico anche oltre il limite delle acque territoriali, pari a 12
miglia dalla costa.
Alla pubblica udienza del 20 maggio 2009 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1) Con il primo motivo di ricorso -
al fine di contestare l’intero complesso delle misure limitative introdotte dal
decreto impugnato - si afferma che le stesse avrebbero dovuto essere
necessariamente precedute dall’adozione del Piano Triennale delle Risorse
Acquatiche per gli anni 2006-2008, secondo quanto previsto dall’art. 6 della
l.r. 14 aprile 2006, n. 3.
La censura è priva di pregio.
La richiamata disposizione normativa richiamata stabilisce, ai primi due commi,
che “1. Al fine di regolare lo sforzo di pesca sulla base della consistenza
delle risorse biologiche del mare, l'Assessore regionale della difesa
dell'ambiente, per le finalità di cui al capitolo II del Regolamento n. 2371/CE
del 2002, tenuto conto delle indicazioni della ricerca scientifica, adotta un
Piano triennale di protezione delle risorse acquatiche per gli anni 2006-2008
attraverso l'adozione di misure volte a migliorare la sostenibilità della pesca
marittima anche mediante interruzioni tecniche dell'attività di pesca,
limitazione delle catture, limitazione del numero e del tipo dei pescherecci
autorizzati ad operare, prescrizioni tecniche sugli attrezzi da pesca, sulle
zone di divieto e sulla protezione delle zone “nursery”. 2. Il Piano regionale
concorre al perseguimento degli obiettivi del Piano nazionale delle risorse
acquatiche per gli anni 2004-2006 adottato dal Ministero per le politiche
agricole e forestali, tenuto conto delle peculiarità biologiche del mare della
Sardegna e secondo le modalità di attuazione previste nella presente legge”.
Scopo fondamentale del Piano è, pertanto, quello di assicurare una
“sostenibilità marittima” dell’attività di pesca ancora maggiore rispetto a
quella già di per sé garantita dal Piano nazionale delle Risorse Acquatiche per
gli anni 2004-2006, approvato dal Governo nazionale. Non si rinviene, invece,
nella disciplina in esame, alcun elemento che indichi una volontà del
legislatore di subordinare il potere regionale di adottare ulteriori misure
limitative dell’attività di pesca alla previa adozione del Piano regionale e
viceversa si legge, al quarto comma dello stesso art. 6, che “4. In dipendenza
dell'adozione del Piano di protezione delle risorse acquatiche, sono
riconosciute, a favore dei membri dell'equipaggio dei pescherecci interessati
alle limitazioni dell'attività di pesca, misure di accompagnamento a carattere
sociale, a compensazione del mancato reddito conformemente a quanto previsto dal
paragrafo 6 dell'articolo 12 del Regolamento n. 2792/CE del Consiglio del 17
dicembre 1999, nella misura prevista dai commi 5 e 6 dell'articolo 1 della legge
regionale 22 dicembre 1998, n. 34”: secondo quest’ultima previsione normativa,
quindi, l’adozione del Piano regionale condiziona esclusivamente l’introduzione
di misure compensative a favore degli esercenti l’attività di pesca, non certo
l’adozione delle misure limitative, che trovano autonomo ed efficace fondamento,
nelle more dell’adozione del Piano regionale, nell’art. 1 della l.r. 34/1998.
Ciò conduce a respingere il ricorso nella parte in cui lo stesso ha ad oggetto
l’interruzione tecnica dell’attività di pesca per la durata continuativa di 45
giorni a partire dal mese di settembre 2006, trattandosi di misura che non
costituisce oggetto delle altre censure dedotte, che si passa ad esaminare.
Il secondo, il terzo, il quinto ed il settimo motivo riguardano la misura
prevista dall’art. 2, comma 3, dell’impugnato decreto assessoriale, nella parte
in cui prevede che sia “data facoltà ai titolari delle imbarcazioni autorizzate
ad operare con il sistema a strascico….aventi tra gli strumenti pesca i
palangari, previa disattivazione del sistema a strascico, esercitare l’attività
di pesca oltre il limite delle acque territoriali. Gli stessi operatori potranno
riprendere l’attività con il sistema dello strascico solo dall’1 gennaio 2007”.
Osserva, al riguardo, parte ricorrente che tale misura limitativa, in quanto
estesa anche oltre il limite delle acque territoriali, travalica la competenza
della Regione Sardegna, introduce una ingiusta disparità di trattamento rispetto
ai pescatori operanti in altre regioni e comprime eccessivamente la libertà
d’iniziativa economica.
Detti motivi sono fondati.
Deve rilevarsi, in primo luogo, che - a differenza di quanto sostiene la Regione
nella propria memoria di costituzione in giudizio - la predetta misura implica
effettivamente il divieto di esercizio dell’attività di pesca a strascico oltre
il limite delle acque territoriali, perché in tal senso univocamente depone la
previsione che gli interessati potranno esercitare la pesca oltre quel limite
solo “previa disattivazione del sistema a strascico”.
Fatta questa premessa, il Collegio ritiene che la misura in esame travalichi le
competenze proprie della Regione, posto che l’art. 2 delle Disposizioni
preliminari al Codice della Navigazione limita espressamente la sovranità dello
Stato “alla zona di mare dell’estensione di 12 miglia marine lungo le coste
continentali ed insulari della Repubblica” (ovvero al tratto convenzionalmente
denominato “mare territoriale”), per cui la Regione certamente non può dettare
misure limitative dell’attività di pesca al di fuori di tale limite.
Ciò comporta l’illegittimità della misura in esame e conduce all’annullamento
dell’art. 2, comma 3, dell’impugnato decreto assessoriale.
4) Con il quarto motivo si contestano ulteriori misure limitative introdotte dal
decreto impugnato e, in particolare, il divieto di utilizzo delle imbarcazioni,
durante il periodo di fermo, anche per attività diverse dalla pesca a strascico,
nonché il relativo obbligo di consegna dei documenti di bordo presso gli uffici
marittimi territorialmente competenti.
Secondo i ricorrenti queste misure sarebbero sproporzionate, non direttamente
collegate a specifiche esigenze di tutela e si risolverebbero in misure di
“polizia preventiva e repressiva” riservate allo Stato.
Il motivo è fondato.
Basti rilevare, al riguardo, che le misure in questione, risolvendosi in un
radicale divieto di utilizzo dell’imbarcazione, comportano di fatto
l’impossibilità di esercitare la pesca a strascico anche oltre il limite delle
acque territoriali, il che, come già si è precisato, non è alla Regione
consentito.
Ciò conduce all’accoglimento della censura ed al conseguente annullamento
dell’art. 7 dell’impugnato decreto assessoriale, nella parte in cui riguarda
anche le imbarcazioni autorizzate all’esercizio della pesca a strascico oltre il
limite delle acque territoriali.
6) Resta da esaminare il sesto motivo, con il quale i ricorrenti estendono le
censure in esame anche ai pareri espressi, nel corso del procedimento, dal
Comitato Tecnico Consultivo per la Pesca.
La censura è inammissibile , posto che i citati pareri sono atti meramente
endoprocedimentali, come tali privi di portata lesiva.
Per quanto premesso, il ricorso è in parte fondato, in parte infondato ed in
parte inammissibile, nei termini in precedenza esposti.
In considerazione della parziale reciproca soccombenza sussistono giusti motivi
per compensare integralmente fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie in parte il ricorso e, per
l’effetto, annulla l’art. 2, comma 3, del decreto dell’Assessore alla Difesa
dell’Ambiente 14 settembre 2006, n. 25/V, nonché l’art. 7 del medesimo decreto,
nella parte in cui lo stesso riguarda le imbarcazioni autorizzate all’esercizio
della pesca a strascico oltre il limite delle acque territoriali.
Rigetta, per il resto, il ricorso.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 20/05/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente
Francesco Scano, Consigliere
Antonio Plaisant, Primo Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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