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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 25 settembre 2009, n. 1539
ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Conferenza di servizi - Provvedimento
di autorizzazione unica - Impugnazione - Legittimazione passiva - Inadempimento
- Giudizio ex art. 21 bis L. n. 1034/1971 - Autorità legittimata passiva.
Gli enti intervenuti nella conferenza di servizi di cui all’art. 12 del D. Lgs.
29 dicembre 2003, n. 387 non sono legittimati passivi nel giudizio di
impugnazione del provvedimento di autorizzazione unica (T.A.R. Umbria, sentenza
13 agosto 2009 n. 483): simmetricamente, oggetto del giudizio ex art. 21-bis, l.
1034/1971, non è l’inadempimento degli organi od enti che hanno partecipato alla
conferenza di servizi, ma, evidentemente, dell’autorità che avrebbe dovuto
emanare l’atto finale e non lo ha fatto, con ogni consequenziale effetto in
punto di legittimazione passiva. Pres. Monteleone, Est. Tulumello- S.s.p.a. e
altro (avv.ti Comande', Scanzano, Starace e Antonini) c. Regione siciliana e
altro (Avv. Stato). TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 25 settembre 2009, n.
1539
ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Procedimento autorizzatorio -
Conferenza di servizi - Adozione del provvedimento conclusivo - Termine di 180
giorni. Dalla lettura dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 si ricava
l'intento del legislatore di favorire le iniziative volte alla realizzazione
degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili,
semplificando il relativo procedimento autorizzativo e concentrando l'apporto
valutativo di tutte le Amministrazioni interessate nella "conferenza di
servizio" ai fini del rilascio di una "autorizzazione unica". Ed a siffatto
"favor legis" (come anche al principio dell'obbligo della P.A. di concludere il
procedimento ex art. 2 L. n. 241/1990, recepita in Sicilia con L.r. n. 10/1991),
non può non conseguire l'obbligo della Regione di adottare le relative
determinazioni, positive o negative, nei modi e nei termini di legge, entro quel
termine massimo di 180 giorni avente un evidente intento acceleratorio del
procedimento, e posto come limite temporale massimo per l'adozione della
determinazione conclusiva, qualunque essa sia. Pres. Monteleone, Est. Tulumello-
S.s.p.a. e altro (avv.ti Comande', Scanzano, Starace e Antonini) c. Regione
siciliana e altro (Avv. Stato).TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 25 settembre
2009, n. 1539
N. 01478/2009 REG.SEN.
N. 00313/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 911 del 2009, proposto dalle s.p.a
S.E.R. - Societa' Energie Rinnovabili S.p.A., e S.E.R.1 Società Energie
Rinnovabili 1, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore,
rappresentati e difesi dagli avv. Carlo Comande', Francesco Scanzano, Sergio
Starace, Carola Antonini, con domicilio eletto presso l’avv. Carlo Comande' in
Palermo, via Morello N.40;
contro
Regione Sicilia, e la Giunta Regionale Siciliana, in Persona del Presidente pro
tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Palermo, presso i cui uffici, in Palermo, via A. De Gasperi 81, è domiciliato
per legge;
nei confronti di
Industria della Regione Sicilia, Territorio e Ambiente della Regione Sicilia,
BB. CC. AA. della Regione Sicilia, Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo, in
persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in
Palermo, via A. De Gasperi 81, sono domiciliati per legge;
per l'annullamento
del silenzio inadempimento formatosi in relazione alla adozione della decisione
sulla istanza di autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio
dell’impianto eolico denominato “Monti Sicani” e delle relative opere di
connessione alla RTN, rimessa alla Giunta regionale, ai sensi del combinato
disposto degli artt. 12, comma 4, d. lgs 387/2003, e 14-quater, comma 3, l.
241/1990.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Sicilia in Persona del
Presidente P.T.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Sicilia Giunta;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Sicilia Assessorato
Territorio ed Ambiente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Sicilia Assessorato
Bb.Cc.Aa.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soprintendenza Bb.Cc.Aa. di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16/07/2009 il dott. Giovanni
Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 4 maggio 2009, e depositato il
successivo 19 maggio, le società ricorrenti hanno chiesto la declaratoria
dell’illegittimità del silenzio-inadempimento formatosi sulle istanze indicate
in epigrafe.
Si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate.
La Giunta regionale di governo della regione Sicilia, in particolare, con
memoria depositata il 14 luglio 2009, ha eccepito l’irricevibilità e
l’inammissibilità del ricorso, e ne ha chiesto comunque il rigetto nel merito.
Le società ricorrenti hanno replicato con memoria del 16 luglio 2009.
All’udienza camerale del 16 luglio 2009 il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
2. La difesa regionale eccepisce, nella parte finale della memoria depositata,
il difetto di legittimazione attiva delle società ricorrenti: eccezione che
tuttavia, nell’ordine logico delle questioni da esaminare, si pone come
prioritaria, investendo un presupposto processuale.
Osserva la difesa delle amministrazioni intimate di avere appreso in occasione
della proposizione del ricorso in esame che le società ricorrenti sono aventi
causa (in quanto cessionarie di ramo d’azienda) dalla originaria istante: e che
la successione civilistica non comporta, nel caso di specie, una successione
nella posizione di interesse legittimo pretensivo al rilascio
dell’autorizzazione, attesa la natura dell’autorizzazione richiesta, che secondo
questa ricostruzione sarebbe caratterizzata dall’intuitu personae.
Osserva sul punto il collegio che, al di là di ogni altra considerazione in
merito alla trasmissibilità o meno della posizione d’interesse dedotta, la
superiore eccezione appare infondata in punto di fatto.
Le società ricorrenti, nella memoria di replica, hanno chiarito – con
affermazione rimasta peraltro incontestata - che in realtà la cessione nel ramo
d’azienda (e la successione nei relativi rapporti), era stata notificata
all’amministrazione procedente già nel settembre 2007, ed hanno prodotto in
giudizio (in allegato a detta memoria) la relativa documentazione, senza che
risulti alcun rilievo della predetta amministrazione in merito alla pretesa
intrasmissibilità, per ragioni legate all’intuitu persone, della titolarità del
rapporto e della relativa posizione d’interesse.
Il procedimento amministrativo è dunque proseguito nei confronti delle odierne
ricorrenti, che radicano la legittimazione a contestare l’inerzia proprio
dall’essere subentrate nella posizione dell’originaria istante.
3. Dev’essere quindi esaminata l’eccezione d’irricevibilità del ricorso
sollevata dalla difesa della Regione Sicilia.
La difesa regionale lamenta in memoria che il diesa a quo per la proposizione
del ricorso andrebbe individuato nel 25 luglio 2006 (data di presentazione della
richiesta di autorizzazione), o al più nel 9 novembre 2007 (data della
integrazione di detta richiesta con riferimento agli aerogeneratori).
Questa ricostruzione non può essere condivisa, in quanto il termine per agire
contro il silenzio-inadempimento decorre dalla scadenza del termine per
provvedere: e non dalla data di presentazione dell’istanza.
L’art. 2, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241 - nel testo vigente
all’epoca dell’instaurazione e dello svolgimento del procedimento per cui è
causa, e della proposizione del ricorso in esame (successivamente alla modifica
introdotta dall’art. 3, comma 6-bis, del decreto-legge14 marzo 2005, n. 35, e
prima della ulteriore modifica apportata dall’art. 7, comma 1, lett. b), della
legge 18 giugno 2009, n. 69) - stabiliva che “Salvi i casi di silenzio assenso,
decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio
dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida
all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e
comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2
o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza. È
fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne
ricorrano i presupposti”.
Nel computo non va compresa la sospensione feriale dei termini, giacché il
predetto termine di un anno, secondo l’orientamento giurisprudenziale che al
collegio appare preferibile, ha natura non processuale ma sostanziale (T.A.R.
Puglia, Bari, sez. I, sentenza 7 giugno 2005 n. 2770; T.A.R Campania, Napoli,
sez, IV, sentenza 6 giugno 2006 n. 6747).
La decorrenza del termine, per la proposizione del ricorso, è dunque dalla norma
indiscutibilmente ancorata alla scadenza del termine posto all’amministrazione
per la conclusione del procedimento, e per l’emanazione del relativo
provvedimento.
Del resto, anche sul piano logico, non può onerarsi la parte di agire contro
l’inadempimento, finché inadempimento non vi sia (in pendenza, cioè, del termine
per provvedere)
In relazione allo specifico procedimento per cui è causa, l’art. 12, comma 4,
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, stabilisce che “Il termine
massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può
comunque essere superiore a centottanta giorni”.
Dunque l’anno per proporre ricorso decorre dal centottantesimo giorno successivo
alla integrazione dell’istanza, vale a dire dal 9 maggio 2008.
Essendo stato notificato il ricorso il 4 maggio 2009, con notifica ricevuta
dall’amministrazione il successivo 6 maggio 2009, il predetto termine annuale
risulta rispettato per tabulas.
4. Quanto all’eccezione di difetto di legittimazione passiva, per essere stato
il ricorso rivolto nei confronti della Regione Sicilia in persona del suo
Presidente pro-tempore, osserva anzitutto il collegio che, al di là della
perspicuità o meno delle argomentazioni poste a sostegno di tale eccezione
(dalle quali non è dato evincere con chiarezza quale sarebbe l’amministrazione
legittimata passiva, in tesi non evocata in giudizio), ciò che appare dirimente
è che il ricorso in esame risulta notificato sia alla Regione e alla Giunta
regionale (in persona del Presidente), sia agli Assessorati regionali
competenti, sia alla Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo: vale a dire a tutte le
amministrazioni coinvolte nel procedimento.
Considerata la peculiarità della fattispecie procedimentale, per cui la
decisione finale non tempestivamente adottata risulta essere quella da adottarsi
all’esito della fase, eventuale e “patologica”, di composizione del dissenso da
parte della Giunta regionale, è poi di palese evidenza che l’organo inadempiente
è proprio la Giunta regionale, e non anche le singole amministrazioni che hanno
partecipato alla precedente fase del procedimento.
Si è infatti condivisibilmente affermato in giurisprudenza, a proposito del
modulo procedimentale in esame, che gli enti intervenuti nella conferenza di
servizi di cui all’art. 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 non sono
legittimati passivi nel giudizio di impugnazione del provvedimento di
autorizzazione unica (T.A.R. Umbria, sentenza 13 agosto 2009 n. 483): e dunque,
simmetricamente, poiché in caso di giudizio ex art. 21-bis, l. 1034/1971,
legittimato passivo non è, evidentemente, l’autorità che ha emanato l’atto, ma
quella che avrebbe dovuto emanarlo e non lo ha fatto, ne consegue che oggetto
del presente giudizio è l’inadempimento della Giunta regionale, e non degli
organi od enti che hanno partecipato alla conferenza di servizi (con ogni
consequenziale effetto in punto di legittimazione passiva).
Inoltre, come correttamente affermato in memoria dalle società ricorrenti,
l’avvenuta costituzione in giudizio – senza eccezioni o riserve – da parte
dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato (che ha svolto difese scritte solo in
nome della “Giunta di Governo della Regione Siciliana”, senza però specificare
nulla in sede di costituzione), consente di ritenere, da ultimo anche con la
sentenza n. 976/2009 di questo Tribunale Amministrativo Regionale, che detta
costituzione in giudizio “esprime una funzione di patrocinio potenzialmente
riferibile a ciascuna delle articolazioni amministrative regionali”.
Per tutte le superiori considerazioni, l’eccezione è pertanto infondata.
5. Nel merito dell’azione proposta, osserva il collegio che la fissazione di un
termine procedimentale di durata massima, con evidenti finalità acceleratorie,
ancorché non perentorio (e dunque, al di là della persistenza o meno del potere
di provvedere in capo all’amministrazione inadempiente), comporta la
qualificazione come inadempimento del fatto stesso dell’inutile spirare di tale
termine, posto a presidio della certezza dei tempi dell’azione amministrativa,
qualora sull’istanza della parte non sia stato emesso alcun provvedimento,
positivo o negativo.
Né vale in contrario distinguere fra mera inerzia, e lungaggini procedimentali,
allorché, come nel caso di specie, all’atto della scadenza del termine vi erano
ancora in corso attività istruttorie e decisionali che in tesi avrebbero
giustificato il ritardo (l’invio degli atti alla Giunta regionale per la
composizione del dissenso espresso).
Infatti per un verso giova rimarcare come nel sistema dell’art. 2 della legge n.
241 del 1990 le cause di interruzione o sospensione del termine per provvedere
sono tipiche e di stretta interpretazione; e, per altro verso, come la
disciplina dello specifico procedimento amministrativo considerato contiene una
previsione relativa al superamento del dissenso espresso da una delle
amministrazioni portatrici di interessi cc.dd. sensibili.
L’art. 2, comma 158, lett. d), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha infatti
stabilito che al citato art. 12 d. lgs. 387/2003 “dopo il primo periodo del
comma 4 è inserito il seguente inserito «In caso di dissenso, purché non sia
quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione,
ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla
Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di
Bolzano».
Si tratta, all’evidenza, di un adeguamento della disciplina dello specifico
procedimento, alla previsione contenuta nella legge generale sul procedimento
amministrativo (art. 14-quater, comma 3, l. 241/1990): ma proprio la presenza di
una disciplina speciale esclude l’invocabilità di quella generale, e della
dilatazione cronologica dalla stessa prevista.
Inoltre, a seguito della richiamata modifica, il testo dell’art. 12 in parola
risulta così strutturato: “L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a
seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni
interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le
modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni
e integrazioni. In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una
amministrazione statale preposta alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione,
ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla
Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di
Bolzano. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ad
esercitare l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere
l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto
esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti
idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero
ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al
presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni”.
Anche da un punto di vista logico-sistematico, è dunque evidente, e chiara, la
volontà del legislatore di considerare nel termine complessivo di centottanta
giorni anche l’eventuale fase di composizione del dissenso (come si evince dal
fatto che la previsione di chiusura, contenente il termine complessivo, segue la
previsione e la disciplina della fase predetta).
La fase eventuale di composizione del dissenso è stata, in altre parole,
prevista dal legislatore nell’ambito della speciale disciplina del singolo
procedimento, e compresa nell’ambito temporale complessivo di centottanta giorni
(sulla necessità, in ossequio al principio di specialità, di applicare con
preferenza la normativa relativa al singolo procedimento considerato, in punto
di disciplina del termine di durata del procedimento stesso, in luogo di quella
contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo, si veda Corte di
Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 9591 del 27/04/2006).
Come del resto condivisibilmente affermato dalla III Sezione di questo Tribunale
Amministrativo Regionale nella sentenza 22 ottobre 2008 , n. 1277, “Dalla
lettura della norma sopra richiamata - rubricata "Razionalizzazione e
semplificazione delle procedure autorizzative" - si ricava l'intento del
legislatore di favorire le iniziative volte alla realizzazione degli impianti in
questione, semplificando il relativo procedimento autorizzativo e concentrando
l'apporto valutativo di tutte le Amministrazioni interessate nella "conferenza
di servizio" ai fini del rilascio di una "autorizzazione unica". Ed a siffatto
"favor legis" (come anche al principio dell'obbligo della P.A. di concludere il
procedimento ex art. 2 L. n. 241/1990, recepita in Sicilia con L.r. n. 10/1991),
non può non conseguire l'obbligo della resistente Regione siciliana di adottare
le relative determinazioni, positive o negative, nei modi e nei termini di
legge, entro quel termine massimo di 180 giorni avente un evidente intento
acceleratorio del procedimento, e posto come limite temporale massimo per
l'adozione della determinazione conclusiva, qualunque essa sia”.
L’art. 27, comma 44, della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha poi soppresso il
secondo periodo dell’art. 12, aggiunto dal citato art. 2, comma 158, lett. d),
della legge 24 dicembre 2007, n. 244: ma tale ulteriore modifica, successiva
finanche alla discussione del ricorso in esame, è del tutto irrilevante –
ratione temporis - nella fattispecie”.
6. Quanto all’eccezione regionale relativa all’esistenza di uno strumento
pianificatorio in itinere, delle due l’una: o tale strumento era vigente
all’epoca della presentazione dell’istanza di autorizzazione e del suo esame in
conferenza di servizi; oppure, in assenza di misure di salvaguardia di segno
diverso, la compatibilità dell’istanza con il piano non rientra fra le ipotesi
normative di sospensione del termine per provvedere.
In ogni caso, in concreto l’eccezione non spiega l’assoluta inerzia, protrattasi
per circa un anno, della Giunta regionale: non risultando che la non decisione
contestata con il ricorso in esame fosse in qualche modo da imputare, in forme e
modi compatibili con il principio di legalità, alla necessità di verificare la
compatibilità dell’istanza al piano in itinere.
7. Quanto fin qui esposto consente di affermare l’infondatezza
dell’argomentazione della difesa regionale, in punto di natura asseritamente
politica della competenza - non esercitata dalla Giunta regionale - relativa
alla composizione del dissenso.
Per opinione pacifica in dottrina e giurisprudenza, la disciplina del modulo
procedurale considerato – riproduttiva, come accennato della regola generale
contenuta nell’art. (art. 14-quater, comma 3, l. 241/1990) – risponde, specie a
seguito della ridefinizione delle competenze amministrative delle autonomie
locali conseguente alla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione,
ad un’esigenza di bilanciamento fra la necessità di garantire a ciascuna
amministrazione di potere curare nel modo più efficace l’interesse di cui è
portatrice, e la non meno rilevante necessità che il mancato raggiungimento di
un consenso unanime determini lo stallo dell’attività amministrativa.
La non facile sintesi fra coordinamento e semplificazione, di fronte alla
difficoltà di rinvenire un ordine gerarchico degli interessi normativamente
pre-definito, si esprime dunque in un percorso procedimentale dalla cui
disciplina la dottrina ha ricavato, sul piano teorico, la prefigurazione di un
peculiare modo di esplicarsi della funzione amministrativa (la c.d. funzione
amministrativa conferenziale), che caratterizza l’esercizio del potere
amministrativo in un sistema a pluralismo maturo.
In quest’ottica, anche in considerazioni dei limiti costituzionali alla
semplificazione procedimentale evidenziati dalle sentenze n. 206/2001 e n.
376/2002 della Corte costituzionale, accanto alla regola che assegna
all’amministrazione procedente la possibilità di superare eventuali dissensi
tenendo conto della posizione prevalente emersa in conferenza, una speciale
disciplina – derogatoria – è prevista per l’ipotesi di dissenso manifestato da
amministrazioni portatrici di interessi ritenuti “sensibili” (art. 14-quater,
comma 3), e per la posizione costituzionale delle autonomie locali (art.
14-quater, comma 3-bis).
La norma che individua nel vertice dell’apparato amministrativo (nazionale o
regionale) la figura chiamata a comporre il dissenso, attribuisce ad esso la
competenza ad effettuare non certo una scelta insindacabile (“riservata”, come
pretenderebbe la difesa regionale, “alla volontà politica del massimo Organo di
Governo della Regione”), ma, al contrario, una tipica ponderazione comparativa
degl’interessi coinvolti, resa possibile dalla collocazione istituzionale
dell’organo decidente, il cui orizzonte è tale da poter considerare, in
un’ottica di sintesi, tutte le diverse posizioni di’interesse (quelle
ambientali, paesaggistiche, energetiche, urbanistiche, industriali, ecc.).
La norma esprime, in altre parole, una tipica regola di sussidiarietà verticale,
realizzando un allocazione del meccanismo di coordinamento che coniuga il
profilo dell’attività con quello dell’organizzazione: il che non autorizza
l’affermazione della natura politica della competenza esercitata, dovendo al
contrario il vertice dell’amministrazione regionale compiere un’attività tipica
della funzione amministrativa, vale a dire ricavare – alla luce delle norme e
delle risultanze fattuali - la gerarchia degli interessi che in concreto
emergono nel procedimento.
Ne consegue, che gli atti adottati – o non adottati – nell’esercizio di tale
competenza, in quanto espressione di una funzione amministrativa, sono soggetti
alle ordinarie regole di giustiziabilità previste per gli atti amministrativi:
dal che discendono i corollari della doverosità della emanazione di tali atti
entro il termine assegnato dalla legge (in applicazione del principio generale
dell’azione in via provvedimentale, sancito dall’art. 2 della legge n. 241 del
1990); e della sottoposizione al sindacato giurisdizionale degli atti di
esercizio del relativo potere, senza alcun limite alla cognizione dei vizi di
legittimità.
8. Una volta acclarato, per le superiori considerazioni, che nella fattispecie
considerata la scadenza del termine per provvedere qualifica la condotta
dell’amministrazione procedente come inadempimento ai sensi dell’art. 2 della
legge n. 241 del 1990, da tale qualificazione discendono ex lege due
conseguenze: sul piano funzionale, la fondatezza della pretesa della parte che
intenda far dichiarare l’illegittimità di siffatto inadempimento, con
conseguente condanna dell’amministrazione inadempiente a provvedere; sul piano
patrimoniale, la responsabilità dell’amministrazione procedente per il danno da
ritardo (nei limiti tracciati dalla decisione n. 7/2005 dell’Adunanza Plenaria
del Consiglio di Stato; e, successivamente ai fatti di causa, dall’art. 2-bis
della legge n. 241 del 1990, aggiunto dall’art. 7 della legge 18 giugno 2009, n.
69).
Il ricorso è pertanto fondato e come tale dev’essere accolto.
Sussistono gravi ed eccezionali ragioni che impongono di disporre la
compensazione fra le parti delle spese del giudizio (art. 92, cod. proc. civ.,
come novellato dall’art. 45 della legge n. 69/2009, cit.), avuto riguardo alla
parziale novità di alcune delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, sezione II, accoglie il
ricorso in epigrafe, e per l’effetto:
dichiara l’illegittimità del silenzio serbato dalle amministrazioni intimate
sull’istanza proposta dalle società ricorrenti;
condanna le amministrazioni intimate a provvedere sulla predetta istanza.
Dichiara la compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio del 16 luglio 2009 e del 25
settembre 2009, con l'intervento dei Magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Giovanni Tulumello, Primo Referendario, Estensore
Francesca Aprile, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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