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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 11 novembre 2009, n. 1757
ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Termine per la convocazione della
conferenza di servizi e per la conclusione del procedimento - Inutile decorso -
Principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia - Dovere di concludere il procedimento - Art. 2, L. n.
241/1990. L’inutile decorso del termine di conclusione del procedimento
fissato dall’art. 12 del d. lgs. n° 387/2003 sia per la convocazione della
conferenza di servizi, sia per la conclusione del procedimento (principio
fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia - cfr. Corte Cost. n. 364/2006), è in contrasto, altresì, con il
generale dovere di concludere il procedimento mediante adozione di un
provvedimento espresso contemplato dall’art. 2 della legge n° 241/1990, anche
nel testo risultante dall’ultima novella legislativa di cui alla legge 18 giugno
2009 n° 69. Pres. Monteleone, Est. Aprile - D.M. (avv. Cutaia) c. Assessorato
Regionale all'Industria (avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 11
novembre 2009, n. 1757
N. 01757/2009 REG.SEN.
N. 01275/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1275 del 2009, proposto da:
Daniele Monachino, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Cutaia, con
domicilio eletto presso l’avv. Armando Buttitta in Palermo, piazza S. Cuore n°
3;
contro
Assessorato Regionale all'Industria, in persona dell’Assessore pro tempore,
rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura dello Stato, con domicilio in
Palermo, via A. De Gasperi, n° 81;
per la declaratoria di illegittimità del
silenzio-rifiuto sull’istanza di Autorizzazione unica per la realizzazione di un
impianto fotovoltaico.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2009 il Referendario
dott.ssa Francesca Aprile e uditi per le parti i difensori, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il sig. Daniele Monachino ha
adito questo Tribunale per sentire dichiarare l’illegittimità del silenzio
formatosi sull’istanza avanzata con nota del 05 dicembre 2008, ricevuta in data
09 dicembre 2008, con la quale il medesimo ha domandato il rilascio
dell’Autorizzazione unica prevista dall’art. 12 del d.lgs. n° 387/2003 per la
realizzazione di un impianto fotovoltaico da 300 Kw nel Comune di Agrigento.
Si è costituita l’amministrazione regionale, con il patrocinio dell’Avvocatura
dello Stato di Palermo, che ha domandato il rigetto del ricorso, vinte le spese.
Giova prendere le mosse dalla ricostruzione della natura e delle finalità
proprie del ricorso ai sensi dell’art. 21-bis della legge n° 1034/1971, come
autorevolmente tracciata in recenti pronunce del Consiglio di Stato. In
particolare, il Supremo Consesso, nel ripercorrere le tappe salienti del rito
speciale accelerato introdotto dalla legge n° 205/2000 avverso l’inerzia non
qualificata della P.A., ha avuto modo di precisare che: “Prima della riscrittura
dell'art. 2, l. n. 241 del 1990 e nella vigenza dell'art. 21 bis, l. n. 1034 del
1971, la giurisprudenza prevalente di questo Consiglio (cfr. ex plurimis Ad.
Plen., 9 gennaio 2002, n. 1; sez. VI, 10 maggio 2007, n. 2237; sez. IV, 10
giugno 2004, n. 3741), aveva ricostruito il sistema di tutela avverso l'inerzia
della p.a., nei termini che per brevità così si sintetizzano:
a) il giudizio sul silenzio rifiuto verte esclusivamente sull'accertamento della
sussistenza o meno dell'obbligo della p.a. di provvedere;
b) conseguentemente il giudice non può compiere un accertamento sulla fondatezza
della pretesa sostanziale indicando all'amministrazione il contenuto del
provvedimento da adottare;
c) l'amministrazione non perde il potere di esercitare la funzione dopo lo
scadere del termine di conclusione del procedimento;
d) il menzionato art. 21 bis non introduce una norma sulla giurisdizione ma sul
rito, di carattere speciale ed accelerato, coerente con i valori costituzionali
della ragionevole durata del processo (art. 111, comma 2, Costituzione).
Dalla individuata natura del rito sul silenzio, la giurisprudenza ha fatto
discendere i seguenti precisi corollari processuali: l'adozione di qualsivoglia
atto da parte dell'amministrazione, in quanto espressione di funzione pubblica
in risposta alla diffida dell'interessato, determina l'inammissibilità o
improcedibilità del ricorso proposto ex art. 21 bis cit. a seconda che
intervenga prima o dopo la proposizione del ricorso medesimo; l'inammissibilità
del ricorso giurisdizionale contenente due distinte azioni (impugnatoria e di
accertamento), disciplinate da due diversi riti e aventi diversi oggetto e
contenuto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, ord. 27 marzo 2007, n. 1532; Cons. giust.
amm., 13 febbraio 2006, n. 36); l'impossibilità di proporre motivi aggiunti
avverso il provvedimento sopravvenuto (sfavorevole) nel corso del giudizio
instaurato ex art. 21 bis cit., e di convertire il ricorso speciale in ricorso
volto ad introdurre un giudizio ordinario di legittimità; l'improponibilità di
domande risarcitorie e di adempimento di diritti di credito, formulate secondo
il rito disegnato dall'art. 21 bis; l'impugnativa degli atti del commissario ad
acta, nominato dal giudice, ex art. 21 bis, co. 2, cit., in sede ordinaria di
legittimità e non già con ricorso per ottemperanza (cfr. sez. IV, 11 aprile
2007, n. 1586).
Le novità introdotte dal riformulato art. 2, co. 5, l. n. 241 cit., vanno
individuate nell'eliminazione della necessità della diffida all'amministrazione
quale condizione di proponibilità dell'azione ex art. 21-bis, l. n. 1034 cit.;
nella sostituzione del termine ordinario di sessanta giorni di decadenza per la
proposizione del ricorso ex art. 21-bis, con quello più lungo di un anno
decorrente dallo scadere del termine di conclusione del procedimento; nella
previsione che <<il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza della
pretesa>>; nella possibilità, infine, di reiterare l'istanza ove ne ricorrano i
presupposti.
Per quel che concerne la previsione che <<il giudice amministrativo può
conoscere della fondatezza della pretesa>>, la giurisprudenza ha chiarito che la
norma attribuisce al giudice un potere da esercitarsi nell'ambito di un rito
speciale improntato ad esigenze di snellezza; non obbliga ma facoltizza il
giudice a conoscere della fondatezza della pretesa, senza autorizzarlo a
sostituirsi in via diretta alla p.a. adottando il provvedimento richiesto; la
cognizione sulla fondatezza dell'istanza può sfociare in un accertamento
negativo per il richiedente. La norma in commento non ha inteso istituire una
ipotesi senza confini di giurisdizione di merito ma, più limitatamente, ha
attribuito al giudice, nei limiti della propria preesistente giurisdizione di
legittimità o esclusiva (cfr. sul punto, dopo la l. n. 80 del 2005, Cons. Stato,
sez. V, 9 ottobre 2006, n. 6003), uno strumento processuale ulteriore nella
stessa logica acceleratoria del contenzioso che ha ispirato l'intervento
riformatore del 2000” (Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2008 n° 2159).
Nel caso di specie, l’istanza del ricorrente è rimasta inesitata ben oltre il
termine previsto dall’art. 12 del d. lgs. n° 387/2003 sia per la convocazione
della conferenza di servizi, sia per la conclusione del procedimento.
Infatti, il menzionato art. 12, recante “razionalizzazione e semplificazione
delle procedure autorizzative”, ai commi terzo e quarto, espressamente
stabilisce che: “La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di
energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica,
potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti
dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono
soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province
delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di
tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione
entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. [...]
4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento
unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel
rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio
dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l'impianto in
conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in
pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della
dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla
esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo
per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque
essere superiore a centottanta giorni”.
In più occasioni, la Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire che
“l'indicazione del termine, contenuto nell'art. 12, comma 4, deve qualificarsi
quale principio fondamentale in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia», in quanto tale disposizione risulta
ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità
garantendo, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la conclusione
entro un termine definito del procedimento autorizzativo (cfr. sentenze n. 383 e
n. 336 del 2005)” (Corte Cost., 09 novembre 2006 , n. 364; cfr. anche, Corte
Cost., 29 maggio 2009, n. 166).
L’inutile decorso del termine di conclusione del procedimento fissato dalla
fonte normativa sopra riportata è, altresì, in contrasto con il generale dovere
di concludere il procedimento mediante adozione di un provvedimento espresso
contemplato dall’art. 2 della legge n° 241/1990, anche nel testo risultante
dall’ultima novella legislativa di cui alla legge 18 giugno 2009 n° 69.
Il ricorso è, pertanto, fondato e va accolto nei limiti della declaratoria
dell’obbligo di provvedere della P.A. sull’istanza di Autorizzazione unica del
ricorrente, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione
della presente sentenza (confome Tar Palermo, II, n° 642/2009).
Non può essere accolta, conformemente al consolidato indirizzo giurisprudenziale
sopra richiamato, la domanda volta all’accertamento della fondatezza della
pretesa, sotto il profilo della determinazione del contenuto del provvedimento
che l’amministrazione è tenuta ad adottare, a ciò ostando il principio di
separazione dei poteri e la riserva di amministrazione in ordine alle
valutazioni discrezionali implicate dall’adozione del chiesto provvedimento.
Per le suesposte ragioni, il ricorso va accolto nei sensi sopra precisati, con
compensazione delle spese del giudizio tra le parti, ricorrendone giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Palermo, Sezione seconda,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi di cui
in motivazione e, per l’effetto, ordina all’amministrazione intimata di adottare
un provvedimento espresso sull’istanza di Autorizzazione unica ricevuta in data
09 dicembre 2008, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o
notificazione della presente sentenza.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Cosimo Di Paola, Consigliere
Francesca Aprile, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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