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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 Marzo 2009, n.540
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nell’ambito di interventi di
bonifica - Rifiuti liquidi - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Gestione ed
autorizzazione degli impianti di trattamento - Parificazione del regime
giuridico a quello proprio delle acque reflue industriali - Esclusione -
Ragioni. L’art. 243 del D.Lgs. n. 152/06 introduce un peculiare regime
diversicato per le acque di falda emunte nell’ambito di interventi di bonifica
di siti inquinati, di per sé non idoneo tuttavia a parificarene il regime
giuridico -per quanto attiene alla gestione e autorizzazione dei relativi
impianti di trattamento- a quello proprio delle acque reflue industriali. Una
lettura sistematica della previsione normativa in esame, in combinato disposto
con le norme di cui agli artt. 185 e 108 del d.lgs. n. 152/2006 e con le
ulteriori disposizioni di cui agli artt.210, 242, 124 e 125 D.Lgs.152/06, non
può infatti non tenere conto della particolare natura dell’oggetto dell’attività
posta in essere, siccome individuati dal legislatore quali rifiuti liquidi (cfr.
codici CER 19.13.07* e 19.13.07). Le acque di falda emunte nell’ambito
dell’attività di disinquinamento non derivano certamente ed in via diretta dagli
ordinari cicli produttivi delle aziende, con ciò rendendone improbabile una
aprioristica omologazione alle acque reflue industriali, come definite
chiaramente dal co.1 lett.h) art.74 D.Lgs.cit.. Ferma restando quindi la
specifica natura del prodotto oggetto di trattamento (emungimento), con le
connesse implicazioni in ordine al regime autorizatorio dei relativi impianti,
l’art.243 cit. si limita ad autorizzarne lo scarico nelle acque di superficie
purché siano rispettati gli stessi limiti di emissione delle acque reflue
industriali. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - I. s.p.a. (avv.ti Anile,
Giampietro e Pitruzzella) c. Agenzia Regionale Rifiuti e Acqua (Avv. Stato),
riunito ad altro ricorso - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 marzo 2009,
n. 540
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00540/2009 REG.SEN.
N. 02299/2006 REG.RIC.
N. 01436/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2299 del 2006, e successivi motivi
aggiunti, proposto da:
Industria Acqua Siracusana S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Anile, Franco Giampietro, Giovanni
Pitruzzella, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Palermo,
via N. Morello N.40;
contro
-L’Agenzia Regionale Rifiuti e Acque, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo,
domiciliata per legge in Palermo, via A. De Gasperi 81;
nei confronti di
-Erg Raffinerie Maditerranee S.p.A., Raffineria Isab, Erg Raffinerie
Mediterranee S.p.A., in persona dei rispettivi rappresentanti p.t., non
costituiti in giudizio;
- Syndial S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e
difeso dagli avv. Stefano Grassi e Corrado V. Giuliano, con domicilio eletto
presso lo studio del secondo in Palermo, via Massimo D’Azeglio 27/c;
- ENI S.p.a. Divisione Refining & Marketing , in persona del suo legale
rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dagli Avv.ti Stefano Grassi e
Corrado V. Giuliano, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in
Palermo, via Massimo D’Azeglio 27/c;
- Polimeri Europa S.p.a. stabilimento di Priolo rappresentato e difeso dagli
Avv.ti Stefano Grassi e Corrado V. Giuliano, con domicilio eletto presso lo
studio del secondo in Palermo, via Massimo D’Azeglio 27/c;
Sul ricorso numero di registro generale 1436 del 2007, e successivi motivi
aggiunti, proposto da:
Industria Acqua Siracusana S.P.A, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Anile, Franco Giampietro, Francesco
Stallone, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Palermo, via
Nunzio Morello N.40;
contro
-l’Assessorato Reg.Le del Territorio e dell'Ambiente, in persona dell’Assessore
p.t.,
-l’Agenzia Regionale Rifiuti e Acque, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo,
domiciliata per legge in Palermo, via A. De Gasperi 81;
nei confronti di
Erg Raffineria Mediterranea Spa, Polimeri Europa Spa, Eni Spa, Syndial Spa, in
persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., non costituiti in giudizio
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 2299 del 2006:
- del decreto n. 93 del 3 agosto 2006, con cui l’Agenzia intimata ha rilasciato
alla ricorrente ....”l’autorizzazione ai sensi dell’art.210 del D.lgs n.152/2006
all’esercizio delle operazioni di trattamento (D9), nell’impianto biologico
consortile della ricorrente, dei rifiuti costituiti dalla acque contaminate
identificate con il codice CER 191307 ...provenienti dalla falda superficiale
sottostante l’area dell’impianto IAS, per un quantitativo di 30 mc/h e per un
quantitativo di 250 mc/h, provenienti dalle operazioni di messa in sicurezza e
bonifica ...previo trattamento nell’impianto RAS della ...Società ERG e
successivo invio all’impianto biologico consortile IAS.”,
- di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e consequenziale
ancorché non conosciuto,
e con motivi aggiunti:
-del decreto n.108/SRB dell’Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque del
31/10/2007, notificato il 2/11/2007;
quanto al ricorso n. 1436 del 2007:
-del provvedimento adottato dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente
Dipartimento Territorio e Ambiente, con nota prot. n. 24767 del 30 marzo 2007,
notificato il 23/4/07, con il quale l’Assessorato dopo aver rilevato che le
attività di trattamento di rifiuti pericolosi costituiti da acque contaminate
“rientrano tra le tipologie progettuali di cui alla lettera i) dell’Allegato A
al D.P.R. 12/04/1996 e ss.mm.ii.” ha chiesto all’IAS di attivare la procedura di
V.I.A. ex art.5 del D.P.R. 12/04/1996 e ss.mm.ii., avendo cura di rispettare le
indicazioni di cui alla Circolare A.R.T. del 10/02/2005”,
e con motivi aggiunti:
-del provvedimento dell’Assessorato Reg.le Territorio ed Ambiente, Dipartimento
Terr. e Ambiente, Servizio 2/VAS – VIA prot.48290 del 26/6/07, pervenuto alla
Industria Acqua Siracusana il 9/7/2007.
Visto il ricorso R.G.2299/06 ed i successivi motivi aggiunti, con i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia Regionale Rifiuti e Acque;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Polimeri Europa S.p.A., di Eni
S.p.A., di Syndial S.p.A.;
Vista l’ordinanza n.1644 del 28/9/07 di rigetto della domanda cautelare proposta
avverso il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo;
Visto l’ulteriore ricorso R.G.1436/07 ed i successivi motivi aggiunti, con i
relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Reg.Le del Territorio e
dell'Ambiente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia Regionale Rifiuti e Acque;
Vista l’ordinanza n.1645 del 28/09/07 di rigetto della domanda incidentale di
sospensione degli effetti del provvedimento impugnato con il ricorso
introduttivo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 02/12/2008 il dott. Roberto Valenti e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
L’Industria Acqua Siracusana S.p.A.(d’ora innanzi “IAS”) è una società
consortile che gestisce l’impianto biologico di depurazione che fa capo al
Consorzio per l’Area di Sviluppo industriale di Siracusa. Nell’impianto in
parola vengono altresì convogliati, a mezzo di un unico collettore, anche tutti
i reflui, sia civili che industriali, provenienti dai comuni e dagli
insediamenti industriali produttivi presenti nel contesto del territorio dell’A.S.I.
di Siracusa.
Atteso che quello di Priolo Gargallo è stato individuato dal D.M. 468/01 quale
“sito di interesse nazionale” ai fini della disciplina alla bonifica dei siti
contaminati, l’Industria Acqua Siracusana, unitamente ad altre società – in atti
meglio individuate – hanno attivato, ciascuno in relazione al proprio sito, dei
sistemi di sbarramento idraulico delle falde sotterranee contaminate a mezzo di
pozzi di emungimento. In particolare, le acque emunte dalla I.A.S. sono avviate
in testa all’impianto di depurazione ove confluiscono miscelandosi con le altre
acque reflue provenienti dal collettore fognario. Tale attività è stata
autorizzata con provvedimenti straordinari adottati dal Prefetto di Siracusa,
previa verifica tecnica delle caratteristiche di tali acque. Analoga attività di
emunzione delle acque è altresì svolta sia dall’ERG Raffinerie Mediterranee
S.pA., dalla Polimeri Europa S.p.A., dall’ENI S.pA., dalla Syndial S.p.A. ed
altre società insistenti nel medesimo contesto territoriale. In particolare, in
ragione della interconnessione delle tubature a servizio delle suddette imprese,
le acque emunte dalle stesse confluiscono, miscelandosi, nell’impianto “TAS”
della ERG ove si effettua il recupero della frazione oleosa (attività
quest’ultima autorizzata con provvedimenti straordinari sin dal 7/11/02).
Terminato regime emergenziale, l’IAS ha chiesto all’Agenzia Regionale per i
Rifiuti e le Acque (A.R.R.A.) il rilascio dell’autorizzazione al trattamento
nell’attuale impianto di depurazione delle acque emunte dalla falda sottostante
la propria area, mentre la ERG Raffinerie S.p.A., unitamente alla Polimeri
Europa, ENI, Syndial e la stessa IAS, ciascuno per quanto di competenza, hanno
chiesto alla medesima A.R.R.A. l’autorizzazione ad effettuare operazioni di
trattamento delle acque di falda, provenienti dalle operazioni di messa in
sicurezza svolte dalla medesima società presso l’impianto TAS, fino ad un
massimo di 250mc/h e al recupero dei prodotti oleosi fino ad un mass. Di 10mc/h,
per poi avviare tali acque all’impianto biologico consortile IAS nel rispetto
dei limiti previsti dal contratto di utenza tra ERG e IAS.
Con decreto n.93/2006 l’Agenzia Reg,.le per le Acque e i Rifiuti ha rilasciato
all’IAS l’autorizzazione ai sensi dell’art.210 D.Lgs.152/06 per l’esercizio di
operazioni di trattamento (D9), nell’impianto di che trattasi, dei rifiuti
costituiti dalle acque contaminate identificate con il codice CER 191307, con le
modalità e i limiti nello stesso decreto meglio evidenziati.
Avverso il predetto decreto è stato proposto ricorso, notificato il 14/11/2006 e
depositato il successivo 24/11/2006, in cui si articolano le seguenti censure:
1-Violazione di legge ex art.243 D.Lgs.152/06
Ha errato l’amministrazione a qualificare le acque emunte provenienti dal sito
IAS, nonché le altre provenienti dall’impppianto TAS della ERG, come “rifiuti
liquidi”, così sottraendone la disciplina al diverso ambito degli scarichi
idrici. Invero, quelle di cui si discute ed in ordine alle quali era stata
avanzata la richiesta di autorizzazione, sono da considerare acque reflue e non
rifiuti liquidi.
2-Violazione di legge ex art.74 co.1 lett.ff D.Lgs.152/06
Nel caso di specie ricorrono comunque tutti gli estremi della nozione di
“scarico” ai sensi della normativa invocata.
3-Eccesso di potere sotto diversi profili.
Le conclusioni cui giunge l’Amministrazione in relazione alla acque provenienti
dall’impianto TAS sono contraddette dagli accertamenti tecnici compiuti in
periodo emergenziale.
4- Eccesso di potere sotto ulteriori profili.
Sempre avendo riguardo alle acque provenienti dall’impianto TAS, l’applicazione
della disciplina sui rifiuti non soddisfarebbe alcuna esigenza di tutela
ambientale ulteriore rispetto a quella già prevista dall’applicazione della
disciplina degli scarichi.
5-Eccesso di potere per difetto di istruttoria in relazione al codice CER
attribuito alle acque emunte e ad alcune specifiche prescrizioni impartite.
Risulta errata l’attribuzione del codice CER19.13.07* (erroneamente indicato in
ricorso con codice CER.19.13.17), già adottata solo in fase di avvio del
processo di emungimento solo quale misura precauzionale. Inoltre risulterebbe
impossibile la prescrizione imposta con l’art.2 lett.b.
6-Violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità della stessa
prescrizione.
La prescrizione si pone in contrasto con le pregresse acquisizioni tecniche, né
se comprende l’utilità e le specifiche modalità per effettuare tutti i controlli
prescritti.
Ha chiesto parte ricorrente l’annullamento del provvedimento impugnato, previa
sospensione degli effetti, vinte le spese.
Alla camera di consiglio del 15/12/06 la domanda cautelare era rinviata al
merito su istanza di parte.
Resistono le società Syndial S.p.A., Polimeri Europa S.pA., ed Eni S.pA. Div.
Refining and Marketing.
Resiste l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo per l’Agenzia Regionale
per i Rifiuti e le Acque.
Riproposta l’istanza cautelare, la stessa veniva rigettata alla camera di
consiglio del 28/9/07, giusta ordinanza n.1644.
Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 2/1/2008 e depositato il 4/1/08 è
stato impugnato, il nuovo provvedimento emesso dall’Agenzia Reg.le per i Rifiuti
e le Acque n.108/SRB del 31/10/08, pervenuto alla ricorrente il 2/11/08, in cui
si articolano sostanzialmente le stesse doglianze del ricorso introduttivo,
sotto il profilo della illegittimità derivata, oltre la violazione di legge per
difetto di motivazione espressamente riferita al nuovo provvedimento impugnato.
Con ulteriore ricorso r.g. 1436/07 la IAS ha impugnato, chiedendone
l’annullamento previa sospensione degli effetti, il provvedimento adottato
dall’Assessorato Reg.le Territorio ed Ambiente mercé il quale è stato chiesto
alla stessa IAS di avviare la procedura V.I.A. ex art.5 D.P.R.12/4/96 e
ss.mm.ii.
Nel ricorso si articolano tre censure riconducibili alla violazione di legge per
errata qualificazione delle acque emunte come rifiuti (prima doglianza), eccesso
di potere per difetto di istruttoria in ordine al codice CER attribuito alle
acque in questione (seconda censura), violazione di legge in ordine alla
richiesta postuma della V.I.A. .
Resiste l’Avvocatura dello Stato per entrambe le Amministrazioni intimate.
Con ordinanza collegiale n.1645 del 28/9/07 è stata respinta la domanda
incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.
Con ricorso per motivi aggiunti è stata impugnata l’ulteriore nota n.48290 del
26/6/2007 dell’Ass.to Reg.le Terr. e Ambiente deducendone vizi di illegittimità
derivata, oltre che vizi propri.
Fissata la pubblica udienza di discussione del dicembre 2008 per entrambi i
ricorsi, con memorie del 21/11/2008 l’Avvocatura dello Stato chiedeva il rigetto
di entrambi i mezzi, sollevando profili di inammissibilità del ricorso
principale R.G.2299/06.
Producevano memorie sia la società IAS ricorrente, sia (nel ricorso r.g.299/06)
congiuntamente le controinteressate costituite.
Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2008, presenti i procuratori delle parti,
come da verbale, entrambi i ricorsi sono stati assunti in decisione dal
Collegio.
DIRITTO
Va disposta in primo luogo la riunione dei ricorsi in epigrafe per evidente
connessione oggettiva, al fine di una contestuale definizione con un’unica
sentenza.
In primo luogo deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso
introduttivo R.G.2299/06 sollevata dall’Avvocatura distrettuale dello Stato con
la memorie del 21/11/2008. Il suddetto mezzo risulta infatti notificato
all’Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque anche nella sede del domicilio
legale: il contraddittorio risulta quindi regolarmente instaurato avverso la
suddetta amministrazione. Analoghe considerazioni valgono invero anche per il
ricorso introduttivo R.G.1436/07, siccome il contraddittorio avverso l’A.R.R.A.
risulta istaurato a mezzo di notifica tanto alla sede legale dell’Agenzia,
quanto presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo.
Costituisce oggetto principale della questione dedotta con il primo ricorso
R.G.2299/06, i cui effetti si riverberano altresì nel secondo ricorso r.g.1436/07
qui riunito, la qualificazione come rifiuto o meno dei liquidi emunti dalle
falde rispettivamente dalla ricorrente IAS e dalla intimata ERG nell’ambito
dell’attività di bonifica del sito di rilevanza nazionale di Priolo Gargallo,
siccome parte ricorrente ritiene che tali attività siano da ricomprendere
nell’ambito della sola disciplina degli scarichi delle acque reflue.
Con la prima e la seconda censura, qui contestualmente esaminate, la I.A.S.
contesta rispettivamente la violazione dell’art. 243 e dell’art.77 co,1 lett.ff)
D.Lgs.152/06 ritenendo errata la qualificazione delle acque emunte quali rifiuti
liquidi, siccome ricorrerebbero in specie altresì tutti gli estremi della
nozione di “scarico”.
Le censure sono da disattendere.
Occorre preliminarmente procedere ad una ricostruzione -quanto più esaustiva
possibile- del dato normativo di riferimento, come desumibile essenzialmente
dalle previsioni del D.Lgs.152/06. A ciò si aggiunga la complessità della
questione qui dedotta, che investe un impianto biologico consortile (quello
dell’IAS) in cui, oltre alla normale attività <ordinaria> già autorizzata,
convergono oggi sia le acque emunte dalla IAS nella falda superficiale
sottospante il proprio terreno, sia le acque emunte dalla altre imprese, sempre
nell’ambito della bonifica del sito di rilevanza nazionale Priolo Garagallo, e
in un primo tempo convogliate nell’impianto TAS (trattamento acque di
superficie) della ERG. Il tutto in attesa della definizione dei lavori di
completamento dell’impianto TAF (trattamento acque di falda), tanto che
l’autorizzazione rilasciata, ed impugnata con il ricorso introduttiva
R.G.2299/06, è valida fino al 31/7/07. Il “sistema” autorizzato con il
provvedimento impugnato, melle more della ultimazione dell’impianto TAF,
costituisce l’unica soluzione tecnicamente perseguibile e concretamente
percorribile per le operaioni di disinquinamento, tenuto conto dei quantitativi
emunti.Sul punto convergono anche le difese delle altre Società resistenti. Si
osserva sin d’ora, comunque, che la sopravvenienza dell’ulteriore provvedimento
impugnato con il ricorso per motivi aggiunti non fa venire meno l’interesse alla
coltivazione del ricorso introduttivo, siccome l’Amministrazione – su richiesta
di riesame della IAS - si è limitata a rinnovare la precedente autorizzazione
n93/06 mantenendone inalterati i contenuti precettivi qui avversati.
Costituisce punto incontroverso, desumibile dagli atti di causa, che le acque di
falda di cui si discute, emunte nell’ambito dell’attività di disinquinamento del
sito, risultano contaminate non soltanto da idrocarburi e da sostanze chimiche
provenienti dalle lavorazioni industriale dei siti limitrofi, ma anche da
sostanze chimiche ulteriori non presenti nelle lavorazioni industriali della
zona, sentore questo di un preesistente inquinamento dei terreni soprastanti la
falda.
In linea del tutto generale, sul piano normativo si osserva che mentre la Parte
Terza del D.Lgs.152/06 cit. contiene “Norme in materia di difesa del suolo e
lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di
gestione delle risorse idriche”, prevedendo la disciplina degli scarichi ed il
relativo regime autorizzatorio, la successiva Parte Quarta regolamenta la
diversa e separata materia della gestione dei rifiuti e, ciò che maggiormente
rileva in questa sede, la bonifica dei siti inquinati.
Ebbene, ai sensi dell’art.185, nel testo applicabile ratione temporis alla
presente controversia (né tanto meno le modifiche apportate alla suddetta norma
dall'articolo 2, comma 22, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 revocano in dubbio
le osservazioni che seguono), la disciplina della parte IV D.Lgs.152/06 non
trova applicazione per gli scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti
da acque reflue. Và inoltre considerato che si sensi del co.5 art.108
D.Lgs.152/06, proprio in relazione alle acque reflue industriali (la cui
definizione è contenuta al co.1 lett.h art.74), il legislatore ha previsto che
“L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le
sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo
scarico generale e disciplinati come rifiuti”. Tra le sostanza contenute nella
predetta tabella spiccano, per quanto rileva in specie, gli “Oli minerali
persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti” (Tabella 5 All.to
5 alla parte terza, n.12), che figurano come componenti significativi dei
liquidi emunti dalle falde del sito da disinquinare. È quindi da disattendere
l’assunto della parte ricorrente tendente ad escludere a priori, ai sensi
dell’art.243 D.lgs.152/06, la riconduzione delle acque emunte in attività di
disinquinamento della falda dal regime dei proprio dei rifiuti liquidi.
Ed invero si osserva ancora, a completamento ulteriore del quadro normativo, che
l’allegato “D” alla parte quarta del D.Lgs. cit. contiene l’elenco dei rifiuti
istituito conformemente all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE
relativa ai rifiuti e all'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE
relativa ai rifiuti pericolosi di cui alla Decisione della Commissione
2000/532/CE del 3 maggio 2000. Ebbene, con il codice 19.13.07* il legislatore
individua chiaramente i rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti
dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze
pericolose: in specie, ai sensi del punto 3.4, i rifiuti contrassegnati
nell'elenco con un asterisco "*" sono infatti rifiuti pericolosi ai sensi della
direttiva 91/689/CEE e ad essi si applicano le disposizioni della medesima
direttiva. Con il codice 19.13.08 sono individuati i rifiuti liquidi acquosi e
concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di
falda, diversi da quelli di cui alla voce 19.13.07cit..
Il Collegio ritiene quindi di non poter condividere, anche in ragione del
generale principio di prevenzione e cautela, la ricostruzione della ratio
dell’art.243 D.Lgs.152/06 adombrata dalla IAS ricorrente nel ricorso in esame.
Al comma 1 art.243 cit. il Legislatore prevede che “Le acque di falda emunte
dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica di un sito,
possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli
produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di
acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto”. La
norma in parola introduce un peculiare regime diversicato per le acque di falda
emunte nell’ambito di interventi di donifica di siti inquinati, di per sé non
idoneo tuttavia a parificarene il regime giuridico –per quanto attiene alla
gestione e autorizzazione dei relativi impianti di trattamento- a quello proprio
delle acque reflue industriali. Una lettura sistematica della previsione
normativa in esame, in combinato disposto con le altre norme già richiamate e
con le ulteriori disposizioni di cui agli artt.210, 242, 124 e 125 D.Lgs.152/06,
non può infatti non tenere conto della particolare natura dell’oggetto
dell’attività posta in essere, siccome individuati dal legislatore quali rifiuti
liquidi (cfr. codici CER in narrativa).
Come osserva correttamente l’Avvocatura erariale, le acque di falda emunte
nell’ambito dell’attività di disinquinamento non derivano certamente ed in via
diretta dagli ordinari cicli produttivi delle aziende presenti nell’ambito del
Consorzio A.S.I. di Siracusa, con ciò rendendone improbabile una aprioristica
omologazione alle acque reflue industriali, come definite chiaramente dal co.1
lett.h) art.74 D.Lgs.cit..
Ferma restando quindi la specifica natura del prodotto oggetto di trattamento
(emungimento), con le connesse implicazioni in ordine al regime autorizatorio
dei relativi impianti, l’art.243 cit. si limita ad autorizzarne lo scarico nelle
acque di superficie purché siano rispettati gli stessi limiti di emissione delle
acque reflue industriali.
Per altro, come evidenziato dall’Avvocatura erariale, la stessa IAS, già
nell’istanza del 11/1/05, richiamando l’esplicita indicazione fornita dal
Ministero dell’Ambiente, ha qualificato come rifiuti liquidi le acque estratte
dalla falda acquifera, cui ha attribuito in via preventiva il codice CER
19.13.07*. Le stesse Società resistenti, nell’evidenziare il loro interesse alla
conservazione in parte qua del provvedimento in esame, manifestano la
preoccupazione – in caso di caducazione - per la possibile applicazione
dell’art.208 D.Lgs.152/06.
Non risulta utile alle tesi della società ricorrente, per quando già
evidenziato, il richiamo alla nozione degli scarichi ex co.1 lett.ff) art.74
D.lgs.cit. contenuto nella seconda doglianza, siccome – ripetesi – non può
prescindersi dalla effettiva natura del “refluo” trattato (id est: acque emunte
da falda inquinata, classificate come rifiuti liquidi dallo stesso legislatore
in applicazione di specifiche norme comunitarie) e considerato altresì quanto
previsto dal già richiamato art.185 D.Lgs. cit..
Nel contesto del provvedimento impugnato, per altro, l’Agenzia Regionale per i
Rifiuti e le Acque richiama espressamente la propria nota n.3202 del 6/7/2006,
inviata congiuntamente alla ERG Raffinerie Mediterranee e alla I.A.S., con la
quale era stato già precisato dalla P.A. che “la richiesta della ERG di
trattamento nell’impianto TAS delle acque di falda contaminate (CER191307*) si
limita ad una prima parte del trattamento. Infatti, come risulta dalla
documentazione agli atti, il RIFIUTO LIQUIDO in uscita dall’impianto TAS è
avviato direttamente all’impianto biologico consortile IAS al quale viene
affidata la fase di depurazione completa ai sensi di legga, con la conseguenza
che il gestore dell’impianto biologico consortile (I.B.C.) non puo non essere
coinvolto nella gestione del processo di trattamento. Il contratto di utenza con
la IAS prevede che le acque che possono essere conferite all’I.B.C. di Priolo
siano acque di processo nel rispeto dei parametri di accettabilità di cui
all’all.1 dello stesso contrato e non RIFIUTI LIQUIDI provenienti
dall’emungimento di falde contaminate. Alla Luce delle osservazioni riportate,
l’istanza di autorizzazione al trattamento dei RIFIUTI LIQUIDI PERICOLOSI,
costituiti dalla acque contaminate (CER 19.13.07*) provenitnei dalla messa in
sicurezza e bonifica della falda sottostante il sito industriale di Priolo
Gargallo, deve essere prodotta congiuntamente da ERG Raffinerie Mediterranee
S.p.A. e da I.A.S. S.p.A. nella considerazione che il processo di trattamento
del rifiuto in questione avviene inizialmente nell’impianto TAS di ERG, ove il
rifiuto viene posto in ingresso all’impianto e subisce una prima fase di
trattamento per essere quindi avviato direttamente all’I.A.S. ove subisce il
trattamento definitivo nell’impianto Biologico Consortile atto alla restituzione
nei limiti di emissione per le acque reflue industriali acque superficiali”.
Ebbene, considerata la pregressa autorizzazione per l’attività ordinaria già
rilasciata alla I.A.S. con D.A.225/7 del 7/5/1998, quella di cui si discute
costituisce certamente un aliquid novi (riconducibile nell’ambito della
tipologia “D9” delle operazioni di trattamento di rifiuti, di cui all’allegato
“B” alla parte quarta del D.Lgs.152/06) che, ai sensi del combinato disposto
degli art.210 e 124, superata la fase di emergenza gestita dal Prefetto,
necessita della relativa autorizzazione ai sensi e per gli effetti del mentovato
art.210.
Le considerazioni appena esposte non sono revocabili in dubbio mercè i richiami
della I.A.S a pronunce della giurisprudenza amministrativa più favorevoli alle
tesi dalla ricorrente qui prospettate (orientamento per altro non ancora
consolidato: cfr. C.G.A. ordinanza n.228 del 7/4/2008 con cui è stata sospesa la
sentenza in prime cure emessa dal T.A.R. Catania n.1254/07).
Quanto alla censura di eccesso di potere, sotto diversi profili, rubricata con
la terza doglianza del ricorso introduttivo, ha buon gioco l’Avvocatura
distrettuale dello Stato nell’osservare in primo luogo che il Grupop Tecnico di
Valutazione, insediato a suo tempo dal Prefetto, ebbe ad esprimere un parere
favorevole circa la compatibilità tecnica del nuovo sistema con il normale
processo di depurazione dei reflui. Tuttavia, ai sensi del già richiamato
combinato disposto degli artt.210 e 142 D.Lgs. cit., il fatto che i rifiuti
emunti da ERG, dopo un primo trattamento nell’impianto TAS, confluiscano ad IAS
tramite un unico collettore, miscelandosi con le normali acque provenienti dai
processi industriali, non vale ad escludere la necessità di apposita
autorizzazione in ordine alla suddetta attività di trattamento.
Le paventate difficoltà della IAS in ordine alla quantificazione e registrazione
con i pertinenti codici CER dei reflui provenienti dall’impianto TAS attengono
invero – come eccepito dall’Avvocatura – a profili organizzativi/gestionali
dell’ente cui fa capo l’impianto che non possono incidere sul regime
autorizzatorio.
Del pari da disattendere è la quarta censura con cui parte ricorrente adombra
profili di eccesso di potere in quanto le prescrizioni imposte non
assicurerebbero un miglioramente della tutela ambientale ulteriore rispetto a
quella già garantita con la disciplina ordinaria in materia di scarichi irdici.
Si osserva che, data per certa la natura quale rifiuto liquido di quanto oggetto
di trattamento, la stessa previsione normativa ex art.210 impone, nel rilascio
dell’autorizzaizone, impone di adottare peculiari precauzioni in materia di
sicurezza e tutela ambientale.
D’altra parte, l’allegato 5 alla parte terza D.Lgs.152/06 cit. impone l’adozione
di specifiche prescrizioni per gli scarichi contenenti sostanze pericolose,
quali quelli di cui si discute (già riconosciuti come rifiuti liquidi anche
dalle rispettive ordinanze prefettizie di proroga di autorizzaizone in periodo
emergenziale, rispettivamente rilasciata – per quanto di competenza –
rispettivamente alla IAS e ad ERG).
Con la successiva doglianza parte ricorrente contesta la figura sintomatica
dell’eccesso di potere in ordine all’attribuzione del Codice CER.19.13.07*
(erroneamente indicato in atti con il cod.19.13.17, per altro non esistente).
La tesi è priva di pregio. Nello specifico, non risultano travalicati i limiti
di irragionevolezze ed illogicità nell’esercizio della discrezionalità tecnica
di cui ha fatto uso l’Amministrazione nella attribuzione del codice CER.,
considerata l’esigenza di precauzione e cautela che la materia delle tutela
ambientale impone. Vieppiù attesa la chiara formulazione della classificazione
normativa in tema di rifiuti e della incontestata presenza nelle acque emunte di
sostanze pericolose ed altamente nocive, anche se in concentrazione non sempre
costante.
A diverse conclusioni non può indurre il richiamo al codice CER 19.13.08
contenuto nella nota 9/9/05 che la stessa IAS ha inoltrato al Prefetto di
Siracusa. Invero, l’attribuzione prima facie del più stringente codice
CER.19.13.07*, come sostenuto dall’Avvocatura, non è avvenuto in via prudenziale
per iniziativa della IAS, ma su esplicita e mai revocata indicazione del
Ministero dell’Ambiente. In secondo luogo, la richiesta contenuta nella suddetta
nota IAS del 9/9/05 non ha comportato alcuna modifica nella assegnazione del
codice CER di che trattasi in sede di proroga concessa dal Prefetto di Siracusa
con provvedimento 2344-2006 Ord.2983 Gab. del 31/3/2006.
Inoltre, le considerazioni contenute nella stessa nota, a ben guardare, sono
relative comunque all’attività di emungimento compiuta dalla IAS, invero diversa
quantitativamente e qualitativamente da quella autorizzata separatamente dal
Prefetto nei confronti di ERG (come da documentazione in atti).
La peculiarità del materiale trattato, in adesione ai generali principi di
cautela e precauzione, rende prive di mende le ulteriori prescrizioni contestate
con la sesta ed ultima censura, siccome miranti ad assicurare un controllo
costante, sia a valle che a monte, dei limiti qualitativi dei rifiuti liquidi
trattati al fine di consentirne lo smaltimento, ai sensi dell’art.243 cit.,
tramite scarico nelle acque superficiali (se ed in quanto ripetesi – siano
rispettati determinati parametri).
Le ampie considerazioni che precedono si adattano anche alla delibazione del
ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso il nuovo provvedimento adottato
dall’Agenzia il 31/10/2007 su richiesta di riesame della IAS. Con il decreto
108/SRB l’Amministrazione ha sostanzialmente rinnovato la precedente
autorizzazione, senza modificarne il contenuto. Quanto alle censure di
illegittimità derivata articolate subA), la IAS ripropone le stesse questioni
già esaminate in uno con la delibazione sul ricorso introduttivo. L’accertata
legittimità del primo provvedimenti impugnato, passato indenne dallo scrutinio
delle censure mosse, comporta che non può sussistere alcun profilo di
illegittimità derivata in ordine al nuovo provvedimento in esame.
Quanto ai vizi propri del nuovo provvedimento, censurati con la doglianza sub.B)
per violazione di legge per omessa motivazione, si osserva quanto segue.
Come correttamente posto in evidenza dall’Avvocatura dello Stato, i risultati
comunicati da IAS in esecuzione della precedente autorizzazione impugnata con il
ricorso introduttivo (in adempimento degli obblighi di monitoraggio imposti)
evidenziano non solo la possibilità di effettuare detto controllo (così
smentendo l’assunto prospettato nel ricorso introduttivo), ma non fanno venir
meno l’esigenza di continuare, nel perdurante periodo transitorio in attesa di
ultimazione dell’impianto TAF, nell’opera di monitoraggio nei termini già
stabiliti. Evidenzia infatti l’Avvocatura che, in perfetta coerenza con quanto
disposto dall’Organo statale, si è infatti previsto che i prospetti
riepilogativi delle indagini compiute siano trasmessi per competenza anche al
Ministero dell’Ambiente per le opportune valutazioni del caso (Ministero che
aveva ab origine dato indicazioni specifiche in ordine alla attribuzione del
codice CER.19.13.07* al caso di specie, sito per altro già qualificato di
<rilevanza nazionale>). L’osservazione appare plausibile e coerente con le
esigenze di maggior tutela e precauzione anche nella rinnovata proroga (in
attesa della ultimazione del sito TAF) Occorre infatti avere riguardo al dato –
non contestato- del rinvenimento nel sito di sostanze chimiche tossiche
inquinanti non presenti nelle lavorazioni industriali inseditate nel relativo
territorio di pertinenza, sentore di una preesistente situazione di
inquinamento.
La censura è quindi da disattendere.
Occorre adesso procedere alla delibazione del secondo ricorso qui riunito
R.G.1436/07 con cui è stato impugnato il provvedimento dell’A.R.T.A. n.24767 del
30/3/2007 che ha richiesto alla IAS di avviare la procedura di V.I.A. ex art.55
D.P.R.12/4/96.
Con la prima e la seconda censura parte ricorrente ripropone le medesime
argomentazioni già illustrate in ordine alla violazione dell’art.243
d.lgs.152/06 e alla errata attribuzione del codice CER.19.13.07*.
Entrambe le doglianze sono da respingere, dovendosi qui ribadire quanto già
ampiamente illustrato in narrativa.
Con la terza doglianza, la IAS lamenta la violazione di legge in riferimento
alla applicazione della procedura di VIA “postuma”: la richiesta formulata dal
Servizio 2/VAS-VIA si porrebbe al di fuori dei limiti legali di applicabilità
della disciplina sulla VIA che, per sua natura – è preventiva alla realizzazione
dell’opera, siccome preordinata ad una valutazione ex ante dell’incidenza
sull’ambiente. A tal fine richiama pronunce del giurisdizionali e le conclusioni
cui è pervenuta l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato.
La censura non può essere condivisa nei termini esposti, né risultano del tutto
pertinenti i riferimenti giurisprudenziali evocati, per altro condivisi dalla
Sezione. Infatti non si dubita del valore preventivo del procedimento di VIA.
Tuttavia il principio non può assumere valenza assoluta nei sensi auspicati
dalla parte ricorrente. Occorre infatti avere riguardo in specie non già alla
attività ordinaria posta in essere dalla IAS sin dal 1998, bensì alle mutate
condizioni di esercizio dell’impianto connesse alla <nuova> attività di
emungimento e trattamento di rifiuti liquidi pericolosi. Rispetto alla
sopravvenuta e modificata situazione, considerata la natura pericolosa del
rifiuto liquido ex novo trattato (nuova attività), la richiesta di VIA non può
essere considerata postuma, risultando quindi legittima. Né può trovare
applicazione ratione temporis la <deroga> per gli impianti di carattere
temporaneo contenuta del D.Lgs.152/06, considerata l’entrata in vigore della
relativa disposizione rispetto al provvedimento di cui si discute.
Con ricorso per motivi aggiunti è stato infine impugnata la nota dell’A.R.T.A.
di riscontro alle osservazioni avanzate dalla parte ricorrente.
Anche in questo caso, la accertata legittimità del provvedimento impugnato in
prima istanza (la richiesta di avvio del procedimento VIA) induce a disattendere
la formulata doglianza di illegittimità derivata ( nelle sue ulteriori
articolazioni sub.1, 2 e 3) proposta con il mezzo in esame. Per quanto riguarda
gli altri profili relativi alla illegittima applicazione dell’art.243 si rinvia
ancora una volta alle considerazioni già svolte.
Del pari è infondata è la doglianza (la quarta) con cui si contestano vizi
propri della nota de quo per difetto di istruttoria derivante dal mancato esame
dei rilievi di parte, siccome tendenti ad escludere la natura pericolosa delle
acque emunte, cui non andava attriito il codice CER.19.13.07*.
La tesi prova troppo. La IAS cerca infatti spostare l’attenzione dalla
contestata e già delibata qualificazione giuridica come rifiuto liquido
pericoloso delle acque emunte (nuova attività svolta medio tempore l’ultimaizone
dell’impianto TAF) a fronte della sussistenza dei presupposti generali in
presenza dei quali l’Ass.to Reg.le Territorio ed Ambiente, per quanto di
relativa competenza, è chiamato ad operare in relazione alla VIA.
Per altro si osserva che nessuna obiezione è mossa dalla società ricorrente
all’assunto dell’Amministrazione, di cui alla predetta nota (come riportata in
corsivo nel ricorso in esame) secondo cui anche in presenza del diverso codice
CER.19.13.08, la nuova attività di gestione di che trattasi sarebbe stata
comunque attratta tra le tipologie di cui alla lett.L) dell’allegato A al
D.P.R.12/4/96 e, quindi, ugualmente da avviare a VIA.
In conclusione, i provvedimenti impugnati con i ricorsi in epigrafe resistono
alle censure mosse con i rispettivi mezzi, risultando quindi legittimi.
I ricorsi in epigrafe, previa loro riunione, sono quindi da respingere siccome
infondati.
Considerata la complessità delle questioni dedotte, si ritiene sussistano giusti
motivi per disporre tra le parti costituite la compensazione delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, riuniti i
ricorsi in epigrafe, li respinge entrambi.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 02/12/2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Giorgio Giallombardo, Presidente
Agnese Anna Barone, Referendario
Roberto Valenti, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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