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TAR TOSCANA, Sez. II - 6 ottobre 2009, n. 1505

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Interesse diffuso alla conservazione dell’ambiente - Tutela - Legittimazione ad agire - Riconoscimento giurisdizionale - Presupposti. Il riconoscimento giurisdizionale della legittimazione ad impugnare atti amministrativi, a tutela dell’interesse diffuso alla conservazione dell’ambiente, può avvenire caso per caso in favore di enti associativi o comitati, purché questi non soltanto abbiano fra i propri scopi statutari la tutela ambientale ed operino nell’area geografica sulla quale il provvedimento contestato incide, ma rivestano in concreto una posizione differenziata in virtù di un adeguato grado di rappresentatività, di un collegamento stabile nel tempo con il territorio di riferimento, e di un’azione dotata di apprezzabile consistenza, anche tenuto conto del numero e della qualità degli associati (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3234; id., sez. V, 23 aprile 2007, n. 1830). Pres. Nicolosi, Est. Grauso Associazione A. e altri (avv. Mariani) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari) - TAR TOSCANA, Sez. II - 6 ottobre 2009, n. 1505

INQUINAMENTO - DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Attività inquinanti - Provvedimenti autorizzativi - Azione individuale- Legittimazione - Criterio della vicinitas - Salute - Valore economico dei beni situati nelle vicinanze dell’impianto - Dimostrazione del danno concreto ed attuale - Necessità - Esclusione. Non può essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi, risiedendo in prossimità del sito individuato per la realizzazione di impianti forieri di possibili impatti sull’ambiente, riveste una posizione qualificata dallo stabile collegamento con l’area interessata e dai rischi per l’uomo - primo dei fattori che concorrono a comporre la nozione comunitaria, ed ora nazionale, di “ambiente” - di volta in volta legati alle caratteristiche tecnico-funzionali dell’opera. Alla stregua del criterio della vicinanza alla fonte della lesione paventata, la proposizione dell’azione individuale deve ritenersi perciò consentita ogniqualvolta essa tenda a prevenire o eliminare il pregiudizio derivante al singolo dalla compromissione degli interessi ambientali, ecologici e paesaggistici coinvolti dall’azione amministrativa, fermo restando che il pregiudizio non necessariamente deve investire la salute degli interessati, ma può anche farsi consistere nella diminuzione del valore economico dei beni situati nelle vicinanze dell’impianto (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192). Ai fini dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di un’attività potenzialmente inquinante, peraltro, il ricorrente non è tenuto a dimostrare l’esistenza di un danno concreto ed attuale, trattandosi di questione di merito, ed essendo invece sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657). Pres. Nicolosi, Est. Grauso Associazione A. e altri (avv. Mariani) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari) - TAR TOSCANA, Sez. II - 6 ottobre 2009, n. 1505

VIA - CAVE E MINIERE - Attività di ricerca di sostanze minerarie - Attività di coltivazione - Distinzione - Effetti sulla VIA
. L’attività di ricerca delle sostanze minerarie è distinta per oggetto e per contenuto da quella di coltivazione delle medesime sostanze, e tale differenza, che si riflette in primo luogo nel diverso regime giuridico e nella diversa natura del titolo in forza del quale l’una o l’altra attività vengono esercitate, implica altresì che la valutazione di impatto ambientale debba essere rinnovata ogniqualvolta, all’esito positivo della ricerca, voglia farsi seguire lo sfruttamento delle risorse rinvenute previo rilascio della relativa concessione. Pres. Nicolosi, Est. Grauso Associazione A. e altri (avv. Mariani) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari) - TAR TOSCANA, Sez. II - 6 ottobre 2009, n. 1505

 

 

 

N. 01505/2009 REG.SEN.
N. 01750/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1750 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A.M.A.T. – Associazione Montespertoli per l'Ambiente e il Territorio, in persona del Presidente "pro tempore", nonché da Bindi Laura e Dianzani Carlo, tutti rappresentati e difesa dall'avv. Marco Mariani, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Firenze, via Lamarmora 53;


contro


Regione Toscana, in persona del Presidente "pro tempore", rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Fabio Ciari, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, piazza dell’Unita' Italiana 1;

nei confronti di
S.O.L. S.p.a., in persona del legale rappresentante "pro tempore", rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Stefano Grassi in Firenze, corso Italia 2;

e con l'intervento di
Comune di Montespertoli, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avv. Fausto Falorni, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, via dell'Oriuolo 20;

per l'annullamento

- della deliberazione di Giunta Regionale del 19.06.2007, n. 454, con la quale si esprimeva "pronuncia favorevole di compatibilità ambientale sul Progetto per la coltivazione di anidride carbonica in loc. Baccaiano, nel Comune di Montespertoli (Fi), proposto da Sol S.p.A.....";

- del Verbale della Conferenza dei Servizi del 23.03.2007 - allegato alla delibera impugnata e pubblicato di seguito alla stessa sul BURT;

- per quanto occorrer possa, quale atto endoprocedimentale, del Rapporto Interdisciplinare (2007) sull'Impatto ambientale del progetto presentato dalla Sol S.p.A. (per la coltivazione del giacimento), redatto dalla Regione, Settore di Valutazione Impatto Ambientale;

- di ogni altro atto e/o provvedimento anteriore, contemporaneo o successivo, ad essa connesso o collegato.

E, con motivi aggiunti depositati in data 2 maggio 2008, per l'annullamento previa sospensiva:

- della concessione di coltivazione mineraria "CO2 Baccaiano" su un'area di Ha 51,75 in territorio del Comune di Montespertoli, per il periodo di anni 20 - decreto n. 237 del 15.01.2008 - rilasciata dal Dirigente Responsabile del Settore Miniere ed Energia della Direzione Generale Politiche Territoriali Ambientali della Regione Toscana a favore della società SOL s.p.a.;

- del Verbale della Conferenza dei Servizi del 20 novembre 2007;

- di ogni altro atto e/o provvedimento anteriore, contemporaneo o successivo, connesso o collegato, nonché, per quanto occorrer possa, per l'annullamento degli atti già impugnati in sede di ricorso introduttivo.

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della S.O.L. S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/06/2009 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso notificato il 17 ottobre e depositato il 6 novembre 2007, l’Associazione Montespertoli per l’Ambiente e il Territorio (di seguito, A.M.A.T.), unitamente ai signori Laura Bindi e Carlo Dianzani, impugnavano la deliberazione n. 454 del 19 giugno 2007 mediante la quale la Giunta regionale toscana aveva rilasciato la pronuncia favorevole di compatibilità ambientale relativamente al progetto, presentato dalla odierna controinteressata Sol S.p.a., di un impianto per la coltivazione del giacimento di anidride carbonica ubicato nel Comune di Montespertoli, in località Baccaiano. I ricorrenti – che impugnavano altresì il verbale della conferenza di servizi del 23 marzo 2007, allegato alla pronuncia di VIA, ed il Rapporto interdisciplinare sull’impatto ambientale del progetto in questione, redatto dal Settore VIA della Regione Toscana – articolavano le proprie censure in tre motivi di diritto, e concludevano per l’annullamento degli atti impugnati.

Costituitesi in giudizio la Regione Toscana e la Sol S.p.a., che resistevano alla domanda, con atto di motivi aggiunti depositato il 2 maggio 2008 il gravame veniva esteso dai ricorrenti alla concessione di coltivazione mineraria, frattanto rilasciata dalla Regione Toscana alla Sol con riguardo al giacimento di Baccaiano, nonché agli atti ad essa presupposti, connessi o collegati, ed in particolare al verbale della conferenza di servizi del 20 novembre 2007.

In una con la domanda di annullamento, i ricorrenti chiedevano che il tribunale volesse sospendere in via cautelare l’efficacia della concessione; nella camera di consiglio del 14 maggio 2008, la trattazione della sospensiva veniva peraltro riunita al merito.

Successivamente, con atto notificato il 30 settembre e depositato l’8 ottobre 2008, il Comune di Montspertoli interveniva “ad adiuvandum” per sostenere l’impugnativa proposta dai ricorrenti, con i motivi aggiunti, avverso la concessione rilasciata alla controinteressata. Infine, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 18 giugno 2009, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.


DIRITTO


1. Come riferito in narrativa, il ricorso introduttivo del giudizio ha quale oggetto principale la valutazione di impatto ambientale favorevole, espressa dalla Regione Toscana con la delibera di Giunta n. 454 del 19 giugno 2007, sul progetto – presentato dalla controinteressata Sol S.p.a., già titolare di un permesso di ricerca mineraria nella medesima area – di un impianto per la coltivazione del giacimento naturale di anidride carbonica ubicato in località Baccaiano, nel Comune di Montespertoli. I motivi aggiunti, proposti dai ricorrenti in corso di causa, sono invece rivolti nei confronti della successiva concessione denominata “CO2 Baccaiano”, avente durata ventennale e rilasciata il 15 gennaio 2008 dalla Regione Toscana a Sol S.p.a. per lo sfruttamento della risorsa mineraria in questione, a parziale trasformazione dell’iniziale permesso di ricerca.

2.1. La disamina della controversia nel merito sarà preceduta da quella delle numerose eccezioni pregiudiziali sollevate dalle Regione Toscana e dalla Sol S.p.a., secondo il medesimo ordine seguito dalle parti.

2.2. La Regione eccepisce innanzitutto l’irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti, che sarebbe stato notificato oltre il termine per impugnare, decorrente dalla pubblicazione del decreto di concessione mineraria sulla banca dati della Giunta regionale ai sensi dell’art. 18 della legge regionale n. 23/07. Al riguardo basti osservare che, nel sistema della citata legge regionale n. 23/07, l’istituzione delle banche dati di cui all’art. 18 risponde alla finalità informativa di facilitare la diffusione e la consultazione di tutti gli atti regionali che, per il loro contenuto, debbano essere portati a conoscenza della generalità dei cittadini, ivi compresi gli atti non destinati alla pubblicazione sul BURT; quest’ultimo, ora pubblicato in forma esclusivamente digitale, resta tuttavia il solo strumento legale di conoscenza degli atti pubblicati (artt. 1 e 2 l.r. n. 23/07), di talché, nella specie, la circostanza dell’avvenuta pubblicazione del decreto di concessione sulla banca dati della Giunta non fa di per sé presumere la conoscenza dell’atto in capo ai terzi. Si aggiunga che la stessa difesa regionale neppure ha precisato in quale data la pubblicazione sarebbe avvenuta, il che rende l’eccezione inaccoglibile anche in punto di fatto, chi afferma la tardività dell’impugnazione essendo onerato di allegare e provare gli elementi dai quali desumere in maniera univoca che il gravame è stato proposto dopo la scadenza del termine di decadenza.

2.3.1. Per altro verso, la Regione deduce l’inammissibilità per difetto di contraddittorio sia del ricorso introduttivo, sia di quello per motivi aggiunti, non notificati al Comune di Montespertoli, al Ministero per i beni e le attività culturali ed al Circondario Empolese – Valdelsa, pur rappresentati nelle conferenze di servizi esterne che hanno preceduto l’emanazione degli atti impugnati. In effetti, poiché la conferenza di servizi rappresenta un modulo procedimentale e non un ufficio speciale della P.A. autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, la giurisprudenza condivisibilmente ritiene che il ricorso giurisdizionale vada notificato a tutte le autorità amministrative, tra quelle partecipanti, che mediante lo strumento della conferenza di servizi abbiano adottato un atto a rilevanza esoprocedimentale lesivo della sfera giuridica del privato ricorrente, o, per meglio dire, un atto che la parte ricorrente avrebbe avuto l'onere di impugnare autonomamente, se fosse stato emanato al di fuori della conferenza (giurisprudenza costante, fra le molte cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 maggio 2007, n. 1920; id., 30 dicembre 2006, n. 8259). Ma poiché nel caso in esame, come si vedrà nel prosieguo, nessuna delle doglianze svolte dai ricorrenti è diretta a censurare l’esercizio, in seno alle conferenze di servizi (in particolare, alla conferenza del 23 marzo 2007, convocata nell’ambito del procedimento per la VIA), delle attribuzioni amministrative riservate agli enti sopra menzionati, deve escludersi che questi rivestano il ruolo di litisconsorti necessari.

2.3.2. Ancora, la Regione eccepisce l’inammissibilità delle impugnazioni per difetto di legittimazione attiva e di interesse in capo ai ricorrenti. Quanto ai signori Bindi e Dianzani, l’essere residenti nel Comune di Montespertoli non li renderebbe per ciò solo destinatari dei presunti effetti negativi dei provvedimenti impugnati, in mancanza di prova della c.d. “vicinitas” all’impianto per l’estrazione dell’anidride carbonica; quanto invece all’associazione AMAT, essa non rientrerebbe fra quelle riconosciute “ex” art. 13 della legge n. 349/86, né sarebbe comunque munita dei requisiti per il riconoscimento giudiziale della legittimazione ad agire.

L’eccezione è fondata nei limiti di seguito precisati.

È noto che il riconoscimento giurisdizionale della legittimazione ad impugnare atti amministrativi, a tutela dell’interesse diffuso alla conservazione dell’ambiente, può avvenire caso per caso in favore di enti associativi o comitati, purché questi non soltanto abbiano fra i propri scopi statutari la tutela ambientale ed operino nell’area geografica sulla quale il provvedimento contestato incide, ma rivestano in concreto una posizione differenziata in virtù di un adeguato grado di rappresentatività, di un collegamento stabile nel tempo con il territorio di riferimento, e di un’azione dotata di apprezzabile consistenza, anche tenuto conto del numero e della qualità degli associati (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3234; id., sez. V, 23 aprile 2007, n. 1830). Il possesso di tali requisiti non può considerarsi utilmente attestato dalla ricorrente A.M.A.T., la quale – pacificamente non rientrante fra le associazioni individuate dal Ministero dell’ambiente ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 della legge n. 349/86 – è stata costituita nel maggio del 2005, cioè circa due anni e mezzo prima della instaurazione della presente controversia, quando le operazioni di ricerca mineraria presso il giacimento di Baccaiano avevano già avuto inizio (il permesso di ricerca rilasciato a Sol S.p.a. risale al 2004), e non risulta nel frattempo aver svolto alcuna attività di valorizzazione e promozione dei beni ambientali, nelle pur variegate modalità previste dall’art. 3 del suo statuto; così come non risulta, invero, quale ne sia il numero attuale degli associati, al di là dei dodici membri fondatori (su una popolazione del Comune di oltre diecimila abitanti). Sulla scorta degli elementi disponibili, non può dunque sostenersi che A.M.A.T. attraverso la propria azione abbia raggiunto, con il territorio di Montespertoli e con la popolazione locale, un rapporto significativo al punto da conferirle il grado di stabilità e rappresentatività occorrenti per farsi portatrice in giudizio di un interesse – quello alla tutela dell’ambiente – per definizione adespota.

2.3.3. Venendo alla legittimazione dei ricorrenti Bindi e Dianzani, in termini generali non può essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi, risiedendo in prossimità del sito individuato per la realizzazione di impianti forieri di possibili impatti sull’ambiente, riveste una posizione qualificata dallo stabile collegamento con l’area interessata e dai rischi per l’uomo – primo dei fattori che concorrono a comporre la nozione comunitaria, ed ora nazionale, di “ambiente” – di volta in volta legati alle caratteristiche tecnico-funzionali dell’opera. Alla stregua del criterio della vicinanza alla fonte della lesione paventata, la proposizione dell’azione individuale deve ritenersi perciò consentita, in definitiva, ogniqualvolta essa tenda a prevenire o eliminare il pregiudizio derivante al singolo dalla compromissione degli interessi ambientali, ecologici e paesaggistici coinvolti dall’azione amministrativa, fermo restando che il pregiudizio non necessariamente deve investire la salute degli interessati, ma può anche farsi consistere nella diminuzione del valore economico dei beni situati nelle vicinanze dell’impianto (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192). Il collegio condivide peraltro l’indirizzo secondo cui, ai fini dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di un’attività potenzialmente inquinante, il ricorrente non è tenuto a dimostrare l’esistenza di un danno concreto ed attuale, trattandosi di questione di merito, ed essendo invece sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze, ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).

Tanto premesso, la incontestata ubicazione delle residenze dei ricorrenti Bindi e Dianzani all’interno di un raggio di duecento metri dal luogo ove è prevista la costruzione dello stabilimento destinato all’estrazione dell’anidride carbonica consente di ravvisare la sussistenza della legittimazione e dell’interesse ad agire, essendo agevolmente presumibile, in ragione della ridotta distanza dall’impianto, il coinvolgimento dei ricorrenti predetti nei rischi prospettati in connessione con l’esercizio dell’attività mineraria. Per il solo Dianzani, può aggiungersi il profilo patrimoniale del deprezzamento del fabbricato adibito ad abitazione, in ordine al quale costituisce attendibile principio di prova la relazione di stima del 27 maggio 2009, in atti.

3.1. La controinteressata Sol S.p.a., dal canto suo, eccepisce l’inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancata impugnazione di un atto presupposto, la delibera di Giunta regionale n. 453 del 19 giugno 2007, recante l’approvazione del protocollo di intesa in forza del quale Regione Toscana si impegnava, nei confronti della stessa Sol, a deliberare la pronuncia favorevole di compatibilità ambientale del progetto dell’impianto per l’estrazione dell’anidride carbonica. In contrario, si osserva come la delibera n. 453, coeva alla n. 454 qui impugnata, contenga l’approvazione non del protocollo, ma di uno schema di protocollo privo di vincolatività fino alla sua sottoscrizione ad opera delle parti, intervenuta il 10 gennaio 2008: si vuol dire che l’impegno di deliberare la pronuncia favorevole di compatibilità ambientale, assunto dalla Regione con la stipula del protocollo, è giunto di fatto quando la VIA era stata da lungo tempo pronunciata, di modo che il residuo ed effettivo oggetto del protocollo stesso deve intendersi concentrato nell’impegno di Sol S.p.a. verso la Regione a realizzare un impianto fotovoltaico all’interno del nuovo sito estrattivo, nonché a contribuire al finanziamento di un progetto di fattibilità e di verifica del recupero di anidride carbonica (come, del resto, già era stato evidenziato nella menzionata delibera n. 453, ove si dava appunto atto che attraverso il protocollo sarebbe stato definito l’impegno di Sol ad effettuare opere di mitigazione dell’intervento progettato).

3.2. La controinteressata eccepisce inoltre l’inammissibilità dell’intervento “ad adiuvandum” del Comune di Montespertoli, che, si sostiene, avrebbe dovuto impugnare autonomamente e tempestivamente la concessione mineraria.

L’eccezione è fondata. Il Comune di Montespertoli rivendica di aver ripetutamente espresso il proprio dissenso al rilascio della concessione, venendo tuttavia ignorato dalla Regione, ed afferma che in ciò risiederebbero i vizi dell’atto impugnato, come dedotti dai ricorrenti con il quarto ed il quinto motivo aggiunto. Ma è chiaro che, in tal modo, sotto le mentite spoglie dell’intervento finisce per essere azionata non una posizione dipendente da quella dei ricorrenti principali, bensì una posizione autonoma (quella di ente preposto alla tutela del paesaggio, il cui dissenso in conferenza di servizi – si assume – avrebbe dovuto comportare l’attivazione del procedimento “ex” art. 14-quater co. 3 l. 241/90), che il Comune avrebbe dovuto tutelare con una propria impugnativa, dando seguito all’impugnativa proposta con separato ricorso (R.G. n. 1622/07) contro le più volte menzionate delibere di Giunta nn. 453 e 454/07, atti presupposti alla concessione.

4.1. Nel merito, con il primo motivo di cui al ricorso introduttivo del giudizio, l’illegittimità della pronuncia favorevole di VIA è dedotta con riferimento alla mancata conclusione della fase preliminare di ricerca mineraria, ed in particolare alla mancata perforazione del secondo dei due pozzi previsti dal progetto di ricerca, ciò che avrebbe determinato l’indisponibilità di una serie di elementi necessari ai fini della valutazione di compatibilità ambientale. In questa prospettiva, l’incompiuto svolgimento della fase di ricerca darebbe luogo a violazione diretta dell’art. 18 della legge regionale toscana n. 79/98, e comunque a difetto di istruttoria. Un ulteriore profilo di illegittimità risiederebbe poi nella difformità tra il rapporto interdisciplinare del 2003, redatto dalla Regione nell’ambito del procedimento per la valutazione dell’impatto ambientale del progetto di ricerca, e quello del 2007, redatto all’interno del procedimento di VIA del progetto dell’impianto di estrazione dell’anidride carbonica: il secondo non conterrebbe, infatti, alcun cenno ai pur numerosi fattori critici di impatto ambientale rilevati dal primo. La carenza di istruttoria sarebbe anche confermata dai rilievi svolti da alcuni degli enti chiamati ad esprimere il proprio parere tecnico, i quali avrebbero sollecitato l’attenzione della Regione procedente sulla mancanza di informazioni utili e sulla inaffidabilità dei dati forniti dal proponente.

Il motivo, che individua nella mancata realizzazione del secondo pozzo l’indice rivelatore della violazione delle condizioni cui la fase di ricerca era stata sottoposta, è infondato.

L’attività di ricerca delle sostanze minerarie è distinta per oggetto e per contenuto da quella di coltivazione delle medesime sostanze, e tale differenza, che si riflette in primo luogo nel diverso regime giuridico e nella diversa natura del titolo in forza del quale l’una o l’altra attività vengono esercitate, implica altresì che la valutazione di impatto ambientale debba essere rinnovata ogniqualvolta, all’esito positivo della ricerca, voglia farsi seguire lo sfruttamento delle risorse rinvenute previo rilascio della relativa concessione. In ossequio a tale regola, la pronuncia di compatibilità ambientale resa dalla Regione Toscana con delibera di Giunta n. 1232/03, sul progetto di ricerca dell’anidride carbonica presentato da Sol S.p.a., si premurava di ammonire la società proponente circa il fatto che le opere ed impianti realizzati ai fini della ricerca, ove necessari alla successiva fase di coltivazione della risorsa, sarebbero stati sottoposti a nuova valutazione di impatto ambientale in seno al procedimento volto al rilascio della concessione mineraria (punto 2.6. delle indicazioni di cui al verbale della conferenza di servizi dell’11 novembre 2003, integralmente recepito dalla predetta delibera di Giunta).

Ciò posto, la circostanza che nella fase di ricerca Sol S.p.a. non abbia proceduto alla perforazione del secondo pozzo non presenta alcuna implicazione sotto il profilo dell’impatto ambientale delle opere, attenendo unicamente al sicuro e razionale sfruttamento della risorsa. Anzi, sotto il profilo ambientale è di tutta evidenza come la perforazione di uno solo dei pozzi esplorativi previsti – avendo Sol ritenuto che la quantità e qualità di anidride carbonica rinvenuta con il primo pozzo fosse sufficiente a giustificare la realizzazione di un impianto per il trattamento del gas – abbia mitigato l’impatto del progetto di ricerca; e non può dirsi che, in questo modo, le amministrazioni procedenti siano state private di elementi istruttori utili ai fini della VIA sull’attività di sfruttamento: lo scavo del secondo pozzo non era a ciò preposto, ed infatti la raccomandazione contenuta al punto 22 del verbale della conferenza di servizi esterna del 23 marzo 2007 (richiamato dall’impugnata delibera n. 454/07), lungi dal rappresentare lo strumento per posporre irragionevolmente la raccolta di dati richiesti in funzione della pronuncia di compatibilità ambientale, è dichiaratamente dettata a salvaguardia dei soli aspetti minerari, in conformità alle conclusioni raggiunte dalla conferenza di servizi interna del 21 febbraio 2007 (anche le indicazioni del Settore di vigilanza sulle risorse minerarie circa la necessità del secondo pozzo si riferiscono ai soli aspetti attinenti il miglior sfruttamento della risorsa mineraria). Nessuna contraddittorietà è dunque rinvenibile fra le determinazioni assunte in seno alle due conferenze, e la stessa prescrizione di cui al punto 15 dei due verbali di conferenza, contrariamente a quanto si afferma in ricorso, non ripropone la necessità del secondo pozzo per addivenire “ex ante” ad un miglior quadro conoscitivo dell’impatto ambientale delle opere, ma si limita a prevedere i rimedi per l’ipotesi – verificabile solo “ex post” – di una significativa interferenza fra l’attività di estrazione ed il regime delle acque sotterranee (la prescrizione è coerente con i contributi istruttori forniti dall’ARPAT e dall’Autorità di bacino del fiume Arno, richiamati nel Rapporto interdisciplinare del febbraio 2007, nessuno dei quali implica doversi procedere in via preventiva alla realizzazione del secondo pozzo).

Deve altresì escludersi la pretesa contraddittorietà fra il Rapporto interdisciplinare del 2003, avente ad oggetto l’impatto ambientale del progetto di ricerca, e quello del 2007, riferito invece all’impatto dell’attività estrattiva. Ribadita l’ontologica differenza tra la fase di ricerca e quella di sfruttamento delle risorse, tale da richiedere per ciascuna lo svolgimento di un’autonoma procedura di VIA, anche il Rapporto del 2007 contiene una puntuale analisi degli impatti sulle diverse componenti ambientali coinvolte dalla realizzazione del progetto, articolata in voci specifiche (sottoparagrafo 5.3.) sulla base della documentazione fornita dalla società proponente, analogamente al Rapporto del 2003; ed il mancato ricorso alle schede e tabelle di sintesi previste dalle norme tecniche di attuazione approvate con delibera di Giunta del 20 settembre 1999, n. 1069, non inficia il Rapporto, che sul piano contenutistico risulta perfettamente conforme a quanto richiesto dalle citate N.T.A., oltre che dalle norme primarie poste dalla legge regionale n. 79/98. Quanto all’esame delle criticità ambientali rilevate nel Rapporto del 2003, l’autonomia delle due procedure di VIA consente di escludere che tra le stesse possa configurarsi una sorta di rapporto di presupposizione o connessione formale, come il ricorso sembra prospettare. In ogni caso, l’esame di tutte le criticità a suo tempo riscontrate per la fase di ricerca dell’anidride carbonica deve ritenersi oggi assorbito da quello, ben più ampio, condotto ai fini della valutazione sull’impatto dell’attività di estrazione.

Del tutto inconsistente è poi il profilo di censura con cui si afferma che la rinnovazione, da parte della conferenza di servizi del 2007, delle prescrizioni in materia di comunicazione delle modalità del monitoraggio già impartite dalla conferenza del 2003, equivarrebbe a riconoscere l’inottemperanza a queste ultime ad opera di Sol S.p.a.. Sul punto, basti osservare che la ripetizione della prescrizione è resa necessaria non dal pregresso inadempimento della proponente, ma dal diverso contenuto delle attività di ricerca e di estrazione, l’avvio della quale richiede, evidentemente, anche il contestuale avvio di una nuova ed autonoma attività di monitoraggio.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, si afferma che l’avvio dell’attività di estrazione darebbe luogo ad una trasformazione di destinazione d’uso delle aree interessate da aree di pregio ambientale ad aree produttive, in contrasto con le destinazioni definite dal PRG e dal PTCP vigenti. Si sottolinea, inoltre, che la Regione non avrebbe condotto alcuna valutazione in ordine alla prevedibile riduzione, se non all’esaurimento, del giacimento di anidride carbonica, tale da annientare per il futuro qualsiasi prospettiva di fruizione a scopi di turismo didattico-scientifico e, in definitiva, da determinare la perdita del geotopo/biotopo (zona caratterizzata da particolari fenomeni di tipo naturalistico o geomorfologico) dell’Acquabolla. Infine, si lamenta che il Rapporto interdisciplinare del 2007 avrebbe omesso di affrontare gli impatti derivanti dalla dismissione degli impianti di estrazione, e si insiste sulla generale inadeguatezza del Rapporto in questione.

Le censure sono parzialmente fondate.

Con deliberazione n. 74 del 14 luglio 2003, il Consiglio comunale di Montespertoli, al dichiarato fine di rendere possibile la realizzazione delle opere previste dal progetto di ricerca presentato da Sol S.p.a., ha modificato l’art. 18 delle norme di attuazione di cui alla variante di PRG approvata con delibera del 9 marzo 1999, nel senso di ammettere presso i siti classificati come biotopi e geotopi le nuove costruzioni ed attrezzature finalizzate allo studio, alla ricerca ed estrazione/sfruttamento dell’anidride carbonica, purché nel rispetto della normativa ambientale. Se, pertanto, la compatibilità fra tutela dei geotopi/biotopi – cui l’art. 18 cit. continua a presiedere, con il divieto generale di nuove opere – e gli impianti destinati alla ricerca ed estrazione dell’anidride carbonica ha formato oggetto di una valutazione da parte dell’amministrazione comunale, ne risulta smentita la tesi del contrasto fra il progetto presentato dalla controinteressata e le norme di piano regolatore, nonché fra il progetto ed il PTCP, il cui art. 15, nel rimettere ai Comuni l’adozione dei vincoli e delle limitazioni d’uso per la conservazione e valorizzazione di tali emergenze territoriali, non necessariamente impone il ricorso a vincoli integrali (si veda il paragrafo 8.2. dello Statuto del territorio allegato al PTCP, richiamato dall’art. 15. Peraltro l’eventuale inosservanza, da parte del Comune di Montespertoli, delle disposizioni dettate dal PTCP, avrebbe dovuto essere fatta valere in questa sede mediante l’impugnazione della variante all’art. 18 N.T.A. sopra citato).

Per inciso si osserva che, con delibera del 21 gennaio 2008, n. 20, la Giunta regionale toscana ha ritenuto insussistenti i requisiti di rarità e particolarità necessari per il riconoscimento come sito di importanza regionale ai sensi della l.r. n. 56/00 del geotopo dell’Acquabolla, che ricade in zona classificata dallo stesso PTCP per lo più a bassa vulnerabilità.

Non essendovi alcuna evidenza scientifica – come di fatto lo stesso ricorso riconosce – del fatto che la captazione dell’anidride carbonica possa, a lungo andare, esaurire il giacimento, neppure vi sono ragioni per affermare l’illegittimità della pronuncia di VIA, la quale del tutto ragionevolmente fronteggia il rischio paventato dai ricorrenti attraverso la prescrizione n. 17 che, nell’imporre a Sol il monitoraggio dell’emergenza di CO2 “in loco”, prevede, per il caso di dimostrato impatto negativo dell’attività autorizzata, l’adozione delle opportune misure correttive.

Il ricorso coglie, invece, nel segno laddove evidenzia le carenze dell’istruttoria condotta dalla Regione in merito alla fase di dismissione dell’impianto progettato da Sol. Mentre il Rapporto interdisciplinare del 2003 prendeva espressamente in considerazione gli impatti legati allo smantellamento dei pozzi di ricerca, di tali impatti il Rapporto del 2007 non contiene alcuna menzione, e lo stesso dicasi per i verbali di conferenza di servizi esterna ed interna del 23 marzo e del 21 febbraio 2007. Questo comporta non tanto e non solo un problema di contraddittorietà fra i due rapporti, quanto una carenza istruttoria che si risolve in violazione diretta della legge regionale n. 79/98, nella parte in cui richiede che lo studio di impatto ambientale da redigere ai fini della VIA contenga, fra l’altro, la descrizione delle componenti dell'ambiente soggette a impatto ambientale nelle fasi della realizzazione, della gestione, ed anche dell’eventuale dismissione delle opere (All. C lett. e) l.r. n. 79/98 cit.). In altri termini l’istruttoria espletata dalla Regione – correttamente strutturata sulla base dello studio di impatto ambientale predisposto dalla proponente, ai sensi degli artt. 13 e 16 l.r. n. 79/98 – finisce per risentire dell’incompletezza del SIA, senza che la lacuna sia stata colmata dai successivi approfondimenti; ed il vizio è a maggior ragione palese se si considera che gli impatti derivanti dalla dismissione dell’attività erano già stati ritenuti critici nella fase di ricerca (si veda il paragrafo 11 del Rapporto 2003), il che avrebbe dovuto imporne una ancora più approfondita indagine nella fase dello sfruttamento, ben più invasiva sotto il profilo ambientale.

4.3. Con il terzo motivo, è dedotta la violazione della prescrizione impartita dalla Regione, con la pronuncia di VIA sul progetto di ricerca, relativamente all’esecuzione dei monitoraggi delle falde acquifere presenti nelle aree di perforazione, prescrizione che sarebbe rimasta vanificata per effetto della mancata perforazione del secondo pozzo.

Ancora una volta, l’infondatezza della censura discende dalla reciproca autonomia delle fasi di ricerca e di estrazione della risorsa mineraria, tale che l’osservanza o l’inosservanza delle prescrizioni eventualmente apposte alla prima non interferisce automaticamente con la valutazione di compatibilità ambientale della seconda. Se questo è vero, il mancato scavo del secondo pozzo, rivelatosi superfluo ai fini della ricerca, fa legittimamente venire meno le esigenze poste a fondamento del prescritto monitoraggio (in assenza dello scavo viene meno l’oggetto stesso della prescrizione, vale a dire la criticità ambientale che la prescrizione è deputata ad affrontare). Tali esigenze, una volta cessate con la chiusura della fase di ricerca, non risorgono certo con l’avvio della fase di estrazione, la quale implica l’integrale rinnovo della valutazione di compatibilità, avuto riguardo all’insorgere di problematiche ambientali non pedissequamente sovrapponibili a quelle già affrontate e, soprattutto, da queste non dipendenti. Nessuna contraddittorietà è dunque rinvenibile nell’operato dell’amministrazione procedente, che, nell’autorizzare la coltivazione dell’anidride carbonica, ha peraltro nuovamente prescritto il monitoraggio delle falde, stavolta calibrandolo sulle caratteristiche dell’attività estrattiva e non più sulla semplice ricerca.

4.4. Con il quarto motivo (primo motivo aggiunto), rivolto nei confronti della concessione mineraria rilasciata alla controinteressata, si sostiene che la trasformazione del permesso di ricerca in concessione sarebbe viziata perché non avrebbe tenuto conto del dissenso manifestato in conferenza di servizi dal Comune di Montespertoli, ente preposto alla tutela paesaggistica, la cui posizione contraria al rilascio del titolo abilitativo avrebbe imposto l’attivazione del subprocedimento decisorio disciplinato dall’art. 14-quater co. 3 della legge n. 241/90. Con il quinto motivo (secondo motivo aggiunto), l’illegittimità della concessione mineraria è fatta valere in via di derivazione da quella del verbale della conferenza di servizi del 20 novembre 2007, conclusasi con l’espressione del parere favorevole al rilascio, in violazione del già citato art. 14-quater.

I motivi, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.

La motivazione del dissenso espresso dal Sindaco di Montespertoli nelle conferenze del 23 marzo e del 20 novembre 2007, riprendendo la posizione assunta dal Consiglio Comunale con la deliberazione n. 43/05, riposa in realtà sul fatto che lo sfruttamento dell’anidride carbonica non rivestirebbe interesse strategico primario per l’economia del territorio, e sull’intenzione del Comune di valorizzare il geotopo/biotopo dell’Acquabolla per esclusivi fini di ricerca e di turismo scientifico, naturalistico e didattico. Come si vede, ad una motivazione siffatta è estraneo qualsiasi giudizio riferibile alle prerogative riservate al Comune nell’ambito della conferenza, ed attinenti all’ammissibilità del progetto sotto il profilo paesaggistico (art. 159 D.Lgs. n. 42/04): si deve perciò parlare di un dissenso non tecnico, ma politico, che infatti, assai significativamente, promana dal vertice governativo dell’ente, anziché dal funzionario amministrativo preposto, pur presente (il contenuto e la connotazione eminentemente politici dell’atto sono direttamente mutuati, d’altro canto, dalla menzionata deliberazione consiliare n. 43/05). Di conseguenza, si esula dalla fattispecie disciplinata dall’art. 14-quater della legge n. 241/90, che presuppone un dissenso riferito alle sole questioni – tecnico-amministrative – trattate dalla conferenza di servizi, e che deve essere accompagnato dalla specifica indicazione delle modifiche occorrenti ai fini dell’assentibilità del progetto; ne discende, in relazione ai vizi dedotti, la legittimità del parere favorevole espresso dalla conferenza in assenza di un dissenso motivato del Comune di Montespertoli.

4.5. Con il sesto motivo (terzo motivo aggiunto), sono riproposte nei confronti della concessione, onde farne valere l’invalidità derivata, le medesime censure articolate contro la deliberazione n. 454/07, contenente la pronuncia favorevole di VIA sul progetto di coltivazione. Valgano pertanto tutti i rilievi già svolti “sub” 4.1., 4.2. e 4.3., che debbono intendersi qui integralmente richiamate.

4.6. Con il settimo motivo (quarto motivo aggiunto), si lamenta che la concessione mineraria rilasciata a Sol S.p.a. sarebbe illegittima per violazione dell’art. 18 R.D. n. 1443/27, non risultando dal provvedimento impugnato che la controinteressata abbia eletto domicilio nella Provincia di Firenze. L’elezione di domicilio di Sol S.p.a. nella Provincia di Firenze è, tuttavia, in atti, e risale ad epoca anteriore al rilascio della concessione (si veda la nota Sol s.p.a. del 19 settembre 2007, protocollata dalla Regione il 25 settembre successivo); la mancata indicazione di tale domicilio nel provvedimento finale deve essere dunque imputata a mero errore materiale che, per il profilo in esame, determina al più una irregolarità sanabile dell’atto.

5. In forza di tutte le considerazioni che precedono, deve essere dichiarata l’inammissibilità delle impugnative proposte dall’associazione A.M.A.T. e dell’intervento “ad adiuvandum” spiegato dal Comune di Montespertoli. Quanto alle residue posizioni processuali attive, facenti capo ai ricorrenti Bindi e Dianzani, la parziale fondatezza delle censure svolte con il secondo motivo di cui al ricorso principale, avverso la pronuncia di VIA assunta con deliberazione di Giunta regionale n. 454/07, e ribadite con il sesto motivo (terzo motivo aggiunto) nei confronti del decreto di concessione mineraria n. 237/08, conduce all’annullamento dei provvedimenti impugnati. Sussistono giusti motivi per disporre fra tutte le parti l’integrale compensazione delle spese processuali.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sez. II, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibili le impugnative proposte dall’associazione A.M.A.T. e l’intervento “ad adiuvandum” spiegato dal Comune di Montespertoli;
accoglie, nei limiti di cui in parte motiva, le impugnative proposte dai ricorrenti Bindi e Dianzani, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati;
spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 18/06/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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