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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n. 1540
INQUINAMENTO - Bonifica - Prescrizioni - Barriera idraulica - Mutamento di
avviso - Opzione verso altre tipologie di intervento - Motivazione e istruttoria
- Principi di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa. Qualora
emergano elementi che depongono nel senso di una sostanziale adesione delle
competenti Amministrazioni in favore del modello della barriera idraulica, il
mutamento di avviso da parte delle Amministrazioni stesse, con opzione verso
un’altra tipologia di intervento, può avvenire solo in base ad una congrua ed
approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria, che tenga
conto di tutte le circostanze rilevanti del caso: la sussistenza di detti
obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme vigenti nel
settore della disciplina ambientale, discende dai principi generali di
economicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, comma 1,
della l. n. 241/1990, nonché dal divieto di aggravamento del procedimento
amministrativo ex art 1, comma 2, della citata l. n. 241 (T.A.R. Puglia, Lecce,
Sez. I, n. 2247 del 2007, cit.). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l.
(avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA,
Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540
INQUINAMENTO - Bonifica - Opera di confinamento fisico delle acque -
Sottoposizione a VIA. L’opera di confinamento fisico delle acque va
sottoposta ad un’analisi dell’impatto che essa ha sul territorio circostante,
onde scongiurare che produca sull’ambiente più problemi di quelli che tende a
risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 febbraio 2008, n. 165). Si è, anzi,
specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20 luglio 2007, n. 1254) che
l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di valutazione di impatto
ambientale, ai sensi sia del d.lgs. n. 152/2006, sia del precedente art. 1,
comma 1, lett. l) del d.p.c.m. n. 377/1988. Pres. Nicolosi, Est. De
Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e
altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540
INQUINAMENTO - Bonifica - Imposizione di misure di bonifica - Accertamento della
responsabilità. L’imposizione di misure di bonifica deve essere preceduta da
un rigoroso accertamento della responsabilità quale autore dell’inquinamento del
soggetto obbligato ad adottare le misure stesse (cfr., ex multis, T.A.R.
Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis -
D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540
INQUINAMENTO - Bonifica - Prescrizioni - Confinamento fisico - Indicazione degli
elementi tecnici a supporto del provvedimento - Omissione - Uso arbitrario della
discrezionalità tecnica - Poteri del giudice. L’omissione della doverosa
indicazione degli elementi tecnici, in base ai quali si è ritenuto di
prescrivere, nell’ambito degli interventi di bonifica, il confinamento fisico,
si traduce nell’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un uso
arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R. Sardegna,
Sez. II, , n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e priva di
un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la messa in
sicurezza d’emergenza) ha chiarito sul punto che la sindacabilità della scelta
di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice
amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si
spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni
tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio
tecnico e del procedimento applicativo, senza sostituirsi alla P.A.
nell’effettuazione di valutazioni opinabili (cfr. C.d.S., Sez. VI, 7 novembre
2005, n. 6152). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria,
Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14
ottobre 2009, n.1540
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Terre e rocce da scavo provenienti da un sito
sottoposto a bonifica - Equiparazione ai rifiuti - Art. 186, lett. e) d.lgs. n.
152/2006. L’art. 186 del d.lgs. n. 152/2006, alla lett. e) del comma 1
subordina il riutilizzo delle terre e rocce da scavo al previo accertamento
della loro non provenienza da siti contaminati, ovvero sottoposti ad interventi
di bonifica ai sensi degli artt. 239 e segg. del medesimo decreto legislativo.
Ne deriva la legittimità dell’equiparazione ai rifiuti delle terre da scavo
provenienti da un sito di interesse nazionale sottoposto a bonifica , dovendosi
la predetta equiparazione ritenere derivante dallo stesso dettato normativo.
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e
Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e
altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009,
n.1540
N. 01540/2009 REG.SEN.
N. 01408/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 1408 del 2006,
proposto dalla società
Dow Italia S.r.l., in persona del Consigliere di Amministrazione, avv. Paolo
Musicco, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonella Capria, Teodora Marocco,
Roberto Nuti e Mario Pilade Chiti e con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo, in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero
della Salute, Ministero delle Attività Produttive (ora dello Sviluppo
Economico), in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e
difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliati
presso gli Uffici di questa, in Firenze, via degli Arazzieri n. 4
Regione Toscana, non costituita in giudizio
Provincia di Livorno, non costituita in giudizio
Comune di Livorno, non costituito in giudizio
Comune di Collesalvetti, non costituito in giudizio
Corpo delle Capitanerie di Porto – Reparto Ambientale Marino (R.A.M.), non
costituito in giudizio
Capitaneria di Porto di Livorno, non costituita in giudizio
Autorità Portuale di Livorno, non costituita in giudizio
Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (A.P.A.T.), non
costituita in giudizio
Azienda Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.), non
costituita in giudizio
Azienda U.S.L. n. 6 di Livorno, non costituita in giudizio
E.N.E.A., non costituito in giudizio
Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (I.S.P.E.S.L.),
non costituito in giudizio
Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare (I.C.R.A.M.),
non costituito in giudizio
Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.), non costituito in giudizio
1) quanto al ricorso originario:
per l’annullamento
- del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, tenutasi il 28 aprile 2006
presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
comunicato il 3 giugno 2006 ed avente ad oggetto la bonifica del sito di
interesse nazionale di Livorno, con particolare riferimento:
- a quanto deliberato dalla Conferenza di Servizi decisoria prima di iniziare la
discussione sui punti all’ordine del giorno, mediante prescrizione a Dow Italia
S.r.l. di presentare entro il termine di 60 giorni dal ricevimento del verbale
il progetto preliminare di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento
fisico delle medesime;
- al punto 3 dell’ordine del giorno, nella parte in cui si richiede al Ministero
dell’Ambiente di segnalare l’avvio dell’esecuzione in danno, nonché delle azioni
di accertamento e di recupero del danno ambientale arrecato al mare;
- al punto 22 dell’ordine del giorno, laddove si chiede a Dow Italia S.r.l. di
rielaborare il progetto definitivo di bonifica dei suoli dell’area di
stabilimento, tenendo conto delle prescrizioni formulate dalla Conferenza di
servizi istruttoria del 30 novembre 2005 (in particolare, le prescrizioni nn. 3,
4, 6, 15 e 18), dall’A.R.P.A.T. e dalla Direzione per la Qualità della Vita del
Ministero dell’Ambiente (in particolare, la prescrizione n. 6);
- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n.
10472/QdV/DI/VII/VIII del 26 maggio 2006, di trasmissione del verbale impugnato;
- di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.
2) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 18 aprile 2007:
per l’annullamento
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n.
3316/QdV/DI/B del 7 febbraio 2007, comunicato il 16 febbraio 2007, con cui si è
deciso, tra l’altro, di approvare e considerare come definitive tutte le
prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 13
dicembre 2006;
- del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, tenutasi il 13 dicembre
2006 presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
comunicato il 16 febbraio 2007 ed avente ad oggetto la bonifica del sito di
interesse nazionale di Livorno, con particolare riferimento:
- al punto 1 dell’ordine del giorno, ove si ribadiscono le prescrizioni
formulate con la Conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2006;
- al punto 7 dell’ordine del giorno, nella parte in cui la Conferenza di Servizi
decisoria, ai fini dell’approvazione dell’elaborato contenente l’addendum al
progetto definitivo di bonifica dei suoli, delibera di chiedere alla Dow Italia
S.r.l.: a) di presentare un elaborato che tenga conto delle prescrizioni
formulate dalla Conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2006; b) di
ottemperare alle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi istruttoria
del 19 luglio 2006;
- al punto 7 dell’ordine del giorno, nella parte in cui la Conferenza di Servizi
decisoria ribadisce le prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi
decisoria del 28 luglio 2005 e, più in particolare, la prescrizione con cui si
richiede che il serbatoio di stoccaggio V9 delle acque di falda contaminate sia
autorizzato dall’Autorità competente ai sensi della normativa vigente in tema di
rifiuti;
- al punto 7 dell’ordine del giorno, nella parte in cui la Conferenza di Servizi
ha deliberato di assegnare al verbale il valore di formale messa in mora ed ha
perciò stabilito che, in caso di ulteriore inadempienza della società, sarebbero
stati attivati i poteri sostitutivi in danno della stessa;
- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n.
3149/QdV/DI/IX del 7 febbraio 2007, di trasmissione del decreto direttoriale e
del verbale sopra menzionati;
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n.
3315/QdV/DI/B del 7 febbraio 2007, comunicato il 16 febbraio 2007, con cui si è
deciso di approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni
stabilite nei verbali delle Conferenze di Servizi decisorie del 24 marzo 2005,
del 28 luglio 2005, del 22 dicembre 2005 e del 28 aprile 2006;
- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n.
3141/QdV/DI/IX del 7 febbraio 2007, di trasmissione del decreto direttoriale
appena menzionato;
- di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.
3) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 20 dicembre 2007:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n.
4133/Q.d.V./Di/B del 16 novembre 2007, con cui si è deciso, tra l’altro, di
approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel
verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007;
- del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, tenutasi il 30 ottobre 2007
presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ed
avente ad oggetto la bonifica del sito di interesse nazionale di Livorno, con
particolare riferimento alle prescrizioni di cui al punto 10 dell’ordine del
giorno;
- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n.
29749/QdV/DI/IX del 16 novembre 2007, di trasmissione del decreto direttoriale e
del verbale ora indicati;
- del documento dell’A.P.A.T. recante “criteri metodologici per l’applicazione
dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati”;
- delle prescrizioni formulate nel corso della Conferenza di Servizi istruttoria
del 26 giugno 2007 e richiamate nel verbale della Conferenza di Servizi
decisoria del 30 ottobre 2007;
- di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente, del
Ministero della Salute e del Ministero dello Sviluppo Economico (già delle
Attività Produttive);
Visti i motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2007;
Visti i motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007;
Vista la domanda di sospensione degli atti impugnati con i motivi aggiunti
depositati il 20 dicembre 2007;
Vista l’ordinanza n. 32/2008 del 17 gennaio 2008, con cui è stata accolta la
domanda incidentale di sospensione;
Vista la memoria difensiva e la documentazione depositata dalla ricorrente a
sostegno delle proprie tesi;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 5 maggio 2009 il dott. Pietro De
Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente, Dow Italia S.r.l., espone di essere proprietaria,
all’interno dell’area industriale di Livorno, di un sito esteso per circa mq.
120.000, ove insiste uno stabilimento, di proprietà della medesima società,
attualmente utilizzato per la produzione di lattice sintetico.
A seguito del d.m. 18 settembre 2001, n. 468, l’area industriale de qua è stata
inserita nel novero dei siti inquinati di interesse nazionale, da sottoporre a
prioritari interventi di bonifica. Il successivo d.m. 24 febbraio 2003 ha
provveduto alla perimetrazione del sito di interesse nazionale di Livorno,
prescrivendo ai soggetti titolari delle aree incluse nella perimetrazione, tra
cui l’esponente, di dare avvio alla caratterizzazione di tali aree, e sulla base
di questa, ai necessari interventi di bonifica. La società espone peraltro che a
quel momento aveva già iniziato ad effettuare a titolo volontario rilievi sullo
stato di inquinamento del sito di sua proprietà, e ad avviare la procedura di
bonifica del sito stesso per la messa in sicurezza di suolo, sottosuolo ed acque
di falda. In particolare, l’esponente provvedeva a realizzare una cd. barriera
idraulica.
Dopo l’avvio del vero e proprio procedimento amministrativo di bonifica da parte
delle competenti Amministrazioni ed a seguito di una serie di Conferenze di
Servizi, nella Conferenza del 24 marzo 2005 si prendeva atto dell’opportunità
dell’elaborazione in sede consortile di un unico progetto di bonifica della
falda acquifera ad opera dei vari titolari delle principali aree del sito di
Livorno (tra cui Dow Italia S.r.l.). Tuttavia, nella Conferenza del 28 aprile
2006 è stata imposta una specifica tipologia di intervento tecnico, consistente
nel confinamento fisico delle acque, che la società esponente reputa incoerente,
contraddittoria ed adottata in carenza di qualunque istruttoria che ne
giustificasse l’imposizione. La Conferenza, inoltre, ha attribuito (punto 3 del
verbale) a tutte le società presenti nel sito di Livorno – e quindi anche
all’esponente, che però contesta l’attribuzione di responsabilità –
l’inquinamento dei sedimenti marini prospicienti il sito. Inoltre, al punto 22
del verbale della Conferenza sono state imposte a Dow Italia S.r.l. talune
prescrizioni nell’espletamento dell’attività di bonifica. Dette prescrizioni,
contestate dalla società perché ritenute eccessivamente gravose, riguardano in
particolare le terre di scavo, l’analisi di rischio specifica e la
determinazione delle concentrazioni-limite ammissibili per le sostanze
inquinanti non espressamente regolate, la predisposizione del progetto di
bonifica definitivo per le acque di falda contaminate.
Avverso le succitate determinazioni della Conferenza di Servizi del 28 aprile
2006 è insorta la società esponente, che le ha impugnate con il ricorso
originario indicato in epigrafe e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo a
supporto della sua richiesta le seguenti doglianze:
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
471/1999, incompetenza, violazione e falsa applicazione dell’art. 114 della l.
n. 388/2000, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, difetto di
istruttoria e carenza di motivazione, poiché la misura del confinamento fisico
delle acque sarebbe stata imposta ingiustificatamente, senza alcuna istruttoria
specifica, né motivazione adeguata ed anzi in contrasto con le risultanze dello
studio idrogeologico del sito di Livorno commissionato dalla locale Autorità
Portuale. Per di più, si tratterebbe di una prescrizione gravosissima sotto i
profili tecnico e finanziario, in contrasto con l’art. 114, comma 9, della l. n.
388/2000 (ed ora con l’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006);
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
471/1999 sotto altro profilo, totale carenza di istruttoria, incertezza e
contraddittorietà delle prescrizioni, in quanto non sarebbe stato effettuato
alcun accertamento specifico delle responsabilità delle aziende proprietarie di
terreni localizzati nel sito di Livorno in ordine alla contaminazione ed
all’eventuale diffusione dell’inquinamento. Inoltre, non sarebbe precisato se è
imposto un confinamento fisico delle acque a ridosso della proprietà della
ricorrente, ovvero uno sbarramento di tutto il sito di interesse nazionale di
Livorno, concordato con gli altri operatori;
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 sotto altro
profilo e dell’art. 15 del d.m. 471/1999, incompetenza, totale carenza di
istruttoria, incertezza e contraddittorietà delle prescrizioni, in quanto
l’imposizione del confinamento fisico delle acque sarebbe sprovvista di una
motivazione tecnico-giuridica ed anzi l’A.R.P.A.T. avrebbe rimarcato
l’opportunità della redazione di un progetto comune di bonifica della falda;
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
471/1999, nonché della l. n. 241/1990, eccesso di potere per contraddittorietà,
difetto di istruttoria e motivazione, ingiustizia manifesta, in quanto
l’imposizione della realizzazione di una barriera fisica sarebbe avvenuta senza
che la questione fosse all’ordine del giorno della Conferenza di Servizi del 28
aprile 2006 e, perciò, privando la ricorrente di qualsiasi possibilità di
contraddittorio, nonché le altre parti pubbliche della possibilità di valutare
adeguatamente la misura imposta;
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 sotto altro
profilo e dell’art. 9 del d.m. n. 471/1999, nonché dell’art. 51-bis del d.lgs.
n. 22/1997 e dell’art. 114, comma 7, della l. n. 388/2000, eccesso di potere,
incompetenza, mancanza assoluta di istruttoria e di motivazione, travisamento
dei fatti, ingiustizia ed illogicità manifesta, per avere la Conferenza di
Servizi (al punto n. 3 del verbale) chiesto al Ministero dell’Ambiente di
segnalare l’avvio dell’esecuzione in danno degli interventi di bonifica
dell’area marina prospiciente il sito di Livorno senza accertare le eventuali
responsabilità delle società coinvolte, in particolare della ricorrente,
nell’inquinamento di detta area, e con un richiamo ad un (indimostrato) danno
ambientale che sarebbe totalmente fuori luogo;
- violazione falsa applicazione degli artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 22/1997,
dell’art. 1, comma 17, della l. n. 443/2001, nonché dell’art. 10 e dell’alleg. 4
del d.m. n. 471/1999, eccesso di potere per carenza di istruttoria e
travisamento dei fatti, mancanza assoluta di motivazione, illogicità manifesta,
poiché le prescrizioni di cui al punto 22 del verbale della Conferenza di
Servizi concernenti (nel quadro del progetto definitivo di bonifica dei suoli)
le terre da scavo, sarebbero illegittime e prive di qualsiasi motivazione lì
dove equiparano i terreni scavati ai rifiuti e lì dove prescrivono, per il
progetto delle aree di stoccaggio, il medesimo livello di dettaglio previsto per
l’autorizzazione ex artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 22/1997;
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, dell’art 10
e degli alleg. 3 e 4 del d.m. n. 471/1999, nonché dell’art. 3 e dell’alleg. 1
del d.m. n. 471/1999, incompetenza, eccesso di potere per carenza di istruttoria
ed illogicità manifesta, carenza assoluta di motivazione, eccesso di potere per
violazione del principio di non aggravio del procedimento amministrativo, in
quanto le prescrizioni di cui al punto 22 del verbale della Conferenza di
Servizi concernenti l’elaborazione dell’analisi di rischio-specifica
richiamerebbero immotivamente ed illogicamente i criteri dettati da A.P.A.T. –
I.S.S. ed A.R.P.A.V. per il sito di Porto Marghera; le prescrizioni di cui al
punto de quo relative alla determinazione della concentrazione limite delle
sostanze inquinanti, per le quali una simile concentrazione non è normativamente
fissata, imporrebbero una procedura contrastante con l’art. 3 e l’alleg. 1 del
d.m. n. 471/1999;
- eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà, in quanto la
richiesta (di cui al punto 22 del verbale) di presentare il progetto definitivo
di bonifica per le acque di falda contaminate, si porrebbe in contrasto con la
già esaminata prescrizione del progetto preliminare di bonifica del sito basato
sul confinamento fisico delle acque.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, il Ministero della Salute ed il Ministero delle Attività
Produttive (ora dello Sviluppo Economico), con atto di costituzione formale.
In data 13 dicembre 2006 si è svolta un’ulteriore Conferenza di Servizi, in
esito alla quale sono state ribadite le prescrizioni già formulate nella
Conferenza del 28 aprile 2006 (in particolare, quella sulla redazione di un
progetto preliminare di confinamento fisico delle acque di falda). Inoltre, al
punto 7 del verbale si è imposta, ai fini dell’approvazione dell’elaborato
contenente l’addendum al progetto definitivo di bonifica dei suoli, la
presentazione, da parte dell’esponente, di un elaborato “che tenga conto delle
prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi decisoria del 28/04/2006”, e
pertanto anche di quelle formulate al punto 22 del relativo verbale, gravate con
il ricorso originario.
Le suindicate prescrizioni della Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006 sono
state impugnate dalla Dow Italia S.r.l. con ricorso per motivi aggiunti
depositato il 18 aprile 2007. Con lo stesso, la società ha, altresì, impugnato
il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
– Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 3316/QdV/DI/B del 7
febbraio 2007, recante approvazione dell’indicata Conferenza di Servizi, nonchè
il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
– Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 3315/QdV/DI/B del 7
febbraio 2007, recante approvazione delle prescrizioni stabilite nei verbali
delle Conferenze di Servizi decisorie del 24 marzo 2005, del 28 luglio 2005, del
22 dicembre 2005 e del 28 aprile 2006.
A supporto del gravame la ricorrente, dopo aver riproposto le medesime censure
già formulate con il ricorso introduttivo, ha avanzato le seguenti, ulteriori
doglianze, aventi ad oggetto il verbale della Conferenza di Servizi del 13
dicembre 2006 ed i decreti ministeriali ora richiamati:
- eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti,
illogicità manifesta e difetto di motivazione, perché lo studio sulle acque di
falda dell’intero sito di Livorno, realizzato su incarico dell’Autorità
Portuale, fornirebbe elementi tali da dimostrare l’illegittimità (se non
addirittura la pericolosità) della misura relativa al confinamento fisico delle
acque di falda;
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
471/1999, nonché degli artt. 242, 250 e 252 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di
potere per erronea presupposizione di fatto, difetto di istruttoria,
contraddittorietà e carenza di motivazione, in quanto la messa in mora della
società ricorrente in ordine all’adozione delle prescritte misure di messa in
sicurezza di emergenza si baserebbe sul presupposto erroneo dell’inadempienza
della società rispetto a dette misure e non terrebbe conto della presenza,
nell’area della società stessa, di inquinanti non riconducibili alla sua
attività;
- eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento della situazione di
fatto, violazione e falsa applicazione dell’art. 183 del d.lgs. n. 152/2006,
illogicità e travisamento dei fatti, giacché il sopravvenuto art. 183 cit.
avrebbe sottratto l’attività di stoccaggio delle acque emunte (ai fini della
messa in sicurezza d’emergenza) in un apposito serbatoio – considerata quale
deposito temporaneo di rifiuti – al regime autorizzativo ex artt. 27 e 28 del
d.lgs. n. 22/1997;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 242 e 265 del d.lgs. n. 152/2006,
eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità manifesta, carenza
assoluta di motivazione, illegittimo aggravio del procedimento, perché la
prescrizione di elaborare l’addendum al progetto definitivo di bonifica dei
suoli tenendo conto delle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi del
19 luglio 2006 contrasterebbe con la disciplina dettata per il procedimento di
bonifica dall’art. 242 del d.lgs. n. 152 cit. ed ignorerebbe l’intento della
ricorrente di modificare il progetto di bonifica già presentato, alla luce delle
risultanze dell’analisi di rischio;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, degli
artt. 14 e segg. della l. n. 241/1990, dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 (come
attuato con d.m. n. 471/1999), e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006,
eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria ed
incongruità della motivazione, incompetenza, giacché i gravati decreti
ministeriali di recepimento delle Conferenze di Servizi sarebbero stati adottati
da un organo incompetente (cioè dal Direttore Generale della D.G. per la Qualità
della Vita, anziché dal Ministro), e comunque senza che fosse stata
preventivamente acquisita l’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico;
- eccesso di potere per illegittimità derivata, per essere – gli atti impugnati
con il ricorso per motivi aggiunti – atti consequenziali a quelli impugnati col
gravame originario, così venendo ad essere in via derivata colpiti dai vizi che
affliggerebbero questi ultimi.
Successivamente, nella Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007, venivano
esaminati i documenti presentati da Dow Italia S.r.l. ed in particolare
l’istanza di rimodulazione degli obiettivi di bonifica presentata in data 25
ottobre 2006. La società contesta che, in esito alla suddetta Conferenza, le sia
stata ribadita la richiesta di presentare un progetto di bonifica delle acque di
falda basato sul sistema di confinamento fisico delle stesse. Contesta, altresì,
la valutazione di inefficacie delle opere da essa realizzate, che emerge
dall’attribuzione, al verbale della Conferenza, del valore di formale messa in
mora. Pertanto, con motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007, ha impugnato
il verbale della suddetta Conferenza di Servizi, nonché il decreto del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per
la Qualità della Vita, prot. n. 4133/Q.d.V./Di/B del 16 novembre 2007, recante
recepimento ed approvazione delle prescrizioni della stessa. A supporto del
gravame, con il quale ha chiesto l’annullamento, previa sospensione
dell’esecuzione, degli atti impugnati, ha formulato le seguenti, ulteriori
censure:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, degli
artt. 14 e segg. della l. n. 241/1990, dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 (come
attuato con d.m. n. 471/1999) e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006,
eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria ed
incongruità della motivazione, incompetenza, perché il decreto di recepimento
della Conferenza di Servizi sarebbe privo di autonoma valutazione rispetto al
verbale della Conferenza stessa e perché mancherebbe la preventiva intesa con il
Ministero dello Sviluppo Economico;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 6 e 7 della l. n.
241/1990 e degli artt. 242 e 244 del d.lgs. n. 152/2006, violazione dei principi
generali dell’attività amministrativa, eccesso di potere per palese carenza di
istruttoria e di motivazione e carenza dei presupposti per l’imposizione di
prescrizioni, contraddittorietà manifesta, illogicità, sviamento di potere,
eccesso di potere per carenza della motivazione ed abnormità del provvedimento,
giacché il procedimento di bonifica sarebbe stato svolto in difformità dai
principi che reggono l’attività amministrativa, senza alcun accertamento della
responsabilità individuale delle singole imprese operanti nel sito di Livorno,
sulla base di un’istruttoria del tutto carente (tanto che mancherebbe persino un
effettivo riscontro della situazione di contaminazione) e con l’imposizione
immotivata di prescrizioni gravosissime a carico della ricorrente;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e 242 e dell’allegato 1 al
Titolo V, Parte Quarta, del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per abnormità
manifesta e carenza di istruttoria, in quanto la P.A. potrebbe richiedere la
presentazione del progetto preliminare di bonifica della falda solo una volta
individuati gli obiettivi di bonifica mediante l’analisi di rischio, mentre nel
caso di specie la P.A. non avrebbe ancora neppure approvato il documento recante
la suddetta analisi;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e 242 del d.lgs. n. 152/2006,
nonché della direttiva n. 85/337/CEE per omessa valutazione di impatto
ambientale, violazione e falsa applicazione della l. n. 241/1990 sotto altro
profilo, eccesso di potere per perplessità, illogicità, assoluta carenza di
istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta, perché in primo luogo non
si comprenderebbe se la prescrizione del confinamento fisico riguardi soltanto
il confine della proprietà della ricorrente, o tutto il sito di Livorno; inoltre
– ed in ogni caso – mancherebbe di quell’istruttoria e motivazione rigorose,
necessarie in caso di imposizione di un onere così gravoso; infine, trattandosi
di bonifica avviata per atto volontario del privato interessato, essa non
potrebbe assumere un’estensione non prevedibile al momento di avvio;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e 242 del d.lgs. n. 152/2006 e
della l. n. 241/1990 sotto altro profilo, eccesso di potere per perplessità,
illogicità, assoluta carenza di istruttoria e di motivazione, ingiustizia
manifesta, poiché non vi sarebbe necessità di ulteriori misure di messa in
sicurezza d’emergenza (tuttavia imposte) e perché la P.A. ignorerebbe le
risultanza dello studio realizzato su incarico dell’Autorità Portuale di
Livorno, secondo cui mancherebbe una falda idrica atta a determinare la
diffusione degli inquinanti;
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
471/1999, nonché degli artt. 240 e 242 del d.lgs. n. 152/2006 sotto altro
profilo, totale carenza di istruttoria, incertezza e contraddittorietà delle
prescrizioni, incompetenza, perché le prescrizioni imposte dalla P.A. con
riguardo al documento recante l’istanza di rimodulazione degli obiettivi di
bonifica e l’analisi di rischio, si baserebbero su un documento redatto dall’A.P.A.T.
privo di valore normativo e che, in ogni caso, indicherebbe coefficienti di
rischio più restrittivi di quelli normativamente prescritti;
- violazione e falsa applicazione della l. n. 241/1990, eccesso di potere per
manifesta carenza di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta, per
avere la P.A. richiesto alla società di fornire, circa il documento recante la
rimodulazione degli obiettivi di bonifica, chiarimenti ed indicazioni già
contenuti nel documenti stesso;
- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
471/1999, nonché degli artt. 242, 250 e 252 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di
potere per erronea presupposizione di fatto, difetto di motivazione, illogicità
ed irragionevolezza della prescrizione, incompetenza, in quanto la società
ricorrente avrebbe avviato gli interventi di bonifica autorizzati e quindi non
potrebbe essere qualificata come soggetto inadempiente, sicché sarebbe
illegittima la previsione dell’esecuzione in danno della medesima;
- eccesso di potere per illegittimità derivata, avendo la Conferenza di Servizi
del 30 ottobre 2007 ribadito le prescrizioni delle precedenti Conferenze di
Servizi, già gravate.
Nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2008 il Collegio, preso atto del
superamento, in fatto, del provvedimento impugnato (con riguardo alla tipologia
degli interventi prescritti ed alle modalità di esecuzione dei medesimi) per
effetto di una nuova proposta di accordo di programma, improntata ad
un’organizzazione complessiva ed unitaria dei vari interventi di bonifica, con
ordinanza n. 32/08 ha accolto la domanda incidentale di sospensione.
In vista dell’udienza di merito, la ricorrente ha depositato una memoria con
cui, dopo aver rilevato che l’accordo di programma – sulla cui base era stata
ottenuta la sospensiva – non era stato ancora concluso per motivi indipendenti
dalla volontà della ricorrente stessa, e pur prendendo atto delle modifiche
introdotte nei valori soglia di rischio dal d.lgs. n. 4/2008, ha insistito per
l’accoglimento integrale del ricorso originario e dei motivi aggiunti.
All’udienza pubblica del 5 maggio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso originario la Dow Italia S.r.l. impugna una serie di prescrizioni
nell’espletamento dell’attività di bonifica dell’area di sua proprietà, situata
nel sito di interesse nazionale di Livorno,
che le sono state imposte dalla P.A. nella Conferenza di Servizi del 28 aprile
2006. Soprattutto, si lamenta dell’imposizione dell’obbligo di presentare un
progetto preliminare di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento
fisico delle stesse.
Il gravame è fondato, nei termini che di seguito si vanno ad esporre.
In particolare, risulta condivisibile la doglianza della mancanza di istruttoria
e di motivazione per l’imposizione della misura del confinamento fisico delle
acque di falda.
La Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006 ha, infatti, prescritto alla società
ricorrente tale misura, ancora prima dell’esame del punto dell’ordine del giorno
concernente la società stessa, fondandosi sull’urgenza di pervenire, da parte
dei soggetti obbligati, alla messa in sicurezza d’emergenza ed alla bonifica dei
suoli e delle falde delle aree inquinate. In virtù di detta urgenza, si è così
deciso di modificare quanto deliberato in precedenza, prescrivendo – si
ribadisce, in via preliminare rispetto alla disamina dei punti all’ordine del
giorno – una serie di interventi a carico dei soggetti obbligati, che sono stati
identificati tout court con i titolari delle aree interessate.
Tuttavia, premesso che il tipo di intervento imposto (il confinamento fisico)
risulta coerente con la finalità della bonifica del sito, piuttosto che con la
messa in sicurezza d’emergenza, e sebbene nel verbale della Conferenza de qua si
faccia riferimento ad un’ampia ed approfondita discussione, la prescrizione di
utilizzare, per il confinamento delle acque di falda, una barriera fisica, non
risulta in alcun modo supportata da adeguati accertamenti tecnici, che la
indichino come l’unico o il migliore sistema per scongiurare (in via peraltro
solo provvisoria) la diffusione della contaminazione.
In realtà, la disamina degli atti impugnati, lungi dal suggerire le motivazioni
a supporto della misura deliberata, evidenzia le contraddizioni in cui è incorsa
la P.A.. Più specificamente:
a) il richiamo all’esigenza di intervenire in via d’urgenza risulta logicamente
incompatibile con la prescrizione di un intervento, quale la barriera fisica, la
cui realizzazione e messa in opera necessita di tempi verosimilmente lunghi, che
ne palesano l’inidoneità sotto i profili dell’adeguatezza e della
proporzionalità al conseguimento dello scopo (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I,
11 giugno 2007, n. 2247);
b) per analoga ragione, la misura prescritta risulta incoerente con il carattere
provvisorio che pure il verbale della Conferenza di Servizi sembra volerle
conferire, in attesa di un intervento coordinato (o meglio, in attesa
dell’introduzione, attraverso un decreto ministeriale, della possibilità di
accordi di programma per la caratterizzazione, la messa in sicurezza d’emergenza
e la bonifica nelle aree di competenza pubblica). È di palmare evidenza come la
barriera fisica delle acque di falda abbia, al contrario, i caratteri della
definitività e della non reversibilità, dovendosi logicamente escludere la sua
successiva rimozione per far luogo all’intervento coordinato;
c) sotto questo aspetto, anche se l’imposizione del confinamento fisico fosse
motivata – ma, come si vedrà, si tratta di giustificazione che non convince –
dall’insufficienza delle misure già adottate, ed in particolare
dall’insufficienza del sistema di barriera idraulica mediante pozzi di
emungimento, la P.A. non avrebbe, comunque, indicato le ragioni a favore della
scelta della barriera fisica, tenuto conto dei costi e, si ribadisce, dei tempi
di realizzazione della stessa;
d) vi è una netta incoerenza tra l’imposizione della barriera fisica (che si
ferma a livello di progetto preliminare) e poi, al punto 22 dell’ordine del
giorno, la prescrizione (n. 18) della presentazione, da parte della ricorrente,
di un idoneo progetto definitivo di bonifica delle acque di falda, né vengono
indicati con sufficiente chiarezza i limiti territoriali della barriera fisica;
Un discorso più approfondito merita poi l’ipotesi (desumibile dallo stesso
gravame) secondo cui la prescrizione del confinamento fisico delle acque di
falda deriverebbe dall’insufficienza delle misure già adottate dalla ricorrente,
in specie della barriera idraulica costituita da pozzi di emungimento: ad avviso
del Collegio, si tratta in realtà di una mera illazione, non supportata da
riscontri, atteso che la Conferenza del 28 aprile 2006 nulla dice in argomento.
È solo nelle Conferenze successive che si rinvengono prescrizioni in merito al
sistema di barriera idraulica, che mostrano le lacune di questo, ma che
rivelano, al tempo stesso, come la P.A. ne chieda il mantenimento, e non la
sostituzione con il sistema della barriera fisica. Al riguardo, è sufficiente
richiamare la Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006, che, al punto 7
dell’ordine del giorno, reca (ai nn. 5 e 8 e segg.) alcune prescrizioni
indirizzate al potenziamento della barriera idraulica, nonché al miglioramento
delle possibilità di controllo della sua efficacia ed efficienza.
Sul punto si rammenta che, secondo la giurisprudenza, qualora emergano elementi
che depongono nel senso di una sostanziale adesione delle competenti
Amministrazioni in favore del modello della barriera idraulica (com’è
ricavabile, nel caso di specie, dal fatto che nella Conferenza di Servizi del 13
dicembre 2006 ci si è orientati per il potenziamento di tale modello), il
mutamento di avviso da parte delle Amministrazioni stesse, con opzione verso
un’altra tipologia di intervento, può avvenire solo in base ad una congrua ed
approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria, che tenga
conto di tutte le circostanze rilevanti del caso: la sussistenza di detti
obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme vigenti nel
settore della disciplina ambientale, discende dai principi generali di
economicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, comma 1,
della l. n. 241/1990, nonché dal divieto di aggravamento del procedimento
amministrativo ex art 1, comma 2, della citata l. n. 241 (T.A.R. Puglia, Lecce,
Sez. I, n. 2247 del 2007, cit.).
In sostanza, come correttamente osservato dalla ricorrente nel ricorso
introduttivo, la P.A. avrebbe dovuto verificare e dar conto dell’effettiva
inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica (in particolare, della
barriera idraulica), nonché dell’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità
del sistema di confinamento fisico: perciò l’opzione per quest’ultimo, ovvero
per un utilizzo combinato delle diverse tipologie di intervento (che dall’esame
delle varie Conferenze sembrerebbe l’opzione prescelta), sarebbe potuta avvenire
solo all’esito di un’analisi comparativa tra le distinte alternative in gioco,
in ragione delle specifiche caratteristiche dell’area, in termini di efficacia
nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni residue, tempi di
esecuzione (e loro compatibilità con il richiamo all’urgenza di provvedere),
impatto sull’ambiente circostante gli interventi (in tal senso, v. ancora T.A.R.
Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247 del 2007, cit.). Tale analisi avrebbe, dunque,
implicato la valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle
diverse opzioni sul campo: perciò la P.A. avrebbe dovuto non solo indicare i
vantaggi effettivi connessi all’opzione per il confinamento fisico delle acque
di falda, ma avrebbe dovuto altresì compararli con i potenziali svantaggi, dando
la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi.
In particolare, risulta condivisibile il quadro istruttorio e motivazionale
delineato, in relazione alla scelta del sistema della barriera fisica, dalla
giurisprudenza sopra richiamata (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247 del 2007,
cit.), secondo cui la scelta de qua richiede:
a) un’attenta istruttoria circa gli effetti che l’indicata barriera avrebbe
sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante;
b) un’altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre le due
tipologie di barriera (idraulica e fisica), di cui si sarebbe in sostanza
prescritta l’operatività congiunta, onde impedire duplicazioni di interventi,
con inutile aggravio dei costi, nonché interazioni negative comportanti
aggravamento dei rischi che si intendevano scongiurare;
c) un’analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale contaminato di
cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione.
In proposito altra giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di sottoporre
l’opera di confinamento fisico delle acque ad un’analisi dell’impatto che essa
ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca sull’ambiente più
problemi di quelli che tende a risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 febbraio
2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20
luglio 2007, n. 1254) che l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di
valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del sopravvenuto d.lgs. n.
152/2006, sia del precedente art. 1, comma 1, lett. l) del d.p.c.m. n. 377/1988.
Quest’ultima disposizione, in vigore all’epoca della Conferenza di Servizi del
28 aprile 2006, aveva reso obbligatoria la predetta valutazione per gli impianti
destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di
altezza superiore a m. 15 (come parrebbe essere quello da realizzarsi dalla
società: ma anche su questo punto emerge una carenza di istruttoria, essendo il
verbale impugnato carente di qualunque riferimento ai necessari accertamenti
tecnici).
Ciò, senza trascurare che l’imposizione di misure di bonifica deve essere
preceduta da un rigoroso accertamento della responsabilità quale autore
dell’inquinamento del soggetto obbligato ad adottare le misure stesse (cfr., ex
multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665).
Orbene – come già sottolineato – dall’esame complessivo degli atti di causa non
emerge che la P.A. abbia svolto i suddetti approfondimenti istruttori, in specie
le suesposte valutazioni e comparazioni, né che abbia corredato la propria
scelta in favore del modello del confinamento fisico del congruo apparato
motivazionale, che invece si rendeva necessario.
Ne discende che l’omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici,
in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l’intervento di confinamento
fisico si traduce nell’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da
un uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R.
Sardegna, Sez. II, , n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e
priva di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la
messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito sul punto che la sindacabilità della
scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice
amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si
spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni
tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio
tecnico e del procedimento applicativo, senza sostituirsi alla P.A.
nell’effettuazione di valutazioni opinabili (cfr. C.d.S., Sez. VI, 7 novembre
2005, n. 6152).
Se ne ricava la fondatezza delle molteplici censure con le quali, nel gravame
originario e nei motivi aggiunti, si contesta sotto i profili ora analizzati,
direttamente o in via derivata, l’imposizione della barriera fisica e più in
particolare: del primo, del secondo, del terzo, del quarto e dell’ottavo motivo
del ricorso introduttivo; del primo e dell’ultimo dei motivi aggiunti depositati
il 18 aprile 2007; del secondo, del quarto e del nono dei motivi aggiunti
depositati il 20 dicembre 2007.
Quale corollario di tale statuizione di fondatezza, risultano del pari fondati e
da accogliere i motivi (quinto motivo del ricorso originario; secondo motivo –
rubricato al n. 10 – del ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 aprile
2007; ottavo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 20
dicembre 2007) con cui vengono censurate la messa in mora della società, quale
soggetto inadempiente, e la minaccia dell’esecuzione in danno in caso di
persistenza nell’inadempimento: ciò, tenuto conto che il comportamento che si
esigeva dalla ricorrente era sostanzialmente quello di ottemperare ad una misura
(la realizzazione di un sistema di confinamento fisico delle acque di falda),
della quale si è dimostrata l’illegittimità.
Sempre in via consequenziale, va inoltre accolto il terzo motivo formulato con
ricorso per motivi aggiunti depositato il 20 dicembre 2007, perché è evidente
che l’imposizione della presentazione del progetto preliminare di bonifica della
falda dà per presupposta la soluzione in senso positivo della questione circa la
legittimità o meno, nel caso di specie, di imporre il modello della barriera
fisica delle acque: questione che, invece, deve avere soluzione negativa.
In merito agli ulteriori profili di illegittimità lamentati dalla ricorrente, il
Collegio ritiene di dover assorbire i motivi di gravame fondati su illegittimità
formali o procedimentali, cioè il quarto motivo (rubricato al n. 12) del ricorso
per motivi aggiunti depositato il 18 aprile 2007 e tutti quelli aventi ad
oggetto l’omessa previa acquisizione dell’intesa con il Ministero dello Sviluppo
Economico (quinto motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 18
aprile 2007, rubricato al n. 13, e primo motivo del ricorso per motivi aggiunti
depositato il 20 dicembre 2007).
Per il resto, il Collegio osserva quanto segue.
Deve essere in primo luogo condivisa la censura relativa al mancato rigoroso
accertamento della sussistenza di un collegamento tra le attività della
ricorrente e la contaminazione riscontrata nelle acque marine (quinto motivo del
ricorso originario), alla luce di quanto sopra ricordato in merito alla
necessità di un accertamento rigoroso della responsabilità dell’autore
dell’inquinamento, con il corollario dell’inesistenza di un obbligo di bonifica
a carico del soggetto individuato soltanto quale proprietario del bene (T.A.R.
Toscana, Sez. II, n. 665/2009 cit.).
Va parimenti accolto il settimo motivo del ricorso originario, limitatamente
alla parte in cui è volto a censurare la prescrizione, contenuta al n. 15 del
punto 22 dell’ordine del giorno della Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006,
che impone che l’analisi di rischio sito-specifica sia effettuata secondo i
criteri dettati da A.P.A.T. – I.S.S. ed A.R.P.A.V. per il sito di Porto
Marghera: la P.A., infatti, non ha fornito alcuna motivazione dell’estensione di
tali criteri anche al sito di Livorno.
Deve, invece, essere respinta la censura, contenuta nel medesimo motivo, avverso
la prescrizione che impone, relativamente alle sostanze riscontrate nel sito,
per le quali non è stata ancora definita a livello normativo una concentrazione
limite, di definire la concentrazione stessa in accordo con gli organismi di
controllo e con l’I.S.S.: ed infatti, come ammesso dalla ricorrente, l’art. 1
dell’allegato 1 al d.m. n. 471/1999 prevede, “per le sostanze non indicate in
Tabella” (e cioè le sostanze per le quali non stata ancora definita una
concentrazione limite), l’adozione dei valori di concentrazione limite
accettabili riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente. Ora, ad avviso
del Collegio è evidente l’esigenza dell’ausilio degli organismi tecnici (come
l’I.S.S.) nell’individuazione di quali siano le sostanze tossicologicamente più
affini rispetto a quelle riscontrate nel sito e per le quali si richieda la
fissazione di valori di concentrazione limite. Donde la ragionevolezza della
prescrizione, peraltro coerente con la prassi, seguita comunemente dal
Ministero, di riferirsi in materia ai pareri dell’I.S.S..
Quanto al sesto motivo di ricorso, il Collegio è consapevole dei contrasti
esistenti circa la possibilità o meno di considerare le terre da scavo alla
stregua di rifiuti (cfr. sul punto T.A.R. Veneto, Sez. III, 23 maggio 2006, n.
1444). Sul punto va osservato che le argomentazioni della ricorrente (rivolte a
contestare il proprio assoggettamento alla disciplina sui rifiuti) si fondano
sull’art. 8, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 22/1997, secondo cui sono escluse
dal novero dei rifiuti le terre e le rocce da scavo destinate all’effettivo
utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, sempreché non si
tratti di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con
concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità fissati dalle
norme vigenti. Tuttavia, l’art. 186 del d.lgs. n. 152/2006, nel testo
attualmente in vigore, alla lett. e) del comma 1 subordina il riutilizzo delle
terre e rocce da scavo al previo accertamento della loro non provenienza da siti
contaminati, ovvero sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi degli artt.
239 e segg. del medesimo decreto legislativo. Pertanto, è irrilevante che la
P.A. non abbia fornito alcuna motivazione sull’equiparazione ai rifiuti delle
terre da scavo del sito, con conseguente improcedibilità della doglianza de
qua:l’accoglimento di questa, infatti, non porterebbe alcun beneficio alla
ricorrente, dovendosi ad oggi la predetta equiparazione ritenere derivante dallo
stesso dettato normativo, con il corollario che la rinnovazione dell’attività
della P.A. sul punto condurrebbe al medesimo esito oggetto di contestazione.
Con riferimento alle doglianze di cui al ricorso per motivi aggiunti depositato
il 18 aprile 2007, il secondo motivo (rubricato al n. 10) va accolto in
relazione al profilo dell’omessa motivazione, da parte della P.A., del giudizio
di insufficienza del “Rapporto sullo stato di avanzamento dei sistemi di messa
in sicurezza d’emergenza”, trasmesso dalla società ricorrente con lettera del 3
luglio 2006, non emergendo, dalla Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006,
alcun elemento a supporto di un simile giudizio. Ad opposta conclusione deve,
invece, pervenirsi per quanto concerne il cd. Report periodico delle attività di
messa in sicurezza d’emergenza, in merito al quale i nn. 1-4 del punto 7
dell’ordine del giorno indicano i profili di incompletezza. Del pari da
respingere sono le doglianze incentrate sul sistema di barriera idraulica
realizzato dalla società, avendo la P.A. sufficientemente specificato i profili
sotto cui esso avrebbe dovuto essere potenziato (cfr in specie il n. 8 del punto
7 dell’ordine del giorno, con riferimento alle possibilità di controllo
dell’efficienza ed efficacia della barriera). Il terzo motivo aggiunto
(rubricato al n. 11) è invece inammissibile per acquiescenza, per avere la
società provveduto ad ottemperare alla prescrizione della P.A., presentando la
domanda di autorizzazione ex artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 22/1997 per il deposito
delle acque emunte e mostrando in tal modo una spontanea e consapevole
accettazione (in parte qua) della prescrizione poi oggetto di impugnazione
(cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 26 marzo 2008, n. 2599).
Quanto, infine, ai motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007, non possono
essere condivise le censure contenute nel quinto e nel settimo motivo, avendo la
P.A. sufficientemente motivato (pure per relationem) le prescrizioni di cui la
ricorrente si duole. Il sesto motivo, relativo all’imposizione di coefficienti
di rischio più restrittivi di quelli imposti dalla normativa in vigore
all’epoca, risulta, invece, improcedibile per le stesse ragioni già esposte
poc’anzi con riferimento al trattamento quale rifiuto delle terre di scavo del
sito, e cioè per i mutamenti di disciplina intervenuti nel frattempo (in
particolare, con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 4/2008, che ha dato valore
normativo ai coefficienti più restrittivi prescritti in sede di Conferenza di
Servizi del 30 ottobre 2007). Da tali mutamenti, del resto ammessi dalla
medesima ricorrente nella memoria finale, discende la sopravvenuta carenza di
interesse ad una pronuncia sul punto, perché è evidente che, in caso di
accoglimento della censura, la rinnovazione dell’istruttoria da parte della P.A.
comporterebbe la necessità, per quest’ultima, di tenere conto della nuova (e più
restrittiva) disciplina normativa.
In definitiva, il ricorso è fondato nei limiti sopra esposti e, pertanto, va
parzialmente accolto. Nello specifico, vanno accolte tutte le doglianze rivolte
avverso l’imposizione del sistema della barriera cd. fisica, con annullamento
delle statuizioni ad essa relative contenute nelle Conferenze di Servizi e negli
altri atti impugnati, nonché delle statuizioni relative alla messa in mora della
ricorrente ed all’esecuzione in danno della stessa. Quanto alle altre
prescrizioni impugnate, si devono annullare quelle contestate con il quinto
motivo del ricorso originario, nonché con il settimo (in quest’ultimo caso,
limitatamente all’imposizione di un’analisi di rischio sito-specifica effettuata
secondo i criteri dettati da A.P.A.T. – I.S.S. ed A.R.P.A.V. per il sito di
Porto Marghera). Vanno infine annullate le prescrizioni della Conferenza di
Servizi del 13 dicembre 2006 (che, peraltro, in proposito richiama le
prescrizioni della precedente Conferenza del 28 luglio 2005) incentrare sul
giudizio di inidoneità del “Rapporto” trasmesso dalla ricorrente con nota del 3
luglio 2006: giudizio, per il quale si deve condividere la censura di
illegittimità formulata nel secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti
depositato il 18 aprile 2007.
Tutte le altre censure, con l’eccezione di quelle da ritenersi assorbite,
risultano infondate, ovvero inammissibili o improcedibili, nei termini sopra
ricordati.
Le spese seguono la soccombenza, determinata in ragione della sostanziale
preminenza dei motivi accolti, e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così
definitivamente pronunciando sul ricorso originario e sui motivi aggiunti
indicati in epigrafe, li accoglie, nei limiti di cui in motivazione.
Condanna le Amministrazioni dello Stato costituite, soccombenti, al pagamento di
spese ed onorari di causa, che liquida in misura forfettaria in complessivi €
3.000,00 (tremila/00), più I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Compensa le spese per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 5 maggio 2009, con
l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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