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1974-9562
TAR TOSCANA, Sez. II - 2 dicembre 2009, n.2584
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di protezione ambientale - Enti
esponenziali di interessi diffusi - Legittimazione ad agire - Riconoscimento ex
art. 13 L. n. 349/1986 - Titolarità in astratto del potere di ricorrere in
giudizio - Legittimazione in concreto - Posizione legittimante caratterizzata
dalla qualificazione e dalla differenziazione. La peculiarità della
legittimazione delle associazioni di protezione ambientale (ma il discorso vale
anche per quelle di protezione faunistica, tanto più quando si tratta di
associazione riconosciuta ex art. 13 della l. n. 349/1986) consiste nel fatto
che essa è attribuita non ad un soggetto individuale, ma ad un ente esponenziale
di interessi diffusi, legittimato ad impugnare qualsiasi provvedimento lesivo di
un bene ambientale giuridicamente rilevante. Una volta che l’associazione è
individuata con il decreto del Ministro dell’Ambiente ex art. 13 della l. n. 349
cit. ed è, quindi, titolare in astratto del potere di proporre ricorso dinanzi
al giudice amministrativo, le condizioni per agire in giudizio sono uguali a
quelle che devono esistere affinché ogni soggetto dell’ordinamento abbia in
concreto legittimazione ad agire in giudizio. Ciò sta a dire che il soggetto
dovrà essere titolare di una posizione legittimante caratterizzata dalla
qualificazione e dalla differenziazione. Quest’ultima può discendere dall’atto
amministrativo, non soltanto quando esso incide direttamente nella sfera
giuridica del soggetto, ma anche quando vi è un collegamento tra tale sfera ed
il bene della vita oggetto della potestà pubblica, in base al quale l’atto,
producendo i suoi effetti, è destinato ad interferire sulla posizione
sostanziale del ricorrente. La qualificazione, invece, sta a significare che
l’interesse, individuale o collettivo, è considerato dalla norma attributiva del
potere, nel senso che detta norma, ovvero l’ordinamento nel suo complesso,
devono prendere in considerazione, oltre l’interesse pubblico che la norma
stessa è precipuamente preordinata a soddisfare, anche l’interesse individuale,
o, come nel caso in discorso, diffuso, facente capo al soggetto che intende
agire in giudizio. Pertanto, la posizione delle suddette associazioni di
protezione ambientale (o faunistica) riconosciute, certamente differenziata da
quella della generalità dei consociati, è anche qualificata quando l’interesse
sostanziale dedotto in giudizio dall’associazione attiene ad un bene ambientale
preso in considerazione dall’ordinamento ed invece non è qualificata quando il
bene che si mira a tutelare non viene individuato dall’ordinamento come
rilevante sotto il profilo ambientale (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, n. 3481/2009,
cit.). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - L.A.V. (avv. Felicetti) c. Comune di
Marradi (n.c.). TAR TOSCANA, Sez. II - 2 dicembre 2009, n.2584
CACCIA - Art. 19, c. 2 L. n. 157/92 - Adozione di misure di controllo delle
specie nocive - ragioni sanitarie - Condizioni previste dalla norma -
Abbattimento - Extrema ratio - Bilanciamento con interessi primari
(salute pubblica, tutela del suolo, tutela del patrimonio storico artistico ).
L’art. 19, comma 2, della l. n. 157/1992 prevede, anche per ragioni sanitarie,
la possibilità di adottare misure di controllo delle specie nocive, che
prescindano dalla normale attività di caccia. Tuttavia, ciò può avvenire alle
condizioni previste dalla medesima disposizione, cioè con l’utilizzo, di norma,
di metodi ecologici: solo in subordine all’accertamento dell’inefficacia di
siffatti metodi, si può ricorrere a piani di abbattimento, che però devono
essere autorizzati. Da un simile complesso normativo è evidente che
l’ordinamento considera l’abbattimento e pertanto l’eliminazione cruenta degli
animali (persino se, in ipotesi, nocivi sotto il profilo sanitario) l’extrema
ratio, cioè la soluzione utilizzabile solamente quando tutte le altre si
dimostrino inefficaci. Al predetto interesse, anzi, l’ordinamento attribuisce
particolare rilevanza, se è vero che ne effettua il bilanciamento con interessi
primari, pure di rango costituzionale (salute pubblica, tutela del suolo, tutela
del patrimonio storico artistico, ecc.). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis -
L.A.V. (avv. Felicetti) c. Comune di Marradi (n.c.). TAR TOSCANA, Sez. II -
2/12/2009, n.2584
CACCIA - Piccioni terraioli - Ordinanza di abbattimento - Ordinanza ex artt.
50 e 54 T.U.E.L. - Presupposti - Esigenze di protezione della salute -
Presupposto necessario ma on sufficiente - Urgenza, eccezionalità ed
imprevedibilità del pericolo. Il potere del Sindaco di emanare ordinanze
contingibili ed urgenti (nella specie: ordinanza di abbattimento dei piccioni
terraioli e delle tortore) presuppone, oltre all’esistenza ed indicazione, nel
provvedimento gravato, di una situazione di pericolo, quale ragionevole
probabilità che accada un evento dannoso ove la P.A. non intervenga prontamente,
anche (o meglio, soprattutto) la necessità di provvedere con immediatezza in
ordine a situazioni di carattere eccezionale ed imprevedibile, cui sia
impossibile fare fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento.
Pertanto, ai sensi degli artt. 50 e 54 T.U.E.L., per giustificare il ricorso
allo strumento ordinatorio, il collegamento con le esigenze di protezione
dell’igiene e della salute pubblica costituisce presupposto necessario ma non
sufficiente, se non sussistano gli ulteriori particolari requisiti di urgenza.
La mancata indicazione dei predetti requisiti di eccezionalità ed
imprevedibilità del pericolo, e, per l’effetto, dell’urgenza dell’intervento e
dell’impossibilità di utilizzare gli altri strumenti previsti dal sistema, vizia
irreparabilmente l’ordinanza. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - L.A.V. (avv.
Felicetti) c. Comune di Marradi (n.c.). TAR TOSCANA, Sez. II - 2 dicembre
2009, n.2584
N.02584/2009 REG.SEN.
N. 00420/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 420 del 2008, proposto dalla
Lega Anti-Vivisezione – L.A.V., in persona del legale rappresentante pro
tempore, sig. Gianluca Felicetti, rappresentata e difesa dall’avv. Valentina
Stefutti e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Barbara Vannucci, in
Firenze, via Scialoia 67
contro
Comune di Marradi, non costituito in giudizio
nei confronti di
Arci Caccia, non costituita in giudizio
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- dell’ordinanza del Sindaco di Marradi n. 10 del 31 gennaio 2008 avente ad
oggetto l’abbattimento di piccioni terraioli e tortore per la salvaguardia
dell’incolumità pubblica;
- di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, presentata in via
incidentale dalla ricorrente;
Vista l’ordinanza cautelare n. 333/2008 del 28 marzo 2008, con la quale è stata
accolta la domanda incidentale di sospensione;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 5 novembre 2009 il dott. Pietro De
Berardinis;
Uditi i difensori presenti della parte costituita, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. L’associazione ricorrente, Lega Anti-Vivisezione (d’ora in poi: L.A.V.),
espone che il Sindaco di Marradi, con ordinanza n. 10 del 31 gennaio 2008
adottata ai sensi degli artt. 50 e 54 T.U.E.L., ha ingiunto:
a) ai proprietari di immobili privati ed all’Ufficio Tecnico Comunale (per
quanto concerne le aree pubbliche), la distruzione di uova e nidi, nonché la
rimozione periodica e costante delle deiezioni di piccioni terraioli e tortore;
b) in via prioritaria la cattura e, in caso di inefficacia di siffatto
intervento, l’abbattimento mediante fucile, di piccioni terraioli e tortore, con
prescrizione in quest’ultima ipotesi, per i proprietari degli immobili
interessati, di provvedere nel periodo 1° febbraio 2008-1° febbraio 2008
all’eliminazione del maggior numero possibile dei summenzionati volatili, sulla
base delle modalità stabilite con la medesima ordinanza sindacale.
1.1. Con la suindicata ordinanza, inoltre, il Sindaco ha ingiunto ai privati
proprietari degli immobili interessati (nonché all’Ufficio Tecnico Comunale per
gli immobili pubblici) di dotare entro trentasei mesi le strutture murarie e le
coperture di idonei accorgimenti per scoraggiare lo stazionamento dei volatili
ed ha vietato la somministrazione di cibo o alimenti agli stessi.
2. Nei confronti di detta ordinanza, considerata ingiustamente lesiva
dell’interesse alla salvaguardia dell’ambiente ed all’integrità del patrimonio
faunistico – di cui l’associazione esponente assume di essere portatrice – è
insorta la Lega Anti-Vivisezione, impugnandola con il gravame in epigrafe e
chiedendone l’annullamento. A supporto del gravame ha dedotto le seguenti
censure:
- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 50 e 54 T.U.E.L., eccesso di
potere, contraddittorietà delle previsioni con il fine perseguito, carenza
istruttoria, perché nel caso di specie mancherebbero i presupposti che
legittimano l’emanazione di ordinanze extra ordinem;
- violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 della l. n. 157/1992, eccesso
di potere nonché difetto di istruttoria sotto ulteriore profilo, difetto
assoluto di motivazione, in quanto i volatili oggetto del provvedimento
impugnato si annovererebbero tra gli animali selvatici, sicché: a) ne sarebbe
vietata l’apprensione ai sensi degli art. 18 e 19 della l. n. 157/1992; b) ai
fini del controllo su tale categoria di fauna selvatica, non sarebbe stato
valutato il ricorso ai “metodi di abbattimento ecologici” od a soluzioni
alternative, e non sarebbe stato acquisito il parere dell’I.N.F.S.;
- incompetenza ed illegittimità derivata dalla violazione del combinato disposto
di cui agli artt. 19, comma 2, della l. n. 157/1992 e 37 della l.r. n. 3/1994,
giacché la competenza nella materia de qua apparterrebbe alla Provincia e non al
Comune;
- illogicità, contraddittorietà, travisamento, eccesso di potere sotto altro
profilo, perché l’ordinanza prevede particolari cautele per l’abbattimento dei
volatili nei centri urbani, in relazione ai rischi per l’incolumità pubblica
derivanti dall’uso delle armi da fuoco, ma dimenticherebbe che la medesima
esigenza si pone anche per l’abbattimento fuori dei centri abitati, essendo
abitudine dei piccioni di insediarsi in prossimità degli spazi abitati
dall’uomo.
2.1. Il Comune di Marradi e l’Arci Caccia, pur notificati, non si sono
costituiti in giudizio.
2.2. Nella Camera di consiglio del 27 marzo 2008 il Collegio, attesa la mancanza
dei presupposti per l’adozione di un provvedimento d’urgenza ed alla luce
dell’art. 37 della l.r. n. 3/1994 (recante attribuzione alla Provincia dei
compiti di controllo sulle specie di fauna selvatica), con ordinanza n. 333/2008
ha accolto la domanda incidentale di sospensione.
3. All’udienza pubblica del 5 novembre 2009 la causa è stata trattenuta in
decisione.
4. L’associazione ricorrente (L.A.V.) impugna l’ordinanza del Sindaco di Marradi
ex artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000, con la quale è stata disposta la
cattura e, in caso di inefficacia di tale misura, l’abbattimento mediante fucile
di piccioni terraioli e tortore, in modo da giungere “all’eliminazione del
maggior numero possibile” di siffatte specie di volatili nei dodici mesi
decorrenti dal 1° febbraio 2008.
4.1. In via preliminare il Collegio deve scrutinare la questione attinente alla
legittimazione ad agire della ricorrente Lega Anti-Vivisezione.
4.2. Ad avviso del Collegio, la questione deve essere risolta positivamente,
alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di
legittimazione ad agire degli enti esponenziali di interessi diffusi nella
materia della protezione ambientale (e della protezione degli animali) ed in
particolare degli enti individuati ai sensi dell’art. 13 della l. n. 349/1986.
4.3. Nello specifico, le disposizioni cui va fatto riferimento sono gli artt. 13
e 18, comma 5, della l. n. 349/1986: quest’ultima disposizione – non abrogata
dall’art. 318 del d.lgs. n. 152/2006 (che ha invece abrogato gli altri commi
dell’art. 18 cit.) – prevede che le associazioni individuate in base al
precedente art. 13 (le associazioni di protezione ambientale a carattere
nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni, individuate con decreto
del Ministro dell’Ambiente), oltre ad intervenire nei giudizi per danno
ambientale, possono impugnare dinanzi al giudice amministrativo atti
illegittimi, chiedendone l’annullamento. Secondo la più recente giurisprudenza
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1° aprile 2009, n. 3481), la peculiarità della
legittimazione delle associazioni di protezione ambientale (ma il discorso vale
anche per quelle di protezione faunistica, tanto più quando – come nel caso di
specie, secondo ciò che si ricava dagli atti di causa – si tratta di
associazione riconosciuta ex art. 13 della l. n. 349/1986) consiste nel fatto
che essa è attribuita non ad un soggetto individuale, ma ad un ente esponenziale
di interessi diffusi, legittimato ad impugnare qualsiasi provvedimento lesivo di
un bene ambientale giuridicamente rilevante. Una volta che l’associazione è
individuata con il decreto del Ministro dell’Ambiente ex art. 13 della l. n. 349
cit. ed è, quindi, titolare in astratto del potere di proporre ricorso dinanzi
al giudice amministrativo, le condizioni per agire in giudizio sono uguali a
quelle che devono esistere affinché ogni soggetto dell’ordinamento abbia in
concreto legittimazione ad agire in giudizio. Ciò sta a dire che il soggetto
dovrà essere titolare di una posizione legittimante caratterizzata dalla
qualificazione e dalla differenziazione. Quest’ultima può discendere dall’atto
amministrativo, non soltanto quando esso incide direttamente nella sfera
giuridica del soggetto, ma anche quando vi è un collegamento tra tale sfera ed
il bene della vita oggetto della potestà pubblica, in base al quale l’atto,
producendo i suoi effetti, è destinato ad interferire sulla posizione
sostanziale del ricorrente. La qualificazione, invece, sta a significare che
l’interesse, individuale o collettivo, è considerato dalla norma attributiva del
potere, nel senso che detta norma, ovvero l’ordinamento nel suo complesso,
devono prendere in considerazione, oltre l’interesse pubblico che la norma
stessa è precipuamente preordinata a soddisfare, anche l’interesse individuale,
o, come nel caso in discorso, diffuso, facente capo al soggetto che intende
agire in giudizio. Pertanto, la posizione delle suddette associazioni di
protezione ambientale (o faunistica) riconosciute, certamente differenziata da
quella della generalità dei consociati, è anche qualificata quando l’interesse
sostanziale dedotto in giudizio dall’associazione attiene ad un bene ambientale
preso in considerazione dall’ordinamento ed invece non è qualificata quando il
bene che si mira a tutelare non viene individuato dall’ordinamento come
rilevante sotto il profilo ambientale (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, n. 3481/2009,
cit.).
4.4. Orbene, facendo applicazione degli ora visti principi alla fattispecie in
esame, sembra indubbia l’affermazione di una posizione differenziata e
qualificata della ricorrente L.A.V., che perciò, come tale, è legittimata alla
proposizione del ricorso indicato in epigrafe. In particolare, la qualificazione
deve ritenersi sussistente alla stregua della disciplina dettata dalla l. n.
157/1992, recante norme in materia di protezione della fauna selvatica (nella
quale rientrano anche i piccioni inselvatichiti, in quanto la nozione di fauna
selvatica non è limitata alle specie propriamente selvatiche, ma è estesa più in
generale anche agli animali di tipo selvatico: T.A.R. Toscana, Sez. II, 2 aprile
2003, n. 1165; T.A.R. Veneto, Sez. II, 24 ottobre 2008, n. 3274). Ed invero,
l’art. 19, comma 2, della l. n. 157 cit. prevede, anche per le ragioni sanitarie
indicate dall’ordinanza in questa sede gravata, la possibilità di adottare
misure di controllo delle specie nocive, che prescindano dalla normale attività
di caccia. Tuttavia, ciò può avvenire alle condizioni previste dalla medesima
disposizione, cioè con l’utilizzo, di norma, di metodi ecologici: solo in
subordine all’accertamento dell’inefficacia di siffatti metodi, si può ricorrere
a piani di abbattimento, che però devono essere autorizzati. Da un simile
complesso normativo discende la presa in considerazione, da parte
dell’ordinamento, come interesse rilevante sul piano giuridico, dell’interesse
fatto valere nella vicenda de qua dalla L.A.V. (quello a preservare il
patrimonio faunistico) in quanto è evidente che l’ordinamento considera
l’abbattimento e pertanto l’eliminazione cruenta degli animali in parola
(persino se, in ipotesi, nocivi sotto il profilo sanitario) l’extrema ratio,
cioè la soluzione utilizzabile solamente quando tutte le altre si dimostrino
inefficaci. Al predetto interesse, anzi, l’ordinamento attribuisce particolare
rilevanza, se è vero che ne effettua il bilanciamento con interessi primari,
pure di rango costituzionale (salute pubblica, tutela del suolo, tutela del
patrimonio storico artistico, ecc.). Né si può dubitare che di un interesse
simile l’odierna ricorrente sia portatrice, giacché un dubbio di tal genere
riceve immediata confutazione dall’analisi dello statuto della L.A.V., il cui
art. 2 prevede, tra gli scopi associativi, la lotta contro ogni forma di
violenza sugli animali per il rispetto del diritto alla vita di ogni essere
vivente, e la diffusione nella società di una cultura che insegni a convivere
con gli animali in modo corretto e non conflittuale, in modo da pervenire ad una
visione non più antropocentrica, ma biocentrica. Vi è, dunque, una piena
coerenza tra l’interesse fatto valere in giudizio e gli scopi statutari della
L.A.V., con la conseguenza di dover riconoscere l’esistenza sia della
legittimazione, sia dell’interesse ad agire dell’associazione (cfr. T.A.R.
Puglia, Lecce, Sez. II, 24 luglio 2003, n. 5244).
4.5. Sempre in via preliminare, va però meglio delimitato l’interesse ad agire
della ricorrente, di cui, una volta affermatane in linea generale la
sussistenza, deve verificarsi se si estenda o meno a tutte le misure predisposte
dal provvedimento impugnato.
4.6. Sul punto, deve negarsi che la L.A.V. abbia un interesse a chiedere
l’annullamento delle misure disposte al par. 1) del citato provvedimento e cioè
l’ordine di distruzione di nidi e uova in luoghi di usuale posizionamento, di
rimozione periodica e costante delle deiezioni dei volatili nei punti critici di
accumulo, e di infossamento delle eventuali spoglie di questi previo
cospargimento di calce viva. Si tratta, infatti, per un primo verso (distruzione
di nidi e uova) di misure che già si inquadrano nelle normali facoltà dei
proprietari di protezione economica del proprio diritto (T.A.R. Toscana, Sez. II,
n. 1165/2003, cit.); per altro verso (rimozione delle deiezioni, infossamento
delle spoglie), di misure che rispondono ad esigenze di igiene e sanità pubblica
e di decoro e non producono oggettivamente alcun danno agli animali. Il merito
del ricorso verrà, quindi, analizzato con riferimento alle misure disposte al
par. 2 dell’ordinanza e cioè la cattura e l’abbattimento dei volatili. Sul punto
deve essere chiarito, infatti, che l’interesse ad agire della L.A.V. sussiste in
relazione non solo all’abbattimento, ma anche alla cattura dei volatili, poiché
questa è misura che già di per sé, qualora attuata con mezzi crudeli o comunque
sproporzionati, è in grado di cagionare danno agli animali (diversamente dal cd.
scaccio: cfr. T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 1165/2003, cit.). Una simile
conclusione è poi decisamente rafforzata – ed anzi, resa inevitabile – dalla
considerazione che, nel caso di specie, l’ordinanza non specifica il fine
ultimo, al quale la cattura dei volatili è preordinata: se cioè, al fine della
successiva adozione di metodi ecologici, ex art. 19, comma 2, della l. n.
157/1992, per realizzare l’intervento a scopo sanitario, od in vista comunque
dell’eliminazione dei suddetti volatili, nel qual caso la cattura sfocerebbe
nell’abbattimento e, dunque, in una misura rispetto alla quale si è dimostrato
l’interesse ad agire della ricorrente.
4.7. La pronuncia di merito si estenderà, inoltre, alle misure previste al par.
3 dell’ordinanza de qua (sistemazione entro trentasei mesi di accorgimenti, cd.
dissuasori, per scoraggiare lo stazionamento dei volatili), nei limiti in cui
anche siffatti accorgimenti siano idonei a nuocere all’incolumità degli animali
in discorso ed a cagionarne la morte, perché anche in questo caso si tratterebbe
di misura in sostanza equivalente all’abbattimento e, comunque, lesiva
dell’interesse (giuridicamente rilevante) fatto valere dall’associazione
ricorrente. Mentre a diversa conclusione deve pervenirsi per la misura dettata
al par. 4 dell’ordinanza sindacale (divieto di somministrazione di cibo o
alimenti ai volatili), per la quale deve, invece, nuovamente evidenziarsi la
carenza di interesse in capo all’associazione, in base alle medesime ragioni già
sopra illustrate per le misure di cui al par. 1 e cioè l’assenza di un danno
reale per gli animali (che ben potranno procurarsi il cibo aliunde) e
l’esistenza della normale facoltà dei proprietari di proteggere il proprio
diritto.
5. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio sottolinea come in
ordine allo stesso risulti assorbente il primo motivo di ricorso, avente ad
oggetto l’asserita insussistenza dei presupposti per l’adozione di un’ordinanza
ex artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.). Ciò, giacché, essendo palese
che il Comune intimato non ha seguito la procedura ed i metodi dettati per la
problematica in esame dall’art. 19, comma 2, della l. n. 157/1992, è chiaro che,
qualora si accertasse l’insussistenza dei presupposti per l’emanazione della
succitata ordinanza sindacale, non si porrebbe nemmeno un problema di
legittimità, attraverso detta ordinanza, della deroga alle procedure e metodi ex
art. 19, comma 2, cit., ma una simile deroga sarebbe ex se illegittima (perché
non “coperta”) e per ciò solo anche il secondo e terzo motivo di gravame
sarebbero fondati.
5.1. Orbene, tanto premesso, ad avviso del Collegio è palese l’insussistenza,
nella fattispecie de qua, dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza gravata
e, quindi, la fondatezza della censura avanzata sul punto dalla ricorrente. Già
in sede cautelare era stato rilevato – con osservazione cui il Collegio
pienamente aderisce – come la situazione, sulla base della quale l’ordinanza è
stata adottata, non ha i caratteri né dell’eccezionalità, né
dell’imprevedibilità. Come affermato dal Collegio in un caso del tutto analogo a
quello ora in esame, l’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 (già art. 38, comma 2,
della l. n. 142/1990), attribuisce al Sindaco il potere di emanare ordinanze
contingibili ed urgenti in materia di sanità ed igiene purché sussistano i
presupposti della straordinarietà e dell’urgenza della situazione (T.A.R.
Toscana, Sez. II, ord. 6 maggio 2009, n. 355/2009; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II,
29 marzo 2004, n. 2922).
5.2. Il punto richiede un chiarimento: la questione, infatti, non è propriamente
quella della compiuta enunciazione o meno, ad opera del provvedimento, dei
possibili pericoli per la salute pubblica e per l’incolumità derivanti dalla
presenza dei suddetti volatili (enunciazione che comunque è considerata
necessaria dalla giurisprudenza perché l’ordinanza sindacale possa dirsi
legittima: T.A.R. Piemonte, Sez. I, 12 giugno 2002, n. 1208). Ed invero, nel
caso di specie un’elencazione, sebbene sintetica, dei succitati pericoli è
presente, facendo riferimento l’ordinanza agli accertamenti eseguiti
dall’Azienda Sanitaria – Zona Mugello su feci di piccione nelle zone
maggiormente frequentate da detto volatile, da cui risulta la presenza di
salmonella typhimurium e zecche: ma ciò, di per sé, avrebbe consentito alla P.A.
– come si è visto – di attivare il procedimento di controllo, per così dire
ordinario, previsto dall’art. 19, comma 2, della l. n. 157/1992. Ciò che è,
invece, stato del tutto omesso è l’indicazione delle ragioni di imprevedibilità
ed eccezionalità del pericolo (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 16 gennaio 2006, n.
88), tali da giustificare il ricorso allo strumento ex art. 54 T.U.E.L. e,
quindi, la deroga alla procedura ex art. 19, comma 2, cit.: come questo
Tribunale ha già avuto modo di precisare (T.A.R. Toscana, Sez. II, 9 aprile
2004, n. 1006), il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili ed
urgenti presuppone, oltre all’esistenza ed indicazione, nel provvedimento
gravato, di una situazione di pericolo, quale ragionevole probabilità che accada
un evento dannoso ove la P.A. non intervenga prontamente, anche (o meglio,
soprattutto) la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni
di carattere eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile fare fronte con
gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento. Pertanto, ai sensi degli
artt. 50 e 54 T.U.E.L., per giustificare il ricorso allo strumento ordinatorio,
il collegamento con le esigenze di protezione dell’igiene e della salute
pubblica costituisce presupposto necessario ma non sufficiente, se non
sussistano gli ulteriori particolari requisiti di urgenza.
5.3. La mancata indicazione dei predetti requisiti di eccezionalità ed
imprevedibilità del pericolo, e, per l’effetto, dell’urgenza dell’intervento e
dell’impossibilità di utilizzare gli altri strumenti previsti dal sistema, vizia
irreparabilmente l’ordinanza impugnata, rendendone inevitabile la declaratoria
di illegittimità. Ciò tanto più che vi sono fondati motivi per escludere la
sussistenza dei requisiti stessi, sia per il tipo di situazione, sia perché la
data degli accertamenti effettuati dall’Azienda Sanitaria – Zona Mugello non
viene specificata nell’ordinanza sindacale e, quindi, non si riesce a
comprendere se si tratta di accertamenti recenti, oppure (come verificatosi in
altri casi, per es. in quello al quale si riferisce la ricordata ordinanza n.
355/2009 del 6 maggio 2009) piuttosto risalenti (tali, pertanto, da escludere
ipso facto il requisito dell’urgenza del provvedere).
5.4. La fondatezza del primo motivo determina di per sé, come più sopra
rammentato, la fondatezza anche del secondo e del terzo motivo, in quanto
ambedue basati sull’illegittimità della “deroga” alla procedura ordinaria
dettata dall’art. 19, comma 2, della l. n. 157/1992 (o meglio, sulla violazione
di siffatta disposizione). Ma è meritevole di condivisione pure il quarto ed
ultimo motivo, poiché sono manifeste la contraddittorietà e l’illogicità in cui
è incorso il provvedimento impugnato, lì dove si è preoccupato di prevedere
garanzie per l’abbattimento dei volatili a mezzo di fucili nei centri urbani,
senza prendere in analoga considerazione i rischi che il ricorso a tale metodo
può comportare anche nelle aree non urbane.
5.5. In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto in relazione a
tutti i motivi. Per l’effetto, va disposto l’annullamento dell’ordinanza
sindacale gravata nelle parti per le quali, come si è visto più sopra, sussiste
l’interesse a ricorrere dell’associazione ricorrente e cioè con riguardo alle
misure indicate al par. 2 ed al par. 3 dell’ordinanza stessa.
6. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle
spese, in base al vigente testo dell’art. 92 c.p.c., sia giacché parte delle
misure contenute nell’atto gravato non è colpita dalla pronuncia demolitoria,
sia in ragione delle esigenze di interesse pubblico sottese all’atto stesso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così
definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e,
per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nelle parti specificate in
motivazione.
Compensa le spese.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 5 novembre 2009, con
l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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