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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17 aprile 2009, n. 665
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Bonifica - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 - Responsabilità del
proprietario dell’area inquinata - Limiti - Artt. 240 e ss. d.lgs. n. 152/2006.
L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 impone l'obbligo di adottare le
misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di
inquinamento solamente a carico di colui che di tale situazione sia
responsabile, per avervi dato causa. La norma individua, perciò, dal punto di
vista soggettivo nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di
dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e
all'eventuale bonifica del sito inquinato. Ne consegue che l'amministrazione non
può imporre ai privati che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine
del fenomeno contestato, ma che vengono individuati solo in quanto proprietari
del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento (T.A.R.
Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320). Tale impostazione è confermata e
specificata dagli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, che impongono
l'esecuzione di interventi di recupero ambientale, anche di natura emergenziale,
al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario. A
carico di quest'ultimo, invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli
interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di
evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari
delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche
da privilegio speciale immobiliare. La normativa citata prevede, infatti, che,
in caso di mancata esecuzione degli interventi da parte del responsabile
dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le
opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente la
quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area
bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine,
le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (T.A.R.
Lombardia, Brescia, 16 marzo 2006, n. 291; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10
luglio 2007, n. 5355). Pres. Nicolosi, Est. Massari - F.I. s.r.l. (avv.
Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv.
Stato) e altro (n.c.), riunito ad altro ricorso.
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 665
INQUINAMENTO - Bonifica - Obblighi di messa in sicurezza d’emergenza e di predisposizione del piano di caratterizzazione - Soggetto responsabile - Presupposti - Superamento delle CSC. Secondo gli artt. 142, c. 3, e 244 del d.lgs. n. 152/2006, gli obblighi di messa in sicurezza d'emergenza e quelli relativi alla predisposizione del piano di caratterizzazione sono imposti in capo al soggetto responsabile “qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC (concentrazione soglia di contaminazione) anche per un solo parametro” con riferimento ai suoli, alle acque superficiali e alle acque sotterranee, in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti, come specificato dall'allegato 5 al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152/06. Pres. Nicolosi, Est. Massari - F.I. s.r.l. (avv. Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 665
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00665/2009 REG.SEN.
N. 00635/2007 REG.RIC.
N. 00637/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 635 del 2007, proposto da:
Soc. Fintecna Immobiliare S.r.l., con sede in Roma, in persona del legale
rappresentante p.t., avv. Vincenzo Cappiello, rappresentata e difesa dall’avv.
Franco Giampietro, con domicilio eletto presso Gerolamo Angotti in Firenze, via
Lorenzo il Magnifico n. 83;
contro
- il Ministero dell'Ambiente e
Tutela Territorio, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso
dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via
degli Arazzieri 4;
- il Comune di Piombino in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
Sul ricorso numero di registro generale 637 del 2007, proposto da:
Soc. Fintecna Immobiliare S.r.l., con sede in Roma, in persona del legale
rappresentante p.t., avv. Vincenzo Cappiello, rappresentata e difesa dall’avv.
Franco Giampietro, con domicilio eletto presso Gerolamo Angotti in Firenze, via
Lorenzo il Magnifico N. 83;
contro
- il Ministero dell'Ambiente e
Tutela Territorio, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della
Salute, e la Conferenza dei Servizi, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distr.le dello
Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
- la Regione Toscana, in persona del Presidente p.t., non costituita in
giudizio;
- il Comune di Piombino in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 635 del 2007:
- del decreto direttoriale 3311/qdv del 7 febbraio 2007, ricevuto dalla Fintecna
immobiliare s.r.l. in data 16 febbraio 2007, concernente il provvedimento finale
di adozione, ex art. 14 ter, 1.7 agosto 1990, n.241, delle determinazioni
conclusive delle Conferenze di Servizi decisorie del 22 dicembre 2005 e del 28
aprile 2006, relative al sito di interesse nazionale di Piombino, con
particolare riferimento all'area c.d. Cimimontubi, di proprietà della
ricorrente;
- di ogni altro atto presupposto, preordinato, consequenziale o connesso,
ancorché conosciuto.
quanto al ricorso n. 637 del 2007:
del verbale della conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006 convocata
presso la direzione qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio, a norma dell’art. 13, l. n. 241/90, e sue successive
modifiche ed integrazioni, comunicato alla ricorrente in data 16 febbraio 2007,
nella parte relativa agli interventi di messa in sicurezza di emergenza e di
caratterizzazione e di bonifica nelle aree interne al perimetro del sito di
bonifica di interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento
all’area c.d. Cimimontubi, di proprietà della ricorrente, nonché, per le parti
di interesse, del verbale della conferenza di servizi istruttoria del 19 luglio
2006, ancorché non conosciuto;
- del decreto direttoriale n, 3312/qdv del 7 febbraio 2007, ricevuto dalla
Fintecna Immobiliare s.r.l. in data 16 febbraio 2007, concernente il
provvedimento finale di adozione ex art. 14 ter l. 7 agosto 1990 n. 241, delle
determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria del 13 dicembre
2006, relativa al sito di interesse nazionale di Piombino;
- di ogni altro atto presupposto, preordinato, consequenziale o connesso,
ancorché non conosciuto.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e Tutela
Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e Tutela
Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Conferenza dei Servizi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/03/2009 il dott. Bernardo Massari e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente è proprietaria
dell'area c.d. Cimimontubi, sita nell'ambito del perimetro del sito di interesse
nazionale di Piombino per effetto di quanto disposto dall'art. 1, comma 4, della
legge 2 dicembre 1998, n. 426 e del decreto ministeriale 10 gennaio 2000.
Tale area, della superficie di 135.000 m², è pervenuta alla ricorrente per
effetto del conferimento di un ramo di azienda da parte della società
Cimimontubi S.p.A., a sua volta controllata dalla Fintecna S.p.A., con atto
pubblico del 14 novembre 2006.
Per quanto, secondo la prospettazione della ricorrente, l'area in questione non
sia mai stata oggetto in passato di attività produttive, nè attualmente,
trattandosi di zona a destinazione agricola, la Fintecna S.p.A. presentò, per
conto della Cimimontubi S.p.A., un piano di caratterizzazione che venne
approvato dalla conferenza di servizi decisoria del 17 dicembre 2002.
Il 7 aprile 2005 venivano presentati al Ministero dell'ambiente i risultati
delle indagini di caratterizzazione avviate nel maggio del 2004.
Tali indagini evidenziavano che l'area, sia per quanto riguarda il suolo, sia in
riferimento alla falda presentavano valori in linea con i limiti previsti dal
decreto ministeriale n. 471/99.
Nuove indagini, eseguite nei mesi di febbraio e marzo 2005, su richiesta dello
stesso Ministero, confermavano la rispondenza della falda ai limiti normativi.
Ciononostante, la conferenza di servizi decisoria del 28 luglio 2005, tenuta
presso il Ministero dell'ambiente, richiedeva a Fintecna l'integrazione delle
indagini, nonché un monitoraggio semestrale sulla falda, adempimenti che
venivano eseguiti dall'interessata e trasmessi il 24 ottobre 2005.
Ancora una volta, ad avviso della ricorrente, l’area cd. Cimimontubi presentava
valori pienamente conformi ai limiti di cui al decreto ministeriale n. 471/99.
Nuovamente la conferenza di servizi istruttoria del 22 dicembre 2005 richiedeva
l'esecuzione di ulteriori indagini sui terreni al fine di verificare l'idoneità
della metodica di campionamento utilizzata nelle campagne precedenti.
I risultati degli studi, raccolti nella “Relazione conclusiva indagini
integrative" del 31 marzo 2006, venivano trasmessi al Ministero il 3 maggio
2006, confermando la conformità ai limiti più volte ricordati, tanto con
riferimento al sottosuolo, quanto alle acque sotterranee.
In data 23 marzo 2006 veniva tenuta una nuova conferenza istruttoria all'esito
della quale veniva richiesto a Fintecna e a tutte le aziende invitate di
trasmettere, entro 30 giorni, una dichiarazione di adesione al progetto unitario
di messa in sicurezza d'emergenza della falda, elaborato da Sviluppo Italia -
Aree Produttive S.p.A., contribuendo ai relativi costi.
Con la conferenza di servizi decisoria del 28 aprile successivo veniva stabilito
che: "visto che le società…e Fintecna S.p.A., pur avendo le indagini di
caratterizzazione evidenziato contaminazione delle acque di falda, non hanno
ancora adottato interventi di messa in sicurezza di emergenza in grado di
evitare la contaminazione verso il mare, dispone che il Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio verifichi le condizioni per l'avvio della
procedura di sostituzione in danno, costituendo la notifica del presente verbale
formale messa in mora, ai sensi dell'art. 15, comma 2, d.m. 471/99. Il Ministero
dell'ambiente della tutela del territorio si attiverà qualora le aziende non
provvedano entro 30 giorni dalla notifica del presente verbale".
Con la medesima deliberazione veniva richiesto alla Direzione qualità della vita
del Ministero dell'ambiente "di segnalare l'avvio dell'esecuzione in danno, ai
sensi è per gli effetti degli artt. 51 bis del decreto legislativo 22/97 e del
comma 7 dell’art. 114, l. 388/2000, nonché delle azioni di accertamento di
recupero del danno ambientale arrecato al mare, aggravato anche a causa della
mancata esecuzione di tutti gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza già
prescritti".
Con ricorso rubricato al n. 1293/06 la Cimimontubi si gravava dinanzi a questo
Tribunale amministrativo regionale avverso gli esiti della conferenza di servizi
istruttoria del 23 marzo 2006 e il verbale della conferenza di servizi decisoria
del 28 aprile 2006.
Con l'ordinanza 762/06, depositata l'11 settembre 2006, il T.A.R. sospendeva
l'efficacia degli atti appena citati. Peraltro, con sentenza n. 383/07, del 14
marzo 2007, il ricorso veniva dichiarato inammissibile, avuto riguardo alla
natura endoprocedimentale degli atti impugnati.
Con il provvedimento indicato in epigrafe il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio del mare approvava e considerava come definitive tutte le
prescrizioni già contenute nei verbali delle conferenze di servizi decisorie del
22 dicembre 2005 e 28 aprile 2006.
Avverso tale atto propone ricorso la società in intestazione, chiedendone
l'annullamento, con vittoria di onorari e spese, e deducendo i motivi che
seguono.
Illegittimità derivata con riferimento ai motivi già proposti con il ricorso n.
1293/06, e quindi:
1. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 della legge n. 241/1990.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, d.lgs. n. 22/97, 8 del d.m.
471/99 e 3 della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di economicità,
efficacia e buon andamento. Eccesso di potere per travisamento dei fatti,
difetto assoluto di presupposti, di istruttoria e motivazione, contraddittorietà
e illogicità.
3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, d.lgs. n. 22/97, 8 del d.m.
471/99 e 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria
e difetto di motivazione.
Vizi propri del provvedimento impugnato:
1. Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 242,
comma 3, 244, del d.lgs. n. 152/06 e 3 della legge n. 241/1990. Violazione dei
principi di buon andamento, efficacia ed economicità. Eccesso di potere sotto
svariati profili.
2. Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 242,
comma 3, 244, del d.lgs. n. 152/06 e 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di
potere sotto svariati profili.
In data 13 dicembre 2006 si svolgeva una nuova conferenza di servizi che, a
seguito dello “Studio di fattibilità relativo al progetto di messa in sicurezza
di emergenza della falda nel sito di interesse nazionale di Piombino”, eseguita
da Sviluppo Italia, ribadiva l'obbligo di attivare le misure di messa in
sicurezza di emergenza della falda contaminata per i soggetti che non le
avessero ancora attivate in proprio, individuando ai destinatari dell'obbligo
anche la Fintecna Immobiliare.
con il provvedimento n. 3312/Qdv del 7 febbraio 2007 il Ministero dell'ambiente
approvava il considerava come definitive tutte le prescrizioni contenute nel
verbale della predetta conferenza di servizi decisoria.
Anche tale atto veniva impugnato dalla Fintecna Immobiliare Srl deducendo
censure identiche a quelle sopra riportate.
Si è costituita giudizio l'amministrazione intimata, opponendosi
all'accoglimento del gravame.
Nella pubblica udienza del 19 marzo 2009 il ricorso è stato trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, in ragione della
loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva, va disposta la riunione dei
ricorsi in esame.
2. Con il ricorso n. 635/07 è stato impugnato il decreto direttoriale 3311/qdv
del 7 febbraio 2007, concernente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14
ter, 1.7 agosto 1990, n.241, delle determinazioni conclusive delle conferenze di
servizi decisorie del 22 dicembre 2005 e del 28 aprile 2006, relative al sito di
interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento all'area c.d.
Cimimontubi, di proprietà della ricorrente.
3. Il ricorso è fondato.
In primo luogo va rilevato che il procedimento sfociato nell'atto impugnato ha
preso le mosse nel periodo di vigenza del decreto legislativo n. 22/1997,
concludendosi quando è entrato in vigore la nuova disciplina in materia
ambientale dettata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Non di meno, ciò non determina difficoltà interpretative della fattispecie
tenuto conto che l’art. 265, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 dispone
l’applicabilità delle norme in materia ambientale contenute in detto decreto a
tutte le situazioni non irreversibilmente definite alla data della loro entrata
in vigore, nonché della sostanziale identità della disciplina dettata in tema di
bonifica dei siti inquinati.
4. L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 stabilisce, infatti, che “Chiunque
cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma
1, lettera a), ovvero determini un pericolo concreto ed attuale di superamento
dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di
messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate
e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento”.
La disposizione appena citata impone l'obbligo di adottare le misure, sia
urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento
solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi
dato causa.
La norma individua, perciò, dal punto di vista soggettivo nella responsabilità
dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte
dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del
sito inquinato.
Da ciò la giurisprudenza quasi univoca, condivisa dal Collegio, deduce la
mancanza di responsabilità, e quindi di obbligo a bonificare o di mettere in
sicurezza, del proprietario incolpevole (cfr., T.A.R. Veneto, sez. III, 25
maggio 2005, n. 2174; , T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 8 ottobre 2004, n.
5473; T.A.R. Campania, sez. V, 28 settembre 1998, n. 2988).
Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno
alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che
vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di
attività di recupero e di risanamento (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002,
n. 320).
L'enunciato, è d'altronde conforme al principio a cui si ispira la legislazione
comunitaria "chi inquina paga" (art. 174, ex art. 130/R, Trattato CE) che impone
a chi fa correre un rischio di inquinamento o a chi provoca un inquinamento di
sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.
5. Tale impostazione viene confermata e specificata dagli artt. 240 e ss. del
d.lgs. n. 152/2006, che impongono l'esecuzione di interventi di recupero
ambientale, anche di natura emergenziale, al responsabile dell'inquinamento che
può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area
interessata.
A carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile
della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli
interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di
evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari
delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche
da privilegio speciale immobiliare.
La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli
interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in
caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale
vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul
soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche
esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie
gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (T.A.R. Lombardia, Brescia,
16 marzo 2006, n. 291; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 luglio 2007, n.
5355).
6. Facendo applicazione al caso di specie delle argomentazioni sopra rassegnate,
emerge, con tutta evidenza, così come denunciato con il secondo motivo, l'omessa
verifica della sussistenza in capo alla società ricorrente dei requisiti
soggettivi di responsabilità di cui si è appena detto.
Da un lato, infatti, non è in contestazione che la società ricorrente abbia
acquistato la proprietà dell'area di cui trattasi in un'epoca successiva a
quella in cui si ipotizza si siano verificati i comportamenti che hanno dato
luogo all'inquinamento del sito; dall'altro non si rinviene nella motivazione
del provvedimento impugnato alcun tentativo di ricostruire in altri termini la
responsabilità della ricorrente.
7. Nonostante, il carattere assorbente della censura appena esaminata, mette
conto rilevare la fondatezza anche del primo motivo con il quale la ricorrente
si duole dell’illegittimità del provvedimento impugnato anche sotto il profilo
della carenza dei presupposti oggettivi previsti dall'art. 142, comma 3, e
dall'art. 244 del decreto legislativo n. 152/2006.
Secondo la norma appena citata gli obblighi di messa in sicurezza d'emergenza e
quelli relativi alla predisposizione del piano di caratterizzazione sono imposti
in capo al soggetto responsabile “qualora l'indagine preliminare di cui al comma
2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC (concentrazione soglia di
contaminazione) anche per un solo parametro” con riferimento ai suoli, alle
acque superficiali e alle acque sotterranee, in relazione alla specifica
destinazione d'uso dei siti, come specificato dall'allegato 5 al titolo V, parte
IV, del decreto legislativo n. 152/06 (conforme, quanto ai limiti ivi indicati,
all'allegato I, tabella 1, del d.m. n. 471/99).
Orbene, nonostante le indagini più volte ripetute eseguite dalla società
ricorrente ed integrate secondo le modalità indicate dall'amministrazione, non
risultano smentite le valutazioni conclusive esposte con la missiva in data 3
maggio 2006, indirizzata dalla ricorrente al Ministero dell'ambiente, secondo
cui "le concentrazione delle sostanze analizzate per i terreni sono risultate
pienamente conformi ai limiti normativi, sia nelle indagini di
caratterizzazione, sia nelle indagini integrative del luglio 2005 ed in quelle
di verifica del gennaio 2006"; "le concentrazione nelle acque sono risultate
conformi ai limiti normativi, a parte la presenza di solfati che "è legata
fenomeni di arricchimento naturale e/o ad attività antropiche anticamente
consolidate nelle aree montane del bacino imbrifero del fiume Cornia".
Anche nel verbale della conferenza decisoria svoltasi in data 25 giugno 2008 a
Roma, presso il Ministero dell'ambiente, successiva a quella recepita dal
provvedimento impugnato, si legge (pagina 57) che “in merito all'area ex
Cimimontubi non è stata evidenziata alcuna contaminazione dei suoli
relativamente agli analiti ricercati e che le concentrazioni dei medesimi nelle
acque di falda sono risultate conformi ai limiti normativi a parte la presenza
di solfati (costante) e di manganese nel piezometro C18PS, nella sola campagna
dell'ottobre 2005”, peraltro concludendo nel senso della necessità di chiedere
all’ARPAT "di attestare se le predette concentrazioni di solfati e manganese,
pur superiori alle concentrazioni limite fissate dalla normativa vigente,
possono essere considerate inferiori ai valori di fondo naturale nelle acque di
falda dell'area in esame".
Ne discende, con tutta evidenza, la contraddittorietà del provvedimento
impugnato ed il vizio di difetto di istruttoria proprio in relazione
all'accertamento della sussistenza dei presupposti oggettivi per l'attribuzione
dell'obbligo di messa in sicurezza e bonifica del sito inquinato.
Per le considerazioni che precedono, quindi, il ricorso n. 635/07 deve essere
accolto.
8. Con il ricorso n. 637/07 è stato impugnato il decreto direttoriale n. 3312/qdv
del 7 febbraio 2007, concernente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14
ter l. 7 agosto 1990 n. 241, delle determinazioni conclusive della conferenza di
servizi decisoria del 13 dicembre 2006, unitamente al verbale della predetta
conferenza di servizi decisoria nella parte relativa agli interventi di messa in
sicurezza di emergenza e di caratterizzazione e di bonifica nelle aree interne
al perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di Piombino, con
particolare riferimento all’area c.d. Cimimontubi, di proprietà della
ricorrente, nonché, per le parti di interesse, il verbale della conferenza di
servizi istruttoria del 19 luglio 2006.
9. Anche tale ricorso è meritevole di accoglimento.
Invero, tanto le risultanze della conferenza di servizi istruttoria del 19
luglio 2006, quanto quelle della conferenza di servizi decisoria del 13 dicembre
successivo non recano ulteriori contributi in termini di motivazione e di
istruttoria che valgano ad inficiare le considerazioni già esposte in relazione
all’insussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi necessari, secondo la
legge, per imporre alla società ricorrente gli obblighi di messa in sicurezza
d'emergenza e di bonifica dell'area di cui trattasi.
Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto con annullamento degli atti
impugnati.
Le spese del giudizio, fatta eccezione per le Amministrazioni non costituite in
giudizio per le quali, anche in ragione del ruolo rivestito nella controversia,
è possibile disporre la compensazione, seguono la soccombenza e sono liquidate
nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana, Sezione 2^, definitivamente pronunciando, riuniti i
ricorsi in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna le Amministrazioni resistenti, costituite in giudizio, al pagamento
delle spese processuali che si liquidano in € 2.000,00 (duemila/00), oltre agli
accessori di legge e alla rifusione di quanto versato a titolo di contributo
unificato.
Compensa le spese di lite per le altre Amministrazioni non costituite in
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19/03/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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