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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17 Aprile 2009, n. 670
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/95 - Segnalazione di
una sola famiglia - Sufficienza - Intervento a tutela della salute pubblica -
Potestà regolatoria comunale. L’esercizio del potere di ordinanza di cui
all’art. 9 della l. n. 447/1995 è legittimo anche allorché l’ordinanza sia
adottata a seguito delle segnalazioni e degli esposti di una sola famiglia
(T.A.R. Milano, Sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6819). Ed invero, la tutela della
salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo
involga l’intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche
laddove sia in discussione la salute di una singola famiglia, o anche di una
sola persona (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 8 giugno 2006, n. 3340). Infatti,
l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, pur se non
coinvolgente l’intera collettività, basta a concretare l’eccezionale ed urgente
necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento
previsto dall’art. 9 della l. n. 447/1995: strumento che costituisce espressione
della potestà regolatoria, spettante ai Comuni, di conformare l’attività privata
al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale
(T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 715/2008, cit.). Pres - Nicolosi, Est. De
Bernardis - T.s.n.c. (avv.ti Cresci e Sanchini) c. Comune di Firenze (avv.ti
Sansoni e Pacini).T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 670
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/95 - Rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico - Facoltà ex art. 844 c.c. - Natura di strumento ordinario di intervento sul piano amministrativo - Inconfigurabilità. Lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente - nonché unicamente - il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Non può peraltro essere reputato ordinario strumento di intervento - sul piano amministrativo - la facoltà che l’art. 844 c.c. attribuisce al privato di adire il G.O. per far cessare le immissioni dannose eccedenti la normale tollerabilità (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 24 gennaio 2006, n. 488; id., n. 3340/2006, cit.). Pres - Nicolosi, Est. De Bernardis - T.s.n.c. (avv.ti Cresci e Sanchini) c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni e Pacini).T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 670
INQUINAMENTO ACUSTICO - Attività di intrattenimento musicale - Rilascio dei titoli abilitativi - Art. 9 L. n. 447/95 - Obbligo di riduzione dei limiti di emissione acustica - Contraddittorietà - Esclusione. Il rilascio, da parte dell’amministrazione comunale, dei titoli abilitativi per lo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale e per l’occupazione del suolo pubblico antistante il locale, in nessun modo può precludere all’Amministrazione stessa l’esercizio di quella potestà di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale, di cui il potere di adottare le ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit. costituisce espressione. Pres - Nicolosi, Est. De Bernardis - T.s.n.c. (avv.ti Cresci e Sanchini) c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni e Pacini).T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 670
INQUINAMENTO ACUSTICO - Immissioni acustiche - Operazioni di misurazione - Accertamento a sorpresa - Avviso di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione. Le operazioni di misurazione delle immissioni acustiche integrano un tipico esempio di accertamento a sorpresa, per il quale trova applicazione l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui è del tutto legittimo non far precedere un simile tipo di accertamenti dal previo avviso di avvio del procedimento, per non rischiare di comprometterne la genuinità (C.d.S., Sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3190; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 10 giugno 2008, n. 1961). Pres- Nicolosi, Est. De Bernardis - T.s.n.c. (avv.ti Cresci e Sanchini) c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni e Pacini).T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 670
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00670/2009 REG.SEN.
N. 01649/2005 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, con motivi aggiunti, numero di registro generale 1649 del 2005,
proposto dalla società Tormalera S.n.c., in persona del legale rappresentante
pro tempore, sig. Marco Torelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giacomo
Cresci e Paolo Sanchini e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in
Firenze, via G. Richa n. 56
contro
Comune di Firenze, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Sansoni e Debora
Pacini ed elettivamente domiciliato presso la Direzione Avvocatura, in Firenze,
p.zza della Signoria (Palazzo Vecchio);
Sindaco del Comune di Firenze, in qualità di Ufficiale di Governo
nei confronti di
Annino Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Torricelli e Jacopo
Bandinelli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Firenze, via
delle Mantellate n. 9
e con l'intervento di
Torricelli Francesca, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Torricelli e
Jacopo Bandinelli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in
Firenze, via delle Mantellate n. 9
a) quanto al ricorso originario
per l’annullamento
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 514/2005 del 28 giugno 2005, recante
inibitoria immediata e totale dell’attività del pubblico esercizio “Kitsch”
ubicato in via Gramsci n. 1-3-5/R, fino alla definitiva esclusione delle
sorgenti sonore disturbanti o alla realizzazione di opere di mitigazione atte a
garantire il rispetto dei limiti di rumore previsti dalla normativa vigente;
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 520/2005 del 30 giugno 2005, recante
sospensione temporanea dell’efficacia dell’ordinanza n. 514/2005, sotto la
condizione dell’osservanza delle prescrizioni dettate dalla medesima ordinanza
n. 520/2005;
- di tutti gli atti del procedimento necessari, connessi e/o conseguenti, ivi
compresi, per quanto occorrer possa:
- il provvedimento dirigenziale n. 2005/DD/02157 del 7 marzo 2005, recante
diffida a contenere immediatamente la rumorosità prodotta dal pubblico esercizio
“Kitsch” entro il limite di immissione differenziale in periodo notturno;
- il verbale di accertamento e contestazione prot. n. 4527/L/2005 del 17 giugno
2005, emesso dalla Polizia Municipale del Comune di Firenze e relativo alle
misurazioni effettuate il 27 maggio 2005
e per la declaratoria ed il riconoscimento
del diritto all’apertura del pubblico esercizio “Kitsch” sia in periodo diurno
che in orario notturno successivo alle ore 22.00, quand’anche nel rispetto dei
limiti di capienza specificati dal Comune relativamente allo spazio all’aperto
nonché per la condanna al risarcimento del danno
b) quanto ai motivi aggiunti, depositati il 22 febbraio 2006
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 40/2006 del 16 gennaio 2006, recante
immediata inibitoria dell’attività esterna al pubblico esercizio “Kitsch”, su
suolo pubblico oggetto di occupazione, e dell’attività di intrattenimento
musicale (musica riprodotta) del citato pubblico esercizio, fino alla
realizzazione delle opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti
di rumore previsti dalla normativa vigente;
- del provvedimento ("rectius", rapporto) della Polizia Municipale prot.
n. 31347/12/2005/M6, con cui è stato asserito (l’ulteriore) superamento del
limite di immissione differenziale in periodo notturno provocato dall’attività
del pubblico esercizio;
- di tutti gli atti del procedimento necessari connessi e/o conseguenti, ivi
compresi:
- i verbali di accertamento e contestazione n. 4546/L/2005S e n. 4549/L/2005S,
di data 12 dicembre 2005, con cui è stata accertata la violazione dell’art. 10,
comma 2, della l. n. 447/1995 per il superamento del livello differenziale di
rumorosità prodotta in periodo notturno dal pubblico esercizio “Kitsch”;
- le risultanze istruttorie e le misurazioni effettuate in data 4 dicembre 2005,
mai comunicate alla società ricorrente;
- il verbale di accertamento n. 013022/C/2005, emesso dal Corpo di Polizia
Municipale in data 21 dicembre 2005, con cui è stata accertata la violazione
dell’art. 20 del Codice della Strada, per avere i gestori del pubblico esercizio
mantenuto in opera l’occupazione di suolo pubblico dotandola di chiusura
perimetrale mediante fogli di plastica trasparenti, in difformità da quanto
autorizzato
e per la declaratoria ed il riconoscimento
del diritto alla piena utilizzazione per l’attività del pubblico esercizio dello
spazio di suolo pubblico antistante il locale “Kitsch” oggetto di occupazione
assentita alla ricorrente dall’Amministrazione con provvedimento del 24 ottobre
2005, nonché allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale (musica
riprodotta), sia in orario diurno che notturno, quand’anche nel rispetto dei
limiti di capienza stabiliti per lo spazio all’aperto in regime di occupazione
di suolo pubblico
nonché per la condanna al risarcimento del danno.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze e del sig.
Giuseppe Annino;
Visti il ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 22 febbraio 2006 e la
domanda di sospensione degli atti impugnati, presentata con questo dalla società
ricorrente;
Viste l’ordinanza n. 26/2006 del 2 marzo 2006, con cui è stata temporaneamente
accolta l’istanza di sospensione e sono stati disposti incombenti istruttori,
nonché le risultanze di detta istruttoria, di cui alla documentazione depositata
dal Comune di Firenze il 20 marzo 2006;
Viste, altresì, l’ordinanza n. 345/2006 del 13 aprile 2006, con cui è stata
parzialmente accolta la domanda di sospensione, disponendosi ulteriori
incombenti istruttori, nonché l’ordinanza n. 419/2006 del 17 maggio 2006, con
cui sono stati nuovamente disposti gli incombenti istruttori già oggetto
dell’ordinanza n. 345/2006;
Vista l’ordinanza n. 642/2006 del 27 luglio 2006, con cui è stata accolta la
domanda di sospensione;
Visto l’atto di intervento "ad opponendum" della sig.ra Francesca
Torricelli;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle
rispettive tesi e difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 2 aprile 2009, il dr. Pietro De
Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente, Tormalera
S.n.c., espone di svolgere, regolarmente autorizzata, attività commerciale di
bar con somministrazione di alimenti e bevande nel locale denominato “Kitsch”,
ubicato in Firenze, v.le Gramsci n. 1-3-5/r, al piano terra di uno stabile
multipiano in una zona della città posta lungo il viale di circonvallazione
all’altezza di piazza Beccaria, caratterizzata da un’alta densità di traffico
diurno e notturno.
In data 2 marzo 2005 il Comune di Firenze irrogava alla società una sanzione
amministrativa per superamento dei limiti differenziali di rumorosità in orario
notturno, riscontrato nelle rilevazioni effettuate nella notte tra il 12 e il 13
febbraio 2005. A ciò seguiva un provvedimento comunale di formale diffida
dell’esponente a contenere la rumorosità prodotta entro il limite di immissione
differenziale in periodo notturno previsto dalla normativa, mediante interventi
di bonifica acustica. A questo punto la Tormalera S.n.c. incaricava una società
di professionisti del settore di predisporre una relazione tecnica per la
valutazione dell’impatto acustico e per gli eventuali accorgimenti da adottare.
Dalle verifiche effettuate sarebbero emerse la non necessità di ulteriori misure
di bonifica acustica del locale ed il contenimento delle emissioni acustiche nei
limiti di legge (come si evince dalla relazione tecnica inviata dall’esponente
al Comune in data 23 maggio 2005). Tuttavia, in data 27 e 28 maggio 2005 la
Polizia Municipale provvedeva ad effettuare ulteriori accertamenti fonometrici,
dai quali emergeva un nuovo superamento del limite differenziale di immissione
in orario notturno: la nota del 17 giugno 2005, prot. n. 31347/04/05/m6, di
inoltro delle risultanze degli accertamenti, precisava che la rumorosità
proveniva prevalentemente dagli avventori presenti all’esterno del locale, sul
suolo pubblico da questo occupato. Per conseguenza, con ordinanza n. 514/2005
del 28 giugno 2005, adottata ai sensi dell’art. 9 della l. n. 447/1995, il
Sindaco di Firenze disponeva l’inibitoria totale ed immediata dell’attività del
pubblico esercizio “Kitsch”, fino alla definitiva esclusione delle sorgenti
sonore disturbanti o all’adozione di opere di mitigazione atte a garantire il
rispetto dei limiti di rumorosità normativamente consentiti.
L’esponente presentava allora istanza di riesame, facendo rilevare come il
superamento dei livelli di rumorosità consentiti fosse limitato all’orario
notturno ed in particolare alla fascia compresa tre le ore 0.00 e le ore 3.00 e
perciò chiedendo l’immediata riapertura del locale, con la sola limitazione
relativa alla suddetta fascia oraria. La società presentava inoltre
all’Amministrazione una perizia recante la valutazione di impatto acustico
relativa all’attività svolta dal pubblico esercizio all’aperto (sul suolo
pubblico oggetto di occupazione debitamente assentita): siffatta perizia
elencava, in particolare, una serie di prescrizioni per la limitazione delle
emissioni (utilizzo dei bicchieri in plastica, limitazione dei posti a sedere a
trenta, ecc.), il cui rispetto avrebbe garantito un impatto acustico nei limiti
di legge. Prendendo atto di quanto indicato nella predetta perizia ed in specie
degli accorgimenti ivi illustrati per garantire il rispetto dei limiti di legge,
il Sindaco di Firenze, con ordinanza n. 520/2005 del 30 giugno 2005 sospendeva
l’efficacia della precedente ordinanza inibitoria n. 514/2005, imponendo nel
contempo il rispetto di talune prescrizioni (diminuzione a trenta del numero di
posti a sedere e degli avventori all’aperto; utilizzo di bicchieri in plastica;
inibizione dell’accesso degli avventori dalle ore 0.30). La definitiva revoca
dell’ordinanza n. 514/2005 veniva peraltro subordinata al compimento di
ulteriori misurazioni fonometriche, così ingenerando - a detta della società
esponente - incertezze circa i futuri sviluppi della vicenda e le sorti
dell’attività in essere.
Avverso le succitate ordinanze sindacali nn. 514/2005 e 520/2005 è pertanto
insorta la Tormalera S.n.c., impugnandole con il ricorso originario e
chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi:
- violazione di legge (l. n. 447/1995, d.lgs. n. 267/2000, d.P.C.M. 14 novembre
1997, l. n. 241/1990), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento
dei fatti, errore nei presupposti, carenza di istruttoria, violazione del giusto
procedimento, illogicità, in quanto nel caso di specie non sussisterebbero le
eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente
che legittimano l’emanazione delle ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit.;
- violazione di legge (d.lgs. n. 267/2000; l. n. 447/1995; l. n. 241/1990; l. n.
15/2005; art. 97 Cost.), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento
dei fatti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, in quanto
il Comune non ha consentito alla società ricorrente di partecipare al
procedimento, non fornendole tempestiva notizia del sopralluogo effettuato, né
chiamandola a dare chiarimenti sugli esiti di questo;
- violazione di legge (l. n. 447/1995, l. n. 241/1990, d.P.C.M. 14 novembre
1997, d.m. 16 marzo 1998), eccesso di potere, difetto di motivazione,
travisamento dei fatti, errore nei presupposti, illogicità manifesta,
contraddittorietà, perplessità, in quanto le risultanze del sopralluogo svolto
dalla P.A. sarebbero erronee e fuorvianti, atteso che le modalità del controllo
eseguito sarebbero non conformi a quanto prescritto dalla l. n. 447/1995 e dalle
norme regolamentari ad essa collegate, sotto molteplici aspetti (mancata
indicazione delle condizioni climatiche in cui sono state effettuate le
misurazioni, durata troppo breve di queste ultime, misurazione del livello di
rumore residuo non in simultaneità, ma in un momento ben posteriore rispetto a
quelle del livello di rumore ambientale, mancata indicazione nel verbale
dell’accertamento di dati essenziali circa lo strumento utilizzato per le
misurazioni); in ogni caso, l’ordine di chiusura totale del locale sarebbe
provvedimento sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per il privato.
La società ha chiesto, altresì, la declaratoria del diritto all’apertura del
pubblico esercizio sia in periodo diurno che in orario notturno, successivo alle
ore 22.00, ancorché nei limiti di capienza dettati dal Comune per lo spazio
all’aperto posto su suolo pubblico regolarmente occupato. Infine, ha presentato
domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti.
Successivamente alla proposizione del gravame, in data 4 dicembre 2005 il Comune
di Firenze provvedeva ad effettuare ulteriori accertamenti fonometrici, nonché
una verifica del rispetto, da parte del pubblico esercizio in questione, delle
prescrizioni imposte dall’ordinanza n. 520/2005. In tale occasione veniva
riscontrata l’inosservanza delle suddette prescrizioni, nonché - ancora una
volta - il superamento del valore limite differenziale di immissione in orario
notturno (essendo, in questo caso, la rumorosità dovuta principalmente
all’attività di intrattenimento musicale e solo in subordine al comportamento di
avventori e personale nello spazio esterno al locale). Preso atto di ciò, il
Sindaco di Firenze emetteva in data 16 gennaio 2006 l’ordinanza n. 40/2006, con
cui, stante le accertate violazioni, revocava le precedenti ordinanze nn.
514/2005 e 520/2005 e disponeva l’immediata inibitoria dell’attività esterna al
locale “Kitsch” nell’area oggetto di occupazione di suolo pubblico, nonché
dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta), fino alla
realizzazione delle opere di mitigazione del rumore.
Nei confronti della citata ordinanza sindacale, nonché degli atti presupposti,
connessi e conseguenti, la Tormalera S.n.c. ha proposto ricorso per motivi
aggiunti, depositato il 22 febbraio 2006, chiedendone l’annullamento, previa
sospensione, e deducendo a supporto del gravame le seguenti doglianze:
- violazione di legge (l. n. 447/1995, d.lgs. n. 267/2000; d.P.C.M. 14 novembre
1997, l. n. 241/1990), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento
dei fatti, errore nei presupposti, carenza di istruttoria, violazione del giusto
procedimento, illogicità, giacché nel caso di specie non sussisterebbe quella
situazione effettiva di pericolo e di danno per la salute pubblica legittimante
il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente ex art. 9 della
l. n. 447/1995; inoltre, la P.A. avrebbe agito con contraddittorietà,
rilasciando in un primo tempo i provvedimenti abilitativi per l’impianto di
intrattenimento musicale e per l’occupazione del suolo pubblico e poi adottando
l’ordinanza gravata, in assenza di variazioni medio tempore verificatesi;
- violazione di legge (d.lgs. n. 267/2000; l. n. 447/1995; l. n. 241/1990; l. n.
15/2005; art. 97 Cost.), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento
dei fatti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, per non
avere il Comune dato alla ricorrente tempestiva comunicazione del sopralluogo
effettuato e non averle consentito di fornire chiarimenti sugli esiti di questo,
così impedendo la partecipazione della ricorrente stessa al procedimento;
- violazione di legge (l. n. 447/1995, l. n. 241/1990, d.P.C.M. 14 novembre
1997, d.m. 16 marzo 1998), eccesso di potere, difetto di motivazione,
travisamento dei fatti, errore nei presupposti, illogicità manifesta,
contraddittorietà, perplessità, giacché le risultanze del sopralluogo svolto
dalla P.A., attestanti un superamento dei livelli di rumorosità ammessi,
sarebbero erronee e fuorvianti, a causa della metodologia seguita nelle
misurazione, che sarebbe stata errata e contrastante con i precetti imposti
dalla normativa di settore; inoltre, l’inibitoria totale dell’attività di
intrattenimento musicale e di quella che si svolge sul suolo pubblico
regolarmente occupato sarebbe provvedimento sproporzionato ed eccessivamente
afflittivo per il privato.
La società ha poi chiesto la declaratoria del diritto alla piena utilizzazione
per l’attività del pubblico esercizio, dell’area pubblica oggetto di occupazione
assentita, nonché allo svolgimento nel locale dell’attività di intrattenimento
musicale tramite musica riprodotta, in orario sia diurno che notturno. Inoltre,
ha reiterato la domanda di risarcimento dei danni.
Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze, depositando due rapporti
informativi della Direzione Ambiente (rispettivamente datati 18 novembre 2005 e
1° marzo 2006), con allegata la pertinente documentazione (in specie, due note
della Polizia Municipale recanti controdeduzioni al ricorso).
Si è costituito in giudizio, altresì, il controinteressato sig. Giuseppe Annino
(residente nell’appartamento posto sopra l’esercizio in questione), il quale ha
depositato una memoria chiedendo il rigetto del ricorso, previa reiezione,
altresì, dell’istanza di sospensione.
Nella Camera di consiglio del 2 marzo 2006 il Collegio, ritenuto opportuno
disporre una verificazione in contraddittorio tra le parti diretta ad accertare
natura ed entità delle immissioni rumorose prodotte dal pubblico esercizio,
nonché delle propagazioni delle stesse all’interno del sovrastante appartamento,
con particolare riferimento ai livelli di rumorosità ambientale, residuale e
differenziale, con ordinanza n. 26/2006 ha ingiunto all’Amministrazione di
disporre il menzionato incombente istruttorio, accogliendo nelle more l’istanza
di sospensione dell’ordinanza n. 40/2006, limitatamente alle ore diurne.
In data 20 marzo 2006 il Comune di Firenze ha depositato le risultanze della
disposta verificazione.
A propria volta, la Tormalera S.n.c. ha depositato una perizia di parte sulla
disposta verificazione.
In vista della prosecuzione della trattazione della fase cautelare, il
controinteressato ha depositato una memoria con cui ha contestato la rilevanza
degli accertamenti effettuati in sede di verificazione, in quanto svolti in
orario diurno (prima delle ore 22.30), rimarcando, altresì, l’inaffidabilità
delle misure di contenimento adottate dalla ricorrente, alla luce del fatto che
nel locale interessato si farebbe musica “dal vivo”.
Con atto di intervento "ad opponendum" depositato il 13 aprile 2006 si è
costituita in giudizio, altresì, la sig.ra Francesca Torricelli, in qualità di
residente al secondo ed ultimo piano dell’edificio al cui piano terra è ubicato
il locale “Kitsch”, insistendo per il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti,
previa reiezione dell’istanza cautelare.
Nella Camera di consiglio del 13 aprile 2006 il Collegio, preso atto degli esiti
della disposta verificazione, da cui era risultato il rispetto, nelle ore
diurne, dei livelli di rumorosità prescritti, con ordinanza n. 345/06 ha sospeso
l’efficacia dell’ordinanza sindacale n. 40/2006 limitatamente a tali ore,
disponendo, tuttavia, un’ulteriore verificazione della suddetta rumorosità con
riferimento alle ore notturne. Con successiva ordinanza n. 419/2006, resa in
esito alla Camera di Consiglio del 17 maggio 2006, il Collegio, preso atto della
dichiarazione della difesa comunale circa l’impossibilità di effettuare
l’incombente istruttorio disposto con la precedente ordinanza n. 345/06, ha
rinnovato l’ordine di effettuare il predetto incombente, precisandone le
modalità (nell’arco di un mese, non meno di quattro sopralluoghi nel periodo di
tempo compreso tra le ore 22.00 e le ore 02.00) e sospendendo il provvedimento
impugnato, nelle more della disposta istruttoria.
Tuttavia, con lettera del 1° giugno 2006 il controinteressato comunicava la sua
indisponibilità a far effettuare presso la propria abitazione, in orario
notturno, la verificazione disposta, a causa dell’età avanzata e delle
condizioni di salute, proprie e della moglie.
Preso atto di ciò, nella Camera di consiglio del 27 luglio 2006 il Collegio, con
ordinanza n. 642/2006, accoglieva l’istanza cautelare anche nella parte in cui
con la stessa era stata chiesta la sospensione dell’inibitoria allo svolgimento
dell’attività di intrattenimento musicale in orario notturno.
In vista dell’udienza di merito il Comune di Firenze ha depositato una memoria
difensiva con cui, sottolineata la revoca delle ordinanze impugnate con il
gravame originario (e pertanto il venir meno del contenzioso in relazione ad
esse), ha replicato ai motivi aggiunti, chiedendone la reiezione.
La ricorrente, dal canto suo, ha depositato una memoria, con ulteriore
documentazione, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
All’udienza pubblica del 2 aprile 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La Tormalera S.n.c. impugna, con il
ricorso originario in epigrafe, (unitamente gli atti presupposti, connessi e
conseguenti espressamente citati) le ordinanze sindacali n. 514/2005 e n.
520/2005, recanti, rispettivamente:
- la prima, l’inibitoria totale ed immediata dell’attività del pubblico
esercizio denominato “Kitsch”, di cui è titolare la ricorrente, fino alla
definitiva esclusione delle sorgenti sonore disturbanti o alla realizzazione
delle necessarie opere di mitigazione;
- la seconda, la sospensione della precedente, subordinatamente all’osservanza,
nell’attività svolta nello spazio esterno (su suolo pubblico di cui è stata
assentita l’occupazione), delle prescrizioni dettate dalla medesima ordinanza n.
520/2005.
Chiede, altresì, la declaratoria del diritto all’apertura del pubblico esercizio
in questione, in periodo sia diurno che notturno, oltre le ore 22.00, anche nei
limiti di capienza prescritti dal Comune per lo spazio all’aperto su suolo
pubblico, nonché il risarcimento dei danni.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, impugna l’ordinanza sindacale n.
40/2006, con cui sono state revocate le precedenti ordinanze nn. 514/2005 e
520/2005 - oggetto del gravame originario - ed è stata disposta l’inibitoria
immediata dell’attività esterna al “Kitsch”, svolgentesi sul suolo pubblico
oggetto di occupazione, nonché dell’attività di intrattenimento musicale. Ha
inoltre chiesto la declaratoria del diritto alla piena utilizzazione del suolo
pubblico oggetto di occupazione per l’attività del pubblico esercizio, nonché
allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta),
in orario tanto diurno che notturno, quand’anche nei limiti di capienza
stabiliti dal Comune per lo spazio esterno su suolo pubblico, reiterando,
altresì, la domanda di risarcimento dei danni.
In via pregiudiziale va dichiarata l’improcedibilità della domanda di
annullamento delle ordinanze sindacali nn. 514/2005 e 520/2005, formulata con il
gravame originario, attesa l’intervenuta revoca di tali ordinanze operata in
autotutela dall’Amministrazione comunale con l’ordinanza sindacale n. 40/2006
(impugnata con i motivi aggiunti). Infatti, la revoca delle predette ordinanze
deriva non dal riconoscimento delle pretese della società ricorrente, ma dal
successivo accertamento che, dopo gli adeguamenti da questa posti in essere
(peraltro, come si vedrà, rivelatisi insufficienti), circoscrive il fenomeno
inquinatorio. Per la stessa ragione va dichiarata improcedibile anche la
domanda, del pari formulata con il gravame originario, di declaratoria del
diritto all’apertura del pubblico esercizio in orario sia diurno che notturno,
anche dopo le ore 22.00, essendo stato definitivamente revocata l’ordinanza (n.
514/2005) - peraltro già sospesa dalla P.A. - che detta apertura aveva inibito.
In ogni caso, la domanda di accertamento è di per sé inammissibile essendo la
pretesa della ricorrente solo di interesse legittimo.
In ordine, invece, alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti alle
gravate ordinanze n. 514/2005 e n. 520/2005, osserva il Collegio, sulla scorta
dell’insegnamento della più recente giurisprudenza (C.d.S., Sez. VI, 18 marzo
2008, n. 1137), che tale domanda rimane sicuramente ammissibile. Infatti,
nessuna preclusione per il risarcimento del danno può farsi derivare
dall’intervenuta caducazione del provvedimento lesivo operata
dall’Amministrazione in via di autotutela: ed invero, è pacifico in
giurisprudenza che, quando venga meno l’interesse attuale all’annullamento del
provvedimento per intervenuti atti successivi, è comunque ravvisabile un
interesse residuale a ricorrere, a fini risarcitori, per gli effetti negativi
già prodotti dal provvedimento originario, o per fattori di non corretta
conduzione del relativo procedimento (C.d.S., Sez. VI, n. 1137/2008, cit.). Nel
caso di specie, si chiede, appunto, il risarcimento dei danni per gli effetti
negativi prodotti dalle ordinanze gravate (e poi revocate) per il periodo in cui
hanno avuto efficacia.
Tanto premesso, la domanda di risarcimento dei danni avanzata con il ricorso
originario, relativa alle lesioni asseritamente arrecate alla ricorrente dalle
ordinanze nn. 514/2005 e 520/2005, ancorché ammissibile, deve essere respinta in
quanto infondata. Ed invero:
a) quanto all’ordinanza n. 514/2005, nessuna lesione economicamente apprezzabile
è derivata dalla stessa a carico della Tormalera S.n.c., essendo stato il
suddetto provvedimento sospeso in data 29 maggio 2005, ossia lo stesso giorno
della sua notificazione alla predetta società;
b) quanto, invece, all’ordinanza n. 520/2005, questa in alcun modo può definirsi
provvedimento ingiustamente lesivo degli interessi della ricorrente. Vero è che
tale provvedimento, nel disporre la sospensione della precedente ordinanza n.
514/2005 e quindi la ripresa dell’attività dell’esercizio in parola, l’ha
condizionata al rispetto di talune prescrizioni, elencate nel corpo
dell’ordinanza stessa. Tuttavia, si tratta di regole e prescrizioni che la
medesima ricorrente aveva elencato nella relazione tecnica depositata presso la
Direzione Ambiente del Comune il 29 giugno 2005 (v. pag. 6 del doc. 8 della
difesa comunale), qualificandole come misure procedurali e comportamentali
finalizzate alla diminuzione e controllo delle emissioni acustiche di origine
antropica derivanti dall’attività all’aperto ed idonee a scongiurare un impatto
acustico superiore ai limiti di legge (v. pag. 22 della relazione). Ne discende
che la condotta dell’Amministrazione comunale, la quale ha recepito nel proprio
provvedimento coercitivo le indicazioni suggerite dalla stessa ricorrente, non
può in alcun modo definirsi come illecita: al contrario, trattasi di
comportamento rispettoso non solo delle regole di partecipazione procedimentale
ex l. n. 241/1990, ma nel contempo conforme ai principi di buona amministrazione
e volto ad un contemperamento il più equo possibile tra i diversi interessi,
pubblici e privati, coinvolti. Né possono invocarsi in contrario le doglianze
mosse con il terzo motivo del gravame originario avverso la metodologia seguita
dal Comune nell’effettuazione dei rilevamenti e le modalità di redazione del
relativo verbale, in quanto - si ribadisce - l’ordinanza n. 520/2005 non ha
posto alcuna limitazione di orario all’attività del pubblico esercizio, né ha
limitato quest’ultima a talune tipologie di attività, ma ha soltanto recepito e
fatto proprie, tramutandole in prescrizioni, le regole comportamentali indicate
dalla stessa ricorrente come idonee ad evitare che l’attività svolta all’esterno
del locale, sul suolo pubblico oggetto di occupazione, producesse un impatto
acustico superiore ai livelli consentiti.
Venendo quindi all’esame del ricorso per motivi aggiunti, si osserva che esso ha
ad oggetto l’ordinanza sindacale n. 40/2006: questa, nel revocarle, ha
sostituito le precedenti (gravate con il ricorso originario), così dettando
l’assetto definitivo degli interessi, quantomeno fino alla sua sospensione
disposta dal Tribunale in accoglimento dell’istanza cautelare avanzata dalla
società.
Con il primo dei motivi aggiunti la ricorrente lamenta l’assenza, nel caso di
specie, dei presupposti per addivenire all’emanazione di un ordinanza
contingibile ed urgente ex art. 9 della l. n. 447/1995. In particolare, non
sussisterebbe in concreto nessuna situazione di pericolo e/o di danno per la
salute pubblica, né la fattispecie presenterebbe i caratteri di straordinarietà,
gravità ed urgenza richiesti dalla succitata disposizione. A tutto voler
concedere, si tratterebbe, infatti, di un rumore udibile nel solo appartamento
del piano superiore, che giustificherebbe al più una sanzione amministrativa e
non certo l’inibitoria dell’attività di intrattenimento musicale e di quella
svolta sul suolo pubblico, oggetto di occupazione regolarmente assentita. Il
provvedimento gravato conterrebbe, invece, un richiamo del tutto generico a non
meglio precisati pregiudizi arrecati all’interesse pubblico alla tutela del
riposo e della quiete e, in ogni caso, farebbe erroneamente riferimento alla
“particolare preminenza della tutela nell’ambito territoriale del centro storico
per l’obiettivo dell’amministrazione di favorirne la residenza ed il
ripopolamento”, senza considerare che il locale interessato è ubicato fuori dal
centro storico, lungo i viali di circonvallazione, all’altezza di p.zza Beccaria.
Sotto altro, profilo, il provvedimento impugnato sarebbe affetto da
contraddittorietà, dal momento che la P.A. aveva in precedenza rilasciato i
titoli abilitativi per l’attività di intrattenimento musicale e per
l’occupazione di suolo pubblico, intervenendo poi con il gravato provvedimento
coercitivo, in assenza di variazioni medio tempore verificatesi.
Nessuna delle doglianze ora esposte può trovare accoglimento.
Ed invero, va anzitutto respinta la doglianza di violazione di legge per
mancanza, nella fattispecie concreta, di ogni pericolo o danno per la salute
pubblica, a nulla rilevando, in proposito, il fatto che il livello di rumorosità
prodotto dall’esercizio sarebbe udibile solo nell’appartamento soprastante, dove
abita il controinteressato sig. Annino (e dove in effetti hanno avuto luogo le
misurazioni).
In contrario si evidenzia, infatti, che nel caso di specie il Sindaco ha
esercitato il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti attribuitogli
dall’art. 9 della l. n. 447/1995: disposizione, la quale attribuisce a taluni
organi - tra cui il Sindaco - qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti
necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente, il potere di
ordinare, con provvedimento motivato, il ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria
parziale o totale di certe attività.
Orbene, secondo la giurisprudenza più recente, l’esercizio di un simile potere è
legittimo anche allorché l’ordinanza sia adottata a seguito delle segnalazioni e
degli esposti di una sola famiglia (T.A.R. Milano, Sez. IV, 27 dicembre 2007, n.
6819). Ed invero, da un lato, la tutela della salute pubblica non presuppone
necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività, ben
potendo richiedersi tutela alla P.A. anche laddove sia in discussione la salute
di una singola famiglia, o anche di una sola persona (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez.
I, 8 giugno 2006, n. 3340); dall’altro lato, non può essere certamente reputato
ordinario strumento di intervento - sul piano amministrativo - la facoltà che
l’art. 844 c.c. attribuisce al privato di adire il G.O. per far cessare le
immissioni dannose eccedenti la normale tollerabilità (T.A.R. Puglia, Lecce,
Sez. I, 24 gennaio 2006, n. 488; id., n. 3340/2006, cit.).
In altri termini, lo strumento che la legislazione di settore mette a
disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento
acustico è specificamente - nonché unicamente - il potere di ordinanza ex art. 9
della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non
attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni
comunali. Per conseguenza, è sufficiente, per l’esercizio del suddetto potere,
anche la segnalazione di un solo cittadino (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 2
aprile 2008, n. 715). Non può, dunque, obiettarsi che, date le caratteristiche
della fattispecie in esame, il Comune, una volta accertata la violazione,
avrebbe potuto e dovuto limitarsi ad irrogare una sanzione amministrativa
pecuniaria. Come visto, infatti, l’accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico, pur se non coinvolgente l’intera collettività, basta a
concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della
salute pubblica con lo strumento previsto (soltanto) dall’art. 9 cit. (T.A.R.
Puglia, Lecce, Sez. I, n. 3340/2006, cit.): strumento che costituisce
espressione della potestà regolatoria, spettante ai Comuni, di conformare
l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del
territorio comunale (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 715/2008, cit.).
Per questo verso, debbono dunque essere condivise le argomentazioni
dell’interveniente, secondo cui, ancorché nella vicenda in esame la segnalazione
sia promanata da un singolo (il sig. Annino), il provvedimento impugnato mira a
tutelare la quiete di tutto l’ambiente circostante e non certo del solo
appartamento del segnalante. Non può invece essere condivisa la tesi sostenuta
dalla difesa comunale, per la quale il Sindaco avrebbe in realtà esercitato il
potere previsto dall’art. 14, comma 2, della l. n. 447/1995 (cioè il potere di
controllo sull’osservanza delle prescrizioni attinenti il contenimento
dell’inquinamento acustico prodotto, tra l’altro, dalle sorgenti fisse), in
quanto detta disposizione non è in alcun modo richiamata nell’ordinanza
contestata, che fa riferimento in via esclusiva all’art. 9 della legge in
questione.
Da quanto ora detto si desume che, ai fini della corretta motivazione del
provvedimento impugnato, è sufficiente il riferimento al pregiudizio patito
dall’interesse pubblico alla tutela del riposo, della quiete, della salute e
delle occupazioni dei cittadini, come risultante dagli accertamenti dei livelli
di rumorosità richiamati dal provvedimento stesso. La censura di erroneità
dell’ulteriore riferimento motivazionale, contenuto nell’ordinanza sindacale,
alla preminenza attribuita all’obiettivo specifico perseguito dal Comune di
favorire la residenza ed il ripopolamento del centro storico, è quindi - in
primo luogo - del tutto irrilevante. Ciò, alla stregua del consolidato indirizzo
giurisprudenziale, in base al quale, in caso di provvedimento fondato su una
pluralità di motivazioni autonome, il venir meno di una di esse non determina
l’illegittimità dell’atto se un’altra giustificazione sia in via autonoma idonea
a sorreggerlo (cfr., "ex multis", C.d.S., Sez. V, 29 agosto 2006, n.
5039; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 8 novembre 2007, n. 6204). In secondo
luogo - ed in ogni caso - la doglianza di erroneità formulata dalla ricorrente è
priva di fondamento: infatti, l’esercizio per cui è causa è ubicato all’interno
dei viali della circonvallazione, che, per fatto notorio (regola applicabile
anche nel processo amministrativo, perchè non contrastante con il metodo
acquisitivo ivi vigente: cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 9 marzo 2004,
n. 826; id., 20 febbraio 2009, n. 1346), costituiscono il confine del centro
storico di Firenze.
In ordine, poi, alla doglianza di contraddittorietà dell’operato
dell’Amministrazione comunale, è evidente che il rilascio, da parte di
quest’ultima ed in favore della ricorrente, dei titoli abilitativi per lo
svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale e per l’occupazione del
suolo pubblico antistante il locale, in nessun modo può precludere
all’Amministrazione stessa l’esercizio di quella potestà di conformare
l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del
territorio comunale, di cui, come si è visto poc’anzi, il potere di adottare le
ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit. costituisce espressione. Ciò, senza
trascurare che, nella fattispecie in esame, il fatto nuovo medio tempore
intervenuto e giustificante l’intervento coercitivo della P.A. vi sarebbe
eccome, essendo esso rappresentato sia dall’accertamento dell’ulteriore
superamento dei limiti di immissione differenziale ammessi in periodo notturno,
sia dalla riscontrata inosservanza delle prescrizioni, il cui rispetto era stato
imposto alla ricorrente dall’ordinanza n. 520/2005.
Se ne deduce la complessiva infondatezza del primo motivo aggiunto.
Parimenti infondato è, poi, il secondo motivo, riconducibile, in sintesi, alla
censura di violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, in particolare sotto
l’aspetto dell’omessa tempestiva comunicazione del sopralluogo effettuato presso
l’abitazione soprastante e dell’omesso invito a fornire chiarimenti sugli esiti
del predetto sopralluogo. Precisa al riguardo la ricorrente che, qualora le
fosse stata data tempestiva notizia circa lo svolgimento del sopralluogo e/o
circa l’esito dello stesso, mettendola in condizione di partecipare al
procedimento, avrebbe potuto fornire indubbi chiarimenti, alla luce dei dati di
cui è in possesso sulla base della documentazione tecnica che ha acquisito
attraverso propri tecnici. In particolare, avrebbe potuto evidenziare come il
problema del superamento dei livelli di rumore consentiti dipenda non dalle
immissioni scaturenti dall’attività di intrattenimento musicale, né
dall’attività svolta dal pubblico esercizio sul suolo pubblico occupato
antistante il locale, bensì unicamente dalla peculiare ubicazione dell’esercizio
stesso, posto in una zona ad alta densità di traffico e connotata notoriamente
da un elevato tasso di rumorosità tanto diurna, quanto notturna (dovuta per
l’appunto al traffico).
In senso contrario, tuttavia, deve rilevarsi innanzitutto come le operazioni di
misurazione delle immissioni acustiche integrino un tipico esempio di
accertamento a sorpresa, per il quale trova, dunque, applicazione l’indirizzo
giurisprudenziale, secondo cui è del tutto legittimo non far precedere un simile
tipo di accertamenti dal previo avviso di avvio del procedimento, per non
rischiare di comprometterne la genuinità (C.d.S., Sez. VI, 18 maggio 2004, n.
3190; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 10 giugno 2008, n. 1961).
Peraltro, la stessa giurisprudenza tiene ferma la legittimità dell’operato della
P.A. a condizione che a tali verifiche preventive, non precedute dalla
comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990, faccia seguito, con il vero e
proprio avvio del procedimento, la comunicazione in parola. Per questo verso,
tuttavia, deve osservarsi che la ricorrente non poteva dirsi all’oscuro delle
iniziative del Comune, atteso che nel caso di specie si è trattato
dell’esecuzione di verifiche stabilite già dall’ordinanza n. 520/2005 al fine di
controllare il rispetto delle prescrizioni dettate dall’ordinanza stessa, nonché
il rispetto della normativa sull’inquinamento acustico da parte del pubblico
esercizio. Sul punto, si rinvia, infatti, a quella parte del dispositivo
dell’ordinanza n. 520/2005 recante la comunicazione “che la definitiva revoca
dell’Ordinanza n. 514 del 28/06/2005 (temporaneamente sospesa dall’ordinanza n.
520/2005) potrà avvenire successivamente alla valutazione delle misurazioni
fonometriche effettuate presso i recettori disturbati dal Corpo di Polizia
Municipale ed attestanti il ripristino (del) rispetto alla normativa
sull’inquinamento acustico”. Si rinvia, inoltre, alla parte successiva del
citato dispositivo, recante incarico, al Corpo di Polizia Municipale, “della
verifica e controllo dell’esecuzione del presente Provvedimento”, nonché del
compimento “delle misure fonometriche necessarie alla verifica del ripristinato
rispetto della normativa sull’inquinamento acustico da parte dell’attività di
che trattasi”. In ogni caso, la ricorrente è stata debitamente notiziata degli
esiti degli accertamenti condotti dall’Amministrazione, essendo stati notificati
alle persone fisiche titolari del pubblico esercizio sia i verbali n.
4546/L/2005S e n. 4549/L/2005/S, ambedue del 12 dicembre 2005, sia il verbale n.
013022/C/2005 del 21 dicembre 2005: verbali riguardanti, i primi due,
l’accertamento, in data 4 dicembre 2005, del superamento, da parte del pubblico
esercizio per cui è causa, del valore limite differenziale di immissione
acustica in ambiente abitativo in orario notturno ammesso dalla normativa; il
terzo, l’utilizzo, per la chiusura perimetrale del suolo pubblico la cui
occupazione era stata assentita, di fogli di plastica trasparenti, in difformità
da quanto autorizzato. Per quanto riguarda l’avvenuto accertamento, sempre in
data 4 dicembre 2005, dell’inosservanza delle prescrizioni contenute
nell’ordinanza n. 520/2005, relative al numero massimo di posti a sedere e di
avventori all’aperto (trenta), all’utilizzazione di bicchieri di plastica per
gli avventori nello spazio all’aperto, ed all’inibizione dell’accesso degli
avventori dalle ore 00.30, si osserva che la nota della Polizia Municipale del
22 dicembre 2005, prot. n. 31347/12/2005/M6, avente ad oggetto l’inoltro delle
risultanze degli accertamenti fonometrici, contiene l’indicazione (non
contestata dalla ricorrente) che i verbali relativi alle varie infrazioni
riscontrate erano stati notificati ad ambedue i soci amministratori della
Tormalera S.n.c. (in data - se ne desume - anteriore all’emanazione del
provvedimento gravato).
Ne discende l’infondatezza dell’ora vista doglianza, restando invece demandata
all’analisi del successivo motivo di gravame la valutazione della fondatezza o
meno delle giustificazioni che la ricorrente avrebbe potuto addurre (quelle,
cioè, concernenti l’elevata rumorosità della zona).
Passando, dunque, all’analisi del terzo ed ultimo motivo aggiunto, con esso si
contestano, in buona sostanza, le modalità di misurazione e di rilevamento
adoperate dall’Amministrazione comunale, nonché quelle di redazione del relativo
verbale. La ricorrente lamenta, inoltre, il carattere sproporzionato (ed
eccessivamente afflittivo per il privato) del provvedimento di inibitoria totale
dell’attività di intrattenimento musicale e di quella svolgentesi sul suolo
pubblico regolamente occupato.
In proposito, reputa il Collegio di dover distintamente analizzare ciascuna di
tali doglianze.
Innanzitutto, la società lamenta che la misurazione del livello di rumore
residuo è stata effettuata soltanto alle ore 03.21 e che per tal motivo essa è
non raffrontabile con le molteplici misurazioni del livello di rumore
ambientale, effettuate tutte in orario precedente e quindi in condizioni ben
diverse (cioè con maggior traffico e perciò con maggior rumorosità circostante).
Sul punto aggiunge che la misurazione del livello di rumore ambientale (definito
dall’allegato A) al d.m. 16 marzo 1998 come il livello di pressione sonora
prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un
determinato tempo, comprensivo perciò anche della sorgente disturbante) e quella
del livello di rumore residuo (definito dal predetto allegato A) come il livello
di pressione sonora che si rileva quando si esclude la specifica sorgente
disturbante) non possono essere legittimamente svolte in orari e condizioni
molto diverse tra loro, quali ad es. quella di una città in movimento per il
rientro delle persone (situazione che si sarebbe verificata durante le varie
misurazioni del livello ambientale) e quella, invece, di una città ormai
semideserta (situazione esistente al momento della misurazione del livello
residuo). Ciò, perché ogni rilevamento effettuato in condizioni di diversità di
orario tra la misura del livello residuo e quella del livello ambientale
porterebbe a risultati influenzati da contributi di rumorosità derivanti dal
traffico considerevolmente diversi. Esso sarebbe, dunque, privo di qualsiasi
significato ai fini di una valutazione corretta ed attendibile circa il
contributo effettivo proveniente dall’attività del pubblico esercizio. In
conseguenza dell’arbitraria modalità di misurazione prescelta dal Comune,
quest’ultimo sarebbe quindi pervenuto ad accertare un livello differenziale di
rumorosità eccedente quanto normativamente consentito, dovuto, tuttavia,
esclusivamente alla particolare ubicazione dell’appartamento in cui è stato
effettuato il rilevamento, posto lungo una delle principali arterie cittadine
(oltre che al periodo in cui il rilevamento è stato effettuato, caratterizzato
da flussi di traffico superiori alla media).
In altre parole, secondo la ricorrente, il fatto che la misurazione del livello
ambientale sia avvenuta in un momento anteriore della notte - e cioè in una
fascia compresa tra le ore 00.15 e le ore 02.17 - ha portato a valori più alti,
non dovuti però alle immissioni acustiche provenienti dall’esercizio, ma ai
maggiori flussi di traffico. Al contrario, la misurazione del livello residuo in
orario ben più tardo - e cioè alle ore 03.21 - ha portato naturalmente a valori
più bassi, in quanto effettuata in un momento in cui i flussi di traffico
cittadino si erano notevolmente ridotti. Pertanto, il differenziale tra i valori
del livello ambientale ed il valore del livello residuo sarebbe stato
arbitrariamente innalzato, in ragione della suesposta sfasatura temporale delle
misurazioni e sarebbe, perciò, inattendibile e, comunque, fuorviante ed
illegittimo. Ove, invece, le misurazioni del livello di rumore ambientale e di
quello residuo fossero state contestuali, o comunque condotte con identiche
modalità in orari il più possibile congruenti, i risultati sarebbero stati ben
diversi ed in ogni caso tali da comportare un livello differenziale in linea con
il limite massimo consentito: come dimostrerebbero le molteplici misurazioni
effettuate dai periti incaricati dalla ricorrente, trasfuse nelle relazioni
tecniche versate in atti.
Ad avviso del Collegio, la doglianza non è meritevole di accoglimento.
Ed invero, si può convenire, in linea di principio, con le affermazioni della
società ricorrente circa l’esigenza di evitare un’eccessiva divaricazione
temporale tra le misurazioni del livello di rumore ambientale e quella del
livello di rumore residuo, che ne altererebbe il rispettivo significato,
rendendole non comparabili. E, tuttavia, il Collegio condivide le riflessioni
svolte a proposito dei rilievi della ricorrente dall’Amministrazione resistente
(cfr. in particolare docc. 10 e b3 della difesa comunale). Quest’ultima ha
osservato sul punto come la metodologia seguita dai tecnici comunali sia stata
quella di campionare la rumorosità in un arco temporale vasto, procedendo con
misurazioni di durata prolungata, in grado di assicurare la rappresentatività
del fenomeno e l’assoluta stabilizzazione del livello di rumorosità e poi
attendendo la chiusura del locale ed il compimento delle residue operazioni da
parte dei gestori, per effettuare la misurazione del livello residuo. Infatti,
dovendosi considerare il rumore antropico prodotto dalle persone presenti
nell’area esterna oggetto di occupazione, qualsiasi intervento diretto ad
escludere tale rumore (mediante intervento della Polizia Municipale nel locale
prima della chiusura di questo), al fine di consentire la misurazione della
rumorosità residua anteriormente alla suddetta chiusura, avrebbe alterato
completamente il quadro della situazione, non consentendo più alcuna misurazione
successiva (in particolare, non consentendo l’ulteriore misurazione del livello
ambientale) se non attraverso mere simulazioni, aventi carattere di una
“rappresentazione teatrale” del fenomeno, in quanto tali, non idonee a fornire
una rappresentazione attendibile dell’evento disturbante. Come già detto in sede
di esame del secondo motivo, il Collegio ravvisa nel caso di specie un esempio
dei cd. accertamenti a sorpresa: perciò, il Collegio condivide l’affermazione
della Polizia Municipale, secondo cui è essenziale, ai fini di una
rappresentazione realistica (e dunque attendibile) degli eventi disturbanti, che
i rilievi avvengano all’insaputa del titolare dell’attività (e più in generale,
all’insaputa dei soggetti le cui emissioni acustiche vengono rilevate), allo
scopo di impedire modificazioni e/o alterazioni della situazione effettiva.
In conformità alle regole metodologiche appena esposte e con specifico
riferimento alle misurazioni effettuate il 4 dicembre 2005, la Polizia
Municipale ha quindi evidenziato:
a) di aver campionato la rumorosità ambientale per oltre due ore e quindici
minuti, procedendo con quattro misurazioni della durata di quindici minuti
ognuna (la prima iniziata alle ore 00.15, la quarta conclusa alle ore 2.32),
come tali idonee a garantire la rappresentatività del fenomeno e l’assoluta
stabilizzazione del livello di rumorosità;
b) di avere atteso la chiusura dell’esercizio per poter procedere al rilievo
della rumorosità residua, cioè in assenza della sorgente disturbante,
effettuando la relativa misurazione alle ore 03.21, ossia a meno di un’ora di
distanza dall’ultima misurazione del livello ambientale. Sul punto la Polizia
aggiunge che il rilevamento della rumorosità residua è stato compiuto alle ore
03.21 a causa del protrarsi dell’attività di intrattenimento musicale e della
presenza di avventori nell’area esterna al locale, oggetto di occupazione di
suolo pubblico, fino alle ore 03.10, e dopo che la cessazione di ogni attività
di somministrazione nel locale stesso avveniva solo alle ore 03.20;
c) di aver attenuato il peso della componente di rumorosità rappresentata dal
traffico veicolare esterno, mantenendo chiuse le finestre dell’abitazione dove
si sono svolte le misurazioni durante l’esecuzione di queste ultime. A questo
riguardo, la Polizia Municipale precisa che, essendo state effettuati i
rilevamenti a finestre chiuse, la rumorosità proveniente dall’impianto musicale
e dagli avventori posti all’interno del locale si trasmetteva prevalentemente
tramite il soffitto e le strutture murarie (con ciò dimostrandosi la necessità
di opere di bonifica strutturale, quali ad es. pannelli fonoisolanti, in grado
di spiegare una significativa efficacia riduttiva delle emissioni).
In definitiva il Collegio ritiene che nel caso di specie il Comune, svolgendo
ripetute misurazioni del livello di rumore ambientale (ciascuna di durata
prolungata), l’ultima delle quali effettuata a meno di un’ora di distanza dal
successivo rilevamento del livello di rumore residuo, abbia operato al fine di
ottenere risultati il più possibile genuini e conformi alla situazione effettiva
e nel contempo sia riuscito a contenere la divaricazione temporale tra l’ultima
misurazione del livello ambientale (ore 02.17-02.32) e quella del livello
residuo (ore 03.21) in limiti accettabili.
Sul punto, si osserva che, anche prendendo ad esclusivo riferimento la suddetta
ultima misurazione del livello ambientale, il valore differenziale rispetto al
livello residuo (pari a dB(A) 4,5) risulta superiore al limite massimo ammesso
in orario notturno dalla vigente normativa (pari a dB(A) 3). Né si può sostenere
che tra l’orario di effettuazione dell’ultima misurazione del livello ambientale
e quello di rilevamento del livello residuo vi sia stato quel radicale mutamento
delle condizioni ambientali ed in particolare dei flussi di traffico veicolare
esterno, prefigurato dalla ricorrente a supporto delle proprie tesi: ciò sia -
si ribadisce - per la ridotta divaricazione temporale tra i suddetti
rilevamenti, tale da non rendere ragionevolmente ipotizzabile un radicale
capovolgimento della situazione nei due momenti considerati; sia in ragione
della peculiare ubicazione del locale “Kitsch”, posto lungo i viali di
circonvallazione della città di Firenze (ancorché all’interno della cerchia del
centro storico) e dunque ubicato in un’area che per sua natura appare esposta in
ogni momento della giornata a significativi flussi di traffico veicolare; sia,
ancora, per l’accorgimento utilizzato dai tecnici comunali, i quali hanno
effettuato le misurazioni dall’abitazione soprastante l’esercizio tenendo chiuse
le finestre di detta abitazione e così attenuando l’apporto di rumorosità dovuto
ai predetti flussi di traffico.
A questo proposito, deve evidenziarsi che le risultanze delle misurazioni hanno
consentito di dare conto dell’inadeguatezza degli accorgimenti adottati dai
gestori dell’esercizio per quanto riguarda il contenimento delle emissioni
acustiche derivanti dall’attività di intrattenimento musicale (svolta - è da
notare - all’interno del locale): per quanto concerne, invece, l’attività svolta
all’esterno, sul suolo pubblico oggetto di occupazione, al dato del superamento
dei livelli di rumorosità consentiti va aggiunto il mancato rispetto delle
prescrizioni dettate dall’ordinanza n. 520/2005 (che, peraltro, in massima parte
ricalcano le regole descritte dallo stesso tecnico incaricato dall’odierna
ricorrente e da questi indicate come idonee ad impedire il superamento dei
limiti differenziali ammessi).
Sull’argomento, infine, è necessaria un’ultima considerazione, la cui portata
appare invero decisiva.
La ricorrente ha sostenuto nel gravame originario (facendone anche oggetto di
specifica doglianza avverso le misurazioni che avevano condotto all’emanazione
delle ordinanze oggetto del gravame stesso) la necessità che le misurazioni
siano effettuate in un arco temporale prolungato affinché possano essere davvero
idonee a rappresentare la situazione reale: le misurazioni svolte in un arco
temporale breve, a detta della stessa ricorrente, non avrebbero perciò una tale
idoneità e ciò varrebbe sia per ciascuna misurazione (che deve protrarsi per un
periodo di tempo significativo), sia per il complesso delle misurazioni. Ora,
non si vede come un tale risultato potrebbe essere ottenuto seguendo la
metodologia, del pari proposta dalla ricorrente, di una misurazione contestuale,
o quasi, del livello di rumore ambientale e di quello residuo. Infatti, come
ricorda la Polizia Municipale, è essenziale, ai fini di una rappresentazione
realistica (e non “teatrale” o comunque secondo schemi o modelli astratti) dei
fattori disturbanti, che i rilevamenti vengano svolti all’insaputa dei gestori
del pubblico esercizio (ed a fortiori degli avventori), onde impedire
modificazioni o alterazioni dello stato dei fatti. Ma per poter effettuare la
misurazione del livello di rumore residuo immediatamente dopo quella del livello
ambientale, sarebbe necessario l’intervento della Polizia Municipale nel locale
interessato, per farne cessare ogni fonte di rumore (quando non per determinarne
la chiusura anticipata), così precludendosi, tuttavia, - come si è già visto -
la possibilità di qualsiasi ulteriore misurazione del predetto livello
ambientale. Infatti, una volta resi consapevoli i gestori del pubblico esercizio
e gli avventori della presenza di tecnici comunali dediti a rilevare la
rumorosità derivante dall’esercizio stesso, è evidente che qualsiasi successiva
misurazione sarebbe falsata e comunque non in grado di dare una rappresentazione
genuina e veritiera della situazione. Da ciò consegue che la misurazione del
livello residuo potrebbe essere effettuata soltanto in (quasi) contestualità con
l’ultima concernente il livello ambientale: ad opinare diversamente, infatti,
dovendosi interrompere in via definitiva i rilevamenti del livello di rumore
ambientale, si correrebbe il rischio che questi ultimi si siano protratti per un
arco temporale complessivo troppo breve e, per tal ragione, non siano
attendibili (alla stregua di quanto sostiene la stessa ricorrente). Se per es.,
nel caso di specie, la misurazione del livello residuo fosse stata effettuata
dopo la prima, o la seconda od anche la terza misurazione del livello ambientale
(e cioè, considerato il protrarsi di queste per quindici minuti, alle ore 00.30,
o alle ore 01.15, o alle ore 01.41), sembra scontato che la ricorrente avrebbe
ugualmente contestato l’esattezza delle relative risultanze, perché ottenute in
esito a misurazioni protrattesi per un periodo di tempo troppo breve e cioè al
massimo per circa un ora e mezza, invece delle quattro ore di durata degli
accertamenti compiuti dal tecnico incaricato dalla medesima ricorrente. Ne
deriva - si ribadisce - che l’unico modo per superare una simile contestazione è
quello di misurare il livello di rumore residuo immediatamente dopo l’ultima
misurazione del livello di rumore ambientale. Ma è evidente che in questa
maniera:
a) le condizioni climatiche esterne (in specie le emissioni acustiche imputabili
ai flussi di traffico veicolare) sarebbero verosimilmente molto simili a quelle
in cui è avvenuta la misurazione effettiva del livello residuo da parte della
Polizia Municipale in occasione del sopralluogo del 4 dicembre 2005, eseguita
alla chiusura del locale alle ore 03.21 (si è già osservato che non risulta
verosimile un radicale capovolgimento delle condizioni esterne tra le ore 02.32
e le ore 03.21);
b) si tratterebbe, pertanto, di condizioni climatiche verosimilmente molto
simili a quelle di cui si lamenta la società ricorrente, imputando ad esse un
ruolo decisivo nel raggiungimento di livelli differenziali eccedenti il
consentito;
c) in ogni caso - e soprattutto - vi sarebbe comunque una rilevante
divaricazione temporale tra la misurazione del livello residuo e le misurazioni
del livello ambientale che hanno preceduto l’ultima, quantomeno quelle più
risalenti. Infatti, o si protraggono i rilevamenti per un arco temporale breve,
o vi sarà comunque una significativa divaricazione tra i primi rilevamenti del
livello ambientale ed il rilevamento di quello residuo (quasi simultaneo
all’ultimo rilevamento del livello ambientale).
In sostanza, a seguirle fino in fondo, le tesi della ricorrente conducono ad un
esito inesorabilmente contraddittorio: se si vuole avere una rappresentazione
realistica (e non “teatrale” o simulata) dello stato dei fatti, non è, invero,
possibile protrarre le misurazioni in un arco di tempo considerevole, mantenendo
nel contempo una quasi contestualità del rilevamento del rumore residuo con
quelli del rumore ambientale. Delle due, l’una: o si mantiene una breve
divaricazione temporale tra tutte le misurazioni del livello di rumore
ambientale (e non solo l’ultima) e la misurazione del livello di rumore residuo,
ma allora l’accertamento deve avere necessariamente una durata non prolungata (e
quindi è viziato per questo verso); oppure si protrae l’accertamento per un
tempo considerevole, ma allora non è possibile evitare una significativa
divaricazione temporale tra i primi rilevamenti del livello ambientale ed il
rilevamento del livello residuo (ed allora l’accertamento sarà viziato sotto
questo diverso profilo).
In definitiva, appare corretta, invece, la scelta dell’Amministrazione:
quest’ultima, nell’eseguire le misurazioni del livello ambientale in un arco
temporale piuttosto lungo (più di due ore) e nel cercare di effettuare la
misurazione del livello residuo a non grande distanza di tempo dall’ultima di
quello ambientale, attendendo, comunque, per la sua esecuzione, la chiusura del
pubblico esercizio, ha inteso garantire la massima genuinità dei risultati
ottenuti, cioè la loro massima corrispondenza alla situazione effettiva.
Se ne desume l’infondatezza della doglianza ora analizzata.
In ordine, invece, alla censura avente ad oggetto il carattere sproporzionato ed
eccessivamente afflittivo per il privato dell’ordinanza gravata, il Collegio
osserva quanto segue.
L’ordinanza n. 40/2006 è stata emanata - come già visto - a seguito di
accertamenti disposti in esecuzione della precedente ordinanza n. 520/2005, che
aveva subordinato il definitivo ritiro del provvedimento di inibitoria totale
dell’attività svolgentesi nel locale all’effettuazione di ulteriori misurazioni
fonometriche attestanti il ripristino del rispetto della normativa
sull’inquinamento acustico. Dagli accertamenti eseguiti è emerso non solo il
perdurare del superamento dei limiti di rumorosità consentiti dalla legge, ma
anche l’inosservanza di quelle prescrizioni contenute nella medesima ordinanza
n. 520/2005 (e frutto, in massima parte, di proposte della medesima società
ricorrente), che avrebbero dovuto garantire il rispetto della normativa
sull’inquinamento acustico relativamente all’attività di somministrazione svolta
nell’area antistante il locale, su suolo pubblico oggetto di occupazione
assentita. In merito, poi, all’attività di intrattenimento musicale, dagli atti
di causa è emerso in maniera incontrovertibile che questa consiste anche in
musica dal vivo, ovvero almeno prodotta da un operatore, e non solo in musica
riprodotta usata come sottofondo nel locale. Ne discende l’irrilevanza degli
accorgimenti adottati dai gestori ai fini dell’insonorizzazione ed in
particolare del blocco dell’amplificatore, di cui a ragion veduta il
controinteressato ha contestato l’efficacia, sottolineandone l’agevole
rimuovibilità. In proposito, occorre altresì aggiungere che il verbale del
sopralluogo eseguito il 15 marzo 2006, in ottemperanza all’ordinanza istruttoria
n. 26/2006 del 2 marzo 2006 - se contiene risultanze degli accertamenti
fonometrici svolti del tutto irrilevanti ai fini della presente decisione, in
quanto eseguiti anteriormente alle ore 22.00 - reca tuttavia una conferma della
facile rimuovibilità del sigillo posto al limitatore del volume (essendo detto
sigillo costituito da due smaltature aventi la consistenza del cosmetico da
unghie). Esso reca, inoltre, un’ulteriore conferma dell’inosservanza, da parte
dei gestori del locale, delle prescrizioni dettate con l’ordinanza n. 520/2005,
con particolare riguardo al numero di avventori presenti nello spazio esterno,
su suolo pubblico occupato, antistante il locale (accertati in cinquanta,
anziché in trenta, come prescritto, alle ore 20.45 e solo dopo mezz’ora, alle
ore 21.20, ridottisi a ventisette).
Anche alla luce del carattere reiterato delle violazioni accertate, si deve,
pertanto, escludere che il provvedimento impugnato abbia carattere
sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per l’odierna ricorrente. Ciò,
tenuto conto che:
a) l’inibitoria riguarda soltanto l’attività di intrattenimento musicale
condotta nel locale interessato, nonché ogni attività (compresa quindi la
somministrazione) svolta all’esterno, sul suolo pubblico regolarmente occupato,
con il corollario che non è stata in alcun modo inibita la restante attività
svolta nel locale (in particolare, l’attività di somministrazione svolgentesi
dentro il locale);
b) sotto questo aspetto, l’asserzione della ricorrente, secondo cui l’inibitoria
totale della diffusione di musica all’interno del locale equivale in sostanza “a
privare l’esercizio di quegli strumenti/servizi unanimemente riconosciuti come
indispensabili ai fini di una proficua attività” risulta del tutto pretestuosa
ed infondata, oltre che in contraddizione con quelle altre parti del gravame,
nelle quali si afferma che nel caso di specie non si sta parlando di un locale
notturno “dove il ballo e la musica ad alto volume rappresentano la principale
attrattiva”;
c) l’inibitoria ha efficacia fino al momento dell’adozione di opere di
mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumorosità consentiti:
opere, invero, non così gravose, atteso che, per quanto riguarda l’attività
svolta all’esterno, sarebbe sufficiente che i gestori dell’esercizio
assicurassero il rispetto delle condizioni da loro stessi proposte nella
relazione tecnica depositata in data 29 giugno 2005, mentre per quanto concerne
l’intrattenimento musicale, il rapporto della Polizia Municipale del 24 febbraio
2006 fornisce preziose indicazioni, facendo riferimento a pannelli fonoisolanti
da applicare sul soffitto;
d) sembra applicabile al caso di specie quanto osservato dalla giurisprudenza
con riferimento al rapporto di proporzione che deve sussistere in materia
disciplinare tra sanzione irrogata e gravità dei fatti contestati, proporzione
che costituisce oggetto di un apprezzamento discrezionale della P.A.,
suscettibile di sindacato giurisdizionale di legittimità solo in presenza di
macroscopici vizi logici (C.d.S., Sez. VI, 16 ottobre 2008, n. 5016), del tutto
assenti nella fattispecie in esame.
Si deve, pertanto, concludere che il Comune si è limitato ad inibire (fino
all’adozione di congrue misure di contenimento) non l’intera attività del
pubblico esercizio, ma le sole attività di questo maggiormente disturbanti sul
piano acustico. Per conseguenza, dovendosi escludere la fondatezza (anche) della
doglianza di sproporzione o eccessiva afflittività del provvedimento gravato, il
terzo motivo aggiunto risulta anch’esso "in toto" infondato, con il
corollario dell’integrale infondatezza della domanda di annullamento formulata
con i motivi aggiunti.
Se ne desume (a parte l’inammissibilità nell’ambito del giudizio impugnatorio)
l’infondatezza, altresì, della domanda di accertamento del diritto della
ricorrente allo svolgimento, nel pubblico esercizio di cui si discute,
dell’attività di intrattenimento musicale, sia in periodo diurno che notturno, e
di quella all’accertamento del diritto a svolgere l’attività di pubblico
esercizio (di somministrazione) nell’area pubblica antistante il locale, oggetto
di occupazione. A tal proposito, si può invero osservare che il fatto che la
ricorrente stessa, nel domandare la declaratoria del proprio diritto, condizioni
quest’ultimo al rispetto dei limiti di capienza stabiliti (evidentemente dal
Comune, quindi dall’ordinanza n. 520/2005) nella predetta area oggetto di
occupazione, rende la domanda de qua inammissibile per carenza di interesse,
perché l’intervento inibitorio del Comune si ricollega, tra l’altro, proprio
all’inosservanza dei suddetti limiti di capienza.
Deve quindi essere respinta anche la domanda di risarcimento dei danni
asseritamente derivanti alla società dall’ordinanza impugnata con i motivi
aggiunti, poiché la domanda di risarcimento dei danni postula che sia coltivato
con successo il giudizio di annullamento dei provvedimenti illegittimi (cfr.
C.d.S., A.P., 26 marzo 2003, n. 4; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 20
febbraio 2009, n. 1345).
Da ultimo, mette conto rammentare che nel ricorso originario era stata
formulata, contro gli atti con esso impugnati, specifica censura concernente
l’incompleta redazione del verbale in cui sono state trascritte le operazioni
eseguite, in particolare sotto l’aspetto della mancata indicazione dei dati
inerenti l’omologazione dello strumento adoperato per le misurazioni, la
taratura di tale strumento, la certificazione di conformità di cui alla
circolare ministeriale dell’aprile 2005 e la certificazione dell’assenza di
rumore prodotto all’interno dell’appartamento in cui si è svolto l’accertamento.
Una analoga censura non risulta formulata nei motivi aggiunti, con riferimento
ai verbali relativi alle misurazioni che hanno condotto all’adozione
dell’ordinanza gravata con i predetti motivi aggiunti. La ricorrente, infatti,
si è limitata a dolersi dell’incompletezza del verbale di accertamento sotto il
profilo della mancata indicazione, in esso, delle condizioni climatiche ed
ambientali in cui sono stati eseguiti i rilevamenti: profilo, quest’ultimo, che
per quanto sopra detto deve reputarsi tutt’altro che decisivo o comunque
rilevante. Conseguentemente, il Collegio - stante l’improcedibilità del ricorso
originario - non può prendere in alcun modo in esame la questione della corretta
compilazione del rapporto in cui vanno trascritti i risultati dei rilevamenti
compiuti, ai sensi dell’allegato D) al d.m. 16 marzo 1998 ed in particolare del
rispetto della lett. c) di detto allegato.
In conclusione, deve essere dichiarata l’improcedibilità sulla domanda di
annullamento e su quella di accertamento formulate con il gravame originario,
mentre va respinta la domanda di risarcimento dei danni con lo stesso proposta.
Parimenti, devono essere respinte tutte le domande formulate con il ricorso per
motivi aggiunti.
Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese
tra le parti, attesa la complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul
gravame in epigrafe:
a) dichiara l’improcedibilità del ricorso originario, nei termini di cui in
motivazione, respingendo la domanda di risarcimento dei danni con esso proposta;
b) respinge il ricorso per motivi aggiunti, respingendo altresì, la domanda di
risarcimento dei danni con lo stesso formulata.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 2 aprile 2009, con
l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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