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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR TOSCANA, Sez. II - 6 maggio 2009, n. 762
INQUINAMENTO - Bonifica - Procedimento - Attività istruttoria -
Partecipazione del soggetto interessato - Accertamenti analitici -
Contraddittorio. L’'attività istruttoria del procedimento di bonifica deve
prevedere la partecipazione del soggetto interessato e, in particolare, gli
accertamenti analitici devono essere effettuati in contraddittorio (T.A.R.
Lombardia Milano, sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913; T.A.R. Friuli Venezia Giulia,
27 luglio 2001, n. 488). Pres. Nicolosi, Est. Massari - Soc. Co.Sv.A.P e altri (avv.ti
Andreani e D'Addario) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio (Avv.
Stato).
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 06/05/2009, n. 762
INQUINAMENTO - Bonifica - Art. 252, c. 5, d.lgs. n. 152/2006 - Responsabilità dell’autore dell’inquinamento - Proprietario dell’area - Onere reale. L’art. 252, c. 5, del d.lgs. n. 152/2006, in tema di bonifica dei siti di interesse nazionale, non può che essere interpretato nel senso che l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento incombe solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa (nello stesso senso, l’art. 252 bis in tema di “Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale”). La norma individua, perciò, dal punto di vista di soggettivo nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del sito inquinato. Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320). A carico del proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione, invero, non grava alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale, assistite anche da privilegio speciale immobiliare (art. 253 d.lgs. n. 152/2006). Pres. Nicolosi, Est. Massari - Soc. Co.Sv.A.P e altri (avv.ti Andreani e D'Addario) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio (Avv. Stato). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 06/05/2009, n. 762
INQUINAMENTO - Messa in sicurezza d’emergenza - Finalità - Contaminazioni “repentine” - Stato di contaminazione pregressa - Imposizione della m.i.s.e. - Illegittimità. La messa in sicurezza d'emergenza (cd. m.i.s.e.) può essere disposta solo in presenza di contaminazioni «repentine» al fine di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e rimuoverle in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente, con la conseguenza che è illegittimo il provvedimento che impone la m.i.s.e. in presenza di uno stato di contaminazione pregressa, senza alcuna specifica motivazione sulla situazione di emergenza e sull'esigenza di scongiurare il rischio immediato che possano giustificare tale tipologia di intervento richiesto (T.A.R. Sardegna, sez. II, 8 ottobre 2007, n. 1809). Invero, il procedimento di bonifica è soggetto a procedure e tempi che ne assicurano la ponderazione e quindi la qualità, nel mentre la m.i.s.e. si caratterizza per essere un intervento di contenimento immediato di situazioni improvvise e quindi è regolata da una procedura di urgenza, come tale limitata, puntuale e non estensibile oltre i suoi limiti naturali, a pena del rischio di interventi frettolosi ed inappropriati che, nel tema della tutela ambientale sono, intuibilmente, completamente esclusi dal novero delle previsioni legislative (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. I, n. 1254/2007). Pres. Nicolosi, Est. Massari - Soc. Co.Sv.A.P e altri (avv.ti Andreani e D'Addario) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio (Avv. Stato). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 06/05/2009, n. 762
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00762/2009 REG.SEN.
N. 00341/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 341 del 2008, proposto da:
Soc. Co.Sv.A.P. Consorzio Sviluppo Aree Produttive, Ci Esse Elettric S.n.c.,
Sigip S.r.l., G.&G. S.a.s. di Sergio Gabbani &C., Blitz Telefonia S.a.s.,
Autocenter 2000 S.r.l., Edilizia dell'Amico S.r.l., Ditta Mgm Riparazioni di
Mario Medici, O.M.I. S.r.l., Massa Impianti S.r.l., Ditta Rossi Cesarino
Riparazioni Meccaniche in Persona del Titolare Pro Tempore, Officina
Meccanica B.B.F. di Franzoni Claudio & C. S.n.c., G.S. Diamant di Giaconi Sauro,
Detersificio Bertozzi S.a.s. di Bertozzi Giulio, Geo Tirreno S.r.l., S.T.A.P.
Società Telefonica Apuana S.r.l., rappresentati e difesi dagli avv. Antonio
Andreani, Francesco D'Addario, con domicilio eletto presso Antonio Andreani in
Firenze, via Fra' D. Buonvicini, 21;
contro
Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Distr.le dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via
degli Arazzieri 4; Regione Toscana; Direzione della Qualità della Vita del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
nei confronti di
A.R.P.A.T.- Dipartimento provinciale di Massa Carrara; Fallimento Finanziaria
Fibronit s.p.a.
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
a) del provvedimento in data 28.12.2007 prot. n. 33534/QdV/DI/VII/VIII del
Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare - Direzione Generale per la Qualità della Vita comunicato a CO.SV.A.P.
informalmente il 12.01.2008;
b) del decreto del Direttore Generale per la Qualità della Vita del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in data 28.12.2007 con il
quale sono state approvate le prescrizioni stabilite nel verbale della
Conferenza dei servizi decisoria convocata in data 31.10.2007;
c) del verbale delle determinazioni conclusive della medesima Conferenza di
Servizi decisoria svoltasi in data 30.10.2007 c/o il Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare in relazione all’area COSVAP ex Fibronit;
- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ed in
particolare:
d) della nota ARPAT in data 12.12.2006;
e) del provvedimento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare in data 23.01.2007 prot. n. 1783/QdV/DI;
f) del verbale del 26.06.2007 della Conferenza di Servizi istruttoria convocata
c/o il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in pari
data;
g) del verbale in data 26.06.2007 della Conferenza di Servizi convocata c/o il
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in pari data ai
sensi dell’art. 14 ter comma 2° L. n. 241/1990 recante esame dei “Rapporti di
prova relativi al monitoraggio dello stato qualitativo della acque di falda
sottostanti l’area CO.SV.A.P. - ex Fibronit”;
h) del verbale della Conferenza di Servizi decisoria relativa al sito di
bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 28.04.2006;
i) della nota ARPAT in data 01.06.2005;
l) del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria tenutasi c/o il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ai sensi dell’art. 14 ter
comma 2° L. n. 241/1990 in data 05.07.2005;
m) del verbale della Conferenza di Servizi decisoria tenutasi c/o il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ai sensi dell’art. 14 ter
comma 2° L. n. 241/1990 in data 28.07.2005;
n) del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria tenutasi c/o il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ai sensi dell’art. 14 ter
comma 2° L. n. 241/1990 in data 10.02.2005;
o) del verbale della Conferenza di Servizi decisoria tenutasi c/o il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ai sensi dell’art. 14 ter comma 2°
L. n. 241/1990 in data 23.04.2004;
p) del verbale della Conferenza di Servizi decisoria tenutasi c/o il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ai sensi dell’art. 14 ter comma 2°
L. n. 241/1990 in data 15.04.2004;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e Tutela
Territorio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 02/04/2009 il dott. Bernardo Massari e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Espongono le società ricorrenti di
essere aderenti al Consorzio Sviluppo Aree Produttive - COSVAP - (anch'esso
ricorrente) e di avere acquistato alcuni lotti di terreno posti all'interno
dell'area denominata ex Fibronit, un tempo sede di uno stabilimento industriale
per la produzione di lastre e tubi di cemento-amianto.
Con la legge n. 426/1998 è stato istituito il sito di bonifica di interesse
nazionale di Massa Carrara e, con decreto ministeriale 21 dicembre 1999 è stata
disposta la perimetrazione del medesimo, risultando, peraltro, l'area
destinataria di verifiche volte al suo recupero al fine di insediamento di nuovi
stabilimenti produttivi.
In data 23 dicembre 2004 il Consorzio presentava un piano di caratterizzazione e
successivamente un progetto di bonifica definitiva dell'area.
Tali piani erano sottoposti a verifica istruttoria dalla Direzione qualità della
vita del Ministero dell'ambiente che, in data 10 febbraio 2005, esprimeva parere
favorevole al progetto definitivo di bonifica con alcune prescrizioni.
La Conferenza istruttoria approvava i risultati del piano di caratterizzazione
presentato dal consorzio ricorrente, a condizione dell'effettuazione delle
controanalisi di validazione dell’ARPA, demandando inoltre a quest'ultima la
ripetizione dell'analisi sulle acque di falda, con riserva di chiedere a COSVAP
l'adozione di misure di messa in sicurezza d'emergenza della falda, nell’ipotesi
di superamento dei parametri per il cromo.
In data 28 luglio 2005, in sede di Conferenza di servizi, veniva definitivamente
approvato il piano di bonifica presentato dal consorzio e deliberato di
restituire l'area agli usi produttivi, con esclusione dell'area oggetto
dell'intervento di bonifica, estesa per circa il 10% della superficie
complessiva.
Con nota dell’1 giugno 2005 l’ARPAT di Massa Carrara comunicava al Ministero
dell'ambiente di aver effettuato un nuovo monitoraggio delle acque di falda e
prelevato campioni di terreno i cui risultati venivano esaminati nella
Conferenza di servizi istruttoria del 5 luglio 2005.
In sede di Conferenza di servizi decisoria, svoltasi il 28 aprile 2006, il
Ministero dell'ambiente prendeva atto dell'invio delle analisi di monitoraggio
semestrale inviate da COSVAP, richiedendo le correlative validazione di ARPAT,
ma nonostante la precedente decisione di restituire l'area ai suoi usi, nella
Conferenza decisoria del 26 giugno 2007 imponeva al Consorzio l'attivazione,
entro 10 giorni dalla data della conferenza, di interventi di messa in sicurezza
d'emergenza delle acque di falda, consistenti nella realizzazione di una
barriera di contenimento fisico ed un sistema idraulico di emungimento un monte
della stessa, con successivo trattamento lungo tutto il fronte dell'area a
valle. Richiedeva, inoltre, la presentazione, entro 30 giorni, di un progetto di
bonifica delle acque di falda basato sul confinamento fisico dell'intera area.
A seguito di successive indagini supplementari, il Ministero dell'ambiente
confermava in sede di Conferenza di servizi decisoria del 30 ottobre 2007,
nuovamente a carico del Consorzio, l'effettuazione degli interventi di messa in
sicurezza di emergenza già richiesti.
Infine, con il provvedimento indicato in epigrafe, emesso in data 28 dicembre
2007, il Ministero dell'ambiente approvava le prescrizioni stabilite nel verbale
della Conferenza di servizi decisoria convocata in data 31 ottobre 2007.
Contro tale atto ricorrono le società in intestazione chiedendone
l’annullamento, previa sospensione, con vittoria di spese e deducendo i motivi
che seguono:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 bis, 14 e segg. della l.
n. 241/1990. Violazione degli artt. 239 e segg. del decreto legislativo n.
152/2006. Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere per travisamento
dei fatti, difetto dei presupposti, inesistente istruttoria e inesistente
motivazione.
2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del decreto ministeriale n.
471/1999 e dell’art. 164 del decreto legislativo n. 152/2006. Incompetenza.
Eccesso di potere per difetto di presupposti, travisamento dei fatti,
inesistente motivazione, inesistente istruttoria e contraddittorietà.
3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della l. n. 241/1990.
Violazione dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 22 / 1997, degli artt.
240 e segg. del decreto legislativo n. 152/2006. Eccesso di potere per
inesistente motivazione, inesistente istruttoria, difetto di presupposti.
Incompetenza: violazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001.
4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e segg. del decreto
legislativo n. 152/2006. Violazione dell'articolo 97 della Costituzione. Eccesso
di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, inesistente
motivazione, inesistente istruttoria.
5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 23, 192, 240, 242, 243, 244,
252, 253, 311 e 313 del decreto legislativo 152/2006. Violazione e falsa
applicazione dell'allegato 3 il titolo 5°, parte IV, del decreto legislativo
1502/2006. Violazione del decreto ministeriale n. 471/1999. Violazione del
d.p.r. 12 aprile 1996. Violazione dell'art. 1 del D. Pci è 10 agosto 1988, n.
377. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Violazione del principio
del giusto procedimento. Eccesso di potere per inesistente motivazione,
istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di presupposti, violazione del
principio comunitario dell'applicazione delle migliori tecnologie a costi
sopportabili, violazione del principio di proporzionalità. Incongruità,
illogicità, irrazionalità, contraddittorietà manifeste.
6. Violazione del decreto ministeriale n. 471/1999. Eccesso di potere per
violazione del giusto procedimento. Travisamento dei fatti. Difetto di
presupposti. Inesistente motivazione. Inesistente istruttoria.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio opponendosi all’accoglimento del gravame.
Con ordinanza n. 289 depositata il 12 marzo 2008 veniva accolta la domanda
incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.
Alla pubblica udienza del 2 aprile 2009 il ricorso è stato trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in esame vengono
impugnati il provvedimento in data 28.12.2007 del Direttore Generale del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione
generale per la qualità della vita e gli atti presupposti in epigrafe precisati
relativi al procedimento a conclusione del quale è stato imposto al Consorzio
ricorrente, entro 10 giorni dalla data della conferenza, di porre in essere
interventi di messa in sicurezza d'emergenza delle acque di falda, consistenti
nella realizzazione di una barriera di contenimento fisico ed un sistema
idraulico di emungimento a monte della barriera fisica, con successivo
trattamento lungo tutto il fronte dell'area a valle della medesima, unitamente
alla presentazione, entro 30 giorni, di un progetto di bonifica delle acque di
falda basato sul confinamento fisico dell'intera area.
Il ricorso è meritevole di accoglimento.
Il provvedimento, infatti, appare viziato sotto molteplici profili.
Non risulta, in primo luogo, che sia stata consentita al Consorzio la
partecipazione al procedimento, quantomeno con riferimento alle fasi che, a
partire dalla Conferenza di servizi del 27 giugno 2007, avrebbero fatto emergere
l'esistenza di una contaminazione del terreno e della falda acquifera nell'area
di cui trattasi, sfociando nella decisione assunta nella conferenza decisoria e
poi fatta propria dal Ministero dell'ambiente.
Ciò appare particolarmente rilevante, tenuto conto da un lato della
discrezionalità tecnica sussistente nella materia, dall'altro del contrasto
palese con le prime risultanze delle indagini di caratterizzazione eseguite sul
sito, nonché della decisione che, sulla scorta di queste ultime,
l'amministrazione aveva assunto, di restituire i terreni ai loro legittimi
proprietari per gli usi produttivi per i quali erano stati acquistati.
È evidente che l'onerosità degli obblighi imposti agli interessati avrebbe
imposto di instaurare con questi un ampio contraddittorio.
E’ del tutto pacifico, infatti, che l’'attività istruttoria del procedimento di
bonifica deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato e, in
particolare, gli accertamenti analitici devono essere effettuati in
contraddittorio (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913;
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 27 luglio 2001, n. 488).
Né, d'altra parte, l'amministrazione, in virtù di quanto disposto dall'art. 21
octies della l. n. 241/1990, ha inteso fornire in giudizio la dimostrazione che,
pur con la partecipazione di controparte, il provvedimento finale non avrebbe
potuto avere un contenuto diverso da quello contestato.
Fondato si palesa, altresì, il quinto motivo con cui si lamenta l’insussistenza
dei presupposti soggettivi per l’imposizione degli obblighi di messa in
sicurezza d’emergenza e di bonifica.
Il nuovo codice dell’ambiente riprende in tema l’impostazione già seguita dal
d.lgs. n. 22/1997 il cui art. 17 stabiliva che “Chiunque cagiona, anche in
maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a),
ovvero determini un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti
medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in
sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli
impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento”.
Per quanto attiene ai procedimenti di bonifica dei siti di interesse nazionale,
l’art. 252, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006 dispone che “Nel caso in cui il
responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il
proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi
sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio…”.
La disposizione appena citata non può che essere interpretata nel senso che
l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a
fronteggiare la situazione di inquinamento incombe solamente a carico di colui
che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa (nello stesso
senso, l’art. 252 bis in tema di “Siti di preminente interesse pubblico per la
riconversione industriale”).
La norma individua, perciò, dal punto di vista di soggettivo nella
responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la
fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica
del sito inquinato.
Da ciò la giurisprudenza quasi univoca, condivisa dal Collegio, deduce la
mancanza di responsabilità, e quindi di obbligo a bonificare o di mettere in
sicurezza, del proprietario incolpevole (cfr., T.A.R Toscana, sez. II, 17 aprile
2009, n. 665; T.A.R. Veneto, sez. III, 25 maggio 2005, n. 2174; , T.A.R.
Lombardia, Milano, sez. I, 8 ottobre 2004, n. 5473; T.A.R. Campania, sez. V, 28
settembre 1998, n. 2988).
Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno
alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che
vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di
attività di recupero e di risanamento (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002,
n. 320).
L'enunciato, è d'altronde conforme al principio a cui si ispira la legislazione
comunitaria "chi inquina paga" (art. 174, ex art. 130/R, Trattato CE) che impone
a chi fa correre un rischio di inquinamento o a chi provoca un inquinamento di
sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.
A carico del proprietario dell'area inquinata non responsabile della
contaminazione, invero, non grava alcun obbligo di porre in essere gli
interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di
evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari
delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale, assistite anche
da privilegio speciale immobiliare (art. 253 d.lgs. n. 152/2006).
La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli
interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in
caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale
vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul
soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche
esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie
gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (T.A.R. Lombardia, Brescia,
16 marzo 2006, n. 291; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 luglio 2007, n.
5355).
Un’ulteriore illegittimità emerge dallo stesso motivo di impugnazione con
riferimento all’insussistenza dei presupposti per l'attivazione della procedura
di messa in sicurezza d'emergenza.
L'art. 240, comma 1, lett. b), definisce “concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che
costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del
sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5
alla parte quarta del presente decreto”.
Per contro, nella lett. c) dello stesso comma sono definite “concentrazioni
soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali,
da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di
rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte
quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di
caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la
bonifica”.
L'art. 240, comma 1, lett. m), prevede poi che la “messa in sicurezza
d'emergenza è costituita da “ogni intervento immediato o a breve termine, da
mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di
eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la
diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con
altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori
interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”.
L’art. 242 disciplina poi le procedure operative ed amministrative per gli
interventi di contenimento e bonifica dei fenomeni di inquinamento riscontrati,
avuto riguardo al superamento del livello delle concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC), ovvero del livello delle concentrazioni soglia di rischio
(CSR).
In proposito si è ritenuto che la messa in sicurezza d'emergenza (cd. m.i.s.e.)
può essere disposta solo in presenza di contaminazioni «repentine» al fine di
contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il
contatto con altre matrici presenti nel sito e rimuoverle in attesa di eventuali
ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente,
con la conseguenza di ritenere illegittimo il provvedimento che impone la
m.i.s.e. in presenza di uno stato di contaminazione pregressa, senza alcuna
specifica motivazione sulla situazione di emergenza e sull'esigenza di
scongiurare il rischio immediato che possano giustificare tale tipologia di
intervento richiesto (T.A.R. Sardegna, sez. II, 8 ottobre 2007, n. 1809).
Invero, il procedimento di bonifica è soggetto a procedure e tempi che ne
assicurano la ponderazione e quindi la qualità, nel mentre la m.i.s.e. si
caratterizza per essere un intervento di contenimento immediato di situazioni
improvvise e quindi è regolata da una procedura di urgenza, come tale limitata,
puntuale e non estensibile oltre i suoi limiti naturali, a pena del rischio di
interventi frettolosi ed inappropriati che, nel tema della tutela ambientale
sono, intuibilmente, completamente esclusi dal novero delle previsioni
legislative (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. I, n. 1254/2007).
Ora, è ampiamente noto che nel sito di interesse nazionale di Massa Carrara i
fenomeni di inquinamento, del tutto risalenti nel tempo, sono stati determinati
dalle attività industriali svolte in quelle aree da moltissimi anni, nel mentre,
con specifico riferimento ai terreni di proprietà delle società ricorrenti, non
risulta dai verbali delle conferenze istruttorie alcun riferimento a fenomeni di
carattere repentino che possano aver giustificato l'intervento richiesto.
È perciò assente nei provvedimenti impugnati la valutazione e la dimostrazione
della gravità della situazione denunciata che costituirebbe, invece, il
presupposto imprescindibile delle misure impugnate, specie se si tiene conto
che, fino alla conferenza di servizi del 28 luglio 2005, le indagini svolte
avevano consentito di escludere la presenza di livelli di contaminazione
eccedenti la soglia di rischio, tanto da aver indotto il Ministero competente a
deliberare la restituzione dei terreni ai legittimi proprietari.
Tanto appare sufficiente, con assorbimento degli ulteriori mezzi di
impugnazione, a ritenere illegittimo il provvedimento impugnato.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere accolto
conseguendone l’annullamento della determinazione dirigenziale impugnata del
28.12.2007 di approvazione delle prescrizioni stabilite nel verbale della
conferenza dei servizi del 30.10.2007.
Le spese del giudizio, fatta eccezione per l’Amministrazione regionale non
costituita in giudizio per la quale, anche in ragione del ruolo rivestito nella
controversia, è possibile disporre la compensazione, seguono la soccombenza e
sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana, Sezione 2^, definitivamente pronunciando, accoglie il
ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l'atto impugnato di cui in
motivazione.
Condanna il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al pagamento
delle spese di giudizio che si liquidano in € 3000,00 (tremila/00), comprensive
di quanto versato a titolo di contributo unificato, oltre agli accessori di
legge. Spese compensate per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 02/04/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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