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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 6 Maggio 2009, n. 772



RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Art. 192, c. 3 d.lgs. n. 152/2006. L’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati ex art. 14 d.lgs. n. 22/97 deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che questi possono fornire, almeno con riguardo all’accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti: ciò tanto più che l’esigenza di un effettivo contraddittorio tra Amministrazione procedente e tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel fatto è espressamente prevista, nelle fattispecie come quella ora in esame, dall’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente). Anche a voler ammettere che l’irrogazione della sanzione ripristinatoria ex art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997, costituisca attività vincolata (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 28 ottobre 2004, n. 1164), è tuttavia vero che, in via generale, la comunicazione ex art. 7 della l. n. 241 cit. è dovuta anche in caso di attività vincolata della P.A., quando la partecipazione del privato possa apportare un contributo sull’accertamento dei presupposti di fatto necessari per l’emanazione del provvedimento. Pres. Nicolosi, Est. De Bernardinis - R.T. (avv.ti Denarosi e Cavezzuti) c. Comune di Reggello (avv. Viciconte)T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 6 Maggio 2009, n. 772

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N.00772/2009 REG.SEN.
N. 01894/2005 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 1894 del 2005, proposto dal sig.
Rosario Timpa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Daniela Denarosi e Rita Cavezzuti e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Rosa Pisani in Firenze, via B. Lupi 14

contro

Comune di Reggello, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano Viciconte e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Firenze, v.le Mazzini 60

nei confronti di

Giusti Sergio, non costituito in giudizio

per l’annullamento,

previa sospensione dell'esecuzione,

- dell’ordinanza del Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Reggello, n. 225/05 del 5 settembre 2005, notificata il 14 settembre 2005, avente ad oggetto la realizzazione di una discarica abusiva di materiale inerte e recante ingiunzione al sig. Timpa Rosario, unitamente agli altri soggetti indicati dall’ordinanza, di procedere, nel termine di novanta giorni dalla notificazione, “alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti per i lavori indicati in oggetto ed al ripristino dello stato dei luoghi”;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggello;

Vista la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;

Viste l’ordinanza istruttoria n. 130/2005 del 15 dicembre 2005 e la documentazione depositata dal Comune di Reggello in ottemperanza alla stessa;

Vista l’ordinanza n. 169/2006 del 16 febbraio 2006, con cui è stata accolta l’istanza cautelare;

Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive tesi e difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 2 aprile 2009, il dr. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
 

FATTO
 

L’odierno ricorrente, sig. Rosario Timpa, espone che in data 14 settembre 2005 gli veniva notificata l’ordinanza n. 225/05, adottata il precedente 5 settembre dal Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Reggello, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997. Con la suddetta ordinanza è stato ingiunto all’esponente, individuato quale responsabile, assieme ai sigg.ri Barillà Felice, Gabbrielli Francesco e Dei Massimo - destinatari a propria volta dell’ordinanza - , dell’esecuzione di opere consistenti nella realizzazione di una discarica abusiva di materiale inerte (terreno derivante da scavo frammisto a materiale da demolizione edile ed altro), di provvedere entro novanta giorni dalla notificazione del provvedimento alla rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti in parola, nonché al ripristino dello stato dei luoghi. L’ordinanza de qua è indirizzata anche ai sigg.ri Giusti Sergio, Paolo, Carlo e Giorgio ed alla sig.ra Agostini Gina, quali proprietari dell’area interessata dalla realizzazione della discarica abusiva, sita in Reggello, fraz. Cancelli, località Pugliola II.

L’esponente ammette di essere stato indagato penalmente (a far tempo già da prima dell’ordinanza) per fatti connessi alla realizzazione della suddetta discarica, precisando, però, in sede di memoria conclusiva, che in relazione a tali fatti il processo penale si è definito con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

Lamentando che l’ordinanza di ripristino sopra ricordata sarebbe stata adottata esclusivamente sulla base della comunicazione del Corpo Forestale dello Stato, prot. n. 3991 del 24 maggio 2005, per l’appunto afferente l’asserita realizzazione di una discarica abusiva di materiale inerte in assenza di titolo abilitativo, senza alcun altra attività istruttoria, con il ricorso indicato in epigrafe il sig. Timpa ha impugnato l’ordinanza stessa, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.

A supporto del gravame ha dedotto i vizi di:

- violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, giacché l’Amministrazione avrebbe omesso di avvisare il ricorrente dell’inizio del procedimento che ha condotto all’adozione dell’ordinanza impugnata, senza che vi fossero ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del suddetto procedimento;

- violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, difetto di motivazione, perché il provvedimento gravato sarebbe basato solo sulla comunicazione del Corpo Forestale dello Stato, prot. n. 3991 del 24 maggio 2005, senza alcun riferimento all’espletamento di attività istruttoria da parte del Comune;

- eccesso di potere per carenza di istruttoria e per difetto dei presupposti, violazione ed errata applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997, poiché l’unica attività istruttoria svolta dal Comune sarebbe consistita nella disamina della citata comunicazione del Corpo Forestale dello Stato (di per sé generica e priva di precisazioni su fatti e condotte posti in essere dai pretesi responsabili), senza il compimento di alcun accertamento e/o ricognizione dei fatti e luoghi indicati dal Corpo Forestale dello Stato;

- violazione ed errata applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 per omessa indicazione delle operazioni da compiersi per l’adempimento dell’ordinanza, non avendo il provvedimento gravato precisato le operazioni necessarie per la rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti e per il ripristino dello stato dei luoghi, nonostante il dettato dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997.

Si è costituito in giudizio il Comune di Reggello, depositando una memoria con cui ha contestato la fondatezza del ricorso, chiedendone la reiezione, previa reiezione, altresì, dell’istanza cautelare.

Nella Camera di consiglio del 15 dicembre 2005 il Collegio, ritenuto necessario acquisire ulteriori elementi in merito agli accertamenti compiuti per individuare nel ricorrente uno dei responsabili dell’abbandono abusivo dei materiali di cui era stata ordinata la rimozione, con ordinanza n. 130/05 ha posto il relativo incombente istruttorio a carico del Comune resistente.

Il Comune ha ottemperato depositando documentazione in data 13 gennaio 2006. Il ricorrente, alla luce di tale deposito, ha prodotto una memoria integrativa, insistendo nelle conclusioni rassegnate.

Nella Camera di Consiglio del 16 febbraio 2006 il Collegio, considerata, allo stato, non accertata da parte del Comune l’effettiva addebitabilità al ricorrente dell’attività di scarico abusivo di rifiuti, e visto che la rimozione di questi era stata posta, altresì, a carico di vari altri soggetti, specificamente individuati nel provvedimento gravato, con ordinanza n. 169/2006 ha accolto l’istanza incidentale di sospensione.

In vista dell’udienza di merito ambedue le parti hanno depositato memoria difensiva. Il sig. Timpa ha inoltre depositato copia della sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Firenze n. 318/07, recante declaratoria nei suoi confronti di non luogo a procedere per il reato di cui agli artt. 51, comma 1, del d.lgs. n. 22/1997 e 181 del d.lgs. n. 42/2004 perché estinto per intervenuta prescrizione.

All’udienza del 2 aprile 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
 

DIRITTO
 

Il ricorrente impugna l’ordinanza del Comune di Reggello, con cui, essendo stato individuato quale “responsabile” della realizzazione di una discarica abusiva di materiale inerte sita nel territorio del predetto Comune, gli è stato ingiunto, unitamente agli altri soggetti parimenti individuati come “responsabili” ed ai proprietari dell’area interessata, di procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti di cui alla citata discarica, nonché al ripristino dello stato dei luoghi.

Con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, attesa l’omissione, da parte del Comune di Reggello, della comunicazione di avvio del procedimento che ha condotto all’adozione dell’ordinanza gravata. Né sarebbero esistite ragioni di impedimento all’invio della suddetta comunicazione, discendenti da particolari esigenze di celerità del procedimento, come dimostrerebbe l’intervallo tra la nota del Corpo Forestale dello Stato, costituente l’atto presupposto, e l’emanazione del provvedimento impugnato: tale intervallo proverebbe che vi erano il tempo e la possibilità per consentire al ricorrente di partecipare al procedimento, tanto più che non era stata svolta alcuna attività istruttoria (mentre invece sarebbe stato necessario accertare in capo all’odierno ricorrente - individuato quale “responsabile” - la ricorrenza del dolo o della colpa).

La censura non è meritevole di accoglimento.

In proposito, in linea di principio risultano non condivisibili le obiezioni formulate dalla difesa comunale, secondo cui, nel caso di specie, la comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990 non sarebbe stata dovuta in ragione del carattere endoprocedimentale dell’accertamento tecnico contenuto nella nota del Corpo Forestale dello Stato del 24 maggio 2005, dalla quale ha preso le mosse il procedimento sfociato nell’ordinanza gravata. Una simile argomentazione, infatti, porterebbe ad escludere sempre e comunque la sussistenza a carico della P.A. dell’obbligo di cui all’art. 7 cit. nei procedimenti volti all’emanazione dell’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati ex art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 per il solo fatto che tali procedimenti siano avviati su segnalazioni di organi istituzionalmente deputati alla tutela dell’ambiente. Si deve rammentare, tuttavia, che, secondo la giurisprudenza più recente (T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 31 gennaio 2008, n. 64), l’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati ex art. 14 cit. deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che questi possono fornire, almeno con riguardo all’accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti: ciò tanto più che l’esigenza di un effettivo contraddittorio tra Amministrazione procedente e tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel fatto è espressamente prevista, nelle fattispecie come quella ora in esame, dall’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), laddove si dispone che i controlli svolti dalla P.A. riguardo all’abbandono di rifiuti sul terreno debbano essere effettuati in contraddittorio con i privati interessati. Per la medesima ragione, risulta in linea di principio non condivisibile nemmeno l’ulteriore obiezione avanzata dalla difesa comunale, fondata sulla natura vincolata dell’ordinanza impugnata. Per di più, anche a voler ammettere che l’irrogazione della sanzione ripristinatoria ex art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997, costituisca attività vincolata (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 28 ottobre 2004, n. 1164) - peraltro, posta a tutela in via diretta e primaria del pubblico interesse, con conseguente giurisdizione del G.A. sulle relative controversie (C.d.S., A.P., 24 maggio 1007, n. 8) - è tuttavia vero che, secondo la giurisprudenza (cfr., "ex multis", T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 24 marzo 2005, n. 692), in via generale la comunicazione ex art. 7 della l. n. 241 cit. è dovuta anche in caso di attività vincolata della P.A., quando la partecipazione del privato possa apportare un contributo sull’accertamento dei presupposti di fatto necessari per l’emanazione del provvedimento.

La mancata specificazione, nel provvedimento impugnato, delle ragioni di urgenza e/o particolari esigenze di celerità del procedimento, impedisce, inoltre, di considerare applicabile la suddetta esimente dall’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, prevista dal medesimo art. 7 della l. n. 241/1990, atteso che la preminenza delle ragioni di urgenza del provvedimento sul diritto alla partecipazione presuppone una rigorosa e puntuale motivazione da parte dell’Amministrazione in ordine alle particolari esigenze di celerità che giustificano l’omessa comunicazione (C.d.S., Sez. VI, 30 maggio 2008, n. 2616). La previsione dell’art. 192, comma 3, cit. del Codice dell’Ambiente sembra, inoltre, impedire la possibilità di un’esclusione dell’avviso ex art. 7 cit. basata su esigenze di celerità esistenti "in re ipsa" nella fattispecie considerata e che, pertanto, non richiedono di essere esternate con apposita motivazione.

Nondimeno, nella vicenda in esame, per quanto si dirà di seguito ed ove si acceda alla tesi del carattere vincolato del provvedimento impugnato, trova applicazione l’art. 21-octies, comma 2, prima parte, della l. n. 241/1990, ai sensi del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento stesso, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, 14 settembre 2006, n. 3969). Il carattere procedimentale del vizio lamentato consente, infatti, di applicare alla fattispecie la disposizione ora menzionata, in ragione soprattutto - come meglio si vedrà in sede di analisi del terzo motivo - del contenuto della documentazione depositata dal Comune in data 13 gennaio 2006 in ottemperanza all’ordinanza collegiale n. 130/2005.

Alla medesima conclusione si giungerebbe, peraltro, anche laddove si volesse ritenere applicabile alla fattispecie non la prima, ma la seconda parte dell’art. 21-octies, comma 2, cit., in base alla quale “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. La disposizione in parola risulta applicabile qualora all’ordinanza gravata si riconosca contenuto discrezionale (cfr. C.G.A.R.S., Sez. Giur., 28 dicembre 2006, n. 874). Infatti - come si è già evidenziato - il fatto che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, è dimostrato dalla documentazione prodotta dal Comune in data 13 gennaio 2006: è stata, dunque, la stessa Pubblica Amministrazione - sia pure non spontaneamente, ma in ottemperanza ad un incombente istruttorio disposto dal Collegio (particolare che, però, non sembra significativo ai fini che qui interessano) - a fornire la prova richiesta dall’art. 21-octies, comma 2, seconda parte, della l. n. 241/1990, le cui prescrizioni risultano, perciò, rispettate.

Se ne deduce l’infondatezza del primo motivo di ricorso.

Passando al secondo motivo, con lo stesso viene dedotta la violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 per il difetto di motivazione da cui sarebbe affetta l’ordinanza impugnata. Il ricorrente evidenzia, in particolare, che il Comune si sarebbe limitato a richiamare la comunicazione del Corpo Forestale dello Stato prot. n. 3991 del 24 maggio 2005, senza far riferimento all’espletamento, ad opera del Comune medesimo, di alcuna attività istruttoria.

La doglianza è palesemente infondata, atteso che - come osserva giustamente la difesa comunale - nel caso di specie sussistono tutti i requisiti della motivazione "per relationem": tipologia di motivazione pienamente legittima alla stregua del nostro ordinamento giuridico, che la prevede espressamente all’art. 3, comma 3, della l. n. 241/1990. Detta disposizione stabilisce, infatti, che “se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama”.

La giurisprudenza ha chiarito che l’art. 3, comma 3, cit. subordina l’ammissibilità della motivazione "per relationem" all’assolvimento di due soli obblighi: il primo, indefettibile, concernente il richiamo espresso all’altro atto, che contiene la motivazione e, se necessario, la precisa indicazione delle parti cui si intende fare riferimento; il secondo, consistente nella messa disposizione, in visione o in copia, dell’atto richiamato, azionabile solo ad istanza di parte (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 settembre 2008, n. 8049). Ed infatti, il “rendere disponibile” l’atto richiamato non comporta necessariamente la sua allegazione al provvedimento principale, essendo all’uopo sufficiente che tale atto possa essere acquisito tramite il procedimento di accesso ai documenti amministrativi (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 2 settembre 2005, n. 6534; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 26 ottobre 2006, n. 2080).

Orbene, nel caso di specie tutti i requisiti surriferiti sono stati rispettati, in quanto: 1) l’ordinanza impugnata richiama espressamente la comunicazione del Corpo Forestale dello Stato su cui si basa, sintetizzandone il contenuto rilevante ai fini della sua adozione e citandone gli estremi, in modo da garantirne la “disponibilità” nel senso sopra indicato; 2) la suddetta comunicazione è stata in effetti resa disponibile al ricorrente, avendo questi potuto acquisirne copia tramite accesso agli atti, copia che poi è stata versata in atti (doc. n. 4 allegato al ricorso). Vero è che nella comunicazione de qua il Corpo Forestale dello Stato riferisce di aver svolto accertamenti sulla discarica abusiva di materiale inerte realizzata nel territorio comunale di Reggello, identificando i responsabili, tra cui l’odierno ricorrente, senza però specificare quali siano stati i menzionati accertamenti; tuttavia detta lacuna è ben spiegabile - ed è giustificata - in ragione della pendenza, sui fatti in questione, di un’indagine penale: circostanza, quest’ultima, di cui il ricorrente era perfettamente consapevole, avendo egli ricevuto, anteriormente alla stessa ordinanza impugnata, un’informazione di garanzia in relazione a tali fatti, come rammentato nel gravame. E, peraltro, la lacuna documentale esistente a tal riguardo è stata colmata con il ricordato deposito documentale del 13 gennaio 2006.

Se ne desume l’infondatezza della doglianza ora analizzata.

Passando al terzo motivo, con questo viene dedotta la carenza di istruttoria, in quanto il Comune di Reggello non avrebbe eseguito, di suo, alcuna verifica, accertamento o ricognizione sui fatti e sui luoghi indicati dal Corpo Forestale dello Stato, in particolare non accertando l’attribuibilità (sotto il profilo del dolo o della colpa) al ricorrente della realizzazione della discarica abusiva. Né sul punto sarebbe di alcuna utilità la comunicazione del Corpo Forestale dello Stato da cui ha preso le mosse il procedimento sfociato nell’ordinanza impugnata, atteso che la stessa si limita ad individuare allo stato i responsabili, senza però precisare quali siano i fatti e le condotte da ciascuno di essi poste in essere. Nelle successive memorie il ricorrente torna sul punto, evidenziando che:

a) i documenti depositati dal Comune resistente in ottemperanza all’ordinanza istruttoria di questo Tribunale n. 130/2005 (i quali, al momento in cui furono formati, sarebbero stati nell’esclusiva disponibilità della Procura della Repubblica) non avrebbero potuto essere autonomamente utilizzati a supporto dell’ordine di ripristino, se non previa allegazione agli atti del procedimento iniziatosi con la comunicazione del Corpo Forestale;

b) tali documenti confermerebbero l’illegittimità dell’operato del Comune, per non avere questo eseguito nessuno specifico accertamento diretto od indiretto delle azioni e/o omissioni e delle conseguenti responsabilità dei soggetti nei cui confronti è stato emesso l’ordine di ripristino;

c) i documenti in parola, peraltro formatisi solo nella fase delle indagini preliminari, avrebbero in ogni caso un contenuto talmente generico ed indefinito, da non poter in alcun modo supplire, sia pure tardivamente, ad un’istruttoria in precedenza omessa;

d) infine, all’omissione di istruttoria da parte del Comune di Reggello non potrebbe più porre rimedio l’indagine penale, atteso che in relazione ai fatti considerati dall’ordinanza impugnata, il processo penale si è concluso con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, con il corollario dell’impossibilità, ormai, di accertare le responsabilità degli interessati.

Nessuna delle censure ora riportate può, a ben vedere, essere condivisa.

Ed invero, la giurisprudenza è costante nel sottolineare che il vigente codice di procedura penale, secondo i criteri volti a ridurre l’efficacia del giudicato penale in ambito extrapenale contenuti nella legge delega (art. 2, nn. 22, 25 e 53) ed in consonanza con gli interventi della Corte costituzionale sugli artt. 25, 27 e 28 del codice previgente, si è riferito alle sole sentenze dibattimentali irrevocabili di condanna o di assoluzione quali sentenze suscettibili di espletare efficacia nei giudizi civili od amministrativi (cfr. in specie gli artt. 651, 652 e 654 c.p.p.): a siffatte sentenze non si può in alcun modo equiparare quella di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione, trattandosi di sentenza di proscioglimento e non di condanna o di assoluzione (Cass. civ., Sez. lav., 5 agosto 2005, n. 16559; id., Sez. III, 10 maggio 2000, n. 5945), pur potendosi tener conto, in sede extrapenale, di tutti gli elementi di prova acquisiti, nel rispetto del contraddittorio tra le parti, in sede penale (Cass. civ., Sez. lav., n. 16559/2005, cit.).

Nella vicenda in esame, perciò, non essendovi alcuna preclusione derivante dall’esito del processo penale, il Collegio è libero di valutare gli elementi acquisiti agli atti, compresa - ovviamente - la documentazione acquisita a seguito dell’incombente istruttorio disposto con l’ordinanza collegiale n. 130/2005.

Nello specifico, in adempimento alla suddetta ordinanza, il Comune ha inviato la documentazione fornita dal Corpo Forestale dello Stato e su cui si era fondato l’accertamento, da parte del predetto Corpo Forestale, della responsabilità dell’odierno ricorrente, sig. Rosario Timpa, unitamente ad altri soggetti, nella realizzazione della discarica abusiva per cui è causa. Tale documentazione dimostra, ad avviso del Collegio, la fondatezza di detto accertamento. Nel senso dell’individuazione del sig. Timpa come corresponsabile della realizzazione della discarica depongono, infatti, sia il verbale di sommarie informazioni ex art. 351 c.p.p., assunte dal medesimo sig. Timpa in data 12 maggio 2004, sia le annotazioni della Polizia Giudiziaria sulle intercettazioni telefoniche relative al procedimento penale n. 19695/02 (docc. 4 e 5 del deposito comunale).

Orbene, da tale documentazione emerge un ruolo attivo del ricorrente nell’attività di scarico abusivo nel sito in discorso del materiale proveniente da scavo, quale diretto esecutore di detta attività, come emerge dalle ammissioni fatte dall’interessato in sede di assunzione delle sommarie informazioni ex art. 351 c.p.p.; nello stesso senso depongono, poi, sia pure soltanto indirettamente, le intercettazioni telefoniche, da cui si ricava che il ricorrente è al corrente delle attività di scarico di materiali nel sito in parola ed anzi ne dà più compiuta notizia al pubblico ufficiale coinvolto nella vicenda.

Contrariamente alle tesi contenute nel ricorso, gli elementi raccolti dal Corpo Forestale dello Stato devono, quindi, ritenersi esaustivi ed idonei a basarvi l’individuazione dell’odierno ricorrente quale “responsabile” dei fatti ascrittigli: si tratta, invero, di elementi da cui si ricava indubbiamente anche un profilo di colpevolezza, a titolo di dolo, in capo al ricorrente stesso. Il Comune, pertanto, attesi gli elementi esistenti, non poteva ritenersi tenuto ad alcun ulteriore approfondimento istruttorio, che in quella fase (e considerata l’esigenza, costante in materia ambientale, di intervenire con urgenza) avrebbe integrato piuttosto un aggravamento del procedimento, contrastante con il divieto di cui al comma 2 dell’art. 1 della l. n. 241/1990.

Se ne deduce l’infondatezza dell’ora visto motivo di ricorso.

Ulteriore corollario è che, una volta individuato il sig. Timpa come soggetto corresponsabile della realizzazione della discarica abusiva, nei suoi confronti non poteva che essere emanata l’ordinanza gravata, la quale, quindi, non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello che in concreto ha avuto: viene, così, confermato quanto si è già osservato in sede di analisi del primo motivo circa l’applicabilità alla fattispecie della regola di non annullabilità del provvedimento gravato contenuta nell’art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990.

Passando, infine, all’analisi del quarto ed ultimo motivo, con lo stesso si deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato per non avere esso precisato le operazioni da eseguirsi per la rimozione, l’avvio a recupero e lo smaltimento dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi. Ciò, in contrasto con il dettato dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997, che imporrebbe alla P.A. di specificare le predette operazioni.

La doglianza non è meritevole di accoglimento.

Nel caso di specie, invero, va pienamente condiviso quanto affermato dalla difesa comunale, per la quale, trattandosi della realizzazione di una discarica abusiva attraverso il deposito non autorizzato di materiale inerte, le indicazioni fornite dalla P.A. (rimozione, avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi) riguardo alle operazioni da compiere, devono considerarsi già sufficientemente esaurienti nell’elencare i comportamenti necessari al fine di eliminare i rifiuti illegittimamente depositati sul suolo interessato, senza bisogno di maggiori dettagli: ciò, anche per evitare che un’indicazione eccessivamente minuziosa delle condotte da tenere potesse rivelarsi, in realtà, controproducente. L’avere attribuito ampi spazi di discrezionalità alle scelte dei privati, del resto, si configurava come l’unica soluzione praticabile in presenza di una molteplicità di destinatari dell’ordinanza, avendo il Comune posto solamente un vincolo di scopo e lasciato, poi, ai predetti destinatari la scelta di come eventualmente ripartirsi i compiti per ottenere il risultato prefissato.

Anche l’ultimo motivo di gravame risulta, perciò, infondato.

In definitiva, il ricorso è nel suo complesso infondato e, come tale, deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Reggello di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), più I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 2 aprile 2009, con l’intervento dei Magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Bernardo Massari, Consigliere

Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/05/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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