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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 6 Maggio 2009, n. 772
RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Ordinanza di rimozione dei rifiuti
abbandonati - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Art. 192, c.
3 d.lgs. n. 152/2006. L’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati ex
art. 14 d.lgs. n. 22/97 deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio ai
soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale
che questi possono fornire, almeno con riguardo all’accertamento delle effettive
responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti: ciò tanto più che l’esigenza
di un effettivo contraddittorio tra Amministrazione procedente e tutti i
soggetti a vario titolo coinvolti nel fatto è espressamente prevista, nelle
fattispecie come quella ora in esame, dall’art. 192, comma 3, del d.lgs. n.
152/2006 (Codice dell’Ambiente). Anche a voler ammettere che l’irrogazione della
sanzione ripristinatoria ex art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997, costituisca
attività vincolata (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 28 ottobre 2004, n. 1164), è
tuttavia vero che, in via generale, la comunicazione ex art. 7 della l. n. 241
cit. è dovuta anche in caso di attività vincolata della P.A., quando la
partecipazione del privato possa apportare un contributo sull’accertamento dei
presupposti di fatto necessari per l’emanazione del provvedimento. Pres.
Nicolosi, Est. De Bernardinis - R.T. (avv.ti Denarosi e Cavezzuti) c. Comune di
Reggello (avv. Viciconte)T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 6 Maggio 2009, n. 772
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.00772/2009 REG.SEN.
N. 01894/2005 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1894 del 2005, proposto dal sig.
Rosario Timpa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Daniela Denarosi e Rita
Cavezzuti e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Rosa Pisani in
Firenze, via B. Lupi 14
contro
Comune di Reggello, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Gaetano Viciconte e con domicilio eletto presso lo studio dello
stesso, in Firenze, v.le Mazzini 60
nei confronti di
Giusti Sergio, non costituito in giudizio
per l’annullamento,
previa sospensione dell'esecuzione,
- dell’ordinanza del Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Reggello,
n. 225/05 del 5 settembre 2005, notificata il 14 settembre 2005, avente ad
oggetto la realizzazione di una discarica abusiva di materiale inerte e recante
ingiunzione al sig. Timpa Rosario, unitamente agli altri soggetti indicati
dall’ordinanza, di procedere, nel termine di novanta giorni dalla notificazione,
“alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti per i
lavori indicati in oggetto ed al ripristino dello stato dei luoghi”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggello;
Vista la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, presentata in via
incidentale dal ricorrente;
Viste l’ordinanza istruttoria n. 130/2005 del 15 dicembre 2005 e la
documentazione depositata dal Comune di Reggello in ottemperanza alla stessa;
Vista l’ordinanza n. 169/2006 del 16 febbraio 2006, con cui è stata accolta
l’istanza cautelare;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle
rispettive tesi e difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 2 aprile 2009, il dr. Pietro De
Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
L’odierno ricorrente, sig. Rosario
Timpa, espone che in data 14 settembre 2005 gli veniva notificata l’ordinanza n.
225/05, adottata il precedente 5 settembre dal Responsabile del Settore
Urbanistica del Comune di Reggello, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997.
Con la suddetta ordinanza è stato ingiunto all’esponente, individuato quale
responsabile, assieme ai sigg.ri Barillà Felice, Gabbrielli Francesco e Dei
Massimo - destinatari a propria volta dell’ordinanza - , dell’esecuzione di
opere consistenti nella realizzazione di una discarica abusiva di materiale
inerte (terreno derivante da scavo frammisto a materiale da demolizione edile ed
altro), di provvedere entro novanta giorni dalla notificazione del provvedimento
alla rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti in parola, nonché al
ripristino dello stato dei luoghi. L’ordinanza de qua è indirizzata anche ai
sigg.ri Giusti Sergio, Paolo, Carlo e Giorgio ed alla sig.ra Agostini Gina,
quali proprietari dell’area interessata dalla realizzazione della discarica
abusiva, sita in Reggello, fraz. Cancelli, località Pugliola II.
L’esponente ammette di essere stato indagato penalmente (a far tempo già da
prima dell’ordinanza) per fatti connessi alla realizzazione della suddetta
discarica, precisando, però, in sede di memoria conclusiva, che in relazione a
tali fatti il processo penale si è definito con sentenza di non luogo a
procedere per intervenuta prescrizione.
Lamentando che l’ordinanza di ripristino sopra ricordata sarebbe stata adottata
esclusivamente sulla base della comunicazione del Corpo Forestale dello Stato,
prot. n. 3991 del 24 maggio 2005, per l’appunto afferente l’asserita
realizzazione di una discarica abusiva di materiale inerte in assenza di titolo
abilitativo, senza alcun altra attività istruttoria, con il ricorso indicato in
epigrafe il sig. Timpa ha impugnato l’ordinanza stessa, chiedendone
l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.
A supporto del gravame ha dedotto i vizi di:
- violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, giacché l’Amministrazione avrebbe
omesso di avvisare il ricorrente dell’inizio del procedimento che ha condotto
all’adozione dell’ordinanza impugnata, senza che vi fossero ragioni di
impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del suddetto
procedimento;
- violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, difetto di motivazione, perché il
provvedimento gravato sarebbe basato solo sulla comunicazione del Corpo
Forestale dello Stato, prot. n. 3991 del 24 maggio 2005, senza alcun riferimento
all’espletamento di attività istruttoria da parte del Comune;
- eccesso di potere per carenza di istruttoria e per difetto dei presupposti,
violazione ed errata applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997, poiché
l’unica attività istruttoria svolta dal Comune sarebbe consistita nella disamina
della citata comunicazione del Corpo Forestale dello Stato (di per sé generica e
priva di precisazioni su fatti e condotte posti in essere dai pretesi
responsabili), senza il compimento di alcun accertamento e/o ricognizione dei
fatti e luoghi indicati dal Corpo Forestale dello Stato;
- violazione ed errata applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 per
omessa indicazione delle operazioni da compiersi per l’adempimento
dell’ordinanza, non avendo il provvedimento gravato precisato le operazioni
necessarie per la rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti e per il
ripristino dello stato dei luoghi, nonostante il dettato dell’art. 14 del d.lgs.
n. 22/1997.
Si è costituito in giudizio il Comune di Reggello, depositando una memoria con
cui ha contestato la fondatezza del ricorso, chiedendone la reiezione, previa
reiezione, altresì, dell’istanza cautelare.
Nella Camera di consiglio del 15 dicembre 2005 il Collegio, ritenuto necessario
acquisire ulteriori elementi in merito agli accertamenti compiuti per
individuare nel ricorrente uno dei responsabili dell’abbandono abusivo dei
materiali di cui era stata ordinata la rimozione, con ordinanza n. 130/05 ha
posto il relativo incombente istruttorio a carico del Comune resistente.
Il Comune ha ottemperato depositando documentazione in data 13 gennaio 2006. Il
ricorrente, alla luce di tale deposito, ha prodotto una memoria integrativa,
insistendo nelle conclusioni rassegnate.
Nella Camera di Consiglio del 16 febbraio 2006 il Collegio, considerata, allo
stato, non accertata da parte del Comune l’effettiva addebitabilità al
ricorrente dell’attività di scarico abusivo di rifiuti, e visto che la rimozione
di questi era stata posta, altresì, a carico di vari altri soggetti,
specificamente individuati nel provvedimento gravato, con ordinanza n. 169/2006
ha accolto l’istanza incidentale di sospensione.
In vista dell’udienza di merito ambedue le parti hanno depositato memoria
difensiva. Il sig. Timpa ha inoltre depositato copia della sentenza del G.I.P.
presso il Tribunale di Firenze n. 318/07, recante declaratoria nei suoi
confronti di non luogo a procedere per il reato di cui agli artt. 51, comma 1,
del d.lgs. n. 22/1997 e 181 del d.lgs. n. 42/2004 perché estinto per intervenuta
prescrizione.
All’udienza del 2 aprile 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorrente impugna l’ordinanza
del Comune di Reggello, con cui, essendo stato individuato quale “responsabile”
della realizzazione di una discarica abusiva di materiale inerte sita nel
territorio del predetto Comune, gli è stato ingiunto, unitamente agli altri
soggetti parimenti individuati come “responsabili” ed ai proprietari dell’area
interessata, di procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo
smaltimento dei rifiuti di cui alla citata discarica, nonché al ripristino dello
stato dei luoghi.
Con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990,
attesa l’omissione, da parte del Comune di Reggello, della comunicazione di
avvio del procedimento che ha condotto all’adozione dell’ordinanza gravata. Né
sarebbero esistite ragioni di impedimento all’invio della suddetta
comunicazione, discendenti da particolari esigenze di celerità del procedimento,
come dimostrerebbe l’intervallo tra la nota del Corpo Forestale dello Stato,
costituente l’atto presupposto, e l’emanazione del provvedimento impugnato: tale
intervallo proverebbe che vi erano il tempo e la possibilità per consentire al
ricorrente di partecipare al procedimento, tanto più che non era stata svolta
alcuna attività istruttoria (mentre invece sarebbe stato necessario accertare in
capo all’odierno ricorrente - individuato quale “responsabile” - la ricorrenza
del dolo o della colpa).
La censura non è meritevole di accoglimento.
In proposito, in linea di principio risultano non condivisibili le obiezioni
formulate dalla difesa comunale, secondo cui, nel caso di specie, la
comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990 non sarebbe stata dovuta in ragione
del carattere endoprocedimentale dell’accertamento tecnico contenuto nella nota
del Corpo Forestale dello Stato del 24 maggio 2005, dalla quale ha preso le
mosse il procedimento sfociato nell’ordinanza gravata. Una simile
argomentazione, infatti, porterebbe ad escludere sempre e comunque la
sussistenza a carico della P.A. dell’obbligo di cui all’art. 7 cit. nei
procedimenti volti all’emanazione dell’ordinanza di rimozione di rifiuti
abbandonati ex art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 per il solo fatto che tali
procedimenti siano avviati su segnalazioni di organi istituzionalmente deputati
alla tutela dell’ambiente. Si deve rammentare, tuttavia, che, secondo la
giurisprudenza più recente (T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 31 gennaio
2008, n. 64), l’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati ex art. 14 cit.
deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio ai soggetti interessati,
stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che questi possono
fornire, almeno con riguardo all’accertamento delle effettive responsabilità per
l’abusivo deposito di rifiuti: ciò tanto più che l’esigenza di un effettivo
contraddittorio tra Amministrazione procedente e tutti i soggetti a vario titolo
coinvolti nel fatto è espressamente prevista, nelle fattispecie come quella ora
in esame, dall’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente),
laddove si dispone che i controlli svolti dalla P.A. riguardo all’abbandono di
rifiuti sul terreno debbano essere effettuati in contraddittorio con i privati
interessati. Per la medesima ragione, risulta in linea di principio non
condivisibile nemmeno l’ulteriore obiezione avanzata dalla difesa comunale,
fondata sulla natura vincolata dell’ordinanza impugnata. Per di più, anche a
voler ammettere che l’irrogazione della sanzione ripristinatoria ex art. 14,
comma 3, del d.lgs. n. 22/1997, costituisca attività vincolata (cfr. T.A.R.
Abruzzo, L’Aquila, 28 ottobre 2004, n. 1164) - peraltro, posta a tutela in via
diretta e primaria del pubblico interesse, con conseguente giurisdizione del
G.A. sulle relative controversie (C.d.S., A.P., 24 maggio 1007, n. 8) - è
tuttavia vero che, secondo la giurisprudenza (cfr., "ex multis", T.A.R.
Lombardia, Milano, Sez. II, 24 marzo 2005, n. 692), in via generale la
comunicazione ex art. 7 della l. n. 241 cit. è dovuta anche in caso di attività
vincolata della P.A., quando la partecipazione del privato possa apportare un
contributo sull’accertamento dei presupposti di fatto necessari per l’emanazione
del provvedimento.
La mancata specificazione, nel provvedimento impugnato, delle ragioni di urgenza
e/o particolari esigenze di celerità del procedimento, impedisce, inoltre, di
considerare applicabile la suddetta esimente dall’obbligo di comunicazione
dell’avvio del procedimento, prevista dal medesimo art. 7 della l. n. 241/1990,
atteso che la preminenza delle ragioni di urgenza del provvedimento sul diritto
alla partecipazione presuppone una rigorosa e puntuale motivazione da parte
dell’Amministrazione in ordine alle particolari esigenze di celerità che
giustificano l’omessa comunicazione (C.d.S., Sez. VI, 30 maggio 2008, n. 2616).
La previsione dell’art. 192, comma 3, cit. del Codice dell’Ambiente sembra,
inoltre, impedire la possibilità di un’esclusione dell’avviso ex art. 7 cit.
basata su esigenze di celerità esistenti "in re ipsa" nella fattispecie
considerata e che, pertanto, non richiedono di essere esternate con apposita
motivazione.
Nondimeno, nella vicenda in esame, per quanto si dirà di seguito ed ove si
acceda alla tesi del carattere vincolato del provvedimento impugnato, trova
applicazione l’art. 21-octies, comma 2, prima parte, della l. n. 241/1990, ai
sensi del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di
norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata
del provvedimento stesso, sia palese che il suo contenuto dispositivo non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. T.A.R.
Toscana, Sez. I, 14 settembre 2006, n. 3969). Il carattere procedimentale del
vizio lamentato consente, infatti, di applicare alla fattispecie la disposizione
ora menzionata, in ragione soprattutto - come meglio si vedrà in sede di analisi
del terzo motivo - del contenuto della documentazione depositata dal Comune in
data 13 gennaio 2006 in ottemperanza all’ordinanza collegiale n. 130/2005.
Alla medesima conclusione si giungerebbe, peraltro, anche laddove si volesse
ritenere applicabile alla fattispecie non la prima, ma la seconda parte
dell’art. 21-octies, comma 2, cit., in base alla quale “il provvedimento
amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio
del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto
del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato”. La disposizione in parola risulta applicabile qualora all’ordinanza
gravata si riconosca contenuto discrezionale (cfr. C.G.A.R.S., Sez. Giur., 28
dicembre 2006, n. 874). Infatti - come si è già evidenziato - il fatto che il
contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato, è dimostrato dalla documentazione prodotta dal
Comune in data 13 gennaio 2006: è stata, dunque, la stessa Pubblica
Amministrazione - sia pure non spontaneamente, ma in ottemperanza ad un
incombente istruttorio disposto dal Collegio (particolare che, però, non sembra
significativo ai fini che qui interessano) - a fornire la prova richiesta
dall’art. 21-octies, comma 2, seconda parte, della l. n. 241/1990, le cui
prescrizioni risultano, perciò, rispettate.
Se ne deduce l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Passando al secondo motivo, con lo stesso viene dedotta la violazione dell’art.
3 della l. n. 241/1990 per il difetto di motivazione da cui sarebbe affetta
l’ordinanza impugnata. Il ricorrente evidenzia, in particolare, che il Comune si
sarebbe limitato a richiamare la comunicazione del Corpo Forestale dello Stato
prot. n. 3991 del 24 maggio 2005, senza far riferimento all’espletamento, ad
opera del Comune medesimo, di alcuna attività istruttoria.
La doglianza è palesemente infondata, atteso che - come osserva giustamente la
difesa comunale - nel caso di specie sussistono tutti i requisiti della
motivazione "per relationem": tipologia di motivazione pienamente
legittima alla stregua del nostro ordinamento giuridico, che la prevede
espressamente all’art. 3, comma 3, della l. n. 241/1990. Detta disposizione
stabilisce, infatti, che “se le ragioni della decisione risultano da altro atto
dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla
comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma
della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama”.
La giurisprudenza ha chiarito che l’art. 3, comma 3, cit. subordina
l’ammissibilità della motivazione "per relationem" all’assolvimento di
due soli obblighi: il primo, indefettibile, concernente il richiamo espresso
all’altro atto, che contiene la motivazione e, se necessario, la precisa
indicazione delle parti cui si intende fare riferimento; il secondo, consistente
nella messa disposizione, in visione o in copia, dell’atto richiamato,
azionabile solo ad istanza di parte (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4
settembre 2008, n. 8049). Ed infatti, il “rendere disponibile” l’atto richiamato
non comporta necessariamente la sua allegazione al provvedimento principale,
essendo all’uopo sufficiente che tale atto possa essere acquisito tramite il
procedimento di accesso ai documenti amministrativi (cfr. T.A.R. Lazio, Roma,
Sez. II ter, 2 settembre 2005, n. 6534; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 26
ottobre 2006, n. 2080).
Orbene, nel caso di specie tutti i requisiti surriferiti sono stati rispettati,
in quanto: 1) l’ordinanza impugnata richiama espressamente la comunicazione del
Corpo Forestale dello Stato su cui si basa, sintetizzandone il contenuto
rilevante ai fini della sua adozione e citandone gli estremi, in modo da
garantirne la “disponibilità” nel senso sopra indicato; 2) la suddetta
comunicazione è stata in effetti resa disponibile al ricorrente, avendo questi
potuto acquisirne copia tramite accesso agli atti, copia che poi è stata versata
in atti (doc. n. 4 allegato al ricorso). Vero è che nella comunicazione de qua
il Corpo Forestale dello Stato riferisce di aver svolto accertamenti sulla
discarica abusiva di materiale inerte realizzata nel territorio comunale di
Reggello, identificando i responsabili, tra cui l’odierno ricorrente, senza però
specificare quali siano stati i menzionati accertamenti; tuttavia detta lacuna è
ben spiegabile - ed è giustificata - in ragione della pendenza, sui fatti in
questione, di un’indagine penale: circostanza, quest’ultima, di cui il
ricorrente era perfettamente consapevole, avendo egli ricevuto, anteriormente
alla stessa ordinanza impugnata, un’informazione di garanzia in relazione a tali
fatti, come rammentato nel gravame. E, peraltro, la lacuna documentale esistente
a tal riguardo è stata colmata con il ricordato deposito documentale del 13
gennaio 2006.
Se ne desume l’infondatezza della doglianza ora analizzata.
Passando al terzo motivo, con questo viene dedotta la carenza di istruttoria, in
quanto il Comune di Reggello non avrebbe eseguito, di suo, alcuna verifica,
accertamento o ricognizione sui fatti e sui luoghi indicati dal Corpo Forestale
dello Stato, in particolare non accertando l’attribuibilità (sotto il profilo
del dolo o della colpa) al ricorrente della realizzazione della discarica
abusiva. Né sul punto sarebbe di alcuna utilità la comunicazione del Corpo
Forestale dello Stato da cui ha preso le mosse il procedimento sfociato
nell’ordinanza impugnata, atteso che la stessa si limita ad individuare allo
stato i responsabili, senza però precisare quali siano i fatti e le condotte da
ciascuno di essi poste in essere. Nelle successive memorie il ricorrente torna
sul punto, evidenziando che:
a) i documenti depositati dal Comune resistente in ottemperanza all’ordinanza
istruttoria di questo Tribunale n. 130/2005 (i quali, al momento in cui furono
formati, sarebbero stati nell’esclusiva disponibilità della Procura della
Repubblica) non avrebbero potuto essere autonomamente utilizzati a supporto
dell’ordine di ripristino, se non previa allegazione agli atti del procedimento
iniziatosi con la comunicazione del Corpo Forestale;
b) tali documenti confermerebbero l’illegittimità dell’operato del Comune, per
non avere questo eseguito nessuno specifico accertamento diretto od indiretto
delle azioni e/o omissioni e delle conseguenti responsabilità dei soggetti nei
cui confronti è stato emesso l’ordine di ripristino;
c) i documenti in parola, peraltro formatisi solo nella fase delle indagini
preliminari, avrebbero in ogni caso un contenuto talmente generico ed
indefinito, da non poter in alcun modo supplire, sia pure tardivamente, ad
un’istruttoria in precedenza omessa;
d) infine, all’omissione di istruttoria da parte del Comune di Reggello non
potrebbe più porre rimedio l’indagine penale, atteso che in relazione ai fatti
considerati dall’ordinanza impugnata, il processo penale si è concluso con
sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, con il
corollario dell’impossibilità, ormai, di accertare le responsabilità degli
interessati.
Nessuna delle censure ora riportate può, a ben vedere, essere condivisa.
Ed invero, la giurisprudenza è costante nel sottolineare che il vigente codice
di procedura penale, secondo i criteri volti a ridurre l’efficacia del giudicato
penale in ambito extrapenale contenuti nella legge delega (art. 2, nn. 22, 25 e
53) ed in consonanza con gli interventi della Corte costituzionale sugli artt.
25, 27 e 28 del codice previgente, si è riferito alle sole sentenze
dibattimentali irrevocabili di condanna o di assoluzione quali sentenze
suscettibili di espletare efficacia nei giudizi civili od amministrativi (cfr.
in specie gli artt. 651, 652 e 654 c.p.p.): a siffatte sentenze non si può in
alcun modo equiparare quella di non doversi procedere perché il reato è estinto
per prescrizione, trattandosi di sentenza di proscioglimento e non di condanna o
di assoluzione (Cass. civ., Sez. lav., 5 agosto 2005, n. 16559; id., Sez. III,
10 maggio 2000, n. 5945), pur potendosi tener conto, in sede extrapenale, di
tutti gli elementi di prova acquisiti, nel rispetto del contraddittorio tra le
parti, in sede penale (Cass. civ., Sez. lav., n. 16559/2005, cit.).
Nella vicenda in esame, perciò, non essendovi alcuna preclusione derivante
dall’esito del processo penale, il Collegio è libero di valutare gli elementi
acquisiti agli atti, compresa - ovviamente - la documentazione acquisita a
seguito dell’incombente istruttorio disposto con l’ordinanza collegiale n.
130/2005.
Nello specifico, in adempimento alla suddetta ordinanza, il Comune ha inviato la
documentazione fornita dal Corpo Forestale dello Stato e su cui si era fondato
l’accertamento, da parte del predetto Corpo Forestale, della responsabilità
dell’odierno ricorrente, sig. Rosario Timpa, unitamente ad altri soggetti, nella
realizzazione della discarica abusiva per cui è causa. Tale documentazione
dimostra, ad avviso del Collegio, la fondatezza di detto accertamento. Nel senso
dell’individuazione del sig. Timpa come corresponsabile della realizzazione
della discarica depongono, infatti, sia il verbale di sommarie informazioni ex
art. 351 c.p.p., assunte dal medesimo sig. Timpa in data 12 maggio 2004, sia le
annotazioni della Polizia Giudiziaria sulle intercettazioni telefoniche relative
al procedimento penale n. 19695/02 (docc. 4 e 5 del deposito comunale).
Orbene, da tale documentazione emerge un ruolo attivo del ricorrente
nell’attività di scarico abusivo nel sito in discorso del materiale proveniente
da scavo, quale diretto esecutore di detta attività, come emerge dalle
ammissioni fatte dall’interessato in sede di assunzione delle sommarie
informazioni ex art. 351 c.p.p.; nello stesso senso depongono, poi, sia pure
soltanto indirettamente, le intercettazioni telefoniche, da cui si ricava che il
ricorrente è al corrente delle attività di scarico di materiali nel sito in
parola ed anzi ne dà più compiuta notizia al pubblico ufficiale coinvolto nella
vicenda.
Contrariamente alle tesi contenute nel ricorso, gli elementi raccolti dal Corpo
Forestale dello Stato devono, quindi, ritenersi esaustivi ed idonei a basarvi
l’individuazione dell’odierno ricorrente quale “responsabile” dei fatti
ascrittigli: si tratta, invero, di elementi da cui si ricava indubbiamente anche
un profilo di colpevolezza, a titolo di dolo, in capo al ricorrente stesso. Il
Comune, pertanto, attesi gli elementi esistenti, non poteva ritenersi tenuto ad
alcun ulteriore approfondimento istruttorio, che in quella fase (e considerata
l’esigenza, costante in materia ambientale, di intervenire con urgenza) avrebbe
integrato piuttosto un aggravamento del procedimento, contrastante con il
divieto di cui al comma 2 dell’art. 1 della l. n. 241/1990.
Se ne deduce l’infondatezza dell’ora visto motivo di ricorso.
Ulteriore corollario è che, una volta individuato il sig. Timpa come soggetto
corresponsabile della realizzazione della discarica abusiva, nei suoi confronti
non poteva che essere emanata l’ordinanza gravata, la quale, quindi, non avrebbe
potuto avere contenuto diverso da quello che in concreto ha avuto: viene, così,
confermato quanto si è già osservato in sede di analisi del primo motivo circa
l’applicabilità alla fattispecie della regola di non annullabilità del
provvedimento gravato contenuta nell’art. 21-octies, comma 2, della l. n.
241/1990.
Passando, infine, all’analisi del quarto ed ultimo motivo, con lo stesso si
deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato per non avere esso precisato
le operazioni da eseguirsi per la rimozione, l’avvio a recupero e lo smaltimento
dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi. Ciò, in contrasto con il
dettato dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997, che imporrebbe alla P.A.
di specificare le predette operazioni.
La doglianza non è meritevole di accoglimento.
Nel caso di specie, invero, va pienamente condiviso quanto affermato dalla
difesa comunale, per la quale, trattandosi della realizzazione di una discarica
abusiva attraverso il deposito non autorizzato di materiale inerte, le
indicazioni fornite dalla P.A. (rimozione, avvio a recupero o smaltimento dei
rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi) riguardo alle operazioni da
compiere, devono considerarsi già sufficientemente esaurienti nell’elencare i
comportamenti necessari al fine di eliminare i rifiuti illegittimamente
depositati sul suolo interessato, senza bisogno di maggiori dettagli: ciò, anche
per evitare che un’indicazione eccessivamente minuziosa delle condotte da tenere
potesse rivelarsi, in realtà, controproducente. L’avere attribuito ampi spazi di
discrezionalità alle scelte dei privati, del resto, si configurava come l’unica
soluzione praticabile in presenza di una molteplicità di destinatari
dell’ordinanza, avendo il Comune posto solamente un vincolo di scopo e lasciato,
poi, ai predetti destinatari la scelta di come eventualmente ripartirsi i
compiti per ottenere il risultato prefissato.
Anche l’ultimo motivo di gravame risulta, perciò, infondato.
In definitiva, il ricorso è nel suo complesso infondato e, come tale, deve
essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul
ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Reggello di spese ed
onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi € 2.000,00
(duemila/00), più I.V.A. e C.P.A., come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 2 aprile 2009, con
l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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