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T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71



V.I.A. - Regione Umbria - Art. 5, c. 2 L. r. n. 11/98 - Documentazione da allegare alla domanda di v.i.a. - Dichiarazione del Sindaco sulla compatibilità urbanistica - Natura dell’atto - Valutazioni tecnico discrezionali relative alla compatibilità paesaggistica ed ambientale - Estraneità - Limiti di discrezionalità. L’articolo 5, comma 2, della l.r. Umbria n. 11/1998 comprende, tra la documentazione da allegare alla domanda di v.i.a., la “dichiarazione del sindaco sulla compatibilità urbanistica dell'opera”. Tale atto, al pari di un “certificato di destinazione urbanistica”, non fa che dichiarare, a seguito di mera ricognizione e con riferimento ad una determinata area, le prescrizioni di carattere oggettivo e vincolato che costituiscono il tipico contenuto della pianificazione urbanistica comunale. Nell’ambito dei limitati margini di apprezzamento tecnico che possono residuare al Comune - in relazione alle previsioni dettate nei propri strumenti urbanistici generali - non rientrano certo le valutazioni tecnico-discrezionali alla luce di parametri generali ed opinabili, quali quelli che presiedono alle valutazioni di compatibilità paesaggistica ed ambientale. La discrezionalità, in merito, viene esercitata a monte, in sede di pianificazione, attraverso la classificazione omogenea delle zone e la individuazione della disciplina di trasformazione e destinazione d’uso coerente con ogni tipologia. Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71

V.I.A. - Regione Umbria - L. r. n. 11/98 - Conferenza di servizi - Amministrazioni interessate - Valutazione dei profili di compatibilità ambientale - Relazione conclusiva - Giudizio di impatto ambientale. E’nella conferenza di servizi, alla quale partecipano tutte le amministrazioni pubbliche interessate - vale a dire, secondo l’elencazione dell’articolo 6, comma 3 L.R. n. 11/98: la provincia e i comuni nel cui territorio è prevista la realizzazione dell'opera; gli enti di gestione delle aree naturali protette ricomprese nel progetto; i comuni confinanti, adiacenti al territorio in cui è prevista la realizzazione dell'opera; gli organi competenti del Ministero dell’ambiente e del Ministero per i beni e le attività culturali; oltre all’agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ed ai responsabili dei servizi regionali competenti - che viene effettuata, anche tenendo conto della partecipazione del proponente e degli altri interessati, la valutazione dei profili di “compatibilità ambientale” (espressione che, nella disciplina italiana della v.i.a., comprende sia la valutazione degli impatti ambientali, sia quella degli impatti paesaggistici). Ed è in relazione alle determinazioni assunte nella conferenza di servizi che viene redatta una relazione conclusiva, sulla base della quale, ai sensi dell’articolo 6, citato, commi 5, e 7, viene adottato il provvedimento contenente il “giudizio di impatto ambientale”. Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71

V.I.A. - Regione Umbria - L.R. n. 11/98 - Dichiarazione di non compatibilità anticipata dal Comune rispetto alla sede ad essa propria - Portata lesiva. In seno al procedimento di v.i.a. - disciplinato in Umbria dalla l.r. n. 11/98 - una dichiarazione di “non compatibilità”, in quanto discendente da una valutazione di compatibilità intempestivamente formulata (anticipata) dal Comune rispetto alla sede ad essa propria ( conferenza di servizi), appare viziata e suscettibile di assumere portata lesiva, in quanto idonea ad indurre in errore l’amministrazione regionale sulla ricevibilità dell’istanza, o quanto meno a ritardare lo svolgimento del procedimento di v.i.a.. Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71


V.I.A. - Conferenza di servizi - Interesse procedimentale del proponente - Provvedimento adeguatamente motivato. L’interesse procedimentale del proponente non può essere circoscritto ad ottenere, in esito alla conferenza di servizi, una valutazione di impatto ambientale positiva, ma riguarda anche l’ottenimento di un provvedimento il più possibile motivato, in esito al pieno ed esauriente confronto con le amministrazioni coinvolte, al fine di orientare gli ulteriori sviluppi procedimentali (presentazione di un diverso progetto) o le eventuali azioni giurisdizionali (impugnazione dell’esito della conferenza). Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71


BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincoli paesaggistici ed ambientali - Recepimento nel P.R.G. - Assunzione della natura di vincoli urbanistici - Esclusione - Ragioni. I vincoli paesaggistici ed ambientali in senso proprio, non divengono vincoli (meramente) urbanistici per il solo fatto di essere recepiti nel P.R.G., ma mantengono la loro natura - di vincoli dichiarativi ad effetto costitutivo non sottoposto a termine, in quanto discendenti non da una scelta discrezionale dell’amministrazione, bensì da qualità intrinseche del bene tutelato, che il provvedimento di vincolo deve soltanto riconoscere e dichiarare; ciò che, li distingue nettamente dai vincoli urbanistici in senso proprio, i quali - ancorché possano essere ispirati da analoghe finalità di salvaguardia del paesaggio o dell’ambiente- non si sottraggono, qualora siano preordinati all’espropriazione o comunque rivestano carattere sostanzialmente espropriativo, all’alternativa tra temporaneità ed indennizzabilità (cfr., riassuntivamente, Corte Cost., 20 maggio 1999, n. 179). Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - URBANISTICA ED EDILIZIA - Tutela del paesaggio e dell’ambiente - Governo del territorio - Tutela differenziata - Interessi sovraordinati. Quantunque sia tuttora riscontrabile, in dottrina e nella prassi politica, la tendenza ad assorbire la tutela del paesaggio e dell’ambiente all’interno della materia dell’urbanistica (o come oggi si usa dire, del governo del territorio), la Corte Costituzionale ha più volte ribadito, anche di recente, che dette tutele concernono interessi pubblici distinti, sottoposti a tutela differenziata e sovraordinati rispetto a quelli sottesi al razionale assetto del territorio (cfr. sentt. 5 maggio 2006, n. 182, 7 novembre 2007, n. 367 e 30 maggio 2008, n. 180). Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincoli paesaggistici e ambientali - Potestà legislativa esclusiva statale - Normativa - D.lgs. n. 42/2004, d.lgs. n. 152/2006, L. n. 394/1991 - Competenze amministrative - stato e Regioni - Subdelega agli enti locali. L’imposizione (mediante piani o provvedimenti puntuali) e l’applicazione dei vincoli paesaggistici ed ambientali, sono oggi disciplinate, in attuazione della potestà esclusiva statale prevista dall’articolo 117, comma secondo, lettera s), Cost., da organiche normative statali: il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d.lgs. 42/2004 (e successive modifiche di cui ai decreti 157/2006 e 63/2008); il “t.u. ambientale” di cui al d.lgs. 152/2006 e s.m.i.; la normativa sulle aree naturali protette, di cui alla legge 394/1991, e s.m.i. Le relative competenze amministrative, spettano allo Stato ed alle Regioni (anche se è diffusa la pratica della subdelega o del conferimento dei poteri autorizzatori agli enti locali). Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Conferenza di servizi - Valenza acceleratoria e valutazione integrata degli interessi pubblici e privati. La conferenza di servizi non può essere intesa quale mera occasione di raccolta contestuale, o entro un termine prefissato, di atti e valutazioni adottati autonomamente dalle diverse amministrazioni interessate. Oltre alla valenza acceleratoria, il significato di questo modello procedimentale sta nel consentire una valutazione integrata degli interessi pubblici e privati implicati nella scelta amministrativa, facendo emergere le reciproche interrelazioni. Sia che si acceda alla configurazione della conferenza di servizi come “luogo” deputato al “bilanciamento” degli interessi pubblici e privati sottesi ad una decisione amministrativa (nel senso della ponderazione, discrezionale, del peso di interessi contrapposti); sia che, invece, si ritenga la conferenza uno strumento di scambio di informazioni e valutazioni, volto a migliorare la completezza e consapevolezza delle decisioni che ogni amministrazione assumerà nell’esercizio della discrezionalità tecnica, con riferimento esclusivo alla cura dell’interesse pubblico primario affidato alla sua cura; in ogni caso, la necessità che tutti i partecipanti dispongano degli atti e degli elementi rilevanti e possano esprimere la propria opinione al riguardo, costituisce principio indefettibile del modello procedimentale. Pres. Lignani, Est. Ungari - G. s.p.a. (avv. Pianesi) c. Comune di spoleto (avv. Marcucci) e altri (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 4 marzo 2009, n. 71

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N.00071/2009 REG.SEN.
N. 00386/2007 REG.RIC.
N. 00090/2008 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


I) sul ricorso numero di registro generale 386 del 2007, proposto da:
Gamesa Energia Italia S.p.A., con sede in Roma, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Pianesi, con domicilio eletto presso Carlo Calvieri in Perugia, via Bartolo, 43;

contro

- Comune di Spoleto, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Marcucci, anche domiciliatario in Perugia, via Bartolo, 10;
- Dirigente dello Sportello Unico Impresa e Cittadino del Comune Spoleto;
- Dirigente della Direzione Pianificazione Urbanistica del Comune di Spoleto;
- Regione Umbria;
- Provincia di Perugia, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Minciaroni, anche domiciliatario in Perugia, piazza Italia, 11;


II) sul ricorso numero di registro generale 90 del 2008, proposto da:
Gamesa Energia Italia S.p.A., con sede in Roma, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Pianesi, con domicilio eletto presso Carlo Calvieri in Perugia, via Bartolo, 43;

contro

- Regione Umbria;
- Comune di Spoleto, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Marcucci, anche domiciliatario in Perugia, via Bartolo, 10;

per l'annullamento

I) quanto al ricorso n. 386 del 2007:

- del certificato di compatibilità urbanistica rilasciato dallo sportello unico Impresa e Cittadino del Comune di Spoleto alla società ricorrente in data 27 agosto 2007, nella parte in cui si dichiara non compatibile per alcune aree l’intervento proposto dalla società ricorrente, nonché del parere della Direzione Pianificazione Urbanistica in pari data, ivi riportato;

- dell’articolo 36, comma 6, del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Perugia, approvato con deliberazione del Consiglio provinciale n. 59 in data 23 luglio 2002;

II) quanto al ricorso n. 90 del 2008:

- della determinazione dirigenziale n . 11022 in data 28 novembre 2007 del responsabile del Servizio Programmi per l’Assetto del Territorio della Direzione Regionale Ambiente, Territorio e Infrastrutture della Regione Umbria, nonché della relazione conclusiva in data 21 novembre 2007 e del verbale della conferenza dei servizi in data 16 aprile 2007, sottostanti;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti;


Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Spoleto;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Perugia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17/12/2008 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


1. La società ricorrente ha elaborato un progetto per la realizzazione, in territorio del Comune di Spoleto (dorsali dei monti Acetella, Acquasalce, Rascino e Cupiano), del “Parco Eolico Acetella”, composto da 27 aerogeneratori.

L’area è classificata come zona agricola (spazio rurale) in base al vigente P.R.G., ed è individuata quale “sito eolico potenziale” ai fini dell’installazione di impianti eolici dal Piano Energetico Regionale adottato dalla Regione Umbria con deliberazione consiliare n. 402 in data 21 luglio 2004.

2. Una prima controversia tra la società ricorrente ed il Comune di Spoleto - concernente il certificato di compatibilità urbanistica necessario per attivare la procedura di v.i.a. ai sensi dell’articolo 5 della l.r. 11/1998 - è stata decisa da questo Tribunale con la sentenza 15 giugno 2007, n. 518.

La ricorrente aveva impugnato il certificato in data 9 novembre 2006, nel quale il Comune affermava la mancanza di compatibilità urbanistica, per il solo fatto che la pianificazione comunale non prevedesse aree idonee alla realizzazione di parchi eolici.

Questo Tribunale ha annullato detto certificato, affermando che, in base all’articolo 12, comma 7, del d.lgs. 387/2003, gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili possono essere ubicati in aree aventi destinazione agricola, laddove il Comune (come avviene nel caso in questione) non abbia previsto, in applicazione della medesima disposizione, aree specificamente destinate alla realizzazione di simili impianti.

La sentenza è passata in giudicato.

3. Vengono ora in esame due ricorsi concernenti la successiva riattivazione del procedimento, che possono essere riuniti ai fini di un’unica decisione, stante l’evidente connessione oggettiva, oltre che soggettiva.

3.1. Il Comune ha infatti rilasciato in data 27 agosto 2008 un nuovo certificato di compatibilità urbanistica, nel quale viene certificata l’incompatibilità : a) “per le aree poste sui crinali e relative fasce di rispetto, sulle quali sono previsti aerogeneratori, ai sensi di quanto disposto dall’art. 35, comma 6, del PTCP approvato con deliberazione di Consiglio Provinciale n. 59 del 23/07/02”; b) “per le aree poste all’interno delle zone agricole classificate “zone boschive”, sulle quali sono previsti cavidotti, ai sensi di quanto stabilito dall’atto di indirizzo regionale approvato con deliberazione di Giunta n. 729 del 11/05/05” (e la compatibilità per le restanti aree classificate “di particolare interesse urbanistico ambientale”).

3.2. La procedura di v.i.a. regionale, dopo un’unica seduta della conferenza di servizi prevista dall’articolo 6 della l.r. 11/1998, in data 16 aprile 2007, era stata sospesa in attesa dell’esito del giudizio sulla legittimità del primo certificato.

Acquisito il suddetto nuovo certificato, è intervenuta la determinazione dirigenziale regionale n. 11022 in data 28 novembre 2007, che ha espresso un giudizio negativo in ordine alla compatibilità ambientale del progetto.

Ciò, tenuto conto della relazione conclusiva in data 21 novembre 2007, “redatta sulla base delle risultanze emerse in sede di Conferenza dei Servizi, e delle controdeduzioni prodotte nel merito dalla Soc. (…) nonché del successivo pronunciamento del Comune di Spoleto (…)”; e “considerato che il progetto, così come predisposto, risulta incompatibile sotto il profilo paesaggistico e naturalistico alla luce del quadro di indirizzo programmatico di riferimento come evidenziato nei provvedimenti del Comune di Spoleto, competente ai sensi della l.r. 31/97 alla autorizzazione paesaggistica ai sensi del DLgs. 42/2004, con particolare riferimento alle interferenze visuali che si hanno da Spoleto e verso Spoleto (…)”.

4. La società ricorrente, lamentando che il certificato in data 27 agosto 2008 impedisca di fatto la realizzazione del progetto, con il primo dei ricorsi in esame (n. 386/2007) lo impugna - nella parte concernente l’incompatibilità di alcune aree - unitamente all’articolo 35, comma 6, del P.T.C.P. della Provincia di Perugia.

4.1. Sostiene anzitutto che vi sia stata violazione o elusione del giudicato, e che quindi il certificato sia nullo ai sensi dell’articolo 21-septies della legge 241/1990.

Il Collegio osserva che, con la sentenza n. 518/2007, si è affermato che simili impianti «possono essere localizzati, senza distinzione (almeno, per quanto riguarda la compatibilità urbanistica) in tutte le zone agricole» e si è rilevato che «non risultano vincoli tali da precludere a priori l’installazione; in ogni caso, la compatibilità dell’installazione con la tutela dei valori ambientali e culturali del territorio (…) dovrà essere valutata nell’ambito della v.i.a.».

La censura in esame è appunto incentrata sul contrasto del nuovo certificato con dette affermazioni.

Tuttavia, tali affermazioni - ovviamente, formulate dal Tribunale sulla base delle conoscenze ritraibili dal fascicolo processuale - non riguardano l’oggetto dell’impugnazione decisa con la sentenza e costituiscono un “obiter dictum” - concernente ulteriori valutazioni che, in ordine alla compatibilità degli impianti, avrebbero potuto eventualmente essere formulate dal Comune; oppure, l’ulteriore sviluppo del procedimento in sede regionale - giustificato da esigenze di completezza espositiva.

La controversia riguardava infatti soltanto la legittimità di un certificato urbanistico, nel quale il Comune di Spoleto aveva affermato la non compatibilità dell’area in quanto classificata dal P.R.G. come zona agricola; il Comune si era limitato ad opporre tale rilievo ostativo, e non aveva palesato nel certificato - né, comunque, ciò era desumibile dagli altri atti acquisiti al giudizio - l’esistenza di vincoli diversi da quelli (meramente) urbanistici, derivanti dalla pianificazione sovracomunale a tutela del paesaggio e dell’ambiente.

Deve perciò ritenersi che dal giudicato non nasca alcun vincolo tra le parti in ordine alla valutazione di detti ultimi profili, tale da comportare la nullità (o l’illegittimità) della statuizione del Comune ad essi riferibile, oggi impugnata.

4.2. La ricorrente lamenta poi che gli aspetti considerati nel certificato a fini limitativi (incidenza sulle visuali o sulle zone boschive) non riguardano la compatibilità urbanistica, bensì la compatibilità paesaggistica o ambientale dell’area prescelta; profili che dovranno essere considerati nell’ambito della conferenza di servizi prevista dalla procedura di v.i.a., alla quale (ai sensi dell’articolo 6, della l.r. 1998) partecipano sia il Comune di Spoleto che la Provincia di Perugia.

In realtà, il certificato impugnato, sulla base di un orientamento politico-amministrativo pregiudizialmente contrario all’installazione, mira ad impedire che la procedura di v.i.a. venga effettuata.

Sussisterebbe dunque un contrasto rispetto alle disposizioni che disciplinano la valutazione dei progetti di impianti energetici da fonti rinnovabili, esprimendo un favor per la loro realizzazione - articolo 12 del d.lgs. 387/2003, legge 10/1991, Direttiva 2001/77/CEE, Protocollo di Kyoto, Piano Energetico Regionale - oltre che rispetto agli artt. 41 e 97 Cost., nonché l’eccesso di potere sotto vari profili.

Inoltre, quanto alla valenza degli specifici profili di incompatibilità prospettati nel certificato, la ricorrente sostiene che :

a) la prescrizione di cui all’articolo 35, comma 6, del P.T.C.P., costituisce un vincolo ormai decaduto per decorso del termine quinquennale di efficacia, ai sensi dell’articolo 9 del d.P.R. 327/2001.

b) l’atto di indirizzo regionale n. 729/2005 contiene mere indicazioni di massima, ma comunque si limita a prevedere che gli impianti vengano posizionati “di norma” fuori dalle zone boscate o “ai margini delle medesime” (come avviene, a dire della ricorrente, nel progetto presentato).

4.2.1. Il Collegio osserva che l’articolo 5, comma 2, della l.r. 11/1998, tra la documentazione da allegare alla domanda di v.i.a., comprende (alla lettera e), la “dichiarazione del sindaco sulla compatibilità urbanistica dell'opera”.

E’ ragionevole supporre che la completezza della documentazione richiesta dall’articolo 5, comma 2, costituisca condizione di procedibilità della domanda, tanto che il successivo articolo 6, al comma 1, prevede che “Accertata la completezza della documentazione, si procede all'istruttoria della domanda mediante una conferenza dei servizi”.

Peraltro, è nella conferenza di servizi, alla quale partecipano tutte le amministrazioni pubbliche interessate - vale a dire, secondo l’elencazione dell’articolo 6, comma 3: la provincia e i comuni nel cui territorio è prevista la realizzazione dell'opera; gli enti di gestione delle aree naturali protette ricomprese nel progetto; i comuni confinanti, adiacenti al territorio in cui è prevista la realizzazione dell'opera; gli organi competenti del Ministero dell’ambiente e del Ministero per i beni e le attività culturali; oltre all’agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ed ai responsabili dei servizi regionali competenti - che viene effettuata, anche tenendo conto della partecipazione del proponente e degli altri interessati, la valutazione dei profili di “compatibilità ambientale” (espressione che, nella disciplina italiana della v.i.a., comprende sia la valutazione degli impatti ambientali, sia quella degli impatti paesaggistici).

Ed è in relazione alle determinazioni assunte nella conferenza di servizi che viene redatta una relazione conclusiva, sulla base della quale, ai sensi dell’articolo 6, citato, commi 5, e 7, viene adottato il provvedimento contenente il “giudizio di impatto ambientale”.

4.2.2. Essendo questa la sequenza procedimentale, occorre attribuire alla “dichiarazione” di compatibilità urbanistica prevista dall’articolo 5, comma 2, una portata ristretta.

In realtà, al pari di un “certificato di destinazione urbanistica”, tale atto non fa che dichiarare, a seguito di mera ricognizione e con riferimento ad una determinata area, le prescrizioni di carattere oggettivo e vincolato che costituiscono il tipico contenuto della pianificazione urbanistica comunale.

A seguito delle previsioni dettate da ogni singolo Comune nei propri strumenti urbanistici generali, possono residuare, in sede applicativa, limitati margini di apprezzamento tecnico. Così avviene, ad esempio, nell’individuazione dell’esatta perimetrazione del sito, soprattutto se in relazione ad una cartografia redatta non in grande scala; oppure, in presenza di un complesso di norme tecniche di attuazione suscettibili di diverse interpretazioni. Ma non si tratterà mai di effettuare una valutazione tecnico discrezionale alla luce di parametri generali ed opinabili, quali quelli che presiedono alle valutazioni di compatibilità paesaggistica ed ambientale. La discrezionalità viene esercitata a monte, in sede di pianificazione, attraverso la classificazione omogenea delle zone e la individuazione della disciplina di trasformazione e destinazione d’uso coerente con ogni tipologia.

4.2.3. D’altra parte, la circostanza che gli strumenti urbanistici comunali, non soltanto non possano derogare alle prescrizioni dei piani paesaggistici e ambientali predisposti a livello provinciale, regionale o dagli enti gestori delle aree naturali protette; ma, anzi, debbano adeguare le proprie previsioni a dette prescrizioni di livello sovracomunale, recependo l’esistenza dei vincoli e la relativa disciplina applicativa (una vicenda analoga si verifica per altre pianificazioni di settore sovraodrinate, quali i piani di bacino), non trasforma la natura di dette prescrizioni.

In altri termini, i vincoli paesaggistici ed ambientali in senso proprio, non divengono vincoli (meramente) urbanistici per il solo fatto di essere recepiti nel P.R.G., ma mantengono la loro natura - di vincoli dichiarativi ad effetto costitutivo non sottoposto a termine, in quanto discendenti non da una scelta discrezionale dell’amministrazione, bensì da qualità intrinseche del bene tutelato, che il provvedimento di vincolo deve soltanto riconoscere e dichiarare; ciò che, li distingue nettamente dai vincoli urbanistici in senso proprio, i quali - ancorché possano essere ispirati da analoghe finalità di salvaguardia del paesaggio o dell’ambiente- non si sottraggono, qualora siano preordinati all’espropriazione o comunque rivestano carattere sostanzialmente espropriativo, all’alternativa tra temporaneità ed indennizzabilità (cfr., riassuntivamente, Corte Cost., 20 maggio 1999, n. 179).

Quantunque sia tuttora riscontrabile, in dottrina e nella prassi politica, la tendenza ad assorbire la tutela del paesaggio e dell’ambiente all’interno della materia dell’urbanistica (o come oggi si usa dire, del governo del territorio), la Corte Costituzionale ha più volte ribadito, anche di recente, che dette tutele concernono interessi pubblici distinti, sottoposti a tutela differenziata e sovraordinati rispetto a quelli sottesi al razionale assetto del territorio (cfr. sentt. 5 maggio 2006, n. 182, 7 novembre 2007, n. 367 e 30 maggio 2008, n. 180).

L’imposizione (mediante piani o provvedimenti puntuali) e l’applicazione dei vincoli paesaggistici ed ambientali, sono oggi disciplinate, in attuazione della potestà esclusiva statale prevista dall’articolo 117, comma secondo, lettera s), Cost., da organiche normative statali: il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d.lgs. 42/2004 (e successive modifiche di cui ai decreti 157/2006 e 63/2008); il “t.u. ambientale” di cui al d.lgs. 152/2006 e s.m.i.; la normativa sulle aree naturali protette, di cui alla legge 394/1991, e s.m.i. Le relative competenze amministrative, spettano allo Stato ed alle Regioni (anche se è diffusa la pratica della subdelega o del conferimento dei poteri autorizzatori agli enti locali).

4.2.4. Ora, gli elementi ostativi individuati dal Comune di Spoleto attengono al P.T.C.P. ed all’atto di indirizzo di cui alla deliberazione della G.R. n. 729/2005 (adottato in applicazione dell’articolo 12 del d.lgs. 387/2003), vale a dire ad atti di pianificazione o di indirizzo di competenza di enti territoriali sovracomunali che esercitano - in cogestione con l’amministrazione statale - le competenze in materia di pianificazione a fini di tutela paesaggistica ed ambientale.

In ordine alla realizzazione dell’impianto in questione, la normativa (articolo 12 del d.lgs. 387/2003, e discipline di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, fatte salve dal comma 3 di tale disposizione) richiede che venga esperita con esito positivo la valutazione di impatto ambientale; vale a dire che vengano acquisite la valutazione di compatibilità ambientale e quella di compatibilità paesaggistica, di competenza - oltre che del Comune - della Regione, della Provincia e delle Amministrazioni statali di settore, mediante le rispettive manifestazioni di volontà espresse in conferenza di servizi - con gli effetti disciplinati dagli articoli 14 ss. della legge 241/1990, e secondo le modalità stabilite dalle leggi regionali di settore.

Tutto ciò fa sì che eventuali motivi di contrasto con le predette pianificazioni sovracomunali, che richiedano margini di apprezzamento tecnico discrezionale, anche se - come accade nel caso in esame - vengono individuati e rappresentati nella “dichiarazione” comunale sulla compatibilità urbanistica, restano estranei al contenuto proprio di tale dichiarazione, e comunque non possono pregiudicare il proseguimento dell’iter procedimentale della v.i.a.

Di ciò sembra consapevole anche il Comune di Spoleto, laddove (cfr. memoria di costituzione) riconduce l’atto impugnato ad un certificato di destinazione urbanistica, e ricorda che detto atto “è una tipica dichiarazione di scienza proveniente dalla pubblica amministrazione circa il contenuto degli strumenti urbanistici che essa stessa conserva”

4.3. Può dunque ritenersi che la dichiarazione comunale presentata dal proponente debba anzitutto essere valutata all’amministrazione regionale che la riceve, al fine di stabilire se da essa emergano motivi oggettivamente preclusivi della compatibilità urbanistica del sito prescelto, così da chiudere con esito negativo il procedimento di v.i.a.; o se, invece, mancando preclusioni oggettive e suscettibili di essere semplicemente accertate e “dichiarate”, si possa (si debba) passare all’istruttoria in conferenza di servizi per la valutazione di compatibilità.

In linea di principio, una dichiarazione, come quella impugnata, di (anche se parziale) “non compatibilità”, in quanto discendente da una valutazione di compatibilità intempestivamente formulata (anticipata) dal Comune rispetto alla sede ad essa propria (come esposto, quella della conferenza di servizi), appare viziata e suscettibile di assumere portata lesiva, in quanto idonea ad indurre in errore l’amministrazione sulla ricevibilità dell’istanza, o quanto meno a ritardare lo svolgimento del procedimento di v.i.a..

E’ quanto risulta concretamente avvenuto nel caso della prima certificazione, oggetto della sentenza n. 518/2007.

Infatti, può osservarsi che l’attivazione del procedimento di v.i.a. da parte della ricorrente è avvenuta in data 22 febbraio 2007, mediante la presentazione dell’istanza e della documentazione allegata richiesta dalla normativa; poi, la conferenza di servizi è stata sì avviata dalla Regione, “rilevata la completezza della documentazione allegata all’istanza …”, ma soltanto sulla base dell’ordinanza cautelare (propulsiva) nel frattempo emanata da questo Tribunale su domanda della ricorrente.

Analoga è l’incidenza del nuovo certificato in data 27 agosto 2007.

In questo caso, il procedimento di v.i.a. risultava sospeso in esito alla seduta del 16 aprile 2007, ed è stato riattivato soltanto a seguito della comunicazione della sentenza n. 518/2007, e dell’ordinanza cautelare (propulsiva) n. 172 in data 5 dicembre 2007 (concernente il nuovo certificato comunale), per concludersi con la determinazione impugnata.

4.4. Riguardo poi alle affermazioni, contenute nella sentenza n. 518/2007, sulla circostanza che l’impianto non sarebbe collocato all’interno della zona boschiva, ma soltanto “confinerebbe” con essa, valgono le considerazioni già esposte al punto 4.1.

Non sembra quindi sussistere al riguardo un autonomo profilo di illegittimità.

4.5. Va considerato che la ricorrente, per l’ipotesi che la previsione dell’articolo 35, comma 6, del P.T.C.P. possa essere considerata preclusiva della compatibilità urbanistica del sito, impugna anche detta previsione di piano.

La disposizione, “nelle more di individuazione e classificazione dei crinali e delle fasce di rispetto” da parte dei Comuni con i rispettivi P.R.G., vieta, per un’ampiezza di 30 metri dalla linea di crinale per ogni lato, “la realizzazione di nuovi edifici, le costruzioni non amovibili, la realizzazione di discariche e depositi, l’installazione di antenne, la realizzazione di reti tecnologiche e reti aeree ed impianti puntuali”.

La ricorrente sostiene che una simili previsione determinerebbe, “sine die”, l’imposizione di un vincolo di inedificabilità pressoché assoluto, essendo rimessa alla volontà del Comune la disciplina specifica delle fasce di rispetto. Ponendosi così in contrasto, oltre che con le disposizioni già invocate, anche con il principio di proporzionalità (ben potendosi prevedere, a fini di tutela, misure meno drastiche, quali ad esempio specifiche prescrizioni da osservarsi nella realizzazione delle opere).

La censura - a prescindere dalla sua ammissibilità, in quanto più propriamente riferibile al provvedimento concernente la valutazione di compatibilità paesaggistica (che, come esposto, non è ancora intervenuto) - non appare fondata.

Il Collegio osserva che la disciplina dettata dall’articolo 35, comma 6, è una tipica disciplina di salvaguardia, volta a conservare intatte le caratteristiche del bene tutelato, nelle more della definizione di una specifica disciplina di tutela.

Tale conservazione non è a tempo indefinito, posto che per l’adeguamento del P.R.G. ai contenuti del P.T.C.P. (compresa la prescrizione qui contestata), l’articolo 70 della l.r. 11/2005 prevede il termine del 31 dicembre 2008, e che detto termine non era ancora scaduto al momento dell’adozione dell’atto impugnato.

Decorso infruttuosamente detto termine, si applicano i poteri sostitutivi regionali (articolo 65, comma 1, l.r. cit.), oltre che quelli statali previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, e comunque qualunque interessato, ed in primis la ricorrente, potrebbe tutelarsi con lo strumento previsto dall’articolo avverso l’inerzia delle amministrazioni territoriali.

Peraltro, l’adeguamento del P.R.G. del Comune di Spoleto alle previsioni del P.T.C.P. risulta avvenuto ad opera della deliberazione consiliare di adozione n. 107 in data 25 giugno 2003; anche se, come si evince dalle premesse del certificato impugnato, l’efficacia delle disposizioni di salvaguardia contenute nella parte strutturale del predetto P.R.G. è decaduta, mentre la previgente disciplina tornata in vigore (quella del P.R.G. approvato con d.P.G.R. n. 204/1988, modificata con delibera consiliare n. 100/1998) non individuava i crinali e le fasce di rispetto, e pertanto si è resa direttamente applicabile la disciplina delle fasce di rispetto dettata dal P.T.C.P. In ogni caso, la disciplina della fascia di rispetto dei crinali risulta poi essere stata dettata dall’articolo 35 del P.R.G. approvato con la deliberazione consiliare n. 50 in data 14 maggio 2008; ma tale disciplina sopravvenuta evidentemente non rileva ai fini della presente decisione.

Quanto alla proporzionalità della misura di salvaguardia provinciale, occorre considerare che la realizzazione di un impianto eolico (la “torre” e le pale, per una altezza di diverse decine di metri, per di più in posizione necessariamente elevata ed esposta) impatta fortemente con le visuali paesaggistiche, specie se l’impianto è posto vicino al crinale montano; e che pertanto la previsione di particolari modalità realizzative può mitigare ma non certo escludere detto impatto.

Appare quindi fisiologico, e non sproporzionato, che una misura di salvaguardia temporanea escluda temporaneamente - in attesa di una specifica disciplina comunale - la stessa realizzabilità di simili impianti, limitatamente alla fascia in prossimità alla linea di crinale.

5. Con il secondo ricorso (n. 90/2008) viene impugnata la determinazione dirigenziale regionale n. 11022 in data 28 novembre 2007, che ha inteso concludere con un giudizio negativo la procedura di v.i.a.

L’impugnazione investe formalmente (oltre alla relazione conclusiva sottesa al provvedimento) il verbale della seduta della conferenza di servizi in data 16 aprile 2007, anche se riguardo ad esso (ed in particolare, all’esito di sospensione del procedimento che ne è conseguito) non vengono prospettate specifiche censure.

5.1. Il Collegio ritiene fondato il primo ordine di censure, concernente la violazione dell’articolo 6 della l.r. 11/1998, del principio di buon andamento di cui all’articolo 97 Cost., dei principi in materia di procedimento amministrativo di cui alla legge 241/1990.

Si è detto che l’unica seduta della conferenza di servizi, tenutasi in data 16 aprile 2007, ha avuto un esito dichiaratamente interlocutorio.

In tale seduta, infatti, oltre alle considerazioni negative sull’intervento espresse dal Comune di Spoleto (con il parere di cui alla nota prot. 16253 in data 26 marzo 2007), e dalla Comunità Montana Monti Martani e del Serano (in sede di conferenza), sono state verbalizzate richieste di integrazioni documentali, di chiarimenti o di effettuare sopralluoghi, da parte del Servizio Geologico regionale (con nota prot. 62279 in data 16 aprile 2007), e della Direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali (in sede di conferenza); mentre la Provincia di Perugia (con il parere n. 137128346 in data 16 aprile 2007), ha sì segnalato la sopravvenienza della variante tematica del P.T.C.P., adottata con deliberazione consiliare n. 26 in data 20 marzo 2007, concernente proprio gli indirizzi relativi all’installazione di impianti e reti tecnologiche ed energetiche, ma non ne ha tratto espresse considerazioni in ordine al progetto da valutare.

La stessa decisione della conferenza di sospendere il procedimento - in attesa della pronuncia di questo Tribunale sulla legittimità della dichiarazione di incompatibilità paesaggistica del Comune di Spoleto, ma anche al fine di permettere nel frattempo alla società ricorrente “di effettuare le verifiche tecniche necessarie per una diversa progettazione dell’intervento in base a quanto emerso in Conferenza”, testimonia l’esito interlocutorio.

Tale esito interlocutorio avrebbe richiesto un’ulteriore convocazione delle amministrazioni interessate e della ricorrente, prima di trarre conclusioni decisive.

Ciò, non soltanto per l’esigenza di chiudere la valutazione sugli aspetti suindicati, rimasta, come detto, formalmente aperta.

Ma anche perché, sotto il profilo sostanziale, vi era l’esigenza di tener conto, attraverso il confronto e la discussione tra i diversi soggetti interessati, degli elementi sopravvenuti alla seduta, quali: la sentenza n. 518/2007; il nuovo certificato di compatibilità urbanistica (parzialmente positivo) rilasciato dal Comune di Spoleto; il ricorso n. 386/2007 proposto dalla ricorrente avverso tale atto.

Non può sostenersi, in contrario, che la posizione negativa in ordine alla compatibilità del progetto sottoposto a valutazione fosse già adeguatamente emersa nel corso della riunione originaria, così che un’ulteriore confronto sarebbe stato superfluo, o comunque non avrebbe potuto evitare l’esito negativo della conferenza. Né, in particolare, varrebbe obbiettare che, stante l’avviso negativo di un’amministrazione preposta alla tutela di interessi (quello paesaggistico e quello ambientale) compresi nel novero degli interessi per i quali, anche ai sensi del principio sancito dall’articolo 14-quater della legge 241/1990, il dissenso espresso dall’amministrazione preposta alla relativa tutela comporta comunque l’impossibilità di concludere la conferenza di servizi con un provvedimento negativo (ferma restando la possibilità che l’organo di indirizzo politico amministrativo dell’amministrazione procedente ritenga di superare detto dissenso).

Infatti, la conferenza di servizi non può essere intesa quale mera occasione di raccolta contestuale, o entro un termine prefissato, di atti e valutazioni adottati autonomamente dalle diverse amministrazioni interessate. Oltre alla valenza acceleratoria, il significato di questo modello procedimentale sta nel consentire una valutazione integrata degli interessi pubblici e privati implicati nella scelta amministrativa, facendo emergere le reciproche interrelazioni.

Sia che si acceda alla configurazione della conferenza di servizi come “luogo” deputato al “bilanciamento” degli interessi pubblici e privati sottesi ad una decisione amministrativa (nel senso della ponderazione, discrezionale, del peso di interessi contrapposti); sia che, invece, si ritenga la conferenza uno strumento di scambio di informazioni e valutazioni, volto a migliorare la completezza e consapevolezza delle decisioni che ogni amministrazione assumerà nell’esercizio della discrezionalità tecnica, con riferimento esclusivo alla cura dell’interesse pubblico primario affidato alla sua cura; in ogni caso, la necessità che tutti i partecipanti dispongano degli atti e degli elementi rilevanti e possano esprimere la propria opinione al riguardo, costituisce principio indefettibile del modello procedimentale.

Così, l’interesse procedimentale del proponente non può essere circoscritto ad ottenere, in esito alla conferenza di servizi, una valutazione di impatto positiva, ma riguarda anche l’ottenimento di un provvedimento il più possibile motivato, in esito al pieno ed esauriente confronto con le amministrazioni coinvolte, al fine di orientare gli ulteriori sviluppi procedimentali (presentazione di un diverso progetto) o le eventuali azioni giurisdizionali (impugnazione dell’esito della conferenza). A questo proposito può essere sottolineato che la ricorrente aveva espresso, fin dallo studio di impatto ambientale, la propria disponibilità a verificare diverse modalità progettuali, che avrebbero potuto essere individuate e discusse in conferenza di servizi, anche alla luce del nuovo certificato rilasciato dal Comune di Spoleto.

Nella determinazione dirigenziale impugnata, la mancata riattivazione di un confronto nell’ambito della conferenza di servizi viene addebitato alla ricorrente, la quale “non ha mai provveduto a tutto oggi a prendere contatti con la regione né a produrre documentazione tecnica integrativa tesa alla ridefinizione progettuale dell’intervento per gli aspetti paesaggistici noti”.

Ma non risulta che fosse stato posto alcun termine per detta integrazione documentale, né che la presentazione sia stata sollecitata alla ricorrente una volta decisa la riattivazione del procedimento. Mentre appare legittimo e comprensibile che la ricorrente, prima di prospettare nuove argomentazioni e proposte progettuali, attendesse l’esito del contenzioso pendente (suscettibile di influire positivamente sulla propria posizione procedimentale), e comunque una specifica richiesta dell’amministrazione procedente.

Del resto, la stessa determinazione dirigenziale impugnata dà conto che la ricorrente, dopo la seduta del 16 aprile 2007, con nota prot. 0084 BO 07 GEIT in data 9 maggio 2007, “inviava le proprie osservazioni in merito alla seduta del 16/04/2007 ed ai pareri acquisiti reiterando la richiesta di procedere con l’istruttoria di VIA sul progetto in esame”. Non risulta che dette osservazioni siano mai state espressamente prese in considerazione (anche se, in ipotesi, per confutarne definitivamente la fondatezza o rilevanza). Ed è appena il caso di sottolineare come l’importanza della partecipazione in contraddittorio del proponente emerga in modo chiaro anche dall’articolo 6 della l.r. 11/1998, che impone l’invio della convocazione della conferenza (comma 2) e sancisce il diritto a partecipare alle riunioni (comma 3).

Per le ragioni esposte, deve ritenersi che la procedura di v.i.a. sia stata conclusa illegittimamente (intempestivamente); mentre il verbale della conferenza di servizi in data 16 aprile 2007 si sottrae alle censure dedotte.

5.2. Appaiono invece inconferenti gli altri profili di censura dedotti.

La ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 10-bis della legge 241/1990, per omessa comunicazione del preavviso di rigetto; ma tale aspetto viene assorbito nel vizio procedimentale rilevato, posto che una corretta prosecuzione della conferenza di servizi avrebbe consentito la piena partecipazione della ricorrente all’istruttoria ed al processo decisionale (rendendo superflua una specifica comunicazione del preavviso).

La ricorrente ripropone anche le censure nei confronti del certificato di incompatibilità urbanistica, per la parte in cui ipotizza che il provvedimento regionale impugnato possa aver fatto proprie le valutazioni in esso contenute; ma la determinazione regionale fa menzione del certificato, quale presupposto del giudizio di compatibilità ambientale, ma poi prende in considerazione (e condivide) le valutazioni sulla incompatibilità paesaggistica ed ambientale distintamente espresse in conferenza dal Comune di Spoleto; e comunque, quantunque espresse in un atto avente diverse finalità, e relativo ad una fase procedimentale antecedente, dette valutazioni ben potevano essere considerate successivamente dalla conferenza.

Resta evidentemente impregiudicata ogni valutazione in ordine alla legittimità delle considerazioni negative sul progetto già emerse in conferenza, che potrà essere eventualmente sindacata in relazione al nuovo provvedimento conclusivo della v.i.a. che l’amministrazione regionale è tenuta ad adottare; ciò, per quanto esposto al punto 5.1., non prima di aver riattivato - mediante convocazione, quanto meno, di un’ulteriore seduta - e completato - prendendo in considerazione tutte le richieste, osservazioni e valutazioni formulate dai soggetti aventi titolo a partecipare - la conferenza di servizi.

6. In conclusione, in base alle considerazioni di cui al punto 4.3., il ricorso n. 386/2007 è parzialmente fondato e va accolto, con conseguente annullamento “in parte qua” dell’atto comunale impugnato.

Va parimenti accolto in parte, in base alle considerazioni di cui al punto 5.1., il ricorso n. 90/2008, con conseguente annullamento della determinazione dirigenziale regionale n. 11022/2007 (e della sottesa relazione conclusiva).

7. Sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.


P.Q.M.


Riuniti i ricorsi in epigrafe:

- accoglie parzialmente il ricorso n. 386/2007 e, per l’effetto, annulla il provvedimento comunale nella parte impugnata;

- accoglie parzialmente il ricorso n. 90/2008 e, per l’effetto, annulla la determinazione n. 11022/2007 e la relazione conclusiva in data 21 novembre 2007.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 17/12/2008 con l'intervento dei Magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Annibale Ferrari, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE                                IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/03/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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