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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR VENETO, Sez. III - 14 maggio 2009, n. 1487
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Sistemi radiotelevisivi - Valori di
immissione - Misurazione - Art. 4 D.P.C.M. 8 luglio 2003 - Aree intensamente
frequentate - Impianto ubicato in area appositamente interdetta - Riduzione
dell’intensità del campo elettromagnetico a tutela della salute - Necessità -
Esclusione. Il D.P.C.M. 8 luglio 2003 - emanato in attuazione della legge 22
febbraio 2001, n. 36 e succeduto al decreto 10 settembre 1998, n. 381 - all’art.
4 dispone che i valori di immissione generati dall'esercizio dei sistemi
radiotelevisivi devono essere misurati all'aperto nelle aree intensamente
frequentate, per le quali si intendono anche superfici edificate ovvero
attrezzate permanentemente per il soddisfacimento di bisogni sociali, sanitari e
ricreativi. Ne discende che laddove l’impianto sia ubicato in zone inaccessibili
per la particolare conformazione dei luoghi o perché appositamente interdette,
la riduzione dell’intensità del campo elettromagnetico che comporta il rischio
di compromettere l’attività delle emittenti si rivela non necessaria a tutelare
la salute della popolazione, essendo sufficientemente idonei allo scopo
un’adeguata recinzione e il posizionamento di appositi cartelli segnaletici. Pres. Antonelli, Est. Perrelli
- S.T. s.r.l. (avv. Portinari) c. Regione Veneto
(avv.ti Mio e Zanon).
T.A.R. VENETO, Sez. III - 14/05/2009, n. 1487
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01487/2009 REG.SEN.
N. 02843/1997 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio numero di registro generale 2843 del 1997, introdotto da
Serenissima Televisione s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’avv.to Romolo Vito Portinari, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Renato Alberini in Venezia, Calle
dei Fabbri, 4741;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avv.ti Emanuele Mio e Ezio Zanon, con domicilio eletto presso
l’Avvocatura Regionale in Venezia, San Polo, 1429/B;
per l’annullamento
del provvedimento del Dirigente Generale del Dipartimento per l’Igiene pubblica
della Regione Veneto prot. n. 7513 del 20 maggio 1997 con il quale viene rivolto
l’invito alla società Serenissima Televisione a r.l. a mettere in atto, nel
termine di 30 giorni, gli interventi tecnici ritenuti necessari a ricondurre i
valori di esposizione entro i limiti stabiliti dalla normativa regionale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26/03/2009 il Referendario Marina
Perrelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La Società ricorrente utilizza un
impianto di radiodiffusione sito sulla sommità del Col Toront con potenza di 0,2
watt con il quale viene assicurata la trasmissione del segnale per i territori
della provincia di Belluno.
La Regione Veneto con la legge regionale 9 luglio 1993, n. 29, recante norme per
la “Tutela igienico sanitaria della popolazione dalla esposizione a radiazioni
non ionizzanti generate da impianti per teleradiocomunicazioni”, ha introdotto
dei limiti massimi di esposizione (art. 5), e, a seconda della potenza
dell’impianto, un obbligo di comunicazione (art. 2) o di acquisizione di
un’apposita autorizzazione (art. 3).
L’obbligo di acquisire l’autorizzazione è stato esteso anche agli impianti già
esistenti alla data del 31 dicembre 1996, dall’art. 70 della legge regionale 30
gennaio 1997, n. 6, che ha sostituito l’art. 7 della legge regionale 9 luglio
1993, n. 29.
La Sezione Fisica del Presidio Multizonale di Prevenzione di Belluno il 2
gennaio 1996, avendo ricevuto la richiesta di autorizzazione dell’installazione
già esistente prescritta dal citato art. 70 della legge regionale 30 gennaio
1997, n. 6, ha riscontrato, nelle immediate vicinanze dell’impianto, il
superamento del limite di esposizione per la popolazione stabilito dalla
legislazione regionale, subordinando il rilascio del parere radioprotezionistico
favorevole alla riconduzione del valore di esposizione entro il limite stabilito
per le postazioni accessibili alla popolazione.
La Regione Veneto, cui è pervenuta detta segnalazione, con provvedimento del
Dirigente regionale del Dipartimento igiene pubblica prot. n. 7513 del 20 maggio
1997, ha invitato l’emittente a mettere in atto gli interventi tecnici necessari
entro trenta giorni, con l’avvertimento che all’inottemperanza sarebbe
conseguito il divieto di utilizzo dell’impianto.
Avverso tale provvedimento la società Serenissima Televisione a r.l. propone
ricorso deducendone l’illegittimità per le seguenti censure:
I) violazione degli artt. 1 e 5 della legge regionale 9 luglio 1993, n. 29 e
degli artt. 21, 41, 42 e 97 della Costituzione, nonché del principio di
proporzionalità e carenza di presupposto, in quanto la normativa in materia
tutela l’esposizione della popolazione e non si applica agli impianti siti in
luoghi disabitati;
II) violazione degli artt. 16 e 32 della legge 6 agosto 1990, n. 223 e dell’art.
1 del decreto legge 27 agosto 1993, n. 323, convertito, con modificazioni, nella
legge 27 ottobre 1993, n. 422, in quanto la legge regionale non potrebbe
prevedere modifiche alla funzionalità tecnico operativa degli impianti;
III) violazione degli artt. 3 e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e difetto di
istruttoria per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento;
IV) violazione degli artt. 6 e 7 della legge regionale 9 luglio 1993, n. 29, e
successive modifiche ed integrazioni per incompetenza del Dirigente regionale ad
adottare un atto che la legge demanda al Presidente della Giunta regionale e
violazione dell’art. 97 della Costituzione;
V) eccesso di potere per illogicità, incongruenza e insufficienza della
motivazione.
Si è costituita in giudizio la Regione Veneto eccependo l’inammissibilità del
ricorso per carenza di interesse e chiedendone la reiezione perché infondato.
Alla pubblica udienza del 26 marzo 2009, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
La Regione Veneto eccepisce
l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse giacché l’atto impugnato
non sarebbe lesivo di posizioni giuridiche soggettive della società ricorrente,
trattandosi di una diffida.
L’eccezione deve essere respinta per le seguenti ragioni.
Nel caso in esame, infatti, è impugnato un atto che non si limita a richiamare
il destinatario alla necessità di osservare predeterminati precetti normativi,
ma che si sostanzia in un vero e proprio ordine, con effetti immediatamente
conformativi, ordine che discende dalle verifiche tecniche effettuate a seguito
dell’avvio di un autonomo procedimento amministrativo e al quale, in ipotesi di
mancata ottemperanza, consegue il divieto di utilizzare l’impianto.
2. Nel merito il ricorso è fondato e merita di essere accolto.
Con il quarto motivo, la cui trattazione ha carattere prioritario, la società
ricorrente lamenta l’incompetenza del Dirigente ad adottare un provvedimento che
la legge regionale espressamente demanda al Presidente della Giunta.
La Regione Veneto, eccepisce che l’art. 28, comma 2, della legge regionale 10
gennaio 1997, n. 1, entrata in vigore il 15 gennaio 1997, con la quale è stato
attuato nell’ordinamento regionale il principio di separazione tra attività di
indirizzo politico e di gestione amministrativa, dispone che “nei procedimenti
amministrativi già disciplinati dalla vigente legislazione regionale si intende
sostituito alla Giunta regionale e al Presidente della Giunta il dirigente
responsabile, nella struttura organizzativa di competenza, ai fini dell'
adozione del provvedimento finale nell' esercizio dei compiti di gestione
tecnica, amministrativa e finanziaria”.
Tale norma, secondo le difese della Regione, comporterebbe lo spostamento della
competenza in capo al Dirigente.
L’affermazione, a prescindere dalla eventuale qualificazione del provvedimento
impugnato come atto di mera gestione, non può essere condivisa.
Infatti la legge regionale 30 gennaio 1997, n. 6, il cui art. 70 ha sostituito
l’art. 7 della legge regionale 9 luglio 1993, n. 29, attribuisce espressamente
al Presidente della Giunta regionale il compito di imporre l’adozione di misure
volte a ricondurre i valori di esposizione entro i limiti.
Poiché la legge regionale 30 gennaio 1997, n. 6, è successiva alla legge
regionale 10 gennaio 1997, n. 1, prevale su quest’ultima in ragione del criterio
di specialità e di quello cronologico.
Ne consegue che il provvedimento impugnato, adottato dal Dirigente regionale
anziché dal Presidente della Giunta regionale, è illegittimo per incompetenza.
3. L'accertamento del vizio di incompetenza, secondo l’orientamento
tradizionale, dispenserebbe dall'esaminare le ulteriori censure da ritenersi
assorbite sulla base dell'art. 26, secondo comma, della legge n. 1034 del 1971,
per il quale il tribunale "se accoglie il ricorso per motivi di incompetenza,
annulla l'atto e rimette l'affare all'autorità competente".
E’ tuttavia necessario considerare che in caso di accoglimento del vizio di
incompetenza di tipo infrasoggettivo, che è quello che si verifica, come nel
caso all’esame, nell'ambito dello stesso ente, la succitata esenzione non trova
applicazione, in quanto l'Amministrazione è evocata in giudizio nella sua
unitarietà (cfr. Tar Lombardia, Brescia, 1 giugno 2001, n. 398), cosicché non vi
è il pericolo che il giudice, in violazione del principio del contraddittorio,
nell'esaminare le ulteriori censure, detti regole di condotta nei confronti di
un soggetto rimasto estraneo al giudizio.
In secondo luogo, come recentemente osservato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V,
11 dicembre 2007, n. 6408), deve prendersi atto della "sempre più forte
attenzione, nel processo amministrativo, per il pieno rispetto del principio
della domanda e per l'esigenza di definire, in un unico contesto decisorio, ogni
possibile aspetto della controversia sottoposta all'esame del giudice
amministrativo", e ciò anche al fine di delineare un indirizzo per la successiva
attività dell'Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 agosto 2004,
n. 5654).
Alla luce di tali considerazioni il Collegio, aderendo a questo più recente
orientamento, ritiene pertanto che nel caso in esame l'accoglimento della
censura relativa al vizio di incompetenza non precluda la considerazione degli
ulteriori motivi di ricorso.
4. Con il primo motivo la Società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1
e 5 della legge regionale 9 luglio 1993, n. 29, e del principio di
proporzionalità, in quanto la legislazione regionale, al fine di tutelare la
popolazione da possibili rischi sanitari, fissa i valori massimi di campo
elettrico che una sorgente di radiazioni non ionizzanti può generare in ambienti
popolati, e la carenza di presupposti in quanto, nel caso in esame, la sommità
del monte dove si trovano i tralicci è completamente isolata e disabitata,
nonché interdetta alla popolazione.
La Regione ritiene di essere comunque tenuta a garantire il rispetto dei limiti
anche in ipotesi di esposizioni di breve durata e, pertanto, in qualsiasi luogo,
benché disabitato o reso non accessibile in quanto potenzialmente raggiungibile.
La censura è fondata.
Come già affermato da questo stesso Tribunale in un’analoga controversia (cfr.
Tar Veneto, Sez. III, 30 maggio 2003, n. 3054), la normativa fissa valori
finalizzati a rendere i campi elettromagnetici generati dall'esercizio dei
sistemi radiotelevisivi compatibili con la salute umana, corrispondendo
all’esigenza di tutelare la popolazione dai potenziali rischi connessi con le
fonti di radiazioni non ionizzanti.
L’art. 1 della legge regionale 9 luglio 1993, n. 29 precisa che la sua finalità
è di tutelare la popolazione dai possibili rischi sanitari, ribadendo il
concetto all’art. 5, comma 1, laddove dispone che nessuna delle sorgenti di
radiazioni non ionizzanti deve esporre a predeterminati valori la popolazione.
Il decreto ministeriale 10 settembre 1998, n. 381, “Regolamento recante norme
per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute
umana”, afferma che i limiti di esposizione non si applicano ai lavoratori
esposti per ragioni professionali, e, all’art. 4, comma 2, ne impone il rispetto
“in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore”,
mentre l’art. 5 impone di intraprendere azioni di risanamento in caso di
superamento dei limiti nelle zone abitative o sedi di attività lavorativa per
lavoratori non professionalmente esposti o nelle zone comunque accessibili alla
popolazione.
La legge 22 febbraio 2001, n. 36, legge quadro sulla protezione dalle
esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, definisce il
limite di esposizione e il valore di attenzione come valore di immissione,
precisando che il secondo non deve essere superato negli ambienti abitativi,
scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate.
Il D.P.C.M. 8 luglio 2003, recante la fissazione “dei limiti di esposizione, dei
valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della
popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, emanato in attuazione
della predetta legge quadro e che è succeduto al decreto 10 settembre 1998, n.
381, all’art. 4 dispone che i valori di immissione devono essere misurati
all'aperto nelle aree intensamente frequentate, per le quali si intendono anche
superfici edificate ovvero attrezzate permanentemente per il soddisfacimento di
bisogni sociali, sanitari e ricreativi.
Ne discende che laddove l’impianto, come nel caso all’esame, sia ubicato in zone
inaccessibili per la particolare conformazione dei luoghi o perché appositamente
interdette, la riduzione dell’intensità del campo elettromagnetico che comporta
il rischio di compromettere l’attività delle emittenti si rivela non necessaria
a tutelare la salute della popolazione, essendo sufficientemente idonei allo
scopo un’adeguata recinzione e il posizionamento di appositi cartelli
segnaletici.
In definitiva, il ricorso deve essere accolto risultando fondate le censure di
incompetenza e violazione degli artt. 1 e 5 della legge regionale 9 luglio 1993,
n. 29, del principio di proporzionalità e di carenza di presupposti, con
assorbimento delle restanti censure.
Le peculiarità della controversia e l’annosità delle vicende oggetto della
stessa, giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo
regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso
in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26/03/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Elvio Antonelli, Presidente
Stefano Mielli, Primo Referendario
Marina Perrelli, Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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