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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

 

TAR VENETO, Sez. II - 27 maggio 2009, n. 1629



INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Art. 87 d.lgs. n. 259/2003 - Unicità del procedimento - Soggetto richiedente l’autorizzazione all’installazione - Dimostrazione della conformità edilizia - Necessità - Esclusione. Per l’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, infatti, posto che ivi si sancisce il principio dell’unicità del procedimento (ribadito anche dalla Corte costituzionale), nel senso di ricomprendervi anche i profili riguardanti la disciplina edilizia, il soggetto che richiede l’autorizzazione ad installare impianti di telefonia mobile non è tenuto a dimostrare la conformità alla normativa e agli strumenti edilizi dei manufatti sede dell’installazione, ma, invece, “il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche…” (comma 3) -e, per quanto concerne l’aspetto urbanistico-edilizio, (solo) a descrivere la situazione fisica dei luoghi. Pres. Di Nunzio, Est. Franco - D.D.R.L.F. (avv.ti Ceruti e Acerboni) c. Comune di Padova (avv.ti Montobbio, Mizzoni, Lotto, Bernardi, Bicocchi e Munari). T.A.R. VENETO, Sez. II - 27/05/2009, n. 1629

 

 

 

 
N. 01629/2009 REG.SEN.
N. 00216/2008 REG.RIC.
N. 02696/2008 REG.RIC.
N. 00017/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 216 del 2008, proposto da:
Dona' Dalle Rose Luigi Filippo, Geminiani Francesca, Chiaretto Mario, Cancellier Mario, Geminiani Simona, Prisco dora, Villanova Carla, Marcato Antonietta, Brugnolo Donatella, Jeurgens Christel, Pandolfo Manuela, Zaramella Berta, Razeti Diana, Campione Giuseppe, Arnaboldi Adele, Torresin Rossana, Orsenigo Francesco Maria Espero, Marino Elvira e Ballan Rosanna, rappresentati e difesi dagli avv. Matteo Ceruti e Francesco Acerboni, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia, Santa Croce, 312/A, come da procura a.l. in calce al ricorso,

contro

Comune di Padova in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Alessandra Montobbio, Vincenzo Mizzoni, Marina Lotto, Paolo Bernardi, Alberto Bicocchi e Paola Munari, con domicilio presso la segreteria del TAR Veneto, ai sensi dell’art. 35 del r.d. 26.06.24 n. 1054, come da delibera della G.M. n. 402 del 21.04.29 di autorizzazione a resistere,

nei confronti di

Telecom Italia Mobile Spa, in persona del rappresentante legale incarica, rappresentata e difesa dagli avv. Pietro Ferraris, Enzo Robaldo, Stefano Sacchetto, con domicilio eletto presso il terzo in Venezia-Mestre, via G. Carducci, 45, come da procura in calce all’atto di costituzione;
l’ARPAV- Agenzia regionale di prevenzione e protezione ambientale, in persona del suo legale rappresentante, e De Franceschi Lorenza, non costituitisi in giudizio,

Sul ricorso numero di registro generale 2696 del 2008, proposto da: .
Telecom Italia Spa, in persona del suo procuratore avv. Carmine Biagio Nicola Cioffi, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Ferraris, Enzo Robaldo e Stefano Sacchetto, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia-Mestre, via G. Carducci, 45, come da procura a.l. a margine del ricorso,

contro

Comune di Padova, in persona del Sindaco pro-tempore, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;

nei confronti di

De Franceschi Lorenza e Geminiani Francesca, non costituitesi in giudizio;
Comitato di via Cadorna, in persona del presidente e rappresentante legale Donà Dalle Rose, rappresentato e difeso dagli avv. Matteo Ceruti e Francesco Acerboni, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia, Santa Croce, 312/A, come da procura a.l. a margine della memoria di costituzione,

Sul ricorso numero di registro generale 17 del 2009, proposto da Geminiani Francesca, Geminiani Simona, Prisco Dora e Zaramella Berta, rappresentate e difese dagli avv. Matteo Ceruti e Francesco Acerboni, con domicilio eletto presso il secondo, in Venezia, Santa Croce, 312/A, come da procura a .l. a margine del ricorso;

contro

Comune di Padova in persona del sindaco pro-tempore, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato,

nei confronti di

De Franceschi Lorenza, non costituitasi in giudizio;
Telecom Italia Spa, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 216 del 2008: del silenzio-assenso formatosi sull’istanza di autorizzazione all’installazione di una stazione radio - base in Padova, via Cavalletto n. 9, presentata il 20.7.2007 e degli atti presupposti, quali (per quanto possa occorrere) il parere dell’ARPAV del 18.12.2006 e la DIA del 7.12.2007, prot. 331823;

quanto al ricorso n. 2696 del 2008:

del provvedimento del 15.10.2008 - pratica edilizia n. 970/2008 recante annullamento del silenzio-assenso inerente alla richiesta autorizzazione alla realizzazione della predetta stazione radio-base, e contestuale diffida a Telecom Italia S.p.A. alla disattivazione e rimozione dell’impianto di telefonia mobile, e di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, con condanna al risarcimento dei danni conseguenziali;

quanto al ricorso n. 17 del 2009: del medesimo provvedimento di annullamento del silenzio-assenso, limitatamente alla parte in cui non si dispone la demolizione dei manufatti abusivi in luogo della irrogata sanzione pecuniaria, con condanna al risarcimento dei danni consequenziali subiti dai ricorrenti.

Visti i ricorsi, ritualmente notificati alle controparti e depositati presso la segreteria del TAR Veneto, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Padova in tutti e tre i giudizi;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia Mobile Spa, nei giudizi di cui ai ricorsi n. 216/2008 e n. 17/2009, e del comitato di via Cadorna nel ricorso n. 2696/2008;

Viste le memorie difensive prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti delle cause;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2009 il dott. Italo Franco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
 

FATTO
 

In data 20.08.2007 Telecom Italia Mobile S.p.A. richiedeva al Comune di Padova il rilascio di un’autorizzazione all’installazione di una stazione radio-base per telefonia cellulare in via cavalletto n. 9 -in zona in cui non era prevista dal piano di localizzazione del 2006/2007 la collocazione di antenne-, corredata da una relazione tecnica e parere reso dall’ARPAV il 18.10.2006. Era prevista l’installazione degli impianti tecnologici in un locale adibito a garage e la collocazione dell’antenna sul tetto di un vicino fabbricato. Trascorso il termine previsto dall’art. 87.9 del d.lgs. n. 259/2003, la stessa Telecom, comunicava, con nota del 6.11.2007, protocollata dal Comune il 15.11.2007, l’inizio dei lavori, ritenendo formato il silenzio-assenso sull’istanza, facendo seguire anche la presentazione della DIA, in data 7.12.2007.

Contro tale atto implicito di assenso insorgevano, con il ricorso rubricato al n. 216/2008, un gruppo di cittadini residenti nei pressi dell’area di ubicazione della menzionata stazione radio-base, che si dicono legittimati dalla fatto di essere esposti a radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza e basa intensità, riservandosi di agire per il risarcimento dei danni derivanti dal deprezzamento dei loto immobili.

A sostegno del gravame essi deducevano una serie di censure incentrate sugli assunti: che l’amministrazione era tenuta ad emettere un provvedimento esplicito (per via della richiamata esclusione delle antenne nella zona centrale in questione);che non si è formato un atto autorizzativo implicito, perché il settore ambiente aveva comunicato al settore edilizia privata il suo avviso contrario (il 20.08.2007); che l’istanza non era stata pubblicizzata, ed essi residenti non avevano potuto partecipare al procedimento; che l’autorizzazione è soggetta ad un previo controllo sul rispetto sugli standard di emissione; che il garage che ospita gli impianti è abusivo e non condonato.

Oltre a Telecom S.p.A. si costituiva anche il Comune, facendo presente che, con provvedimento dirigenziale in data 15.10.2008 era stato annullato il silenzio-assenso, donde la domanda di dichiarare improcedibile il gravame per sopravvenuta carenza di interesse.

In effetti, il settore edilizia privata del Comune, a seguito di sopralluogo effettuato il 15.02.2008 -con nota del 28.03.2008- comunicava alla proprietaria del locale su indicato e alla Telecom l’avvio del “procedimento per opere edilizie abusive”, sul presupposto che il manufatto a carattere pertinenziale (costituito da due locali dei quali l’uno originariamente adibito a garage e l’altro tuttora avente tale destinazione) era stato eretto in assenza di titolo abilitativo edilizio. Con la stessa nota si comunicava l’avvio anche del procedimento per l’annullamento del titolo abilitativo inerente alla stazione radio, essendo la DIA basata su presupposti carenti. Seguiva il provvedimento n. 277714 del 15.10.2008, con il quale, richiamate le osservazioni di Telecom (dove si faceva presente, tra l’altro, che il manufatto risale ad epoca anteriore al 1967) e del “comitato via Cadorna”, si annulla il silenzio-assenso di cui sopra, affermandosi che il manufatto è situato nel centro storico e che l’interesse pubblico deve ritenersi in re ipsa, e contestualmente si diffida Telecom Italia a disattivare e rimuovere l’impianto di telefonia mobile, e si irroga alla proprietaria dell’immobile, in considerazione della natura pertinenziale del manufatto ritenuto abusivo, una sanzione pecuniaria di € 19.227,00.

Contro tali determinazioni insorge Telecom Italia S.p.A. con il ricorso registrato al n. 2696/2008, deducendo i seguenti motivi:

1- violazione, principalmente, dell’art. 21-nonies poiché, nella fattispecie, non sussistevano i presupposti per l’annullamento in autotutela del titolo abilitativo formatosi per silentium. In particolare, l’amministrazione non ha considerato l’interesse della ricorrente al mantenimento del titolo abilitativo, come chiaramente prescrive la norma.

2- violazione degli art. 86 e 87 del d.lgs. n. 259/2003 ed eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, assumendosi che l’istanza di autorizzazione venne presentata nel rispetto del procedimento disciplinato nelle norme invocate, che non prescrivono che il richiedente debba dimostrare la conformità urbanistica dell’immobile destinato a ospitare gli impianti, richiedendo soltanto la descrizione fisica del sito interessato l’installazione della SRB, soggiungendosi che queste sono annoverate, dagli art. 86 e 87, tra le opere di urbanizzazione primaria;

3- violazione dell’art. 1 della legge n. 241/90 ed eccesso di potere per contraddittorietà sul rilievo che, con misura contraddittoria e sproporzionata, con l’irrogazione della sanzione pecuniaria al responsabile dell’abuso edilizio, si consente il mantenimento dell’immobile mentre si annulla il titolo conseguito da essa Telecom, e che il vero intento del Comune era quello di assecondare il comitato che si oppone all’installazione;

4- eccesso di potere per contraddittorietà e sproporzione, poiché oltre alla rimozione degli impianti situati nel garage, si ordina anche la rimozione dell’antenna, che è posizionata altrove;

5- violazione degli art. 3 e 21-nonies ed eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione, asserendosi che non sussiste contrasto con lo strumento urbanistico, né su tale presupposto l’amministrazione ha basato il provvedimento, sottraendosi ad un preciso onere di motivazione;

6- violazione degli art. 38 dpr n. 380/2001 e 1 della l. n. 241/90 ed eccesso di potere sotto i profili già evidenziati, reiterandosi, in sostanza, le doglianze sub 3;

7- violazione dell’art. 87 citato e dell’art. 38 T.U. edilizia e ancora eccesso di potere, sul rilievo che la disposta rimozione dell’impianto, avendo questo una funzione tecnologica, è in contrasto con la normativa edilizia vigente, essendo l’installazione soggetta solo a DIA., con la conseguenza dell’applicazione delle sanzioni pecuniarie in caso di abuso.

Resiste il Comune, rilevando che la Sig.ra de Franceschi ha versato la sanzione pecuniaria, ed eccependo che il silenzio-assenso si era formato su un presupposto erroneo, che, trattandosi di bene pertinenziale, andava irrogata la sanzione pecuniaria, e che la determinazione in ordine alla rimozione non è atto provvedimentale, ma è una mera diffida.

Resiste anche il comitato di via Cadorna., ribadendo la sua contrarietà all’installazione, ed eccependo, tra l’altro, che nemmeno poteva formarsi il silenzio-assenso, e che -quanto all’abusività del manufatto- lo stesso non ha natura di pertinenza, con la conseguenza che non sono irrogabili sanzioni pecuniarie. Sono state, poi, depositate memorie difensive da parte della ricorrente e del Comitato di via Cadorna.

Il provvedimento di annullamento del silenzio-assenso (con contestuale ordine di rimozione della SRB e irrogazione della sanzione pecuniaria alla De Franceschi) viene impugnato, con il ricorso n. 17/2009, anche da una parte dei residenti autori del primo ricorso, nella parte in cui non impartisce l’ordine di demolizione dei manufatti abusivi, che si limita a sanzionare pecuniariamente.

Premesso di essere legittimati ad agire per il fatto che i locali in questione sono ubicati nel cortile dell’edificio dove abitano, essi deducono, con articolato motivo, omessa applicazione dell’art. 31 dpr 380/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 37 stesso DPR, eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità manifesta, violazione dell’art. 10 della l. n. 241/90. Si sostiene (richiamata la diversità di nozione di pertinenza in senso civilistico e in senso edilizio): che, essendo l’opera in questione suscettibile di utilizzazione autonoma (come accade per le autorimesse), non si tratta di una pertinenza e che, pertanto, andava ordinata la demolizione ex art. 31 -per il che basta l’accertamento dell’oggettiva abusività-, invece di infliggere una sanzione pecuniaria; che in relazione al manufatto in questione nel passato erano emersi una pluralità di abusi (modifiche interne; apertura di una porta) e che era necessario il PdC e non la DIA; che nel centro storico sono consentiti solo interventi di manutenzione, con la conseguenza che l’ordinanza di manutenzione era un atto dovuto.

Concludono i ricorrenti con la domanda di risarcimento integrale dei danni subiti, con riserva di quantificazione in corso di causa.

Resiste il Comune, eccependo tra l’altro che ha esercitato il potere sanzionatorio (il relativo procedimento si è concluso con il versamento delle relative somme), e che esiste una certa discrezionalità in capo alla P.A. per l’individuazione della sanzione in materia edilizia, soggiungendo che il manufatto ha una evidente natura pertinenziale.

Si è costituita anche Telecom S.p.A., richiamando l’affidamento ingenerato nel privato, sottolineando a sua volta detta discrezionalità, insindacabile nel merito, del resto qui esercitata con adeguata motivazione, e che si tratta di pertinenza, ed eccependo che nessuna lesione ridonda ai ricorrenti dal provvedimento impugnato, donde l’inammissibilità del ricorso, di natura prettamente strumentale.

Con memoria di replica, parte ricorrente ha prodotto una perizia di parte che avalla le tesi sostenute con il gravame.

All’udienza pubblica del 14 maggio 2009 i difensori comparsi hanno insistito sulle rispettive domande ed eccezioni, dopo di che le cause sono state spedite in decisione.
 

DIRITTO
 

1- In via preliminare il Collegio dispone la riunione dei tre giudizi, in considerazione della loro palese connessione, tanto soggettiva quanto oggettiva.

2- Passando alla disamina dei singoli ricorsi riuniti, appare con tutta evidenza che le ragioni del contendere in ordine al primo di essi (n. 216/2008) sono venute meno a seguito dell’annullamento in via di autotutela del titolo abilitativo tacito all’installazione dell’antenna per la telefonia mobile formatosi -come si è detto nella narrativa in fatto che precede- per silentium.

Detto provvedimento costituisce oggetto di impugnazione -per ragioni e finalità si può dire opposti- con i due successivi ricorsi, ma la sua emissione fa venire meno, oggettivamente, l’interesse alla decisione sul primo. Per tali ragioni il ricorso n. 216/2008 va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

3- Invece, il ricorso n. 2696/2008 -con il quale Telecom Italia S.p.A. contesta giudizialmente le determinazioni assunte nei suoi riguardi con detto provvedimento sopravvenuto (n. 277714 del 15.10.2008), si manifesta fondato e va accolto.

In particolare, degno di apprezzamento si manifesta, in primo luogo, il primo mezzo di impugnazione, incentrato sulla violazione degli art. 21-octies e 21-nonies della legge n. 241/90, recanti le regole-base che presiedono all’annullamento d’ufficio degli atti amministrativi.

In effetti, appare violato specialmente l’art. 21-nonies (norma, questa, che nemmeno viene richiamata nel provvedimento di autoannullamento), in primis, nella parte in cui si afferma che l’interesse pubblico è in re ipsa, in relazione all’assunto che l’atto di assenso si sarebbe “formato sulla base di una non adeguata rappresentazione della situazione dei manufatti pertinenziali … che faceva presumere la legittimità degli stessi, e che tale condizione era indispensabile per potere eseguire qualsiasi successivo intervento edilizio”. L’assunto appare criticabile per più aspetti, in primo luogo poiché detta affermazione appare sinonimo della sufficienza, quale presupposto dell’annullamento in autotutela, della mera legalità violata (e della connessa esigenza di ripristinare, appunto, la legalità violata).

Siffatta impostazione era stata superata già da gran tempo dalla giurisprudenza amministrativa dominante e consolidata (circa l’enunciazione del principio che tanto non basti per giustificare l’autoannullamento, richiedendosi, in più, un interesse pubblico attuale e concreto per la rimozione del provvedimento viziato), ed appare ora canonizzata nell’icastico dato testuale recato dal primo, denso, comma 1 dell’art. 21-nonies, in stretto collegamento con l’osservazione che segue, inerente alla necessità, inoltre, di prendere in considerazione l’interesse del destinatario del provvedimento oggetto della rimozione.

In effetti la norma impone, oggi, testualmente, che si tenga conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Ciò significa (con riguardo al caso di specie) che, nel disporre l’annullamento in via di autotutela, la P.A. resistente era tenuta a giustificare la determinazione presa, in particolare dando conto nella motivazione delle ragioni poste a sostegno delle medesime, e di come queste prevalessero sul contrapposto interesse del destinatario alla conservazione del provvedimento a lui favorevole (nella specie, l’atto di assenso formatosi per silentium).

Un altro profilo di illegittimità della motivazione addotta sul punto nell’atto di annullamento d’ufficio attiene alla rilevanza dei profili relativi alla disciplina edilizia e urbanistica, che per la P.A. resistente si pone, in concreto, come assorbente di ogni altro profilo, nel senso che -riscontrata l’abusività del locale destinato ad ospitare gli impianti tecnologici a servizio dell’antenna- ne segue l’erroneità del presupposto sulla base del quale si sarebbe formato il silenzio-assenso.

Ma l’assunto -anche in considerazione del fatto che la ritenuta abusività appare sanzionabile con sanzione pecuniaria e che, in punto di fatto, la relativa somma è stata versata dal responsabile del presunto abuso- non può condividersi, tanto più che, nel caso di specie, si tratterebbe di un abuso minore, sanzionabile pecuniariamente (come, di fatti, è avvenuto). Per l’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, infatti, posto che ivi si sancisce il principio dell’unicità del procedimento (ribadito anche dalla Corte costituzionale), nel senso di ricomprendervi anche i profili riguardanti la disciplina edilizia, il soggetto che richiede l’autorizzazione ad installare impianti di telefonia mobile non è tenuto a dimostrare la conformità alla normativa e agli strumenti edilizi dei manufatti sede dell’installazione, ma, invece, “il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche…” (comma 3) -e, per quanto concerne l’aspetto urbanistico-edilizio, (solo) a descrivere la situazione fisica dei luoghi.

Essa ricorrente, peraltro, ha osservato la norma citata. Per tali ragioni deve considerarsi fondato anche il secondo mezzo di gravame.

Inoltre, il fatto che un locale che nasce chiaramente a servizio di un fabbricato principale (sede di abitazioni) in quanto destinato ad autorimessa o garage venga, poi, adibito a usi diversi ma non configuranti una vera o piena autonomia di destinazione non ne fa venir meno, ad avviso del Collegio, la natura di manufatto accessorio e perciò di natura pertinenziale, solo spostandosi l’accessorietà (come nella fattispecie) dal legame con un’abitazione a quella di una diversa attività, che nella specie è quella di trasmissioni telefoniche. Da ciò consegue che deve ritenersi legittima -pur volendo considerare l’opera abusiva, il che non pare davvero potersi affermare nel caso di specie, risalendo la costruzione dei due locali in questione ad epoca anteriore al 1967 (da quando divenne obbligatoria la concessione edilizia )- l’irrogazione della sanzione pecuniaria e non invece, della demolizione. Da ciò il buon fondamento anche del terzo motivo.

Conclusivamente, il ricorso n. 2696/2008 si manifesta fondato e va accolto. Per l’effetto è annullato in toto il provvedimento impugnato.

4- Quanto alla sorte del ricorso n. 17/2009, dall’annullamento testé pronunciato dell’atto oggetto di impugnativa (ma per ragioni diverse) con il medesimo, consegue la sopravvenuta carenza di interesse, per rimanere, oggettivamente, l’impugnativa medesima priva di oggetto.

Per tale ragione il ricorso -prescindendo dalla considerazione di altri profili, anche attinenti al rito- va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Sussistono motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e onorari di giudizio.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione II, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, respinta ogni contraria domanda ed eccezione, preliminarmente li riunisce; indi, dichiara improcedibili i ricorsi n. 216/2008 e 17/2009; accoglie il ricorso n. 2696/2008. Per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato con quest’ultimo ricorso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Italo Franco, Consigliere, Estensore

Brunella Bruno, Referendario

IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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