AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR VENETO, Sez. II - 27 maggio 2009, n. 1629
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Art. 87 d.lgs. n. 259/2003 - Unicità del
procedimento - Soggetto richiedente l’autorizzazione all’installazione -
Dimostrazione della conformità edilizia - Necessità - Esclusione. Per l’art.
87 del d.lgs. n. 259/2003, infatti, posto che ivi si sancisce il principio
dell’unicità del procedimento (ribadito anche dalla Corte costituzionale), nel
senso di ricomprendervi anche i profili riguardanti la disciplina edilizia, il
soggetto che richiede l’autorizzazione ad installare impianti di telefonia
mobile non è tenuto a dimostrare la conformità alla normativa e agli strumenti
edilizi dei manufatti sede dell’installazione, ma, invece, “il rispetto dei
limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità,
relativi alle emissioni elettromagnetiche…” (comma 3) -e, per quanto concerne
l’aspetto urbanistico-edilizio, (solo) a descrivere la situazione fisica dei
luoghi. Pres. Di Nunzio, Est. Franco - D.D.R.L.F. (avv.ti Ceruti e Acerboni) c.
Comune di Padova (avv.ti Montobbio, Mizzoni, Lotto, Bernardi, Bicocchi e
Munari).
T.A.R. VENETO, Sez. II - 27/05/2009, n. 1629
N. 01629/2009 REG.SEN.
N. 00216/2008 REG.RIC.
N. 02696/2008 REG.RIC.
N. 00017/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 216 del 2008, proposto da:
Dona' Dalle Rose Luigi Filippo, Geminiani Francesca, Chiaretto Mario, Cancellier
Mario, Geminiani Simona, Prisco dora, Villanova Carla, Marcato Antonietta,
Brugnolo Donatella, Jeurgens Christel, Pandolfo Manuela, Zaramella Berta, Razeti
Diana, Campione Giuseppe, Arnaboldi Adele, Torresin Rossana, Orsenigo Francesco
Maria Espero, Marino Elvira e Ballan Rosanna, rappresentati e difesi dagli avv.
Matteo Ceruti e Francesco Acerboni, con domicilio eletto presso il secondo in
Venezia, Santa Croce, 312/A, come da procura a.l. in calce al ricorso,
contro
Comune di Padova in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e
difeso dagli avv. Alessandra Montobbio, Vincenzo Mizzoni, Marina Lotto, Paolo
Bernardi, Alberto Bicocchi e Paola Munari, con domicilio presso la segreteria
del TAR Veneto, ai sensi dell’art. 35 del r.d. 26.06.24 n. 1054, come da
delibera della G.M. n. 402 del 21.04.29 di autorizzazione a resistere,
nei confronti di
Telecom Italia Mobile Spa, in persona del rappresentante legale incarica,
rappresentata e difesa dagli avv. Pietro Ferraris, Enzo Robaldo, Stefano
Sacchetto, con domicilio eletto presso il terzo in Venezia-Mestre, via G.
Carducci, 45, come da procura in calce all’atto di costituzione;
l’ARPAV- Agenzia regionale di prevenzione e protezione ambientale, in persona
del suo legale rappresentante, e De Franceschi Lorenza, non costituitisi in
giudizio,
Sul ricorso numero di registro generale 2696 del 2008, proposto da: .
Telecom Italia Spa, in persona del suo procuratore avv. Carmine Biagio Nicola
Cioffi, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Ferraris, Enzo Robaldo e
Stefano Sacchetto, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia-Mestre,
via G. Carducci, 45, come da procura a.l. a margine del ricorso,
contro
Comune di Padova, in persona del Sindaco pro-tempore, come sopra
rappresentato, difeso e domiciliato;
nei confronti di
De Franceschi Lorenza e Geminiani Francesca, non costituitesi in giudizio;
Comitato di via Cadorna, in persona del presidente e rappresentante legale Donà
Dalle Rose, rappresentato e difeso dagli avv. Matteo Ceruti e Francesco Acerboni,
con domicilio eletto presso il secondo in Venezia, Santa Croce, 312/A, come da
procura a.l. a margine della memoria di costituzione,
Sul ricorso numero di registro generale 17 del 2009, proposto da Geminiani
Francesca, Geminiani Simona, Prisco Dora e Zaramella Berta, rappresentate e
difese dagli avv. Matteo Ceruti e Francesco Acerboni, con domicilio eletto
presso il secondo, in Venezia, Santa Croce, 312/A, come da procura a .l. a
margine del ricorso;
contro
Comune di Padova in persona del sindaco pro-tempore, come sopra
rappresentato, difeso e domiciliato,
nei confronti di
De Franceschi Lorenza, non costituitasi in giudizio;
Telecom Italia Spa, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 216 del 2008: del silenzio-assenso formatosi sull’istanza
di autorizzazione all’installazione di una stazione radio - base in Padova, via
Cavalletto n. 9, presentata il 20.7.2007 e degli atti presupposti, quali (per
quanto possa occorrere) il parere dell’ARPAV del 18.12.2006 e la DIA del
7.12.2007, prot. 331823;
quanto al ricorso n. 2696 del 2008:
del provvedimento del 15.10.2008 - pratica edilizia n. 970/2008 recante
annullamento del silenzio-assenso inerente alla richiesta autorizzazione alla
realizzazione della predetta stazione radio-base, e contestuale diffida a
Telecom Italia S.p.A. alla disattivazione e rimozione dell’impianto di telefonia
mobile, e di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, con condanna
al risarcimento dei danni conseguenziali;
quanto al ricorso n. 17 del 2009: del medesimo provvedimento di annullamento del
silenzio-assenso, limitatamente alla parte in cui non si dispone la demolizione
dei manufatti abusivi in luogo della irrogata sanzione pecuniaria, con condanna
al risarcimento dei danni consequenziali subiti dai ricorrenti.
Visti i ricorsi, ritualmente notificati alle controparti e depositati presso la
segreteria del TAR Veneto, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Padova in tutti e tre i
giudizi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia Mobile Spa, nei
giudizi di cui ai ricorsi n. 216/2008 e n. 17/2009, e del comitato di via
Cadorna nel ricorso n. 2696/2008;
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2009 il dott. Italo Franco e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
In data 20.08.2007 Telecom Italia
Mobile S.p.A. richiedeva al Comune di Padova il rilascio di un’autorizzazione
all’installazione di una stazione radio-base per telefonia cellulare in via
cavalletto n. 9 -in zona in cui non era prevista dal piano di localizzazione del
2006/2007 la collocazione di antenne-, corredata da una relazione tecnica e
parere reso dall’ARPAV il 18.10.2006. Era prevista l’installazione degli
impianti tecnologici in un locale adibito a garage e la collocazione
dell’antenna sul tetto di un vicino fabbricato. Trascorso il termine previsto
dall’art. 87.9 del d.lgs. n. 259/2003, la stessa Telecom, comunicava, con nota
del 6.11.2007, protocollata dal Comune il 15.11.2007, l’inizio dei lavori,
ritenendo formato il silenzio-assenso sull’istanza, facendo seguire anche la
presentazione della DIA, in data 7.12.2007.
Contro tale atto implicito di assenso insorgevano, con il ricorso rubricato al
n. 216/2008, un gruppo di cittadini residenti nei pressi dell’area di ubicazione
della menzionata stazione radio-base, che si dicono legittimati dalla fatto di
essere esposti a radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza e basa
intensità, riservandosi di agire per il risarcimento dei danni derivanti dal
deprezzamento dei loto immobili.
A sostegno del gravame essi deducevano una serie di censure incentrate sugli
assunti: che l’amministrazione era tenuta ad emettere un provvedimento esplicito
(per via della richiamata esclusione delle antenne nella zona centrale in
questione);che non si è formato un atto autorizzativo implicito, perché il
settore ambiente aveva comunicato al settore edilizia privata il suo avviso
contrario (il 20.08.2007); che l’istanza non era stata pubblicizzata, ed essi
residenti non avevano potuto partecipare al procedimento; che l’autorizzazione è
soggetta ad un previo controllo sul rispetto sugli standard di emissione; che il
garage che ospita gli impianti è abusivo e non condonato.
Oltre a Telecom S.p.A. si costituiva anche il Comune, facendo presente che, con
provvedimento dirigenziale in data 15.10.2008 era stato annullato il
silenzio-assenso, donde la domanda di dichiarare improcedibile il gravame per
sopravvenuta carenza di interesse.
In effetti, il settore edilizia privata del Comune, a seguito di sopralluogo
effettuato il 15.02.2008 -con nota del 28.03.2008- comunicava alla proprietaria
del locale su indicato e alla Telecom l’avvio del “procedimento per opere
edilizie abusive”, sul presupposto che il manufatto a carattere pertinenziale
(costituito da due locali dei quali l’uno originariamente adibito a garage e
l’altro tuttora avente tale destinazione) era stato eretto in assenza di titolo
abilitativo edilizio. Con la stessa nota si comunicava l’avvio anche del
procedimento per l’annullamento del titolo abilitativo inerente alla stazione
radio, essendo la DIA basata su presupposti carenti. Seguiva il provvedimento n.
277714 del 15.10.2008, con il quale, richiamate le osservazioni di Telecom (dove
si faceva presente, tra l’altro, che il manufatto risale ad epoca anteriore al
1967) e del “comitato via Cadorna”, si annulla il silenzio-assenso di cui sopra,
affermandosi che il manufatto è situato nel centro storico e che l’interesse
pubblico deve ritenersi in re ipsa, e contestualmente si diffida Telecom
Italia a disattivare e rimuovere l’impianto di telefonia mobile, e si irroga
alla proprietaria dell’immobile, in considerazione della natura pertinenziale
del manufatto ritenuto abusivo, una sanzione pecuniaria di € 19.227,00.
Contro tali determinazioni insorge Telecom Italia S.p.A. con il ricorso
registrato al n. 2696/2008, deducendo i seguenti motivi:
1- violazione, principalmente, dell’art. 21-nonies poiché, nella fattispecie,
non sussistevano i presupposti per l’annullamento in autotutela del titolo
abilitativo formatosi per silentium. In particolare, l’amministrazione
non ha considerato l’interesse della ricorrente al mantenimento del titolo
abilitativo, come chiaramente prescrive la norma.
2- violazione degli art. 86 e 87 del d.lgs. n. 259/2003 ed eccesso di potere per
errata valutazione dei presupposti, assumendosi che l’istanza di autorizzazione
venne presentata nel rispetto del procedimento disciplinato nelle norme
invocate, che non prescrivono che il richiedente debba dimostrare la conformità
urbanistica dell’immobile destinato a ospitare gli impianti, richiedendo
soltanto la descrizione fisica del sito interessato l’installazione della SRB,
soggiungendosi che queste sono annoverate, dagli art. 86 e 87, tra le opere di
urbanizzazione primaria;
3- violazione dell’art. 1 della legge n. 241/90 ed eccesso di potere per
contraddittorietà sul rilievo che, con misura contraddittoria e sproporzionata,
con l’irrogazione della sanzione pecuniaria al responsabile dell’abuso edilizio,
si consente il mantenimento dell’immobile mentre si annulla il titolo conseguito
da essa Telecom, e che il vero intento del Comune era quello di assecondare il
comitato che si oppone all’installazione;
4- eccesso di potere per contraddittorietà e sproporzione, poiché oltre alla
rimozione degli impianti situati nel garage, si ordina anche la rimozione
dell’antenna, che è posizionata altrove;
5- violazione degli art. 3 e 21-nonies ed eccesso di potere per illogicità e
difetto di motivazione, asserendosi che non sussiste contrasto con lo strumento
urbanistico, né su tale presupposto l’amministrazione ha basato il
provvedimento, sottraendosi ad un preciso onere di motivazione;
6- violazione degli art. 38 dpr n. 380/2001 e 1 della l. n. 241/90 ed eccesso di
potere sotto i profili già evidenziati, reiterandosi, in sostanza, le doglianze
sub 3;
7- violazione dell’art. 87 citato e dell’art. 38 T.U. edilizia e ancora eccesso
di potere, sul rilievo che la disposta rimozione dell’impianto, avendo questo
una funzione tecnologica, è in contrasto con la normativa edilizia vigente,
essendo l’installazione soggetta solo a DIA., con la conseguenza
dell’applicazione delle sanzioni pecuniarie in caso di abuso.
Resiste il Comune, rilevando che la Sig.ra de Franceschi ha versato la sanzione
pecuniaria, ed eccependo che il silenzio-assenso si era formato su un
presupposto erroneo, che, trattandosi di bene pertinenziale, andava irrogata la
sanzione pecuniaria, e che la determinazione in ordine alla rimozione non è atto
provvedimentale, ma è una mera diffida.
Resiste anche il comitato di via Cadorna., ribadendo la sua contrarietà
all’installazione, ed eccependo, tra l’altro, che nemmeno poteva formarsi il
silenzio-assenso, e che -quanto all’abusività del manufatto- lo stesso non ha
natura di pertinenza, con la conseguenza che non sono irrogabili sanzioni
pecuniarie. Sono state, poi, depositate memorie difensive da parte della
ricorrente e del Comitato di via Cadorna.
Il provvedimento di annullamento del silenzio-assenso (con contestuale ordine di
rimozione della SRB e irrogazione della sanzione pecuniaria alla De Franceschi)
viene impugnato, con il ricorso n. 17/2009, anche da una parte dei residenti
autori del primo ricorso, nella parte in cui non impartisce l’ordine di
demolizione dei manufatti abusivi, che si limita a sanzionare pecuniariamente.
Premesso di essere legittimati ad agire per il fatto che i locali in questione
sono ubicati nel cortile dell’edificio dove abitano, essi deducono, con
articolato motivo, omessa applicazione dell’art. 31 dpr 380/2001, violazione e
falsa applicazione dell’art. 37 stesso DPR, eccesso di potere per travisamento
dei fatti e illogicità manifesta, violazione dell’art. 10 della l. n. 241/90. Si
sostiene (richiamata la diversità di nozione di pertinenza in senso civilistico
e in senso edilizio): che, essendo l’opera in questione suscettibile di
utilizzazione autonoma (come accade per le autorimesse), non si tratta di una
pertinenza e che, pertanto, andava ordinata la demolizione ex art. 31 -per il
che basta l’accertamento dell’oggettiva abusività-, invece di infliggere una
sanzione pecuniaria; che in relazione al manufatto in questione nel passato
erano emersi una pluralità di abusi (modifiche interne; apertura di una porta) e
che era necessario il PdC e non la DIA; che nel centro storico sono consentiti
solo interventi di manutenzione, con la conseguenza che l’ordinanza di
manutenzione era un atto dovuto.
Concludono i ricorrenti con la domanda di risarcimento integrale dei danni
subiti, con riserva di quantificazione in corso di causa.
Resiste il Comune, eccependo tra l’altro che ha esercitato il potere
sanzionatorio (il relativo procedimento si è concluso con il versamento delle
relative somme), e che esiste una certa discrezionalità in capo alla P.A. per
l’individuazione della sanzione in materia edilizia, soggiungendo che il
manufatto ha una evidente natura pertinenziale.
Si è costituita anche Telecom S.p.A., richiamando l’affidamento ingenerato nel
privato, sottolineando a sua volta detta discrezionalità, insindacabile nel
merito, del resto qui esercitata con adeguata motivazione, e che si tratta di
pertinenza, ed eccependo che nessuna lesione ridonda ai ricorrenti dal
provvedimento impugnato, donde l’inammissibilità del ricorso, di natura
prettamente strumentale.
Con memoria di replica, parte ricorrente ha prodotto una perizia di parte che
avalla le tesi sostenute con il gravame.
All’udienza pubblica del 14 maggio 2009 i difensori comparsi hanno insistito
sulle rispettive domande ed eccezioni, dopo di che le cause sono state spedite
in decisione.
DIRITTO
1- In via preliminare il Collegio
dispone la riunione dei tre giudizi, in considerazione della loro palese
connessione, tanto soggettiva quanto oggettiva.
2- Passando alla disamina dei singoli ricorsi riuniti, appare con tutta evidenza
che le ragioni del contendere in ordine al primo di essi (n. 216/2008) sono
venute meno a seguito dell’annullamento in via di autotutela del titolo
abilitativo tacito all’installazione dell’antenna per la telefonia mobile
formatosi -come si è detto nella narrativa in fatto che precede- per
silentium.
Detto provvedimento costituisce oggetto di impugnazione -per ragioni e finalità
si può dire opposti- con i due successivi ricorsi, ma la sua emissione fa venire
meno, oggettivamente, l’interesse alla decisione sul primo. Per tali ragioni il
ricorso n. 216/2008 va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse.
3- Invece, il ricorso n. 2696/2008 -con il quale Telecom Italia S.p.A. contesta
giudizialmente le determinazioni assunte nei suoi riguardi con detto
provvedimento sopravvenuto (n. 277714 del 15.10.2008), si manifesta fondato e va
accolto.
In particolare, degno di apprezzamento si manifesta, in primo luogo, il primo
mezzo di impugnazione, incentrato sulla violazione degli art. 21-octies e
21-nonies della legge n. 241/90, recanti le regole-base che presiedono
all’annullamento d’ufficio degli atti amministrativi.
In effetti, appare violato specialmente l’art. 21-nonies (norma, questa, che
nemmeno viene richiamata nel provvedimento di autoannullamento), in primis,
nella parte in cui si afferma che l’interesse pubblico è in re ipsa, in
relazione all’assunto che l’atto di assenso si sarebbe “formato sulla base di
una non adeguata rappresentazione della situazione dei manufatti pertinenziali …
che faceva presumere la legittimità degli stessi, e che tale condizione era
indispensabile per potere eseguire qualsiasi successivo intervento edilizio”.
L’assunto appare criticabile per più aspetti, in primo luogo poiché detta
affermazione appare sinonimo della sufficienza, quale presupposto
dell’annullamento in autotutela, della mera legalità violata (e della connessa
esigenza di ripristinare, appunto, la legalità violata).
Siffatta impostazione era stata superata già da gran tempo dalla giurisprudenza
amministrativa dominante e consolidata (circa l’enunciazione del principio che
tanto non basti per giustificare l’autoannullamento, richiedendosi, in più, un
interesse pubblico attuale e concreto per la rimozione del provvedimento
viziato), ed appare ora canonizzata nell’icastico dato testuale recato dal
primo, denso, comma 1 dell’art. 21-nonies, in stretto collegamento con
l’osservazione che segue, inerente alla necessità, inoltre, di prendere in
considerazione l’interesse del destinatario del provvedimento oggetto della
rimozione.
In effetti la norma impone, oggi, testualmente, che si tenga conto degli
interessi dei destinatari e dei controinteressati. Ciò significa (con riguardo
al caso di specie) che, nel disporre l’annullamento in via di autotutela, la
P.A. resistente era tenuta a giustificare la determinazione presa, in
particolare dando conto nella motivazione delle ragioni poste a sostegno delle
medesime, e di come queste prevalessero sul contrapposto interesse del
destinatario alla conservazione del provvedimento a lui favorevole (nella
specie, l’atto di assenso formatosi per silentium).
Un altro profilo di illegittimità della motivazione addotta sul punto nell’atto
di annullamento d’ufficio attiene alla rilevanza dei profili relativi alla
disciplina edilizia e urbanistica, che per la P.A. resistente si pone, in
concreto, come assorbente di ogni altro profilo, nel senso che -riscontrata l’abusività
del locale destinato ad ospitare gli impianti tecnologici a servizio
dell’antenna- ne segue l’erroneità del presupposto sulla base del quale si
sarebbe formato il silenzio-assenso.
Ma l’assunto -anche in considerazione del fatto che la ritenuta abusività appare
sanzionabile con sanzione pecuniaria e che, in punto di fatto, la relativa somma
è stata versata dal responsabile del presunto abuso- non può condividersi, tanto
più che, nel caso di specie, si tratterebbe di un abuso minore, sanzionabile
pecuniariamente (come, di fatti, è avvenuto). Per l’art. 87 del d.lgs. n.
259/2003, infatti, posto che ivi si sancisce il principio dell’unicità del
procedimento (ribadito anche dalla Corte costituzionale), nel senso di
ricomprendervi anche i profili riguardanti la disciplina edilizia, il soggetto
che richiede l’autorizzazione ad installare impianti di telefonia mobile non è
tenuto a dimostrare la conformità alla normativa e agli strumenti edilizi dei
manufatti sede dell’installazione, ma, invece, “il rispetto dei limiti di
esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi
alle emissioni elettromagnetiche…” (comma 3) -e, per quanto concerne l’aspetto
urbanistico-edilizio, (solo) a descrivere la situazione fisica dei luoghi.
Essa ricorrente, peraltro, ha osservato la norma citata. Per tali ragioni deve
considerarsi fondato anche il secondo mezzo di gravame.
Inoltre, il fatto che un locale che nasce chiaramente a servizio di un
fabbricato principale (sede di abitazioni) in quanto destinato ad autorimessa o
garage venga, poi, adibito a usi diversi ma non configuranti una vera o piena
autonomia di destinazione non ne fa venir meno, ad avviso del Collegio, la
natura di manufatto accessorio e perciò di natura pertinenziale, solo
spostandosi l’accessorietà (come nella fattispecie) dal legame con un’abitazione
a quella di una diversa attività, che nella specie è quella di trasmissioni
telefoniche. Da ciò consegue che deve ritenersi legittima -pur volendo
considerare l’opera abusiva, il che non pare davvero potersi affermare nel caso
di specie, risalendo la costruzione dei due locali in questione ad epoca
anteriore al 1967 (da quando divenne obbligatoria la concessione edilizia )-
l’irrogazione della sanzione pecuniaria e non invece, della demolizione. Da ciò
il buon fondamento anche del terzo motivo.
Conclusivamente, il ricorso n. 2696/2008 si manifesta fondato e va accolto. Per
l’effetto è annullato in toto il provvedimento impugnato.
4- Quanto alla sorte del ricorso n. 17/2009, dall’annullamento testé pronunciato
dell’atto oggetto di impugnativa (ma per ragioni diverse) con il medesimo,
consegue la sopravvenuta carenza di interesse, per rimanere, oggettivamente,
l’impugnativa medesima priva di oggetto.
Per tale ragione il ricorso -prescindendo dalla considerazione di altri profili,
anche attinenti al rito- va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse.
Sussistono motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e onorari
di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo
regionale per il Veneto, Sezione II, definitivamente pronunciando sui ricorsi in
epigrafe, respinta ogni contraria domanda ed eccezione, preliminarmente li
riunisce; indi, dichiara improcedibili i ricorsi n. 216/2008 e 17/2009; accoglie
il ricorso n. 2696/2008. Per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato con
quest’ultimo ricorso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Italo Franco, Consigliere, Estensore
Brunella Bruno, Referendario
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it