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TAR VENETO, Sez. III - 26 ottobre 2009, n. 2655
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 9 L. n. 447/95 - Competenza - Criterio di riparto -
Art. 50, cc. 5 e 6 d.lgs. n. 267/2003 - Situazioni a carattere locale - Ambiti
territoriali di carattere sovracomunale. Non è condivisibile la tesi secondo
cui la competenza ad adottare i provvedimenti di cui all’art. 9 della L. n.
447/1995 dipenderebbe dall’appartenenza comunale o statale dei beni dai quali
proviene la fonte rumorosa, perché ad un siffatto criterio non fa riferimento
nessuna norma e l’esistenza di un bene pubblico quale fonte del disturbo è
un’eventualità del tutto occasionale, dovendosi configurare nella maggior parte
dei casi una provenienza da beni privati. Poiché la norma citata configura un
potere sostanzialmente analogo a quello attribuito al Sindaco dal Dlgs. 18
agosto 2000, n. 267 agli articoli 50 e 54, sembra congruo applicare in via
residuale il criterio di riparto dettato dai commi 5 e 6 dell’art. 50 del Dlgs.
n. 267 del 2000, e pertanto la competenza deve essere ricondotta in capo al
Sindaco in caso di situazioni di carattere esclusivamente locale, ferma restando
la competenza degli altri enti menzionati dall’art. 9 della legge n. 447 del
1995 in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento
di più ambiti territoriali di carattere sovracomunale. (fattispecie relativa
all’adozione da parte del Sindaco di un’ordinanza ex art. 9 L. n. 447/95 con la
quale era inibito l’uso di un’area demaniale). Pres. f.f. Antonelli, Est. Mielli
- C. s.p.a. (avv.ti Veronese e Munarin) c. Comune di Venezia (avv.ti Gidoni,
Iannotta e Morino), A.R.P.A.V. (avv.ti Bondi', Casella e Scudier) e Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti (Avv. Stato) - TAR VENETO, Sez.III - 26
ottobre 2009, n. 2655
INQUINAMENTO ACUSTICO - Insediamenti storici - Piani di risanamento acustico -
Azione concertata tra i soggetti coinvolti - Presentazione del piano - Comune -
Passivo rifiuto di dar corso alla procedura di approvazione - Illegittimità.
Dall’insieme delle norme di cui agli artt. 7, 4, c. 1 e 15 della legge 26
ottobre 1995, n. 447 risulta che le molteplici iniziative volte alla rimozione
delle situazioni di criticità determinate dalla storicità degli insediamenti, è
demandata all’azione concertata dei diversi soggetti coinvolti cui devono
concorrere le istituzioni, le attività produttive da cui provengono le emissioni
sonore e gli stessi cittadini con interventi diretti sui ricettori sensibili.
Pertanto a fronte della presentazione di un piano di risanamento acustico da
parte di un’impresa illegittimamente il Comune si limita al passivo rifiuto di
dar corso alla procedura di approvazione senza indicare in modo propositivo,
completo e puntuale gli elementi giudicati non idonei o mancanti al fine del
raggiungimento dei risultati attesi, e le opere e i rimedi specifici ritenuti
necessari per il contenimento del rumore. Pres. f.f. Antonelli, Est. Mielli - C.
s.p.a. (avv.ti Veronese e Munarin) c. Comune di Venezia (avv.ti Gidoni, Iannotta
e Morino), A.R.P.A.V. (avv.ti Bondi', Casella e Scudier) e Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti (Avv. Stato) - TAR VENETO, Sez.III - 26
ottobre 2009, n. 2655
N. 02655/2009 REG.SEN.
N. 02297/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2297 del 2008, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Cantiere Navale De Poli Spa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro
Veronese e Matteo Munarin, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.
Alessandro Veronese in Venezia-Marghera, via delle Industrie, 19/C P. Libra;
contro
Comune di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulio Gidoni, Antonio
Iannotta, Maddalena Morino, con domicilio eletto presso l’Avvocatura civica
nella sede municipale del Comune di Venezia;
A.R.P.A.V., rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Bondi', Lucia Casella e
Giovanni Scudier, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Roberto Bondi'
in Venezia, Santa Croce, 663; Azienda U.L.S.S. n. 12 Veneziana;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliato per legge in
Venezia, San Marco, 63;
per l'annullamento
(quanto al ricorso originario):
- dell’ordinanza sindacale contingibile ed urgente del 19 novembre 2008, n. 868,
prot. n. 493285, che ingiunge l’immediata sospensione per 90 giorni
dell’attività svolta nella concessione di spazio acqueo n. 5457 del 7 luglio
2000 per la parte di mq 1483;
- della nota Arpav 29 luglio 2008, n. 97646 e delle allegate indagini
fonometriche;
- della nota Arpav 29 luglio 2008, n. 136697;
- della nota dell’Azienda Ulss n. 12 del 29 agosto 2008, n. 39958;
- del verbale della conferenza di servizi decisoria 11 novembre 2008;
- del verbale della conferenza di servizi istruttoria 28 ottobre 2008 ed atti
connessi.
(quanto ai primi motivi aggiunti): del provvedimento del Magistrato alle Acque
prot. n. 14005 del 27 novembre 2008, con il quale è stata sospesa parte della
concessione demaniale n. 5457 consistente nello spazio acqueo posto nel lato sud
di mq 1483 ed atti connessi.
(quanto ai secondi motivi aggiunti):
- del provvedimento del Comune di Venezia prot. n. 53466 del 5 febbraio 2009 con
il quale è stato negato il Piano di Risanamento acustico;
- della nota del Comune di Venezia prot. n. 511284 del 2 dicembre 2008;
- della relazione Arpav prot. n. 166/RU/08 del 1 dicembre 2008;
- della relazione Arpav prot. n. 189/RU/08 dell’8 gennaio 2009;
- dei rapporti Arpav del 18 maggio 2007 n. 93/RU/08 e 1 luglio 2008 n. 93/RU/08
ed atti connessi.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.R.P.A.V.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2009 il dott. Stefano Mielli
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La Società ricorrente, che è un’impresa di costruzioni navali con stabilimento
sito a Pellestrina, per la propria attività utilizza, con una concessione
demaniale, gli specchi acquei lagunari ed i terreni demaniali prospicienti
all’opificio.
Le aree del cantiere sono ricomprese dal piano regolatore comunale in zona
territoriale omogenea industriale di tipo D, e dal piano di zonizzazione
acustica in classe V (aree prevalentemente industriali).
Le contigue aree residenziali sono invece ricomprese in classe III (aree di tipo
misto).
Il lato sud dello specchio acqueo in concessione, il più vicino a delle
abitazioni private che si affacciano sulla laguna, per alcuni periodi dell’anno
è occupato da lavorazioni rumorose che hanno indotto l’amministrazione comunale
nel tempo ad intervenire per ridurre l’impatto acustico delle lavorazioni del
cantiere.
Con ordinanza sindacale contingibile ed urgente del 19 novembre 2008, n. 868,
adottata sulla scorta delle misurazioni effettuate dall’Arpav e di un parere sui
rischi sanitari reso dall’Azienda sanitaria, il Comune di Venezia ha ingiunto
l’immediata inibitoria dell’attività svolta nello spazio acqueo contiguo alle
abitazioni per un periodo di 90 giorni e fino all’approvazione da parte degli
enti competenti della documentazione attestante l’esecuzione di interventi
idonei a ricondurre la rumorosità entro i limiti di legge.
Con il ricorso originario tale provvedimento è impugnato per le seguenti
censure:
I) incompetenza e violazione dell’art. 9 della legge 26 ottobre 1995, n. 447,
perché non spetterebbe al Comune ma allo Stato inibire un’attività rumorosa
proveniente da un’area oggetto di concessione sul demanio statale e, in via
subordinata, competerebbe in ogni caso al dirigente e non al Sindaco;
II) difetto di istruttoria e motivazione, omessa valutazione dell’apporto
procedimentale della Società ricorrente, perplessità e violazione dell’art. 97
della Costituzione, perché l’Amministrazione non avrebbe considerato il piano di
risanamento acustico redatto dalla ditta e trasmesso al Comune il 12 novembre
2008;
III) violazione dell’art. 2, comma 3, lett. b), della legge 26 ottobre 1995, n.
447 e dell’art. 4 del DPCM 14 novembre 1997 e del DM 16 marzo 1998, difetto di
istruttoria, carenza di motivazione, travisamento e illogicità, per
l’inattendibilità delle rilevazioni dell’Arpav in difetto di una recente
misurazione del rumore residuo, e per la genericità dei contenuti del parere
dell’Azienda sanitaria;
IV) violazione dell’art. 9 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, difetto di
istruttoria, di motivazione, contraddittorietà e illogicità per la mancata
evidenziazione di eccezionali, urgenti e motivate necessità di tutela della
salute pubblica o dell’ambiente e il difetto dei presupposti di contingibilità
ed urgenza;
V) violazione dell’art. 2, comma 1, lett. g), 4 e 7 della legge 26 ottobre 1995,
n. 447, dei principi di proporzionalità ed adeguatezza e illogicità, perché la
condizione urbanistica delle aree e la loro classificazione acustica, che
prevede un salto di classe, avrebbe imposto la redazione di un piano di
risanamento acustico.
Con decreto monocratico, emesso inaudita altera parte, n. 945 del 27 novembre
2008, è stata interinalmente accolta la domanda cautelare, cui la Società
ricorrente vi ha invece rinunciato alla Camera di consiglio del 10 dicembre
2008, perché erano nel frattempo terminate le lavorazioni rumorose svolte
nell’area oggetto dell’inibitoria comunale impugnata.
Successivamente il Magistrato alle acque di Venezia ha sospeso la parte della
concessione demaniale individuata dall’inibitoria del Comune per il periodo di
validità della stessa.
Tale provvedimento è impugnato con motivi aggiunti per le censure di
illegittimità derivata, nonché i vizi propri di illogicità e violazione dei
principi di proporzionalità ed adeguatezza, lamentando che illegittimamente non
è stato considerato che la concessione riguarda un’area non necessariamente
adibita alle lavorazioni rumorose vietate dal provvedimento del Comune.
Con ulteriori motivi aggiunti è impugnato, unitamente ai diversi atti
endoprocedimentali, il provvedimento prot. n. 53466 del 5 febbraio 2009, con il
quale il Comune di Venezia ha respinto il piano di risanamento acustico
presentato dalla Società ricorrente per le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, del principio
del giusto procedimento e del contraddittorio;
II) violazione dell’art. 7 della legge 26 ottobre 1995, n. 447 e dell’art. 5
della legge regionale 10 maggio 1999, n. 21, incompetenza e difetto di
motivazione perché l’approvazione del piano di risanamento è di competenza del
Consiglio comunale;
III) violazione degli artt. 4, 6 e 7 della legge 26 ottobre 1995, n. 447,
violazione dei principi di indefettibilità e continuità, difetto di istruttoria
e di motivazione, violazione del principio di leale collaborazione e dei
principi di proporzionalità ed adeguatezza per la mancanza della specifica
indicazione da parte del Comune degli elementi del piano di risanamento
presentato ritenuti mancanti o insufficienti;
IV) difetto di istruttoria e motivazione, violazione del principio del giusto
procedimento e perplessità dell’azione amministrativa per la mancata
disponibilità del Comune e dell’Arpav di predisporre un piano di risanamento
acustico in contraddittorio e condiviso.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Venezia e l’Arpav concludendo per la
reiezione del ricorso originario e dei motivi aggiunti.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2009, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1. La Società ricorrente, che è un’impresa di costruzioni navali, svolge la
propria attività nel proprio stabilimento di Pellestrina.
Per alcuni mesi all’anno nello svolgimento dell’attività cantieristica per
terminare l’allestimento delle navi in fabbricazione occupa uno specchio d’acqua
che le è dato in concessione situato a poche decine di metri da delle
abitazioni, in tal modo esposte ad un intenso inquinamento acustico.
Il piano di classificazione acustica ricomprende il cantiere in classe V (aree
prevalentemente industriali), e le contigue abitazioni in classe III (aree
miste).
Nel corso degli anni l’Arpav ha eseguito accertamenti fonometrici dai quali è
emerso il superamento dei limiti differenziali, e il Comune è intervenuto per
riportare il rumore entro i limiti di legge.
Nei mesi di ottobre e novembre 2008 si è svolta una conferenza di servizi alla
quale hanno partecipato la ditta e gli Enti coinvolti al fine di individuare
eventuali misure di mitigazione.
Il Sindaco del Comune di Venezia con ordinanza contingibile ed urgente del 19
novembre 2008, acquisito il parere dell’Azienda sanitaria, ha inibito per 90
giorni e fino all’approvazione di un piano di rientro del rumore nei limiti di
legge, l’utilizzo di una parte dello specchio d’acqua dato in concessione
ritenendo sussistente un pericolo grave ed imminente per la salute pubblica.
2. Con il primo motivo del ricorso originario tale provvedimento è impugnato per
incompetenza sotto due profili.
In primo luogo perché il provvedimento non rientrerebbe nella competenza del
Comune ma dell’Amministrazione statale, in quanto l’inquinamento acustico
proviene da un’area demaniale dello Stato, e in secondo luogo, che anche a voler
ammettere la competenza del Comune, avrebbe dovuto essere adottata dal dirigente
e non dal Sindaco.
Le doglianze sono infondate.
L’art. 9 della legge n. 447 del 1995 dispone che “qualora sia richiesto da
eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente
il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della Giunta regionale,
il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto previsto dall'art. 8
della legge 3 marzo 1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio dei Ministri,
nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono
ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di
abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di
determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è
riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Tale norma non detta espressamente un criterio di riparto delle competenze tra i
diversi enti che menziona.
La tesi della ricorrente secondo cui la competenza ad adottare tali
provvedimenti dipenderebbe dall’appartenenza comunale o statale dei beni dai
quali proviene la fonte rumorosa non è condivisibile, perché ad un siffatto
criterio non fa riferimento nessuna norma e l’esistenza di un bene pubblico
quale fonte del disturbo è un’eventualità del tutto occasionale, dovendosi
configurare nella maggior parte dei casi una provenienza da beni privati.
Poiché la norma citata configura un potere sostanzialmente analogo a quello
attribuito al Sindaco dal Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267 agli articoli 50 e 54,
sembra congruo applicare in via residuale il criterio di riparto dettato dai
commi 5 e 6 dell’art. 50 del Dlgs. n. 267 del 2000, e pertanto la competenza
deve essere ricondotta in capo al Sindaco in caso di situazioni, come quella
all’esame, di carattere esclusivamente locale, ferma restando la competenza
degli altri enti menzionati dall’art. 9 della legge n. 447 del 1995 in ragione
della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti
territoriali di carattere sovracomunale.
Non è invece configurabile l’invocata competenza del dirigente comunale, in
quanto, nel caso di specie, l’ordinanza impugnata è stata emessa ai sensi
dell’art. 9 della legge n. 447 del 1995.
La censura di cui al primo motivo deve pertanto essere respinta.
3. Sono invece fondate e meritevoli di accoglimento le censure di difetto di
istruttoria e di motivazione, nonché di mancanza di un termine di efficacia alla
sospensione dell’attività, di cui al quarto motivo di ricorso, e quelle
ulteriori contenute nell’ambito del secondo e terzo motivo, con cui si lamenta
l’illegittima mancata considerazione dei contenuti del piano di risanamento e la
genericità del parere espresso dall’Azienda sanitaria.
Infatti il provvedimento impugnato non indica elementi a cui, nello specifico
contesto e alla luce delle contestazioni formulate dalla ricorrente, possa
attribuirsi la consistenza di quelle eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute o dell’ambiente che per l’art. 9 della legge n. 447 del 1995,
costituiscono il presupposto dell’inibitoria parziale o totale dell’attività
economica.
La stessa ordinanza riconosce che l’inquinamento acustico ha carattere
“storico”. Ritiene tuttavia di giustificare l’urgenza affermando che in
precedenza erano già state attivate, senza esito utile, iniziative volte ad
ottenere il rispetto dei limiti differenziali, che mancano mezzi alternativi per
intervenire sulla situazione, e che esistono rischi per la salute attestati dal
parere dell’Azienda sanitaria acquisito al procedimento.
Deve tuttavia rilevarsi:
- che non sono indicati gli estremi delle precedenti iniziative che la
ricorrente afferma essersi limitate all’irrogazione, nel 2007, di una sanzione
amministrativa per superamento dei limiti acustici;
- che il fenomeno dell’inquinamento acustico riguarda i limiti differenziali e
non quelli assoluti;
- che il parere dell’Azienda sanitaria non indica l’esistenza di specifici
rischi che rendano nella situazione concreta attuale il pericolo di danni alla
salute, ma si limita a indicare quali siano da un punto di vista generale i
rischi sanitari connessi all’esposizione a livelli di rumore eccessivi;
- che prima dell’adozione dell’ordinanza impugnata non sono stati esaminati,
neppure nella conferenza di servizi convocata a questo scopo, i contenuti del
piano di risanamento acustico presentato dalla ricorrente;
- che l’ordinanza non inibisce l’attività per soli 90 giorni, ma rimane efficace
sino a quando il Comune stesso non abbia approvato gli interventi comprovanti
l’effettivo rientro nei limiti di legge, mirando in tal modo ad una soluzione,
non solo temporanea, delle problematiche connesse all’inquinamento acustico.
Non è pertanto possibile ravvisare nel caso di specie i presupposti di
contingibilità ed urgenza a tutela della salute pubblica che costituiscono i
caratteri tipici del potere esercitato.
In ragione di tali censure, che assumono carattere assorbente, deve essere
conseguentemente annullata l’ordinanza prot. n. 493285 del 19 novembre 2008, n.
868, e il provvedimento del Magistrato alle Acque prot. n. 14005 del 27 novembre
2008, con il quale è stata sospesa parte della concessione demaniale, quale
conseguenza del provvedimento comunale.
4. Parimenti fondate sono le censure di cui al terzo e quarto dei secondi motivi
aggiunti con cui è impugnato il diniego di dar corso alla procedura di
approvazione del piano di risanamento acustico presentato dalla Società
ricorrente, per l’omessa specifica indicazione da parte del Comune degli
elementi ritenuti mancanti o insufficienti e la sostanziale indisponibilità
manifestata in tal modo dal Comune a predisporre un piano di risanamento
acustico condiviso.
L’art. 7 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, demanda al piano di risanamento
acustico il compito di ridurre lo stato di inquinamento nelle aree
caratterizzate da maggiore criticità, ovvero quelle in cui la differenza fra il
rumore della zona e il limite acustico previsto dalla pianificazione comunale è
elevata.
L’art. 4, comma 1, lett. a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, prevede un
divieto di contatto diretto di aree quando tali valori si discostano in misura
superiore a 5 dBA di livello sonoro, mentre, nel caso in cui nell'individuazione
delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale vincolo
a causa di preesistenti destinazioni d'uso - che è ciò che prevede nel caso
all’esame la classificazione acustica del Comune che ha ricompreso le aree del
cantiere in classe V, e quelle contigue residenziali in classe III - il Comune
deve provvedere all’adozione di un piano di risanamento acustico.
Il piano di risanamento acustico deve tra l’altro individuare i soggetti a cui
competono gli interventi stimando gli oneri finanziari e i mezzi necessari (cfr.
l’art. 7, comma 2, lett. b, d).
L’art. 15 della legge, nel dettare la disciplina transitoria rispetto alla
precedente prevista dal DPCM 1 marzo 1991, assegna alle imprese interessate, ai
fini dell’adeguamento ai limiti fissati, un termine di sei mesi dall’entrata in
vigore della legge.
Dall’insieme di tali norme risulta pertanto che le molteplici iniziative volte
alla rimozione delle situazioni di criticità determinate dalla storicità degli
insediamenti, è demandata all’azione concertata dei diversi soggetti coinvolti
cui devono concorrere le istituzioni, le attività produttive da cui provengono
le emissioni sonore e gli stessi cittadini con interventi diretti sui ricettori
sensibili.
Pertanto a fronte della presentazione di un piano di risanamento da parte di
un’impresa illegittimamente il Comune si limita al passivo rifiuto di dar corso
alla procedura di approvazione senza indicare in modo propositivo, completo e
puntuale gli elementi giudicati non idonei o mancanti al fine del raggiungimento
dei risultati attesi, e le opere e i rimedi specifici ritenuti necessari per il
contenimento del rumore, che è quanto accaduto nel caso all’esame.
4.1 Dalla documentazione versata in atti risulta infatti che la Società
ricorrente ha presentato un primo piano di risanamento con una nota del 12
novembre 2008.
Il Comune, senza entrare nel merito del piano presentato, ha emanato l’ordinanza
del 19 novembre 2008, impugnata con il ricorso originario, che ha inibito
parzialmente l’esercizio dell’attività.
Successivamente il Comune ha comunicato, con nota del 2 dicembre 2008,
l’esistenza di motivi ostativi all’accoglimento del piano, osservando che le
misure di mitigazione non sembravano supportate da un’adeguata analisi della
rumorosità prodotta dalle singole attività e da una stima attendibile dei
livelli sonori raggiungibili presso i ricettori, e che riteneva necessarie delle
integrazioni consistenti nell’indicazione dettagliata dei singoli interventi di
abbattimento.
Ne è seguita la presentazione di una relazione illustrativa dei rilievi
fonometrici condotti in ambito esterno, essendo la ricorrente impossibilitata a
procedere a misurazioni presso le abitazioni private stante il mancato consenso,
a tal fine, dei proprietari.
A fronte di tali osservazioni il diniego è stato motivato dalla ritenuta carente
valutazione dei precisi livelli sonori presso le abitazioni, e perché il piano
si fonda anche su misure di mitigazione attiva riferite alle modalità di
svolgimento delle lavorazioni che nei fatti, a giudizio del Comune che ha
recepito sul punto il laconico parere dell’Arpav, avrebbero potuto non essere
rispettate dai lavoratori con l’effetto di ripetere condizioni analoghe a quelle
già riscontrate in passato.
E’ mancata invece l’indicazione delle misure ritenute idonee ad ovviare alla
riscontrata situazione di inquinamento acustico.
Pertanto, così come dedotto con il terzo e il quarto dei motivi aggiunti, poiché
il Comune in tal modo è venuto meno all’obbligo sullo stesso incombente di
articolare puntualmente, in un leale contraddittorio con il privato, le ragioni
della pretesa insufficienza delle misure attive o passive proposte e non ha
concorso all’individuazione degli accorgimenti ulteriori rispetto a quelli
proposti per l’abbattimento dei rumori, il diniego del 5 febbraio 2009 deve
essere annullato.
In definitiva, dichiarata inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione
degli atti endoprocedimentali indicati in epigrafe, devono essere annullati
l’ordinanza sindacale prot. n. 493285 del 19 novembre 2008, n. 868 che ha
parzialmente inibito l’esercizio dell’attività, il provvedimento del Magistrato
alle Acque prot. n. 14005 del 27 novembre 2008 che ha sospeso la concessione
demaniale, e il provvedimento del Comune di Venezia prot. n. 53466 del 5
febbraio 2009 che ha rifiutato di dar corso alla procedura di approvazione del
piano di risanamento.
Nonostante l’esito del ricorso, le spese, in considerazione della peculiarità
della controversia e della natura degli interessi coinvolti, possono essere
integralmente compensate tra le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe e relativi motivi aggiunti,
lo dichiara in parte inammissibile nel senso precisato in motivazione e in parte
lo accoglie e, per l’effetto, annulla:
- l’ordinanza sindacale del 19 novembre 2008, n. 868, prot. n. 493285;
- il provvedimento del Magistrato alle Acque prot. n. 14005 del 27 novembre
2008;
- il provvedimento del Comune di Venezia prot. n. 53466 del 5 febbraio 2009.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Elvio Antonelli, Presidente FF
Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore
Marina Perrelli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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